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Quinto incontro 11 giugno Catechesi don Renzo Bonetti

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Academic year: 2022

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Quinto incontro – 11 giugno 2021 Catechesi don Renzo Bonetti

ANCHE IL FILO DELLA MIA PRESENZA È INDISPENSABILE OGGI, IN MANIERA UNICA IRRIPETIBILE, PER ESSERE IL TESSUTO DI SALVEZZA

CHE È LA CHIESA DI CRISTO

Cari amici siamo all’ultimo tema che precede le conclusioni del nostro convegno sulla complementarietà sacerdote e sposi in per la missione della Chiesa. E abbiamo la singolarità, il significato della singolarità delle persone che ha il tema che voi conoscete “Anche il filo della mia presenza è indispensabile oggi, in maniera unica ed irripetibile, per tessere il tessuto di salvezza che è la Chiesa di Cristo.

Tutto viene dall’alto, visibilizzato nell'icona con il Padre e Cristo che incorona la Chiesa sposa e lo Spirito Santo consegnato come cuore della Chiesa. Spirito raffigurato in quella colomba attraverso la quale sembra che lo Spirito tocca terra e per noi a terra la possibilità di toccare Dio. Non viene mai meno il fatto che il suo amore ci precede, Lui ci ha amati per primo, è sempre sua l'iniziativa, l'inizio di ogni filo. Questo Spirito investe di luce e forza tutto il corpo della Chiesa rappresentato nel tessuto perché sia luce riflessa d'amore, visibilità dell'invisibile Cristo Risorto. Volutamente è stato scelto il tessuto come simbolo della Chiesa perché tutto è partito dall'iniziativa di amore di Dio. Un tessuto che significa che ogni filo è indispensabile ed è chiamato a fare la sua parte: dove manca un filo rimane un vuoto, un buco, una mancanza nella trama è una non risposta a Cristo Gesù, ciascuno nella complementarietà di tutti i doni sapendo che ogni persona è un dono. Ognuno perché scelto e amato da Dio è chiamato alla vita; certamente ha un significato unico e irripetibile. Dio non fa duplicati, né persone in eccedenza, è solo la nostra ignoranza cecità e poca fede che arriva a dire “di quella persona posso fare a meno” oppure “non è necessario che io mi impegni ci sono già tante altre persone coinvolte”.

E allora passiamo al primo punto. Ma tutto questo è comprensibile solo nella logica del battesimo che ci rende figli di Dio. E, come dice San Giovanni, lo siamo realmente anzi, prosegue San Giovanni, “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio i quali non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. In questa logica dell'essere tutti rivestiti della più alta dignità immaginabile sulla terra come figli di Dio ogni persona ignorata, ogni esclusione di persona voluta o subita, ogni manifestazione di superiorità uno sopra gli altri è decisamente anticristiana, antiteologica. È smentire nei fatti la verità battesimale che ci ha costituiti tutti i figli di Dio, un solo corpo in Cristo.

Quando viene a mancare questa coscienza, noi corpo di Cristo, la dimensione organizzativa ecclesiastica finisce per prevalere arrivando a cancellare nei fatti il mistero di un popolo di figli di Dio. Oggi dovremmo inventare, per il rinnovamento della Chiesa, un gruppo che proclami con orgoglio e confermi con la vita “Noi siamo figli di Dio”. Purtroppo si continua a battezzare e a costruire pastorale dando per scontato che ci sia la coscienza battesimale di essere comunità

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dei figli di Dio, di aver ricevuto lo Spirito di Cristo, di formare il suo corpo che è la Chiesa.

Ciascuno figlio di Dio, insieme un solo corpo, tutti rivestiti di uguale dignità. In questo caso rincorrersi per avere ruoli e potere o di importanza sugli altri significa dimenticare e svilire il battesimo.

Certo ci sono specificazioni, ci sono consacrazioni particolari ma che non aggiungono nulla alla dignità di figli di Dio ma offrono ai chiamati un particolare dono dello Spirito per un servizio speciale nella Chiesa. Più che mai è indispensabile una forte profonda coscienza della identità battesimale perché solo questa ci fa sentire la gioia di vivere insieme come corpo, come un popolo di sacerdoti, un popolo di profeti, un popolo di re. Sì in Cristo l'intero popolo di battezzati, con Cristo è un popolo di sacerdoti, un popolo di re, un popolo di profeti.

Così dice il Vaticano II nella Lumen Gentium al numero 9 “Infatti i credenti in Cristo, essendo stati rigenerati non di seme corruttibile, ma di uno incorruttibile, che è la parola del Dio vivo (cfr. 1 Pt 1,23), non dalla carne ma dall'acqua e dallo Spirito Santo (cfr. Gv 3,5-6), costituiscono «una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo tratto in salvo... Quello che un tempo non era neppure popolo, ora invece è popolo di Dio» (1 Pt 2,9- 10).”

Espressioni simili sono riprese da San Giovanni Paolo II nella Christifideles Laici numero 14 e nel Catechismo della Chiesa Cattolica numero 1268. Meditiamo, un popolo di figli di Dio, una comunità cristiana che potrà anche essere piccola minoranza ma che è consapevole di non essere la presenza degli ultimi cristiani in un mondo non credente, ma la gioia, la forza, la consapevolezza di essere figli di Dio, anche se i primi cristiani in un mondo ateo.

E così possiamo procedere ad una successiva riflessione. La Chiesa ha sempre manifestato questa fede nella grandezza della dignità di un popolo di figli di Dio, tutti i battezzati in Cristo che sono resi partecipi della sua missione profetica, sacerdotale e regale. Questa fede espressa ancora oggi in un rito quando nelle messe solenni viene incensato il popolo. Viene incensato il popolo e c'è un motivo molto profondo, perché è un popolo di figli di Dio. Noi abbiamo perso questa coscienza, Solo consapevoli, ripeto solo consapevoli della grandezza del corpo di Cristo che è un popolo santo di Dio, un popolo dei figli di Dio, solo nella consapevolezza della grandezza di un popolo dei figli di Dio si comprendono il sacerdozio e il matrimonio che - come vocazioni chiamate al servizio - sono disponibili. Pur continuando ad appartenere a quel comune vertice di figli di Dio sono chiamati a scendere per mettersi il grembiule come Gesù per lavare i piedi. Pensate che uno dei titoli usati per indicare il compito del papa era servus servorum Dei, cioè il servo dei servi di Dio.

Perciò la carriera nella Chiesa, per chiunque è solo e sempre a scendere per servire - sia come sacerdote che come sposi - il santo popolo dei figli di Dio. Questo perché nessuno venga escluso dei figli di Dio, nessuno vada perduto dei figli di Dio, perché ciascuno dei figli di Dio sia amato, custodito, coinvolto con la sua preziosità di figlio di Dio tenendo viva la sua coscienza di figlio di Dio, di filo indispensabile ed unico perché possa essere attivo nel costruire il tessuto della Chiesa. Ma questo può venire nella misura in cui in tutti noi c'è una coscienza di essere un popolo di figli di Dio. E non esiste al mondo un'altra alternativa. Certo

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sono molti popoli, ciascuno va rispettato ma fra tutti i popoli si forma questo popolo dei figli di Dio. Solamente una autentica devozione e volontà di dedizione alla grandezza della comunità dei battezzati, una intera comunità dei figli di Dio - scusate se lo ripeto tante volte ma non sarà mai sufficiente per generare in noi coscienza matura - un'intera comunità dei figli di Dio solo questo può suscitare la vocazione o le vocazioni al servizio sia nel sacerdozio o matrimonio, come mediante i vari carismi. Cioè solo perché ho coscienza che è un popolo dei figli di Dio sacerdozio, la vita consacrata, i vari carismi ma anche la singola persona, ciascun battezzato si mette a disposizione nel suo piccolo perché c'è un popolo dei figli di Dio.

Solo la centralità del popolo dei figli di Dio, facendo crescere in tutti la coscienza di questa dignità, ricondurrà i cristiani a cogliere il motivo e l'amore di ogni servire nella Chiesa. Non siamo un'azienda che vuol coinvolgere tutti, non siamo nemmeno una famiglia dove si dà da fare qualcosa a tutti. Siamo un popolo di figli di Dio. E questo è il motivo e l'amore che spinge ad essere un dono per tutti in qualsiasi semplice ruolo, anche in parrocchia servire un popolo dei figli di Dio anche se purtroppo forse la maggioranza di questi figli di Dio non sa di esserlo.

Così passiamo il terzo punto vedere il ruolo della singolo del singolo battezzato, solo in questa luce si comprendono i due sacramenti per il servizio che sono sacerdozio e matrimonio.

Ciascuno dei due è dono per ogni singolo battezzato del popolo di Dio, è servizio umile per tutti. La responsabilità di ciascun battezzato - parte viva del corpo di Cristo, figlio tra i figli di Dio - e filo indispensabile del tessuto della Chiesa non consiste primariamente solo nel “che cosa devo fare” che è quello che molti si chiedono “ma io che cosa posso fare in parrocchia”

scavalcando totalmente le cose primarie che vengono prima, pensando che è il fare che costruisce la Chiesa. No è il cuore che costruisce la Chiesa e purtroppo sono pochi quelli impegnati a costruire il cuore.

Quindi non il “che cosa devo fare” ma innanzitutto nel riconoscere il dono ricevuto nel battesimo. Cioè il primo ruolo è riconoscermi figlio di Dio, figlio di Dio tra figli di Dio. Questo è il primo compito in assoluto di ciascun singolo battezzato al di là tutte le vocazioni:

riconoscere il dono ricevuto nell'essere figli di Dio, dono ricevuto di essere parte integrante di un corpo che è la comunità dei figli di Dio e nello stesso tempo – attenzione - riconoscere i doni mediante i quali il Signore Gesù vuol prendersi cura di ciascuno, che sono sacerdozio e matrimonio. Riconoscere il dono che sono io come figlio di Dio, ma riconoscere i doni che Gesù mette a disposizione perché io figlio di Dio possa vivere in pienezza la mia vita di figlio di Dio all'interno del popolo e questi doni sono sacerdozio e matrimonio.

Si tratta di arrivare a riconoscere precisamente dove e come Gesù nel sacerdozio è dono per me, per me singolo battezzato. Il sacerdozio è Gesù che si prende cura di me. Su questo direi che non occorre approfondire perché tutti lo sappiamo basti pensare ai sacramenti in particolare a come Gesù mediante il sacerdote ci dona l'Eucaristia, la riconciliazione, è il maestro autorevole che ci dona la Parola, è la guida. Sappiamo come il sacerdote è dono per il singolo e ciascuno di noi è chiamato a chiedersi come nel sacerdozio Gesù opera, agisce, si prende cura di me.

Ma c'è un altro aspetto, si tratta di conoscere come nel sacramento delle nozze Gesù è dono per me e qui - lasciatemi dire con franchezza - è tutto da scoprire. Come nel sacramento delle nozze Gesù è dono per me anche se sono consacrato o battezzato non sposato o comunque vivo da single? È indispensabile che io come singola persona risponda a questa domanda. Il Signore

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Gesù presente in una coppia di sposi che messaggio vuole dare a me, che dono vuole essere per me al di là di come si comporta la singola coppia, che dono vuole essere per me? E scoprirò che il Signore Gesù attraverso questo segno vuole ricordarmi che mi chiama a nozze con Lui.

Ogni coppia ricorda a me che mi chiama a nozze con Lui, che le nozze non sono il punto conclusivo della vita e chiama me single a nozze con Lui, chiama me a vita intima con Lui.

Ogni coppia che trovo è l'espressione che Lui, Gesù, usa per esprimere il desiderio di unire il mio corpo mortale al suo corpo glorioso nell'Eucaristia.

Gesù attraverso ogni coppia vuole tenere viva in me la coscienza che Lui mi sta amando. Ogni coppia - al di là delle apparenze, di com'è, al di là dell'essere o dover essere di ogni singola coppia - ricorda a me personalmente che Gesù mi sta amando, che Gesù mediante il suo Spirito vuole condurmi oltre l'intimità che Lui ha con il Padre “che siano uno come io e te siamo uno”.

Così ogni singola persona scoprirà che la coppia di sposi, che esprime più immediatamente immagine e somiglianza ed è segno efficace della presenza di Gesù nel sacramento del matrimonio, è dono per ciascuna persona prima e oltre ogni servizio che accoppia può fare.

Cioè la coppia non è dono nella Chiesa per ciò che fa, per i ruoli che ha. Ma quanto ci impiegheremo a capirlo? È dono per la Chiesa solo per ciò che è, per ciò che fa ogni sacramento del matrimonio, è lì per dire a ciascuno di noi “Ricordati che sei amato, infinitamente amato”.

Ogni coppia dove vedete l'amore, o dove necessita l'amore perché sono poveri, è lì per ricordarmi “tu sei infinitamente amato”.

Noi sappiamo più, conosciamo più la lampada del Santissimo che ci ricorda una presenza di quando due persone vere fate a immagine e somiglianza per la presenza di Gesù ci ricordino

“tu sei amato”. Il matrimonio come il sacerdozio non valgono primariamente per ciò che fanno ma per il segno di Gesù che ciascuno di loro è nella Chiesa per ogni persona. Così si comprende che nella comunità dei figli di Dio, dei battezzati, c'è un dinamismo divino, comunionale che coinvolge tutti, che è animato - come spiegheremo più approfonditamente nel momento conclusivo di luglio - dal sacerdote e dagli sposi. Il sacerdote come capo e guida di questa comunione e gli sposi come piccola comunità sacramento, una comunità sacramento che ha come servizio quello di costruire diffonder la comunione tra le persone.

La coppia cristiana, sperimentata nel costruire comunione 24 ore su 24, nella forza dello Spirito diventa soggetto attivo nel tessere comunione nella comunità e nel mondo scoprendo di essere piccola famiglia con Gesù per costruire la famiglia grande dei figli di Dio. Questa animazione comunionale nelle due modalità di sacerdote e degli sposi ha un duplice scopo. Il primo è quello indicato da Gesù e cioè che nessuno vada perduto e questo – attenzione - non sa come interpretazione frettolosa quello di salvare dall'inferno. Perché nessuno va perduto significa mettere in risalto che ciascuno è importante, non è questione del dopo la morte, c'è anche il prima. Mettere in risalto che ciascuno è importante, unico e irripetibile, per costruire qui ora il regno di Dio che è già iniziato in mezzo a noi.

E altro scopo che è quello di rendere visibile e credibile il Vangelo. “Padre che siano uno affinché il mondo creda” è l'unico criterio pastorale che Gesù richiede alle nostre organizzazioni cattoliche. È in questo contesto di unità come criterio di credibilità che viene coinvolta la responsabilità di ciascun battezzato oltre al ruolo comunionale del sacerdote e degli sposi. Cioè non ci sono solo i sacerdoti e gli sposi per costruire comunione.

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Noi pensiamo che aspetti sempre tutto al sacerdote o a brave coppie di sposi che abbiamo in parrocchia. Ciascuno nato e battezzato nella triunità non può realizzarsi fuori dalla comunione realmente costruita e accolta, costruita e accolta. Inoltre va ricordato che in questo tessuto comunionale di Chiesa viene coinvolto ogni filo che lo compone, ogni persona perché il Signore vuole arrivare a tutti. Vuole arrivare a tutti e per arrivare a tutti è indispensabile la collaborazione di ciascuno. Le persone che incontri tu singolo nel tuo servizio, nel tuo lavoro forse io prete una coppia di sposi non la incontrerò mai. E chi incontri è affidato anche alle tue cure, è indispensabile la collaborazione di ciascuno e non solo dei cosiddetti chiamati operatori pastorali. Non c'è nessuno che in forza del battesimo non possa comunicare amore con chi incontra.

Amando costruisco la famiglia dei figli di Dio. C'è qualcuno che non sa amare di voi che state ascoltando? Allora se sai amare sei costruttore, sei costruttore della famiglia dei figli di Dio, sei costruttore di fraternità, sei costruttore di questo popolo santo e questa comunione nella comunità dipende anche da te. Non c'è nessuno che, in forza del Battesimo. non possa comunicare amore con chi incontra ed è questa l'unica via per far gustare l'unità di amore della quale si gode in quanto appartenenti ad un unico corpo quello di Cristo, un'unica comunità dei figli di Dio.

Se la Chiesa nella sua saggezza, in ascolto della Parola di Dio, ha messo in atto l'attenzione al singolo malato con l’Unzione degli Infermi perché viva la sofferenza in unione con Cristo, perché non vada perduta questa sofferenza cosa aspettiamo mettere in atto una pastorale che mostri la preziosità di ogni persona e delle sue fatiche di ogni giorno per la Chiesa?

Ma se l’Unzione dei malati esprime l'attenzione alla singolarità della persona perché non vada persa la sua sofferenza, tanto più anche gli altri sacramenti esprimono l'attenzione di Gesù mediante i segni alla singola persona perché sia soggetto attivo e partecipante alla vita della Chiesa e non soltanto usufruttuario.

Pensiamo al dono dello Spirito Santo nella cresima continuato successivamente in altre circostanze, al sacramento della Riconciliazione che è l'emblema di quanto Cristo vuole che nessuno vada perduto, ma pensiamo soprattutto all'Eucarestia. Se Gesù unisce a sé, al suo corpo glorioso mediante il pane consacrato lo fa per coinvolgerlo nella sua missione e non per una fossilizzazione spirituale. Ogni eucaristia è per ciascuno mandato e potenza di missione con Gesù. Il Gesù che unisce al mio corpo è per andare, per camminare, per testimoniare, per amare non è per fermarci. Escludersi o escludere dal partecipare alla sua missione significa annichilire la potenza del Risorto dentro di noi. Essere soggetto attivo non coincide solo con il lavorare in parrocchia ma in ogni gesto che lungo il giorno compio per far sentire fratello e sorella chi incontro.

E siamo alla conclusione. Probabilmente per dare consistenza pastorale a tutto questo accanto al ministero del sacerdote pastore che va in cerca della pecorella smarrita dovremmo mettere in atto, in moto il servizio, il tessuto di relazione che c'è in tutte le famiglie piccole chiese sparse nel territorio affinché aprano la porta di casa e ciascuno si senta accolto nella sua singolarità e messo nelle condizioni di sperimentare che appartiene ad una famiglia grande proprio per le conoscenze, l'amicizia con una famiglia piccola. Appartiene ad una famiglia grande perché tutti insieme cresciamo nell'essere il tessuto vivente che è il corpo di Cristo che rende visibile l'invisibile.

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Infatti c'è già un tessuto comunionale attivo che è la rete relazionale costituita da ogni famiglia.

Se nella pastorale riusciamo ad attivare le braccia, lo sguardo, il cuore che sono gli sposi per far sì che il Gesù che è presente in mezzo a loro si esprima scopriremo quanto sono preziose queste reti relazionali nel territorio per costruire il tessuto più grande, la rete relazionale più grande che è la Chiesa famiglia di figli di Dio, tutti fratelli. Amen.

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