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CAPITOLO 3

3.1 TERAPIA SISTEMICA

La terapia delle malattie del complesso del pemfigo si protrae generalmente per tutta la vita dell’animale, con l’eccezione dei casi indotti da farmaco, nei quali, dopo l’interruzione della somministrazione del farmaco scatenante la reazione, il trattamento si può sospendere dopo la risoluzione dei sintomi (Noli et al., 1995). In alcuni casi, dopo la sospensione della terapia immunosoppressiva, è stata anche segnalata una remissione prolungata (Olivry et al., 2004), anche se è importante ricordare come si possono osservare esacerbazioni soprattutto nel periodo estivo (Iwasaki et al., 2003).

È bene tenere presente che nel cane le lesioni cutanee sono spesso complicate da infezioni batteriche secondarie e dato che la terapia della malattia autoimmune si basa quasi esclusivamente sull’uso di farmaci immunosoppressivi, si raccomanda di utilizzare un antibiotico nel periodo iniziale di trattamento. Questa misura è stata associata ad un aumento dell’aspettativa di vita (Gomez et al., 2004).

I corticosteroidi sono la base dell’approccio terapeutico, e vanno somministrati a dosi immunosoppressive fino alla regressione della sintomatologia (scomparsa delle pustole con formazione di croste secche o collaretti, assenza di nuove lesioni e remissione del prurito, quando presente). I farmaci più comunemente utilizzati sono il prednisone o il prednisolone alla dose iniziale da 2,2 a 4.4 mg/Kg

giornalmente o divisi in 2 somministrazioni. Alcuni preferiscono utilizzare il metilprednisolone, che può avere meno effetti collaterali mineralcorticoidi-indotti. La maggior parte dei casi migliora con questo regime terapeutico in circa 10-14 giorni (Rosenkrantz et al., 2004), ed il dosaggio è poi gradualmente ridotto

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43 in altri 30-40 giorni, nel momento in cui si è raggiunto un risultato soddisfacente. L’obiettivo è raggiungere una somministrazione a giorni alterni di circa 1 mg/kg, o comunque una dose minima in grado di controllare la sintomatologia

(Rosenkrantz et al., 2004). Nel gatto, si utilizzano in genere dosaggi doppi e si preferiscono il prednisolone (4-6 mg/Kg) o il triamcinolone (0,6- 2 mg/Kg). I meccanismi attraverso cui i glucocorticoidi risultano efficaci sono principalmente correlati ai loro profondi effetti sull’immunità umorale e cellulo-mediata, sulla fagocitosi, sull’inibizione dei mediatori dell’infiammazione e sulla soppressione dei livelli degli autoanticorpi (Scott D., 1995; Werth V., 1999).

Nei casi gravi o di risposta non adeguata alle aspettative, si possono

somministrare altri glucocorticoidi, come il desametazone (dose iniziale 0,2-0,4 mg/Kg) o il triamcinolone (0,2-0,6 mg/Kg) (Rosenkrantz et al., 2004), che sono considerati da 6 a 10 volte più potenti del prednisone e del prednisolone. Per questi ultimi due farmaci però la terapia andrebbe preferibilmente somministrata ogni 72 ore e ad un dosaggio se possibile non superiore a 0,1 mg/Kg (Rosenkrantz et al., 2004). In casi molto gravi o refrattari, si può ricorrere a prednisolone o metilprednisolone sodio succinato (entrambi al dosaggio di 10 mg/Kg) o al desametazone (1 mg/Kg) per via endovenosa, per uno o due giorni consecutivi, associati a un gastroprotettore, finché non si instaura la normale terapia

cortisonica per via orale (Rosenkrantz et al., 2004; White et al., 1987). Con questi protocolli sono descritti con maggiore frequenza effetti collaterali quali ulcera, emorragia gastrica o diabete (Rosenkrantz et al., 2004; Jeffers et al., 1991), per cui si consiglia il monitoraggio della glicemia pre e post terapia e, come già detto, l’uso di protettori gastrici. I principali effetti dei glucocorticoidi nel cane sono poliuria, polifagia, addome a botte e aumentata sensibilità alle infezioni (sindrome di Cushing iatrogena)(Gomez et al., 2004). Sono anche frequenti demodicosi e dermatofitosi, atrofia cutanea, calcinosis cutis e comedoni

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44 (Rosenkrantz et al., 2004). Nel gatto è stato riportato lo sviluppo di diabete

mellito conseguente alla somministrazione di glucocorticoidi per periodi prolungati (Lien et al., 2006). Pertanto è indicato monitorare le fruttosamine sieriche per rilevare il problema allo stadio iniziale.

Nei casi in cui non sia possibile ottenere un controllo adeguato solo con i corticosteroidi, si può ricorrere ad una terapia combinata, aggiungendo l’azatioprina da 1.5 fino a 2.5 mg/Kg ogni 24-48 nel cane, che agisce

principalmente sulla produzione di anticorpi. Alcuni clinici preferiscono iniziare subito questa terapia combinandola con i glucocorticoidi. Una volta che si ottiene il controllo della malattia, entrambi i farmaci vengono scalati, cercando di

raggiungere un regime di somministrazione a giorni alterni, in cui il

corticosteroide venga dato un giorno e l’azatioprina il giorno successivo, con un dosaggio di mantenimento di 0.5 mg/Kg. Non è chiaro se questa combinazione di farmaci abbia una incidenza inferiore di effetti collaterali rispetto ai

glucocorticoidi usati da soli ed è stato segnalato come in realtà la terapia combinata non porti ad un risultato più velocemente, né ad un esito finale

migliore. Tuttavia, questo aspetto deve ancora essere studiato attraverso controlli accurati, e numerosi dermatologi sono favorevoli all’uso di una terapia combinata (Noli, 2013 ). Nel gatto è vivamente sconsigliato l’uso dell’azatioprina, poiché può causare una soppressione fatale dell’attività del midollo osseo (Rosenkrantz et al., 2004).

Agenti immunosoppressivi che possono essere utilizzati come alternativa rispetto ai corticosteroidi e l’azatioprina sono il clorambucile al dosaggio da 0,1 a 0,2 mg/Kg giornalmente o a giorni alterni nel cane e nel gatto, e la ciclosporina alla dose da 5 a 10 mg/Kg ogni 24 nel cane e a 7 mg/Kg nel gatto. Il clorambucile viene in genere preferito all’utilizzo della ciclofosfamide a causa della propensione di quest’ultima allo sviluppo di cistiti. Tutti i farmaci citati hanno un tempo di latenza

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45 di 2-4 settimane prima di mostrare un’efficacia terapeutica (Rosenkrantz et al., 2004). È quindi consigliabile l’associazione ai glucocorticoidi sin dall’inizio del trattamento farmacologico.

SCHEMA DI OPZIONI TERAPEUTICHE NEL PEMFIGO FOLIACEO DEL GATTO

Risoluzione segni clinici dopo 4 settimane Prednisolone (4-6 mg/Kg/die/PO) Persistenza dei segni clinici dopo 4 settimane Iniziare a scalare il prednisolone con monitoraggio a lungotermine

Scegliere uno steroide

alternativo: triamcinolone (0,4- 2 mg/Kg/die/PO), desametazone (0,2-0,4 mg/Kg/die/PO) o metilprednisolone (1.6-4.8 mg/Kg /die/PO) Risoluzione segni clinici Persistenza segni clinici

Iniziare a scalare la terapia steroidea alternativa con monitoraggio a lungo termine Aggiungere clorambucile (0,1-0,2 mg/Kg/die/PO) o ciclosporina (5-10 mg/Kg/die/PO)

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46 (Riferimenti bibliografici: Peterson et al., 2010)

Gli effetti collaterali dell’azatioprina e del clorambucile sono rappresentati da neutropenia, anemia e trombocitopenia e, più raramente, da diarrea, vomito, anoressia e maggiore suscettibilità alle infezioni (Rosenkrantz et al., 2004). Si consiglia quindi di effettuare un emocromo completo ogni 2-4 settimane per i primi mesi di terapia, poi ogni 2 mesi. Se il numero dei leucociti scende sotto i 5000/mm3 e quello dei linfociti sotto gli 800/ mm3 si consiglia di sospendere il farmaco per una o due settimane e riprenderlo a dose dimezzata, poi ripetere gli esami nuovamente dopo due settimane. Sono stati segnalati casi di pancreatite (Houston et al., 1991) e di epatotossicità (Rosenkrantz, 1993) indotti

dall’azatioprina. Anche per i farmaci usati in associazione ai cortisonici, si può gradualmente ridurre la dose, fino a raggiungere una dose minima efficace, che non provochi eccessiva soppressione midollare e che possa essere somministrata a lungo termine, eseguendo esami di controllo ogni 3-6 mesi. Uno dei principali problemi da considerare nell’utilizzo di questi farmaci ai dosaggi citati (proposti dai principali libri di testo e da articoli di revisione sul complesso del pemfigo) è che tutti sono spesso associati ad effetti collaterali più gravi della malattia stessa. Uno studio sulla prognosi di 43 cani affetti da pemfigo foliaceo ha riportato che solo 17/43 erano ancora vivi alla fine dello studio, con la maggior parte dei

decessi avvenuti entro il primo anno, e 18 casi sottoposti a eutanasia a causa del fallimento terapeutico, di inaccettabili effetti avversi dei farmaci, o per la scarsa qualità di vita (Gomez et al., 2004).

La terapia immunosoppressiva di solito è mantenuta indefinitamente, anche se al dosaggio più basso possibile. In alcuni casi, può essere ridotta ad un dosaggio bassissimo o addirittura interrotta. In un report, dopo la remissione della

malattia, raggiunta dopo 1,5-6 mesi, la terapia è stata gradualmente rimossa in 6 casi, senza che si sviluppasse recidiva nei successivi 1,5-6 anni (Olivry et al.,1992).

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47 Per evitare gravi effetti collaterali della terapia si può utilizzare un protocollo a dosaggio più basso, dato dall’associazione tra azatioprina a 1-2 mg/Kg al giorno e prednisone a 1-2 mg/Kg al giorno per 10-14 giorni. Il prednisone viene poi ridotto alla somministrazione ogni 48 ore per 10-14 giorni e poi diminuito di un quarto di dose ogni 10-14 giorni. In molti cani, grazie alla terapia di mantenimento con l’azatioprina, è possibile diminuire notevolmente la dose di glucocorticoidi e in alcuni anche a sospenderne la somministrazione (Noli, 2013). Sono anche stati impiegati altri farmaci, quali tetraciclina in associazione con nicotinamide, che possono essere d’aiuto nelle forme meno gravi di pemfigo, ad esempio nel pemfigo eritematoso del cane (Rosenkrantz et al., 2004; White et al., 1992), in quanto, grazie alla lenta fase di induzione (circa 4 settimane o più), non sarebbero indicati in monoterapia in cani con grave prurito o con lesioni estese. La dose è di 500 mg totali per ciascun principio attivo ogni 8 ore quotidianamente per cani sopra i 10 Kg, metà dose per quelli più piccoli. Se dopo 1-2 mesi di terapia si è osservato un miglioramento si possono lentamente diminuire la frequenza di somministrazione e/o il dosaggio. È descritto l’uso aneddotico della doxiciclina, sia nel cane che nel gatto (10 mg/Kg una o due volte al giorno) in sostituzione alla tetraciclina o da sola. Sono stati utilizzati anche altri farmaci di recente sviluppo in un numero limitato di studi, come ad esempio la ciclosporina. Questa presenta una tossicità relativamente bassa e una buona attività immunosoppressiva. Il suo uso in monoterapia a 5-10 mg/Kg ha dato scarsi risultati nel pemfigo foliaceo del cane (Olivry et al., 2003) mentre viene proposta (al dosaggio di 5 mg/Kg al giorno) in combinazione con azatioprina e cortisone nei casi refrattari o come agente capace di indurre una diminuzione della dose di glucocorticoidi (Rosenkrantz et al., 2004). La ciclosporina al dosaggio da 7.5-10 mg/Kg, da sola o in combinazione con il prednisolone, è considerata un trattamento efficace in alcuni gatti. Gli effetti collaterali più frequenti, osservati sia nel cane che nel gatto, sono vomito e

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48 diarrea, mentre più rare sono l’iperplasia gengivale e lo sviluppo di lesioni cutanee (papillomatosi, nel cane, placche linfocitarie e dermatite psoriasiforme) (Robson, 2003). Ricerche riguardo all’uso di un altro farmaco, il mofetil micofenolato, registrato in Italia e utilizzato in medicina umana in molte malattie autoimmuni, hanno dimostrato che, associato al cortisone in cani con pemfigo foliaceo, può dare buoni risultati nel 50% dei casi circa (22-39 mg/Kg PO al giorno divisi in 3 somministrazioni) (Katz et al., 2000). La sua azione inibisce la proliferazione dei linfociti e la produzione di anticorpi in maniera relativamente selettiva, riducendo gli effetti su altri tessuti. Infatti, questa terapia non sembra dare effetti collaterali nel cane. Le immunoglobuline endovenose (IVIG), impiegate nella

trombocitopenia e nell’anemia emolitica immunomediata del cane, sono state utilizzate come trattamento iniziale di un cane con un pemfigo foliaceo molto grave, e si sono dimostrate altamente efficaci. Il cane è stato successivamente trattato con azatioprina e prednisone ed ha risposto nuovamente bene alle IG vena dopo aver avuto una recidiva (Mueller, 2013). Il dosaggio è di 1 g/Kg endovenoso in 6-12 ore o per 2 giorni consecutivamente. Questa terapia può essere ripetuta una volta al mese, come in medicina umana, anche se non esistono ad oggi studi riguardo a questo impiego nel cane (Rutter A., 2001).

Altre terapie non in commercio in Italia o per esclusivo uso ospedaliero, includono i sali d’oro, il dapsone e la sulfasalazina (Rosenkrantz, 2004). Il dapsone è stato utilizzato sia in monoterapia che in combinazione con i glucocorticoidi nel

pemfigo del cane. Agisce riducendo l’attivazione del complemento, la produzione anticorpale, la sintesi degli enzimi lisosomiali e la chemiotassi dei neutrofili. Il dosaggio è di 1 mg/Kg ogni 8 ore solo nel cane, in quanto il gatto presenta maggiore sensibilità a questo farmaco, con maggiore incidenza di anemia

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49 trombocitopenia, epatotossicità, sintomi gastroenterici, neuropatie e lesioni

cutanee. La sua fase di induzione è di 4-8 settimane (Rosenkrantz, 2004).

3.2 TERAPIA TOPICA

I corticosteroidi topici sono considerati benefici nel trattare forme più leggere e localizzate (pemfigo eritematoso) o come adiuvante alla terapia sistemica, sia nel cane che nel gatto. Generalmente si utilizzano prodotti a base di idrocortisone al 1-2%, betametasone allo 0.1% o fluorocinonide allo 0.05% o amcinonide allo 0.1%, da applicare inizialmente due volte al giorno, utilizzando i guanti, poi riducendo la frequenza di somministrazione fino ad una volta al giorno ogni 48 ore (Rosenkrantz, 2004). L’uso prolungato (quotidianamente per 14 o più giorni) causa atrofia cutanea, alopecia e infezioni cutanee localizzate e se applicati su superfici estese o a seguito di leccamento dell’area possono portare

all’iperadrenocorticismo iatrogeno per assorbimento sistemico (Moriello et al., 1988; Verheijen F. et al., 1998). Si consiglia in questi casi di passare a prodotti di nuova concezione, quali quelli a base di idrocortisone aceponide, quasi privi di questi effetti collaterali (Nuttall et al., 2009). L’utilizzo topico del tacrolimus sotto forma di unguento allo 0.1% ha dato risultati notevoli per il trattamento di

malattie immunomediate di lieve identità (pemfigo eritematoso), da solo o in associazione a terapia sistemica, con discreto successo (Griffies et al.,2004; Bhang et al., 2008). L’unico effetto collaterale riportato è una possibile sensazione di bruciore nei primi giorni di somministrazione. Il tacrolimus non è registrato in Italia per uso veterinario, così come la tetraciclina per bocca, il clorambucile e l’azatioprina.

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