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ARALDI METROPOLITANI

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Academic year: 2021

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(1)

ARALDI METROPOLITANI

Relatore

Davide Fabio Colaci

Studenti

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(3)

“Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere. (Quando con-tano, naturalmente.) Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all’altra. Mi chieda pure quello che vuol sapere, e Glielo dirò. Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura.”*

*Italo Calvino in un’intervista rilasciata a Germana Pescio il 9 giugni 1964.

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4

(5)

INDICE

Presentazione del progetto Abstract 15 17 25 33 35 38 43 45 59 73 81 89 101 117 9 Personaggi Muller

Ipotesi: spazi della mente Tema: La scelta di Calvino

Approccio

Racconto metropolitano Una biografia: gli araldi metropolitani

Postulato: l’immedesimazione nei propri personaggi Gurdulù Tomagra Marco Qfwfq Cosimo Palomar

(6)

6 ARALDI_METROPOLITANI Appendice II: Appendice I: Appendice III: Bibliografia Sitografia

Elenco delle abbreviazioni Indice delle tavole

Piccolo vocabolario di

concettualistica spaziale calviniana 127

161 165 169 177

(7)
(8)

8

(9)

ABSTRACT

Italo Calvino è forse lo scrittore che, tra i postmodernisti

italiani, più ha coinvolto l’immaginazione spaziale

nella narrazione dei suoi racconti. Questo atteggiamento

non solo si traduce nei suoi testi in delle descrizioni

molto vivide dei luoghi e in un procedere narrativo che

parte dalle ambientazioni, ma anche in una scrittura

rigidamente diretta da logiche di tipo spaziale.

Personaggio pubblico particolarmente ambiguo, Calvino

ha sempre tentato di confondere la sua immagine

media-tica, dando notizie biografiche false o omettendo molti

dati personali. Si può però notare, ad un’analisi

ap-profondita, una straordinaria corrispondenza tra le sue

vicende personali e quelle che fa accadere ai personaggi

nei suoi libri.

Partendo dai testi quindi questo lavoro si ripropone di

restituire una biografia spaziale inedita di Italo

Cal-vino. Un racconto urbano del suo lato più interiore e

intimo sotto forma di spazio progettato all’interno della

città. Attraverso un processo di analisi sui personaggi

calviniani, ne vengono selezionati sette, i più

(10)

rappresen-10

ARALDI_METROPOLITANI

tativi dal punto di vista spaziale. Sulla base di questi

sette personaggi vengono pensati, disegnati e collocati

nella città altrettanti spazi indipendenti ma

inscindibil-mente legati uno all’altro, creando un rapporto

simbioti-co capace di generare un habitat interiore.

I personaggi dei testi calviniani diventano in questo

progetto dei veri e propri araldi metropolitani che, come

i loro predecessori medievali, portano lo stemma del loro

signore e ne raccontano la storia.

(11)

ABSTRACT (EN)

Italo Calvino is probably the postmodernist Italian

writer who most involved spatial imagination into his

storytelling. This attitude is not limited into his texts

to particularly vivid description of places and a

am-bient-oriented narrative, but is extended to a way of

writing strictly directed by spatial logics.

As a public character, Calvino has always kept a shy

attitude, trying to confuse his biographical

informa-tion and omitting many personal details. It is possible

though, through a deep analysis of his writings, to

no-tice an extraordinary correspondence between the events

of his personal life and what happens to the characters

in his books.

Starting from the texts, this work aims to render an

unreleased spatial biography of Italo Calvino. A urban

tale of his most intimate and inner side in the form of

designed space into the city. After a process of analysis,

seven characters are selected in function of their

capa-bility to represent spatial images. On the base of these

(12)

12

ARALDI_METROPOLITANI

seven characters, seven spaces are thought, designed and

placed in the city as independent but inseparably bound

to one another, creating a symbiotic relationship able to

create an actual inner habitat.

The characters from Calvino’s texts become in this

proj-ect actual metropolitan heralds who, just as their

medie-val ancestors, bring their lord’s emblem and tell his tale.

(13)
(14)

14

(15)

Ipotesi: Spazi della mente

“L’architettura non è più necessaria. L’autentico mestiere dell’architetto risiede nel rivelare lo spazio della mente.”1

Questa provocazione di Italo Rota suggerisce,

come già anticipato dal movimento radical,

l’esistenza di un tipo di “spazio” che non trova

le sue ragioni esclusivamente negli strumenti

canonici dell’architettura, ma che possa

prendere forma da una dimensione interiore

1 Francesca La Rocca (a cura di), Italo Rota. Cosmologia portatile; scritti, disegni, mappe, visioni, Macerata, Quodlibet abitare,

2012.

PRESENTAZIONE DEL

PROGETTO

(16)

16

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dell’individuo. Questa ipotesi porta la disciplina

del progetto a confrontarsi con molte altre,

appartenenti a campi tradizionalmente a essa non

limitrofi. Questo processo di contaminazione

sinestetica tra mondi e discipline fa sì che non ci

siano più limiti ben definiti fra di esse, portando

l’architettura ad avvalersi di linguaggi e mezzi

sempre nuovi e sempre più impermanenti che

spingono ad analizzare e ad interpretare la realtà

costruita.

Il mezzo della scrittura è un ottimo punto di

partenza per la ricostruzione di paesaggi mentali

propri dell’interiorità personale di un individuo.

Attraverso l’analisi dei testi di un autore ci si

ripropone, quindi, di restituire sotto forma di

spazio progettato un frammento di quello che è

l’universo da esso costruito in senso letterario e

immaginifico.

(17)

Tema: La scelta di Calvino

Italo Calvino è un autore spesso citato nel mondo

dell’architettura grazie alle sue

Città Invisibili,

testo ricco d’immagini mentali e spaziali, che ha

fornito numerosissimi spunti di riflessione sui

particolari percepibili dello spazio che abitiamo

e di come, a partire dalle sensazioni che fornisce,

si possa rilevare un ambiente, oggi si potrebbe

dire habitat.

Un articolo di Giuseppe Pullara pubblicato sul

Corriere della Sera il 9 giugno 2013 illumina

un’influenza inattesa di quest’autore nel campo

dell’architettura:

“Cosa lega Italo Calvino al mondo degli architetti? La prima, incauta risposta, corre al suo romanzo Le Città Invisibili: in fondo le città le fanno i progettisti e dunque ecco che uno dei più felici scritti dello scrittore scomparso a Siena nel 1985 crea il collegamento richiesto. Ma

(18)

18

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non è così. […] un elemento che lega Calvino a qualsiasi buon architetto è l’intelligenza immaginifica.”2

Questa intelligenza immaginifica si traduce,

all’interno dei suoi testi, in una narrazione

che procede per immagini. Complice anche la

sua smodata passione per il cinema, Calvino

racconta le sue favole contemporanee quasi a

partire dalle loro ambientazioni, creando, anche

laddove ciò non è palese, mondi sempre nuovi.

Dalle minuziose descrizioni della terra in cui è

cresciuto, la Liguria, alle seduttive invenzioni

delle

Città Invisibili, l’organizzazione spaziale

è il motore di base della macchina narrativa

calviniana.

“Nell’opera di Calvino l’architettura è una delle forme concrete del visibile. Rappresenta un mezzo per disegnare,

2 Giuseppe Pullara, Italo Calvino, il “progettista”, Corriere

(19)

plasmare lo spazio, ma offre anche dei modelli per pensare o immaginare delle forme e figure nuove, per dare visibilità all’invisibile”3

Nell’analisi di Ulla Musarra Schroeder, filologa

specializzata in letteratura calviniana, emerge

la tendenza inconsueta di utilizzare il pretesto

spaziale per fornire nuove interpretazioni

di fenomeni non necessariamente legati allo

spazio; si potrebbe quasi parlare di un processo

sinestetico, in cui letteratura e architettura

si fondono per poter meglio raccontare

un’immagine mentale.

Un particolare filone della produzione di Calvino

si confronta con i temi dell’architettura più da

un punto di vista deontologico che pratico. Si

3 Ulla Musarra Schroeder, Immagini d’architettura in Italo Calvino, Italies [Online], 16 | 2012, online dal 01 gennaio 2014,

consultato il 08 settembre 2015. URL : http://italies.revues. org/4471.

(20)

20

ARALDI_METROPOLITANI

tratta degli anni di vita a Parigi, in cui il contatto

con le tematiche neopositiviste dell’

OuLiPo

4

lo porta a compiere sofisticate riflessioni sul

rigore matematico per l’analisi del reale e sulla

traduzione di questo approccio in letteratura. Il

rigore e l’astrazione geometrica dei processi che

formano il reale sono quindi temi fondamentali

dei testi composti in questo periodo, che spesso

si presentano quasi come delle architetture in

forma di racconto, attuando un forte parallelo

4 Acronimo dal francese Ouvroir de Littérature Potentielle,

ovvero “officina di letteratura potenziale”. Si tratta di un gruppo di scrittori e matematici principalmente di lingua francese, ma di cui faceva parte lo stesso Calvino. Fu fondato a Parigi da Raymond Queneau e François Le Lionnais nel 1960. L’obiettivo fondamentale di questo gruppo era di sperimentare nei campi della letteratura e della matematica con il fine di fornire agli scrittori nuove strutture possibili per le loro composizioni. Molte delle opere composte da Calvino sotto quest’influenza risentono ampiamente dell’approccio matematico, arrivando quasi ad assomigliare ad una composizione in canone.

(21)

con la produzione di Jorge Luis Borges. Quello

del labirinto è forse il tema calviniano più citato

nelle antologie che trattano quest’argomento,

ma se ne potrebbero tracciare molti altri, uno

fra tutti quello del cristallo, dettato dal grande

fascino che l’organizzazione di questa struttura

naturale destava in Calvino. Proprio riguardo

al cristallo, i testi di Calvino sono pieni di

riferimenti ad architetture esistenti; da una parte

abbiamo la già citata riviera ligure

5

, analizzata

in modo estremamente sofisticato anche nella

sua componente paesaggistica, soprattutto

nel suo primo romanzo

6

, dall’altra troviamo il

fascino nei confronti dell’architettura moderna,

5 “Quando Quinto saliva alla sua villa [...] non vedeva che un sovrapporsi geometrico di parallelepipedi e poliedri, spigoli e lati di case, di qua e di là, tetti, finestre, muri ciechi [...]”. Italo Calvino, La speculazione edilizia, in Romanzi e racconti,

Milano, Mondadori, « I Meridiani », 1991, vol. I, p. 782. 6 Crf. Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Torino,

(22)

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per lui incarnata dai grattacieli di New York e

particolarmente vivida in questo passaggio da

Ti

con Zero :

“Avrebbe potuto essere diverso, lo so, - commentò Qfwfq- ditelo a me: ci ho creduto tanto, in quello mondo di cristallo che doveva venir fuori, da non rassegnarmi più a vivere in questo, amorfo e sbriciolato e gommoso, come invece ci è toccato. Anch’io corro come facciamo tutti, prendo il treno ogni mattina (abito nel New Jersey) per infilarmi nell’agglomerato di prismi che vedo emergere al di là dello Hudson, con le sue cuspidi aguzze; ci passo le giornate, lì dentro, su e giù per gli assi verticali e orizzontali che attraversano quel solido compatto , o lungo i percorsi obbligati che rasentano i lati e gli spigoli.” 7

7 Italo Calvino, Ti con zero, Milano, Mondadori, Oscar

(23)

L’ultimo testo di Calvino, le incompiute

Lezioni

Americane, fornisce nuovi spunti per l’analisi di

questa “architettura” calviniana. Nonostante il

testo sia una delle ultime opere dell’autore e sia

incentrato sulle qualità che lo scrivere negli anni

2000 avrebbe dovuto possedere, molte di queste

qualità erano in realtà già state prefigurate in

modo criptico ed embrionale ben prima che

fossero esplicitate nelle Lezioni.

Esattezza,

Leggerezza e Molteplicità ricorrono frequentemente

nelle descrizioni delle ambientazioni dei suoi

romanzi fin dai primi episodi, concretizzate

in descrizioni spaziali molto dirette e precise,

spesso concentrate più sulla sensazione che un

certo ambiente suscita piuttosto che sulla sua

concreta presenza materiale.

La narrativa calviniana costituisce del materiale

decisamente interessante da prendere in

analisi nel campo progettuale spaziale. Grazie

a complesse tecniche narrative i testi di

Calvino sono in grado di suggerire spazialità

(24)

24

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su molteplici livelli; più evidenti, nell’esplicita

descrizione di un ambiente, e più subliminali,

nella complessa strutturazione letterale del suo

procedere narrativo.

(25)

BIOGRAFIA SPAZIALE DI CALVINO

ATTRAVERSO I SUOI PERSONAGGI

Postulato: l’immedesimazione nei propri

personaggi.

“Dati biografici: io sono ancora di quelli che credono, con Croce, che di un autore contano solo le opere. (Quando contano, naturalmente.) Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all’altra. Mi chieda pure quello che vuol sapere, e Glielo dirò. Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura.”8

“Ogni volta che rivedo la mia vita fissata e oggettivata sono preso dall’angoscia, soprattutto quando si tratta di notizie che ho fornito io […] ridicendo sempre le stesse cose con altre persone, spero sempre di aggirare il mio rapporto

(26)

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nevrotico con l’autobiografia.”9

Autore dalla personalità decisamente singolare

e di carattere timido, Italo Calvino ha sempre

mantenuto un rapporto ambiguo con la

dimensione mediatica di più ampio respiro.

Se da una parte lo si può vedere attivamente

impegnato in contesti politici, accademici ed

editoriali di grande rilievo, che lo hanno portato

a conoscere personalmente personalità tra le

più rilevanti del secolo passato, egli ha sempre

mantenuto un atteggiamento più introverso

per quanto riguarda la sua sfera personale. Non

è affatto difficile trovare notizie di carattere

biografico che lo riguardino, essendo esse state

trattate in numerosissime sedi nel corso dello

studio della narrativa postmoderna italiana, ma

risulta difficile ricostruire da queste notizie sterili

una dimensione intima e interiore di chi era

veramente nella sua quotidianità Italo Calvino.

9 Lettera a Claudio Milanini, 27 luglio 1985.

(27)

Questa dimensione intima può essere illuminata

dall’analisi dei fantastici mondi da lui immaginati

e concretizzati nei suoi scritti. Appare in effetti

chiaro, facendo un parallelo tra la sua biografia

e la storia personale di molti dei personaggi con

cui egli ha popolato i suoi racconti, che in questi

ultimi si rispecchia sovente una buona dose di

soggettività dell’autore stesso.

Il primo caso in cui questo appare evidente

si trova proprio nel suo primo romanzo

pubblicato:

Il sentiero dei nidi di ragno (1947). Il

protagonista è un ragazzotto di nome Pin che

vive in un paese non meglio specificato della

riviera ligure, dal carattere spigliato e piuttosto

sboccato nel rapportarsi con gli altri. Le vicende

che lo investono lo portano ad arruolarsi nel

movimento partigiano e a vivere nella latitanza,

fino a raggiungere un luogo che solo lui conosce,

in cui può finalmente stare in tranquillità. Oltre

al fortissimo riferimento geografico ligure (di

cui possiamo trovare innumerevoli altri casi

(28)

28

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nella produzione calviniana), la vicenda del

personaggio ha molto in comune con quella

personale di Calvino. Anch’egli infatti si è

arruolato nel movimento partigiano, in lotta

contro il nazifascismo, ed ha passato un periodo

di latitanza.

Un’altra forte componente personale è presente

nel

Barone rampante (1957), nel modo in cui

viene affrontata la dimensione naturalistica e

paesaggistica del mondo in cui è ambientata

la storia. Tutto il romanzo riporta descrizioni

particolarmente attente delle specie vegetali, in

particolare il passaggio illustrativo del giardino

di Viola riporta una conoscenza molto affinata

del campo botanico

10

. La vicenda personale qui

presente è chiaramente riferita alla figura materna

e a quella del fratello, grande appassionata di

botanica la prima e importantissimo botanico il

secondo.

(29)

Palomar (1983) è un altro personaggio cruciale

nel tipo di analisi qui proposto. Dalla stessa

introduzione che ne fa l’autore appare evidente

la dimensione di immedesimazione che Calvino

ha voluto porre in questo lavoro:

“Quando vedo qualcosa che mi mette voglia di descriverla, cerco di stendere delle note “dal vero” che il più delle volte rimangono dimenticate in agende e bloc-notes. Per comporre Palomar sono andato a cercare questi appunti; per esempio ho trovato una descrizione di due tartarughe che si accoppiano, che è passata al libro tale e quale”.11

L’approccio descrittivo e analitico del

personaggio

Palomar è direttamente frutto di un

nuovo modo di osservare il mondo che Calvino

stesso aveva sviluppato negli anni di permanenza

11 Introduzione al testo di Palomar, Einaudi, Torino,

(30)

30

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a Parigi, grazie alla frequentazione dei membri

del movimento

OuLiPo, la cui produzione era

fondamentalmente incentrata sull’osservazione

matematica della realtà e la composizione

letteraria in canone. Scene emblematiche del

rapporto tra personaggio e autore sono le

tre storie raccolte sotto il nome di

Palomar sul

terrazzo

12

, ambientate a Roma, dove Calvino

stesso abitava in quel periodo in un’abitazione

dotata di un grande terrazzo.

Sempre dall’esperienza parigina dell’Oulipò

arrivano le

Cosmicomiche (1965), il cui personaggio

dal nome impronunciabile, Qfwfq, è un’entità

da sempre esistita che racconta le proprie

vicende nei più grandi episodi cosmici che

hanno portato alla formazione del mondo come

lo conosciamo oggi. Quest’approccio rivela la

riscoperta passione di Calvino nei confronti

dell’astronomia, come dichiarato in una lettera

12 I.C. Palomar, Einaudi, Torino, 1983, pp.47-61.

(31)

all’amico Domenico Rea

13

.

Altri racconti fortemente autobiografici sono

quelli della

Giornata di uno scrutatore (1963), in cui

il protagonista si vede all’interno del manicomio

Cottolengo di Torino per effettuale lo scrutinio

di una votazione (situazione davvero vissuta

da Calvino mentre viveva a Torino), e

La

speculazione edilizia (1963), in cui il protagonista

è un giovane sanremese con madre e fratello

botanici (la similitudine tra personaggio e

autore qui è lampante) che si getta nel mondo

della costruzione osservando il progressivo

mutamento della riviera dettato dal sorgere

di palazzine in cemento armato frutto della

speculazione edilizia.

Nel voler ricostruire un universo interiore

di Italo Calvino si è quindi voluto partire dal

13 “Da un po’ di tempo in qua leggo solo libri di astronomia […].” Lettera a Domenico Rea, 1964.

(32)

32

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postulato che l’autore abbia sempre mantenuto

un atteggiamento di grande immedesimazione

con i propri personaggi. I personaggi stessi

diventano quindi un punto di partenza per una

lettura di chi era Calvino nella sua sfera più

intima e inaccessibile e di quali fossero i modi

in cui osservava il reale per tradurlo nelle sue

visioni, così da restituire un’interpretazione

spaziale della sua biografia.

(33)

Approccio

Partendo dall’assunto che Calvino abbia messo

gran parte della sua biografia nelle vicende da lui

descritte, è stata elaborata un’analisi a partire da

una lettura integrale della sua produzione. Tale

lettura è stata inquadrata nell’ottica del lavoro

qui presentato che, trattandosi di un progetto di

architettura e non di un elaborato di carattere

filologico, ha richiesto un’interpretazione

incentrata in prima istanza sulla lettura dei

contenuti di carattere spaziale e in seconda di

carattere letterario.

Nell’analisi spaziale dei testi calviniani ci si

è concentrati sul riconoscere degli episodi

ricorrenti che potessero individuare delle

tematiche che percorrono l’intera opera

dell’autore, qui definiti concetti spaziali. Il

processo ha dato come risultato ventitré

concetti, raccolti e descritti in un apposito

documento, un piccolo vocabolario di “forme

(34)

34

ARALDI_METROPOLITANI

spaziali calviniane”. In esso, attraverso libere

associazioni di termini del vocabolario della

lingua italiana, si è voluto dare un significato a

ciascun concetto, idea ulteriormente spiegata

con esempi tratti dalla produzione calviniana

stessa, citazioni che allargano il campo semantico

di questa raccolta.

Definita questa panoramica di figure spaziali che

mostrano il modo di Calvino di interpretare il

mondo che lo circonda, il progetto le restituisce

sotto forma di spazio. Considerata la grande

immedesimazione del nostro autore nei propri

personaggi, questi diventano il mezzo attraverso

cui evincere le implicazioni biografiche più

personali di Calvino. Di questi ne sono stati

scelti sette, a ognuno di questi corrisponde uno

spazio progettato, ognuno strettamente legato

all’altro, creando così una simbiosi inscindibile

capace di generare un vero e proprio habitat

interiore.

(35)

Racconto metropolitano

Il progetto vuole restituire una lettura in chiave

spaziale delle tematiche calviniane rappresentate

dai sette personaggi selezionati. Attraverso il

disegno di sette habitat indipendenti, distribuiti

all’interno di una città, si crea una narrazione

diffusa, per episodi, composta da ambienti

che attraverso l’interpretazione dei mondi

immaginari di Calvino si inseriscano nel contesto

urbano e diventino occasione di confronto con

questo universo letterario. La città in questione

è una città generica, una metropoli globalizzata

o una città in attesa di diventarla. Gli spazi

sono stati selezionati in base a caratteristiche

replicabili, come potrebbero essere un luogo

al confine tra zone di diversa intensità urbana,

rovine archeologiche, aeroporti, orti botanici,

mezzi di trasporto pubblico, luoghi suscettibili

di affollamento e al formarsi di code, piazze

urbane di complessa identità. Le caratteristiche

che definiscono la selezione di un luogo sono

(36)

36

ARALDI_METROPOLITANI

catalogate e quindi riscontrabili in qualsiasi città

del tipo descritto in precedenza. Nel lavoro qui

proposto ci si è voluti concentrare sul caso di

Milano, ma è da intendere come temporaneo e

possibilmente itinerante.

La selezione del luogo in cui inserire ogni

progetto parte dalle caratteristiche del

personaggio. Si tratta di un processo che da

tre punti diversi converge nella definizione

del progetto, che possa, tramite l’ipotesi di

una particolare attività, dare l’occasione di

raccontare le vicende del personaggio stesso

e per estensione dell’interiorità di Calvino.

Il punto di partenza è il testo calviniano

e da esso il metodo progettuale muove

attraverso un sistema di citazioni letterali.

Il secondo percorso si concentra sulle proprietà

fisiche del luogo e sulla loro relazione con la

personalità del personaggio. Sempre attraverso

l’analisi dei testi si definisce un atteggiamento

caratteriale del personaggio e, tramite

(37)

considerazioni progettuali, lo si mette in relazione

con le istanze proprie dei luoghi costruiti della città.

Una volta trovata una possibile corrispondenza

tra personaggio e spazio, il progetto s’interroga

su quali attività siano già presenti nella zona

ipotizzata e su come queste si possano,

attraverso l’intervento stesso, sviluppare e

incubare secondo una concezione calviniana

della contemporaneità. Il risultato è un progetto

che presenta diversi modi esperienziali di entrare

in contatto con Calvino, mettendo a sistema in

forma spaziale gli aspetti biografici più intimi

del nostro autore.

In questo senso si viene a creare un vero e

proprio racconto urbano, ovvero un sistema

di narrazione che unisce le istanze spaziali del

costruito con le implicazioni letterarie dei mondi

descritti dal nostro autore. I sette ambienti

rileggono le tematiche calviniane su due livelli

principali. Un primo più subliminale consente

di entrare in contatto con Calvino attraverso

(38)

38

ARALDI_METROPOLITANI

l’esperienza diretta, lo stare in un luogo, il

compiere azioni evocative delle proprietà

caratteriali dei personaggi. Un secondo più

esplicito, invece, fornisce al pubblico contenuti

informazionali multimediali su Calvino in modo

diretto, passando per il proprio

personal device o

attraverso informazioni distribuite all’interno

degli spazi. Si definiscono così due differenti

livelli di lettura della realtà calviniana nel

racconto urbano.

Una Biografia: gli araldi metropolitani

Se Calvino ha sempre cercato di mostrarsi

criptico sui suoi aspetti biografici nei confronti

dei media, così non è stato nella sua produzione

letteraria. Analizzando attentamente i suoi testi

si possono scovare diversi indizi che lasciano

trapelare un’immagine piuttosto chiara degli

aspetti più intimi della personalità dello scrittore.

La macchina narrativa utilizzata da Calvino

(39)

muove sempre con un approccio di tipo

immaginifico, i suoi racconti presentano un

andamento quasi cinematografico, in cui

ogni fotogramma segue il suo predecessore.

Ogni vicenda narrata è fortemente radicata in

un’ambientazione spaziale che le conferisce i

suoi connotati fondamentali. Il grande fascino

provato nei confronti del rigore matematico e

del mondo scientifico, inoltre, hanno portato

Calvino a creare uno stile narrativo dotato

di una logica diagrammatica, un’architettura

testuale, generando un secondo tipo di spazialità

metaforica sovrapposta a quella descritta nelle

sue ambientazioni.

Il progetto muove dalla provocazione che a

causa della complessità dei sistemi sociali e

abitativi della contemporaneità l’architettura

non può più essere concepita solo come spazio

costruito, ma è inscindibilmente legata a realtà

fino ad ora ad essa estranee. L’analisi degli

spunti biografici e spaziali che caratterizzano

(40)

40

ARALDI_METROPOLITANI

la produzione di Calvino fornisce una serie di

spunti spaziali sulla base dei quali è possibile

impostare un progetto di habitat urbano. Data

la diversità dei temi e la loro complessità,

un solo progetto non riuscirebbe a restituire

l’intera immagine biografica di una persona.

Sette personaggi sono stati quindi selezionati

per la loro capacità di rivelare le istanze spaziali

calviniane. Attraverso una successione di sette

spazi disegnati sulla base dei sette personaggi,

si crea una biografia inedita e intima di Calvino.

I personaggi dei testi calviniani diventano

in questo progetto dei veri e propri araldi

metropolitani che, come i loro predecessori

medievali, portano lo stemma del loro signore e

ne raccontano la storia.

(41)
(42)

42

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(44)
(45)

MULLER

Muller lavora all’interno di un’associazione che vuole creare la “memoria del mondo”, ovvero un archivio in cui sia raccolto, per poter essere poi trasmesso, tutto lo scibile e il percepibile, ciò che è, ma anche ciò che non è.

Divenuto direttore dell’associazione, rappresenta il carattere da archivista di Calvino, che vuole inserire in uno schema preciso le regole alla base della realtà.

Personaggio

Progetto

Il progetto consiste nella trasmissione delle sensazioni legate all’esperienza delle piante raccolte nell’Orto Botanico, per poterne conoscere tutti gli aspetti durante lo sviluppo nell’arco dell’anno.

Come Muller cerca la creazione di un archivio totale che non escluda nulla, nè lo scibile nè tutto quello che è legato alle percezioni, così il progetto aggiunge allo scopo didattico proprio dell’Orto Botanico una visione esperienziale immersiva.

Luogo

L’Orto Botanico di Brera è uno spazio naturale ricreato artificialmente nel centro storico di Milano con l’intento di raccogliere una grande varietà di piante, utili a scopi didattici e di ricerca scientifica.

Esso è un archivio della vegetazione non solo autoctona, ma anche esotica, così da poter elaborare il maggior numero di informazioni possibili sulle piante esistenti, nozioni che vengono raccolte e trasmesse dall’istituzione che lo gestisce.

(46)

46 ARALDI_METROPOLITANI M U L L E R

Per un certo tempo, l’universo ha avuto una particolare occasione di raccogliere ed elaborare informazione; e di crearla, di far saltar fuori informazione là dove non ci sarebbe stato niente da informare di niente: questo è stata la vita sulla Terra e soprattutto il genere umano, la sua memoria, le sue invenzioni per comunicare e ricordare. La nostra organizzazione garantisce che questa quantità d’informazione non si disperda, indipendentemente dal fatto che essa venga o no ricevuta da altri. Sarà scrupolo del direttore far sì che non resti fuori niente, perchè quel che resta fuori è come se non ci fosse mai stato. E nello stesso tempo sarà suo scrupolo fare come se non ci fosse mai stato tutto ciò che finirebbe per impasticciare o mettere in ombra altre cose più essenziali, cioè tutto quello che anzichè aumentare l’informazione creerebbe un inutile disordine e frastuono.

Pron. pp. 123-124 \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/MULLER/TAV.1 T A V. 1

(47)

M U L L E R

È per questo che l’ho fatta chiamare, Muller. Ora che le mie dimissioni sono state accettate, lei sarà il mio successore: la sua nomina a direttore è imminente.

Pron. p. 121

T A V. 1

(48)

48 ARALDI_METROPOLITANI M U L L E R

Tu ascolti il tempo che scorre: un ronzio come di vento; il vento soffia nei corridoi del palazzo, o nel fondo del tuo orecchio. [...] Nel grande lago di silenzio in cui tu galleggi sfociano fiumi d’aria mossa da vibrazioni intermittenti; tu le intercetti e le decifri, attento, assorto.

SolG p. 40

\\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/MULLER/TAV.4

Viene il momento in cui uno sbadiglio, una mosca che vola, un prurito ci paiono il solo tesoro appunto perchè assolutamente inutilizzabile, dato una volta per tutte e subito dimenticato, sottratto al destino monotono dell’immagazzinamento nella memoria del mondo.

Pron. p. 124-125 T

A V. 4

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M U L L E R

Il sole è alto; dalla carrozzabile più vicina, sulla collina di San Giacomo, romba un camion; qui nella valle il grigio degli olivi e il fruscio del torrente smorzano i colori e i suoni.

S. Gio. p. 24

Bisogna osservare attentamente la realtà, perchè ogni minimo dettaglio va inserito nella memoria del mondo, la prima e la seconda devono combaciare perfettamente. Viceversa se nella memoria del mondo non c’è niente da aggiungere, modificare o correggere, la sola cosa che resta da fare è correggere la realtà dove essa non concorda con la memoria del mondo.

Pron. p. 124

Il sole è alto; dalla carrozzabile più vicina, sulla collina di San Giacomo, romba un camion; qui nella valle il grigio degli olivi e il fruscio del torrente smorzano i colori e i suoni.

S. Gio. p. 24

T A V. 4

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50 ARALDI_METROPOLITANI M U L L E R

Gustare, in genere, esercitare il senso del gusto, riceverne l’impressione, anco senza deliberato volere o senza riflessione poi. L’assaggio si fa più determinante a fin di gustare e di sapere quel che si gusta; o almeno denota che dell’impressione provata abbiamo un sentimento riflesso, un’idea, un principio d’esperienza. Quindi è che sapio, ai Latini, voleva in traslato sentir rettamente.

E tutto questo materiale passa attraverso un processo di riduzione all’essenziale, condensazione, miniaturizzazione, che non sappiamo ancora a che punto s’arresterà; così tutto quello che si sa d’ogni persona e animale e cosa, ogni sua azione e pensiero e gusto, viene archiviato secondo il principio “Tutto il British Museum in una castagna”.

Il desiderio che tutta la sua persona esprimeva era quello di comunicarmi ciò che sentiva: di comunicare con me attraverso i sapori, o di comunicare coi sapori attraverso un doppio corredo di papille, il suo e il mio.

Tomm. cit in SolG. p. 17

Pron. p. 121 SolG. p. 22 \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/MULLER/TAV.5 T A V. 5

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M U L L E R

Tutto lo si sente prima col naso, tutto è nel naso, il mondo è il naso, l’odore subito ti dice senza sbagli quel che ti serve di sapere, non ci sono parole nè notizie più precise di quelle che riceve il naso.

SolG. p. 7

Il risultato finale del nostro lavoro sarà un modello in cui tutto conta come informazione, anche ciò che non c’è o non è visibile, ma solamente percepibile. Solo allora si potrà sapere, di tutto ciò che è stato, cos’è che contava davvero, ossia cos’è che c’è stato veramente, perchè il risultato finale della nostra documentazione sarà insieme ciò che è, è stato e sarà, e tutto il resto niente.

Pron. p. 124

Come epigrafi in un alfabeto indecifrabile, di cui metà delle lettere siano state cancellate dallo smeriglio del vento carico di sabbia, così voi resterete, profumerie, per l’uomo futuro senza naso. [...] ma i flaconi le boccette le ampolle dai tappi di vetro cuspidati o sfaccettati continueranno invano a intrecciare da uno scaffale all’altro la loro rete di accordi consonanze dissonanze contrappunti modulazioni progressioni: le nostre sorde narici non coglieranno più le note della gamma: [...] Dimenticato l’alfabeto dell’olfatto che ne faceva

T A V. 5

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52 ARALDI_METROPOLITANI M U L L E R \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/MULLER/TAV.5 SolG. p. 3

altrettanti vocaboli, d’un lessico prezioso, i profumi resteranno senza parola, inarticolati, illeggibili.

T A V. 5

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M U L L E R

In milioni di pianeti sconosciuti vivono certamente degli esseri simili a noi; poco importa se a ricordarci e a continuarci saranno i loro discendenti anzichè i nostri. L’importante è comunicare loro la nostra memoria, la memoria generale messa a punto dall’organizzazione di cui lei Muller sta per esser nominato direttore.

Perchè il posto di direttore cui lei sta per essere chiamato ha questo privilegio: di poter dare un’impronta personale alla memoria del mondo. Mi segua, Muller: non le sto parlando d’un arbitrio e d’un abuso di poteri, ma d’una componente indispensabile del nostro lavoro. Una massa d’informazioni freddamente oggettive, incontrovertibili, rischierebbe di fornire un’immagine lontana dal vero, di falsare quel che è più specifico d’ogni situazione.

Lei crede, come tutti del resto, che la nostra organizzazione stia da molti anni preparando il più grande centro di documentazione che sia mai stato progettato, uno schedario che raccolga e ordini tutto, in vista d’un inventario generale non solo del presente ma anche del passato, di tutto quello che c’è stato dalle origini, insomma una

Pron. 123 Pron. 125 T A V. 6

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54 ARALDI_METROPOLITANI M U L L E R \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/MULLER/TAV.6

Tutte le immagini esistenti e possibili vengono archiviate in minuscole bobine di microfilm e microscopici rocchetti di filo magnetico racchiudono tutti i suoni registrati e registrabili. E’ una memoria centralizzata del genere umano quella che noi siamo intenti a costruire, cercando di immagazzinarla in uno spazio il più ristretto possibile.

Pron. 121

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storia generale di tutto contemporaneamente, o meglio un catalogo di tutto momento per momento.

T A V. 6

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GURDULU’

Gurdulù è un personaggio che diventa ciò che fa e ciò che vede, che non capisce dov’è nè chi è. Egli infatti si immedesima completamente in tutto ciò che incontra, che sia questo animato o non, credendosi di volta in volta una pianta, un oggetto o un animale.

Scudiero di Agilulfo, si contrappone alla figura del Cavaliere Inesistente, che vive solo per la sua grande forza di volontà.

Personaggio

Progetto

Il progetto ricalca il processo di mimesi continua di Gurdulù, ma in chiave urbana, riflettendo il contesto nei rapporti dimensionali e in maniera diretta grazie all’utilizzo di pareti specchianti. Quest’immedesimazione si ha anche da parte dell’utente, che può rivivere le vicende del personaggio narrate nel romanzo.

Luogo

Piazza Durante è uno spazio urbano senza una forte identità propria, ma che esiste e si attiva in maniera sempre diversa solo quando viene utilizzato.

Essa funge così da ricettore di usi differenti, rispetto alle necessità dei fruitori, ad esempio come luogo di ritrovo della comunità filippina che vive nel quartiere.

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60 ARALDI_METROPOLITANI G U R D U L U’

Vostra maestà lo perdoni! disse un vecchio ortolano. -Gurdulù non capisce alle volte che il suo posto non è tra le piante o tra i frutti inanimati, ma tra i devoti sudditi di vostra maestà!

- Ma che cos’è che gli gira a questo matto che voi chiamate Gurdulù? - chiese, bonario, il nostro imperatore. - Mi pare che non sa manco cosa gli passa nella crapa!

- Che possiamo capirne noi, maestà? - Il vecchio ortolano parlava con la modesta saggezza di chi ne ha viste tante. - Matto forse non lo si può dire: è soltanto uno che c’è ma non sa d’esserci, si immedesima con tutto ciò che vede e crede di essere quel che gli si para davanti.

Cav. p. 25-26 T A V. 1 \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/GURDULÙ/TAV.1

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G U R D U L U’

Gurdulù, cantando, si dispone a scavare la fossa al morto. Lo stende per terra per prendere la misura, segna con la zappa i limiti, lo sposta, si butta a scavare di gran lena. - Morto, forse stando ad aspettare così ti annoi - . Lo volta su di un fianco, verso la fossa, in modo che abbia sotto occhio lui che scava. - Morto, però qualche zappata potresti darla anche tu -. Lo raddrizza, cerca di mettergli in mano una zappa. Quello crolla. - Basta. Non sei capace. Vuol dire che scavo io, poi tu riempirai la fossa.

La fossa è scavata: ma dal modo disordinato di zappare di Gurdulù è venuta di forma irregolare, col fondo a conca. Ora Gurdulù vuole provarla. Scende e si corica. - Oh, come si sta bene, come ci si riposa quaggiù! O che bella terra soffice! Che bello rivoltacisi! Morto, vieni giù a sentire che bella fossa cje ti ho scavato! - Poi ci ripensa - Però, se siamo intesi che tu mi fai cadere la terra addosso con la pala, è meglio che io resto sotto, e tu mi fai cadere la terra addosso con la pala! - E attende un poco. Cav. p. 42-43 T A V. 5

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62 ARALDI_METROPOLITANI G U R D U L U’

Mentre attendeva che il morto compisse il suo lavoro, Gurdulù guardava il cielo, che a poco a poco volgeva al tramonto. Quando anche l’ultimo raggio di sole fu scomparso si trovò davanti ad una volta celeste interamente ricoperta di stelle. Con lo sguardo Gurdulù percorreva quei brillanti puntini bianchi e ne riconosceva le forme delle costellazioni. Scoprendo le immagini mitologiche a poco a poco ne riviveva le vicende, immergendosi in quelle antiche storie.

Cav. p. 43 T A V. 5 \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/GURDULÙ/TAV.5

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G U R D U L U’

I cucinieri lorensi, finito di distribuire il rancio della truppa, avevano abbandonato la marmitta a Gurdulù. - Tieni, questa è tutta zuppa per te!

- Tutta zuppa! - esclamò Gurdulù, si chinò dentro la marmitta come sporgendosi da un davanzale, e col cucchiaio menava colpi di striscio per staccare il contenuto più prezioso d’ogni marmitta, cioè la crosta che rimane appiccicata alle pareti. - Tutta zuppa! - rimbombava la sua voce dentro il recipiente, che nel suo avventato divincolarsi gli si rovesciò addosso. Ora Gurdulù era prigioniero della marmitta capovolta. Lo si udì battere il cucchiaio come in una sorda campana e la sua voce muggire: - Tutta zuppa! - Poi la marmitta si mosse come una testuggine, ridiede di volta e riapparve Gurdulù.

Era sbrodolato di zuppa di cavoli dalla testa ai piedi, chiazzato, unto, e per di più imbrattato di nerofumo. Con la broda che gli colava sugli occhi, pareva cieco, e avanzava gridando: -Tutto è zuppa!- a braccia avanti come se nuotasse, e non vedeva altro che la zuppa che gli ricopriva gli occhi e il viso, - Tutto è zuppa! - e in una mano brandiva il cucchiaio come volesse tirare a sè cucchiaiate di tutto quel che c’era in torno: Tutto è zuppa!

-T A V. 6

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64 ARALDI_METROPOLITANI G U R D U L U’

A Rambaldo quella vista dette un turbamento da fargli girare il capo: ma non era tanto ribrezzo quanto un dubbio: che quell’uomo che girava lì davanti accecato avesse ragione e il mondo non fosse altro che un’immensa minestra senza forma in cui tutto si sfaceva e tingeva di sè ogni altra cosa.

Sotto le rosse mura di Parigi era schierato l’esercito di Francia

- A seconda dei paesi che attraversa, - disse il saggio ortolano, - e degli eserciti cristiani o infedeli cui s’accoda, lo chiamano Gurdulù o Gudi-Ussuf o Pestanzùl, o Martinbon,o Omobò, oppure anche il Brutto del Vallone o Gian Paciasso o Pier Paciugo. Cav. p. 42-43 Cav. p. 1 Cav. p. 20 T A V. 7 \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/GURDULÙ/TAV.7

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G U R D U L U’

Mentre stavano attraversando i campi, Agilulfo insieme a Gurdulù e Rambaldo, si imbatterono in un fenomeno meraviglioso: un nugolo di coccinelle rosse andava ronzando per la radura. Erano così fitte da sembrare una grande nuvola rossa. Agilulfo si soffermò ad osservare la perfezione grazie a cui il volo di ogni insetto era accuratamente calcolato in modo da non intercetteare quello di un altro. Gurdulù menava in aria le braccia rincorrendo i piccoli esseri, sentendosi parte del nugolo.

Così arrivarono al grande mare Oceano, e si imbarcarono su di una nave a vela per attraversarlo. Agilulfo stava a prua nel suo incedere perfetto. Gurdulù osservava il rigoglìo del mare, tagliato dalla prua della barca, e d’un tratto si vide rivoltato nel fiotto schiumoso mentre osservava il se stesso che stava in piedi sul ponte.

Cav. p. 48 Cav. p. 56 T A V. 8

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66 ARALDI_METROPOLITANI G U R D U L U’

In mezzo a delle anatre era un uomo, ma non si capiva cosa diavolo facesse: camminava accoccolato, le mani dietro la schiena, alzando i piedi di piatto come un palmipede, col collo teso e dicendo: Quà… Quà… Quà. Le anatre non gli badavano nemmeno, come se lo riconoscessero come uno di loro.

Eh, alle volte Omobò si dimentica, si perde... Non che anneghi... Il guaio è quando finisce nella rete con i pesci... Un giorno gli è successo mentre s’era messo lui a pescare... Butta in acqua la rete, vede un pesce che è lì lì per entrarci, e s’immedesima tanto in quel pesce che si tuffa in acqua ed entra nella rete lui... Sapete com’è, Omobò...

Cav. p. 33 Cav. p. 33 T A V. 8 \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/GURDULÙ/TAV.8

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G U R D U L U’

Stavano tutti i cavalieri della corte di Francia alla grande tavolata di Carlomagno. E con loro si trovavano Agilulfo ed il suo fidato scudiero Gurdulù. Le vaste tavolate erano imbandite di ogni immaginabile leccornia, e sotto di loro erano stesi gli araldi del colore del re, ovvero azzurri.

E così quell’uomo chiamato Gurdulù stava seduto sotto un albero, e sembrava non fare nulla. Appoggiato a terra stava a guardare il mondo che lo circondava, aspettando che accadesse qualcosa che gli potesse suggerire una nuova realtà

In fila in mezzo ai peri vedono Gurdulù/Omobò. Stava con le braccia alzate tutte contorte, come rami, e nelle mani e in bocca e sulla testa e negli strappi del vestito aveva pere. - Guardalo che fa il pero! - diceva Carlomagno, ilare. - Ora lo squoto! - disse Orlando, e gli menò una botta. Gurdulù lasciò cadere le pere tutte insieme, che rotolarono per il prato in declivio, e vedendole rotolare non seppe trattenersi dal rotolare anche luicome una pera e sparì così dalla loro vista. Cav. p. 67 Cav. p. 75 T A V. 8 Cav. p. 67

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TOMAGRA

Tomagra è un personaggio che analizza la dimensione del corpo umano e del contatto con quello altrui.

In questa sua ricerca, paragona ogni azione e sensazione a elementi di mondi e scale differenti, per cui il contatto fra polpacci diventa un incontro fra squali e il corpo di una donna forma paesaggi naturali montani.

Personaggio

Progetto

Il progetto mira a generare un paesaggio di corpi, proprio come fa Tomagra con la propria immaginazione.

Lavorando con il fenomeno delle code già presenti nella piazza, il progetto consiste in una pensilina che ne modifichi il carattere, crei una protezione e spieghi Calvino e la sua concezione della dimensione del corpo umano tramite il racconto L’avventura di un soldato.

Luogo

La piazza di fronte a Palazzo Reale è uno spazio suscettibile di forte affollamento, da una parte perchè si apre su Piazza Duomo, ma soprattutto per le code che si vengono a formare per l’accesso alle mostre del Palazzo.

Essa è quindi uno spazio in continuo mutamento rispetto alle persone che vi passano o sostano; è una piazza definita dagli edifici, ma anche dalle persone, che portano con sè odori, parole, la propria presenza.

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74 ARALDI_METROPOLITANI T O M A G R A

Tomagra, giovane soldato di fanteria alla prima licenza, si rimpicciolì sul sedile per timore che la signora, così formosa e grande non ci entrasse; e subito si trovò nell’ala del profumo di lei, un profumo noto e forse andante, ma ormai, per la lunga consuetudine, amalgamato ai naturali odori umani.

AmDi. p. 5

AmDi. p. 6

Di certo lei, seppur signora, non aveva dimostrato d’avere ripugnanza per lui, per l’ispido della sua divisa, se no si sarebbe seduta più lontano. E, a questi pensieri, i suoi muscoli che erano rimasti contratti e rincagnati, si distesero liberi e sereni [...] ed ecco attraverso questo panno e questa seta la gamba del soldato aderiva ormai a quella di lei con un movimento morbido e fuggevole, come un incontro di squali, e con un muoversi d’onde per le sue vene verso quelle altrui. [...] Quest’incontro di polpacci era prezioso, questo contatto con la dimensione del corpo altrui lo intrigava enormemente.

T A V. 1

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T O M A G R A AmDi. p. 5

Nello scompartimento, accanto al fante Tomagra, venne a sedersi una signora alta e formosa. Una vedova provinciale, doveva essere, a giudicare dal vestito e dal velo: il vestito era di seta nera, appropriato a un lungo lutto, ma con guarnizioni e gale inutili, e il velo le passava intorno al viso piovendole dal giro d’un pesante atiquato cappello. Altri posti erano liberoi, notò il fante Tomagra, nello scompartimento; e pensava che la vedova avrebbe certo scelto uno di quelli; invece, nonostante la ruvida vicinanza di lui soldato, ella venne a sederso proprio lì, certo per via di qualche comodità del viaggiare, s’affrettò a pensare il fante, correnti d’aria o direzione della corsa.

T A V. 5

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76 ARALDI_METROPOLITANI T O M A G R A AmDi. p. 5-6

Tomagra, giovane soldato di fanteria alla prima licenza (era Pasqua), si rimpicciolì sul sedile per timore che la signora, così formosa e grande, non ci entrasse; e subito si trovò nell’ala del profumo di lei, un profumo noto e forse andante, ma ormai, per la lunga consuetudine, amalgamato ai naturali odori umani. La signora s’era seduta con compostezza, rivelando, lì accanto a lui, proporzioni meno maestose di quanto gli eran sembrate vedendola in piedi.

[...]

Il sedile ferroviario era dunque abbastanza comodo per due, e Tomagra poteva sentire l’estrema vicinanza della signora, pur senza il timore di offenderla col suo contatto. Ma, ragionò Tomagra, di certo lei, seppur signora, non aveva dimostrato d’avere ripugnanza per lui, per l’ispido della sua divisa, se no si sarebbe seduta più lontano.

T A V. 5

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MARCO

Marco Polo impersonifica l’idea di Calvino della narrazione per immagini, del superamento della parola a favore di gesti, spazi e atmosfere che esprimano il mondo che ci circonda.

Straniero, deve descrivere a Kublai Kan le città che ha incontrato nel suo cammino, senza però conoscere la lingua dell’imperatore.

Si instaura così una conversazione fatta di silenzi, pantomime, sensazioni che esprimono un’immagine soggettiva e

caratteristica delle città.

Personaggio

Progetto

Il progetto consiste in uno spazio all’aeroporto di Linate per descrivere la città di Milano ai visitatori appena atterrati. Come per Marco, la descrizione non avviene tramite parole, ma atmosfere, ambienti, sensazioni che esprimono tutti quegli aspetti più caratteristici della città.

La narrazione avviene tramite la proiezione di fotografie panoramiche fatte da persone che immortalano un preciso istante, scorcio e impressione della città in cui si legge un aspetto di una delle Città Invisibili. La presentazione di Milano avviene

quindi tramite il punto di vista delle persone che la vivono, interpretando le ambientazioni del libro di Clavino.

Luogo

L’aeroporto di Linate è il punto d’accesso alla città sia per voli nazionali che internazionali. Luogo di semplice passaggio, collega Milano con le città del Mondo e funge da porta di accesso alla metropoli.

Come tale, per i nuovi arrivati è il primo luogo dove poter conoscere Milano e informarsi su tutti gli aspetti che la caratterizzano.

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82 ARALDI_METROPOLITANI M A R C O T A V. 1 CIn. p. 21-22

Nuovo arrivato e affatto ignaro delle lingue del Levante, Marco Polo non poteva esprimersi altrimenti che con gesti, salti, grida di meraviglia e d’orrore, latrati o chiurli d’animali, o con oggetti che andava estraendo dalle sue bisacce: piume di struzzo, cerbottane, quarzi, e disponendo davanti a sé come pezzi degli scacchi.

L’ingegnoso straniero improvvisava pantomime che il sovrano doveva interpretare: una città era designata dal salto d’un pesce che sfuggiva al becco del cormorano per cadere in una rete, un’altra città dalla luce in un’ora particolare, un’altra ancora dal forte odore che si levava dal mercato delle spezie, un’altra dalla musica suonata da un uomo seduto all’uscio della porta di casa.

Palese o oscuro che fosse, tutto quel che Marco mostrava aveva il potere degli emblemi, che una volta visti non si possono dimenticare né confondere.

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M A R C O T A V. 5 CIn. p. 39 CIn. p. 14

Ciò che rendeva prezioso a Kublai ogni fatto o notizia riferito dal suo inarticolato informatore era lo spazio che restava loro intorno, un vuoto non riempito di parole. Le descrizioni di città visitate da Marco Polo avevano questa dote: che ci si poteva girare in mezzo col pensiero, perdercisi, fermarsi a prendere il fresco, o scappare via di corsa.

Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte: la città dice tutto quello che devi pensare, ti fa ripetere il suo discorso, e mentre credi di visitare Tamara non fai che registrare i nomi con cui essa definisce se stessa e tutte le sue parti. Come veramente sia la città sotto questo fitto involucro di segni, cosa contenga o nasconda, l’uomo esce da Tamara senza averlo saputo.

Quando Polo cominciava a dire di come doveva essere la vita in quei luoghi, giorno per giorno, sera dopo sera, le parole gli venivano meno, e a poco a poco tornava a ricorrere a gesti, a smorfie, a occhiate. Così, per ogni città, alle notizie fondamentali enunciate in vocaboli precisi, egli faceva seguire

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84 ARALDI_METROPOLITANI M A R C O

un commento muto, alzando le mani di palma, di dorso o di taglio, in mosse diritte o oblique, spasmodiche o lente.

CIn. p. 40

CIn. p. 22

Nella mente del Kan l’impero si rifletteva in un deserto di dati labili e intercambiabili come grani di sabbia da cui emergevano per ogni città e provincia le figure evocate dai logogrifi del veneziano.

T A V. 5

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QFWFQ

Qfwfq è un personaggio non umano, un’entità in vita fin dall’alba dei tempi. Le sue vicende sono narrate da lui stesso e abbracciano periodi che vanno da primordiale al contemporaneo.

Personaggio

Progetto

Il progetto interveniene su una rovina architettonica che già in passato è stata luogo di rappresentazione per proteggerla e nel contempo abitarla come spazio narrativo.

Lavorando da una parte con l’inserimento di uno spazio adibito a teatro e dall’altra con un’installazione sonora diffusa che interagisce con la fisicità delle rovine, il progetto vuole restituire una sfaccettatura della caratterialità del protagonista delle Cosmicomiche.

Luogo

Le rovine dell’Anfiteatro romano a Milano fanno parte di una serie di reperti archelogici risalenti al periodo di edificazione romana. Questo periodo è stato il primo a lasciare delle tracce persistenti dal punto di vista urbanistico.

Si può quindi, per estensione, affermare che queste rovine sono l’origine della città di Milano.

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90 ARALDI_METROPOLITANI Q F W F Q

Lo so bene! – esclamò il vecchio Qfwfq – voi non ve ne potete ricordare ma io sì. L’avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata.

Ma prima, io ero bambino ancora, era buio pesto. Sulle nebule si stava come chi dicesse coricati, insomma appiattiti, fermi fermi, lasciandosi girare dalla parte dove girava. Stavamo scrutando questo buio quando avvenne il cambiamento, la superficie terrestre ormai si rapprendeva sempre di più in un guscio poroso.

Tutto stava solo cominciando.

E quando invece si stava tutti lì – si ricordò il vecchio Qfwfq – e dove, altrimenti? Che ci potesse essere lo spazio, nessuno ancora lo sapeva. E il tempo, idem: cosa volete che ce ne facessimo, del tempo, stando lì pigiati come acciughe?

Quando ormai era chiaro che i tempi dell’acqua erano finiti – continuava a raccontare il vecchio Qfwfq – quelli che si decidevano a fare il grande passo erano sempre in maggior numero. Ormai i pesci giovani non li teneva più

Cosm. p. 5 Cosm. p. 31 T A V. 1 \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/QFWFQ/TAV.1

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Q F W F Q

Esatto, quel tempo là ci si impega, mica meno, - disse Qfwfq - io una volta passando feci un segno in un punto dello spazio. [...] Un segno come? E’ difficile da dire perchè se vi si dice segno voi subito pensate a un qualcosa che si distingua da qualcosa, e lì non c’era niente che si distinguesse da niente [...]

il cielo sgombro si spalancava come un abisso in fondo al quale le stelle s’andavano moltiplicando, e la notte rovesciava su di me un fiume di vuoto, mi sommergeva di sgomento e di vertigine.

Stavamo osservando questo buio attraversato da sole voci [...]

Cosm. p. 30 Cosm. p. 17 Cosm. p. 27 Cosm. p. 48 T A V. 6

nessuno, sbattevano le pinne sulle rive di fango per vedere se funzionavano da zampe, com’era riuscito ai più dotati.

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92 ARALDI_METROPOLITANI Q F W F Q \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/QFWFQ/TAV.7

Il Decano (k) yk, a starci insieme per un po’, era un tipo abbastanza noioso, privo di risorse, non aveva mai nulla da raccontare. Neanch’io, del resto, avrei potuto raccontare molto, dato che fatti degni d’esser raccontati non ne erano successi, o almeno così pareva a noi. L’unica era fare delle ipotesi, anzi: fare ipotesi sulla possibilità di fare ipotesi. Ora, nel fare ipotesi di ipotesi, io avevo più immaginazione del Decano, e questo era insieme un vantaggio e uno svantaggio, perché mi portava a fare scommesse più arrischiate, cosicché si può dire che le probabilità di vincita erano pari.

mi sentivo sempre un Dinosauro in mezzo ai nemici, e ogni sera, quando attaccavano a raccontare storie di Dinosauri, tramandate di generazione in generazione, io mi facevo indietro, nell’ombra, a nervi tesi.

Quando compivo un’azione su cui volevo richiamare l’attenzione, non avevo che da innalzare quel cartello, cercando di fare in modo che l’indice fosse puntato sul particolare più

Cosm. p. 58 Cosm. p. 83 T A V. 7

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Q F W F Q

Correvo tra gradini di basalto e di granito che si sfogliavano come pagine d’un libro.

Cosm. p. 41 Cosm. p. 83

importante della scena.

T A V. 6

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94 ARALDI_METROPOLITANI Q F W F Q

[...] la felicità che mi veniva da lei era insieme quella di celarmi io puntiforme in lei, e quella di proteggere lei puntiforme in me, era contemplazione viziosa (data la promiscuità del convergere puntiforme di tutti in lei) e insieme casta (data l’impenetrabilità puntiforme di lei). Insomma, cosa potevo chiedere di più?

E tutto questo, così come era vero per me, valeva pure per ciascuno degli altri. E per lei: conteneva ed era contenuta con pari gioia, e ci accoglieva e amava e abitava tutti ugualmente.

Ho scoperto un passaggio nella catena dei monti: di là s’estende un’immensa pianura di pietra, abbandonata da poco dalle acque. Saremo i primi a stabilirci là, popoleremo territori sconfinati, noi e i nostri figli.

Dal margine di quel mantello carnoso che avevo sul corpo, mediante certe ghiandole, cominciai a buttar fuori secrezioni che prendevano una curvatura tutto in giro, fino a coprirmi d’uno scudo duro e poroso [...]

Cosm. p. 33 Cosm. p. 55 Cosm. p. 99 T A V. 8 \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/QFWFQ/TAV.8

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Q F W F Q

La lunga migrazione che mi mise in salvo, la compii attraverso un cimitero di carcasse spolpate, in cui solo una cresta, o un corno, o una piastra di corazza, o un brandello di pelle tutta scaglie ricordava lo splendore antico dell’essere vivente.

E in questo esprimermi ci mettevo tutti i pensieri che avevo per quella là, lo sfogo della rabbia che mi faceva, il modo amoroso di pensarla, la volontà di essere per lei, d’essere io che fossi io, e per lei che fosse lei, e l’amore per me stesso che mettevo nell’amore per lei, tutte le cose che potevano essere dette soltanto in quel guscio di conchiglia [...]

Cosm. p. 64 Cosm. p. 99 T A V. 8

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96 ARALDI_METROPOLITANI Q F W F Q

Il Decano (k) yk, a starci insieme per un po’, era un tipo abbastanza noioso, privo di risorse, non aveva mai nulla da raccontare. Neanch’io, del resto, avrei potuto raccontare molto, dato che fatti degni d’esser raccontati non ne erano successi, o almeno così pareva a noi. L’unica era fare delle ipotesi, anzi: fare ipotesi sulla possibilità di fare ipotesi. Ora, nel fare ipotesi di ipotesi, io avevo più immaginazione del Decano, e questo era insieme un vantaggio e uno svantaggio, perché mi portava a fare scommesse più arrischiate, cosicché si può dire che le probabilità di vincita erano pari.

mi sentivo sempre un Dinosauro in mezzo ai nemici, e ogni sera, quando attaccavano a raccontare storie di Dinosauri, tramandate di generazione in generazione, io mi facevo indietro, nell’ombra, a nervi tesi.

Correvo tra gradini di basalto e di granito che si sfogliavano come pagine d’un libro.

Cosm. p. 58 Cosm. p. 83 Cosm. p. 41 T A V. 7 \\ BOTTINI_RIVA/ARALDI_METROPOLITANI/QFWFQ/TAV.7

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Q F W F Q T A V. 7

Quando compivo un’azione su cui volevo richiamare l’attenzione, non avevo che da innalzare quel cartello, cercando di fare in modo che l’indice fosse puntato sul particolare più importante della scena.

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