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Academic year: 2021

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6. Considerazioni conclusive

La ricerca condotta ha permesso di acquisire diverse informazioni interessanti relative alla tradizione del farro in Garfagnana, sia grazie alla ricerca bibliografica che all’indagine effettuata nelle aziende tramite il colloquio. E’ stato interessante avere dei contatti con le varie aziende della zona, avere dei pareri relativamente al Farro IGP della Garfagnana, da chi lo produce, lo utilizza e lo lavora. In alcuni casi, come già detto, le aziende risultavano essere piccole realtà, importanti comunque nell’acquisizione di informazioni soprattutto per andare ad effettuare una riflessione critica sul processo di valorizzazione messo in atto per il prodotto tipico.

Spesso nelle interviste è stato fatto riferimento al “capitale culturale” legato al Farro della Garfagnana: nella valorizzazione del prodotto hanno un peso piuttosto rilevante le ricette della tradizione, che raccontano la storia gastronomica e gli stili di vita della zona rurale e che creano ancor più un legame tra il prodotto e il territorio garfagnino.

Queste ricette (di particolare importanza la zuppa di farro e la torta di farro) sono state riprese dai ristoratori e dagli agriturismi della zona, ormai da diversi anni, per offrire ai consumatori piatti tradizionali.

Ma, per quanto riguarda la “Mobilizzazione delle risorse”, il primo passo verso la valorizzazione è stato senz’altro quello della definizione di una varietà cerealicola da conservare e tutelare, quella del Triticum dicoccum var. Schübler, come “capitale naturale”. E’ emersa anche l’importanza che riveste l’ambiente della Garfagnana nella coltivazione del farro, intesa come territorio rurale, con basso livello di inquinamento.

Il cereale, è diventato uno dei prodotti immagine della zona, quindi il tentativo di incorporazione nel prodotto dell’elemento territoriale sembra essere andato a buon fine e forse proprio l’ambiente è la risorsa che meglio è stata incorporata al prodotto.

Per quanto riguarda il “capitale sociale”, come risorsa da mobilizzare nella valorizzazione, nell’ottenimento del marchio IGP è stata fondamentale la coesione degli agricoltori, il sostegno dell’Unione dei Comuni della Garfagnana (ex Comunità Montana) e dell’associazione Slow Food. Dopo l’ottenimento del marchio poi si sono create anche altre forme di associazionismo, come il Consorzio dei Produttori del Farro, la

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Garfagnana Coop, e anche l’associazione Pe.Sa.Co. per dare continuità alla valorizzazione del prodotto.

Relativamente alla risorsa locale del “capitale umano” è evidente che alla base della produzione e trasformazione del farro c’è l’attività dell’uomo, che segue le tradizioni nella coltivazione e nella preparazione delle ricette, ma che, in alcuni casi porta avanti anche, con le proprie capacità, utilizzi innovativi del farro (birra e integratore alimentare) o progetti innovativi come quello previsto dalla Misura 124 PSR 2007/2013.

Per quanto riguarda l’area strategica della “Qualificazione”, è stata scelta l’opzione dell’utilizzo del segno geografico IGP come strumento di valorizzazione, che va a garantire la qualità del farro brillato e quindi a soddisfare, nella filiera, soprattutto le esigenze dei produttori. Nonostante ciò, è risultato essere anche un mezzo per valorizzare il territorio della Garfagnana in particolare agli occhi dei turisti, per cui indirettamente va a dare importanza anche alle altre fasi della filiera. Infatti, da quanto appreso dalle interviste, la conoscenza del Farro IGP della Garfagnana è piuttosto ampia tra i consumatori, e questo è dovuto probabilmente al conferimento del marchio e alle successive attività di promozione del prodotto.

L’attività promozionale del prodotto, come previsto dall’area strategica della “Commercializzazione”, è stata realizzata e attualmente viene portata avanti anche per questo prodotto tipico, sia tramite il Consorzio dei Produttori di Farro della Garfagnana, che ha utilizzato a questo scopo dei finanziamenti (Misura 132 PSR 2007/2013), sia grazie alle singole aziende, molte delle quali hanno un sito internet, effettuano degustazioni e partecipano a eventi importanti come il Salone del Gusto, il Vinitaly o fiere locali. Inoltre, nel periodo estivo, anche l’associazione Pe.Sa.Co. è attiva nell’organizzare la festa del farro nel comune di Piazza al Serchio.

Per quanto riguarda il farro brillato, ma anche i biscotti al farro, è emerso dall’indagine che una scelta vincente è stata quella di portare il prodotto sulla GDO. Per quanto riguarda i prodotti trasformati, invece, molti di essi sono distribuiti e offerti localmente nei ristoranti, negli

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agriturismi e piccoli distributori al dettaglio, e sicuramente il target di consumatori a cui sono destinati può essere identificato col turista.

La distribuzione dei prodotti può essere definita probabilmente “tradizionale” (vendita al dettaglio e vendita all’ingrosso), ma ha anche aspetti della distribuzione “innovativa” perché prevede l’offerta del prodotto tipico e dei suoi derivati nei ristoranti, negli agriturismi e tramite vendita diretta.

L’”Integrazione col territorio” si è realizzata nel corso degli anni anche tra le stesse aziende intervistate, gli obiettivi sono comuni e così i trasformatori si riforniscono direttamente presso i produttori, i mulini o presso il Consorzio. Nella rete che si è creata attorno al farro, rientrano anche gli operatori turistici, che, a quanto riferito, agiscono da tramite per l’arrivo dei turisti in Garfagnana negli agriturismi, ristoranti, piccoli negozi di prodotti tipici, dove tra gli altri è possibile trovare anche il farro e i prodotti a base di farro.

Tramite la GDO, il Farro brillato della Garfagnana si può ritrovare anche fuori dalla Toscana, così come accade per i biscotti al farro e la birra di farro.

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