• Non ci sono risultati.

LA CONVERSIONE DEI FIGLI DI DIO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "LA CONVERSIONE DEI FIGLI DI DIO"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

un'omelia di mons. Escrivá de Balaguer

LA CONVERSIONE DEI FIGLI DI DIO

La Quaresima non é solo un'occasione per intensificare le nostre pratiche esteriori di pietá o di mor- tificazione: é un invito alla conversione, al mutamento del cuore, a cedere di fronte al Dio che ci ama.

Quest'omelia, pronunciata da mons. Josemaría Escrivá de Balaguer in una Quaresima di qualche an- no addietro, sottolinea che il momento della prima conversione deve essere prolungato nella vita or- dinaria, nella grande ambizione della santitá. La sollecitudine di Dio verso l'uomo ci spinge a pro- gredire ogni giorno nel suo amore, a prendere ogni giorno la nostra croce: « La conversione é cosa dí un istante; la santificazione é opera di tutta la vita ». Perció la Quaresima non é « una ripetizione ciclica del tempo liturgico. É un momento unico; é un aiuto divino che bisogna accogliere. Gesú pas- sa accanto a noi e aspetta da parte nostra — oggi, ora — un rinnovamento di fondo », ci invita ad un ritorno gioioso alla casa del Padre.

Siamo entrati nel tempo di Quaresima, tem- po di penitenza, di purificazione, di conver- sione. Non é un compito facile. Il cristiane- simo non é un cammino comodo: non basta

« stare » nella Chiesa e far passare gli anni.

Nella nostra vita, nella vita dei cristiani, la prima conversione — quel momento irripe- tibile, indimenticabile, in cui si vede chia- ramente tutto ció che il Signore ci chiede — é importante; peró ancora piú importanti e piú difficili sono le successive conversioni.

E per facilitare l'opera della grazia divina che si manifesta in esse occorre conservare un animo giovane, invocare il Signore, e- scoltarlo, scoprire ció che in noi non va, chiedere perdono.

Invocabit me et ego exaudiam eum, leggia- mo nella liturgia di questa domenica (1): se mi invocherete vi ascolteró, dice il Signore.

Considerate questa meravigliosa sollecitudi- ne di Dio verso di noi; é sempre disposto ad ascoltarci, sempre attento alla parola dell'uo-

mo. In ogni tempo — ma ora in modo spe- ciale, perché il nostro cuore é ben disposto, deciso a purificarsi — Egli ci ascolta, e non sará sordo alle richieste di un « cuore con- trito ed umiliato » (2).

Il Signore ci ascolta per intervenire, entrare nella nostra vita, liberarci dal male, colmar- ci di bene: eripiam eum et glorificabo eum (3), lo libereró e lo glorificheró, dice dell'uomo. Ecco la speranza della gloria: ri- troviamo qui, come giá in altre occasioni, l'inizio di quell'intimo movimento che é la vita spirituale. La speranza di questa glori- ficazione accresce la nostra fede e stimola la nostra caritá. In tal modo entrano in fun- zione le tre virtú teologali, virtú divine che ci fanno simili a Dio nostro Padre.

Quale miglior modo di cominciare la Quare- sima? Il rinnovamento della fede, della spe- ranza e della caritá é la fonte dello spirito di penitenza, che é desiderio di purificazio- ne. La Quaresima non é solo un'occasione

(2)

per intensificare le nostre pratiche esteriori di mortificazione: se pensassimo che é so- lo questo, ci sfuggirebbe il suo significato profondo per la vita cristiana, perché questi atti esterni, come dicevo, sono frutto della fede, della speranza e dell'amore.

Qui habitat in adiutorio Altissimi, in protec- tione Dei coeli commorabitur (4), abitare sotto la protezione di Dio, vivere con Dio:

in questo consiste la rischiosa sicurezza del cristiano. Bisogna persuadersi che Dio ci ascolta, che é accanto a noi: e il nostro cuo- re si riempirá di pace. Ma vivere con Dio é indubbiamente correre un rischio, perché al Signore non basta che gli si dia una parte, vuole tutto. E avvicinarsi un po' di piú a Lui vuol dire essere disposti ad una nuova conversione, a una nuova rettificazione, ad ascoltare piú attentamente le sue ispirazio- ni, i santi desideri che fa sbocciare nella no- stra anima, e metterli in pratica.

Certo, dai tempi della nostra prima decisio- ne cosciente di vivere integralmente la dot- trina di Cristo abbiamo fatto molti passi a- vanti sulla strada della fedeltá alla sua Pa- rola. Eppure, non é yero che restano anco- ra tante cose da fare? Non é yero che re-

sta, soprattutto, tanta superbia? C'é indub- biamente bisogno di un nuovo cambiamen- to, di una lealtá piú piena, un'umiltá piú profonda, in modo che diminuisca il nostro egoismo e Cristo cresca in noi; infatti, illum oportet crescere, me autem minui (5), biso- gna che Lui cresca e che io diminuisca.

Non si puó rimanere inerti. r, necessario a- vanzare verso la meta indicata da san Pao- lo: « Non sono io che vivo, ma Cristo che vive in me » (6). L'ambizione é grande e no- bile: é l'identificazione con Cristo, la santi- tá. Eppure non c'é altra strada, se si deside- ra essere coerenti con la vita divina che me- diante il battesimo Dio ha fatto nascere nel- le nostre anime. Andare avanti significa pro- gredire in santitá; andiamo indietro, quin- di, se rinunciamo allo sviluppo normale del- la vita cristiana. Perché il fuoco dell'amore di Dio ha bisogno di essere alimentato, di crescere ogni giorno, gettando profonde ra- dici nella nostra anima; e il fuoco si man- tiene vivo bruciando cose nuove. Per questo, se non avvampa rischia di estinguersi.

Ricordate le parole di sant'Agostino: « Se dici basta, sei perduto. Guarda sempre avan- ti, cammina sempre, avanza sempre. Non re-

(3)

166 / SC

stare alío stesso posto, non retrocedere, non sbagliare strada » (7).

La Quaresima ci pone oggi davanti a questi interrogativi fondamentali. Migliora la mia fedeltá a Cristo? Aumentano i miei desideri di santitá? Aumenta la generositá apostolica nella mia vita d'ogni giorno, nel mio lavoro ordinario, fra i miei colleghi? Ognuno ri- sponda in cuor suo a queste domande e ve- drá che é necessaria una nuova trasforma- zione perché Cristo viva in noi, perché la sua immagine si rifletta limpidamente nella nostra condotta.

« Se qualcuno vuol venire dietro di me, rin- neghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua » (8). É Cristo che ce lo ri- pete di nuovo, quasi sottovoce, intimamen- te: la Croce ogni giorno. « Non solo — scri- ve san Gerolamo — nel tempo della perse- cuzione, o guando si presenta la possibilitá del martirio, ma in ogni situazione, in ogni opera, in ogni pensiero, in ogni parola, ne- ghiamo ció che eravamo prima e confessia- mo ció che siamo ora, dato che siamo rinati in Cristo » (9).

Queste considerazioni non sono in realtá altro che l'eco di quelle parole dell'Aposto- lo: « In altri tempi non eravate altro che te- nebre, ma ora siete luce nel Signore; proce- dete dunque come figli della luce. Il frutto della luce consiste in ogni bontá e giustizia e veritá: cercando ció che piace a Dio » (10).

La conversione é cosa di un istante; la san- tificazione é opera di tutta la vita. Il seme divino della carita che Dio ha gettato nelle nostre anime aspira a crescere e manifestar- si con opere, producendo frutti che in ogni momento corrispondano al desideri del Si- gnore. E indispensabile, quindi, essere di- sposti a ricominciare, a ritrovare nelle nuo- ve situazioni della nostra vita la luce, l'im- pulso della prima conversione. E questa é la ragione per cui dobbiamo prepararci con un approfondito esame di coscienza, chie- dendo aiuto al Signore, per poterlo cono- scere meglio e per conoscere meglio noi stessi. Se vogliamo convertirci di nuovo, que- sta é l'unica strada.

II tempo

della salvezza

Exhortamur ne in vacuum gratiam Dei reci- piatis (11), vi esortiamo a non ricevere inva- no la grazia di Dio. La grazia divina potra

colmare la nostra anima in questa Quaresi- ma purché noi non chiudiamo le porte del cuore. Dobbiamo avere questa buona dispo- sizione, il desiderio di trasformarci vera- mente, senza giocare con la grazia di Dio.

Non mi piace parlare di timore, perché ció che muove il cristiano é l'amore di Dio che ci si é manifestato in Cristo e che ci insegna ad amare tutti gli uomini e l'intera creazio- ne; dobbiamo parlare, invece, di responsabi- litá, di serietá: « Non v'ingannate: nessuno puó prenderse gioco di Dio » (12), ci avver- te l'Apostolo.

Bisogna decidersi. Non si puó vivere con quelle due candele che, secondo il detto po- polare, ogni uomo tiene accese: una a san Michele e una al demonio. Bisogna spegne- re la candela del demonio. Dobbiamo consu- mare la nostra vita facendola ardere tutta intera al servizio di Dio. Se il nostro deside- rio di santitá é sincero, se siamo docili e ci mettiamo nelle mani di Dio, tutto andrá be- ne. Perché Lui é sempre disposto a darci la sua grazia e, specialmente in questo tempo, la grazia per una nuova conversione, per un miglioramento della nostra vita di cristiani.

Non possiamo considerare questa Quaresi- ma come un periodo qualsiasi, una ripeti- zione ciclica del tempo liturgico. É un mo- mento unico; é un aiuto divino che bisogna accogliere. Gesú passa accanto a noi e aspet- ta da parte nostra — oggi, ora — un rinno- vamento di fondo.

Ecce nunc tempus acceptabile, ecce nunc dies salutis (13): é il tempo opportuno, puó esse- re il giorno della salvezza. Si sente di nuo- vo il richiamo del Buon Pastore, quelle paro- le affettuose: ego vocavi te nomine tuo (14).

Ci chiama tutti per nome, con l'appellativo familiare con cui ci chiamano le persone che ci amano. La tenerezza di Gesú per noi é al di sopra di ogni discorso.

Considerate con me questa meraviglia del- l'amore di Dio: il Signore che viene a cer- carci, aspetta, si mette all'angolo della stra- da in modo che non possiamo fare a meno di vederlo. E ci chiama personalmente, par- landoci delle nostre cose, che sono anche cose sue, e spinge la nostra coscienza al pen- timento, l'apre alla generositá, imprimendo nelle nostre anime il desiderio di essere fe- deli e poterci chiamare suoi discepoli. Ci basta percepire queste intime parole della grazia, che sono come un affettuoso rimpro- vero, perché ci rendiamo conto che Lui non ci ha dimenticato in tutto il tempo in cui noi, per nostra colpa, non lo abbiamo visto.

Cristo ci ama con l'amore infinito del suo Cuore divino.

Guardate come insiste: « Ti ho ascoltato nel tempo opportuno, ti ho aiutato nel giorno della salvezza » (15). Lui ti promette la glo- ria, il suo amore, e te lo da al momento giu-

(4)

sto, e ti chiama. E tu? Tu che cosa dai al Signore? Come risponderai? Come rispon- deró anch'io a questo amore di Gesú che passa?

Ecce nunc dies salutis, é qui, a portata di mano, il giorno della salvezza. L'appello del Buon Pastore giunge fino a noi: Ego vocavi te nomine tuo, ho chiamato te, per nome.

Bisogna rispondere — l'amore vuole amore dicendo: Ecce ego quia vocasti me (16), mi hai chiamato, eccomi. Sono deciso a far si che questo tempo di Quaresima non pas- si come l'acqua sui sassi, senza lasciar trac- cia. Mi lasceró penetrare, trasformare; mi convertiró, mi volgeró di nuovo al Signore, amandolo come Lui vuole essere amato.

« Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta la tua anima, e con tutta la tua mente » (17). « Che cosa resta del tuo cuore — commenta sant'Agostino — per- ché tu possa amare te stesso? Che cosa re- sta della tua anima e della tua mente? », Ex toto, dice, Totum exigit te, qui facit te (18), colui che ti fece esige da te tutto.

Dopo questa professione d'amore, bisogna comportarsi come veri innamorati di Dio.

In omnibus exhibeamus nosmetipsos sicut Dei ministros (19), comportiamoci in ogni occasione come servitori del Signore. Se tu ti dai a Lui come Lui vuole, l'azione divina si manifesterá nella tua condotta professio- nale, nel lavoro, nell'impegno per rendere divine le cose umane, grandi o piccole che siano, perché mediante l'amore tutte acqui- stano una nuova dimensione.

Ma in questa Quaresima non possiamo di- menticare che voler essere servitori di Dio non é facile. I1 testo di san Paolo propostoci dall'epistola della messa di oggi ci ricorda la difficoltá: « Come servitori di Dio — scri- ve l'Apostolo —, con molta pazienza nelle tribolazioni, nelle neccssitá, nelle angustie, sotto le battiture, nella prigionia, nelle

nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni;

con carita sincera, con parole di -veritá con fortezza di Dio » (20). Nei momenti piú di- versi della vita, in tutte le situazioni, dob- biamo comportarci come servitori di Dio, sapendo che il Signore é con noi, e noi sia- mo figli suoi. Bisogna essere consapevoli di questa origine divina della nostra vita e agi- re in conseguenza.

Le parole dell'Apostolo devono riempirvi di gioia, perché direi che sono la canonizzazio- ne della vostra vocazione di cristiani comu- ni, cristiani che vivono in mezzo al mondo condividendo con gli altri uomini, gente u- guale a voi, affanni, fatiche e gioie. Tutte queste cose sono un cammino divino. Il Si- gnore vi chiede solo di agire, in ogni mo- mento, come suoi figli e suoi servitori.

Ma queste circostanze ordinarie della vita saranno cammino divino se ci convertiamo

veramente, se ci doniamo con generositá.

linguaggio di san Paolo é duro: promette al cristiano una vita difficile, rischiosa, in per- petua tensione. Come é stato sfigurato il cri- stianesimo guando lo si é trasformato in una vita comoda! Ma é anche un tradimen- to della veritá pensare che questa vita vis- suta con pienezza e serietá, conoscendo da vicino tutti gli ostacoli dell'esistenza umana, sia una vita angosciosa, fatta di oppressioni e di paura.

Il

cristiano é realista, di un realismo sopran- naturale e umano che avverte tutte le sfac- cettature della vita: il dolore e la gioia, la sofferenza propria ed altrui, la sicurezza e il dubbio, la generositá e la tendenza all'egoi- smo. Il cristiano conosce tutto e affronta tutto, é ricco di umanitá ed ha in piú la fortezza che riceve da Dio.

le tentazioni di Gesú

La Quaresima commemora i quaranta gior- ni che Gesú trascorse nel deserto in prepa- razione agli anni di predicazione che culmi- nano nella Croce e nella gloria della Pasqua.

Quaranta giorni di preghiera e di penitenza.

Quando stavano per finire avvenne quell'epi- sodio che la liturgia di oggi offre alla nostra considerazione nel Vangelo della messa: le tentazioni di Cristo (21). Un episodio pieno di mistero, che l'uomo pretende invano di capire — Dio che si sottomette alla tenta- zione, dando via libera al Maligno —, ma che puó essere meditato chiedendo al Si- gnore che ci faccia capire l'insegnamento in esso contenuto.

Gesú tentato. La tradizione illustra questa scena considerando come Nostro Signore, per darci esempio in tutto, volle anche sof- frire la tentazione. E infatti é cosi, perché Cristo fu perfetto uomo, uguale a noi in tut- to meno che nel peccato (22). Dopo i qua- ranta giorni di digiuno, mangiando solo — forse — erbe e radici, e bevendo un po' d'ac- qua, Gesú sente faene: fame vera, come quel- la di qualsiasi creatura. E guando il diavolo gli propone di cambiare in pane le pietre, Nostro Signore non solo rifiuta l'alimento che il suo corpo desiderava, ma allontana da sé un incitamento ancora maggiore, quel- lo di usare del suo potere divino per risol- vere, se cosi si puó dire, un problema per- sonale.

(5)

168 / SC

Lo avrete notato anche in altri passi del Vangelo: Gesú non fa miracoli in favore di se stesso. Cambia l'acqua in vino per gli spo- si di Cana (23); moltiplica i pani e i pesci per dar da mangiare ad una folla affama- ta (24). Ma lui si guadagna il pane, per lun- ghi anni, col suo lavoro. E piú tardi, duran- te il suo pellegrinaggio per le strade di Israe- le, vive con l'aiuto di quelli che lo seguo- no (25).

Racconta san Giovanni che, dopo un lungo viaggio, giunto al pozzo di Sicar, Gesú man- da i suoi discepoli al paese vicino a cercar da mangiare; e vedendo avvicinarsi la sa- maritana, le chiede dell'acqua, poiché lui non aveva di che procurarsene (26). Il suo corpo affaticato dal lungo cammino speri- menta la stanchezza e, in altre occasioni, per riacquistare le forze, ricorre al sonno (27).

Generositá del Signore che si é umiliato, che ha accettato in pieno la condizione umana, che non si serve del suo potere divino per sfuggire alíe difficoltá o allo sforzo. Che ci insegna ad essere forti, ad amare il lavoro, ad apprezzare la nobiltá umana e divina di saper assaporare le conseguenze del dono di sé.

gli angeli, nostri amici

Nella seconda tentazione, guando il diavolo gli propone di gettarsi dall'alto del Tem- pio, Gesú rifiuta di nuovo di servirsi del suo potere divino. Cristo non cerca la vanaglo- ria, la scena, la commedia umana che pre- tende di usare Dio come scenario della pro- pria eccellenza. Gesú Cristo vuole compiere la volontá del Padre senza affrettare i tem- pi né anticipare l'ora dei miracoli; egli vuole percorrere, un passo dopo l'altro, il faticoso sentiero degli uomini, l'amabile cammino della Croce.

Quasi la stessa cosa accade con la terza ten- tazione: gli vengono offerti regni, potere, gloria. Il demonio pretende per sé, con la promessa di ricompense umane, la riverenza che é dovuta solo a Dio: promette una vita facile a chi si prostra davanti a lui, davanti agli idoli. Nostro Signore riporta l'adorazio- ne al suo unico e yero fine, Dio, e riafferma la sua volontá di servizio: « Allontanati da me, Satana; perché sta scritto: adorerai Signore Dio tuo e lui solo servirai » (28).

Impariamo da Gesú. Nella sua vita terrena

non ha voluto neppure la gloria che gli spet- tava: avendo diritto ad essere trattato co- me Dio, ha assunto le sembianze di servo, di schiavo (29). Il cristiano impara cosi che tutta la gloria é per Dio; e che non puó ser- virsi della sublimitá e grandezza del Vange- lo come strumento di interessi ed ambizioni umane.

Impariamo da Gesú. II suo atteggiamento, nell'opporsi ad ogni gloria umana, é in per- fetta correlazione con la grandezza della sua unica missione: quella del Figlio amatissi- mo di Dio che si incarna per la salvezza de- gli uomini. Una missione che l'amore del Pa- dre ha circondato di una sollecitudine pie- na di tenerezza: Filius meus es tu, ego ho- die gentil te. Postula a me et dabo tibi gen- tes hereditatem tuam (30): Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato. Chiedi, e ti daró le genti in ereditá. Anche il cristiano che, seguendo Cristo, vive in atteggiamento di piena ado- razione del Padre, riceve dal Signore paro- le di amorosa sollecitudine: « Perché spera in me, lo libereró: lo proteggeró perché co- nosce il mio nome » (31).

Gesú ha detto « no » al demonio, al principe delle tenebre. E cubito si manifesta la lu- ce: « Allora il diavolo lo lasció; e si avvici- narono gli angeli e lo servivano » (32). Gesú ha sopportato la prova, che fu una prova reale, perché, commenta sant'Ambrogio, E- gli « non agi come Dio, usando il suo potere (altrimenti a che ci sarebbe servito il suo esempio?), ma agi come uomo servendosi dei mezzi che aveva in comune con noi » (33).

Il demonio ha citato con perfidia l'Antico Testamento: Dio manderá i suoi angeli per- ché proteggano il giunto lungo la sua stra- da (34). Ma Gesú, rifiutandosi di tentare suo Padre, restituisce al passo biblico il suo ye- ro significato e, come premio della sua fe- deltá, ecco che al momento opportuno ven- gono i messaggeri di Dio Padre a servirlo.

La tattica usata da Satana con Gesú Cristo Nostro Signore merita d'essere considerata:

egli cita testi della Sacra Scrittura, ma ne distorce il significato fino a trasformarli in bestemmie. Gesú non si lascia ingannare:

Verbo fatto carne conosce bene la Parola di- vina scritta per la salvezza degli uomini, non per la loro confusione e condanna. Da cui si deduce che chi é unito a Gesú con l'amo- re, non si lascerá mai ingannare da fraudo- lente interpretazioni della Scrittura, perché sa che é un lavoro tipicamente diabolico quello di cercar di confondere la coscienza cristiana e trasformare la luce in tenebre a- doperando le stesse parole della Sapienza eterna.

Soffermiamoci a contemplare l'intervento degli Angeli nella vita di Gesú per capire me- glio il loro compito — la missione degli An- geli — nella vita umana. La tradizione cri-

(6)

stiana descrive l'Angelo Custode come un grande amico che Dio ha messo accanto ad ogni uomo per accompagnarlo nel suo cam- mino. E per questo ci invita a conoscerlo, a rivolgerci a lui.

La Chiesa, facendoci meditare questi passi della vita di Cristo, ci ricorda che, nel tem- po di Quaresima, tempo in cui ci riconoscia- mo peccatori, pieni di miserie, bisognosi di purificazione, c'é posto anche per la gioia.

Perché la Quaresima é anche tempo di for- tezza e di gaudio: dobbiamo riempirci di coraggio perché la grazia del Signore non ci mancherá: Dio sará sempre accanto a noi e manderá i suoi Angeli perché siano i com- pagni del nostro viaggio, i prudenti consi- glieri lungo la strada, i collaboratori in tut- te le nostre imprese. In manibus portabunt te, ne forte Ofendas ad lapidem pedem tuum (35), prosegue il salmo: gli Angeli ti terranno per mano affinché il tuo piede non inciampi nei sassi.

Bisogna saper stare in contatto con gli An- geli. Rivolgiamoci ad essi ora! Di al tuo An- gelo Custode che le acque soprannaturali della Quaresima non sono passate sulla tua anima senza lasciar traccia, ma sono entra-

te in profonditá perché il tuo cuore é con- trito. Chiedigli di presentare al Signore que- sta buona volontá che la grazia ha fatto ger- minare dalla tua miseria come un giglio che é fiorito nel letame. Sancti Angeli, Custodes nostri: defendite nos in proelio, ut non pe- reamus in tremendo iudicio (36): Santi An- geli Custodi: difendeteci nella battaglia af- finché non sia decretata la nostra morte nel tremendo giudizio.

Come si spiega questa preghiera fiduciosa, questa sicurezza di non morire nella batta- glia? E un convincimento che si basa su una realtá che non mi stanchero mai di ammi- rare: la nostra filiazione divina. Il Signore che in questa Quaresima ci chiede di conver- tirci, non é un dominatore tirannico né un giudice rigido e implacabile: é nostro Pa- dre. Ci parla dei nostri peccati, dei nostri errori, della nostra mancanza di generositá:

ma lo fa per liberarci da tutto questo e pro- metterci la sua amicizia e il suo amore. La consapevolezza della nostra filiazione divi- na dá un'impronta di gioia alla nostra con- versione facendoci capire che stiamo tor- nando verso la casa del Padre.

La filiazione divina é il fondamento dello spi-

(7)

170 / SC

rito dell'Opus Dei. Tutti gli uomini sono figli di Dio. Ma un figlio nei rapporti con suo pa- dre si puó comportare in diverse maniere.

Bisogna cercare di rendersi conto che il Si- gnore, avendoci amati come figli, ci ha am- messo a vivere nella sua casa, qui in mezzo al mondo: ha voluto che fossimo della sua famiglia, che tutte le cose sue fossero no- stre e le nostre sue; vuole che lo trattiamo con tanta familiariti e fiducia da chiedergli, come fa un bambino piccolo con suo padre, addirittura la luna! Un figlio di Dio tratta il Signore come Padre. Non con ossequio servile né con riverenze formali, di mera cor- tesia, ma con sinceritá e fiducia.

Dio non si scandalizza degli uomini. Dio non si stanca delle nostre infedeltá. I1 nostro Pa- dre del Cielo perdona qualsiasi offesa guan- do il figlio torna di nuovo a Lui, guando si pente e chiede perdono. Nostro Signore é un padre che sa anticipare il nostro deside- rio di perdono, e ci precede aprendoci le braccia con la sua grazia.

Quello che sto dicendo non é un'invenzione mia. Ricordate quella parabola che il Figlio di Dio ci raccontó per farci capire l'amore del Padre che é nei Cieli: la parabola del fi- gliol prodigo (37)? « Quando ancora era Ion- tano — dice la Scrittura — suo padre lo vi- de e si commosse profondamente, e corren- do incontro a lui gli gettó le braccia al col- lo e lo bació » (38). Anzi, il sacro testo dice:

« gli diede mille baci », se lo mangiava a for- za di baci. Si puó parlare in maniera piú u- mana? Si puó parlare in maniera piú chiara dell'amore paterno di Dio per gli uomini?

Davanti a un Dio che corre verso di noi non possiamo tacere, e gli diremo con san Pao- lo Abba, Pater! (39), Padre, Padre mio!, per- ché pur essendo il creatore dell'universo, non gli interessano i titoli altisonanti né si cura del giusto riconoscimento del suo do- minio. Vuole che lo chiamiamo Padre, che assaporiamo questa parola capace di riem- pirci l'anima di gioia.

ritorno

alla casa del padre

La vita umana, in un certo modo, é un con- tinuo ritorno alla casa del Padre. Ritorno mediante la contrizione, la conversione del cuore, che richiede il desiderio di cambiare, la decisione ferma di migliorare la nostra vita, e che pertanto si manifesta in opere di

sacrificio e di dedizione. Ritorno alla casa del Padre per mezzo del sacramento del per- dono, nel quale, confessando i nostri pecca- ti, ci rivestiamo di Cristo e torniamo ad es- sere suoi fratelli, membri della famiglia di Dio.Dio ci aspetta, come il padre della parabola, con le braccia aperte, anche se non ce lo me- ritiamo. Non gli interessa quale sia l'entitá del nostro debito. Come nel caso del figliol prodigo, dobbiamo solo aprire il cuore, sen- tire la nostalgia del focolare paterno, me- ravigliarci e rallegrarci di fronte al dono che Dio ci fa chiamandoci e facendoci esse- re — nonostante tante mancanze di corri- spondenza da parte nostra — veramente fi- gli suoi.

Che strana capacitó ha l'uomo di dimentica- re le cose phi meravigliose e di abituarsi al mistero! Consideriamo di nuovo, in questa Quaresima, che il cristiano non puó essere superficiale. Il cristiano, che é pienamente in- serito nel suo lavoro ordinario, in mezzo agli altri uomini — che sono uguali a lui —, preoccupato, impegnato, in continua tensio- ne, deve nello stesso tempo mantenersi sem- pre alla presenza di Dio, perché é suo figlio.

La filiazione divina é una veritá gioiosa, un mistero di consolazione. Riempie tutta la nostra vita spirituale: ci insegna a trattare, conoscere, amare il nostro Padre del Cielo, e colma cosi di speranza la nostra lotta in- teriore, dandoci la semplicitá fiduciosa pro- pria dei figli piú piccoli. Anzi, proprio per- ché siamo figli di Dio, questa realtá ci porta anche a contemplare con amore e ammira- zione tutto ció che é uscito dalle mani di Dio Padre e Creatore. E cosi diventiamo contem- plativi in mezzo al mondo, amando il mondo.

Nella Quaresima, la liturgia ha presenti le conseguenze del peccato di Adamo nella vi- ta dell'uomo. Adamo non volle essere un buon figlio di Dio e si ribelló. Ma oggi sen- tiamo risuonare continuamente l'eco del fe- lix culpa — felice colpa, fortunata colpa — che la Chiesa intera, piena di gioia canterá la vigilia di Pasqua (40). Dio Padre, giunta la pienezza dei tempi, invió al mondo il suo figliolo unigenito perché ristabilisse la pace;

in modo che, redento ormai l'uomo dal suo peccato, adoptionem filiorum recipere- mus (41), fossimo costituiti figli di Dio, li- berati dal giogo del peccato, resi capaci di partecipare alla intimitá divina della Trini- tá. E cosi si é aperta per quest'uomo nuovo, per questo nuovo innesto dei figli di Dio (42), la possibilitá di riscattare la creazione inte- ra dal disordine, restaurando tutte le cose in Cristo (43), il quale le ha riconciliate con Dio (44).

Tempo di penitenza, quindi. Ma, come ab- biamo visto, la penitenza non é un dovere negativo. La Quaresima va vissuta con lo

(8)

spirito di filiazione che Cristo ci ha comu- nicato e che vive nella nostra anima (45).

ji Signore ci chiama ad avvicinarci a Lui e a desiderare di essere come Lui: « Siate imi- tatori di Dio, come figli suoi amatissi- mi » (46), collaborando umilmente ma fer- vorosamente al divino proposito di unire ció che é diviso, salvare ció che é perduto, or- dinare ció che il peccato dell'uomo ha scon- volto, ricondurre al suo fine ció che se ne é allontanato, ristabilire la divina concordia di tutto il creato.

La liturgia della Quaresima assume a volte toni tragici, conseguenza della meditazione del significato profondo dell'allontanamen- to dell'uomo da Dio, ed é la parola del suo amore salvatore e misericordioso e, pertan- to, la parola della nostra filiazione divina.

Per questo vi ripeto oggi con san Giovanni:

« Guardate quale amore verso di noi ha avu- to il Padre, volendo che ci chiamassimo fi- gli di Dio e lo fossimo per davvero » (47).

Figli di Dio, fratelli del Verbo fatto carne, fratelli di Colui di cui fu detto: « In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomi- ni » (48). Figli della luce, fratelli della luce:

ecco chi siamo. Portatori dell'unica fiamma capace di accendere dei cuori di carne.

la gioia

della resurrezione

Io ora finiró di parlare e la Santa Messa proseguirá; ciascuno di noi dovrá considera- re per proprio conto che cosa gli chiede il Signore, quali propositi, quali decisioni vuo- le promuovere in Lui l'azione della grazia.

Se sentirete queste esigenze soprannaturali e umane di donazione e di lotta, ricordate che Gesú Cristo é il nostro modello. E ri- cordate che Gesú, che é Dio, accettó di esse- re tentato: in modo che vedendo Lui, noi ci facessimo coraggio e fossimo certi della vit- toria. Perché Lui non perde battaglie; re- stando uniti a Dio, non saremo mai scon- fitti, e potremo chiamarci ed essere vera- mente vincitori: buoni figli di Dio.

Cerchiamo di vivere felici. Io sono conten- to. Non lo dovrei essere guardando la mia vita, facendo quell'esame di coscienza per- sonale che ci é richiesto dal tempo liturgico della Quaresima. Ma sono ugualmente con- tento perché vedo che il Signore mi cerca ancora una volta, cioé continua ad essere mio Padre. So che voi ed io, con decisione, con lo splendore e l'aiuto della grazia, sco- priremo che cosa bisogna amare e lo ame-

remo, che cosa bisogna strappare via dalla nostra vita e lo strapperemo, che cosa biso- gna donare, e lo doneremo.

Il lavoro non é facile, ma abbiamo una Bui- da chiara, una realtit da cui non vogliamo e non possiamo prescindere: siamo amati da Dio e lasceremo che lo Spirito Santo agisca in noi e ci purifichi, per poter cosí abbrac- ciare sulla Croce il Figlio di Dio e poi resu- scitare con Lui, dato che la gioia della Re- surrezione é radicata nella Croce.

Maria, madre nostra, auxilium christiano- rum, refugium peccatorum: intercedi pres- so tuo Figlio affinché ci invii lo Spirito San- to; é Lui che deve risvegliare nel nostro cuore la decisione di camminare con passo fermo e sicuro, facendoci sentire nell'intimo dell'anima quell'invito che riempi di pace il martirio di uno dei primi cristiani: veni ad Patrem (49), vieni, torna da tuo Padre, che ti sta aspettando.

Josemaría Escrivá de Balaguer (1) Ps. 90, 15 (introito della Messa).

(2) Ps. 50, 19.

(3) Ps. 90, 15 (introito della Messa).

(4) Ps. 90, 1 (introito della Messa).

(5) Giov. 3, 30.

(6) Gal. 2, 20.

(7) Sermo 169, XV, 19.

(8) Lc. 9, 23.

(9) Ep., 121, 3.

(10) Eph. 5, 8-10.

(11) II Cor. 6, 1 (Epistola della Messa).

(12) Gal. 6. 7.

(13) II Cor. 6, 2 (Epistola della Messa).

(14) Is. 43, 1.

(15) II Cor. 6, 2 (Epistola della Messa).

(16) I Re 3, 5.

(17) Mt. 22, 37.

(18) Sermo 34, IV, 7.

(19) II Cor. 6, 4 (Epistola della Messa).

(20) II Cor. 6, 4-7.

(21) Cfr. Mt. 4, 1-11.

(22) Cfr. Haebr. 4, 15.

(23) Cfr. Giov. 2, 1-11.

(24) Cfr. Mc. 6, 33-46.

(25) Cfr. Mt. 27, 55.

(26) Cfr. Giov. 4, 4-ss.

(27) Cfr. Lc. 8, 23.

(28) Mt. 4, 10.

(29) Cfr. Phil. 2, 6-7.

(30) Ps. 2, 7.

(31) Ps. 90, 14.

(32) Mt. 4, 11.

(33) Expositio Ev. sec. Lucam, 1, IV, 20.

(34) Ps. 90, 11.

(35) Ps. 90, 12.

(36) Da un'orazione a san Michele.

(37) Cfr. Lc. 15, 11-ss.

(38) Lc. 15, 20.

(39) Rom. 8, 15.

(40) Preconio Pasquale.

(41) Gal. 4, 5.

(42) Cfr. Rom. 6, 4-5.

(43) Cfr. Eph. 1, 5-10.

(44) Cfr. Col. 1, 20.

(45) Cfr. Gal. 4, 6.

(46) Eph., 5, 1.

(47) I Giov. 3, 1.

(48) Giov. 1, 4.

(49) S. Ignazio di Antiochia, Lett. al Romani, 7, 2.

Riferimenti

Documenti correlati

con i profili in alluminio è fatto con la stessa tecnica del volto in 3D di Gesù e di Maria con l’aggiunta di profili in alluminio (dalla parvenza di raggi di sole) dando forma

Il termine «diseguaglianza nella salute» ge- neralmente evoca situazioni di clamorosa iniquità come le differenze nella speranza di vita tra paesi del Nord e del Sud del mondo

Invece tra i regali che Chiara ha fatto a Borana, un valore particolare lo meritano i libri che sono andati ad arricchire la piccola biblioteca che Borana stessa coordina ed è

[r]

[r]

Ascolta la famosa canzone di Lucio Dalla, Piazza Grande, poi rispondi alle domande.. Secondo te chi è il protagonista di

Le persone che passano per la piazza sono la

[r]