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Capitolo II
L’invasione argentina e la riconquista inglese
2.1 I prodromi della guerra
Come anticipato nel capitolo precedente, il periodo pre-crisi nelle relazioni anglo-argentine cominciò con l’inizio dei negoziati bilaterali. I rapporti tra i due Stati divennero sensibilmente tesi dopo il fallimento del citato Memorandum of
Understading.
Il 4 febbraio 1976 si registrò un aumento della tensione tra i due Stati quando, a 87 miglia a sud di Cape Pembroke, il cacciatorpediniere argentino Almirante Stormi sparò alcuni colpi di avvertimento contro la nave oceanografica inglese Shackleton. L’Argentina giustificò l’accaduto dichiarando che la Shackleton aveva violato le proprie acque territoriali e che, nonostante l’intimazione di fermarsi, questa aveva continuato la navigazione.
La protesta inglese non tardò ad arrivare. Il 6 febbraio 1976 James Murray, rappresentante permanente del governo inglese alle Nazioni Unite, inviò due note di protesta al Consiglio di Sicurezza e al Segretario generale dell’Onu con le quali contestò l’assunto argentino circa il preteso ambito di giurisdizione e ribadì che l’Argentina aveva deliberatamente compiuto un «pericoloso atto molesto» contro una nave civile che stava compiendo una indagine scientifica1.
Il governo di Buenos Aires, con nota del 10 febbraio 1976, fece presente che le operazioni condotte dalla Shackleton erano state compiute in aperta violazione delle norme nazionali argentine nonché dell’allora vigente diritto internazionale. In ragione di ciò, il comandante dell’Almirante Stormi aveva lecitamente intimato lo stop alla nave inglese che, non curante dell’avvertimento, continuò nella sua navigazione.
1 Al riguardo si veda la nota inglese, Doc. S/11972, del 06 febbraio 1976. In essa il Rappresentante
permanente rende noto che a bordo della Shackleton c’era dell’esplosivo, necessario per lo svolgimento di alcune operazioni geologiche e che, quindi, i colpi di avvertimento sparati dall’Almirante avrebbero potuto provocare seri danni. Il documento è consultabile al sito: http://www.un.org/en/documents
16 Pertanto, i colpi successivamente sparati dall’Almirante contro la Shackleton non futuro altro che un atto «dovuto» alla condotta di quest’ultima2.
Ciò nonostante, seppur questo episodio avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi, considerato il livello di tensione esistente in quel preciso momento, l’accaduto non produsse nessuna sensibile ricaduta né sulle relazioni diplomatiche tra i due paesi né sulla politica britannica verso le isole. Invero, come già ricordato, tra il 1977 e il 1981, si svolsero una serie di incontri tra i rappresentanti dell’Argentina e del Regno Unito tra cui, il negoziato di New York del 1977, durante il quale la tensione diplomatica tra i due Stati sembrò attenuarsi sensibilmente.
Tuttavia, nonostante gli ottimi inizi, la situazione cambiò bruscamente nei primi del 1978 (colloqui di Lima, 15-17 febbraio 1978), per poi degenerare completamente a seguito dell’incidente accorso sull’isola di South Georgia.
2.1.1 L’affare dell’isola South Georgia
La tensione esistente tra l’Argentina e il Regno Unito subì una fortissima accelerazione a seguito dell’incidente accorso all’isola South Georgia. Un evento di per sé banale ma che ben presto, divenne il casus belli da cui scaturì il conflitto anglo-inglese3.
Il 19 settembre 1979, l’imprenditore argentino Costantino Davidoff concluse un contratto con l’impresa scozzese Christian Salven ltd per l’acquisto di vecchie attrezzature e materiali per la caccia alla balena appartenenti all’impresa baleniera e ubicate, appunto, sull’isola South Georgia. Il 16 dicembre 1981 Davidoff, dopo aver ottenuto il permesso dal ministero degli affari esteri e dalla marina argentina di poter utilizzare le navi da trasporto antartiche4, effettuò a bordo del rompighiaccio Almirante
2 Al riguardo si veda la nota argentina Doc. S/11973 del 10 febbraio 1976. Il rappresentante permanente
argentino Carlos De Rozar, alla minaccia inglese di un’eventuale esplosione a bordo della Shackleton, rispose che il capitano dell’Almirante era a conoscenza del carico della nave oceanografica tant’è vero che i colpi di avvertimento furono sparati da armi di piccolo calabro e non di grosso, come invece sosteneva parte inglese. Il documento è consultabile al sito: http://www.un.org/en/documents
3 A proposito della portata di un evento apparentemente non significativo, Von Clausewitz ha scritto: «fra
due nazioni o Stati possono esistere tensioni così forti, somme tali di elementi ostili, che un motivo politico di scarsissima importanza intrinseca divenga capace di provocare effetti sproporzionati alla sua natura» K. Von Clausewitz, Della Guerra, Mondadori, Milano, 1989, p. 28 in R. Sala, op. cit., p. 132.
4 Alcuni studiosi sostengono che la marina era particolarmente interessata nel fornire sostegno logistico a
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Irizar una prima ricognizione sull’isola per rilevamenti fotografici del luogo e per
constatare la consistenza dei materiali e del lavoro necessario al loro trasporto5.
Il 4 gennaio 1982, il Foreign Office inviò una nota all’ambasciatore a Buenos Aires con la quale protestava contro il mancato rispetto delle procedure nonché, la violazione della sovranità britannica sulla South Georgia6.
Accertatosi della ricchezza del materiale presente, Davidoff richiese una seconda volta il sostegno della marina; appoggio che gli venne nuovamente concesso7.
L’11 marzo, la nave da trasporto argentina Bahia Buen Suceso salpò per la South Georgia con 41 operai, dove giunse il 19 successivo; anche questa volta, furono violate le procedure britanniche.
I funzionari della British Antartic Survey (BAS) mandati a controllare la situazione osservarono personale sia civile che militare, una bandiera argentina issata e udirono alcuni spari8. Avvertito dell’accaduto, il governo britannico trasmise un messaggio al ministro degli esteri argentino Mendez con il quale manifestava seria preoccupazione e lo avvisava dell’invio sul posto della nave rompighiaccio Endurance, con a bordo 22 Royal Marines. Questi, una volta appreso il contenuto del messaggio, manifestò il proprio stupore e cercò subito di rassicurare il suo omologo inglese, ricordandogli che i lavoratori argentini erano sull’isola in forza di un regolare contratto e che la Bahia Buen Suceso sarebbe salpata il giorno successivo.
precedenti per operazioni congiunte nel Sud Atlantico. L. Freedman, V. Gamba-Stonehouse, Signals of
war: the Falklands conflict of 1982, London, Faber & Faber, p. 40.
5 Si veda la lettera inviata da Davidoff all’ambasciatore Williams, il 25 marzo 1982. Il documento è
consultabile al sito: http://www.margaretthatcher.org
6 Invero, durante la prima esplorazione di Davidoff, il comandante dell’imbarcazione argentina aveva
mantenuto il silenzio radio per tutto il tempo della navigazione e non comunicò nemmeno il loro arrivo a destinazione. R. Sala, op. cit., p. 132; Franks Report, p. 56. Quest’ultimo è il resoconto ufficiale del
comportamento tenuto dal governo inglese nei negoziati con l’Argentina tra il 1965 e il 1982. E’ consultabile al sito: http://www.margaretthatcher.org
7 Al fine di evitare spiacevoli inconvenienti, il 09 marzo 1982 Davidoff inviò una comunicazione ufficiale
all’ambasciatore inglese a Buenos Aires con la quale lo informava che l’11 successivo sarebbe salpato a bordo della Bahia Buen Suceso con destinazione Leith, nella South Georgia. Franks Report, p. 57.
8 R. Sala, op. cit., p. 133; M. Hastings-S. Jenkins, The battle for the Falkland, New York, Norton & Co.,
1983, p. 55. La presenza di militari in abiti civili venne confermata, successivamente, dallo stesso generale Galtieri al segretario di stato americano Alexander Haig. Cfr. A. Haig, Alla corte di Reagan, Milano, SugarCo, 1984, p. 231.
18 Mendez tenne a sottolineare, inoltre, che Davidoff aveva preso in completa autonomia tutte le decisioni del caso e che il governo argentino non aveva nessuna intenzione di «innalzare la temperatura politica»9.
L’impegno venne effettivamente rispettato, salvo il fatto che alcuni lavoratori argentini furono lasciati sull’isola; venne inviata la nave rompighiaccio Bahia Paraiso, allo scopo dichiarato di proteggere i cittadini10.
Il mancato rispetto delle procedure da parte delle unità navali argentine11, ripetutosi per due volte nel giro di poche settimane, nonché l’esagerata reazione del governo britannico ad un episodio di per sé banale, vennero recepiti dalle parti in causa come una violazione della propria sovranità da una parte e come una minaccia ai propri cittadini e valori dall’altra.
Nel giro di pochi giorni si determinarono le condizioni per le quali una situazione di tensione, fino ad allora tenuta sotto controllo, si trasformò in una crisi internazionale capace di coinvolgere una notevole quantità di uomini e mezzi e di costringere ad una frenetica attività le diplomazie dell’intero Blocco Occidentale.
2.2 La fase di crisi (marzo-aprile 1982)
Le informazioni ricevute a Buenos Aires, tra il 20 e il 22 marzo, portarono la giunta militare a percepire un brusco aumento della minaccia ai valori fondamentali12. La situazione peggiorò il giorno successivo, il 23 marzo. Quel giorno, il ministero degli affari esteri britannico inviò un messaggio all’ambasciatore a Buenos Aires nel quale faceva presente che la Endurance avrebbe continuato la sua navigazione verso la South Georgia per portar via gli argentini ivi rimasti. Informato dei fatti, Mendez instaurò immediatamente una lunga trattativa con l’ambasciatore inglese a Buenos Aires. Alle continue rassicurazioni di Mendez, Londra faceva presenta la sua ferma intenzione di voler vedere portare via i lavoratori argentini presenti sull’isola.
9 Frank Report, p. 60. 10 A. Sinagra, op. cit., p. 31.
11 Bisogna sottolineare che, dal punto di vista argentino, la richiesta di un’autorizzazione per l’operazione,
per quanto rientrasse nel novero di una procedura standard, avrebbe corrisposto ad un’ammissione della sovranità britannica sulla zona, ovvero ad un umiliazione che la Giunta in quella congiuntura storica non poteva permettersi. Hastings-S. Jenkins, op. cit., p. 56.
19 Nel pomeriggio, Mendez contattò l’ambasciatore inglese per informarlo che aveva discusso della situazione con i membri della Giunta e che era sua ferma intenzione portare via dall’isola i lavoratori; tuttavia, ciò non era possibile in tempi brevi. Venutone a conoscenza, il ministero degli esteri inglese rispose che il contingente a bordo della Endurance avrebbe rimosso con la forza i lavori, se la Bahia Buon Suceso non avesse ottenuto l’ordine di reimbarcarli. Gli argentini interpretarono quest’ultimo messaggio come un ultimatum ed accusarono gli inglesi di ingigantire notevolmente la questione13.
Il 23 marzo, la Giunta si riunì per discutere sull’evoluzione della situazione. La crescente intransigenza britannica, oltre a far aumentare continuamente la percezione
della minaccia, accrebbe nella Giunta la percezione che il tempo a loro disposizione stesse per finire. A ciò si aggiunga inoltre, che i dirigenti politici erano sempre più sottoposti alle pressioni provenienti sia dalla corporazioni militari che dall’opinione pubblica14. Il caso South Georgia minacciava i valori centrali dell’Argentina e i valori prioritari dei militari; il non intervento avrebbe significato l’accettazione passiva del rafforzamento militare inglese nella regione15.
La prima decisione della giunta fu d’inviare la ARA Bahia Paraiso, con 14 uomini a bordo per contrastare la Endurance. I timori della giunta vennero confermati il 25 marzo. Varie testate giornalistiche annunciarono l’invio di navi da guerra inglesi per espellere gli argentini dalla South Georgia16.
A seguito di queste nuove informazioni, la minaccia e la probabilità di uno scontro armato aumentarono in modo esponenziale, mentre il tempo a disposizione per prendere una decisione sembrava ridursi sempre di più. La Giunta decise allora di riunirsi, per definire la politica da adottare.
13
M. Middlebrook, Operation Corporate: the Falklands war, London, Viking, p. 10.
14 R. Sala, op. cit., p. 136.
15 A tal proposito, Mendez dichiarò: «Se l’Argentina accettava la posizione Britannica a riguardo degli
uomini di Davidoff, ciò avrebbe eroso la posizione argentina nel mondo. Il governo avrebbe perso credibilità sia internamente che internazionalmente». M. Charlton, The little platoon: diplomacy and che
Falklands dispute, Oxford, Blackwell Pub, 1989, p. 123.
16
Si trattavano delle navi da guerra: RRS John Biscoe, RRS Bransfield, HMS Exeter, RFA Fort Austin. Il giornale americano Newsweek, rifacendosi al titolo di un famoso film di fantascienza, titolava in prima pagina: «The Empire strikes back».
20 Le alternative a loro disposizione erano quattro: il ritiro dei lavoratori dalla South Georgia; la prosecuzione dei negoziati bilaterali; la rottura dei negoziati e la contestuale presentazione di una protesta all’ONU; il ricorso all’opzione armata17.
Ritiro dei lavoratori: Questa scelta avrebbe comportato, ovviamente, la rapida
diminuzione della crisi; tuttavia, gli svantaggi sarebbero stati enormi. Ripiegare sarebbe equivalso ad un’umiliazione vera e propria, poiché le forze armate, oltre a perdere la loro credibilità sia all’interno che all’esterno del loro paese, si sarebbero mostrate deboli in una regione dove, invece, avrebbero dovuto dimostrarsi forti.
Sul piano internazionale il prestigio del paese ne avrebbe enormemente sofferto, soprattutto nei confronti degli altri paesi latinoamericani18.
Prosecuzione dei negoziati bilaterali: Questa opzione non avrebbe comportato nessun
beneficio, neppure temporaneo. Londra non era più interessata a negoziare con l’Argentina. Inoltre, i negoziati avrebbero dato alla flotta britannica il tempo necessario per raggiungere le isole, provocando un mutamento sfavorevole nell’equilibrio militare.
Rottura dei negoziati e presentazione protesta all’ONU: Tale possibilità non avrebbe
permesso di giungere ad una soluzione definitiva. L’argentina aveva, infatti, ricorso più volte all’Assemblea Generale dell’ONU ottenendo in ogni occasione una risoluzione loro favorevole. Tuttavia, Buenos Aires non aveva ottenuto nulla di più concreto a delle mere trattative. Inoltre, le contestazioni in sede Onu non avrebbero portato impedito alla Gran Bretagna di rafforzare la sua presenza navale19.
Il ricorso all’opzione militare: Questa sembrava essere l’unica soluzione percorribile, in
quanto avrebbe forzato il Regno Unito a negoziare seriamente per risolvere una volta per tutte la disputa sulla sovranità. Essa avrebbe, inoltre, impedito il rafforzamento della presenza inglese sulle isole20.
Il 26 marzo, alle ore 19:15, la giunta militare, dopo aver valutato i vari scenari possibili, optò per l’intervento armato21. Tale scelta venne giustificata richiamando il carattere immotivatamente aggressivo delle iniziative inglesi; le minacce e i pericoli a cui
17 R. Sala, op. cit., p. 138. 18 Ibidem.
19
Ibidem.
20 Ibidem.
21 andavano incontro i cittadini argentini presenti sulla South Georgia; la volontà di porre termine ad un negoziato durato diciassette anni con il governo britannico e più volte sollecitato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite22.
2.2.1 Las Malvinas son argentinas
La buona riuscita del piano d’invasione argentino implicava l’utilizzo di due canali: quello militare e quello diplomatico. Infatti, una volta portata a termine l’occupazione militare delle isole, questa sarebbe stata rafforzata dalla diplomazia. Questo compito sarebbe stato svolto da Mendez che, attirando l’attenzione della comunità internazionale sull’accaduto e sottolineando la validità delle rivendicazioni argentine, avrebbe costretto la Gran Bretagna a negoziare seriamente sulla sovranità e giungere così, ad una soluzione definitiva e soddisfacente.
Nella notte tra l’1 e il 2 aprile 1982, reparti dell’esercito e della marina argentina, agli ordine del colonnello Carlos Büsser, occuparono le isole Falkland/Malvinas costringendo alla resa la guarnigione inglese che, assieme al governatore sir Rex Hunt, fu rimpatriata immediatamente. Allo stesso tempo, venne nominato governatore argentino il generale di brigata Mario Menendez23.
Conclusasi questa prima fase la giunta militare, dopo aver ricevuto la notizia della buona riuscita dell’operazione, passò il testimone alla diplomazia.
In verità, la diplomazia si era già messa in moto poco prima dell’inizio dell’invasione delle sole. Tra il 30 e il 31 marzo il ministro Mendez aveva iniziato un’operazione diplomatica per ottenere il veto dell’Unione Sovietica e della Repubblica Popolare Cinese ad una eventuale risoluzione di condanna del Consiglio di Sicurezza24.
Il ministro degli affari esteri argentino, oltre a mirare al veto degli ambasciatori sovietico e cinese, cercò di assicurarsi anche il sostegno dei paesi non-allineati, richiamando in causa il tema dell’anticolonialismo.
22
A. Sinagra, op. cit., p. 32.
23 Ibidem.
22 Nonostante ciò, il 3 aprile, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approvò la Risoluzione 50225.
Gli Stati Uniti, sebbene avessero votato a favore dell’approvazione della risoluzione 502, avevano dichiarato la loro neutralità nella disputa e la necessità di evitare un conflitto tra due stati facenti parte del blocco occidentale. A tal fine, il 5-6 aprile, Reagan e il segretario di stato Alexander Haig annunciarono l’inizio di una mediazione, per conciliare la posizione dei due contendenti26.
La reazione argentina a questa proposta non poté che essere positiva, poiché corrispondeva a quello che la giunta militare sperava ossia: dopo l’occupazione militare, l’inizio immediato dei negoziati per giungere ad una soluzione definitiva.
Inoltre, a tale circostanza bisogna aggiungere anche l’interpretazione che i leader politici diedero alla Risoluzione. Questa, infatti, venne interpretata positivamente27 in quanto: in primo luogo, l’Argentina non era stata definita come potenza aggressore; in secondo luogo, il Consiglio di Sicurezza esigeva il ritiro di tutte le forze argentine, ma non menzionava alcuna data limite per la sua messa in esecuzione; infine, come si è già detto, la richiesta di addivenire ad una soluzione diplomatica della vicenda rispondeva pienamente agli obiettivi dell’Argentina28.
Tali considerazioni incoraggiarono la giunta militare a continuare l’occupazione dell’arcipelago procedendo, quindi, al consolidamento della loro conquista.
Le Falkland/Malvinas vennero annesse ufficialmente alla Repubblica Argentina e Port Stanley fu ribattezzata Puerto Argentino.
Quali furono le reazioni all’invasione argentina dell’arcipelago?
25 Il testo della risoluzione è consultabile al sito: http://www.un.org/en/sc/documents/resolutions
26 Un eventuale appoggio troppo marcato da parte degli Stati Uniti al governo di Londra avrebbe
provocato una frattura nei rapporti tra Washington e il continente latinoamericano, con pesanti ricadute per la politica di Reagan contro l’espansionismo sovietico.
27 Secondo alcuni studiosi, l’iniziativa militare argentina non può essere aprioristicamente qualificata
come un atto internazionalmente illecito. Infatti, scopo dell’azione militare argentina sarebbe stato solo quello di recuperare la rivendicata sovranità territoriale le isole dell’arcipelago; non già, come affermano i sostenitori della tesi inglese, di incidere sulla sovranità e l’indipendenza di un altro Stato con finalità egemoniche o non giustificate dalla necessità di tutelare i propri diritti e interessi fondamentali. Cfr., A. Sinagra, pp. 93-94.
23 Le percezioni interne mostrarono che il colpo della giunta militare era pienamente riuscito.
La gente, venuta a sapere del successo dell’occupazione, era scese nelle piazze gridando euforica lo slogan «Las Malvinas son argentinas, los ladrones non la tienen mas», lodando Galtieri e l’operato della sua giunta. Anche i principali rappresentati dell’opposizione al regime militare si unirono a questa grande festa popolare.
Diverse furono, invece, le reazioni provenienti dall’ambito internazionale. La Giunta militare si trovò spiazzata dall’energia con cui la Gran Bretagna reagì all’invasione. Londra si mostrò sin dall’inizio intransigente verso Buenos Aires e la sua reazione non si limitò, come la giunta aveva previsto e sperato, alle sole proteste formali.
Anche la reazione del movimento dei paesi non allineati stupì Galtieri. Questi, sin dall’inizio, si erano sempre espressi a favore del processo di decolonizzazione nel mondo, ma non condividevano l’uso della forza a cui l’Argentina era ricorsa in quanto, troppo destabilizzante per la pace e per il sistema internazionale.
E l’Unione Sovietica? Quale fu il suo atteggiamento di fronte all’iniziativa argentina? Durante la metà degli anni Settanta, l’URSS aveva stipulato con l’Argentina importanti accordi economico-commerciali. In base a questi accordi, Mosca avrebbe acquistato prodotti agricoli e bestiame, settori di punta dell’economia del paese sudamericano; Buenos Aires, invece, avrebbe importato equipaggiamenti per le centrali termo elettriche, macchinari per l’industria petrolifera e tecnologia per il suo programma nucleare. I dirigenti politici argentini credettero29 che Mosca, pur di salvaguardare la fornitura di generi necessari alla popolazione sovietica, avrebbe appoggiato le loro decisioni nella disputa territoriale con la Gran Bretagna; ma così non fu. Mosca, a differenza di quanto presunto dai politici argenti, non si sentì in dovere d’intervenire a favore dell’Argentina per salvare la sue forniture di generi alimentari, poiché avrebbe
29 Nel 1980, il 52% del grano argentino venne esportato in Unione Sovietica. Questa percentuale crebbe
l’anno successivo, quando il grano argentino esportato in URSS arrivò al 75% della produzione totale divenendo così l’URSS il più importante cliente commerciale dell’Argentina. Questo repentino incremento nell’esportazione di cereali argentini verso l’Unione Sovietica fu dovuto all’embargo cerealicolo decretato dal presidente statunitense Jimmy Carter contro Mosca, in seguito all’invasione dell’Afghanistan. Cfr., A. Rouquié, L’Argentine, Paris, Presses universitaires de France, 1984, p. 80.
24 potuto facilmente sostituire il paese latinoamericano con un altro fornitore30. Inoltre, la rapidità con cui l’ambasciatore inglese all’ONU Parsons chiese la riunione e il voto del Consiglio di Sicurezza impedì alla delegazione sovietica di valutare attentamente la disputa anglo-argentina, nonché di considerare i vantaggi-svantaggi di un eventuale voto sfavorevole. Per questo motivi, l’Unione Sovietica decise che l’astensione sarebbe stata la soluzione più semplice e meno rischiosa.
2.3 Le operazioni militari (2 aprile-14 giugno 1982)
Il conflitto che oppose la Gran Bretagna e l’Argentina nella primavera del 1982 fu una guerra «limitata» sotto tutti i punti di vista. Infatti, esso fu un conflitto limitato a due soli protagonisti diretti, di breve durata, combattuta in un ambito circoscritto e con obiettivi definiti31.
Come anticipato, le operazioni militari iniziarono nella notte tra l’1 e il 2 aprile 1982 e durarono fino al 14 giugno. L’occupazione dell’arcipelago ebbe inizio con l’esecuzione dell’Operazione Rosario. Dopo poco più di 11 ore, la guarnigione inglese a difesa delle Falkland/Malvinas venne costretta alla resa. Il governatore Hunt, per non mettere a repentaglio la vita degli abitanti dell’isola, decise di arrendersi; l’operazione fu un completo successo32.
L’isola South Georgia, ostinatamente difesa da una piccola guarnigione di Royal Marines, venne occupata in giorno seguente. Centoquarantanove anni di dominio coloniale britannico erano finiti.
Il governo di Londra, venuto a conoscenza dei repentini eventi, decise di intervenire con determinazione. Il 5 aprile, dai porti di Portsmouth e Gibilterra, partirono le prime unità
30 Galtieri non tenne in debita considerazione, l’abolizione dell’embargo sui cereali decretata da Reagan il
24 aprile 1982, che comportò un’esportazione di ben 17 milioni di tonnellate di grano USA verso l’URSS. R. Sala, op. cit., p. 218.
31 R. Sala, op. cit., pp. 62-63.
32 Ciò fu possibile anche alla carenza dell’intelligence britannica. Invero, i servizi segreti inglesi in
Argentina avevano a disposizione una discreta quantità di materiale, composto per lo più da centinaia di intercettazioni radio che avrebbero dovuto essere esaminate che tuttavia, per problemi di budget, fu lasciata in disparte, facendo affidamento su quanto proveniente dai servizi segreti americani, che poco si interessavano alla vicenda delle Falkland/Malvinas. Inoltre, in quel periodo non si diede molta rilevanza al gran numero delle navi argentine in mare, giustificando l’evento con l’annuale esercitazione congiunta con l’Uruguay. M. Hastings, S. Jenkins, op. cit., pp. 57-58.
25 della task force britannica, agli ordini dell’ammiraglio John Sandy Woodward, inviata per riprendere il possesso delle isole; iniziava l’operazione Corporate33.
Il 12 aprile, la Gran Bretagna decretò l’instaurazione di una zona di esclusione marittima (MEZ) per un raggio di 200 miglia nautiche intorno alle isole; successivamente, il 30 aprile, venne trasformata in zona di esclusione totale (TEZ) comprendendo, quindi, anche lo spazio aereo. Ancora prima dell’arrivo della flotta britannica, l’arcipelago dava già l’idea dello stato d’assedio34.
Il 25 aprile, marines e commandos inglesi riconquistarono in brevissimo tempo il possesso della South George. La scarsa guarnigione presente sull’isola non poté resistere all’assalto delle truppe inglesi, supportate dai bombardamenti navali; il tutto si concluse in soli 15 minuti. La guarnigione presente a Leith Harbour, comandata dal capitano Alfredo Astiz, abbassò le armi il giorno successivo. La resa venne firmata sulla HMS Plymouth dal capitano Astiz davanti ai capitani della Royal Navy David Pentrath e Nick Barker.
Come mai si decise di iniziare la riconquista proprio dalla South George e non direttamente dalle Falkland/Malvinas? Quali furono le motivazioni?
Innanzitutto, il numero dei soldati e dei mezzi argentini presenti sull’isola era nettamente inferiore a quello delle Falkland/Malvinas; ciò avrebbe determinato una riconquista fulminea dell’isola, garantendo alla flotta britannica una base più vicina alle Falkland/Malvinas, rispetto all’isola dell’Ascensione; inoltre, una vittoria lampo avrebbe entusiasmato le truppe inglesi e demoralizzato quelle argentine.
Il 1 maggio, le forze aeronavali argentine attaccarono l’aeroporto di Port Stanley. Il primo a colpire fu un caccia bombardiere Vulcan, partito dalla base di Ascensione, successivamente seguirono due bombardamenti «leggeri» agli aeroporti di Stanley e Goose Green e, infine, un piccolo contingente di navi da guerra cannoneggiò l’aeroporto, dando l’impressione alle truppe argentine di uno sbarco imminente. Alle 16:00 del giorno seguente, 2 maggio, si verificò l’episodio più drammatico e controverso dell’intero conflitto: l’affondamento dell’incrociatore argentino ARA
33 Per compiere i 14.000 km che li separavano dalle isole, la flotta inglese impiegò circa tre settimane di
navigazione. Venne effettuata, altresì, una tappa intermedia nell’isola di Ascensione, a 6.400 km dalla Gran Bretagna. Durante questo tempo gli argentini ne approfittarono per portare il loro contingente sulle isole ad totale di 10-12.000 uomini. R. Sala, op. cit., pp. 48-49.
26
General Belgrano, silurato dal sottomarino nucleare inglese Conqueror. Persero la vita
321 marinai argentini.
La complessità della vicenda, nonché il tipo di indagine prefissata non consentono una sua disamina esaustiva. Un’analisi troppo approfondita risulterebbe eccessiva rispetto agli scopi del presente studio; quindi, ci si limiterà ad una semplice ricostruzione dell’accaduto.
Come già ricordato, subito dopo l’inizio dell’occupazione argentina, il governo inglese aveva istituito dapprima una zona di esclusione marittima intorno alle isole per poi, successivamente, trasformarla in zona di esclusione totale.
Il 26 aprile, l’incrociatore Belgrano aveva lasciato la base navale di Ushuaia per ricongiungersi il 28 con due cacciatorpediniere. Scopo della missione era di penetrare nella zona di esclusione totale e, attuando una «manovra a tenaglia» di concerto con la portaerei ARA Veinticinco de Mayo che stava giungendo da nord, lanciare un attacco contro le portaerei britanniche e le loro unità di scorta.
Le precarie condizioni della catapulta aerea della Veinticinco de Mayo e lo scarso vento in zona non consentirono di sferrare un attacco adeguato, così venne ordinato alle due unità un temporaneo ripiegamento al di fuori della zona di esclusione. Nel frattempo, il sottomarino Conqueror, che aveva ricevuto il permesso di attacco, lanciò tre siluri: due esplosero contro il Belgrano; il terzo colpì lo scafo di uno dei due cacciatorpediniere, l’Hipolito Bouchard, danneggiandolo gravemente. Alle ore 17:00, il Belgrano s’inabissava, portando con se 321 vite.
L’affondamento del Belgrano causò una grande ondata di risentimento in Argentina, dove scaturirono pesanti accuse nei confronti della Grande Bretagna per il mancato rispetto dei limiti della zona di esclusione. Infatti, l’incrociatore Belgrano venne affondato a 36 miglia fuori dalla TEZ, in aperta violazione delle regole d’ingaggio stabile dalla Gran Bretagna35.
35 In un’intervista del 2012, rilasciata al quotidiano «The Telegraph», l’ammiraglio Woodwar dichiarò
che all’epoca dei fatti, l’intelligence inglese aveva decriptato i codici della marina argentina e che erano venuti a conoscenza dell’imminente attacco del Belgrano. L’articolo è consultabile al sito:
http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/southamerica/falklandislands/9150339/Falkland-Islands Britain-would-lose-if-Argentina-decides-to-invade-now.html
27 Se ancora ci fosse stata qualche possibilità di ricondurre i contendenti sul tavole delle trattative, l'affondamento del Belgrano aveva portato il conflitto ad di là del limite di non ritorno, precludendo ogni possibilità di un accordo pacifico.
Gli argentini reclamavano vendetta per quanto accaduto; questa arrivò il 4 maggio, quando due aerei dell’aeronautica argentina, decollati dalla base aerea di Rio Grande, lanciarono due missili antinave contro il cacciatorpediniere HMS Sheffield. Nell’impatto morirono 20 marinai e altri 24 rimasero feriti, mentre la nave dovette essere abbandonata36.
Il successo della missione argentina impose alla Royal Navy una maggiore considerazione delle capacità offensive argentine, che si erano dimostrate superiori alle aspettative37.
Il 21 maggio, sotto il comando dell’ammiraglio sir John Fieldhouse, con l’inizio l’operazione Sutton, incominciò lo sbarco delle truppe inglesi a Port San Carlos. Di fronte alla forza di fuoco britannica, la piccola guarnigione argentina non poté fare altro che muovere una mera resistenza, resistenza che, tuttavia, non evitò alle truppe inglesi di stabilire una solida testa di ponte38.
Il 25 maggio, giorno della festa nazionale argentina, ebbe luogo un massiccio attacco aereo argentino.
Nella mattinata del 27 maggio i parà britannici, comandati dal colonnello Jones, sbarcarono a Goose Green e Darwin, con l’obiettivo di allargare la testa di ponte di San Carlos per poi prendere con una «manovra a tenaglia» Port Stanley, centro principale dell’arcipelago e sede del grosso delle truppe argentine. Le forze argentine spiegate erano numericamente superiore a quelle inglesi; tuttavia, la differenza di preparazione tecnica era tale, che Goose Green capitolò solo dopo due giorni ed una notte di combattimenti.
A questo punto, avendo allargato di molto la testa di ponte sull’isola di East Falkland, le forze britanniche dettero l’assalto finale a Port Stanley, bombardando incessantemente
36 R. Sala, op. cit., p. 49. 37
C. De Risio, op. cit., p. 103.
38 Il 14 maggio, elementi del SAS (Special Air Service) sbarcarono sull’isola di Pebble per identificare un
28 le truppe argentine poste a difesa del capoluogo. Nella notte dell’11 giugno, dopo aver effettuato le necessarie ricognizioni, venne lanciato l’attacco finale.
Dopo una notte di intensi scontri, le colline intorno a Port Stanley erano in mano inglesi. Le restanti operazioni vennero compiute nella notte del 13 giugno, aprendo definitivamente la strada per Port Stanley.
Alle ore 21 del 14 giugno, il generale Menendez incontrò il comandante delle forze britanniche Jeremy Moore e, alle 23:59, venne proclamato il «cessate il fuoco». Dopo una breve, ma accanita resistenza, le Falkland/Malvinas erano tornate in mani britanniche.
A seguito della reazione popolare scaturita dalla disfatta, la giunta militare vide crollare il mito dell’invincibilità che si era costruita, manipolando il fervore patriottico e i sentimenti del popolo che nutrivano verso le isole Falkland/Malvinas.
Circa gli errori che la Giunta compì nell’organizzare l’invasione dell’arcipelago, il ruolo preminente spetta all’estrema rapidità con cui fu presa tale decisione. Da ciò derivarono svariati errori logistici che misero a dura prova il morale delle truppe39. Inoltre, poiché i dirigenti politici argentini non credevano alla possibilità di una risposta britannica di grande proporzioni, il piano argentino di riappropriazione delle isole comprendeva solamente l’invasione, ma non anche una strategia di difesa militare delle isole. Altro errore fu quello di inviare sulle isole truppe di giovani e inesperti soldati non abituati allo stress del combattimento, lasciando dispiegata alla frontiera con il Cile gran parte delle truppe di élite argentine40.
39 I ponti aerei per il rifornimento di cibo e acqua non furono organizzati in modo ottimale; così come
anche l’invio di vestiario e di prodotti per l’igiene. Di conseguenza, stante anche l’inesperienza dei giovani soldati, le maggioranza delle truppe argentine perse rapidamente la «prontezza al combattimento». R. Sala, op. cit., p. 139.
40 Il timore di un’invasione cilena non era però infondato. Invero, il Cile durante i 75 giorni di conflitti,
fornì appoggio logistico alla Gran Bretagna, concedendo l’utilizzo del proprio territorio meridionale per la disposizione di basi britanniche. D. Rock, Argentina 1516-1987, I.B. Tauris & Co., London, 1987, p. 67.