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Art. 625-bis - Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto a cura di Vincenzo Giuseppe Giglio

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Tribunale Bologna 24.07.2007, n.7770 - ISSN 2239-7752 Direttore responsabile: Antonio Zama

Art. 625-bis - Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

a cura di Vincenzo Giuseppe Giglio

1. È ammessa, a favore del condannato, la richiesta per la correzione dell’errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla corte di cassazione.

2. La richiesta è proposta dal procuratore generale o dal condannato, con ricorso presentato alla corte di cassazione entro centottanta giorni dal deposito del provvedimento. La presentazione del ricorso non sospende gli effetti del provvedimento, ma, nei casi di eccezionale gravità, la corte provvede, con ordinanza, alla sospensione.

3. L’errore materiale di cui al comma 1 può essere rilevato dalla corte di cassazione, d’ufficio, in ogni momento e senza formalità. L’errore di fatto può essere rilevato dalla corte di cassazione, d’ufficio, entro novanta giorni dalla deliberazione.

4. Quando la richiesta è proposta fuori dell’ipotesi prevista al comma 1 o, quando essa riguardi la correzione di un errore di fatto, fuori del termine previsto al comma 2, ovvero risulta manifestamente infondata, la corte, anche d’ufficio, ne dichiara con ordinanza l’inammissibilità; altrimenti procede in camera di consiglio, a norma dell’articolo 127 e, se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l’errore.

Rassegna giurisprudenziale

Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto (art. 625-bis)

Ai fini della legittimazione a proporre ricorso straordinario per errore di fatto contro una sentenza della Corte di cassazione, la persona richiesta in consegna per un mandato di arresto europeo non è assimilabile al “condannato” indicato dall’art. 625 bis quale unico possibile legittimato. Ammettere la possibilità di impugnare per errore di fatto tutti i provvedimenti pronunciati dalla Cassazione sarebbe in contrasto con la natura straordinaria del mezzo, con la conseguenza che il ricorso per errore di fatto va circoscritto a quelle decisioni che consentono il passaggio in giudicato della sentenza o del decreto penale di condanna: ciò preclude l’interpretazione analogica e l’estensione ai casi non previsti in modo espresso dalla legge (Sez. 2, 18222/2020).

La ratio e la lettera dell’art. 625-bis hanno contribuito alla formazione di canoni interpretativi divenuti principi consolidati, anche per via della speculare elaborazione già formatasi sull’art. 395, comma 5, Cod. proc. civ. (SU civili, 1603/2002).

Con particolare riferimento alle questioni proposte nel presente ricorso, occorre ricordare che la regola dell’intangibilità dei provvedimenti della Corte di cassazione, pur avendo perduto il carattere di assolutezza per effetto dell’art. 625-bis nella materia penale e di quello, analogo, della revocazione per la materia civile, resta il cardine del sistema delle impugnazioni e della formazione del giudicato; l’accertamento definitivo costituisce, del resto, lo scopo stesso dell’attività giurisdizionale e realizza l’interesse fondamentale di ogni ordinamento «alla certezza delle situazioni giuridiche» (Corte costituzionale, sentenza 294/1995). Le disposizioni regolatrici del ricorso straordinario non possono perciò trovare applicazione oltre i casi espressamente considerati, in forza del divieto sancito dall’art. 14 Preleggi, perché costituiscono una deroga all’intangibilità del giudicato.

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Ne discende che la natura eccezionale del rimedio in esame e la lettera della disposizione che lo istituisce non consentono di sindacare, attraverso il ricorso straordinario, pronunzie giurisdizionali diverse da quelle che hanno dato seguito a condanna. In questa cornice, l’errore di fatto che può dare luogo all’annullamento di una sentenza di legittimità è solo quello costituito da sviste o errori di percezione nei quali sia incorsa la Corte di cassazione nella lettura degli atti del giudizio ed è connotato dall’influenza esercitata sulla decisione dall’inesatta cognizione di risultanze processuali, il cui svisamento conduce a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza l’errore di fatto e la cui ingiustizia o invalidità costituiscono l’effetto di tale errore. Ne discende che, esulando dall’errore di fatto ogni profilo valutativo, esso coincide con l’errore revocatorio – secondo l’accezione che vede nello stesso il travisamento degli atti nelle due forme dell’invenzione o dell’omissione – in cui sia incorsa la Corte di cassazione nella lettura degli atti del suo giudizio. Pertanto, il cosiddetto travisamento del fatto, inteso come travisamento del significato anziché del significante, non può in nessun caso legittimare il ricorso straordinario ex art. 625-bis. A maggior ragione, non può essere dedotta, ai sensi dell’art. 625-bis, la mancata considerazione dell’errore revocatorio in cui sia incorso il giudice di merito, tanto meno laddove sia prospettato che questo sarebbe stato, ora per allora, astrattamente rilevabile in sede di ricorso ordinario in forza di una, non consentita o non accolta, interpretazione dell’art. 606, comma 1, lettera e). Quanto all’omissione dell’esame di uno o più motivi di ricorso per cassazione, essa, quando pure in astratto sussista, si risolve in un difetto di motivazione, che, sempre in astratto, non significa né affermazione né negazione di alcuna realtà processuale, ma semplicemente mancata risposta a una censura. La giurisprudenza consolidata di questa Corte, peraltro, ammette che la lacuna motivazionale possa essere ricondotta nell’errore di fatto quando dipenda da una « vera e propria svista materiale, ossia da una disattenzione di ordine meramente percettivo, che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura»; situazione che ricorre quando l’omesso esame lasci presupporre la mancata lettura del motivo e da tale mancata lettura discenda, secondo « un rapporto di derivazione causale necessaria», una decisione che può ritenersi incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata a seguito della considerazione del motivo (SU, 1603/2002, citata). In questa prospettiva, si avverte la necessità di ricordare che il disposto dell’art. 173, comma 1, Att. non consente di presupporre che ogni argomento prospettato a sostegno delle censure non riprodotto in ricorso sia stato non letto anziché implicitamente ritenuto non rilevante. Ne deriva che non solo non è in nessun caso deducibile ai sensi dell’art. 625-bis la mancanza di espressa disamina di doglianze che non siano decisive o che debbano considerarsi disattese, perché incompatibili con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, ma è onere del ricorrente dimostrare che la doglianza non riprodotta era, in violazione della regola dell’art. 173 Att., decisiva e che il suo omesso esame dipende da un errore di percezione. A tali indicazioni ermeneutiche può solo aggiungersi che, proprio sulla scorta dell’omologo rimedio dell’art. 395, n. 4, Cod. proc. civ., giova a delimitare l’errore di fatto, con particolare riguardo alla lacuna motivazionale, la definizione fornita dalle Sezioni unite civili come errore che «sebbene non giunga a quel punto di estraneità al giudizio che caratterizza l’errore materiale [...], è pur sempre un errore che si manifesta al di fuori di ciò che è stato il dibattito processuale o che ad esso appartiene per legge [...], in quanto investe un fatto pacifico, incontrovertibile nella sua esistenza o inesistenza» (SU civili, 101/1983) (la riassunzione si deve a Sez. 1, 44630/2018).

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È ammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto sulla prescrizione del reato, a condizione che la statuizione sul punto sia effettivamente l’esclusiva conseguenza di un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco, e non anche quando il preteso errore sulla causa estintiva derivi da una qualsiasi valutazione giuridica o apprezzamento di fatto (Sez. 2, 54148/2018).

L’errore materiale e l’errore di fatto, indicati dall’art. 625-bis come motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica; il secondo in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo, sicché rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto – e sono, quindi, inoppugnabili – gli eventuali errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali (Sez. 5, 29240/2018).

È ammessa, a favore del condannato, la richiesta, ex art. 625-bis per la correzione dell’errore di fatto contenuto nella sentenza con cui la Corte di cassazione abbia dichiarato inammissibile o rigettato il suo ricorso contro la decisione negativa della corte di appello pronunciata in sede di revisione (SU, 13199/2017).

Il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto avverso i provvedimenti della Corte di Cassazione non può avere ad oggetto la deduzione di un’errata valutazione degli elementi probatori, che deve essere fatta valere, pur quando si risolva in un travisamento del fatto o della prova, nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie (Sez. 4, 46477/2018).

L’omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione dà luogo ad errore di fatto rilevante ex art. 625- bis se è conseguenza di una mera svista materiale, cioè di una disattenzione di ordine meramente percettivo, che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura, la cui presenza sia immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso, sempre che la svista abbia avuto un’efficacia causale determinante nel senso che la decisione sarebbe potuta essere diversa (Sez. 2, 8849/2021).

L’errore di fatto consistito nella mancata rilevazione dell’omessa notificazione al difensore dell’imputato dell’avviso per l’udienza camerale è deducibile attraverso il ricorso straordinario per cassazione previsto dall’art. 625-bis (Sez. 2, 47698/2018).

II termine di centottanta giorni, fissato dal comma 2 dell’art. 625-bis per la presentazione del ricorso straordinario per errore materiale o di fatto contenuto in un provvedimento della Corte di cassazione, è perentorio e decorre dalla data di deposito del provvedimento stesso, a nulla rilevando il successivo momento in cui la parte interessata ne abbia avuto effettiva conoscenza, attesa la necessità di evitare che una decisione irrevocabile di condanna resti esposta per un tempo potenzialmente indeterminato ad una situazione di instabilità, derivante dalla possibilità di esperire un ulteriore ricorso (Sez. 5, 18998/2017).

La legittimazione alla proposizione del ricorso straordinario per cassazione a norma dell’art. 625- bis spetta anche alla persona condannata nei confronti della quale sia stata pronunciata sentenza di annullamento con rinvio limitatamente a profili che attengono alla determinazione del trattamento sanzionatorio.

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L’art. 628 espressamente consente la impugnabilità della sentenza del giudice di rinvio soltanto in relazione ai “punti” non decisi in sede di giudizio rescindente, proprio perché il perimetro cognitivo del giudice di rinvio è tracciato dai limiti del devoluto, senza che possano venire nuovamente in discorso le

“parti” della sentenza annullata che hanno ormai assunto i connotati intangibili propri della cosa giudicata.

In tale cornice di riferimento, quindi, come è indiscutibile il formarsi del giudicato di condanna nell’ipotesi di pluralità di regiudicande, ove l’annullamento riguardi soltanto una parte delle imputazioni, altrettanto è da dirsi per il caso in cui, divenendo irrevocabile l’affermazione di responsabilità penale in ordine ad una determinata ipotesi di reato, il giudizio debba proseguire in sede di rinvio soltanto agli effetti della determinazione del trattamento sanzionatorio, posto che i punti oggetto di annullamento non si riflettono sull’an ma soltanto sul quantum della pena in concreto da irrogare.

Ed allora, come deve ritenersi ontologicamente venuta meno la presunzione di non colpevolezza, essendo stata quest’ultima accertata con sentenza divenuta definitiva sul punto, allo stesso modo non può che inferirsene che risulti così trasformata la posizione dell’imputato in quella di “condannato”, anche se a pena ancora da determinarsi in via definitiva.

La eseguibilità, dunque, anche solo teorica, della parte della sentenza non annullata convince della immediata ricorribilità per errore di fatto della pronuncia di annullamento parziale, che abbia reso intangibile il riconoscimento della responsabilità penale ed abbia di conseguenza mutato lo status di imputato in quello di condannato, perché definitivamente dichiarato colpevole (SU, 28717/2012).

In tema di ricorso straordinario per errore di fatto, qualora l’atto di impugnazione di cui all’art.

625-bis non sia presentato personalmente dal condannato, ma a mezzo di “incaricato”, come consentito dall’art. 582, comma 1, è necessario che tale qualità risulti o da una esplicita delega rilasciata dal titolare del diritto di impugnazione, ovvero da inequivoca attestazione con la quale il pubblico ufficiale, cui l’impugnazione venga presentata, dia atto della dichiarazione resagli dal presentatore di agire per delega del suddetto titolare. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto inammissibile l’impugnazione straordinaria presentata da un “incaricato” su delega orale del difensore del condannato) (SU, 32744/2014).

L’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’articolo 625-bis consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso.

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(La Corte ha precisato in motivazione che: 1) qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; 2) sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie; 3) l’operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risultando giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma in quanto l’errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale) (SU, 27 marzo 2002; conforme: SU, 16104/2002).

L’errore di fatto non è configurabile qualora la causa che lo abbia determinato non sia identificabile, esclusivamente, in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, trattandosi in tal caso di errore di giudizio e non già di fatto, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis (SU, 18651/2015).

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