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2. Italia zona sismica

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2.

Italia zona sismica

L’Italia è uno dei paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo a causa della frequenza e dell’intensità con cui si presentano i terremoti, i quali provocano un impatto sociale ed economico alquanto rilevante sul territorio. La sismicità del paese è strettamente legata alla sua particolare localizzazione geografica, la sua posizione coincide con la zona di convergenza tra la zolla africana e quella euroasiatica, in un punto quindi soggetto a spinte compressive che causano l’accavallamento dei due blocchi. Negli ultimi 2500 anni, l’Italia è stata interessata da più di 30000 terremoti di media e forte intensità, circa al IV-V grado della scala Mercalli, da 560 eventi sismici di grado VIII, e solo nel ventesimo secolo, da sette terremoti con magnitudo fino a 6.5 in scala Richter, con effetti classificabili tra il X e l’XI.

Gli eventi sismici hanno causato danni economici consistenti alla penisola, per quanto riguarda gli ultimi quarant’anni, sono stati valutati in circa 135 miliardi di euro impiegati nel ripristino e nella ricostruzione post evento. A tale somma devono essere aggiunti gli effetti distruttivi, traducibili in valore economico, sul patrimonio storico, artistico, monumentale; effetti talvolta non quantificabili. L’Italia presenta una pericolosità sismica di livello medio-alto a causa della frequenza e intensità dei fenomeni che si susseguono. In confronto ad altre zone, in cui la pericolosità è anche maggiore, quali Giappone e California, il nostro paese presenta una vulnerabilità molto più elevata, dovuta alla notevole fragilità del patrimonio edilizio, della rete infrastrutturale e del sistema industriale. Anche l’esposizione si attesta su livelli alti in considerazione dell’alta densità abitativa e della presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale unico al mondo. In conclusione il nostro paese presenta un elevato rischio sismico, inteso come previsione di perdite attese, in termini di vittime, danni alle costruzioni e conseguenti costi diretti e indiretti.

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2.1

Rischio sismico

Con il termine “rischio sismico” si definisce la probabilità di occorrenza e il relativo grado di severità, in un determinato intervallo di tempo, dell’insieme dei possibili effetti producibili da un terremoto. Il GNDT divide gli effetti in tre categorie: primari, prodotti dal sisma, secondari, causati dal verificarsi dei primari e di ordine superiore, conseguenza dei precedenti[4].

Classificazione effetti del sisma

Effetti primari Effetti secondari Effetti di ordine superiore

• Danni alle persone (morti, invalidi, feriti) • Danni agli edifici e ai

beni in essi contenuti • Danni alle infrastrutture a rete • Modificazione dell’ambiente fisico • Perdita dell’abitazione • Cessazione o rallentamento dell’attività produttiva • Disunzione nell’erogazione dei servizi • Comunità che ha subitol’evento, e dello stato, per le operazioni di emergenza e ricostruzione • Conseguenze psicologiche di tipo traumatico • Disoccupazione • Mancate entrate familiari • Modifiche nell’andamento demografico

• Modificazioni del modo di vivere delle famiglie e della società

• Esaurimento delle risorse della comunità • Modificazioni del sistema produttivo • Capitali distolti da investimenti per emergenza e ricostruzione

• Oneri finanziari degli interventi

Figura 1. Tabella sulla classificazione degli effetti del sisma: GNDT, Progetto terremoto in Garfagnana e Lunigiana, pp 11-13

Il rischio sismico è determinato da una combinazione della pericolosità, della vulnerabilità e dell’esposizione ed è misura dei danni attesi in un dato intervallo di tempo, in base al tipo di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di antropizzazione.

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Infine, la presenza o meno di beni a rischio e la conseguente possibilità di subire un danno, di qualunque tipo esso sia, economico, in vite umane, ai beni culturali, viene definita “esposizione”.

2.1.1

Pericolosità sismica

La sismicità indica la frequenza e la forza con cui si manifestano i terremoti, ed è una caratteristica fisica del territorio. Note queste due grandezze caratterizzanti gli eventi sismici di un territorio e attribuito un valore di probabilità al verificarsi di un sisma di una data magnitudo in un certo intervallo di tempo, è possibile definire la “pericolosità sismica del sito”. Essa risulta tanto più elevata, quanto più alta è la probabilità che si verifichi un terremoto di elevata magnitudo, a parità di intervallo di tempo considerato.

La conoscenza della pericolosità sismica del territorio italiano è resa possibile dal grande numero di studi e documenti sugli effetti che i terremoti hanno provocato in passato, i quali rappresentano un patrimonio storico unico al mondo.

Le prime considerazioni sulle caratteristiche sismiche del territorio italiano sono rintracciabili nei lavori a carattere sismologico di Bonito[5], 1691, o di Vivenzio[6], 1789. Ma è solo nel diciannovesimo secolo, con lo sviluppo delle scienze sismologiche, in particolare in Italia, che iniziano ad essere pubblicate ricerche sulle cause dei terremoti, sulla loro distribuzione geografica e le prime osservazioni sui diversi livelli di pericolo sismico del territorio. La diffusione degli strumenti sismici, a partire da fine diciannovesimo secolo, e delle reti di monitoraggio, nel ventesimo, forniscono l’impulso definitivo agli studi per la caratterizzazione sismica del territorio italiano.

Inizialmente le ricerche vengono sfruttate nelle analisi di sito, cioè nelle valutazioni della pericolosità di un’area ristretta, al fine di localizzare opere critiche dal punto di vista della sicurezza, del rischio o dell’importanza strategica. Negli ultimi anni l’uso degli studi si è esteso a più larga scala, in particolare alle analisi territoriali e regionali finalizzate a zonazioni e microzonazioni. In quest’ultimo caso, la valutazione della pericolosità comporta l’individuazione

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delle aree che, in occasione di una scossa sismica, possono essere soggette a fenomeni di amplificazione. Il terremoto determina effetti diversi in funzione delle condizioni geologiche e geomorfologiche locali, la micro zonazione fornisce quindi utili indicazioni per la pianificazione urbanistica.

L’azione dello Stato per la riduzione degli effetti del terremoto si è sviluppata su due fronti: classificazione del territorio sulla base dell’intensità e frequenza dei terremoti passati e applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche. La logica sulla quale si fonda la legislazione antisismica italiana, allineata alle più moderne normative a livello internazionale, è quella della prescrizione di norme tecniche, in base alle quali un edificio sopporti senza gravi danni i terremoti meno forti e non crolli per quelli più potenti, salvaguardando prima di tutto le vite umane.

La classificazione sismica del territorio nazionale, introdotta nel 2003[1] è stata affinata in seguito con il D.M. Infrastrutture del 14 gennaio 2008, Norme

Tecniche per le Costruzioni, in seguito più brevemente indicato con la sigla NTC.

Dagli studi e dalle elaborazioni più recenti relativi alla pericolosità sismica del territorio, è stato possibile dividere il territorio italiano in quattro zone, simili per probabilità di interessamento da parte di un evento sismico che superi una determinata soglia di intensità, in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni).

• Zona 1: la più pericolosa, in passato si sono presentati forti terremoti con danni gravissimi;

• Zona 2: danni rilevanti per terremoti abbastanza potenti;

• Zona 3: in passato i danni sono stati minimi, esiste però la possibilità di scuotimenti capaci di produrne di significativi;

• Zona 4: la meno pericolosa, possibilità molto bassa di danni derivati da sisma.

L’affinamento delle NTC in materia di pericolosità sismica prevede una suddivisione del territorio nazionale mediante una maglia di punti notevoli, al passo di 10km; per ognuno sono noti i parametri necessari alla costruzione degli spettri di risposta[7] per i diversi stati limite di riferimento. L’emanazione delle

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nuove norme tecniche e della nuova classificazione consente di porre rimedio ad una situazione che da circa due decenni aveva ampliato notevolmente la distanza fra conoscenza scientifica consolidata e sua traduzione in strumenti normativi, permettendo di progettare e realizzare costruzioni nuove, più sicure ed aperte all’utilizzo di tecnologie innovative.

2.1.2

Vulnerabilità sismica

Le conseguenze di un sisma, tuttavia, non sono sempre gravi: molto dipende dalle caratteristiche di resistenza delle costruzioni alle azioni di una scossa. La predisposizione di una costruzione ad essere danneggiata in seguito ad un tale evento è chiamata “vulnerabilità”. Un edificio può essere vulnerabile per tipologia, progettazione inadeguata, scadente qualità dei materiali e delle modalità di costruzione, scarsa manutenzione; più influenti sono questi fattori, tanto maggiori risultano le conseguenze previste in seguito alle oscillazioni, cui la struttura è sottoposta durante un evento sismico.

La vulnerabilità misura, da una parte la perdita o la riduzione di efficienza, dall’altra la capacità residua a svolgere e ad assicurare le funzioni che il sistema territoriale nel suo complesso normalmente esplica. Il problema consiste quindi non solo nell’individuare i singoli elementi che possono collassare in caso di sisma, ma anche gli effetti che il loro collasso determina.

2.1.3

Esposizione

Per definire l’esposizione è opportuno eseguire un’analisi quantitativa e qualitativa, degli elementi componenti la realtà urbana e territoriale il cui stato, comportamento e sviluppo, può venire alterato in caso di sisma. Tali componenti sono descritti tramite appositi parametri valutati in base a diversi fattori: evento stesso, gestione dell’emergenza e ricostruzione.

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Per esempio la popolazione insediata divisa per condizione socio-economica è valutata in base al numero di persone esposte, al livello di preparazione all’evento e alla capacità di adattamento.

L’esposizione degli elementi fisici quali, patrimonio edilizio, attrezzature d’uso collettivo, reti infrastrutturali, è calcolata in base alla modalità, frequenza d’uso, al ruolo strategico, alle caratteristiche strutturali e storico-architettoniche. Per ultime vengono trattate anche le attività produttive di vario genere, valutate in relazione ai componenti interessati al ciclo produttivo e al sistema di relazioni.

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2.2

Attività di prevenzione

Il rischio sismico rappresenta uno dei principali e più delicati settori di intervento a causa della complessità delle diverse fasi di valutazione, prevenzione e gestione post-terremoto.

Un’efficace strategia per la sua mitigazione consiste nel affinare la conoscenza del fenomeno dal punto di vista fisico, approfondire gli studi sulla risposta delle strutture e migliorare la gestione dell’emergenza.

Il rischio sismico è strettamente legato alla presenza dell’uomo; prevedere il verificarsi di terremoti è ad oggi impossibile, l’unica strategia applicabile è quella di limitare gli effetti del fenomeno sull’ambiente antropizzato.

Riassumendo la politica di prevenzione adottata in Italia consiste ha quattro punti di partenza:

• Affinamento della conoscenza della pericolosità sismica del sito, monitoraggio del territorio e conseguente valutazione del pericolo a cui sono esposti la popolazione, il patrimonio abitativo, e i sistemi infrastrutturali.

• Riduzione della vulnerabilità dell’edilizia più antica e degli edifici strategici tramite recupero e riqualificazione.

• Pianificazione territoriale che tenga conto del rischio sismico.

• Miglioramento dell’operatività e dello standard di gestione dell’emergenza post-terremoto.

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2.3

Riduzione della vulnerabilità

La principale causa di morte durante un terremoto è il crollo degli edifici, nasce quindi la necessità di rendere “a prova di sisma” le strutture edilizie, ossia fare in modo che non subiscano forti danneggiamenti in caso di evento sismico. La NTC prevede che gli edifici in zona sismica non si danneggino per terremoti di bassa intensità, non presentino danni strutturali per sismi medi e non crollino in occasione di eventi forti, pur potendo comunque subire dei danni. Queste indicazioni hanno il fine di tutelare, innanzi tutto gli occupanti e poi gli edifici stessi.

Il danneggiamento a seguito di un terremoto può essere classificato in due categorie: i danni strutturali, agli elementi portanti dell’edificio e i danni non strutturali, cioè agli elementi che non determinano l’instabilità della struttura. Prevedere il tipo di danno che si verifica è piuttosto difficile, è possibile invece fare delle ipotesi sulla base dei meccanismi a rischio propri della fabbrica analizzata. Indizi particolarmente importanti sono la tipologia e la configurazione della struttura, l’età, i materiali da costruzione, le condizioni del sito, e la posizione rispetto ad altri fabbricati.

In caso di sisma, mentre il terreno si muove orizzontalmente e/o verticalmente, la struttura in elevato subisce delle spinte di verso alternato che causano la sua oscillazione e la conseguente deformazione. L’entità del danno dipende dalla durata e dall’intensità del terremoto: più questo è ingente, più tende a scuotere a lungo e più forte il terreno e quindi a causare danni alle strutture. In fase post-sisma è abbastanza semplice valutare la vulnerabilità degli edifici: è sufficiente il rilievo dei danni provocati associati all’intensità della scossa sopravvenuta.

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2.4

Riduzione di vulnerabilità nelle chiese

L’analisi della vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio deve essere affrontata in modo differente a seconda della tipologia di struttura. Di particolare interesse è il problema della prevenzione sismica per le chiese in muratura: categoria di edifici ampia e complessa data la moltitudine di esempi presenti sul territorio italiano. L’attività è regolata da normative specifiche a livello nazionale, le quali sono approfondite ulteriormente dalle regioni che redigono programmi e direttive pensate in relazione al territorio di competenza.

2.4.1

Direttive nazionali

La normativa relativa alle costruzioni attualmente in vigore in Italia è il D.M. Infrastrutture del 14/01/08, “Nuove norme tecniche per le costruzioni”, più brevemente indicato con la sigla NTC. Il testo, accompagnato dalla circolare n°617 del 02/02/09, definisce i principi per il progetto, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni di ogni genere, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilità. Il capitolo delle NTC riservato alle costruzioni esistenti fornisce solo un’infarinatura generale riguardo le problematiche per la valutazione della sicurezza, per gli interventi e per la gestione delle emergenze; i primi due argomenti sono approfonditi dal Ministero delle Infrastrutture in un testo integrativo, il terzo è invece trattato in manuali divisi per tipologia di struttura a cura della Protezione civile.

Le “Linee guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale” approvate il 02/12/10 con la circolare n°26 [14], integrano le NTC in tema di gestione degli edifici in muratura per la prevenzione e il miglioramento sismico. La direttiva fornisce indicazioni per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale tutelato, indicazioni che devono essere recepite a livello regionale in quanto è la Regione stessa a dover gestire questa problematica[8]. Le linee guida impostano un percorso di valutazione della sicurezza nei confronti delle azioni sismiche, specifico per i beni sottoposti a tutela, trattando in particolare le problematiche legate agli edifici in

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muratura. La valutazione avviene tramite tre strumenti fondamentali: l’analisi di vulnerabilità, la valutazione del rischio e la progettazione di interventi di miglioramento sismico.

Le indicazioni fornite espongono la necessità di definire l’azione sismica e la capacità della struttura; la prima in base alla pericolosità del sito e alla destinazione d’uso del manufatto, la seconda attraverso una precisa conoscenza e modellazione.

Per prima cosa gli “stati limite” di riferimento sono opportunamente ridefiniti, essi non si riferiscono più solo ad esigenze di salvaguardia del manufatto per l’incolumità delle persone e la funzionalità della struttura, ma anche ai danni ai beni di valore artistico in esso contenuti. Oltre gli stati limite di sicurezza indicati nelle NTC per gli edifici ordinari[7] ne viene aggiunto quindi uno ulteriore: lo “stato limite di danno ai beni artistici”, SLA.

La valutazione della sicurezza sismica e la scelta di un efficace intervento di miglioramento sono tanto più attendibili quanto migliore è la conoscenza della costruzione storica; in particolare delle caratteristiche originarie della fabbrica e delle modifiche intercorse nel tempo dovute all’invecchiamento dei materiali e agli eventi calamitosi. Le indagini sul manufatto devono essere eseguite in modo il meno invasivo possibile, nasce quindi la necessità di un affinamento delle tecniche di rilievo, ma anche dell’analisi e dell’interpretazione dei manufatti storici. Diversi livelli di conoscenza, ad approfondimento crescente, vengono quindi introdotti per la definizione dei relativi fattori di confidenza da utilizzare nell’analisi strutturale. Quest’ultima viene eseguita su di un modello interpretativo nato dallo studio delle caratteristiche della fabbrica ed è in grado di fornire una efficace valutazione qualitativa e quantitativa del funzionamento strutturale. La creazione del modello strutturale non è un procedimento semplice in quanto gli edifici storici in muratura non sono stati progettati secondo i principi della meccanica dei materiali e delle strutture, ma seguendo l’intuizione, l’osservazione e l’esperienza. Il concetto di tipologia si adatta male a queste strutture che potrebbero essere considerate come uniche nella storia del costruire; fortunatamente sono riconoscibili caratteri ricorrenti che semplificano in parte la

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Successivamente alle fasi di conoscenza, modellazione e analisi strutturale la normativa descrive i criteri da seguire per ridurre la vulnerabilità sismica del manufatto: per ciascuna problematica vengono illustrate le possibili tecniche di intervento, esaminate criticamente in relazione alla loro efficacia, al loro impatto sulla conservazione, invasività, reversibilità e durabilità, e ai costi.

Un intero paragrafo della direttiva, il 5.4.3, è dedicato alle strutture in muratura che hanno come nucleo grandi aule senza orizzontamenti, per lo più chiese e luoghi di culto; vi è riportato l’invito ad avere prudenza nella definizione dei modelli a causa dell’inesauribile diversificazione tipologica di queste fabbriche. Dall’analisi dei danni subiti da questi edifici in occasione di eventi sismici passati è possibile riscontrare che la risposta della struttura non è unica, al contrario, porzioni architettoniche diverse, dette macroelementi, presentano un comportamento sostanzialmente autonomo. Nella maggior parte dei casi la normativa raccomanda l’esecuzione di verifiche locali, cioè riferite ai diversi macroelementi, adottando i metodi di analisi cinematica, lineare o non lineare[9]; il punto critico di questo approccio è la scelta a priori del meccanismo di collasso, che può essere superato grazie all’approfondita conoscenza derivante dall’esperienza in tema di modalità di danneggiamento degli edifici di culto. Le linee guida esprimono chiaramente tutto il procedimento di rilievo, modellazione e analisi da eseguire sui fabbricati, senza però fornire un preciso riferimento riguardo la modalità di schedatura; compito che viene affidato alle regioni.

Il tema della gestione dell’emergenza e del rilevamento del danno è approfondito dalla Protezione civile in diversi manuali che forniscono indicazioni precise riguardo le operazioni necessarie in fase post-sisma:

• “Manuale delle opere provvisionali urgenti post-sisma”: tratta di interventi di massima urgenza atti ad evitare la progressione del danno in caso di repliche sismiche, tutelare l’incolumità delle persone, e ripristinare rapidamente le normali attività socio-economiche.

• “Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza

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post-sismica”: il tema sviluppato è la definizione della teoria e della pratica dell’esecuzione delle operazioni di valutazione di agibilità post-sisma tramite uno strumento di rilievo del danno opportunamente studiato. • “Manuale per la compilazione della scheda per il rilievo del danno ai bei

culturali, Chiese”: il tema trattato è lo stesso del manuale precedente, solo che questo è riferito esclusivamente alla tipologia costruttiva delle chiese. Il testo si presenta diviso in due parti: la prima contiene l’illustrazione e i suggerimenti per la corretta compilazione della scheda di sopralluogo nei suoi caratteri generali; la seconda presenta invece una spiegazione molto accurata dei ventotto meccanismi di danno indicati nella normativa, per ognuno è presente infatti una chiara descrizione, disegni illustrativi e esempi di riscontro in edifici reali tramite documentazione fotografica. La protezione civile inserisce una scala di cinque livelli per giudicare l’entità del danno relativo a ciascun meccanismo, impone inoltre di fare una distinzione tra i danni causati dal sisma, quelli pregressi e l’aggravamento di quelli esistenti.

La scheda post-sisma presenta un richiamo a quella di vulnerabilità[10] di cui ogni edificio storico dovrebbe essere provvisto; il confronto diretto tra le due è infatti fattore importante per comprendere nel miglior modo possibile le caratteristiche della struttura.

In occasione di un incontro tenutosi a Roma il 15 ottobre 2012, il Dipartimento della Protezione Civile ha chiesto alle Regioni l’aggiornamento dei dati del censimento degli edifici e dei ponti di interesse strategico o rilevanti, il quale doveva essere stato eseguito e terminato entro la fine del 2010. I risultati dei sopralluoghi sono stati trascritti in schede, dette di “livello 0”, compilate tramite un software per creare un database di riferimento. L’obiettivo di questa operazione è quello di supportare la programmazione delle limitate risorse attualmente disponibili per la prevenzione sismica.

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2.4.2

Direttive regionali

La regione Toscana ha elaborato uno specifico programma in cui sono fissati i criteri per lo svolgimento di indagini diagnostiche e saggi finalizzati alla conoscenza delle strutture in muratura e alla valutazione della loro qualità e dei materiali di cui sono costituite. Questa prima fase di rilievo è seguita dalla valutazione della propensione del fabbricato in muratura a subire danni sotto l’effetto di azioni sismiche; ciò avviene tramite la determinazione di alcuni fattori quali la qualità dei collegamenti tra i diversi elementi, la forma dell’edificio e la posizione. Il tutto corredato, nei casi in cui risulta possibile, da prove distruttive su pannelli murari al fine di caratterizzare la resistenza meccanica delle murature. Il programma, più brevemente indicato con la sigla VSM, è stato approvato con decreto dirigenziale n°515 del 14 febbraio 2012[11] ed è costituito da i seguenti tre testi:

• Istruzioni tecniche “Criteri per l’esecuzione delle indagini negli edifici in muratura, la redazione della relazione tecnica e la compilazione della scheda di vulnerabilità II livello GNDT/CNR con riferimento alle Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14 gennaio 2008)”: istruzioni tecniche finalizzate al processo di acquisizione della conoscenza strutturale e della vulnerabilità sismica dell’edificio allo stato di fatto. Esse assumono necessaria e insostituibile importanza nelle verifiche di sicurezza dell’edificio e nella progettazione degli eventuali interventi di adeguamento, miglioramento o riparazione. Per raggiungere un livello di conoscenza buono è consigliabile, ove possibile, eseguire a campione su tutta la fabbrica rilievi e saggi mirate agli elementi strutturali critici nel comportamento sotto sisma dell’edificio; l’obiettivo è quello di mettere in evidenza le eventuali carenze rispetto ad un comportamento globale efficace. L’edificio in muratura deve essere concepito e realizzato come un assemblaggio tridimensionale di muri e solai, garantendo il funzionamento scatolare, e conferendo quindi l’opportuna stabilità e robustezza d’insieme. Il programma infine riprende il calcolo dell’indice di vulnerabilità

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modo più preciso e approfondito; vengono infatti date informazioni aggiuntive sul trattamento di quei parametri di cui l’interpretazione risultava ambigua.

• Manuale “Rilevamento della vulnerabilità sismica degli edifici in muratura” per la compilazione della scheda GNDT/CNR di II livello-versione modificata dalla Regione Toscana: esso segue la metodologia delle schede di vulnerabilità per gli edifici in muratura elaborata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti dal 1984 in poi. In questo aggiornamento la Regione Toscana conferma la struttura delle schede di I e II livello, ma ne modifica alcuni aspetti qualitativi e quantitativi. Le modifiche sono definite in base ad osservazioni e considerazioni fatte sugli edifici danneggiati a seguito degli eventi sismici presentatisi dall’84 ad oggi; in particolare l’abaco dei danni è stato arricchito con nuovi casi, fotografie e schemi esemplificativi. Il manuale fornisce una spiegazione accurata di ogni parametro da compilare nella scheda servendosi di legende, tabelle, immagini e disegni. • Manuale “Edifici in muratura in zona sismica, rilevamento delle carenze

strutturali”: il testo fornisce le informazioni necessarie per la compilazione della scheda delle carenze strutturali e per il calcolo dell’indice di carenza globale degli edifici in muratura. La scheda delle carenze strutturali viene compilata per singolo edificio; di esso viene individuata la gravità delle carenze strutturali e associato un indice. Il manuale imposta criteri e schemi precisi per la classificazione delle carenze alle quali viene affidato un peso e un indice parziale di riferimento. I valori associati a ciascuna carenza non godono di rigore scientifico ne di significato meccanico; la loro utilità consiste nell’essere indici sintetici tramite i quali confrontare situazioni differenti, al fine di raggruppare edifici di caratteristiche analoghe per risposta sotto sisma. Le carenze possono essere individuate in due modi a seconda della presenza visibile di lesioni o meno: la classe di appartenenza si assegna attraverso l’interpretazione del quadro fessurativo, tipologia e estensione delle lesioni, oppure con l’analisi della tipologia costruttiva e dei singoli elementi strutturali.

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Il programma sopracitato si presenta come generale per edifici in muratura, non vi sono particolari riferimenti alle diverse tipologie di edifici che si possono trovare nelle realtà cittadine. In particolare l’attenzione ricade sulla totale assenza di indicazioni riguardo gli edifici di culto i quali presentano una composizione strutturale particolare. Per sopperire a questa mancanza nell’ambito dei progetti di prevenzione sismica della Regione Toscana, è stato redatto uno specifico testo riguardo gli edifici di culto: “Istruzioni tecniche per l’interpretazione ed il rilievo per macroelementi del danno e della vulnerabilità sismica delle chiese” a cura della Regione Toscana[13].

Il testo, dopo una parte introduttiva dedicata ai comportamenti di massima delle chiese durante un terremoto, riporta istruzioni riguardo le modalità di approccio a questa vasta tipologia di edifici. In particolare espone la teoria della divisione della struttura in macroelementi a funzionamento autonomo e ne elenca i fattori specifici di vulnerabilità e i meccanismi di danno. Il primo abaco è una novità rispetto alla normativa nazionale che non lo tratta in alcun modo, mentre il secondo risulta nettamente ampliato in quanto di ognuno dei ventotto meccanismi originali vengono fornite più varianti.

In allegato al manuale è riportata la legenda per la redazione degli elaborati grafici relativi agli interventi di miglioramento sismico delle chiese, con riferimento ai decreti tecnici della Regione Toscana[12]. Essa è un utile strumento per la rappresentazione grafica del rilievo dello stato di fatto dei beni monumentali a tipologia specialistica, quali le chiese. Il fine delle istruzioni è quello di normalizzare gli elaborati, sia per l’uso del segno grafico, che per una migliore omogeneizzazione nell’osservazione critica dei caratteri costitutivi e strutturali della fabbrica.

Il testo è corredato di dieci esempi pratici di sopralluogo in edifici di culto: ogni rapporto contiene un’analisi dello stato di fatto dell’edificio con particolare attenzione al rilievo dei presidi antisismici, agli indicatori di vulnerabilità e ai danni rilevati; il tutto provato da un’ampia documentazione fotografica.

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