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Introduzione alla teoria formale dei molti corpi

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Academic year: 2022

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Introduzione alla teoria formale dei molti corpi

Giampaolo Co’

Dipartimento di Matematica e Fisica, Ennio De Giorgi Universit` a del Salento

e

INFN, Sezione di Lecce

(2)

Scopo delle teorie a molticorpi `e la descrizione delle propriet`a di un sistema composto da molte particelle partendo dalla loro mutua interazione.

In realt`a le teorie a molticorpi affrontano un problema tecnico, non di principio. Le equazioni da risolvere sono note e definite dal sistema in oggetto. Per un sistema classico si tratta di risolvere le equazioni di Newton oppure, nel caso relativistico, quelle di Einstein-Lorentz. Nel caso quantistico non relativistico le equazioni da risolvere sono quelle di Schr¨odinger, nel caso relativistico bisogna considerare le equazioni di campo. Queste equazioni sono ben definite per un numero qualsiasi di particelle, anche infinito. Purtroppo la soluzione esatta di queste equazioni diventa sempre pi`u difficile con l’aumentare il numero delle particelle che compongono il sistema.

Il nucleo atomico `e un esempio di sistema a molticorpi. Ipotizziamo sia composto solamente da neutroni e protoni. L’equazione di Schr¨odinger che descrive un nucleo di A nucleoni pu`o essere scritta come:

H|Ψ >= E|Ψ >, (1)

in cui sia l’hamiltoniana H che la funzione d’onda |Ψ > dipendono dalle A coordinate spaziali dei nucleoni che compongono il nucleo, e dal loro stato di spin e isospin. Il valore dell’energia del sistema `e dato da:

< Ψ|H|Ψ >

< Ψ|Ψ > = E. (2)

Per risolvere questa equazione `e necessario calcolare un numero di integrali a 3 A dimensioni (le coordinate spaziali dei nucleoni) pari al numero delle possibili configurazioni di spin e isospin. Per un nucleo composto da A nucleoni, di cui Z protoni, questo numero `e dato dalla formula:

Nconf = 2A A!

Z!(A − Z)! (3)

Il numero delle configurazioni di spin e isospin per alcuni nuclei, `e mostrato nella tabella.

Per nuclei come 40Ca questo numero raggiunge l’ordine di grandezza del numero di Avogadro e, supponendo di poter calcolare l’integrale a 3 A dimensioni in un millisecondo, indipendentemente da quanto valga A, significa che il computer dovrebbe lavorare per 1020 secondi, (ricordo che l’et`a stimata dell’universo `e dell’ordine di 1018secondi).

Questo esempio fa capire come l’approccio diretto al problema dei molticorpi sia pragmaticamente fallimentare e come sia necessario sviluppare delle metodologie di soluzione approssimata delle equazioni che descrivono il sistema: questo `e lo scopo delle teorie a molticorpi.

Le tecniche a molticorpi che descriver`o prescindono dalle caratteristiche dell’interazione e dalla strut- tura interna dei componenti fondamentali del sistema.

Strettamente parlando, oggi, in fisica, si ritiene che le uniche entit`a puntiformi, ovvero prive di strut- tura interna, siano leptoni e quark, e particelle mediatrici delle quattro interazioni fondamentali, e, per

i

(3)

ii

Nucleo Z N=A-Z Nconf

3H 1 2 24

3He 2 1 24

4He 2 2 96

6He 2 4 960

6Li 3 3 1280

8He 2 6 7168

12C 6 6 3784704

16O 8 8 8.4 · 108

40Ca 20 20 1.5 · 1023

48Ca 20 28 4.7 · 1027

Tabella 1: Numero di configurazioni di spin e isospin per alcuni nuclei.

finire, il bosone di Higgs. Ovviamente tutta la materia `e composta da leptoni e quark, ma nessuno penserebbe di descrivere il208Pb, l’acqua o una galassia partendo dalla loro composizione in termini di quark e leptoni. Il punto di partenza della descrizione dei sistemi a molticorpi `e la scelta delle entit`a da considerare puntiformi a cui poi applicare le tecniche a molticorpi.

In queste note presenter`o l’approccio alla teoria a molticorpi ispirato alla teoria dei campi che `e quello pi`u noto ed che ha imposto la nomenclatura.

Queste note sono concepite per essere una introduzione alle tecniche a molticorpi. Lo scopo che mi sono prefisso `e quello di esporre sopratutto le idee di base e le problematiche. Per questo motivo molti argomenti sono trattati senza entrare nei dettagli delle dimostrazioni che, ho pensato, avrebbero ulteriormente appesantito il gi`a pesante apparato formale. I lettori interessati ad approfondire possono fare riferimento ai testi citati nella bibliografia.

Un ultimo avvertimento, in queste note mi occuper`o esclusivamente di sistemi fermionici. L’estensione a sistemi bosonici non presenta difficolt`a rilevanti sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista tecnico. Non `e comunque da considerarsi immediata.

(4)

1 Modelli a campo medio 3

1.1 Propriet`a generali . . . 3

1.2 Simmetria sferica . . . 4

1.2.1 Termine di spin-orbita . . . 8

1.3 Simmetria traslazionale . . . 10

2 Rappresentazione dei numeri di occupazione 13 2.1 Determinanti di Slater . . . 13

2.2 Operatori di creazione e di distruzione . . . 14

2.3 Operatori ad uno o a due corpi . . . 17

2.4 Operatori di campo . . . 18

3 Teoria perturbativa dei sistemi a molti corpi 21 3.1 Rappresentazioni . . . 21

3.2 Operatore di evoluzione temporale . . . 24

3.3 Teorema di Wick . . . 26

3.4 Accensione adiabatica dell’interazione . . . 28

4 Teorema di Goldstone 31 4.1 Diagrammi di Goldstone . . . 31

4.2 Teorema di Goldstone . . . 33

5 Teoria di Brueckner 41 5.1 Introduzione . . . 41

5.2 La somma dei diagrammi a scala (ladder diagrams) . . . 42

5.3 L’equazione di Bethe-Goldstone . . . 46

5.4 Il confronto con l’equazione di Lipmann-Schwinger . . . 48

5.5 Applicazione alla materia nucleare . . . 49

5.6 Considerazioni finali . . . 52

6 Applicazioni del principio variazionale 55 6.1 Introduzione . . . 55

6.2 Principio variazionale . . . 55

6.3 Hartree-Fock . . . 57

6.3.1 Hamiltoniana Hartee-Fock . . . 57

6.3.2 Equazioni di Hartree-Fock . . . 59

6.3.3 Hartree-Fock nel gas di Fermi . . . 62

6.4 Teoria del funzionale densit`a (DFT) . . . 63 iii

(5)

INDICE 1

6.4.1 Teorema di Hoenberg-Kohn . . . 63

6.4.2 Equazioni di Khon e Sham . . . 66

6.5 Densit`a e funzioni d’onda di singola particella . . . 67

7 Funzioni di Green 71 7.1 Funzioni di Green ad un corpo . . . 71

7.1.1 Sistema di fermioni non interagenti . . . 75

7.1.2 Relazione con la risolvente dell’equazione di Schr¨odinger. . . 77

7.1.3 Rappresentazione di Lehman . . . 78

7.1.4 Interpretazione fisica . . . 80

7.2 Funzione di Green a due corpi . . . 81

7.2.1 Rappresentazione di Lehmann . . . 82

7.3 Risposta lineare . . . 83

7.4 Equazioni del moto . . . 85

8 Descrizione perturbativa della funzione di Green 89 8.1 Diagrammi di Goldstone-Feynmann . . . 91

8.2 Equazione di Dyson e Autoenergia . . . 93

8.3 Hartree - Fock . . . 97

8.4 Equazione di Bethe-Salpeter . . . 102

8.5 La teoria Random Phase Approximation (RPA) . . . 104

A Operatori di creazione e distruzione nel modello a Shell 109

Bibliografia 111

(6)
(7)

Capitolo 1

Modelli a campo medio

1.1 Propriet` a generali

In questo capitolo illustrer`o le caratteristiche del modello a campo medio che `e il punto di partenza dal quale si evolvono tutte le teorie a molticorpi. Il modello a campo medio, o a particelle indipendenti, `e l’approccio del problema a molticorpi pi`u semplice da risolvere.

L’hamiltoniana che descrive il sistema a molticorpi pu`o essere espressa come

H =

A

X

i=1



− ¯h2 2mi

2i + V0(i)

 +1

2

A

X

i,j=1

V (i, j) , (1.1)

dove A indica il numero di particelle di massa mi. il primo termine indica l’energia cinetica, V0(i) un generico potenziale che agisce su ogni singola particella, e V (i, j) l’interazione tra due particelle.

Nel caso si stia descrivendo un sistema atomico, o molecolare, le particelle che vengono descritte dall’hamiltoniana (1.1) sono elettroni. Per un atomo, il potenziale V0(i) `e quello generato dal nucleo, quindi

V0(i) = − e2 4π0

Z ri

(1.2) dove ri `e la posizione dell’elettrone dal nucleo, e Z rappresenta il numero di protoni che compongono il nucleo, quindi il numero atomico che corrisponde con il numero di elettroni. Il potenziale di interazione tra due elettroni `e

V (i, j) = e2 4π0

1

rij (1.3)

dove rij = |ri− rj| `e la distanza tra i due elettroni. Ovviamente nel caso atomico si ha nell’espressione (1.1) Z = A.

Nel caso di un nucleo atomico si ha

V0(i) = 0 (1.4)

e V (i, j) rappresenta genericamente l’interazione nucleare forte tra due nucleoni.

Aggiungiamo e sottraiamo all’espressione (1.1) un termine di potenziale medio U (i) che agisce esclu- sivamente su una particella

H =

A

X

i



− ¯h2

2mi2i + V0(i) + U (i)



| {z }

H0

+1 2

A

X

i,j

V (i, j) −

A

X

i

U (i)

| {z }

H1

, (1.5)

3

(8)

Il termine tra parentesi tonde, H0 `e somma di operatori che agiscono su una particella alla volta.

Possiamo quindi definire la somma di questi operatori come hamiltoniane di singola particella h(i),

H0=X

i

h(i) =

A

X

i



− ¯h2 2mi

2i + V0(i) + U (i)



. (1.6)

Il modello a campo medio consiste nel trascurare nell’espressione (1.5) il termine H1. In questa approssimazione il problema a molti-corpi viene trasformato in una somma di problemi ad un corpo. Il modello `e anche detto a particelle indipendenti poich´e le particelle descritte da H0 non interagiscono tra di loro. Il fatto che H0 sia somma di termini indipendenti implica che i suoi autostati possono essere costruiti come prodotti degli autostati di h(i)

h(i)|φii = iii , (1.7)

e quindi

H0|Φi = X

i

h(i)

!

|Φi = ˜E|Φi , (1.8)

dove

|Φi = |φ1i|φ2i · · · |φAi . (1.9)

Per fermioni l’antisimmetria della funzione d’onda per lo scambio di due particelle implica che |Φi sia una combinazione lineare di prodotti antisimmetrizzati, che possono essere descritti come determinante di funzioni d’onda di singola particella, il determinante di Slater

|Φi = 1

√A! det{φi} . (1.10)

Il potenziale medio inserito in H0`e normalmente definito fenomenologicamente. Ad esempio nel caso atomico U (i) `e un potenziale che considera lo schermo degli altri elettroni rispetto all’interazione con il nucleo. Per nuclei atomici le espressioni di U (i) pi`u utilizzate sono l’oscillatore armonico e il potenziale di Woods-Saxon

U (r) = −U0

1 + exp(r−Ra ) (1.11)

dove U0, R e a sono costanti reali e positive, i cui valori sono fissati dal confronto con dati empirici.

1.2 Simmetria sferica

Come visto precedentemente, nel modello a campo medio la soluzione del problema a molticorpi consiste nel risolvere per ogni particella l’equazione di Schr¨odinger di singola particella, l’equazione (1.7).

Atomi e nuclei sono sistemi che vengono ben descritti considerando la simmetria sferica del potenziale U (r) = U (r) dove r = |r|. `E conveniente cercare delle soluzioni del tipo

φ(r) = X

n,l,µ,σ

Rnl(r)Y(Ω)χσ , (1.12)

dove n, l, µ, σ sono i numeri quantici che identificano i vari termini della funzione d’onda: n numero quantico principale, l numero quantico del momento angolare orbitale, µ la sua proiezione sull’asse di quantizzazione e σ la proiezione dello spin. Ho indicato con Y l’armonica sferica e con Ω ≡ (θ, φ) la

(9)

1.2. SIMMETRIA SFERICA 5

parte angolare delle coordinate polari sferiche. Lo spinore di Pauli che descrive lo spin del fermione, elettrone o nucleone che sia, `e indicato da

χ1/2=

 1 0



; χ−1/2=

 0 1



. (1.13)

Utilizziamo le ben note tecniche per risolvere l’Equazione di Schr¨odinger con un potenziale con sim- metria sferica. Esprimendo l’operatore laplaciano in coordinate polari sferiche, si osserva che la parte differenziale relativa al modulo della distanza, r, `e separata da quella che riguarda le coordinate angolari Ω. Autostati della parte angolare sono le armoniche sferiche Yl,µ(Ω), e gli autovalori sono l(l + 1)¯h2. Ope- rando in questo modo, e sostituendo alla parte operatoriale che agisce su Ω il termine con gli autovalori, si ottiene un’espressione che, dal punto di vista operatoriale, dipende solo da r,

 p2r

2m+l(l + 1)

2mr2 + U (r) − nl



[Rnl(r)Y(Ω)χσ] = 0 , (1.14) dove l’espressione dell’operatore p2r `e

p2rRnl(r) = −¯h2 1 r2

d dr

 r2 d

drRnl(r)



= −¯h2 d2

dr2Rnl(r) +2 r

d drRnl(r)



. (1.15)

Supponendo che il potenziale U dipenda solo da r, e non dallo spin della particella, si ottiene l’espressione

d2

dr2Rnl(r) +2 r

d

drRnl(r) + 2m

¯

h2 (nl− U (r)) −l(l + 1) r2



Rnl(r) = 0 . (1.16)

-V0

V(r)

0

0 R

Figura 1.1: Potenziale a buca infinita.

Questa tecnica di sviluppo in armoniche sferiche della funzione d’onda,

`e valida per ogni potenziale che dipenda solo da r. La potenza di que- sta `e tecnica consiste nel fatto di aver ridotto il problema di risolvere un’equazione differenziale in tre dimensioni a quello della soluzione di un’equazione differenziale ad una dimensione. Solo dopo aver ottenu- to l’espressione (1.16) `e necessario specificare la dipendenza da r del potenziale. Qui sotto considerer`o alcuni potenziali molto utilizzati in letteratura.

A. Potenziale costante

Il potenziale costante `e tipico di problemi a simmetria traslazionale, come il gas infinito di fermioni o la particella libera, in questo caso la costante `e uguale a zero. La trattazione di questo problema `e molto utile perch`e gli autostati del potenziale costante possono essere utiliz- zati come base sulla quale sviluppare funzioni d’onda pi`u complesse.

Consideriamo il sistema legato con dimensioni R. Il potenziale `e

U (r) = −V0 per r ≤ R e U (r) = ∞ per r > R (1.17) come mostrato nella Figura 1.3. L’equazione (1.16) `e definita solo nell’intervallo 0 ≤ r ≤ R.

Definiamo

k2= 2m

¯

h2(nl+ V0) (1.18)

e dividiamo la (1.16) per k2. Possiamo riscrivere questa equazione come dipendente dalla variabile ρ = kr d2

2Rnl(ρ) + 2 ρ

d

dρRnl(ρ) +



1 − l(l + 1) ρ2



Rnl(ρ) = 0 . (1.19)

(10)

0.0 1.0 2.0 3.0 4.0 -1.0

-0.5 0.0 0.5 1.0

x [π]

j0

j1 j2

j3

Figura 1.2: Prime quattro funzioni di Bessel sferiche

Questa equazione differenziale `e ben nota in letteratura. Due categorie di soluzioni indipendenti sono le funzioni di Bessel sferiche jl(ρ), e le funzioni di Neumann nl(ρ), le prime sono regolari all’origine, e le seconde irregolari. Dato il significato fisico della funzione d’onda, solo soluzioni legate alle funzioni di Bessel sferiche sono fisicamente accettabili.

Le espressioni analitiche delle prime due funzioni di Bessel sferiche sono j0(ρ) = sin ρ

ρ ; j1(ρ) = sin ρ

ρ2 −cos ρ

ρ , (1.20)

ed `e valida la relazione di ricorrenza

(2l + 1)jl(ρ) = ρ [jl+1(ρ) + jl−1(ρ)] , (1.21) per l > 0.

Dal punto di vista fisico, poich´e il potenziale tende all’infinito per r ≥ R, `e necessario che jj sia nulla nel punto r = R e, ovviamente, per r > R. Questo impone la condizione jl(kR) = jl(Xnl) = 0, che, vista la definizione di k, implica

2m

¯

h2(nl+ V0)R2= Xnl2 ; nl= ¯h2 2m

Xnl2

R2 − V0 . (1.22)

Gli zeri della funzione d’onda dipendono dal numero quantico principale n e da quello orbitale l. Ad esempio, per j0 gli zeri corrispondono a multipli interi di π. `E evidente dalla (1.22) che, in questo caso, tutti gli autovalori dell’energia sono discreti.

B. Oscillatore armonico a tre dimensioni In questo caso il potenziale `e

U (r) = 1

2mω2r2 . (1.23)

(11)

1.2. SIMMETRIA SFERICA 7

Poich´e r2 = x2 + y2+ z2 `e possibile risolvere il problema riformulando l’equazione di Schr¨odinger in coordinate cartesiane. In questo modo l’equazione differenziale diventa separabile nelle tre coordinate e le autofunzioni possono essere costruite come prodotto delle autofunzioni dell’oscillatore armonico ad una dimensione ottenute per ognuna delle tre coordinate. L’autovalore `e dato dalla somma dei singoli autovalori nelle tre direzioni.

Ovviamente, il potenziale di oscillatore armonico `e di tipo centrale, quindi pu`o essere trattato utiliz- zando lo sviluppo in armoniche sferiche. La funzione d’onda che si ottiene `e proporzionale ai polinomi di Laguerre. Gli autovalori possono essere espressi in termini dei numeri quantici della funzione d’onda espressa in termini di armoniche sferiche. Questi autovalori possono essere riscritti come

nl= ¯hω

 N +3

2



= ¯hω



Nx+ Ny+ Nz+3 2



= ¯hω



2(n − 1) + l +3 2



. (1.24)

I primi due termini esprimono gli autovalori in termini dei numeri quantici della soluzione in coordinate cartesiane, mentre l’ultima espressione si riferisce ai numeri quantici della soluzione in coordinate polari sferiche. In quest’ultimo caso n − 1 indica il numero di nodi della funzione d’onda (il valore minimo di n `e 1), ed l `e il numero quantico legato al momento angolare orbitale. Il valore dell’energia dipende da N numero che pu`o essere ottenuto modificando sia n che l. Stati che hanno la stessa energia, sebbene abbiano numeri quantici n e l differenti, sono detti degeneri. Si tratta di una degenerazione casuale, o accidentale, perch´e generata dalla scelta specifica di una forma funzionale del potenziale, e non dalla caratteristiche di simmetria del sistema. Una degenerazione di quest’ultimo tipo `e quella legata al numero quantico µ, presente in tutti i problemi a simmetria sferica.

N n l n l Π

0 1 0 1s +1

1 1 1 1p -1

2 2 0 2s 1 2 1d +1

3 2 1 2p 1 3 1f -1

Tabella 1.1: Esempio di combinazione di numeri quantici che producono lo stesso valore dell’energia (1.24). I vari livelli energetici sono identificati con la tradizionale simbologia spettroscopica. L’ultima colonna indica la parit`a degli stati ottenuta come (−1)l.

Nella tabella (1.1) presento una lista di valori dei numeri quantici che producono lo stesso valore dell’energia (1.24). Come si vede l’oscillatore armonico produce sequenze di autostati accidentalmente degeneri. `E interessante notare come tutti gli stati con la stessa energia abbiano la stessa parit`a, il cui valore cambia quando si incrementa l’autovalore dell’energia di ¯hω.

C. Potenziale di Coulomb

Nella descrizione di un sistema atomico a molti elettroni, il modello a campo medio interviene quando si trascura l’interazione reciproca tra gli elettroni e si considera solo l’interazione tra ogni singolo elettrone e in nucleo atomico. Eventualmente il potenziale generato dal nucleo pu`o essere corretto dalla presenza di un potenziale medio che descrive l’effetto di schermo prodotto dalla presenza degli altri elettroni. Per distanze vicine all’origine il potenziale a cui `e sensibile l’elettrone `e quello prodotto dal nucleo

lim

ri→0V0(i) + U (i) = − e2 4π0

Z ri

, (1.25)

mentre a distanze lontane dal nucleo l’elettrone `e sensibile ad un potenziale schermato dalla presenza degli altri N elettroni

rilim→∞V0(i) + U (i) = − e2 4π0

Z − (N − 1)

ri . (1.26)

(12)

Il puro potenziale Coulombiano

V (r) = − e2 4π0

Z

r , (1.27)

genera autovalori dell’energia che sono indipendenti da l, degenerazione casuale o accidentale, e da µ, degenerazione prodotta dalla simmetria sferica del potenziale

n= −1

2mc2(Zα)2

n2 , (1.28)

dove α `e la costante di struttura fine

α = e2 4π0

1

¯

hc , (1.29)

e n `e il numero quantico principale. Fissato il valore di n il momento angolare l pu`o assumere i valori 0, 1, · · · , n − 1.

n l n l n l

1 1 0 1s

2 2 0 2s 2 1 2p

2 3 0 3s 3 1 3p 3 2 3d

Tabella 1.2: Schema dei livelli del potenziale Coulombiano. Le energie sono identificate dal numero quantico n, quindi si ha una degenerazione accidentale per diversi valori di l.

Nella tabella 1.2 sono mostrati i livelli che hanno degenerazione accidentale. Ogni livello ha una degenerazione legata ai valori della terza componente del momento angolare caratterizzata dal numero quantico µ che pu`o assumere 2l + 1 valori. Considerando anche il fatto che il potenziale non dipende dalla direzione dello spin dell’elettrone la degenerazione globale `e 2(2l + 1). Su questa base, considerando il principio di esclusione di Pauli, si costruisce la tavola periodica degli elementi.

1.2.1 Termine di spin-orbita

Al termine di questa sezione dedicata ai potenziali centrali, presento la trattazione del termine di spin- orbita nell’ambito delle teorie di campo medio non-relativistiche. `E ormai accettato che gli effetti generati dalla presenza dell’interazione tra momento angolare orbitale e spin semi-intero del fermione abbiano origine relativistica. Questo `e sempre stato evidente nell’ambito della fisica atomica, ma nell’ambito della fisica nucleare `e stato accettato solo nei primi anni ’90 del secolo scorso. L’effetto dell’accoppiamento spin- orbita nei nuclei `e molto grande ed era difficile da comprendere utilizzando i modelli nucleari sviluppati fino a quel momento.

Per quanto ci riguarda l’idea `e quella di descrivere questi effetti nell’ambito della tradizionale mecca- nica quantistica non relativistica. Nel modello di campo medio che stiamo discutendo, si tratta di aggiun- gere al termine scalare del potenziale con simmetria sferica un termine proporzionale all’accoppiamento spin-orbita,

V (r) = Vc(r) −2α

¯

h2l · σ , (1.30)

dove α `e una costante reale. Il prodotto scalare tra l e lo spin s = σ/2 `e dovuto al fatto che globalmente l’hamiltoniana deve essere un operatore scalare, e questo `e il pi`u semplice tipo di accoppiamento tra momento angolare orbitale e spin.

La presenza di una dipendenza dallo spin nell’hamiltoniana ci costringe a modificare la procedura della soluzione dell’equazione di Schr¨odinger che era basata sullo sviluppo in onde parziali (1.12), dove

(13)

1.2. SIMMETRIA SFERICA 9

le armoniche sferiche, autostati di l2 presente nell’hamiltoniana, e gli spinori di Pauli χ, autostati di s2, erano fattorizzati. L’assenza di termini dipendenti dallo spin nell’hamiltoniana permetteva di non considerare questi ultimi questi termini.

La situazione attuale `e pi`u complicata per la dipendenza dell’hamiltoniana dallo spin. Risulta conve- niente trattare il problema considerando il momento angolare totale del fermione ottenuto come somma del momento angolare orbitale e dello spin j = l + s. Questa definizione implica

j2= (l + s)2= l2+ s2+ 2l · s , (1.31) da cui si ottiene un’espressione di l · s dipendente dai quadrati dei tre momenti angolari che stiamo considerando

l · s = 1

2 j2− l2− s2

. (1.32)

A questo punto conviene considerare espressioni dell’autofunzione dell’hamiltoniana della forma φnljm(r) = Rnj(r)X

µσ

hl µ1

2σ|j miY(Ω)χσ= Rnj(r)Yljm(Ω) , (1.33) dove abbiamo unito armoniche sferiche e spinori di Pauli considerando i coefficienti di Clebsch-Gordan, e abbiamo definito l’armonica sferica di spin che `e autostato dei seguenti operatori

j2Yljm(Ω) = j(j + 1)¯h2Yljm(Ω) ; jzYljm(Ω) = m¯hYljm(Ω) , (1.34) l2Yljm(Ω) = l(l + 1)¯h2Yljm(Ω) ; s2Yljm(Ω) = 3

4¯h2Yljm(Ω) , (1.35) e quindi, per quanto riguarda il termine inserito nell’hamiltoniana abbiamo che

l · s Yljm(Ω) = 1

2j2− l2− s2 ¯h2Yljm(Ω) = 1 2



j(j + 1) − l(l + 1) −3 4



¯

h2Yljm(Ω) . (1.36)

Dato che j = l ± 1/2, il termine di spin-orbita produce

per j = l +1 2

 (l +1

2)(l +3

2) − l2− l −3 4



= l (1.37)

per j = l −1 2

 (l −1

2)(l +1

2) − l2− l −3 4



= −(l + 1) ,

quindi cnl, l’energia ottenuta con il solo termine Vc nella (1.30), viene modificata come segue

j=l-1/2

j=l+1/2 Figura 1.3: Separazione del livello di singola particella per l’azione del termine di spin-orbita.

nlj = cnl+ α(l + 1) per j = l − 1 2

nlj = cnl− αl per j = l +1

2 (1.38)

La definizione delle costanti della (1.30) `e stata fatta in modo che per α > 0 l’energia con l − 1/2 sia inferiore a cnl, e viceversa per l + 1/2. Questo `e quanto avviene in fisica nucleare. L’effetto del termine di spin-orbita in fisica atomica `e invertito.

(14)

1.3 Simmetria traslazionale

Barioni, nuclei, atomi e molecole sono sistemi ben descritti usando una simmetria rotazionale. In questi sistemi, anche se deformati, `e possibile delineare la posizione di un punto attorno al quale il sistema si sviluppa e che pu`o essere considerato il centro dal quale emerge il potenziale medio. Negli agglomerati di materia condensata domina la simmetria traslazionale, nella quale la struttura base del sistema si riproduce periodicamente in ogni direzione e non `e possibile identificare un punto centrale.

Il modello di campo medio che sta alla base di questo tipo di sistemi `e quello in cui il potenziale V `e costante. Questo sistema fermionico viene comunemente chiamato gas di Fermi. Si tratta di un sistema omogeneo, di volume infinito e con un numero infinito di fermioni non interagenti. Dato che la scelta della scala dell’origine dell’energia `e arbitraria, `e sempre possibile definire V = 0. In questo caso l’equazione di Schr¨odinger di singola particella `e

− ¯h2 2mi

2iφi(r) = iφi(r) , (1.39)

con

φi(r) = 1

√Vei(ki·r)χσχτ , (1.40)

dove V `e il volume, e χ sono spinori di Pauli relativi allo spin e all’isospin della particella, le cui ter- ze componenti sono indicate come σ e τ , rispettivamente. Le variabili fisiche interessanti sono quelle indipendenti da V che alla fine del calcolo pu`o essere considerato infinito.

La simmetria del problema induce a considerare il sistema racchiuso in una scatola cubica di lato L = V1/3 con condizioni al contorno periodiche

φi(x + L, y, z) = φi(x, y + L, z) = φi(x, y, z + L) = φi(x, y, z) . (1.41) Dato che

φi(r = 0) = 1

√Vχσχτ , (1.42)

per rispettare le condizioni periodiche dobbiamo imporre

eikxL = eikyL = eikzL= 1 , (1.43) che implica

kx= 2π

L nx; ky= 2π

L ny ; kz =2π

Lnz , (1.44)

dove nx, ny, nz sono numeri interi. Si ha quindi che n3= L3

(2π)3k3= L3

(2π¯h)3p3 (1.45)

Il calcolo della densit`a degli stati inizia considerando l’espressione dell’energia in un intervallo infini- tesimo, ovvero compresa tra  e  + d. Dato che l’impulso `e legato al numero d’onda dalla relazione p = mv = ¯hk, e consideriamo energie cinetiche non relativistiche, abbiamo  = mv2/2 = p2/2m = ¯h2k2/2m.

Il differenziale in energia `e

d = d 1 2mv2



=1

2m 2 vdv = v m dv = v dp , (1.46)

dove v = |v| e p = |p|. La densit`a degli stati `e data da ρ() = d3n

d = L3

(2π¯h)3d3p 1

v dp = V

(2π¯h)3p2dΩpdp 1

v dp= V (2π¯h)3

p2

v dΩp . (1.47)

(15)

1.3. SIMMETRIA TRASLAZIONALE 11

dove Ωpsono le coordinate angolari polari sferiche che identificano la direzione di p. Questa `e l’espressione della densit`a degli stati comunemente adottata nel calcolo di probabilit`a di transizione e sezioni d’urto.

Calcolo adesso densit`a ed energia cinetica per particella nel gas di Fermi. La normalizzazione ad uno delle funzioni d’onda di singola particella implica che ogni prodotto scalare sia moltiplicato per il fattore V/(2π)3. Infatti

abi = V (2π)3

Z d3r 1

√V e−i(ka·r) 1

√Vei(kb·r)= V (2π)3

(2π)3δ(ka− kb)

V . (1.48)

Calcoliamo la densit`a definita come

ρ(r) =

A

X

a

a(r)|2 , (1.49)

dove A `e il numero di fermioni che compongono il sistema. Consideriamo il sistema a temperatura zero.

In questo caso i fermioni occupano completamente tutti gli stati di singola particella fino ad esaurisi.

Sono completamente occupati tutti gli stati con un’energia inferiore ad una energia massima F detta energia di Fermi, mentre gli stati con energia maggiore sono totalmente vuoti. Nel nostro caso ogni stato

`

e caratterizzato dal numero d’onda, direttamente legato all’energia, quindi le stesse affermazioni possono essere fatte definendo un impulso massimo detto di Fermi pF, e il relativo numero d’onda kF. La relazione tra energia e numero d’onda di Fermi `e

F= ¯h2

2mk2F . (1.50)

Il calcolo della densit`a `e quindi ρ(r) = X

k≤kF

a(r)|2= V (2π)3D

Z kF 0

d3k 1

√Ve−i(k·r) 1

√Vei(k·r)= D (2π)3

Z kF 0

d3k . (1.51)

In questa equazione D indica il fattore di degenerazione dovuto alle caratteristiche dei fermioni che formano il sistema. Nel caso di gas di elettroni i fermioni si differenziano solo per le diverse orientazioni dello spin, mentre nel caso di materia nucleare c’`e anche una differenziazione legata alla terza componente dell’isospin che distingue i protoni dai neutroni. Abbiamo quindi, per elettroni

D = X

σ=±1/2

χσχσ = 2 , (1.52)

e per nucleoni

D = X

σ=±1/2

χσχσ X

τ =±1/2

χτχτ= 4 , (1.53)

Quindi calcolando l’integrale della (1.51) otteniamo ρ(r) = D

(2π)3 Z kF

0

d3k = D (2π)3

Z kF

0

k2dk d Ωk= D (2π)3

4

3πk3F= D 2π2

kF3

3 . (1.54)

La densit`a `e indipendente da r, come ci si aspettava, poich´e abbiamo considerato il sistema omogeneo.

In altre parole, avendo scelto le funzioni d’onda (1.39) come base, era implicita l’omogeneit`a del sistema.

Pi`u interessante `e la dipendenza della densit`a, in numero di particelle, dalla terza potenza dell’impulso di Fermi.

E possibile calcolare l’energia cinetica media di una particella.`

a|−¯h2

2m∇2ai = V (2π)3

Z

d3r 1

√V e−i(ka·r) −¯h2 2m∇2

 1

√V ei(ka·r)=¯h2ka2

2m (1.55)

(16)

L’energia cinetica del sistema `e quindi

T = X

k≤kF

a|−¯h2

2m∇2ai = D V (2π)3

Z kF

0

d3k¯h2k2

2m = D V (2π)3

¯ h2

2m Z kF

0

k2k2dk

= D V

(2π)3

¯ h2

2m kF5

5 = D V (2π)3

¯ h2

2m kF2

5

 2π23ρ D



= 3

5Vρ¯h2kF2 2m = 3

5AF (1.56)

Quindi l’energia cinetica per particella `e

T A = 3

5F (1.57)

ρ [1022 cm−3] kF[108 cm−1] F [eV] B [dyne / cm2] Bexp [dyne/ cm2]

Li 4.70 1.11 4.75 23.84 11.5

Na 2.65 9.22 3.24 9.17 6.42

K 1.40 0.75 2.12 3.17 2.81

Rb 1.15 0.70 1.86 2.28 1.92

Cs 0.91 0.65 1.59 1.54 1.43

Cu 8.45 1.36 7.02 63.37 134.3

Ag 5.85 1.20 5.50 34.34 99.9

Al 18.06 1.75 11.65 224.74 76.0

Tabella 1.3: Le densit`a elettroniche sono dati empirici dai quali si ricavano i valori di kF, Eq. (1.54), F, Eq.

(1.50), e B, Eq. (1.60). I dati empirici sono stati estratti da C. Kittel, Introduction to Solid State Physics, John Wiley, New York (1986), and N. W. Ashcroft and N. D. Mermin, Solid State Physics, Saunders, Orlando, (1976).

Possiamo calcolare la pressione del sistema utilizzando l’espressione

E = T = 3

5AF= 3 5A¯h2kF2

2m =3 5A¯h2kF2

2m

 2π23 D

A V

2/3

= S V−2/3 (1.58)

La pressione `e quindi

P = − ∂E

∂V



A

= −S



−2 3



V−2/3V−1 =2 3

E V = 2

3 1 V

3

5AF=2

5Fρ (1.59)

La compressibilit`a K `e l’inverso del modulo di compressione B B = 1

K = −V∂P

∂V = −V2

3S V−5/3 −5 3



V−1 =10 9

E V = 2

3Fρ (1.60)

Nella tabella 1.3 mostro i valori di kF, F e B calcolati per gas di elettroni di diversi cristalli. Questi valori son ottenuti usando, rispettivamente, le equazioni (1.54) (1.50) e (1.60) ed utilizzando i valori empirici della densit`a di elettroni. Il confronto con i valori empirici del modulo di compressione mostra chiaramente i limiti del modello a campo medio.

(17)

Capitolo 2

Rappresentazione dei numeri di occupazione

2.1 Determinanti di Slater

La Rappresentazione dei Numeri di Occupazione (RNO) basata sugli operatori di creazione e di di- struzione `e stata introdotta nella teoria dei campi. In questa teoria il formalismo della RNO `e necessario dato che il numero di particelle non `e fisso, poich´e `e energeticamente possibile creare coppie particella–

antiparticella. In Meccanica Quantistica non relativistica, la creazione di coppie non `e possibile. Il formalismo della RNO, anche se non necessario, risulta essere comunque comodo anche in ambito non relativistico per lo studio di sistemi composti da molte particelle.

Come `e stato accennato nell’introduzione, considerer`o solo il caso fermionico.

Un sistema di N particelle `e descritto dalla funzione d’onda che soddisfa l’equazione di Schr¨odinger indipendente dal tempo:

HΨ(x1, x2. . . xN) = EΨ(x1, x2. . . xN) (2.1) dove x indica tutti i numeri quantici che caratterizzano la particella: posizione (r), spin (σ), isospin (τ ) ed eventualmente, sapore e colore.

Dato che stiamo trattando un sistema fermionico Ψ deve essere antisimmetrica per lo scambio di due particelle:

Ψ(. . . xi, . . . , xj. . .) = −Ψ(. . . xj, . . . , xi. . .) (2.2) Ognuna di queste autofunzioni pu`o essere scritta come combinazione lineare di un sistema completo di autofunzioni ortonormali. Lo stesso concetto pu`o essere formulato dicendo che ogni autofunzione pu`o essere sviluppata su una base ortonormale:

Ψ =X

i

CiΦi, (2.3)

dove ho indicato con Φi dei determinanti di Slater e con Ci delle costanti. Il determinante di Slater `e co- struito con prodotti di funzioni d’onda di particella singola che formano una base di funzioni ortonormali.

Questa base viene costruita partendo da un’equazione di Schr¨odinger di singola particella:

hνφν(x) = νφν(x), (2.4)

dove ν `e l’insieme dei numeri quantici caratterizzanti lo stato di ogni singola particella; ad esempio le tre componenti dell’impulso p nel caso di onde piane, o i numeri quantici principale, n , orbitale l, momento

13

(18)

angolare j e la sua proiezione sull’asse di quantizzazione m, nel caso di stati generati da un potenziale a simmetria sferica.

Date le funzioni d’onda di singola particella φνil determinante di Slater per N particelle viene costruito come:

Φ(x, . . . xN) = 1

√N ! X

P

(−)PP φν1(x1ν2(x2) . . . φνN(xN), (2.5)

in cui ho indicato con P le permutazioni tra gli indici delle coordinate. Il fattore √

N ! garantisce la normalizzazione:

< Φ | Φ >= 1 (2.6)

L’eq. (2.5) pu`o essere scritta come

Φ(x1. . . xN) = 1

√ N !

φν1(x1) . . . φνN(x1)

... ...

φν1(xN) . . . φνN(xN)

(2.7)

Il determinante di Slater `e autostato di un’hamiltoniana a molticorpi che `e somma delle hamiltoniane di singola particella:

X

ν

hνΦ = H0Φ = eE0Φ (2.8)

2.2 Operatori di creazione e di distruzione

Il determinante di Slater contiene informazioni ridondanti. Ci`o che interessa, dal punto di vista fisico,

`e sapere se lo stato di singola particella φν sia occupato oppure no. L’informazione su quali siano i fermioni che occupano quello stato `e irrilevante dato che tutti i fermioni che compongono il sistema sono identici. L’informazione contenuta nel determinante di Slater pu`o essere condensata in un insieme di numeri ordinati che indicano quali stati di singola particella sono occupati. Si pu`o quindi costruire una corrispondenza tra determinante di Slater e questo insieme di numeri ordinati:

|Φi −→ |νN, ν2. . . ν1i. (2.9)

L’ordine normalmente utilizzato `e quello dell’energia crescente dello stato di singola particella. A νN corrisponde lo stato ad energia pi`u alta ecc.

Questo modo di rappresentare un determinante di Slater stato `e chiamato Rappresentazione dei Numeri di Occupazione RNO.

E utile legare tra loro stati con diverso numero di particelle. Ad esempio, lo stato di singola particella`

νi ≡ |νi, (2.10)

pu`o essere pensato come ottenuto dallo stato vuoto |0i aggiungendo una particella. Simbolicamente:

|νi = a+ν|0i, (2.11)

dove a+ν rappresenta l’operatore che crea una particella nello stato caratterizzato dai numeri quantici ν.

In generale si ha che:

a+νN. . . ν1i = |ννN. . . ν1i. (2.12) Lo stato di N + 1 particelle non `e necessariamente ordinato. Per sistemare nella posizione corretta la particella ν `e neccessario considerare che ogni cambio di posizione produce una fase negativa che moltiplica lo stato (questo sempre perch´e consideriamo fermioni). Le possibili ambiguit`a del segno si possono fissare

(19)

2.2. OPERATORI DI CREAZIONE E DI DISTRUZIONE 15

scegliendo la convenzione che il segno del determinante rimanga lo stesso se si crea una particella nella prima posizione, come `e stato ipotizzato nello scrivere l’eq. (2.12).

Ad esempio:

a+ν13ν2i = |ν1ν3ν2i = −|ν3ν1ν2i = |ν3ν2ν1i (2.13) Dalle equazioni (2.11) e (2.12) segue che:

N. . . ν1i = a+νNa+ν2. . . a+ν1|0i (2.14) Per le propriet`a del determinante di Slater si ha che:

a+νN. . . ν . . . ν1i = 0. (2.15) Questa operazione inserisce in un determinante una riga, o colonna, uguale a una riga, o colonna, gi`a presente. Dal punto di vista fisico l’eq. (2.15) esprime il principio di esclusione di Pauli.

Da quanto detto si pu`o dedurre che gli operatori di creazione godono della seguente propriet`a di anticommutazione:

a+ν

1a+ν

2 = −a+ν

2a+ν

1 (2.16)

Per dimostrare l’eq. (2.16) supponiamo ν > ν0

a+νa+ν0ΦN(N . . . 1) = θAν0a+νΦN +1(N . . . ν0. . . 1) = θAνθνA0ΦN +2(N . . . ν . . . ν0. . . 1) a+ν0a+νΦN(N . . . 1) = θBνa+ν0ΦN +1(N . . . ν . . . 1) = θBνθBν0ΦN +2(N . . . ν . . . ν0. . . 1)

(2.17)

In queste equazioni ho indicato con θνA= (−)p≡ (−1)pla fase acquisita facendo le permutazioni necessarie per sistemare la particella ν, e analogamente θAν0 = (−)p0, mentre con θνBe θBν0 ho indicato le fasi ottenute nel secondo caso. Dato che ho ipotizzato che ν0 sia minore di ν, ho che θAν = θBν perch´e il numero di permutazioni necessario per sistemare ν `e lo stesso nei due casi. D’altra parte θAν0 = −θBν0 perch`e nel secondo caso c’`e una permutazione in pi`u da effettuare per sistemare ν0. Quindi:

a+νa+ν0Φ = −a+ν0a+νΦ (2.18) da cui l’equazione operatoriale (2.16). Ovviamente l’equazione (2.16) implica che:

a+ν2

= 0 (2.19)

che `e un altro modo di esprimere l’eq. (2.15).

Si pu`o definire l’aggiunto dell’operatore a+ la cui azione pu`o essere compresa facendo l’aggiunto dell’eq. (2.11).

(a+ν)+ = aν (2.20)

|νi = a+ν|0i hν| = h0|aν (2.21)

1ν2. . . νN| = h0|aν1. . . aνN −1aνN (2.22) dato che hν|νi = 1 si ha che:

h0 |aνa+ν|0i

| {z }

|0i

= 1 (2.23)

(20)

quindi,

|0i = aνa+ν|0i

= aν|νi = |0i (2.24)

L’azione di aν sullo stato ket `e quindi quella di distruggere una particella che si trova nello stato |νi, da cui il nome di operatore di distruzione. Analizziamo il comportamento di aν.

aνN. . . νr+1νrνr−1. . . ν1i = |νN. . . νr+1νr−1. . . ν1i(−)r−1 se ν = νr (2.25) Dato che, per definizione, nello stato vuoto non ci sono particelle, si ha che:

aν|0i = 0. (2.26)

Quindi se il vettore |νN. . . ν1i non contiene lo stato ν allora

aνN. . . ν1i = 0. (2.27)

Anche nel caso degli operatori di distruzione, utilizzando le metodologie descritte per gli operatori di creazione, si pu`o dimostrare che:

aν1aν2 = −aν2aν1 quindi (aν)2= 0. (2.28) Allo stesso modo si pu`o anche dimostrare che, per ν16= ν2, si ha:

aν1a+ν2 = −a+ν2aν1. (2.29) Utilizzando le propriet`a precedentemente mostrate si ottiene:

aνa+νN. . . ν1i =

 0 se ν ∈ S S = {νN. . . ν1}

N. . . ν1i se ν 6∈ S (2.30)

a+νaνN. . . ν1i =

 |νN. . . ν1i se ν ∈ S

0 se ν 6∈ S (2.31)

Dalle equazioni (2.30) e (2.31) si ha che:

aνa+ν + a+νaν |νN. . . ν1i = |νN. . . ν1i. (2.32) Questa equazione `e valida per qualsiasi vettore |νN. . . ν1i dato che uno dei due addendi dar`a risultato nullo, mentre l’altro produrr`a il vettore di partenza.

L’eq. (2.31) definisce l’operatore numero di occupazione:

nν= a+νaν (2.33)

i cui autovalori sono 1 o 0 se lo stato a molticorpi a cui `e applicato contiene o no lo stato di singola particella ν.

La relazione operatoriale data dalle (2.30) e (2.31) `e:

aνa+ν + a+νaν= 1 (2.34)

Le relazioni (2.16), (2.28), (2.29) che definiscono le propriet`a degli operatori di creazione e di distru- zione, possono essere sintetizzate come:

aν, a+ν0 = δνν0 {aν, aν0} = 0 a+ν, a+ν0 = 0, (2.35) dove il simbolo {, } indica l’operatore di anticommutazione.

Nel caso di sistemi a molticorpi descrivibili con simmetria sferica `e utile lavorare con tensori sferici irriducibili. A questo scopo si utilizzano operatori di creazione e distruzione leggermente modificati come indicato in Appendice A.

(21)

2.3. OPERATORI AD UNO O A DUE CORPI 17

2.3 Operatori ad uno o a due corpi

La corrispondenza tra vettori nella RNO e vettori nello spazio delle configurazioni pu`o essere spinta pi`u avanti per trovare una corrispondenza tra operatori.

Chiamiamo |Si e |S0i due vettori nella RNO e |ΦSi e |ΦS0i i due corrispondenti determinanti di Slater.

Considero nello spazio delle configurazioni un qualsiasi operatore a molti corpi OS(x1. . . xN). Si ottiene l’espressione corrispondente O di questo operatore nella RNO imponendo l’uguaglianza degli elementi di matrice:

S0|OSSi = hS0|O|Si (2.36)

Nello studio dei problemi a molticorpi gli operatori che si incontrano pi`u frequentemente sono quelli a uno e due corpi.

Nello spazio delle coordinate, un operatore a un corpo `e dato dalla somma di operatori che dipendono solo da una coordinata;

OI(x1. . . xN) =

N

X

i=1

oI(xi) (2.37)

L’energia cinetica `e un tipico operatore a un corpo.

Utilizzo per semplicit`a una base di funzioni d’onda di singola particella in cui OI `e diagonale

oI(x)φν(x) = ωνφν(x). (2.38)

Utilizzando il determinante di Slater formato dalle φν si ha che:

O1(x1. . . xNS(x1. . . xN) =

= 1

√ N !

X

P

(−)P

N

X

i=1

oI(xi)P φν1(x1) . . . φνN(xN) =

= 1

√N ! X

P

(−)P

N

X

i=1

P oI(xiν1(x1) . . . φνN(xN)

= 1

√ N !

X

P

(−)P

N

X

i=1

νiP φν1(x1) . . . φνN(xN)

=

N

X

i=1

ωνiΦS = X

ν occupati

ωνΦS =X

ν

ωνnνΦS (2.39)

Dove ho indicato con P l’operatore che effettua tutte le possibili permutazioni. Nel risultato precedente nν = 1 per i livelli occupati e nν= 0 per quelli non occupati. Il calcolo dell’elemento di matrice diventa:

S0|OISi = X

ν

ωνnνS0Si = (2.40)

= X

ν

ωνhS0|nν|Si = hS0|OI|Si (2.41)

dove `e stato usato l’operatore numero di occupazione definito in eq. (2.31). Sostituendo si ha che:

hS0|OI|Si = hS0|X

ν

ωνa+νaν|Si (2.42)

da cui:

OI =X

νν

ωννa+νaν (2.43)

(22)

dove

ωνν = Z

d3ν(r)oI(r)φν(r). (2.44)

Riferendosi ad una base qualsiasi l’operatore ad un corpo pu`o essere scritto come:

OI = X

νν0

OIνν0a+νaν0 (2.45)

OννI 0 = Z

d3ν(x)oI(x)φν0(x) ≡ hν|oI0i (2.46) Questa equazione mostra che l’operatore ad un corpo distrugge una particella in ν0 e ne crea una nel livello ν. E ovvio che ν` 0 deve essere occupato e ν vuoto. Quindi l’operatore pu`o creare una coppia particella-buca. Nel caso in cui |S >= |S0> i soli contributi non nulli sono quelli in cui ν0= ν.

La stessa procedura pu`o essere utilizzata per ottenere l’espressione in RNO degli operatori a due corpi, definiti come somma di operatori che dipendono da due coordinate:

OII(x1. . . xN) =X

i<j

oII(xi, xj) = 1 2

X

i6=j

oII(xi, xj) (2.47)

Un tipico esempio di operatore a due corpi `e il potenziale d’interazione V = 12P

i6=jV (xi, xj). Operatori di questo tipo nella RNO si esprimono come:

OII =1 2

X

νν0µµ0

OIIνµν0µ0a+νa+µaµ0aν0, (2.48)

in cui abbiamo definito:

OνµνII 0µ0 = hνµ|OII0µ0i = Z

dxdx0φν(x)φµ(x0)oII(x, x0ν0(x)φµ0(x0) (2.49) Da notare l’ordine degli operatori e degli indici.

In questo caso, l’operatore distrugge due particelle al di sotto della superficie di Fermi e ne crea due al di sopra.

2.4 Operatori di campo

Gli operatori di creazione a+ν e distruzione aν si riferiscono a una base specifica i cui stati di particella singola sono caratterizzati dai numeri quantici ν. Si pu`o passare ad una rappresentazione indipendente dalla base utilizzando gli operatori di campo.

ψ(r) =X

ν

aνφν(r) distrugge una particella nel punto r (2.50)

ψ+(r) =X

ν

a+νφν(r) crea una particella nel punto r. (2.51) Nota che φ `e una funzione d’onda di singola particella, mentre ψ+ e ψ sono operatori che creano e distruggono una particella nel punto r.

Le equazioni precedenti possono essere invertite per esprimere gli operatori di creazione e di distruzione in funzione degli operatori di campo.

aν= Z

d3ν(r)ψ(r) e a+ν = Z

d3ν(r)ψ+(r) (2.52)

(23)

2.4. OPERATORI DI CAMPO 19

Utilizzando le propriet`a di anticommutazione(2.35) degli operatori di creazione e distruzione, si ottengono analoghe relazioni per gli operatori di campo:

+(r), ψ+(r0) = 0 {ψ(r), ψ(r0)} = 0 ψ+(r), ψ(r0) = δ(r − r0) (2.53) Gli operatori a uno o due corpi possono essere espressi in termini di operatori di campo come:

OI = Z

d3+(r)oI(r)ψ(r) (2.54)

OII = 1 2

Z

d3rd3r0ψ+(r)ψ+(r0)OII(r, r0)ψ(r0)ψ(r) (2.55) L’operatore hamiltoniano pu`o essere espresso come:

H = T + V =X

νν0

hν|T |ν0ia+νaν0+1 2

X

νν0µµ0

hνµ|V |ν0µ0ia+νa+µaµ0aν0 (2.56)

= Z

d3+(r)



−¯h2 2m∇2



ψ(r) +1 2

Z

d3rd3r0ψ+(r)ψ+(r0)V (r, r0)ψ(r0)ψ(r). (2.57)

(24)
(25)

Capitolo 3

Teoria perturbativa dei sistemi a molti corpi

3.1 Rappresentazioni

I valori degli osservabili in meccanica quantistica sono ottenuti calcolando elementi di matrice di operatori.

Queste quantit`a sono invarianti se si applica la stessa trasformazione unitaria agli stati e agli operatori.

Queste trasformazioni unitarie possono contenere il tempo e, per esempio, possono trasformare gli stati

S(t)i in stati indipendenti dal tempo. In questo caso la dipendenza temporale sar`a inserita nella definizione degli operatori. Queste trasformazioni unitarie dipendenti dal tempo definiscono quelle che sono chiamate rappresentazioni della Meccanica Quantistica.

Rappresentazione di Schr¨odinger

La rappresentazione pi`u comune `e quella di Schr¨odinger in cui i vettori che descrivono lo stato del sistema sono dipendenti dal tempo, mentre gli operatori sono indipendenti dal tempo. In questa rappresentazione, l’evoluzione temporale del sistema `e descritta dall’equazione:

i¯h∂

∂t|ΨS(t)i = H|ΨS(t)i, (3.1)

detta appunto equazione di Schr¨odinger.

Per sistemi in cui l’energia `e conservata, l’operatore hamiltoniano H non dipende esplicitamente dal tempo. In questo caso la soluzione formale della (3.1) `e:

S(t)i = e−iH(t−t0)h¯S(t0)i. (3.2) In questa equazione `e presente la funzione esponenziale di un operatore. L’azione di questa funzione sullo stato |ΨS(t0)i `e definita in termini dello sviluppo in serie dell’esponenziale. Inoltre, dato che H `e un operatore hermitiano, eiH `e unitario.

L’equazione (3.2) permette di costruire la soluzione dell’eq. di Schr¨odinger ad un qualsiasi tempo t una volta noto lo stato del sistema ad un tempo t0.

Rappresentazione di Heisenberg

In questa rappresentazione gli stati sono indipendenti dal tempo mentre gli operatori hanno una esplicita dipendenza temporale. Gli stati del sistema in rappresentazione di Heisenberg sono legati a quelli della

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