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PARTE INTRODUTTIVA

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Academic year: 2021

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1. LA CUTE

La cute é l’organo del corpo umano più esteso e facilmente accessibile. Con una superficie di 2 m2 ed uno spessore variabile da 0.5 a 2 mm, a seconda dei soggetti e delle regioni anatomiche, rappresenta la più grande barriera tra il corpo e l'ambiente esterno.

Essa é in grado di svolgere molte funzioni differenti: riduce gli effetti di sollecitazioni esterne, la penetrazione di microrganismi e regola gli scambi termici con l'esterno. Inoltre rappresenta una superficie dotata di sensibilità, poiché contiene i recettori delle terminazioni di fibre nervose sensitive ed ha una limitata capacità di assorbimento e di escrezione.

Nella cute (Fig. 1) si distinguono, dall'esterno verso l'interno, tre strati diversi in struttura e funzioni:

 l’epidermide, che rappresenta lo strato più esterno;

 il derma o corion, che é essenzialmente un sistema di supporto, di natura connettivale;

 l'ipoderma o sottocutaneo, tessuto adiposo che funge da ammortizzatore meccanico, isolante e riserva calorica in caso di digiuno [1].

Sparsi in questa struttura, più o meno addensati secondo la zona, si trovano i cosiddetti “annessi cutanei” che, impiantati nel tessuto adiposo sottocutaneo, si estendono sino alla superficie della pelle. Essi sono:

 follicoli piliferi con annesse ghiandole sebacee;  ghiandole sudoripare eccrine;

 ghiandole sudoripare apocrine.

Le caratteristiche principali della cute dal punto di vista anatomo-fisiologico sono riassunti in Tabella 1.

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nnnnnnnnjj

Figura 1. Sezione traversa della cute

EPIDERMIDE DERMA IPODERMA

Funzione Barriera Supporto Isolamento

Composizione Cheratina Collageno Grasso

Spessore 0.2 mm 3-5 mm Variabile

pH 4.2-6.5 7.1-7.3 -

% Acqua 10-25% 69-70% -

Vasi sanguigni - Molti Alcuni

Ghiandole

secretorie -

Sudoripare,

sebacee -

Tabella 1. Caratteristiche dei tre strati della cute

Derma Ipoderma Follicolo pilifero Vasi sanguigni Ghiandola sebacea Fibra nervosa Dotto sudoriparo Strato corneo Melanociti Epidermide

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1.1. L’epidermide

L'epidermide é la barriera principale che evita sia la perdita di acqua e di elettroliti dal corpo umano sia la penetrazione, dall'esterno, di acqua e di sostanze estranee.

Figura 2. Struttura dell’epidermide.

L'epidermide (Fig. 2) é costituita da cinque strati che, andando dall'interno verso l'esterno, sono:

 basale o germinativo, costituito da cellule basse, cubiche ed in attiva mitosi che sono spinte continuamente verso la superficie;

 spinoso, costituito da cellule appiattite e con contorni irregolari, connesse da numerosi desmosomi sui quali vanno ad inserirsi filamenti citoplasmatici;

 granuloso, in cui le cellule tendono ad appiattirsi ulteriormente ma contengono ancora il nucleo e gli organuli citoplasmatici. Sono caratterizzate da fasci di tonofilamenti e granuli di cheratoialina, molecola proteica precursore delle filaggrine, aggreganti dei filamenti di cheratina;

 lucido, costituito da cellule appiattite, senza nucleo e ricche di eleidina, sostanza proteica. Questo strato non é presente in tutte le regioni del corpo;

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 corneo (SC), strato più superficiale costituito da 8-16 strati di cellule morte stratificate. Il suo spessore varia da 10 ad 80 m secondo le zone del corpo; è massimo nella pianta dei piedi e nelle mani.

Le cellule dello strato corneo sono eliminate continuamente per esfoliazione e sostituite da nuove cellule. Il cammino dallo strato germinativo alla superficie dura in media due settimane, durante le quali le cellule sintetizzano il complesso materiale proteico chiamato cheratina. Questo percorso rappresenta il processo di cheratinizzazione.

Lo strato corneo è formato da cellule appiattite, anucleate, corneificate, strettamente unite ed intrecciate tra loro; queste sono costituite per il 70% da proteine fibrose, -cheratina (50%) e -cheratina (20%), e sono immerse in una matrice di lipidi (20%) e proteine non fibrose (10%), che costituisce gli spazi intercellulari.

Gli spazi intercellulari presentano una struttura molto regolare, a forma lamellare, costituita di doppi strati lipidici costituiti principalmente da steroli liberi ed esterificati, acidi grassi liberi e idrossiceramidi, mentre sono assenti glicosfingolipidi e fosfolipidi [2,3,4,5,6,7].

La maturazione fisiologica dello strato corneo è un processo in cui la perdita di corneociti superficiali è esattamente bilanciata dalla proliferazione sottostante. L'integrità dello strato corneo è garantita in particolar modo dalla presenza di numerosi corneodesmosomi che fungono da punti di attacco tra i vari corneociti. Per la desquamazione dei corneociti, queste forze coesive che tengono unite le cellule nello strato corneo devono essere degradate da proteasi specifiche. La coesione tra i corneociti avviene grazie a due famiglie eterogenee di caderine desmosomiali (DSCS) distinte in tre isoforme. Le isoforme predominanti sembrano essere DSG1 e DSC1, appositamente modificate per il ruolo all’ interno di spazi intercellulari ricchi di lipidi. Tali proteine si legano nello spazio intercellulare con i loro omologhi presenti nelle cellule adiacenti, associandosi inoltre con una proteina specifica chiamata corneodesmosina o proteina S, la cui natura glicoproteica e posizione ne suggeriscono il

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coinvolgimento nella coesione anche se il ruolo effettivo è ancora da confermare.

I corneodesmosomi inoltre formano numerosi legami cross-linking transmembranari nello strato corneo durante la differenziazione bloccando la struttura. Questa modifica ha due importanti conseguenze sia per la struttura dei tessuti che per la desquamazione. In primo luogo aumenta la forza complessiva meccanica dello strato corneo, e dall’ altro impone che il degrado corneodesmosomiale debba avvenire in situ.

Studi recenti hanno dimostrato il coinvolgimento di altre glicoproteine di superficie nella coesione e nella desquamazione dei tessuti; tra queste la desquamina ha dimostrato avere sia attività proteasica che ribonucleasica. Ad oggi il suo ruolo preciso non è ancora ben definito [8].

1.2. Il derma

Il derma o corion (Fig. 3) si trova immediatamente sotto l'epidermide ed è formato da un tessuto connettivo, costituito essenzialmente da una rete di fibre collageniche ed elastiche, e da cellule immerse in una sostanza amorfa e fluida (sostanza fondamentale) di natura glicosaminoglicanica (dermatan solfato, acido ialuronico e condroitinsolfato); le fibre collageniche e le fibre elastiche sono responsabili rispettivamente della tenacità ed elasticità della pelle (Tab 2).

Tabella 2. Composizione del derma

Componente

%

Collageno Elastina Reticolina Sostanza fondamentale 75 4 0.4 20

Tipi di cellule Funzione

Istiociti Fibroblasti Mastocellule Cellule ematiche

Produzione delle fibre Produzione della sostanza fondamentale

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Nel derma si trovano inoltre i capillari sanguigni, le terminazioni nervose, le fibre muscolari, le ghiandole sudoripare ed i follicoli piliferi [9].

I glicosaminoglicani (GAG), gli elementi più rappresentativi del derma, in passato conosciuti come mucopolisaccaridi, sono macromolecole (polimeri eteropolisaccaridici non ramificati) le cui unità di ripetizione sono costituite da disaccaridi uniti tra loro con legami ß-1,4 glicosidici. Il grado di polimerizzazione è variabile e può arrivare a valori molto elevati, dando origine a molecole dal peso molecolare di centinaia di kDa.

Il monomero disaccaridico è costituito dal residuo dell' acido D-glucuronico o L-iduronico legato con un legame ß-1,3 glicosidico all' N-acetil-D-glucosamina o all' N-acetil-D-galattosamina, i cui gruppi ossidrilici possono essere solfatati in posizione 4 o 6 (Fig. 4). L’acido ialuronico è l’unico GAG a non presentare gruppi solfato.

(Chondroitine-4-sulfate)

Figura 4. Struttura di un glicosaminoglicano (Condroitin Solfato A).

La maggior parte dei GAG costituisce macromolecole ancora più complesse dette proteoglicani (PG), dati dall'unione di lunghe catene polisaccaridiche ad un nucleo proteico.

La Tabella 3 riporta la struttura chimica dei principali GAG presenti nel derma.

Residuo di acido D-glucuronico

Residuo di N-acetil-D-galattosammina 4-solfato

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Tabella 3. Caratteristiche chimiche dei principali glicosaminoglicani presenti nella cute.

D-GlcA=Acido D-glucuronico; L-IdoA=Acido L-iduronico; GlcNAc=N-acetilglucosamina; GalNAc=N-acetilgalattosamina.

A livello dermico i GAG hanno la funzione di:

 mantenere l’elasticità e l’idratazione tissutale grazie alla capacità di trattenere sulla loro superficie numerose molecole di acqua;

 organizzare strutturalmente la matrice extracellulare mediante interazione con collagene e glicoproteine;

 sottoforma di proteoglicani intervengono nella regolazione della proliferazione e della differenziazione cellulare.

I GAG partecipano al processo di idratazione a causa della loro struttura chimica. La superficie dei GAG è ricoperta da gruppi ossidrilici, carbossilici, ammidici, esterei ed anche da atomi di ossigeno, alcuni dei quali sono coinvolti in legami glicosidici mentre altri fanno parte del ciclo piranosidico delle subunità glucidiche. La presenza di tali gruppi funzionali consente di trattenere stabilmente, sulla superficie dei filamenti polimerici, le molecole d’acqua circostanti grazie alla formazione di numerosi legami ad idrogeno.

In soluzione, inoltre, i gruppi carbossilici dell’acido D-glucuronico ed L-iduronico si dissociano liberando ioni H+ e conferendo alla molecola una carica netta negativa in grado di attrarre sulla superficie vari cationi, in particolare gli ioni sodio, a loro volta circondati da molecole d’acqua. Le molecole di solvente che hanno stabilito legami ad idrogeno con i gruppi funzionali, sulla superficie della

GLICOSAMINOGLICANO UNITA' DI RIPETIZIONE PESO

MOLECOLARE

Acido Ialuronico D-GlcA GlcNAc > 1000 kDa

Dermatan Solfato D-GlcA / L-IdoA

GalNAc-4,6

Solfato Da 12 a 35 kDa Condroitin Solfato A D-GlcA GalNAc-4

Solfato Circa 50 kDa Condroitin Solfato C D-GlcA GalNAc-6

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macromolecola, possono a loro volta interagire con altre molecole di acqua, mediante ponti ad idrogeno: il processo continua finché l’intero GAG è circondato da una “nuvola di idratazione”.

Dato che i filamenti eteropolisaccaridici sono troppo rigidi per potersi ripiegare su sé stessi ed organizzarsi in una conformazione compatta analoga a quella assunta dalle catene polipeptidiche delle proteine, al termine del processo di idratazione le molecole dei glicosaminoglicani tendono a costituire un gel idrofilo, che occupa un volume considerevole se confrontato con la quantità effettiva di carboidrato presente.

In Figura 5 è presentato il confronto tra le dimensioni di una proteina globulare (PM = 50 KDa), di una molecola di glicogeno (PM = 400 KDa) e di un filamento di acido ialuronico idratato (PM > 1000 KDa). E’ evidente l’aumento di volume della catena eteropolisaccaridica determinato dalla nuvola di idratazione.

Figura 5. Confronto tra le dimensioni di tre macromolecole biologiche.

Durante l’invecchiamento si verifica una progressiva riduzione del numero di cariche negative sulla superficie dei glicosaminoglicani e questo porta a riduzione dell’idrofilicità e della turgidità del derma, in quanto l’acqua non è più legata alle strutture macromolecolari della matrice extracellulare, ma è libera e facilmente allontanabile esercitando una lieve pressione.

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1.3. L’ipoderma

L'ipoderma, costituito da tessuto connettivo fibroso e lasso, rappresenta un perfetto isolante termico e meccanico ed un'eccellente riserva energetica. A questo livello sono localizzati la base dei follicoli piliferi, la porzione secretrice delle ghiandole sudoripare, i nervi cutanei, i vasi linfatici e sanguigni.

Da qui, infatti, si dipartono i plessi cutanei che interessano il tessuto adiposo, il tessuto connettivo e la parte superiore del derma, ed i plessi capillari che irrorano la parte superiore del derma e la rete capillare intorno agli annessi cutanei [9].

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2. L’ IDRATAZIONE CUTANEA

Numerose sono le funzioni fisiologiche svolte dall’acqua a livello cutaneo:

 Mantenimento dell’omeostasi cellulare dei vari strati della pelle;  Regolazione delle funzioni di barriera dello strato corneo e modulazione dell’assorbimento di sostanze esogene attraverso la pelle;

 Mantenimento delle proprietà meccaniche (plasticità e flessibilità) dello strato corneo;

 Regolazione dei processi enzimatici negli spazi tra i corneociti, i quali determinano la velocità ed il grado di desquamazione degli strati superficiali dell’epidermide;

 Controllo della proliferazione batterica e della composizione dell’ecosistema della superficie cutanea.

2.1 Idratazione endogena

A livello del derma e degli strati inferiori dell’epidermide la cute contiene il 70% di acqua con un pH che arriva fino a 7.1-7.3, mentre salendo in superficie il contenuto in acqua scende al 10-25% ed il pH risulta compreso tra 4.2 e 5.6. In condizioni normali lo strato corneo contiene dal 20% al 35% di acqua.

Anche all’interno dello strato corneo la distribuzione dell’idratazione non è uniforme: gli strati più superficiali (contenuto di acqua pari al 15%) sono in equilibrio con l’umidità dell’ambiente esterno, mentre quelli più profondi, la cui percentuale di idratazione è del 40%, scambiano il loro contenuto di acqua libera con le altre regioni dell’epidermide e sono prossimi alla saturazione. A livello dello strato corneo l’acqua esiste in tre differenti stati termodinamici:

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1) Acqua libera (>35%), che può essere congelata intorno alla temperatura di 0°C e che contiene disciolte numerose molecole elettricamente neutre oppure ionizzate (sali, amminoacidi, urea).

2) Acqua legata (20÷30%), per mezzo dei legami a idrogeno, che interagisce con le strutture proteiche e lipidiche e non può essere congelata se non scendendo a temperature molto inferiori a 0°C.

3) Acqua saldamente legata (5%), con legami covalenti, rintracciabile a livello degli strati più profondi in quanto stabilisce legami con le numerose proteine ivi presenti ed in particolare con la filaggrina, polipeptide ricco in istidina sintetizzato all’interno dei granuli di cheratoialina dello strato granuloso. A causa del saldo legame con la componente proteica dello strato corneo la concentrazione di questa tipologia di acqua resta sempre approssimativamente costante sia in condizioni fisiologiche che patologiche.

2.2. Idratazione esogena

Quando l’acqua entra in contatto con la cute, in particolare con lo strato corneo o con quelli più profondi se i tempi di esposizione sono relativamente lunghi, essa permea gli spazi intercellulari ed attraversa le membrane plasmatiche dei corneociti causandone il rigonfiamento.

Alla base della tendenza della cute a captare acqua esogena, aumentando la percentuale di idratazione totale dello strato corneo, risiedono tre fenomeni fisici distinti:

1) adesione tra l’acqua e lo strato corneo tramite forze di tensione superficiale;

2) diffusione (regolata dalla legge di Fick) dovuta al basso contenuto di acqua dei corneociti ed alle forze attrattive esercitate dai gruppi polari di lipidi e proteine degli spazi intercellulari;

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3) richiamo di tipo osmotico da parte di componenti intracellulari i quali spingono l’acqua ad attraversare la membrana plasmatica dei corneociti [10].

2.3. Mantenimento dell’ idratazione cutanea

Affinché la barriera cutanea, rappresentata dallo strato corneo, sia efficiente, è necessario che il contenuto idrico di questa regione rimanga costante.

Il mantenimento del tenore di acqua dello strato corneo è essenziale, non solo per le proprietà meccaniche del tessuto, ma anche per le specifiche reazioni enzimatiche che facilitano la normale desquamazione. In definitiva, questi processi enzimatici dipenderanno dalla capacità del tessuto di trattenere acqua contro l’ azione essiccante dell’ ambiente, ovvero dall’ integrità della barriera lipidica intercellulare, e dall’ efficace e tempestiva generazione del NMF (natural moisturizing factor) all’ interno dello strato corneo.

Il contenuto di acqua dei corneociti è influenzato dalla temperatura ambientale e dal grado di umidità. La degradazione dei corneodesmosomi è inibita da una bassa umidità ambientale [8].

2.3.1. Barriera lipidica dello strato corneo

Le lamelle lipidiche altamente organizzate che circondano i corneociti sono i principali elementi strutturali progettati per trattenere l’acqua all’interno dello strato corneo.

I principali costituenti lipidici dello strato corneo sono il colesterolo, gli acidi grassi liberi e le ceramidi. La sintesi di lipidi si verifica negli strati cellulari nucleati dell’epidermide e sono, quindi, trasportati e conservati all’interno dei cosiddetti corpi lamellari, la cui formazione è visibile, prima, a livello dello strato spinoso, poi continua per tutto quello granuloso. Nella parte più esterna di tale strato il contenuto dei corpi lamellari viene secreto negli spazi intercellulari

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idrolitici. Il rilascio del contenuto dei corpi lamellari alla giunzione tra lo strato granuloso e lo strato corneo induce profondi cambiamenti biochimici, responsabili della formazione della matrice lipidica intercellulare. Gli enzimi idrolitici dei corpi lamellari, infatti, degradano i fosfolipidi in glicerolo e acidi grassi liberi, le glucosilceramidi e sfingomieline in ceramici [12]. Tali trasformazioni biochimiche provocano cambiamenti sequenziali nella struttura dell’epidermide, ottenendo una particolare organizzazione dei lipidi intercellulari in unità strutturali multilamellari.

Le ceramidi rappresentano circa il 50% in peso dei lipidi dello strato corneo. Esse costituiscono un gruppo eterogeneo di sfingolipidi formati da una base sfingoide di 18 atomi di carbonio legata mediante legame ammidico ad acidi grassi. Le basi sfingoidi presenti nelle ceramidi della cute sono sfingosina, fitosfingosina e 6-idrossisfingosina, mentre gli acidi grassi possono essere idrossilati in posizione alfa o in posizione omega o non idrossilati [8].

Numerosi studi clinici, relativi a diverse malattie della pelle, hanno evidenziato l’importante ruolo delle ceramidi nel mantenere la permeabilità e l’integrità delle strutture lamellari. Infatti, alcune condizioni patologiche sono caratterizzate da ipercheratinizzazione, spesso associata a rossore e prurito. La pelle, di conseguenza, appare secca e rugosa, con una barriera lipidica variamente danneggiata ed una aumentata perdita di acqua transepidermica. Alcune patologie cutanee come la dermatite atopica, psoriasi e ictiosi sono caratterizzate da un deficit di alcune ceramidi o riduzione dei livelli di questi sfingolipidi. Tali alterazioni della composizione lipidica sono responsabili della compromessa funzionalità della barriera cutanea.

In diversi lavori è stato dimostrato che con l’età si verificano cambiamenti nei livelli di ceramidi e nei lipidi totali presenti nello strato corneo. E’ stato supposto che la riduzione nel contenuto di ceramidi nella pelle di soggetti anziani sia dovuta principalmente ad un aumento, dovuto all’età, dell’attività dell’enzima ceramidasi [13,14].

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2.3.2. Fattore di idratazione naturale della cute (natural moisturizing factor)

All’interno dei corneociti avviene una rapida degradazione della filaggrina, con conseguente liberazione dell’acqua ad essa legata assieme a sostanze a basso peso molecolare (amminoacidi, acido pirrolidone-carbossilico, urea, acido lattico) le quali, data la loro igroscopicità, tendono a mantenere nel tempo l’acqua a livello epidermico e costituiscono il cosiddetto fattore di idratazione naturale della cute (natural moisturizing factor, NMF). L’acqua trattenuta dai componenti del NMF non è più legata in maniera forte, bensì in maniera debole. L’alterazione della semipermeabilità della membrana plasmatica dei corneociti che avviene durante il processo di cheratizzazione, causa una progressiva perdita di tali sostanze idratanti assieme all’acqua da esse fissata. Una volta giunta negli spazi intercellulari, l’acqua è libera o legata molto debolmente ai gruppi polari di ceramidi o di lipidi amfifili ed è quindi richiamata verso la superficie dello strato corneo dalla minore umidità relativa dell’atmosfera esterna.

Si definisce come perdita di acqua transepidermica (transepidermal water loss, TEWL) la risultante del fenomeno fisiologico di disidratazione dei corneociti e della diffusione di acqua dall’epidermide vitale verso la superficie dello strato corneo: in entrambi i casi il passaggio delle molecole di acqua avviene attraverso gli spazi intercellulari tra i cheratinociti [10].

2.4. Alterazione dell’ idratazione cutanea: pelle secca

L’ alterazione della funzione barriera dello strato corneo può causare pelle secca. Questa è caratterizzata da zone desquamanti della cute che possono causare prurito intenso e tensione cutanea. La pelle appare ruvida e screpolata, meno resistente agli agenti esterni (es: sole, freddo, vento) e facilmente irritabile. In Figura 6 e 7 sono riportate fotografie, effettuate al microscopio elettronico, della pelle secca rispetto alla pelle normale.

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Fig 7. Pelle secca al microscopio elettronico Fig 6. Pelle normale al microscopio elettronico

Come già detto in precedenza la normale desquamazione dei corneociti consiste in una progressiva e completa degradazione dei corneodesmosomi, dipendente dalla composizione e organizzazione dei lipidi intercellulari e dall’ effettiva idratazione tissutale.

Studi condotti in situazioni di desquamazione patologica hanno dimostrato una ritenzione di corneodesmosomi negli strati superficiali dello strato corneo. Tale ritenzione si riflette in un aumento dei livelli di DSG1 e DSC1, indicando, l’inibizione, in queste condizioni, dell’ idrolisi di tali molecole. La conseguenza principale è che i legami tra i corneociti non sono rotti e che le cellule periferiche non si staccano durante la desquamazione. Di conseguenza, anziché avere una perdita di corneociti di superficie, si ha un accumulo di grandi ammassi di cellule che alterano la struttura lamellare tipica dello strato corneo [8].

La pelle secca può dipendere da vari fattori esterni (esogeni) e interni (endogeni). Tipici fattori esogeni sono gli agenti climatici e ambientali, quali esposizione ai raggi UV, smog, oppure contatto con sostanze chimiche come detergenti, solventi o uso di farmaci (topici e sistemici).

Durante i mesi invernali la pelle rallenta le sue attività, soprattutto a causa della vasocostrizione indotta dal freddo: per trattenere il calore del corpo, il nostro organismo contrae il calibro dei vasi sanguigni della pelle, che quindi diventa pallida e più fredda ma non disperde più calore all’esterno. Il meccanismo della vasocostrizione, tuttavia, può mettere in difficoltà la pelle stessa che, ricevendo meno nutrimento dal sangue, rallenta i propri processi: tra questi, la produzione di grassi in grado di trattenere l’acqua.

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I fattori endogeni che causano pelle secca, o contribuiscono al suo sviluppo, includono una predisposizione genetica, l’invecchiamento biologico, i fattori ormonali e alcune patologie cutanee o interne (dermatite atopica, psoriasi, ictiosi e diabete).

2.4.1. Trattamento pelle secca

Il trattamento della pelle secca consiste nel ripristino della funzione barriera. Le strategie cosmetiche adottate ad oggi agiscono sulla struttura lipidica dello strato corneo, attraverso l’ apporto di componenti lipofili e/o di umettanti, per ripristinare l’ idratazione endogena.

L'architettura lamellare dei lipidi dello strato corneo deve essere normalizzata in condizioni di pelle secca squamosa. I lipidi hanno un ruolo molto importante nel trattamento della pelle secca: agiscono come sostituti dei lipidi naturali della pelle, persi in condizioni di alterazione della fuzione di barriera e come agenti occlusivi riducendo la TEWL. I lipidi che vengono comunemente utilizzati come idratanti sono i mono- di- e trigliceridi, cere, esteri a lunga catena, acidi grassi, lanolina e idrocarburi come la vaselina [15].

Formulazioni contenenti lipidi identici a quelli presenti nello strato corneo e, in particolare, alcune ceramidi, possono migliorare le condizioni della cute alterata. La somministrazione di lipidi simili a quelli naturali normalizza o accelera il recupero della funzione di barriera [16].

In studi sperimentali, infatti, è stato dimostrato che la somministrazione topica di alcune ceramidi sintetiche era in grado di alleviare la secchezza della pelle. Tali evidenze sperimentali hanno portato allo sviluppo di nuove terapie topiche a base di lipidi fisiologici ed in particolare di formulazioni contenenti miscele di ceramidi [13,14].

La vaselina agisce come agente occlusivo che riduce la TEWL di oltre il 98% mentre altri oli riescono a ridurla solamente del 20-30%. Recentemente è stato dimostrato che la vaselina è anche in grado di diffondere nei domini intercellulari dei lipidi dello strato corneo dove accelera la biosintesi dei lipidi

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Per mantenere il normale contenuto di acqua, la cui riduzione determina pelle secca, sono utilizzati, nei cosmetici per la cura della pelle, agenti umettanti, quali:

 Acido ialuronico (HA) : L'acido ialuronico è uno dei componenti fondamentali dei tessuti connettivi dell'uomo e degli altri mammiferi. Conferisce alla pelle quelle sue particolari proprietà di resistenza e mantenimento della forma. Una sua mancanza determina un indebolimento della pelle promuovendo la formazione di rughe ed inestetismi. La sua concentrazione nei tessuti del corpo tende a diminuire con l'avanzare dell'età.

E’ un polimero naturale utilizzato come umettante e addensante nei preparati cosmetici in quanto mostra utili proprietà fisiche, quali :

 ritenzione idrica elevata;  viscoelasticità;

 elevata biocompatibilità [18].

 Glicerolo e altri umettanti : Gli agenti bagnanti più efficaci e usati sono i polialcoli, come sorbitolo, mannitolo e glicerolo. L’ idratazione è dovuta all’ alto grado di gruppi ossidrile su queste molecole che si legano e trattengono acqua.

Il glicerolo è il più importante tra questi agenti umidificanti per:

 il suo eccellente profilo di sicurezza;  basso costo;

 proprietà igroscopiche.

Il glicerolo, oltre ad essere umettante, ha anche attività corneodesmolitica facilitando la digestione proteolitica dei corneodesmosomi superficiali nella pelle secca.

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 Alfa-Idrossiacidi: Gli alfa-idrossi-acidi (AHA) costituiscono un gruppo di acidi organici che si trovano allo stato naturale in molti tipi di frutta ed alimenti (ad esempio l'acido glicolico presente nella canna da zucchero, l'acido malico estratto dalle mele, l'acido tartarico dall'uva, l'acido piruvico e citrico dall'arancio e pompelmo). Le azioni degli alfa idrossiacidi sulla pelle sono molteplici:

 sono considerati dei composti corneodesmolitici; idrolizzano i legami tra le cellule dello strato corneo, causando la rottura dei desmosomi intercellulari;

 aumentano i livelli delle ceramidi e in particolare delle ceramidi-1-linoleato;

 stimolano il rinnovamento cellulare donando una pelle più liscia, pertanto sono considerati dei principi attivi anti-invecchiamento [8].

 Urea: è un componente naturale dello strato corneo usato come umettante e come agente cheratolitico. Le formulazioni idratanti che contengono urea, migliorano la funzione della barriera, riducono la perdita di acqua transepidermica e riducono le reazioni di irritazione.

 Acido pirrolidone carbossilico (PCA): è il principale componente dei natural moisturizing factor. Creme e lozioni contenenti il sale sodico del PCA sono utilizzate per idratare la pelle e migliorare le condizioni di desquamazione [17].

2.4.2. Formulazioni cosmetiche usate nel trattamento della pelle secca:

Per trattare la secchezza cutanea possono essere utilizzate diverse formulazioni cosmetiche quali creme, latti, geli, maschere e unguenti.

Le creme o emulsioni sono sistemi dispersi in cui due fasi immiscibili vengono disperse l’ una nell’ altra per mezzo di agenti emulsionanti.

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Sono preparazioni costituite da una fase lipofila e da una fase idrofila e si suddividono in:

 creme idrofobe (o lipofile): hanno come fase continua la fase lipofila. Contengono emulsionanti acqua-in-olio (A/O) come alcoli della lana, esteri del sorbitano e monogliceridi;

 creme idrofile: hanno come fase continua la fase acquosa. Contengono

emulsionanti olio-in-acqua (O/A) come saponi di sodio o

trietanolammmina, solfati di alcoli grassi, polisorbati e acidi grassi poliossidrilati ed esteri di acidi grassi associati, se necessario, con emulsionanti acqua in olio (A/O).

Le creme sono in genere ben assorbite dalla cute ed hanno un’ ottima spalmabilità. L’ azione delle creme idratanti è duplice, perché, oltre alla funzione di idratazione, hanno un’ azione di emollienza, dovuta all’ apporto di sostanze sebosimili contenute nella loro formulazione.

Un esempio di crema commerciale per pelli secche può contenere sostanze umettanti (es. glicerina) e agenti occlusivi (es. vaselina) e può avere la seguente formula:

Water (Aqua), Glycerin, Petrolatum, Glyceryl Stearate Peg-12, Mineral Oil (Paraffinum Liquidum), Stearic Acid, Cyclomethicone Alpha-Isomethylionone Benzyl Salicylate Butylphenyl Methylpropional Citronellol Dimethicone, Fragrance (Parfum), Geraniol Hexyl Cinnamal Hydroxyisohexyl 3-Cyclohexene Carboxaldehyde, Lanolin Alcohol (Lanolin), Limonene, Linalool, Methylparaben, Propylparaben, Triethanolamine.

I latti sono emulsioni fluide O/A e A/O, utili per trattare ampie superfici cutanee anche ricche di peli.

Un esempio di latte idratante per il corpo, presente in commercio, può contenere i seguenti ingredienti:

Avene Aqua, Propylene Glycol Dicaprylate/ Dicaprate, Glycerin, Paraffinum Liquidum, Prunus Amygdalus Dulcis oli, Sesamum Indicum Oil, Isopropyl palmitate, Sorbitan Stearate, Cocos Nucifera Oil, Cyclomethicone, Carthamus Tinctorius Oil, Benzoic Acid, Carbomer, Cetearyl Alcohol, Chlorphenesin,

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Dimethicona, Parfum, O-Cymen-5ol, Phenoxyethanol, Sodium Cetearyl Sulfate, Sodium Hydroxide, Sucrose Cocoate, Tocopheryl Acetate.

I gel sono preparazioni semisolide costituite da sistemi dispersi solido-liquido, la cui fase dispersa forma un reticolo tridimensionale che trattiene la fase disperdente liquida. Si distinguono:

 gel idrofobi (oleogel): sono preparazioni che hanno come fase disperdente paraffina liquida con polietilene od oli grassi, gelificati con silice colloidale o saponi di alluminio o di zinco;

 gel idrofili (idrogel): sono preparazioni le cui fasi disperdenti sono costituite principalmente da acqua, glicerolo o glicole propilenico, gelificati con adatte sostanze come amido, derivati dalla cellulosa, polimeri carbossivinilici e silicati di magnesio-alluminio.

Il gel idratante è un cosmetico molto valido soprattutto nel periodo estivo, in quanto, il rapido assorbimento "disseta" l'epidermide in modo rapido senza ungere. Tali preparazioni sono di solito indicate per applicazioni al viso.

Un esempio di gel commerciale, utilizzato per il trattamento di pelli secche, può avere i seguenti ingredienti:

Acqua, Glycerin, Acohol, Octocrylene, Dicaprylyl Ether, Oleyl Educate, Tocopheryl Acetate, Ammonium Acryloyldimethyltaurate/vp copolymer,

Phenoxyethanol, Saccharide Isomerate, Panthenol,

Butylmethoxydibenzoylmethane, Parfum, Retinyl Palmitate, Methylparaben, Lactose, Allantoin, Microcrystalline Cellulose, Ethylparaben, Butylparaben, Caffeine, Panicum Miliaceum Extract, Propylparaben, Biosaccharide Gum-1, Sodium Laccate, Chlorella Vulgaris/Lupinus Albus Protein Ferment, Tannic Acid, Coleus Forskohli Extract, Potassium Sorbate, Isobutylparaben, CI 77007.

Le maschere idratanti per il viso sono progettate per un trattamento cosmetico intensivo. Si possono trovare diversi tipi di maschere idratanti in commercio, le quali contengono materiali con caratteristiche filmogene e solubili in acqua. Le

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 maschere tipo gel: sono trasparenti o traslucide; gli agenti gelificanti usati sono ad esempio polivinilalcooli e idrossietilcellulose;

 maschere tipo pasta: sono sospensioni concentrate costituite da una fase solida di polveri in un mezzo prevalentemente acquoso.

Tutti questi tipi di maschere vengono applicate sul viso, lasciate in posa per circa 15-30 minuti e quindi lavate via con acqua.

Un esempio di maschera lenitiva idratante presente in commercio, contenente elementi nutritivi e idratanti che proteggono la barriera cutanea e favoriscono l’ idratazione delle pelle, può avere i seguenti ingredienti:

Avene Aqua, Paraffinum Liquidum, Stearic Acid, Caprylic/Capric Triglyceride, Carthamus Tinctorius, Hydrocenated Palm/Palm Kernel Oil Peg-6 Esters, Triethanolamine, Glyceryl Stearate, Cera Mlcrocristallina, Peg-100 Stearate, Propylene Glycol, Caprylic/Capric Glycerides, Carbomer, Disodium Edta, Parfum, Phenyl Trimethicone.

Gli unguenti sono formulazioni caratterizzate da un veicolo a fase unica nel quale vengono disperse sostanze liquide o solide. Si dividono in:

 unguenti idrofobi: incorporano solo piccole quantità d’ acqua o non ne incorporano affatto. Sono preparati a base di grassi, oli, paraffine o siliconi;

 unguenti che emulsionano acqua: possono assorbire maggiori quantità d’ acqua e formare perciò emulsioni A/O oppure emulsioni O/A secondo la natura dell’ emulsionante: si possono utilizzare agenti emulsionanti A/O come lanolina o suoi alcoli, vaselina idrofila, esteri del sorbitano oppure

 emulsionanti O/A come solfati di alcoli grassi, polisorbati, macrogol cetostearil etere o esteri di acidi grassi con macrogol;

 unguenti idrofili: sono preparazioni costituite principalmente da miscele di macrogol (polietilenglicoli) liquidi e solidi miscibili con l’ acqua.

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Il cosmetico sicuro è quello che, conformemente a quanto previsto dalla Legge 713/86, art. 7: “… è fabbricato, manipolato, confezionato e venduto in modo tale da non causare danni alla salute umana se applicato nelle normali o ragionevolmente prevedibili condizioni d’uso…”. La sicurezza del cosmetico si costruisce in primo luogo seguendo una serie di indicazioni di tipo legislativo; alcuni ingredienti sono infatti vietati dalle norme, altri sono da evitare in base a considerazioni di sicurezza, perché non completamente caratterizzati o perché aventi un profilo tossicologico non compatibile con l’impiego cosmetico. Nella fase di sviluppo del progetto cosmetico ci sono inoltre elementi degli ingredienti che devono essere sempre considerati: livelli di purezza, controlli effettuati dai fornitori, stabilità, riproducibilità, livello microbiologico. La valutazione della sicurezza di un cosmetico prende in esame il profilo tossicologico degli ingredienti, le interazioni prevedibili e i risultati di test chimico-fisici (es. stabilità accelerata), microbiologici (es. challenge test), analitici e di innocuità (in-vivo, in-vitro).

La valutazione della stabilità dei prodotti cosmetici, dopo la preparazione, è un requisito fondamentale per la qualità e la sicurezza dei prodotti.

I prodotti che sono esposti al consumo e che presentano problemi di stabilità per quanto riguarda le caratteristiche organolettiche, chimico-fisiche e/o microbiologiche, non solo non rispettano i requisiti tecnici di qualità, ma possono anche mettere a rischio la salute dei consumatori.

Gli studi di stabilità forniscono indicazioni sul comportamento del prodotto sotto varie condizioni alle quali può essere sottoposto dal momento della produzione fino alla fine della sua validità.

Questa stabilità è relativa in quanto varia nel tempo in risposta a fattori che accelerano o ritardano le alterazioni dei parametri del prodotto. Le modifiche entro limiti stabiliti non costituiscono necessariamente una ragione per il ritiro dal commercio del prodotto.

Gli studi sulla stabilità dei prodotti cosmetici contribuiscono a:

 guidare lo sviluppo della formulazione e la scelta di adeguati contenitori;  stimare la durata di validità e fornire informazioni per confermarla;

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 assistere nel controllo delle caratteristiche di stabilità organolettiche, chimico-fisiche e microbiologiche, producendo informazioni sull'affidabilità e sicurezza dei prodotti.

I test devono essere condotti in condizioni che permettono di fornire informazioni sulla stabilità del prodotto nel più breve tempo possibile. I test di stabilità possono essere suddivisi nelle seguenti classi:

Test di stabilità preliminare: lo studio di stabilità preliminare consiste nel testare il prodotto nelle fasi iniziali dello sviluppo usando differenti formulazioni di laboratorio, con una durata ridotta. La durata degli studi è generalmente di 15 giorni. Le formulazioni in prova vengono sottoposte a cicli di riscaldamento e congelamento (es: 24h a 40°C e 24h a 4°C oppure 24h a 50°C e 24h a -5°C) con l'obiettivo di accelerare le reazioni fra i componenti e la comparsa di segni che devono essere osservati e analizzati in accordo alle specifiche caratteristiche di ogni tipo di prodotto.

Stabilità accelerata: conosciuta anche come stabilità normale o esplorativa, essa ha l'obiettivo di fornire dati sulla previsione della stabilità del prodotto, sulla durata di vita e sulla compatibilità della formulazione con il materiale del contenitore. La durata degli studi è generalmente di novanta giorni e le formulazioni sono sottoposte a condizioni di stress meno estreme rispetto a quelle del test preliminare. I campioni possono essere sottoposti a riscaldamento in stufe (37, 40, 45, 50°C), raffreddamento in frigoriferi, esposizione alla radiazione luminosa e all'ambiente. In alcuni casi la durata di questo test può essere estesa a sei mesi o anche un anno, a seconda del tipo di prodotto.

Shelf test: lo scopo dello shelf test, conosciuto anche come “Long Term Stability Test”, è di convalidare i limiti di stabilità del prodotto e testare la data di scadenza stimata mediante il test di stabilità accelerata. Questo studio è effettuato per un periodo di tempo equivalente al tempo di scadenza stimata durante gli studi di stabilità precedentemente menzionati.

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Nello shelf test, i campioni rappresentativi del prodotto sono conservati a temperatura ambiente. Devono essere eseguiti gli stessi test suggeriti nelle procedure precedentemente ricordate e altri test possono essere definiti dal formulatore in accordo alle caratteristiche della formulazione.

Determinazione del PAO: “periodo dopo l’apertura” (PAO, Period After Opening) è definito come il tempo dopo l’apertura del prodotto cosmetico durante il quale questo può essere usato senza effetti nocivi per il consumatore. I parametri di stabilità su cui si fonda la determinazione del PAO sono quindi relativi alla sicurezza del consumatore e non alla “performance” tecnica del prodotto. La decisione finale sull’adeguatezza di un PAO, pur richiedendo opportuna documentazione, risulta a carico del responsabile dell’ azienda che immette il prodotto sul mercato.

L’indisponibilità di metodi scientifici ufficiali crea indubbiamente non poche difficoltà a chi deve assumersi la responsabilità di tale dichiarazione: infatti, non solo mancano protocolli che individuino la tipologia di analisi più idonea per i diversi prodotti, ma addirittura mancano riferimenti bibliografici riconosciuti riguardo l’effettiva corrispondenza tra lo stress artificialmente imposto al prodotto in idonee camere climatiche (es: 40°C ± 2°C / 75% RH ± 5% RH) e il reale invecchiamento del prodotto.

Test di compatibilità tra formulazione e materiale del contenitore: la compatibilità tra formulazione e materiale del contenitore sono concetti distinti, separati e complementari, che devono essere applicati al prodotto prima della sua commercializzazione. In questo test, sono analizzati diversi materiali alternativi del contenitore per determinare quale è il più adeguato al prodotto. Le condizioni ambientali e la periodicità delle analisi possono essere le stesse di quelle menzionate per gli studi di stabilità ed in questa fase possono essere identificate le possibili interazioni fra il prodotto ed il materiale del contenitore che entra in contatto diretto con esso [19].

Figura

Tabella 1. Caratteristiche dei tre strati della cute
Tabella 2. Composizione del derma
Figura 4. Struttura di un glicosaminoglicano (Condroitin Solfato A).
Tabella 3. Caratteristiche chimiche dei principali glicosaminoglicani presenti nella cute
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