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1. PARTE GENERALE

1.1 Sviluppo del cervelletto

Il Cervelletto si sviluppa principalmente a partire dalla regione delle lamine

alari del Metencefalo. Le porzioni dorso-laterali delle lamine alari, si piegano

e si inspessiscono medialmente formando i labbri rombici, strutture pari, che

tendono, proliferando, ad incontrasi, fondendosi nella regione rostrale del

rombencefalo [Pelagalli-Castaldo]

La variegata popolazione cellulare presente nel cervelletto, prende origine da

due focolai di proliferazione separati e segue quindi due percorsi differenti:

 una parte della popolazione cellulare origina da cellule indifferenziate presenti in una zona in prossimità del IV ventricolo. Queste cellule si

differenziano in neuroni o glioblasti e migrando nella regione del

labbro rombico, cessano l'attività mitotica, ma continuano a maturare,

dando origine alle cellule del Purkinje che andranno a formare

l'omonimo strato corticale e i nuclei cerebellari midollari.

 un secondo gruppo di cellule invece, continuerà a dividersi e migrando

a livello della superficie del labbro rombico andrà a formare uno strato

superficiale detto strato germinativo esterno.

Durante lo sviluppo dei fogli o lamelle cerebellari, le cellule dello stato

germinativo continueranno a dividersi, migrando in seguito verso la parte

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primitivi o glioblasti. Una parte di queste cellule supera la striscia centrale di

cellule del Purkinje, formando i neuroni granulari o cellule dei granuli, che

andranno a rappresentare l'omonimo strato della corteccia cerebellare. Dallo strato germinativo derivano anche i neuroni stellati, che insieme alle cellule

dei canestri, andranno a formare la popolazione cellulare dello strato

molecolare o esterno. Il ripiegamento della corteccia cerebellare in via di

sviluppo da' origine ai fogli cerebellari con la lamina bianca al centro. Questa

conterrà assoni di proiezione delle cellule di Purkinje, che rappresentano le

uniche efferenze dalla corteccia e un gran numero di fibre afferenti,

provenienti dal midollo spinale e dal tronco encefalico.

Dopo il raggiungimento della conformazione definitiva della corteccia

cerebellare (che in alcune specie avverrà dopo la nascita), le cellule rimanenti

dello strato germinativo si differenzieranno in un epitelio monostratificato di

cellule da squamose a colonnari, denominato strato ependimale, che andrà a

formare il tetto del IV ventricolo [De Lahunta A, Glass E, 2009].

All'interno della popolazione cellulare del cervelletto maturo, due tipi cellulari

appaiono maggiormente caratteristici: le cellule del Purkinje, grandi neuroni dai corpi piriformi, che presentano lunghi assoni che si addentrano all'interno

del cono midollare e che rappresentano le uniche fibre efferenti e le cellule dei

granuli, di dimensioni piccolissime, ma che rappresentano la popolazione

cellulare più abbondante sia all'interno della corteccia cerebellare, che dell'intero cervello [Sanes DH, Reh TA, Harris WA, 2006].

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Immagine 1 : modificata da “A. De Lahunta , E. Glass : Veterinary Neuroanatomy and Clinical Neurology. Saunders, III ed 2009” (a Sinistra), da “Sanes D, Reh T, Harris W; Development of the Nervous System. II Ed. Elsevier Academic Press 2006” (a Destra)

Come già detto, le cellule del Purkinje originano precocemente dalla

differenziazione e successiva migrazione dalla cellule germinali del labbro

rombico, la loro intera popolazione si differenzia in pochi giorni e risulta

completa ancor prima che il feto sia nato, per quanto la loro maturazione, la

formazione del loro caratteristico albero dendritico e la sinaptogenesi avvengono dopo il parto [Altman J, 1972].

Al contrario, le cellule dei granuli continuano a dividersi e a migrare fino al

termine della gestazione ed in alcune specie anche dopo (cane, gatto, uomo).

Nell'uomo, fino a due anni dopo la nascita ci sono ancora cellule dei granuli in

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Subito dopo la conclusione della loro attività di divisione mitotica, le cellule

dei granuli cominciano a cambiare forma, passando prima dalla loro iniziale

forma rotondeggiante ad una allungata, poi cominciando a disporsi orizzontalmente, estendendo i propri assoni tangenzialmente alla superficie

corticale e infine formando un prolungamento rivolto in direzione della parte

interna del cervelletto, in cui scivolerà il nucleo, conferendo alla cellula una

forma la classica forma a T. Questa porzione migrerà ancora in seguito

superando lo strato delle cellule del Purkinje, per raggiungere la loro posizione

definitiva formando lo strato granulare [Sanes DH, Reh TA, Harris WA 2006].

Il processo di migrazione di questa popolazione cellulare e l'organizzazione nei tre strati della corteccia cerebellare è stata particolarmente studiata, questa

migrazione appare infatti essere

stimolata da diversi fattori, genici e

non.Fondamentale sembra essere la

particolare conformazione degli

astrociti, che con i loro

prolungamenti assumono un aspetto

definito radiale, la cosiddetta glia

radiale di Bergman, che forma una

sorta di percorso che funge da guida per le cellule dei granule e sul quale avviene la loro migrazione.

Immagine 2 : modificata da “Sanes D, Reh T, Harris W; Development of the Nervous System. II Ed. Elsevier Academic Press 2006”.

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A livello molecolare, è stata dimostrata [Borghesani et al. 2002] l'influenza

sulla migrazione del fattore neurotrofico di derivazione cerebrale (BDNF);

si tratta di una neurotrofina che ha effetto mitogeno e chemiotattico sulle

cellule dei granuli, stimolando direttamente tali cellule ad iniziare la

migrazione dallo strato germinativo esterno. Ciò è stato dimostrato su popolazioni di topi mutanti Bdnf-, nei quali, in assenza di tale fattore, la

migrazione cellulare era compromessa sia in vivo che in vitro, invece dopo la

somministrazione di BDNF esogeno, questa riprendeva immediatamente

[Borghesani et al.2002].

Un'altro ormone peptidico essenziale per l'induzione neuronale appare essere

la proteina Sonic hedgehog (SHH), che prodotta dalle cellule del Purkinje,

controlla lo sviluppo della corteccia cerebellare, stimolando la proliferazione delle cellule dei granuli ed inducendo la differenziazione della glia di

Bergmann. Il blocco delle funzioni dell'SHH esita in vivo, in una inadeguata

differenziazione delle cellellule dei granuli e della glia di Bergmann ed in una

anormale sviluppo dei neuroni del Purkinje [Dahmane N et al; 1999].

Mutazioni dei geni SHH sono correlate ad almeno tre patologie gravi

dell'uomo: l'oloprosencefalia, il medulloblastoma ed il carcinoma a cellule

basali [ Purves D et al. 2008].

Particolarmente importante per la migrazione cellulare appare essere la

molecola Reelin (Relina), studiata a lungo su topi mutanti, appunto chiamati

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un ridotto numero di cellule del Purkinje, ammassate a formare aggregati,

invece di essere organizzate in strato e da una diminuzione anche del numero

di cellule dei granuli, tra l'altro incapaci di migrare al di sotto dei neuroni del Purkinje. Questo si traduceva nei topi in una sintomatologia simile a quella

delle sindromi cerebellari, con atassia e tremori.

La reelin è una glicoproteina espressa a livello della corteccia cerebrale,

ippocampo, cervelletto e midollo spinale, contenente più di 3000 aminoacidi,

con funzione simile alle proteine della matrice extracellulare [D'Arcangelo et

al 1995].

Nel cervelletto la reelin è espressa dalle cellule dei granuli dello strato germinativo esterno, a livello della corteccia cerebrale invece è prodotta da

particolari neuroni, le cellule di Cajal-Retzius.

Nonostante sia certa la sua influenza sulla migrazione cellulare, non è chiara la

sua esatta funzione, esistono infatti due ipotesi a riguardo:

 che abbia effetto chemiotattico, promuovendo la migrazione dei

neuroblasti dallo strato più superficiale della corteccia, verso l'interno

[Sanes DH, Reh TA, Harris WA 2006].

 che invece dia un segnale di stop, agendo da inibitore della migrazione,

favorendo il distacco dei neuroblasti dalla glia radiale al termine della

migrazione [Dulabon et al, 2000].

Quindi nel cervelletto, poiché la migrazione delle cellule del Purkinje è regolata dalla relina, prodotta dalle cellule dello strato germinativo esterno,

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delle cellule dei granuli porterebbe alla formazione di neuroni del Purkinje

ectopici [Miyata T et al; 1997].

Un'altra famiglia di proteine riveste un'importante ruolo nella regolazione della migrazione cellulare, quella delle molecole d'adesione cellulare o CAM

che trovandosi sulla superficie cellulare, mediano l'adesione tra cellule gliali e

le cellule in migrazione, in diversi tessuti durante l'embriogenesi. Le CAM

sembrano avere un ruolo importante nel controllo della migrazione delle

cellule dei granuli, in particolare la Caderina-N, il NCAM e l'L1, che

rappresentano per altro le più abbondanti molecole della famiglia CAM attive

nel sistema nervoso [Sanes DH, Reh TA, Harris WA 2006].

I fattori di crescita dei fibroblasti (FGF) e la famiglia dei fattori di crescita

trasformanti (TGF), soprattutto all'interno di quest'ultimo gruppo le proteine morfologiche dell'osso (BMP), sono particolarmente importanti per una

varietà di eventi nei processi di induzione e di differenziamento, tra cui la

specificazione iniziale della placca neurale e il successivo differenziamento

della parte dorsale del rombencefalo ed anche del midollo spinale. I recettori

di queste due famiglie (FGF e TGF) sono proteine transmembrana, che presentano domini di legame extracellulare per i rispettivi ligandi e domini

intracellulari con attività protein-chinasica che danno il via ad una cascata di

segnalazioni intracellulari. In seguito all'interazione ligando-recettore, ed

all'attivazione di questo complesso di segnalazioni intracellulari si ha la modificazione di componenti citoplasmatiche e citoscheletriche che possono

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fattori di crescita possono agire direttamente, regolando l'espressione dei geni

che influenzano la proliferazione cellulare [Purves D et al; 2009].

Infine, i membri della famiglia di molecole di segnale Wnt, possono modulare parecchi aspetti dell'induzione neuronale e del differenziamento, tra cui eventi

nel differenziamento della cresta neurale, codificando per proteine ricche in

cisteina [Purves D et al; 2009].

Queste molecole sono state studiate nella Drosophila, in cui il capostipite della

famiglia Wnt, il wingless (wg) media l'interazione tra cellule che esprimono

wg e cellule che esprimono un altro gene, l'engrailed (en). L'espressione di

wg e en è essenziale per il corretto sviluppo dell'embrione e malformazioni a carico di questi geni esitano nel cambiamento del destino delle cellule e morte

cellulare.

E' stato notato in particolare che il Wnt-3 è espresso durante lo sviluppo del

cervelletto e che nell'adulto l'espressione di questo gene è limitata allo strato

delle cellule del Purkinje. L'espressione del Wnt-3 aumenta nel periodo

postnatale, in seguito alla formazione di contatti tra cellule dei granuli e

neuroni del Purkinje [Salinas PC et al, 1994].

Anche le leptomeningi svolgono un ruolo nell'organizzazione della corteccia

cerebellare, poiché è stato notato che la distruzione di cellule delle meningi

interferisce con la formazione e stabilizzazione dello stato granulare e

dell'impalcatura secondaria della glia radiale, disturbando così la normale proliferazione, crescita e differenziazione degli astrociti e quindi la regolare

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1.2 Anatomia funzionale del cervelletto

1.2.1 Breve cenno sulla conformazione esterna

Il cervelletto è un organo impari e simmetrico, alloggiato nel compartimento

caudale della cavità cranica, rappresenta la porzione dorsale del rombencefalo.

E' collegato al tronco encefalico per mezzo di tre paia di processi neuronali,

che si estendono su ciascun lato del IV ventricolo, si tratta dei peduncoli

cerebellari: i peduncoli cerebellari caudali connettono il cervelletto con il

midollo allungato e spinale e contengono principalmente afferenze al

cervelletto; i peduncoli cerebellari medi, che contengono anch'essi afferenze al cervelletto, connettono quest'ultimo al ponte; i peduncoli cerebellari

craniali o rostrali connettono il cervelletto con il tetto del mesencefalo e

contengono soprattutto processi efferenti dal cervelletto.

Dal punto di vista macroscopico il cervelletto è divisibile in due regioni

sproporzionate: il corpo cerebellare ed il piccolo lobo flacculonodulare, separate dalla scissura ovulonodulare.

Il lobo flacculonodulare è posizionato sulla faccia ventrale del cervelletto ed

è composto da una parte centrale detta nodulo, che corrisponde alla parte più

rostrale del verme caudale e da due piccoli lobi che si trovano sulla faccia

ventrale di ciascun emisfero detti flocculi.

Il corpo cerebellare è invece composto da una porzione centrale ed allungata

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cerebellari. Tutta la struttura del corpo del cervelletto è divisa inoltre in un

lobo rostrale ed uno caudale dalla scissura primaria [De Lahunta A, Glass E;

2009].

Tutta la superficie esterna del cervelletto, è suddivisa in numerosi lobuli, da

profonde fessure. Ogni lobulo è a sua volta suddiviso in strette lamelle

parallele, da solchi meno profondi, paralleli in ciascun lobo [Barone R, 2006].

1.2.2 Conformazione Interna

La corteccia cerebellare definitiva, originata dai processi organogenetici

precedentemente descritti, è divisibile in tre zone, che dall'esterno all'interno

sono:

 Strato molecolare

 Strato centrale o delle cellule del Purkinje o dei neuroni piriformi

 Strato granulare

Lo strato più esterno, adiacente alle leptomeningi è lo strato molecolare,

relativamente povero di cellule, è costituito da due tipi interneuroni: le cellule

stellate (esterne), che occupano la parte più superficiale dello strato,

presentano assoni che si ramificano prendendo contatto con i dendriti delle

cellule del Purkinje dello strato sottostante (sinapsi inibitoria) e le cellule dei

canesti (o stellate interne), che occupano lo strato più profondo dello strato

molecolare, queste presentano lunghi assoni che si dirigono parallelamente alla lamina, formando sinapsi inibitorie intorno ai corpi cellulari dei neuroni

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provenienti dalle cellule dei granuli, dalla fitta rete di dendriti emanata dalle

cellule del Purkinje e dalle cellule del Gogli, grandi cellule stellate, che

presentano i loro lunghi dendriti nello strato molecolare, dove ricevono segnali dalle fibre parallele, il corpo cellulare invece nello strato granulare, dove i loro

assoni forniscono feedback inibitori a livello della sinapsi tra terminazione

della cellula muscoide e cellula dei granuli (granuli cerebellari).

Lo strato centrale ospita principalmente i pirenofori dei neuroni del Purkinje.

Si tratta di cellule giganti, caratterizzate da corpi cellulari molto grandi,

dell'ordine dei 35-40 μm, da cui si dipartono i dendriti, che con fitte

ramificazioni di tipo spinoso invadono lo strato molecolare, conferendo al cervelletto la sua caratteristica istologica più rilevante. Queste cellule

presentano anche dei lunghi assoni mielinici che proiettandosi lungo la lamina

bianca, verso la parte interna del cervelletto prendono contatto con i neuroni

dei nuclei cerebellari profondi. Il neurotrasmettitore utilizzato dalla cellule del

Purkinje è l'acido gamma-amino-butirrico o GABA (utilizzato anche dalle

cellule stellate, dei canestri, del Golgi), principale mediatore chimico inibitorio

del SNC; considerato che i neuroni del Purkinje sono le uniche cellule a proiettare i loro assoni fuori dalla corteccia cerebellare, ne consegue che tutto

il sistema efferente della corteccia è di carattere esclusivamente inibitorio. A

livello dell'albero dendritico le cellule del Purkinje ricevono un afferenza

modulatoria diretta da parte delle fibre rampicanti, sono le principali fibre nervose afferenti al cervelletto, provengono dal nucleo olivare inferiore e

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1:1) avvolgendosi attorno ai loro dendriti.

Il mediatore chimico utilizzato dalle fibre rampicanti è l'aspartato (eccitatorio),

queste fibre hanno un attività facilitatoria sulle cellule del Purkinje [Ekerot CF, Larson B 1973].

Le fibre rampicanti collateralmente inviano segnali eccitatori ai neuroni dei

nuclei cerebellari profondi.

Lo strato più interno della corteccia è lo strato granulare, è lo strato più

spesso ed è composto da un ampio numero di pirenofori delle cellule dei

granuli. Questo piano cellulare varia da uno spessore di 5-6 neuroni, nel punto

dove la corteccia è più sottile, a livello della profondità di un solco, ad uno di 15-20 neuroni a livello della punta del foglio [De Lahunta A, Glass E; 2009].

Si tratta di cellule piccolissime, circa 3- 4 μm, caratterizzate dalla presenza di

dendriti ramificati, a “zampa d'insetto” e di lunghissimi neuriti che

raggiungono la zona molecolare, dove si biforcano a T, formando degli assoni

specializzati chiamati fibre parallele, che scorrono appunto parallelamente

alla superficie della corteccia cerebellare.

Le fibre parallele a livello dello strato molecolare, prendono contatto con le spine dendritiche delle cellule del Purkinje , instaurando sinapsi eccitatorie.

Invece i dendriti delle cellule dei granuli formano delle sinapsi con le

cosiddette fibre muschiose o muscoidi, assoni afferenti alla corteccia da tutte

le aree non olivari del tronco encefalico. Queste sinapsi vengono chiamate a volte glomeruli cerebellari. Sia le fibre muscoidi che le fibre parallele

(13)

Immagine 3: modificata da “Sanes D, Reh T, Harris W; Development of the Nervous System. II Ed. Elsevier Academic Press 2006”.

Oltre che dalla corteccia, la struttura interna del cervelletto è formata da un'estesa area di sostanza bianca, ben visibile in una sezione trasversale o

longitudinale: il modollo cerebellare o corpo midollare. Quest'area è

costituita da una serie di ramificazioni di sostanza bianca all'interno dei fogli

cerebellari e proprio per quest'arborizzazione viene anche detta arbor vitae. Il

corpo midollare è in continuità con i peduncoli cerebellari, i quali sono formati dalle sue fibre afferenti ed efferenti. Nel midollo cerebellare sono presenti

gruppi di pirenofori addensati a formare dei nuclei: i nuclei cerebellari

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prendono il nome di nucleo del fastigio, nucleo interposito e nucleo laterale o

dentato [De Lahunta A, Glass E, 2009].

Il nucleo del fastigio è il più vicino al piano mediano, trae il suo nome dalla vicinanza alla sommità del tetto del IV ventricolo, appunto fastigium. E' di

forma ovoidale e presenta il suo asse maggiore in direzione del verme, è

costituito da una popolazione di neuroni stellati di differenti dimensioni. Le

afferenze che arrivano a questo nucleo provengono dallo spinocerebello, per la

maggior parte dal verme ipsilaterale ed una piccola parte da quello

controlaterale, inoltre vanno ricordate le proiezioni collaterali provenienti

dalle fibre muschiate e rampicanti. Le efferenze invece sono, ipsilaterali per quanto riguarda quelle diretta ai nuclei vestibolari attraverso il peduncolo

cerebellare caudale e controlaterali quelle che si portano in prossimità del

peduncolo cerebellare rostrale formando il fascicolo uncinato.

Il nucleo interposito, situato in posizione centrale rispetto agli altri, tende a

dividersi formando due differenti nuclei nei carnivori ( nucleo interposito

mediale e laterale), si presenta indiviso invece in altre specie, come nei

mammiferi domestici. Le fibre afferenti a questo nucleo, come nel caso del fastigio provengono dallo spinocerebello, ma dalle aree paravermiane, le

efferenze invece sono dirette attraverso il peduncolo cerebellare rostrale al

mesencefalo e al talamo controlaterale.

Il nucleo dentato è il più laterale dei tre nuclei e per questo è chiamato anche nucleo laterale, presenta uno sviluppo differente nelle varie specie, correlato

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movimenti complessi, come accade nel caso degli emisferi cerebellari infatti,

questo nucleo si presenta ben sviluppato nei primati e nell'uomo. Questo

nucleo riceve afferenze da parte degli emisferi cerebellari, in particolare dal neocerebello ed le sue efferenze sono dirette al nucleo rosso, al collicolo

rostrale ed al talamo controlaterale, passando dal peduncolo cerebellare

rostrale [Barone R; 2006].

1.2.3 Suddivisione funzionale del cervelletto

Funzionalmente il cervelletto è divisibile in tre aree differenti:

 il neocerebello

 il paleocerbello

 l'archicerebello

Il neocerebello o corticocerebello o cerebrocervelletto, occupa gli emisferi

cerebellari laterali ed è particolarmente ben sviluppato nei primati. Il

neocerebello riceve proiezioni da molte aree della corteccia cerebrale, in

particolare dalla corteccia motoria e sensitiva, tramite il fascio cortico-ponto-cerebellare e attraverso il talamo invia impulsi alla corteccia motoria e

premotoria [Cunnigham JG; 2006].

Il neocerebello è coinvolto nella regolazione di movimenti altamente

specializzati, in particolare nella pianificazione ed esecuzione di complesse

sequenze spaziali e temporali dei movimenti, (compresi quelli inerenti il

linguaggio) [Purves D et al; 2008].

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mediale e paramediale del cervelletto, si estende davanti al solco primario e si

prolunga in una zona cospicua del verme. La parte centrale, che corrisponde

grosso modo alla regione anatomica del verme, riceve afferenze sensitive dai recettori cutanei e muscolari, attraverso il midollo spinale, ma anche input

visivi, uditivi e vestibolari, inoltre invia impulsi al sistema piramidale tramite i

nuclei cerebellari profondi. La porzione paramediana dello spinocerebello

riceve afferenze provenienti esclusivamente dal midollo spinale ed è coinvolto

nel controllo dei movimenti, inviando segnali al sistema extrapiramidale

tramite i nuclei cerebellari profondi.

Lo spinocerebello partecipa alla coordinazione del tono muscolare e del movimento, quando i movimenti eseguiti non coincidono con le intenzioni

motorie dei sistemi piramidale ed extrapiramidale, lo spinocerebello attua le

correzioni necessarie.

Nello spinocerebello l'afferenza somatosensoriale si distribuisce

topograficamente secondo precise mappe somatotopiche, in modo che nel

cervelletto vi siano rappresentazioni ordinate della superficie del corpo

L'archicerebello o vestibolocerebello, rappresenta la porzione

filogeneticamente più antica del cervelletto ed occupa il lobo

flacculo-nodulare. Il vestibolocerebello riceve la maggior parte delle proprie afferenze

dall'apparato vestibolare e visivo ed invia impulsi ai nuclei vestibolari,

partecipando al mantenimento dell'equilibrio e alla coordinazione de movimenti della testa e degli occhi [Cunnigham JG; 2006]

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1.2.4 Connessioni del cervelletto

Afferenze del cervelletto

Il cervelletto riceve fibre provenienti essenzialmente da corteccia cerebrale,

midollo spinale, apparato vestibolare, midollo allungato e in parte

mesencefalo.

La corteccia cerebrale è la fonte principale di proiezioni al cervelletto e la

destinazione principale di queste fibre è rappresentata dal neocerebello. La

maggior parte di queste fibre proviene dalla corteccia motoria primaria e premotoria primaria del lobo fronrale, dalla regione somatosensoriale del lobo

parietale anteriore ed in parte dalle regioni visive del lobo parietale posteriore.

Questi neuroni non proiettano direttamente al cervelletto, ma attraverso la via

cerebro-ponto-cerebellare: passano la corona radiata, il centro semiovale, la

capsula interna e il crus cerebri, formano sinapsi sui neuroni dei nuclei pontini

omolaterali all'emisfero cerebrale d'origine; i nuclei pontini a loro volta danno

origine alle proiezioni trasversali che passano la linea mediana (decussazione) e attraverso il peduncolo cerebellare medio raggiungono le aree corticali

dell'emisfero cerebellare controlaterale. I segnali provenienti da un emisfero

cerebrale sono ricevuti ed elaborati dall'emisfero cerebellare opposto [Purves

D et al; 2008].

Altri nuclei del tronco encefalico sono coinvolti nella proiezione di fibre afferenti al cervelletto, molti di questi ricevono proiezioni dai nuclei alla base

e dalle aree motorie della corteccia cerebrale. Il nucleo rosso è la fonte delle

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cerebellare rostrale. Le afferenze provenienti dalla formazione reticolare

entrano nel cervelletto dal peduncolo cerebellare caudale .

Il cervelletto inoltre riceve segnali con funzione modulatoria anche dall'oliva

inferiore, tramite il tratto olivocerebellare. Questi assoni decussano a livello

della linea mediana e attraversando il peduncolo cerebellare caudale

controlaterale, si proiettano su tutta la corteccia cerebellare e sui nuclei

cerebellari. Gli assoni provenienti dall'oliva inferiore rappresentano la maggior

fonte di fibre rampicanti afferenti al cervelletto [De Lahunta A, Glass E;

2009].

Il complesso olivare riceve esso stesso afferenze dal nucleo rosso, dalla sostanza grigia centrale del mesencefalo, dai nuclei del midollo allungato e dal

midollo spinale; la sua influenza sul cervelletto viene modulata da impulsi

veicolari da queste afferenze, che esso integra [Barone R].

Al cervelletto arrivano anche vie sensoriali: le afferenze vestibolari,

giungono principalmente al vestibolocerebello, direttamente tramite la

porzione vestibolare del VIII nervo cranico (vestibolo-cocleale) o

indirettamente tramite i nuclei vestibolari del bublo, attraverso i peduncoli cerebellari caudali.

Afferenze visive e uditive provengono dalle rispettive aree della corteccia

cerebrale, contraggono sinapsi a livello dei nuclei pontini, dai quali si

dipartiranno fibre che dopo aver decussato a livello delle fibre trasverse del ponte giungeranno al cervelletto dal peduncolo cerebellare medio

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tettocerebellari si proiettano direttamente allo spinocerebello dal peduncolo

cerebellare rostrale.

Ulteriori afferenze arrivano al cervelletto dal midollo allungato tramite i neuroni del nucleo cuneato laterale, dal quale origina il tratto

cuneocerebellare, che veicola impulsi prorpiocettivi provenienti

principalmente dall'arto toracico

Il midollo spinale controlla il cervelletto direttamente, tramite i tratti

spinocerebellari:

 tratto spinocerebellare dorsale: prende origine dalle lamine V e VI

dei segmenti lombari e soprattutto dagli assoni proveniente dal nucleo

dorsale di Clarke o nucleo toracico, appartenente alla lamina VII.

Veicola impulsi provenienti dalla matà caudale del tronco e dall'arto pelvico

 tratto spinocerebellare ventrale: proviene anch'esso dalle lamine V, VI e VII dei segmenti lombari e sacrali del midollo, ma passa nel

cordone controlaterale per poi ritornare allo stesso lato d'origine

passando attraverso il peduncolo cerebellare rostrale (una piccola parte

non segue quest'ultima decussazione). Invia impulsi provenienti dal

tronco alla parte vermiana dello spinocerebello e dagli arti pelvici alla

parte paravermiana dello stesso

 tratto spinocerebellare rostrale: origina dalla lamina VI del midollo

cervicale, si associa al tratto spinocerebellare ventrale. Veicola impulsi

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paravermiana.

Il midollo spinale controlla anche indirettamente il cervelletto, mediante le

fibre che invia ai nuclei del midollo allungato, soprattutto il nucleo cuneato, ma anche vestibolari, olivari e reticolari.

Le afferenze spinali, come le vestibolari decorrono per la maggior parte lungo

il peduncolo cerebellare caudale, rimanendo quindi omolaterali rispetto al loro

punto d'origine; ne consegue che ciascuna metà del cervelletto elaborerà

informazioni relative alla metà omolaterale del corpo.

Efferenze del Cervelletto

I neuroni efferenti dalla corteccia cerebellare proiettano per una piccola parte direttamente ai nuclei vestibolari, tutte le restanti fibre proiettano ai nuclei

cerebellari.

Gli assoni delle cellule del Purkinje che proiettano direttamente ai nuclei

vestibolari, principalmente derivano dal lobo flacculonodulare e attraversano

il peduncolo cerebellare caudale.

I nuclei dentato e interposito, rappresentano le due principali fonti di

proiezioni ascendenti del cervelletto, questi nuclei infatti producono efferenze per la maggior parte dirette alla corteccia cerebrale.

Le fibre che prendono origine dal nucleo dentato (che provengono dal

neocerebello) sono destinate alla corteccia premotoria, responsabile della

pianificazione dei movimenti. Queste fibre attraversano il peduncolo

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mesencefalo per dividersi in due contingenti, un primo gruppo, minore

(parvocellulare), si dirige verso il collicolo caudale e soprattutto verso il

nucleo rosso che a sua volta proietta all'oliva inferiore, fornendo alle

efferenze cerebellari, la possibilità di un feedback sul cervelletto; il secondo

gruppo, più consistente si porta ai nuclei talamici, in particolare al nucleo

ventrale caudale laterale, per poi arrivare alla corteccia cerebrale.

Poichè il talamo proietta le sue fibre verso la corteccia cerebrale omolaterale,

risulta che ciascuna metà del cervelletto invia segnali all'emisfero cerebrale

opposto, ma considerato che anche il tratto piramidale (ed anche il tratto

rubrospinale, che origina dal nucleo rosso) subisce una decussazione, ogni metà del cervelletto controllerà la metà del corpo ipsilaterale. Allo stesso

modo le lesioni monolaterali determineranno turbe funzionali dal lato

corrispondente. [Barone R; 2006]

Il nucleo interposito, che riceve afferenze spinocerebellari, proietta delle

efferenze nervose che seguono lo stesso percorso iniziale di quelle che

originano dal nucleo dentato, queste attraversano il peduncolo cerebellare

rostrale e decussano nel mesencefalo, ma si dirigono principalmente alla

formazione reticolare ed una porzione magnocellulare al nucleo rosso.

Le fibre che originano dal nucleo del fastigio, che rappresentano il principale

gruppo di proiezioni discendenti dal cervelletto, seguono due vie:

 un piccolo contingente rimane ipsilaterale ed attraversando il peduncolo

cerebellare caudale si distribuisce ai nuclei vestibolari;

(22)

vanno a formare il fascicolo uncinato o fascio di Russel. La branca

caudale di questo fascio si dirigerà verso la formazione reticolare, l'oliva inferiore, i nuclei pontini e il locus ceruleus, la branca rostrale si dirige verso la parte superiore del mesencefalo prendendo rapporto con

collicolo rostrale nucleo precommessurale ed altri nuclei mesencefalici.

Le afferenze provenienti dal nucleo fastigio permettono così al cervelletto di

controllare l'attività motoria, influenzando i corpi cellulari dei motoneuroni

superiori presenti nel tronco encefalico, i cui assoni discendono all'interno del

midollo spinale per regolare i motoneuroni inferiori.

1.2.5 Sintomatologia delle patologie cerebellari

I segni clinici delle disfunzioni cerebellari sono rappresentati da anormalità nel

grado, nell'ampiezza, nella direzione e nella forza dei movimenti. Le lesioni

cerebellari risultano tipicamente in deficit ipsilaterali, poiché come detto

precedentemente le efferenze passanti per il peduncolo rostrale, risultano decussate e allo stesso modo, anche le fibre dei tratti rubrospinale e

corticospinale si incrociano. Solitamente non sono presenti paresi o deficit alla

propriocezione conscia.

Le lesioni cerebellari risultano in specifiche alterazioni della funzione motoria:

ipermetria, ipometria, atassia, dismetria e tremori [Dewey CW, 2003].

Queste manifestazioni sono legate alla perdita delle funzioni fisiologiche di

regolazione dei movimenti svolte dal cervelletto.

(23)

“incoordinazione” e se ne riconoscono tre tipi: atassia generale propriocettiva,

atassia vestibolare ed atassia cerebellare.

Una delle principali caratteristiche dell'andatura atassica cerebellare è la

dismetria, l'incapacità a calibrare correttamente i movimenti volontari, che

molto spesso si manifesta come ipermetria, cioè la risposta esagerata

dell'andatura, che esita in movimenti degli arti più ampi del dovuto. In

particolare l'inizio del movimento è ritardato, e la risposta appare esagerata,

per una non corretta inibizione dell'azione dei flessori durante l'estensione, ciò

è dovuto ad una mancata inibizione neuronale delle cellule de Purkinje sui

nuclei cerebellari.

Gli arti appaiono rigidi, il tono muscolare è aumentato e l'andatura appare

spastica e viene detta “ a passo d'oca”. I riflessi spinali sono aumentati o

normali, le reazioni posturali rallentate e seguite da risposte esagerate.

La postura a riposo appare a base d'appoggio larga e sono evidenziabili delle

oscillazioni del corpo che vengono dette titubazioni [De Lahunta A, Glass E,

2009]

Una lesione agli emisferi cerebellari può manifestarsi con tremori intenzionali, che si evidenziano maggiormente quando l'animale inizia un movimento,

cominciando con lievi movimenti della testa e del collo, sono tipicamente

percepibili quando l'animali si avvicina a una ciotola di cibo per mangiare.

Lesioni al lobo flacculonodulare, ai nuclei vestibolari o al nucleo fastigio possono causare nistagmo patologico, strabismo, perdita dell'equilibrio e

(24)

vestibolare paradossa).

Può essere osservata in gravi casi di patologia cerebellare, la rigidità da

decerebellazione, una combinazione di collo e arti toracici estesi, spesso

associata ad una flessione in senso craniale degli arti posteriori.

Un'anomalia a livello del nucleo fastigio, può produrre anisocoria, con

dilatazione della pupilla controlaterale al nucleo colpito [Dewey CW, 2003].

Animali con malattie cerebellari gravi possono non rispondere al test della

minaccia, soprattutto quando vengono interessati i nuclei interposito o

dentato. Questi animali nonostante un corretto funzionamento della via visiva

e del muscolo facciale, non rispondono al test chiudendo la palpebra, non si ha ancora una chiara spiegazione del perché ciò avvenga, probabilmente il

cervelletto invia efferenze verso la via visiva o questa passa attraverso il

(25)

1.3 Malformazioni

1.3.1 Generalità e criteri di classificazione

In letteratura sono presenti numerosissimi casi di fenomeni disontogenetici a

carico del sistema nervoso centrale, la particolare incidenza di queste lesioni

malformative è sicuramente legata all'alta complessità strutturale dell'apparato,

al suo lento sviluppo e maturazione, alla particolare sensibilità dei suoi

elementi costitutivi ai vari agenti eziologici e nel caso di agenti virali, al

delicato equilibrio tra competenza immunitaria del feto, stato immunitario

della madre e patogenicità dell'agente infettivo [Mandara MT, Cantile C, Baroni M, Bernardini M; 2011].

Esistono diversi criteri di classificazione delle malformazioni del sistema

nervoso.

Una classificazione, permette la loro suddivisione in due gruppi, in base alle

presunte differenze nell'eziologia:

 Malformazioni primarie, quelle derivanti da mutazioni spontanee o

ereditarie dei geni o anormalità cromosomiche

 Malformazioni secondarie, invece sono quelle acquisite

dall'esposizione a teratogeni, tra i quali: radiazioni ionizzanti, tossici,

agenti virali e biologici, carenze vitaminiche, alte e basse temperature.

Tuttavia alcuni agenti causali rimangono ancora sconosciuti o comunque non sono sempre identificabili, perciò una classificazione eziologia di tutte le

(26)

malformazioni del sistema nervoso, non è attualmente disponibile [Vandevelde

M, Higgins RJ, Oevermann A , 2012].

Secondo una classificazione patogenetica, la più utilizzata in campo veterinario, le anomalie dello sviluppo del sistema nervoso sono raggruppabili

in tre gruppi:

 Anomala evoluzione organogenetica e malformazione (definiti

difetti disontogenetici). Ne fanno parte, alcune lesioni cistiche, alcune

anomalie cerebellari, la lissencefalia, la microgiria, l'agenesia del corpo

calloso, la displasia/ipoplasia dell'osso occipitale, la sindrome di

Arnold-Chiari, le anomalie e sublussazioni vertebrali.

 Anomala chiusura del tubo neurale ( i cosiddetti difetti disrafici).

Ne fanno parte, il meningocele, il meningoencefalocele, alcune lesioni

cistiche, la mielodisplasia, l'idrosiringomielia, la spina bifida, la

sindrome di Dandy-Walker e la sindrome di Arnold-Chiari.

 Alterazioni della dinamica del flusso del liquido cefalorachidiano.

Queste alterazioni sono riconducibili all'idrocefalo e

all'idrosiringomielia.

Tuttavia anche il criterio patogenetico con assicura una corretta classificazione

di tutte le anomalie, non sono rari infatti, i casi in cui nella loro evoluzione si

vengono a sovrapporre più meccanismi patogenetici [Mandara MT, Cantile C,

Baroni M, Bernardini M; 2011].

In campo umano la classificazione delle patologie malformative avviene più

(27)

Sempre in medicina umana, è stata proposta da Sarnat e Flores-Sarnat nel

2004 una classificazione integrativa delle malformazioni, che affianchi il

criterio genetico a quello morfologico, ma basato su pattern di espressione genica, da accostare ai criteri della classificazione tradizionale: genetica,

clinica ed anatomica.

Questa classificazione affonda le sue radici in tre considerazioni:

L'espressione genica delle cellule staminali e la conseguente proliferazione

cellulare nel tubo neurale seguono tre gradienti di crescita (associati agli assi

del tubo neurale), che sono stabiliti al momento della gastrulazione, il

gradiente verticale (dorso-ventrale e ventro-dorsale), il gradiente longitudinale (rostro-caudale e caudo-rostrale) ed il gradiente orizzontale (medio-laterale e

latero-mediale).

Immagine 4: I tre gradienti di crescita, da: Sarnat H, Flores-Sarnat L ; Integrative classification of morphology and molecular genetics in central nervous system malformations; Am J of Med Gen, 2004

(28)

La seconda premessa è l'osservazione che la sovraespressione dei geni che

inducono lo sviluppo verso uno di questi gradienti, generalmente esita nella

duplicazione o nell'iperplasia della struttura stessa.

Al contrario la sottoespressione di questi stessi geni può causare l'ipoplasia o

la mancata separazione di alcune strutture.[ Sarnat H, Flores-Sarnat L; 2004]

Tabella I : Classificazione delle anomalie del SNC nell'uomo, in base criterio genetico proposto da Sarnat e Flores-Sarnat

Classificazione delle malformazioni del SNC

I Mutazioni geniche espresse nella stria primitiva o nel nodo

II Disordini del gradiente ventralizzanti nel tubo neurale

III Disordini del gradiente dorsalizzanti del tubo neurale

IV Disordini del gradiente rostrocaudale e della segmentazione

V Aberrazioni nelle linee cellulari a causa di mutazioni genetiche

VI Disordini delle molecole secretorie e dei geni coinvolti nella migrazione cellulare

VII

Disordini delle cellule secretorie e dei geni che stimolano o deprimono la crescita assonale

(29)

1.3.2 Principali patologie malformative del cervelletto

De Lahunta in alcuni suoi articoli classifica le patologie primarie a carico del

cervelletto in tre categorie:

1. le infezioni virali intrauterine o neonatali,

2. malformazioni dello sviluppo su base genetica o sconosciuta,

3. la patologie degenerative chiamate abiotrofie [De Lahunta, 1980 e De

Lahunta,1990].

Le prime due classi sono ascrivibili al gruppo delle malattie congenite e

verranno quindi trattate in questo capitolo, le abiotrofie proprio perché

derivanti da un processo degenerativo progressivo e non necessariamente

presente alla nascita, verranno trattate nel capitolo successivo.

Malformazione di Arnold-Chiari di tipo I

Si tratta di un'anomalia caratterizzata dalla procidenza di porzioni di verme del

cervelletto e talvolta anche del midollo allungato nel canale vertebrale

cervicale, attraverso il forame magno [Mandara MT, Cantile C, Baroni M,

Bernardini M; 2011].

Si suppone che la causa di questa erniazione sia legata ad un alterato sviluppo della fossa posteriore caudale, che è troppo piccola rispetto al volume di

tessuto encefalico che deve accogliere. [Cross et al. 2009]

Secondo alcuni autori, come De Lahunta, sarebbe più corretto parlare di

malformazione dell'osso occipitale in riferimento a questa anomalia e la

(30)

inappropriata, poiché con questo termine viene identificata una patologia

umana caratterizzata dall'erniazione delle tonsille cerebellare, che sono invece

assenti negli animali, [De Lahunta A, Glass E; 2009].

Questa patologia è spesso associata alla siringomielia (complesso SC/SM),

cioè la presenza di una o più cavità neoformate ripiene di liquido

cefalorachidiano e liquido extracellulare, per altro la malformazione di Chiari

di tipo I rappresenta la principale causa predisponente di questa patologia

[Rusbridge et al 2006].

Quest'anomalia è segnalata in vitelli e cani, oltre che nell'uomo, la sua

maggiore prevalenza è registrata nella razza Cavalier King Charles spaniel, nel quale sembra essere presente una base genetica. Fino ad oggi, questa sindrome

è stata segnalata oltre che nel Cavalier King, nel Griffon Bruxellois

[Rusbridge C et al. 2009], Yorkshire Terrier, Maltese, Chihuahua, Bassotto,

Barboncino, Bichon Frisé, Carlino, Shih Tzu, Pomerania, Staffordshire bull

terrier, Boston Terrier, Bulldog francese, Pechinese, Pinscher nano e in due

esemplari di gatto.

I segni clinici di quest'anomalia sono strettamente legati all'ampiezza della siringomielia e all'estensione delle lesioni nel corno dorsale del midollo

spinale cervicale, si osservano ad un'età variabile da pochi mesi ai primi anni

di vita. Il principale segno clinico è rappresentato da uno stato di dolorabilità o

fastidio e può essere presente un'eccessiva sensibilità alla palpazione della regione cervicale, della testa o del tronco. Può essere presente scoliosi se le

(31)

piegata dal lato opposto a quello della lesione.

In alcuni casi può essere presente una paresi da motoneurone inferiore, ciò

sarebbe dovuto all'estensione della lesione alla colonna grigia ventrale a livello dell'intumescenza cervicale, o nel caso di interessamento del funicolo laterale

una paresi da motoneurone superiore e atassia generale propriocettiva. Sono

segnalati anche casi in cui erano presenti sintomi vestibolo-cerebellari, paralisi

del nervo facciale o sordità, raramente crisi convulsive, probabilmente

derivanti dall'alterata pressione del LCR. Questi segni clinici di solito

manifestano un andamento progressivo. La diagnosi è effettuata con l'ausilio

della Risonanza Magnetica, che evidenzia l'erniazione del cervelletto e la siringomielia; altre tecniche diagnostiche, quali la Tomografia

Computerizzata e la Radiografia sono di scarso aiuto [De Lahunta A, Glass E,

2009].

Sindrome di Dandy-Walker

Quest'anomalia è più propriamente detta Ipoplasia Cerebellare Vermiana,

ma viene spesso chiamata Sindrome di Dandy-Walker per le numerose

analogie con una patologia infantile dell'uomo [ Kornegay JN, 1986].

Si tratta di una patologia, caratterizzata dalla presenza di una malformazione

primaria della porzione mediana caudale del verme cerebellare, per la quale si

sospetta una difetto di fusione delle strutture dorsali mediane del primitivo

tubo neurale, per questo motivo ascrivibile al gruppo dei difetti disfarici. La

(32)

le quali: Beagle, Silky terrier, Chow-Chow, Tervuren, Boston terrier, Briard,

Labrador retriver, Bull terrier, Weimaraner e Alano, raramente è presente in

agnelli (Pritchard GC et al. 1994) e puledri, inoltre un caso è stato segnalato in un gattino [Mandara MT, Cantile C, Baroni M, Bernardini M; 2011].

La lesione è rappresentata dall'ipoplasia, fino all'assenza di una porzione

caudale del verme cerebellare, che rappresenta la lesione primaria, tuttavia

spesso sono coinvolti anche uno od entrambi gli emisferi cerebellari o i

flocculi, che appaiono anch'essi ipoplastici. Queste lesioni sono spesso

associate alla presenza di idrocefalo e dilatazione cistica del IV ventricolo

[Kornegay JN, 1986].

A livello istologico, quest'anomalia è caratterizzata da degenerazione delle

cellule del Purkinje, perdita delle cellule dei granuli, presenza di sferoidi

assonali associati a cromatolisi e vacuolizzazione dei nuclei olivari, cuneati e

vestibolari [Mandara MT, Cantile C, Baroni M, Bernardini M; 2011].

La sintomatologia insorge a partire dalle due settimane d'età circa ed è

caratterizzata da atassia, dismetria, tremori intenzionali e talvolta segni

vestibolari come circling e nistagmo quando è presente un interessamento del lobo flocculonodulare [Kornegay JN, 1986]

Displasia dell'osso occipitale

Patologia caratterizzata da un deficit dello sviluppo dell'osso occipitale per

incompleta ossificazione della parte ventromediale dell'osso sopraoccipitale, che risulta in una dilatazione abnorme del forame magno. Quando non

(33)

accompagnata da da altre anomalie, la displasia dell'osso occipitale si

considera un reperto radiologico occasionale e asintomatico. L'importanza

patologica di questa anomalia sta' nel fatto che essa è spesso concomitante con altre patologie come, l'idrocefalo, idrosiringomielia e malformazione di

Arnold-Chiari, per quest'ultima la displasia dell'osso occipitale pare

rappresentare un fattore predisponente [Mandara MT, Cantile C, Baroni M,

Bernardini M; 2011].

Cisti Cerebellari

Rappresentano una patologia estremamente rara nel cane, si tratta di raccolte

di liquido cefalo-rachidiano, in prossimità del tetto dorsale del mesencefalo, a livello della lamina quadrigemina e per questo sono anche dette cisti

quadrigemine o ependimali. Queste lesioni si sviluppano tra lobi occipitali

cerebrali e cervelletto e specie se grosse, causano segni di sofferenza

cerebellare, dovuti alla compressione di quest'ultimo contro l'osso occipitale.

Queste cisti sono facilmente evidenziabili con la Risonanza Magnetica

[Vandevelde M, Higgins RJ, Oevermann A , 2012].

A livello istologico, le lesioni a carico del cervelletto sono rappresentate da perdita di parenchima a carico degli emisferi e di parte del verme, in

particolare è presente una perdita di cellule del Purkinje e una marcata

diminuzione nella densità dello strato granulare, associata a gliosi e presenza

(34)

Ipoplasia e displasia cerebellare

Rappresentano una formazione incompleta o disorganizzata sia della sostanza

grigia che di quella bianca. Conseguono a stimoli lesivi di diversa natura,

principalmente virali, quest'anomalia è infatti spesso causata da virus

responsabili di gravi malattie sistemiche come la diarrea virale bovina, il

border disease, la peste virale suina e nei piccoli animali soprattutto la panleucopenia nel gatto, l'herpesvirosi e la parvovirosi nel cane.

Le lesioni cerebellari variano da una moderata riduzione di volume fino ad una

grave perdita di tessuto con interessamento delle fibre trasverse del ponte e dei

nuclei pontini. Allo stesso modo a livello istologico si osservano diversi gradi,

che vanno da una deplezione delle cellule dei granuli ed eterotopia di quelle del Purkinje, fino alla completa scomparsa dei neuroni.

In letteratura sono stati descritti forme di ipoplasia o agenesia cerebellare

ereditaria in diverse razze di cani, come ad esempio Beagle , Silky terrier,

Airedale, Chow-Chow, Setter irlandese, Boston terrier, Bull terrier e

Wire-haired fox terrier [Mandara MT, Cantile C, Baroni M, Bernardini M; 2011].

Per quanto riguarda la diplasia corticocerebellare ne è presente una

particolare forma ereditaria nella razza San Bernardo, caratterizzata da alterazioni della sostanza bianca e disorganizzazione della corteccia

cerebellare [Franklin RJ et al, 1997].

Tuttavia le principali forme di ipoplasia del cervelletto sono quelle

riconducibili ad infezione virale intrauterina o neonatale.

(35)

risultano colpite le cellule dello strato germinativo in attiva moltiplicazione,

prima della loro migrazione in senso centripeto per formare i vari strati dei

fogli cerebellari.

La citolisi virus-indotta esita in una massiva perdita dei precursori delle cellule

dei granuli, destinate a popolare lo strato più interno della corteccia, inoltre a

questo si aggiunge spesso l'interruzione della migrazione dei neuroni del

Purkinje a causa dell'invio di segnali recettore-mediati, aberranti da parte dello

stato granulare alterato, che completa il quadro di ipoplasia/displasia

cerebellare [Vandevelde M, Higgins RJ, Oevermann A , 2012].

L'ipoplasia causata dall'infezione perinatale da parte del virus responsabile della Panleucopenia felina (Parvovirus), rappresenta la forma di

malformazione cerebellare congenita più comune nel gatto. Questo parvovirus

ha una predilezione per le cellule in rapida divisione, in particolare presenta

particolare tropismo per le cellule dello strato germinativo esterno.

Un'infezione contratta nel periodo immediatamente successivo alla nascita,

causando il danneggiamento dello strato germinativo esterno (considerato che

nel gatto il processo di migrazione cellulare continua anche dopo la nascita) pone a rischio la migrazione cellulare e la conseguente formazione dello strato

granulare, da qui il nome di ipoplasia granulopriva. In alcuni casi la perdita

di parenchima si estende anche agli altri strati cerebellari ed oltre, interessando

la sostanza bianca ed i nuclei profondi [De Lahunta A, Glass E, 2009].

Istologicamente è presente oltre alla perdita delle cellule dei granuli anche

(36)

riduzione di volume del cervelletto. Alcuni animali affetti presentano in

concomitanza cisti, idrocefalo o idranencefalia.

I segni clinici si manifestano al momento in cui i gattini cominciano a camminare, si tratta di una sintomatologia non progressiva ed in alcuni di

questi animali sembra migliorare nel tempo, grazie ad un meccanismo

d'accomodamento che coinvolge gli altri sensi come la visione e la

propriocezione conscia [ Lorenz MD, Coates JR, Kent M, 2011].

Questi animali possono avere un eccellente qualità della vita, ma hanno

bisogno di un ambiente protetto in cui non rischino di causarsi lesioni in

(37)

1.4 Neurodegenerazioni

1.4.1 Introduzione ai processi neurodegenerativi

Le neurodegenerazioni sono processi caratterizzati dalla perdita selettiva di

specifiche popolazioni di neuroni, le loro manifestazioni cliniche sono legate

alla tipologia di cellula che viene colpita.

Si tratta di disturbi solitamente caratterizzati da una progressione piuttosto

lenta e salvo alcune eccezioni, insorgenza in età giovanile.

La perdita neuronale coinvolge primariamente o secondariamente nuclei anatomicamente connessi con sistemi funzionali, come il sistema piramidale o

l'extrapiramidale o con i sistemi cognitivi come il sistema limbico o le

cortecce associative, producendo le tipiche manifestazioni cliniche delle

malattie neurodegenerative, quali disordini motori o demenza (quest'ultima

soprattutto in campo umano).

Tutti questi processi comprendono una stretto legame tra fattori ambientali e

genetici, quest'ultimi in alcuni casi rappresentano i fattori scatenanti del disturbo, in altri sono soltanto fattori predisponenti. [Dickson DW, 2003]

In medicina umana le neurodegenerazioni vengono classificate su base

genetica in:

 Amiloido-patie,

 Tau-aptie,

(38)

 Malattie da ripetizione del trinucleotide

 Malattie da prioni

 Malattie del motoneurone.

In medicina veterinaria questa classificazione è poco pratica poiché non è sempre possibile ricondurre la degenerazione ad una particolare mutazione genetica.

In campo veterinario le patologie neurodegenerative vengono quindi

classificate in base alla tipologia della lesione in :

 Degenerazioni neuronali

 Degenerazioni assonali

 Disordini della mielina

 Malattie d'accumulo

 Malattie spongiformi

1.4.2 I meccanismi alla base della neurodegenerazione

Tutti i disturbi neurodegenerativi per quanto possano colpire distretti diversi

del sistema, presentano alle spalle dei processi patogenetici di base comuni,

che sono rappresentati principalmente da: stress ossidativo, apoptosi,

aggregazione e degenerazione proteica.

Apoptosi

L'apoptosi presenta specifiche caratteristiche citologiche, quali condensazione

e marginazione della cromatina, frammentazione nucleare e blebbing

(39)

l'apoptosi rappresenta di gran lunga la forma di morte programmata più

comune e più studiata. L'apoptosi sembrerebbe essere alla base della

patogenesi di diversi disturbi neurodegenerativi, caratterizzati da morte neuronale, come l'Alzheimer, il Parkinson e la Corea di Huntington.

Un ruolo centrale nel processo apoptotico è svolto dalle molecole delle

famiglie Bcl-2 e Caspasi. La famiglia Bcl-2 comprende due gruppi di geni,

uno con attitudine anti-apoptotica e l'altro pro-apoptotica; il primo gruppo

comprende il Bcl-2 stesso che rappresenta il prototipo di questo gruppo e suoi

omologhi come il Bcl-XL , le molecole di questo gruppo agiscono diminuendo

la sensibilità delle cellule agli stimoli che promuovono la loro morte; il secondo gruppo presenta molecole come Bax e Bak che agiscono regolando il

rilascio dai mitocondri e la funzione del citocromo C (Cyt c), e un secondo

sottogruppo comprendente molecole come Bid e Bad che agiscono in senso

contrario, interferendo con i Bcl-2 anti-apoptotici.

Le caspasi sono la seconda grande famiglia di molecole implicate nel

processo di morte programmata, si tratta di proteasi aspartato-specifiche,

contenenti cisteina. Sono riconosciute circa 15 caspasi nei mammiferi, classificabili in tre gruppi, il primo svolge un ruolo indiretto riguardo

l'apoptosi neuronale, il secondo gruppo comprende caspasi iniziatrici che

trasmettono i segnali d'apoptosi ai membri del terzo gruppo( 3,6,7), che

rappresentano le effettrici dell'apoptosi.

Il principale effettore nel sistema nervoso centrale è la caspasi-3.

(40)

inibitrice dell'apoptosi neuronale (NAIP), un diretto inibitore della

caspasi-3 e caspasi-7, la cui deficienza è associata all'atrofia muscolare spinale

infantile nell'uomo.

Questo processo sembrerebbe essere scatenato da stress cellulare di diverso

tipo a carico di uno degli organelli presenti all'interno della cellula. Se lo

stimolo è sufficientemente potente, avviene un attivazione delle caspasi,

mediata dalle molecole della famiglia Bcl-2 (Bid/Bad e Bax/Bak) con una

conseguente degenerazione neuronale seguita da apoptosi. Se la stimolazione

non risulta adeguata e permane un persistente stimolo subletale, vengono

attivate le Bcl-2 anti-apoptotiche che inibiscono le caspasi, ne conseguirà quindi una disfunzione dell'organello colpito, ma in assenza di apoptosi [Roth

KA, 2003].

Lo stress ossidativo

Il concetto di stress ossidativo sta ad indicare l'eccesso di radicali liberi d'ossigeno, i quali superano le barriere difensive cellulari, danneggiando la

cellula stessa. Il danno ossidativo conseguente da questo eccesso di radicali

liberi, rappresenta una caratteristica citopatologica presente in diverse malattie

neurodegenerative croniche come l'Alzheimer e il Parkinson.

Queste specie reattive dell'ossigeno sono una vasta famiglia di sottoprodotti

del metabolismo ossidativo cellulare e vengono creati nei mitocondri durante

la fosforilazione ossidativa, con produzione di ioni come il superossido (O2

-),

(41)

produrre perossido d'idrogeno (H2O2). Il perossido d'idrogeno può a sua volta

essere ridotto da cationi bivalenti ad azione ossido-riduttiva, come il Ferro

(Fe) ed altri metalli, producendo radicali idrossilici (OH), potenti radicali liberi che vanno a danneggiare le proteine, i lipidi e gli acidi nucleici.

Un altro radicale libero è l'ossido nitrico (NO), molecola prodotta dalla

famiglia di enzimi ossido nitrico sintetasi; a questo stato ha limitata attività

tossica, ma interagendo con il superossido forma il perossinitrito (ONOO-),

un potente radicale che svolge azione lesiva contro le macromolecole

attraverso la nitrazione o la produzione di altri radicali liberi. Le cellule hanno

sviluppato una vasta gamma di molecole anti-ossidanti, tra i quali la superossido dismutasi, glutatione reduttasi e catalasi. L'aumento

dell'espressione di queste stesse molecole, all'interno della cellula rappresenta

inoltre una prova indiretta della presenza di uno stress ossidativo.

La presenza di uno stress ossidativo tuttavia non implica necessariamente

un'imminente morte cellulare, perché il processo potrebbe essere compensato

da sufficienti meccanismi di difesa [Perry G et al, 2003].

L'instaurasi di un processo degenerativo è quindi verosimilmente legato al bilancio che si crea tra i meccanismi responsabili dello stress ossidativo che

tendono a danneggiare la cellula e la capacità dei sistemi di difesa di regolare e

(42)

Aggregazione Proteica

In diverse patologie neurodegenerative è stata riscontrata un'interazione

aberrante tra le proteine, che esita in aggregazione delle fibrille proteiche. E'

stato ipotizzato che questo fenomeno possa avere un ruolo nel processo che

porta alla morte neuronale, presente in queste patologie.

Secondo quest'ipotesi l'anormale interazione tra le proteine nel cervello, altera la loro stessa conformazione portando alla formazione di filamenti e aggregati

che si accumulano progressivamente come depositi fibrosi intra o

extracellulari. Conseguentemente a questa trasformazione in senso patologico

delle proteine, si ha perdita delle normali funzioni, inoltre questi aggregati

risultano predisposti ad acquisire proprietà neurotossiche, con conseguente disfunzione o morte della cellula colpita.

E' stato evidenziato che in forme ereditarie di alcune patologie

neurodegenerative umane come il Parkison e l'Alzheimer, la presenza di

mutazioni in diversi geni ( gene tau, α-sinucleina) è correlata alla presenza di

conglomerati proteici intracellulari, come i corpi di Lewy del Parkinson

[Trojanowski JQ, 2003] .

Degenerazione Proteica

La proteolisi intracellulare è guidata dall'ubiquitina, una piccola

molecola attivata da una serie di reazioni ATP-dipendenti, che si lega a

proteine bersaglio destinate ad essere riconosciute e degradate da un grosso complesso macromolecolare chiamato proteasoma 26S. L'ubiquitina è

(43)

sottoposta al controllo di diversi enzimi: è attivata dall'enzima attivatore

dell'ubiquitina (E1), coniugato alle proteine bersaglio dal E2 (enzima coniugante l'ubiquitina), sotto il controllo dell'ubiquitina ligasi (E3), infine

il legame tra l'ubiquitina e le proteine bersaglio viene sciolto dall'enzima di

deubiquitinazione (DUB). L'interazione tra questi enzimi determina il destino

delle principali proteine presenti negli organismi eucarioti.

L'importanza della via metabolica dell'ubiquitina sta nel fatto che alterazioni

della sua normale funzionalità causano accumulo di aggregati proteici o di

ubiquitina stessa, che si presentano sotto forma di inclusioni.

E' stato accertato il ruolo di particolari mutazioni di geni che codificano per le proteine implicate nel metabolismo dell'ubiquitina, soprattutto della famiglia

E3, in alcune malattie neurodegenerative umane, come la sindrome di

Angelman.

Un'altra alterazione genetica importante è osservata nel Parkinson, una

mutazione del gene parkin appare responsabile di una forma giovanile di

Parkinsonismo autosomico recessivo (AR-JP). La parkina è una proteina

della famiglia delle ubiquitin ligasi (E3) che fisologicamente degrada proteine con conformazioni abberranti, l'assenza di tale molecola causa un accumulo di

(44)

1.5 Abiotrofie

1.5.1 Generalità sulle abiotrofie

L'abiotrofia è un processo patologico caratterizzato dalla prematura

degenerazione e perdita, a seguito di un anomalia funzionale, di un cospicuo

numero di cellule neuronali, talvolta in più popolazioni funzionalmente

correlate tra loro [Mandara MT, Cantile C, Baroni M, Bernardini M; 2011].

Abiotrofia letteralmente significa perdita (a-) di una sostanza biologica (bio),

necessaria per il mantenimento di una determinata cellula (-trofia); in letteratura, il primo a parlare di questo termine fu WR Gowers, nel suo articolo

“Lecture on Abiotrophy” del 1902, nel quale utilizzava questo termine per

definire un processo patologico del sistema nervoso, caratterizzato dalla

degenerazione prematura e spontanea dei neuroni; in seguito questo termine è

stato ripreso da A De Lahunta e ad oggi viene utilizzato quasi esclusivamente

in campo veterinario [Gower WR, 1902 e De Lahunta, 1990]

Sappiamo che una volta differenziata la popolazione neuronale continua a crescere, ma smette di dividersi e una volta raggiunto il completo sviluppo,

queste cellule tendono a permanere per il resto della vita dell'individuo. La

prematura degenerazione di queste cellule che avviene nel processo

abiotrofico è dovuta ad un difetto intrinseco, che interferisce con la loro attività metabolica; questo punto rappresenta la principale differenza tra i

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ad una degenerazione causata da un difetto metabolico dello sviluppo, ed

esclude le alterazioni correlate a stimoli lesivi esogeni.

Le abiotrofie sono state classificate, secondo un criterio anatomico, basato sulla sede di sviluppo delle lesioni, in:

1. Abiotrofie puramente o prevalentemente cerebellari 2. Abiotrofie multisistemiche

3. Malattie del moroneurone (MND)

4. Altre forme neurodegenerative

all'interno di questi gruppi primari, vengono riconosciuti dei sottogruppi

classificati in base alla natura del processo patologico o alla sintomatologia clinica [De Lahunta, 1990].

Le abiotrofie multisistemiche, sono raramente riportate in letteratura,

colpiscono diverse razze canine con forme differenti. Nel Cocker spaniel ad

esempio è stata descritta (Jaggy M, 1988) una forma di degenerazione

neuronale che primariamente coinvolge i corpi cellulare, caratterizzata da

atassia, tremori intenzionali, ipermetria e base d'appoggio larga, con

progressione lenta [Bernardini M, 2002].

A livello istologico questa degenerazione presenta una perdita neuronale, con

gliosi e assoni distrofici, estesi a livello della sostanza grigia e bianca in

diversi distretti nel cervello [De Lahunta, 1990] .

Un'altra forma di abiotrofia neuronale è quella riscontrata nel Cairn terrier, studiata da Palmer e Cummings, che si manifesta a 5 mesi d'età con tetraparesi

Figura

Tabella  I  :  Classificazione  delle  anomalie  del  SNC  nell'uomo,  in  base  criterio  genetico                                                                         proposto da Sarnat e Flores-Sarnat
Tabella II : Caratteristiche di alcune forme di abiotrofia corticocerebellare nel cane
Tabella  III  : classificazione  delle  varie  forme  di  abiotrofia  cerebellare  in  base  alla  tipologia  di  cellule che colpiscono prevalentemente.
Tabella IV: Caratteristiche di alcune forme di abiotrofia corticocerebellare nel gatto.

Riferimenti

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