• Non ci sono risultati.

Parte introduttiva 

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Parte introduttiva "

Copied!
47
0
0

Testo completo

(1)

Indice

Parte introduttiva ... 2 

1. INTRODUZIONE ... 3 

2. FORME DI DOSAGGIO GASTRO-RETENTIVE ... 6 

2.1. Caratteristiche generali per una forma gastro-retentiva ... 6 

2.2. Differenti tecnologie utilizzate per l’ottenimento di FF a ritenzione gastrica ... 8 

3. FORME FARMACEUTICHE SOLIDE PER USO ORALE ... 12 

3.1. Aspetti generali delle compresse ... 12 

3.2. Meccanismi di rilascio del principio attivo dalle matrici polimeriche idrofile (compresse) ... 14 

3.3. Aspetti cinetici coinvolti nel rilascio di farmaci da matrici polimeriche (compresse) ... 18 

4. METFORMINA CLORIDRATO NEL DIABETE .... 23 

5. POLIMERI NATURALI E SINTETICI QUALI ECCIPIENTI PER LA PREPARAZIONE DI MATRICI IDROFILE (COMPRESSE) A CESSIONE PROLUNGATA DI FARMACO ... 27 

5.1. Polimeri naturali ... 27 

5.2. Polimeri sintetici ... 33 

Parte sperimentale ... 34 

1. SCOPO DELLA TESI ... 35 

(2)

2. MATERIALI ... 36 

2.1. Cenni sulla Metformina Cloridrato ... 36 

2.2. Cenni sugli eccipienti utilizzati ... 37 

3. METODICA ANALITICA PER L’ANALISI QUANTITATIVA DELLA METFORMINA ... 39 

4. PURIFICAZIONE DELLO PSILLIO ... 41 

4.1. Processo di liofilizzazione ... 41 

5. VALUTAZIONE DELLE FORMULAZIONI ALLO STUDIO ... 42 

5.1. Preparazione delle compresse ... 42 

5.2. Studio di idratazione (swelling) ... 44 

5.3. Galleggiamento delle compresse in esame ... 45 

5.4. Prove di dissoluzione del farmaco ... 45 

Risultati e discussione Errore. Il segnalibro non è definito. 

Grafici e Tabelle ... Errore. Il segnalibro non è definito. 

(3)

2

Parte introduttiva 

(4)

3

1. INTRODUZIONE

Nell’iter che va dalla scoperta di una nuova molecola farmacologicamente attiva alla sua immissione in commercio, una tappa fondamentale è certamente rappresentata dalla preparazione della forma farmaceutica (FF).

La somministrazione del farmaco avviene mediante FF fabbricate con l’impiego di sostanze ausiliarie, o eccipienti.

Queste sostanze, pur non possedendo attività farmacologica possono modificare la disponibilità del farmaco, alterando la durata di rilascio, il sito d’azione e quindi le caratteristiche e l’efficacia della stessa sostanza attiva.

In particolare negli ultimi 30 anni, la ricerca nel settore farmaceutico ha focalizzato l’attenzione sullo sviluppo di formulazioni in grado di liberare il farmaco nell’organismo in quantità e velocità controllata. In commercio esistono numerose forme farmaceutiche nelle quali il rilascio può essere ritardato o può essere programmata sia la velocità che la durata di liberazione del principio attivo per contenere l’effetto “burst” che si verifica nella maggior parte dei preparati [1].

Tali sistemi vengono definiti sistemi terapeutici o sistemi a rilascio controllato.

Numerosi sono i vantaggi che si possono trarre dall’impiego di tali sistemi tra cui:

 mantenere il livello ematico del farmaco costante per un tempo prolungato;

 diminuire il numero di somministrazioni giornaliere;

 evitare fenomeni di sotto- o sovra- dosaggio;

 minimizzare gli effetti collaterali indesiderati.

(5)

4 Mediante l’impiego di un sistema terapeutico con un’unica somministrazione è possibile mantenere le concentrazioni plasmatiche all’interno della finestra terapeutica per un periodo prolungato di tempo.

Nel settore delle forme farmaceutiche a rilascio controllato i sistemi destinati alla via orale ricoprono circa il 50% del mercato, seguiti a distanza dai sistemi destinati alla via polmonare 20%, alla via transdermica 12% ed alla via iniettabile 7%.

La via più comunemente sfruttata per la somministrazione sia di forme convenzionali che di sistemi a rilascio controllato è quindi quella orale, ci sono ovvie ragioni per questo, non ultime l’accettabilità da parte del paziente e la facilità di somministrazione.

Ci sono però anche degli svantaggi: ad esempio le compresse a cessione controllata risentano maggiormente della variabilità individuale in termini di assorbimento nonostante la concentrazione allo stato stazionario risulti analoga a quella ottenuta con le forme tradizionali. Inoltre può manifestarsi il rischio che per un difetto di fabbricazione venga ceduta l’intera quantità di farmaco, provocando così effetti tossici in quanto in ogni preparazione c’è una dose superiore di principio attivo rispetto alla forma standard. Infine, con questo tipo di formulazione è più difficile contrastare l’azione del farmaco una volta che la compressa è stata assunta, per cui occorre accertarsi a priori dell’assenza di ogni reazione di ipersensibilità.

Tra i vari tipi di forme farmaceutiche a rilascio modificato quelle più studiate negli anni sono state le forme gastro-retentive (GRDF:

Gastroretentive Dosage Form) [2] che sono particolarmente utili per quei farmaci che sono principalmente assorbiti nel duodeno e nella parte superiore dell’intestino e per prolungare il tempo di residenza del principio attivo a livello gastrico.

(6)

5 Le capacità di rigonfiamento, galleggiamento e rilascio prolungato del farmaco sono state sviluppate ad esempio con forme di dosaggio a bassa densità costituite dalla combinazione di polimeri idrofili, agenti che rigonfiano e sostanze effervescenti.

I farmaci che possono trarre benefici dalla ritenzione gastrica sono:

 farmaci ad azione locale a livello dello stomaco;

 farmaci che sono principalmente assorbiti nello stomaco;

 farmaci poco solubili a pH alcalino;

 farmaci assorbiti rapidamente a livello del tratto GI;

 farmaci che si degradano nel colon o che sono ivi male assorbiti;

 farmaci assorbiti in un breve tratto dell’intestino.

(7)

6

2. FORME DI DOSAGGIO GASTRO-RETENTIVE

Negli ultimi tre decenni, la ricerca e la scoperta di forme farmaceutiche innovative, capaci di poter trattenere il farmaco nella parte superiore del tratto gastrointestinale si è molto sviluppata grazie alle innovazioni tecnologiche e le diverse conoscenze acquisite in ambito farmacologico [3].

La ritenzione gastrica può fornire numerosi vantaggi come una migliore distribuzione per quei farmaci con una stretta finestra di assorbimento e che sono assorbiti nella regione del piccolo intestino. Inoltre un tempo di permanenza più lungo nello stomaco può essere vantaggioso per un’azione locale nella parte superiore dell’intestino tenue ad esempio nel trattamento dell’ulcera peptica.

2.1. Caratteristiche generali per una forma gastro-retentiva

Tabella 1. Caratteristiche fisiologiche principali del tratto GI superiore

Sezione Lunghezza(m) Tempo di transito (h)

pH Conta

microbica

Area di assorbimento (m2)

meccanismi di assorbimento del principio attivo

Stomaco 0.2 Variabile 1-4 <103 0.1 P, C, A

Intestino tenue

6-10 3 ± 1 5-7.5 103 – 1010 120-200 P, C, A, F, I, E, CM

P – Diffusione passiva C – Trasporto attraverso canali acquosi A – Trasporto attivo F – Trasporto facilitato

I – Trasportatore ionico E – Entero e pinocitosi CM – Trasporto mediato da carrier

(8)

7 Per ottenere sistemi di rilascio gastroretentivi le forme di dosaggio devono soddisfare certi requisiti: devono essere capaci di opporsi ai movimenti causati dalla peristalsi intestinale ed dalle continue contrazioni dello stomaco, devono resistere al prematuro svuotamento gastrico. Inoltre una volta raggiunto lo scopo, il sistema utilizzato deve essere allontanato dallo stomaco con facilità.

Tra i principali vantaggi di questo tipo di sistemi si possono ricordare:

 il miglioramento della biodisponibilità e dell’efficacia terapeutica dei farmaci con una possibile riduzione della dose somministrata;

 il mantenimento dei livelli terapeutici costanti per un periodo prolungato con una riduzione della variazione di questi livelli, minimizzando così il rischio di resistenze;

 una ritenzione prolungata di queste forme nello stomaco.

Esistono diversi fattori che possono influenzare la ritenzione gastrica tra cui la densità della forma farmaceutica e la loro forma (ad esempio, vantaggiose sono quelle con forma tetraedrica e dispositivi a forma di anello), le dimensioni della forma di dosaggio, la presenza nella forma farmaceutica di un’unica dose o di più unità, lo stato di digiuno, la natura del pasto e il suo contenuto calorico (il tempo di ritenzione gastrica può essere aumentato dalle 4 alle 10 ore con un pasto ricco di proteine e grassi), la frequenza dei pasti, l’età, la postura ed i fattori patologici (diabete e morbo di Crohn).

(9)

8

2.2. Differenti tecnologie utilizzate per l’ottenimento di FF a ritenzione gastrica

Esistono diversi metodi per realizzare formulazioni farmaceutiche in grado di aumentare il tempo di residenza del principio attivo a livello gastrico [4].

In particolare, possono essere utilizzate:

1. forme di dosaggio a bassa densità;

2. forme di dosaggio ad alta densità;

3. forme di dosaggio bioadesive;

4. sistemi che rigonfiano e si espandono aumentando la propria dimensione.

Le forme di dosaggio 1) a bassa densità sono in grado di galleggiare nello stomaco (Fig. 1).

Figura 1. Schematizzazione di forme galleggianti, rispetto a quelle che non galleggiano

Il galleggiamento può essere realizzato attraverso l’impiego di:

 Sistemi effervescenti, i cui componenti reagiscono con l’acido dello stomaco sviluppando anidride carbonica (CO2). Sono generalmente

(10)

9 indicati come sistemi a matrice e contengono un polimero rigonfiabile come Methocel©, o polisaccaridi come il chitosano. Sono formulati in miscela con il bicarbonato di sodio, acido citrico e acido tartarico, i quali sono in grado di generare gas, una volta in contatto con i fluidi gastrici. L’approccio tecnologico più comune comporta la preparazione di granulati contenenti bicarbonato e rivestiti con etilcellulosa. Il rivestimento, risulta insolubile ma permeabile e permette così la permeazione di acqua, e lo sviluppo di CO2.

Il tempo di galleggiamento dipenderà da diversi fattori tra cui il tipo di polimero utilizzato, dalla sua quantità e dalla quantità di composto effervescente.

Altri approcci e materiali usati sono la metilcellulosa o l’idrossipropilmetilcellulosa e gli alginati; la CO2 sviluppata rimane intrappolata nello strato di polimero rigonfiato, da cui fuoriesce poi lentamente.

 HBS (Hydrodynamically Balanced Systems), sono sistemi in grado di mantenere la loro bassa densità apparente, mentre il polimero idratato e gelificato costituisce una barriera alla superficie esterna; il farmaco viene rilasciato progressivamente dalla matrice rigonfiata. Questi sistemi tuttavia risultano instabili specialmente quando il tempo di residenza gastrica è prolungato e possono determinare sia una variazione della biodisponibilità che un’irritazione locale dovuta ad una grande quantità di farmaco rilasciata nello specifico sito del tratto gastrointestinale.

 Idrogel superporosi (Fig. 2).

(11)

10 Figura 2. Esempio di rigonfiamento di un idrogel superporoso

 Utilizzazione di camere d’aria: tali sistemi galleggiano immediatamente; sono ottenuti mediante matrici con forme non convenzionali e possono contenere o meno polimeri rigonfiabili.

Le forme di dosaggio 2) ad alta densità vengono progettate per posizionarsi e sedimentare sul fondo dello stomaco. La sedimentazione viene generalmente impiegata come meccanismo di ritenzione di pellet sufficientemente piccoli da essere mantenuti nelle pieghe del corpo dello stomaco vicino alla regione pilorica, che è la parte di organo con la posizione più bassa in postura eretta: i pellet intrappolati nelle pieghe dello stomaco resistono ai movimenti peristaltici della parete dello stomaco così il tempo di transito intestinale può essere esteso dalle 5-8 h alle 25 h.

Le forme di dosaggio 3) bioadesive prevedono l’attacco della forma farmaceutica alla mucosa gastrica in modo da immobilizzarla al sito di rilascio. Oggi i polimeri bioadesivi hanno trovato interessanti applicazioni per altre vie di somministrazione (orale, nasale, rettale e vaginale) e sembra che l’approccio di controllo del transito gastrointestinale sia stato in parte abbandonato in particolare per la possibile comparsa di effetti collaterali locali dovuti all’intimo contatto del sistema con la mucosa per un periodo di tempo prolungato [3].

I sistemi che 4) rigonfiano e si espandono sono costituiti da polimeri che aumentano la loro dimensione una volta introdotti nell’organismo. Ciò

(12)

11 prolunga il rilascio del farmaco che diffonde attraverso la matrice rigonfiata;

il fenomeno è controllato dalla transizione del polimero dallo stato vetroso a quello gommoso. In questi sistemi la capacità di rigonfiamento e il tasso di erosione sono importanti; l’integrità del sistema è fondamentale anche per prevenire la disintegrazione del sistema e per promuovere la sua resistenza ai movimenti dello stomaco.

(13)

12

3. FORME FARMACEUTICHE SOLIDE PER USO ORALE

3.1. Aspetti generali delle compresse

Le compresse sono definite secondo F.U.: “Preparazioni solide contenenti ciascuna una dose unica di uno o più principi attivi e ottenute usualmente per compressione di volumi uniformi di particelle. Alcune vengono inghiottite intere, alcune dopo essere state masticate, altre sono disciolte o disperse in acqua prima della somministrazione e altre ancora sono tenute in bocca, dove viene liberato il principio attivo.”

A tutt’oggi la compressa costituisce la più comoda e meglio accettata forma di somministrazione dei farmaci in quanto presenta numerosi vantaggi sia dal punto di vista del paziente sia da quello del formulatore. Questo tipo di forma farmaceutica assicura accuratezza di dosaggio, di fabbricazione e di somministrazione e fornisce la possibilità di controllare la cinetica di rilascio del farmaco, grazie alle numerose e relativamente semplici modifiche che possono essere apportate alla sua struttura di base.

La Farmacopea distingue diversi tipi di compresse, a seconda delle loro caratteristiche tecnologiche e del loro utilizzo: in particolare vengono riportate in F.U. XII ed. le compresse non rivestite, rivestite, effervescenti, solubili, dispersibili, orodispersibili, a rilascio modificato, gastroresistenti e infine compresse da utilizzare nella cavità buccale.

Le compresse a rilascio modificato possono essere rivestite o meno e contengono particolari eccipienti, o sono prodotte con specifiche tecnologie allo scopo di controllare il rilascio del principio attivo dopo somministrazione.

In particolare, il controllo può riguardare la velocità di rilascio, il sito di rilascio o il tempo di inizio del rilascio del principio attivo.

(14)

13 Più in dettaglio, le compresse a rilascio modificato possono essere suddivise in compresse a rilascio prolungato, a rilascio ritardato e a rilascio pulsante.

Il rilascio sito specifico si ottiene ad esempio con le compresse gastroresistenti: sono compresse ricoperte di una sostanza gastroresistente (rivestimento enterico) che non è solubile nell’ambiente acido dello stomaco e che si solubilizza a pH neutro e/o alcalino, cioè nell’intestino, rilasciando il principio attivo.

Come indicato in Farmacopea, le compresse sono costituite, oltre che dal principio attivo, da una serie di eccipienti, indispensabili sia al processo produttivo che all’ottenimento dell’obiettivo terapeutico che la compressa si prefigge di ottenere in seguito a somministrazione. Nel caso delle compresse a rilascio modificato, gli eccipienti devono anche garantire un controllato e riproducibile rilascio del farmaco. Gli eccipienti vengono classificati in base alla loro funzione.

I diluenti sono eccipienti che vengono utilizzati quando il principio attivo deve essere somministrato in quantità troppo piccola per dare origine ad una compressa di volume sufficiente. Sono sostanze solubili o insolubili, organiche o minerali che rappresentano in genere la percentuale preponderante delle compresse. Alcuni esempi di diluenti sono zuccheri, lattosio, saccarosio, amido e cellulosa microcristallina.

I leganti sono eccipienti utilizzati allo scopo di mantenere coese le particelle di polvere nelle compresse e nei granulati. La quantità di leganti da utilizzare deve essere accuratamente regolata, poiché le compresse, dopo l’ingestione, devono disintegrarsi. Fra i leganti più utilizzati ci sono le gomme, la gelatina, i derivati della cellulosa, l’amido, l’alginato di sodio;

questi eccipienti sono in grado di interagire con l’acqua.

(15)

14 Alcuni di essi sono in grado di svolgere l’azione legante anche in presenza di alcoli o di altri solventi organici quali il polivinilpirrolidone ed l’idrossipropilmetilcellulosa.

I lubrificanti propriamente detti sono sostanze in grado di agire tra due superfici in movimento per prevenire la frizione e l’usura. La loro azione è richiesta anche al termine dell’operazione di compressione, durante la fase di espulsione della compressa dalla macchina comprimitrice. Tra questi eccipienti troviamo: magnesio stearato, acido stearico, cere alto fondenti.

I glidanti riducono invece la frizione interparticellare del materiale da comprimere, migliorando così le proprietà di flusso, facilitando l’

omogeneo riempimento della matrice e di conseguenza favorendo l’ottenimento di compresse con un peso uniforme. Alcuni esempi sono:

talco, silice colloidale, amido di riso.

I disgreganti sono eccipienti aggiunti ad una compressa allo scopo di determinare la disaggregazione in seguito al contatto con l’acqua. In generale, sono sostanze poco solubili che rigonfiano a contatto con l’acqua;

la pressione esercitata in seguito al rigonfiamento determina la rottura della compressa. Il più usato è l’amido ma si ricordano anche i suoi derivati, la gomme, la cellulosa microcristallina, gli alginati.

Nella produzione delle compresse sono poi aggiunti i coloranti, per motivi soprattutto estetici e gli agenti aromatizzanti, per mascherare quei principi attivi con sapori sgradevoli.

3.2. Meccanismi di rilascio del principio attivo dalle matrici polimeriche idrofile (compresse)

Il rilascio del farmaco dalle forme farmaceutiche da assumere per via orale avviene utilizzando diversi meccanismi:

(16)

15

diffusione;

dissoluzione;

erosione;

osmosi;

scambio ionico.

Le forme farmaceutiche controllate dalla velocità di diffusione sono riconducibili a due tipi: i sistemi a riserva e quelli a matrice.

I sistemi a riserva sono costituiti da un nucleo di farmaco circondato da una membrana polimerica solo parzialmente solubile. Man mano che si dissolve l'involucro, si creano pori da cui il farmaco può diffondere.

Nei sistemi a matrice il farmaco è disperso in modo omogeneo in una matrice di natura polimerica; non vi è una membrana.

I sistemi matrice sono suddivisi a loro volta, in due categorie: i sistemi idrofobi e i sistemi idrofili. Nei primi sono usati polimeri insolubili in acqua tra cui cere, acidi grassi, etilcellulosa e copolimeri dell’acido metacrilico. In questo tipo di sistemi potrebbe essere necessario per il rilascio del farmaco incorporare nella formulazione sostanze solubili come il lattosio.

Nel secondo tipo di sistemi le sostanze responsabili del rilascio controllato sono polimeri che rigonfiano a contatto con soluzioni acquose formando uno strato di gel sulla superficie del sistema.

Il polimero idrofilo più comunemente utilizzato è l’idrossipropilmetilcellulosa (HPMC); altri polimeri ad alto peso molecolare sono: l’idrossipropilcellulosa (HPC), l’idrossietilcellulosa (HEC), la gomma xantana, l’ alginato di sodio.

A contatto con l'ambiente acquoso, la parte esterna (interfaccia) di questi sistemi inizia ad idratarsi per consentire al principio attivo di diffondere.

Nella matrice si crea uno strato adiacente all’interfaccia completamente svuotato di farmaco, il cui spessore aumenta nel tempo. Quando lo spessore

(17)

16 dello strato privo di farmaco aumenta fino a diventare molto maggiore della distanza interparticellare, si crea una separazione netta tra la zona svuotata e la zona ancora contenente particelle; questa superficie di separazione è detta fronte del solido.

Ĕ la diffusione attraverso questo strato a controllare il rilascio del farmaco dalla matrice (Fig. 3).

Figura 3. Diffusione farmaco dalla matrice

Con la stessa tecnica di preparazione è possibile preparare le matrici controllate dalla velocità di dissoluzione; queste si differenziano per l’

impiego di polimeri che si solubilizzano velocemente nel mezzo di dissoluzione. Nel caso specifico di compresse preparate per compressione di granuli rivestiti, la velocità di dissoluzione è funzione dello spessore del rivestimento, che può variare da 1 a 200 μm. Quando nella stessa formulazione (compresse o capsule) sono utilizzati granuli con rivestimenti di spessore diverso, il farmaco verrà ceduto in più intervalli (un tempo predefinito per ogni spessore di rivestimento) realizzando quello che viene indicato come rilascio ripetuto [3].

I sistemi erodibili sono costituiti da una particolare formulazione del farmaco in una matrice che consente ai solventi di estrarre all'esterno il

(18)

17 principio attivo. In questi sistemi il farmaco è rilasciato in seguito ad erosione del polimero; ciò si verifica quando il farmaco è immobilizzato in matrice, cioè quando il polimero è vetroso o cristallino, o quando il farmaco è macromolecolare e non può diffondere nel polimero. Quindi ovviamente il modello rimane controllato dall’erosione, se questa è assai più rapida della diffusione.

I sistemi controllati dalla pressione osmotica hanno l'aspetto di una compressa ed è la pressione osmotica ad agire da forza motrice per l’

ottenimento di un rilascio del farmaco a velocità costante e controllata.

Sono costituiti da un nucleo di farmaco osmoticamente attivo, racchiuso in una membrana semipermeabile rigida con un piccolo orifizio.

In ambiente acquoso, la differenza di concentrazione fra interno ed esterno determina un flusso d'acqua verso l'interno che scioglie il farmaco che viene reso disponibile fuoriuscendo dall'orifizio.

Infine, i farmaci a carattere anionico o cationico possono essere legati a resine ed essere da qui rilasciati con un meccanismo di scambio ionico: il complesso farmaco-resina è in grado di cedere il principio attivo grazie allo spostamento dalla resina a opera degli ioni del tubo digerente.

Dal punto di vista strutturale le matrici a rilascio controllato per applicazione orale (compresse) in seguito a idratazione danno origine a IDROGELI, definiti come strutture tridimensionali idrofile capaci di assorbire ingenti quantità di acqua o di fluidi biologici. Gli idrogeli sono classificati in due categorie a seconda del tipo di legami tra le macromolecole che formano il reticolo; tale legame può essere infatti di tipo chimico o di tipo fisico.

Tra i polimeri sintetici in grado di formare idrogeli si ricorda:

 polivinilacetato (PVAc);

 polietilenossido (PEO);

(19)

18

 polivinilalcol (PVA);

 idrossipropilmetilcellulosa (HPMC);

 poliidrossietilmetacrilato (PHEMA).

Tra i polimeri naturali ci sono invece:

 gomma guar;

 carragenina.

3.3. Aspetti cinetici coinvolti nel rilascio di farmaci da matrici polimeriche (compresse)

Il meccanismo di rilascio di farmaci dalle matrici solide (compresse) risulta spesso più complesso rispetto a quello coinvolto nel rilascio di semplici polveri [5].

Essenzialmente è possibile definire diversi tipi di sistemi a matrice dove il rilascio del farmaco viene espresso usando differenti modelli matematici. I sistemi a matrice possono essere con superficie erodibile, o non erodibili e sistemi la cui matrice prodotta con polimeri idrofili, è solubile.

Per quest’ultimo tipo di sistemi, i polimeri idrofili sono mescolati con i farmaci ed altri eccipienti e sottoposti a compressione per la preparazione delle compresse.

A contatto con le soluzioni acquose, l’acqua penetrerà dentro la matrice e il polimero idratato passerà così da uno stato vetroso ad uno stato gommoso.

Lo strato idratato rigonfiando formerà un gel ed il farmaco si dissolverà e diffonderà attraverso la matrice. Allo stesso tempo anche la matrice polimerica potrà subire un processo di dissoluzione favorito dall’allungamento e delineamento delle catene polimeriche fino all’erosione del polimero sulla superficie.

(20)

19 Figura 4. Schema della matrice polimerica idrofila rigonfiata

In questi sistemi durante la dissoluzione si distinguono tre fronti (Fig. 4):

 il fronte di erosione tra il mezzo di dissoluzione e la superficie di erosione (sink);

 il fronte di diffusione tra la parte di farmaco dissolto e quella non dissolta nello strato di gel;

 il fronte di rigonfiamento tra lo strato di polimero idratato e quello allo stato secco.

L’erosione avviene all’interfaccia tra idrogel rigonfiato e sink (Fig. 5).

Figura 5. Schematizzazione dell’erosione all’interfaccia tra idrogel e sink

(21)

20 Una volta iniziata l’erosione, i due fronti si muovono nella stessa direzione;

si arriva ad un certo punto in cui la velocità del fronte anidro-rigonfiato è uguale a quella del fronte rigonfiato-sink. Quindi i due fronti si spostano in sincronia (Fig. 6): il suo spessore (δ) rimane allora costante nel tempo e la velocità di diffusione sarà anch’essa costante.

Figura 6. Schematizzazione della sincronia fra fronte idrogel rigonfiato- sink

Nella fase di sincronizzazione dei due fronti il rilascio è controllato dall’erosione; la velocità dei due fronti è controllata dal fronte che si erode.

Tra 0 e t’ si ha rilascio a velocità decrescente (δ aumenta); da t’ in poi si ha un andamento lineare e la velocità di rilascio è costante perché i due fronti sono sincronizzati e δ è costante (Fig. 7).

Figura 7. Grafico della massa rilasciata dall’idrogel nel tempo

(22)

21 Harland e coll (1988) svilupparono un modello per il rilascio di farmaco basato sull’equilibrio tra il solvente e il farmaco stesso nel fronte di rigonfiamento e quello di erosione [6]. Il profilo di rilascio venne calcolato mediante la combinazione del meccanismo Fickiano e quello con una cinetica di rilascio di ordine zero secondo equazione:

M

t

M

 A t  Bt

dove Mt e M sono le quantità di farmaco rilasciato nel tempo t e all’infinito, sia A che B sono costanti che sono in funzione delle proprietà dei polimeri, farmaci e solventi [5].

Il modello suggerisce che nella fase iniziale di dissoluzione il rilascio del farmaco è limitato dalla sua diffusione attraverso lo strato di gel e il profilo di rilascio è di tipo Fickiano. Nella fase più avanzata di dissoluzione, quando il fronte di erosione è predominante, la dissoluzione (o erosione) della matrice polimerica controlla il profilo di rilascio, in questo caso si avvicina ad una cinetica di ordine zero, questo avviene in particolar modo quando i movimenti di erosione e di rigonfiamento sono sincronizzati.

In generale, il profilo di rilascio da sistemi matrice con polimeri solubili in acqua è spesso modulato dall’equazione esponenziale empirica Korsmeyer- Peppas:

Q  kt

n

dove Q è la frazione di farmaco rilasciata nel tempo t, n è l’esponente di diffusione e k è una costante cinetica, entrambe sono caratteristiche del sistema matrice-solvente; in particolare n da informazione sulla cinetica di rilascio, se n=0.5 indica un rilascio di tipo diffusivo (Fickiano), mentre per

(23)

22 n=1 la cinetica di rilascio è di ordine zero. Un rilascio “anomalo” del farmaco di tipo non Fickiano è caratterizzato da valori 0.5<n<1 (Fig. 8).

Figura 8. Schema dei tre profili di rilascio del farmaco da matrici idrofile

(24)

23

4. METFORMINA CLORIDRATO NEL DIABETE

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta ad un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.

Esistono principalmente due tipi di diabete:

DIABETE TIPO 1. Riguarda il 10% circa delle persone con diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’ adolescenza. Il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule β che producono questo ormone: è necessario quindi che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita.

La causa è ancora ignota e questo tipo di diabete viene classificato nelle malattie cosiddette “autoimmuni” cioè dovute ad una reazione immunitaria diretta contro l’organismo stesso.

DIABETE TIPO 2. Forma più comune di diabete, rappresenta circa il 90%

dei casi di questa malattia. In questo caso il pancreas è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi ad utilizzarla. Si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi possono essere i fattori di rischio:

familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie.

I farmaci antidiabetici orali in questo tipo risultano attivi, essendo necessaria per la loro azione la presenza di insulina nell’organismo. Invece nell’altro tipo di diabete sono per questo inefficaci.

Esiste un terzo tipo di diabete definito gestazionale in cui si ha un elevato livello di glucosio circolante per la prima volta in gravidanza.

(25)

24 I farmaci per il diabete di TIPO 2 sono raggruppati sotto il nome di

“ipoglicemizzanti orali” e si suddividono principalmente in sulfaniluree e biguanidi.

Figura 9. Struttura della metformina cloridrato

La metformina (Fig. 9) fa parte di quest ultimo gruppo e in particolare viene prescritta nei pazienti in sovrappeso, quando il regime alimentare e l’esercizio fisico da soli non bastano ad un controllo adeguato della glicemia. Essa riduce la glicemia basale o postprandiale, non stimola la secrezione di insulina e quindi non causa ipoglicemia.

Il meccanismo d’azione non è chiaro, ma probabilmente il farmaco induce un ritardo nell’assorbimento del glucosio dal tratto gastrointestinale, un aumento della sensibilità dei recettori all’insulina, una inibizione della gluconeogenesi epatica e un aumento dell’uptake del glucosio a livello muscolare.

Dopo somministrazione orale la biodisponibilità è circa 50-60%. Il legame alle proteine plasmatiche è trascurabile e la sua emivita è di circa 3ore.

L’eliminazione avviene attraverso le urine (50%), per filtrazione glomerulare e secrezione tubulare e nelle feci (30%).

Gli effetti indesiderati sono:

 i sintomi gastrointestinali come nausea, diarrea, vomito, dolori addominali e perdita dell’appetito sono molto comuni ;

 un sapore metallico in bocca;

(26)

25

 un leggero eritema, ma l’incidenza di quest’ effetto è rarissima;

 una diminuzione dell’assorbimento della vitamina B12, con incidenza rarissima;

 l’acidosi lattica è molto rara; può insorgere in seguito ad un accumulo di metformina in pazienti con insufficienza renale grave.

Il dosaggio della metformina varia da 0.5 a 2.55g al giorno, con la raccomandazione di utilizzare la più bassa dose efficace. L’ inizio del trattamento è previsto con una singola compressa da 500 mg, alla prima colazione, per diversi giorni. Se il farmaco è ben tollerato senza disturbi gastrointestinali e se l’iperglicemia persiste, si aggiunge una seconda compressa da 500 mg a cena. Se si richiedono ulteriori aumenti del dosaggio è possibile aggiungere un’altra compressa a pranzo; esistono compresse anche da 850 mg, l’importante è non superare la dose massima consentita.

Va sempre somministrata in più dosi durante la giornata, perché l’assunzione di più di 850 mg in una singola somministrazione, provoca notevoli disturbi gastrointestinali.

Dal punto di vista chimico, la metformina cloridrato presenta le proprietà di una base forte ed è protonata al pH fisiologico. Tale forma ionizzata ha la tendenza di essere adsorbita dall’epitelio intestinale carico negativamente.

Questo fa si che il modello di assorbimento del farmaco sia variabile. Una formulazione orale convenzionale rilascia la maggior parte del farmaco a livello del colon e sarebbe quindi opportuno che la metformina venisse ben assorbita in questo tratto. Tuttavia, studi dimostrano che nei soggetti sani si verifica scarso assorbimento a questo livello.

In casi come questo, numerosi vantaggi clinici potrebbero essere ottenuti mediante l’impiego di una forma gastroretentiva a rilascio controllato di metformina cloridrato [7] che rilascia dosi costanti di farmaco nel sito di

(27)

26 assorbimento e permette l’assorbimento del principio attivo nel primo tratto intestinale anziché a livello del colon.

Si potrebbe così ottenere una maggiore compliance del paziente che dal dover assumere 2-3 volte al giorno: il farmaco si troverebbe una dose unica giornaliera.

Inoltre, gli effetti collaterali a livello gastrico sarebbero minori, in quanto la metformina arriverebbe a questi siti più gradualmente. Questo miglioramento sarebbe molto importante dato che il 30% dei pazienti soffre di questi disturbi.

Infine, una forma gastroretentiva migliorerebbe i problemi di assorbimento:

esso avverrebbe principalmente nel primo tratto dell’intestino, differentemente da quanto detto prima sulle forme convenzionali dove avveniva maggiormente nel colon, dove è scarsamente assorbita.

Si porrebbe rimedio anche alla meccanismo di saturazione dell’

assorbimento, quindi alla perdita di parte di farmaco con le feci.

(28)

27

5. POLIMERI NATURALI E SINTETICI QUALI ECCIPIENTI PER LA PREPARAZIONE DI MATRICI IDROFILE (COMPRESSE) A CESSIONE PROLUNGATA DI FARMACO

I polimeri sono macromolecole usate oggi per la preparazione di molte FF e per lo sviluppo di sistemi per il rilascio modificato di farmaci. Il principio attivo viene incorporato all’interno della matrice polimerica in forma molecolare o in forma dispersa e rilasciato dalla matrice stessa attraverso vari processi. Esistono vari tipi di polimeri, alcuni di origine naturale, altri di origine sintetica.

5.1. Polimeri naturali

Lo PSILLIO è ottenuto dai semi essiccati di una pianta, la Plantago Psyllium (Fig. 10), appartenente alla famiglia delle Plantaginaceae. Questa pianta erbacea annuale è originaria del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente, soprattutto da terreni semisabbiosi.

Figura 10. Immagine della Plantago Psyllium L.

(29)

28 Plantago: dal latino planta= pianta (dei piedi), perché le foglie hanno in qualche specie la forma della pianta dei piedi.

Psyllium: dal greco psyllion, da psylla= pulce, perché i semi somigliano a delle pulci.

La polvere micronizzata è l’ingrediente per uso farmaceutico dello Psillio.

La parte farmacognosticamente importante è il seme essiccato.

L’epidermide dei semi essiccati costituenti la droga contiene il 10-15% di una mucillagine polisaccaridica, i cui monomeri sono gli zuccheri xilosio, arabinosio e ramnosio, oltre l’acido galatturonico [8]. I semi contengono anche il 15-20% di proteine, il 5-13% di un olio fisso, il polisaccaride planteosio e piccole quantità di fitosteroli, triterpeni, il glucoside iridoide, aucubina ed alcuni alcaloidi (plantagonina, indicaina, indicamina).

La dispersione in acqua porta alla formazione di un gel formato da questi polisaccaridi.

Il più noto effetto dello Psillio è quello lassativo dovuto alla sua capacità di richiamare liquidi nel lume intestinale, gonfiandosi, aumentando il contenuto dell’intestino e stimolando di conseguenza la peristalsi e l’evacuazione.

Questo effetto, chiamato “bulk forming“, è tipico dei lassativi che aumentano ed ammorbidiscono la massa fecale (detti “meccanici“), particolarmente apprezzati per la loro sicurezza ed efficacia.

La capacità dello Psillio di richiamare liquidi nel lume intestinale e gonfiarsi, è utile non solo in caso di stitichezza, ma anche in presenza di diarrea. In quest’ ultimo caso agisce assorbendo l’eccesso di liquidi ed aumentando la consistenza del bolo fecale.

Uno studio sul ratto ha mostrato anche un’azione antiflogistica a livello della mucosa intestinale in un modello sperimentale di colite,

(30)

29 probabilmente dovuta ad un aumento della produzione di acidi grassi a catena corta da parte dei batteri intestinali.

I ratti di questo studio erano alimentati con una dieta contenente il 5% in peso di polvere di Psillio per 3 mesi, con valutazione istologica della mucosa intestinale e dei livelli di acidi grassi liberi prodotti nel colon all’inizio e al termine della sperimentazione.

Si è notato che la polvere di Psillio riduceva in modo evidente la flogosi intestinale: si osservava un netto calo dei markers di infiammazione a questo livello quali ossido di azoto, leucotriene B4 e TNF (fattore di necrosi tumorale) alfa.

Oltre a questi effetti sulla mucosa intestinale, lo Psillio sembra avere un’azione sul colesterolo: queste mucillagini contribuiscono a ridurre l’assorbimento intestinale dei grassi, con diminuzione del colesterolo totale ma senza modificazioni apprezzabili del colesterolo HDL e dei trigliceridi.

Un’ altra azione è quella sulla glicemia in quanto lo Psillio può ridurre l’assorbimento intestinale degli zuccheri, con diminuzione del picco glicemico dopo il pasto e con potenziamento dell’efficacia dei farmaci ipoglicemizzanti.

Importante è sottolineare che non sono stati osservati effetti collaterali rilevanti.

Lo Psillio è controindicato in pazienti affetti da stenosi pilorica e da occlusione o subocclusione intestinale; va somministrato con cautela in pazienti portatori di megacolon o di megadolicocolon.

Può essere somministrato in gravidanza, durante l’allattamento e nel bambino [8].

La gomma di KONJAC o farina di KONJAC è un idrocolloide naturale estratto dai tuberi della pianta Amorphophallus konjac Koch. (Fig. 11), della famiglia delle Araceae.

(31)

30 Figura 11. Immagine della Amorphophallus Konjac

Questa gomma viene usata da oltre 2500 anni in Cina e da 1500 anni in Giappone sia negli alimenti che nella medicina, principalmente per la sua capacità rigonfiante e gelificante. Essa possiede un odore preciso e caratteristico e produce soluzioni opalescenti.

La gomma di Konjac è dispersibile in acqua fredda e forma soluzioni ad alta viscosità, è una pianta tuberosa tipica dei paesi orientali dalla quale si estrae il glucomannano. Oltre ad esso il tubero di Konjac contiene cellulosa, lignina e altre fibre.

Il glucomannano è un polisaccaride costituito da catene di glucosio e mannosio legati in posizione β-1,4. A contatto con l’acqua si rigonfia senza scindersi in zuccheri semplici e aumenta il suo volume fino a costruire una massa gelatinosa.

La CARRAGENINA è un composto gelatinoso ottenuto dalla lavorazione del tallo di diverse alghe rosse o Rodoficee, come il Carragheen (Fig. 12), (chondrus crispus e gigartina mamitiosa, noto anche come Musco d’Irlanda o Fuco crispo), da cui prende il nome.

(32)

31 Figura 12. Foto Carragheen

Tale prodotto trova un vastissimo impiego in campo alimentare, medicinale ed industriale; si gonfia in acqua fredda e si scioglie completamente in quella calda (circa 50°C), dando per raffreddamento una massa gelatinosa, trasparente, consistente e priva di sapori od odori particolari.

La carragenina è largamente utilizzata nell’industria agro-alimentare (E407) come addensante, stabilizzante, gelificante ed emulsionante; viene pertanto addizionata a confetture, gelatine, carni in scatola e gelati. Trova spazio come coadiuvante di regimi alimentari restrittivi (aumenta senso di sazietà) e per il trattamento sintomatico della stitichezza (è un lassativo di massa che aumenta il volume della massa fecale).

La carragenina è molto utilizzata come eccipiente inattivo in tecnica farmaceutica per la preparazione di paste, gel ed emulsioni, ed in quella cosmetica dove rientra nella composizione di dentifrici, fissatori per capelli e shampoo.

Più che di carragenina, sarebbe più corretto parlare di carragenani, dal momento che esistono diversi composti con proprietà simili, ma con caratteristiche diverse in base a dove vengono estratti e dal processo di lavorazione; dal punto di vista chimico sono dei galattani cioè polimeri del D-galattosio.

Questo polimero è considerato un additivo sicuro, anche se alcuni suoi derivati a basso peso molecolare che si formano in condizioni di alte

(33)

32 temperature e acidità, possono causare ulcerazioni, infiammazioni e tumori del tratto gastrointestinale.

Il CHITOSANO è un polimero della D-glucosammina, ottenuto per deacetilazione alcalina della chitina (polisaccaride naturale, insolubile in acqua) (Fig. 13); viene facilmente e velocemente solubilizzato da una soluzione acida per effetto della salificazione dei gruppi funzionali.

Figura 13. Struttura del chitosano

Ha trovato un ampio impiego nella formulazione di prodotti per uso oftalmico, nasale, orale e, in generale, a rilascio modificato, grazie alle sue caratteristiche di muco adesività e di rilascio dei farmaci.

Il chitosano vanta di numerose proprietà tra cui la capacità di ridurre il livello di colesterolo e della glicemia: secondo esperimenti in vitro, il chitosano solubile, inizialmente emulsiona i grassi alimentari nello stomaco in quanto gelifica in ambiente acido ed intrappola i grassi emulsionati, questi ultimi possono così essere espulsi invece di essere idrolizzati e assorbiti. In realtà, il chitosano non provoca una riduzione quantitativa dell’assorbimento dei grassi, ma soltanto un rallentamento temporale dell’assorbimento.

(34)

33 Non può essere assunto da soggetti con particolari allergie alimentari o nel periodo della gravidanza e dell’allattamento; è un agente chelante per i metalli ed è in studio per le sue proprietà assorbenti per la cura di malattie:

il chitosano contenente l’antibiotico o il farmaco specifico per il trattamento viene fatto aderire ai tessuti interessati; in questo modo il farmaco agisce solo nel punto desiderato, con una maggiore efficienza e riducendo la quantità di farmaco utilizzata e il numero delle applicazioni.

5.2. Polimeri sintetici

L’ IDROSSIPROPILMETILCELLULOSA (HPMC) è una cellulosa che ha due sostituenti, un metile e un idrossipropile (Fig. 14). Si ottiene facendo reagire la cellulosa con cloruro di metile e ossido di propilene.

Appartiene alla classe degli idrogeli neutri solubili (erodibili); questi idrogeli, una volta rigonfiati, si erodono in superficie.

Le matrici a base di questo eccipiente sono studiate da anni e quindi ben conosciute per il rilascio prolungato e controllato per la via orale [9].

L’HPMC è usata anche come agente viscosizzante, come stabilizzante di emulsioni e sospensioni e come filmogena nel rivestimento di compresse.

Figura 14. Struttura dell’HPMC

(35)

34

Parte sperimentale

(36)

35

1. SCOPO DELLA TESI

Il presente lavoro di tesi nasce con l’ obiettivo di valorizzare l’uso di una frazione purificata di Psillio come composto innovativo in grado di controllare il rilascio di metformina cloridrato da una forma farmaceutica (FF) per uso orale.

Per ottenere il rilascio prolungato di farmaco è stata ipotizzata la messa a punto di una matrice solida gastroretentiva a bassa densità, contenente un polimero rigonfiabile e bicarbonato di sodio. Il sale, reagendo con l’ambiente acido dello stomaco, doveva essere in grado di sviluppare anidride carbonica che favoriva il galleggiamento della FF mentre contemporaneamente il principio attivo veniva reso disponibile in soluzione.

Il lavoro di tesi si è quindi sviluppato nelle seguenti fasi:

 messa a punto della metodica analitica per l’analisi spettrofotometrica quantitativa della metformina cloridrato contenuta nelle matrici sperimentali;

 preparazione di matrici (compresse) sperimentali per il rilascio prolungato di metformina e a base di polimeri naturali (Psillio purificato) e sintetici (riferimento);

 valutazione delle caratteristiche tecnologiche delle compresse a base di Psillio e dei polimeri di riferimento mediante prove di galleggiamento, prove di rigonfiamento e di dissoluzione;

 confronto tra cinetica di rilascio della metformina dalle matrici sperimentali a base di Psillio e quella ottenuta da matrici preparate con altri polimeri di riferimento.

(37)

36

2. MATERIALI

Sono stati utilizzati i seguenti materiali:

 Metformina cloridrato (donata da Abiogen Pharma)

 Psillio polvere cuticola (Polichimica s.r.l.)

 Idrossipropilmetilcellulosa (Methocel Kam Premium USP/EP, Colorcon)

 Gomma di Konjac (Vidogum KJ II, General Traiding & Consulting s.r.l.)

 Carragenina (Viscarin PC 389, Biochim)

 Chitosano (Acef)

 Maltodestrine (Polichimica s.r.l.)

 Sodio bicarbonato (Carlo Erba)

 Polivinilpirrolidone (Kollidon® 90F, BASF)

 Sodio stearato (Polichimica s.r.l)

 Sodio fosfato bibasico anidro (Carlo Erba)

 Tutti i solventi e i sali utilizzati erano di grado analitico.

2.1. Cenni sulla Metformina Cloridrato

Il meccanismo d’azione di questo farmaco non è ancora chiarito ma non sembra dipendere dalla presenza di cellule β nel pancreas poiché non sembra in grado di stimolare la produzione di insulina.

La metformina viene assunta per bocca e viene assorbita a livello intestinale e nel plasma circola in forma libera. La sua emivita è di circa 1,5-3 ore.

(38)

37

Struttura della metformina cloridrato

Le sue caratteristiche chimiche, fisiche e organolettiche possono essere riassunte come segue:

 nome Iupac: N,N-dimetilbiguanide cloridrato;

 peso molecolare: 165.63 u.m.a.;

 solubile in H2O;

 insolubile in cloroformio, acetone, etere;

 punto fusione: 225 °C

 presenta due costanti di dissociazione pK1 =2.8 e pK2 =11.5;

 è una polvere bianca, igroscopica e cristallina, la quale non ha odore, ma ha un sapore molto sgradevole, amaro; deve essere conservata in recipienti ben chiusi.

2.2. Cenni sugli eccipienti utilizzati

Per la preparazione delle matrici solide (compresse) si è reso necessario aggiungere, oltre all’eccipiente “funzionale” ed in grado di favorire il galleggiamento delle stesse, una serie di eccipienti tradizionali che per le loro caratteristiche rendevano possibile la fabbricazione della forma farmaceutica. Tra gli eccipienti utilizzati si ricorda il polivinilpirrolidone (PVP), polimero idrosolubile, solubile anche in alcool ed altri solventi

(39)

38 polari, che è stato usato come legante; ha numerose applicazioni anche in ambito medico, cosmetico, industriale e come additivo alimentare (stabilizzante E1201).

Le maltodestrine che sono usate come diluenti; sono carboidrati idrosolubili ottenuti principalmente dalla scomposizione dell’amido di mais o patate. La maltodestrina può essere un ottimo sostituto del destrosio. In generale sono molto utilizzate in ambito sportivo in quanto risultano più assimilabili e digeribili durante l’attività fisica liberando gradualmente il glucosio stesso garantendo così un rifornimento di energia prolungato nel tempo.

Lo stearato di sodio è stato usato come glidante ed è il sale di sodio dell’acido stearico; è poco solubile in acqua fredda, ma lo è in quella calda e si presenta come solido bianco amorfo. Può essere il componente principale nella fabbricazione di alcuni tipi di saponi e deodoranti solidi, rientra anche nella composizione di unguenti e supposte e in cosmetica come umidificante, addensante ed emulsionante di creme.

(40)

39

3. METODICA ANALITICA PER L’ANALISI QUANTITATIVA DELLA METFORMINA

La metformina cloridrato ha la struttura di un biguanide; il cromoforo capace di assorbire nell’ultravioletto è il doppio legame sull’azoto.

La procedura analitica prevedeva di eseguire l’analisi a pH neutro. Infatti, a pH acido l’azoto viene protonato producendo l’eliminazione della struttura del doppio legame e quindi dell’ assorbimento nella regione dell’ultravioletto.

L’analisi è stata eseguita mediante spettrofotometro Shimadzu UV-2101 PC, la lunghezza d’onda utilizzata per l’analisi quantitativa era di 233 nm.

Poiché il campione da analizzare come descritto dalla FU per le prove di simulazione del rilascio in ambiente gastrico, era costituito da HCl 0.1M, si è resa necessaria la sua neutralizzazione mediante aggiunta di un’opportuna quantità di sodio fosfato bibasico anidro (quantitativo finale:

6.5 % p/p).

L’analisi quantitativa veniva eseguita per confronto con una retta di taratura esterna. Tale retta veniva ottenuta preparando due soluzioni madre della sostanza in esame che nel nostro caso era la metformina; le madri vengono preparate in matracci da 10.0 ml portando a volume con HCl 0.1M. Alla soluzione acida veniva successivamente aggiunto sodio fosfato bibasico anidro in una quantità pari a 0.558 g tale da neutralizzare i 10 ml di HCl.

Dalle due soluzioni madre venivano prelevate alcune aliquote preparando così soluzioni a titolo noto; le diluizioni erano comprese nell’intervallo 1:25 e 1:50. Dalla lettura spettrofotometrica ricavava l’assorbanza (ABS) in modo tale da ottenere la concentrazione dei campioni incogniti [10].

(41)

40 Soluzione Madre A: concentrazione 0.285 mg/ml

Soluzione Madre B: concentrazione 0.476 mg/ml Diluizione 1:25; 1:50

R2= 0,9936

Dati sperimentali utilizzati per la retta di taratura

Conc (mg/100ml) ABS

0.0512 0.035 0.0307 0.016 0.114 0.088 0.136 0.097 0.171 0.137 0.194 0.148 0.0952 0.067

0.114 0.081 0.1523 0.112 0.1904 0.147 0.228 0.164 0.223 0.171 0.268 0.209

(42)

41

4. PURIFICAZIONE DELLO PSILLIO

Per purificare lo Psillio polvere cuticola commerciale, una sua soluzione acquosa all’0.25% p/p, ottenuta per idratazione a temperatura ambiente agitando con un ancoretta magnetica per 24 h è stata sottoposta a centrifugazione per 15 minuti a 4000 rpm (centrifuga PK120, Cool Working System-CWS-ALC) ottenendo tre frazioni: un precipitato marrone scuro, una porzione gelatinosa ed un surnatante prevalentemente acquoso. Il precipitato veniva scartato e le altre due frazioni sottoposte a liofilizzazione e quindi macinate (Schnell-Gefrieraufsatz, Normal-Betried) per ottenere una polvere di Psillio purificata.

La procedura di purificazione era stata eseguita in precedenza nel laboratorio di tecnologia su altri polimeri di origine naturale e in via preliminare sullo stesso psillio.

4.1. Processo di liofilizzazione

La liofilizzazione veniva effettuata con un apparecchio VirTis AdVantage 2.0, munito di software di comando Wizard 2.0 eseguendo il seguente ciclo:

 il congelamento era effettuato ad una temperatura di -35° C mantenuti per 180min, ad una pressione di 400 mtorr.

 l’essiccamento primario avveniva in diversi step:

 STEP 1: temperatura = -35°C per 240 min, pressione = 200 mtorr;

 STEP 2: temperatura = -25°C per 360 min, pressione = 150 mtorr;

 STEP 3: temperatura = 10°C per 300 min, pressione = 100 mtorr;

 STEP 4: temperatura = 25°C per 120 min, pressione = 100 mtorr.

 l’ essiccamento secondario avveniva alla temperatura di 27°C per 180 min, pressione = 100 mtorr.

(43)

42

5. VALUTAZIONE DELLE FORMULAZIONI ALLO STUDIO

5.1. Preparazione delle compresse

Le compresse sono state preparate per compressione diretta in una matrice del diametro di 13.0 mm, alla forza di compressione di 1000 kg ed utilizzando una pressa idraulica (Evacuable Pellet Die 5100-1144, Perkin Elmer, Fig 14) di una quantità esattamente pesata di miscela di polveri contenenti una percentuale variabile dei polimeri allo studio.

Figura 14. Pressa idraulica Evacuable Pellet Die 5100-1144

Le polveri venivano preventivamente mescolate nel mortaio fino ad ottenere una miscela omogenea.

Tutte le matrici riportate in Tabella 2 (FORMULAZIONE A) ed in Tabella 3 (FORMULAZIONE B) contenevano il 50% p/p di farmaco, il 5% p/p di bicarbonato di sodio ed avevano un rapporto tra polimero in grado di controllare la velocità di rilascio (Eudragit) e quello che determinava il rigonfiamento, corrispondente a 1.2 e 9.0 rispettivamente.

(44)

43 Tutte le compresse riportate nelle Tabelle 2 e 3 avevano spessore di 0.70 mm.

Nella Tabella 4 è stata riportata la composizione percentuale delle compresse (FORMULAZIONE C) preparate con una miscela di polveri, in cui il componente polimerico in grado di controllare la velocità di rilascio del principio attivo (Eudragit) non era stato aggiunto.

Nelle matrici riportate in Tabella 4 l’Eudragit è stato completamente sostituito con un eccipiente idrofilo (40% p/p di maltodestrine), è stata ridotta la quantità di farmaco, dal 50% al 20% p/p, ed una parte del legante (PVP) è stato sostituito con il lubrificante (PVP 3% p/p e stearato di sodio 2% p/p). Il polimero in grado di controllare il rigonfiamento della matrice solida era per FORMULAZIONE C del 30% p/p, mentre la quantità di bicarbonato di sodio, necessario per produrre l’effervescenza per contatto con l’ambiente acido veniva mantenuto al 5 % p/p.

Le compresse venivano prodotte con la metodica precedentemente descritta in una matrice da (FORMULAZIONE C) 13.0 mm ed utilizzando una forza di compressione di 1000 kg. Il loro spessore era di 0.70 mm (0.7C/PS, 0.7C /KJ, 0.7C /HPMC), oppure 0.35 mm (0.35C/PS, 0.35/KJ, 0.35/HPMC), oppure 0.17 mm (0.17C/PS, 0.17C /KJ, 0.17C /HPMC) in considerazione delle diverse quantità di polvere posta nelle matrici rispettivamente di 1.0 g, 0.50 g, 0.25 g.

(45)

44

5.2. Studio di idratazione (swelling)

Per lo studio di idratazione, le compresse esattamente pesate venivano poste all’interno di cestelli di acciaio ed immerse completamente in HCl 0.1 M per riprodurre le condizioni presenti a livello gastrico. Il cestello utilizzato è quello descritto in FU per il saggio di dissoluzione degli ovuli e supposte (Fig. 15).

Figura 15. Compressa con relativo cestello utilizzato per le prove di swelling

Ad intervalli di tempo regolari fino ad un massimo di 24 ore dopo immersione in soluzione acida, le compresse venivano prelevate dal mezzo, asciugate gentilmente con carta da filtro per eliminare l’acqua presente sulla superficie e pesate. Quindi veniva calcolato l’incremento percentuale in peso rispetto al peso iniziale secco mediante la seguente formula:

SI% (t) = (Pt – Pi / Pi) * 100

Pt = peso della compressa idratata ad un certo tempo t, Pi = peso secco iniziale della compressa.

Successivamente, i dati di incremento percentuale del peso delle compresse (SI %) sono stati posti in grafico rispetto al tempo.

Riferimenti

Documenti correlati

monocyte adsorptive apheresis as a first line treatment for steroid naïve patients with active ulcerative colitis: a prospective uncontrolled study..

una parte spesso preponderante del costo computazionale di un metodo iterativo (si veda la formulazione che coinvolge il vettore residuo) `e costituita dal calcolo dei prodotti Ax k

Come riportato da Dei Ottati, vi sono alcune tendenze evo- lutive riconoscibili nelle imprese cinesi di Prato: diversificazione delle attività (dalla produzione di

Nell'attuale società dell'informazione le necessità di formazione della popolazione adulta si esten- dono durante tutto il corso della vita. Questa affermazione non fa parte di

Si trovi una base ortonormale di W rispetto al prodotto

F Dire quali dei seguenti sottoinsiemi sono sotto-spazi vettoriali e in caso positivo determinarne una

Abbiamo poi osservato che, bench´ e la regola di Laplace ed il metodo di Cramer siano facilmente implementabili sul calcolatore, le relative complessit` a computazionali (numero

Sappiamo che un sistema lineare ` e univocamente determinato dalla sua matrice completa. Le equazioni corrispondono alle righe, dunque le operazioni elementari sui sistemi