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LA TRATTATIVA STATO MAFIA

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Academic year: 2022

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LA TRATTATIVA STATO MAFIA

L’intreccio dei rapporti tra mafia e istituzioni è purtroppo una costante della storia italiana, fin dalla costituzione dello Stato unitario, e ne ha inquinato anche i momenti più decisivi, come ad esempio lo sbarco degli Alleati in Sicilia.

Mettiamo a fuoco qui di seguito, sulla scorta di atti giudiziari e testimonianze di diversi collaboratori di giustizia, alcuni snodi cruciali di questo connubio a partire dagli anni 90, noti con il nome di trattativa Stato-mafia. Si può in realtà parlare di due o tre trattative, fermo immagine di un percorso che, come si è detto, non si è mai interrotto.

PRIMA TRATTATIVA: 1992

Il 30 gennaio 1992 la Cassazione, contro ogni previsione d'impunità, conferma le condanne di primo grado al maxiprocesso di Palermo (1986): 19 ergastoli, 2.650 anni di carcere ai mafiosi.

Salvatore Riina, capo di Cosa Nostra, si chiede chi abbia tradito.

E’ imperativo:

1) colpire i colpevoli;

2) andare all’assalto dello Stato.

Così Salvo Lima, l’uomo di Andreotti, che aveva assicurato un esito favorevole in Cassazione, viene ucciso il 12 marzo.

Il 23 maggio sarà la volta del giudice Falcone.

Tra giugno e luglio, il capitano De Donno e il generale dei carabinieri Mori si attivano mettendosi in contatto con l’ex-sindaco di Palermo Ciancimino, ai domiciliari a Roma, che si fa tramite presso Riina: a che condizione finirà l’assalto allo Stato?

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Riina elenca una serie di richieste, il famoso 'papello':

• revisione sentenza maxi-processo;

• annullamento del 41bis (carcere duro con restrizioni e controlli speciali);

• revisione della legge Rognoni-La Torre (416 bis);

• riforma della legge sui pentiti;

• riconoscimento dei benefici per i dissociati;

• arresti domiciliari dopo i 70 anni;

• chiusura delle supercarceri;

• carcerazione vicino alle case dei famigliari;

• nessuna censura sulla posta dei famigliari;

• misure prevenzione - rapporto con i famigliari;

• arresto solo in flagranza di reato;

• defiscalizzazione dei carburanti per la Sicilia, come ad Aosta.

Intanto Borsellino, in una disperata corsa contro il tempo, cerca di acquisire dati sui rapporti mafia-appalti-politici, sui cui stava indagando Falcone.

Il primo luglio va a Roma per raccogliere le dichiarazioni del pentito Gaspare Mutolo sugli intrecci di Cosa Nostra al Nord. Interrompe l’interrogatorio, perché chiamato dal ministro dell’Interno Mancino al Viminale; lì incontra anche il capo della polizia Parisi e Bruno Contrada, numero tre del Sisde, che gli fa capire di essere al corrente del ‘segretissimo’ colloquio con Mutolo.

Borsellino si sente spiato, braccato. La rete di complicità che sta scoprendo, gravissime e ad altissimo livello, lo trasforma nel nemico da abbattere. Ha capito che è in corso una trattativa tra Stato e mafia e lui è solo un ostacolo da eliminare.

Il 19 luglio c’è la strage di via D’Amelio. L’agenda rossa di Borsellino scompare.

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La reazione dello Stato questa volta non si fa attendere. Il decreto Scotti- Martelli inasprisce il 41bis e centinaia di mafiosi, prelevati dalle carceri nella notte, finiscono a Pianosa e all’Asinara. Più di 40.000 soldati arrivano in Sicilia a pattugliare l’isola.

Molti tra le file di Cosa Nostra si chiedono se questa strategia di scontro frontale, voluta da Riina, non sia stata fallimentare. Ma è stata veramente voluta da Riina? Non è stato un favore reso a qualcuno, “qualcuno a cui non poteva dire di no” (Giovanni Brusca)?

Il 14 gennaio ’93 Riina, tradito probabilmente dall’interno di Cosa Nostra, viene arrestato. Il suo covo non verrà perquisito per più di dieci giorni, ogni traccia o impronta definitivamente cancellata.

Difficile pensare che tutto ciò non risponda a un piano concordato.

La gestione di Cosa Nostra passa nelle mani di Provenzano, che potrebbe inaugurare con metodi più morbidi una nuova pax mafiosa.

SECONDA TRATTATIVA: 1993

La strage di via D’Amelio è stata un’anomalia nella strategia mafiosa. E’

urgente riprendere con le istituzioni la pacifica convivenza di sempre, rinegoziare le richieste del ‘papello’.

Eppure riprendono le stragi, mentre i partiti tradizionali sono allo sbando, Tangentopoli imperversa, i referendum di Segni scompaginano il quadro politico. L’ala militare di Leoluca Bagarella, cognato di Riina, fatica ad adeguarsi al nuovo corso. O forse è in atto un progetto oscuro, si sta muovendo “una torbida alleanza di forze” (C.A. Ciampi).

La strategia della bomba continua con via Fauro a Roma, contro Maurizio Costanzo.

Il nuovo ministro della Giustizia Conso (governo dei tecnici Mancino-Conso-

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Ciampi), all’insaputa dei giudici, revoca il 41bis a 100 detenuti minori. Non basta: le stragi continuano.

Continuano avendo, questa volta, come principale obbiettivo le opere d’arte, che “non si possono sostituire come i magistrati”: via dei Georgofili a Firenze (27 maggio), via Palestro a Milano (27 luglio), le basiliche di S. Giovanni in Laterano e di S. Giorgio al Velabro a Roma (28 luglio). Continuerà fino a quando lo Stato non allevierà in modo più significativo il 41bis, che è “una fabbrica di pentiti”, virus mortale per Cosa Nostra.

Il 24 gennaio '94 un’autobomba è pronta ad esplodere allo Stadio Olimpico con l’obiettivo di colpire le forze dell’ordine, ma l'attentato fallisce a causa del malfunzionamento del telecomando che dovrebbe innescare la bomba.

Il ministro Conso, cedendo al ricatto e contro il parere dei magistrati della procura di Palermo, avrebbe revocato il 41bis a 340 mafiosi (il fatto, oggetto di accertamento processuale, non è per il momento dimostrato).

TERZA TRATTATIVA: a seguire

Da lunga data, a Milano, i fratelli Graviano, boss del quartiere Brancaccio a Palermo e autori delle stragi, intrattengono rapporti con Marcello Dell’Utri e imprenditori milanesi come Filippo Alberto Rapisarda.

Intanto avanza sottotraccia un progetto straordinario, sul quale saranno investite risorse colossali: un nuovo soggetto politico, capace di raccogliere l’eredità dello sfaldamento dei vecchi partiti moderati e sbarrare il passo alla pericolosa avanzata delle sinistre.

Il 18 gennaio del 94 nasce 'Forza Italia', con la potenza di fuoco di ben tre reti televisive e la disponibilità illimitata di capitali di origine tuttora ignota.

Secondo taluni il nuovo partito dei moderati sarebbe, per Cosa Nostra,

“terminale politico” ben più sicuro del tanto decantato quanto velleitario progetto di una secessione della Sicilia.

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Artefice geniale del nuovo disegno un amico da lunga data di Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri, palermitano, che sarà condannato con sentenza definitiva il 9 maggio 2014 per concorso esterno in associazione mafiosa.

E’ lui che ha introdotto Vittorio Mangano, testa di ponte di Cosa Nostra al Nord, come “stalliere” ad Arcore già nel lontano ’73, è lui che avrebbe organizzato presso gli uffici di Rapisarda, l’incontro di Berlusconi con i capi di Cosa Nostra, per stabilire un accordo, una nuova trattativa (incontro confermato dallo stesso Rapisarda e sempre smentito da Dell’Utri).

Due processi, attualmente in corso a Palermo e Caltanissetta, stanno ancora cercando di fare luce su questi misteri.

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