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ONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
L’attuale riforma, seppur parziale, della disciplina del contenzioso tributario, avvenendo dopo più di venti anni dalla precedente del 1992, è certamente da accogliere con favore e con un certo grado di speranza.
Tuttavia, data la necessità che le questioni ordinamentali, a cui la legge delega ha fatto in parte riferimento, vengano affrontate non attraverso singoli ritocchi, ma tenendo conto del quadro d’insieme, non possiamo fare a meno di osservare che tale delega sia stata attuata soltanto in parte. Si nota, infatti, che importanti aspetti del D.Lgs. 156 del 24 settembre 2015 o non sono stati oggetto di delega o hanno travalicato i principi e i criteri direttivi posti dalla stessa.
Da ciò sorge la necessità che tutta la materia richiamata dai principi e i criteri direttivi della legge delega dovrà essere oggetto di un esame più ampio e approfondito in un distinto provvedimento legislativo.
In ogni caso, l’attuazione della delega intende orientare il processo tributario verso una disciplina più equa rispetto al passato, cercando di raggiungere il principio di parità delle parti in giudizio, e tesa ad agevolare il sistema delle relazioni economiche nazionali e internazionali. In altri termini, la parziale riforma del processo tributario si prefigge l’obiettivo di contenere le conseguenze negative che derivano da una giustizia inefficiente e che possono costituire un ostacolo all’investimento sul territorio nazionale.
La riforma introdotta dal D.Lgs. 156/2015 cerca di fornire, dunque, soluzioni concrete alle esigenze formulate dagli agenti impegnati nel settore al fine di innalzare l’efficienza del nostro sistema giudiziario tributario, cercando così di allinearlo ai sistemi vigenti negli altri Stati dell’U.E. Infatti, tratti fondamentali come la ragionevole durata del processo, la terzietà del
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giudice e la parità delle parti processuali rappresentano alcuni degli elementi alla base di un efficiente ed efficace sistema giudiziario e fattori indispensabili per lo sviluppo delle imprese che operano nel mercato, sia nazionale che internazionale.
Questo processo di riforma, tuttavia, dovrà proseguire ed evolversi, cercando di eliminare quelle lacune che ancora permangono nel sistema della giustizia tributaria italiana.
Sarebbe auspicabile, ad esempio, il riconoscimento della testimonianza e del giuramento come prove nella fase istruttoria, al fine di non ledere e limitare il diritto di difesa del contribuente.
Inoltre, la riforma dovrebbe interessare anche l'intera struttura delle commissioni tributarie, che dovrebbero diventare tribunali tributari e corti di appello tributarie e non dovranno più dipendere dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che è una delle parti in causa, bensì dal Ministero della Giustizia o dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con giudici tributari a tempo pieno, specializzati e ben retribuiti.
Nonostante il bisogno di riforma non possa dirsi essere ancora soddisfatto e completato in ogni suo aspetto, trovo che siano comunque da apprezzare le novità introdotte dalla presente riforma, che hanno cercato di eliminare alcune lacune e portato a un maggior grado di equità in un ambito come quello dell’esecuzione delle sentenze tributarie, che di equo prima della riforma aveva ben poco e che adesso, invece, rispecchia maggiormente quelli che sono i principi dettati dalla Costituzione.