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Vangelo 27 dicembre 2020
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe - Anno B – Luca 2, 22 – 40
Trascrizione del video-commento del biblista p. Fernando Armellini non rivista dall’autore
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la
consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Quando nasceva un bambino in Israele si compivano due riti che erano stabiliti dalla tradizione, il primo era la purificazione della puerpera.
Si trattava di un retaggio di paure ancestrali legate al flusso di sangue; presso tutti i popoli dell'antico Medioriente, si pensava che il flusso di sangue fosse legato a delle negatività dalle quali era
necessario immunizzarsi compiendo dei riti, non meraviglia quindi che anche in Israele ci fossero queste disposizioni.
2 Il secondo rito riguarda il riscatto del figlio primogenito.
C'era una disposizione nella Torah che diceva che tutti i primogeniti degli animali dovevano essere offerti al Signore come segno che erano un dono suo; naturalmente non potevano essere immolati i figli degli uomini, delle persone e allora venivano riscattati in due modi, i benestanti offrivano un agnello, i poveri invece, una coppia di colombe. Questi erano i due riti a cui fa riferimento
l'evangelista Luca.
A noi interessa il messaggio che l'autore sacro ci vuole consegnare, vediamo di coglierlo.
Il primo messaggio lo troviamo nell'insistenza con cui l'evangelista richiama la fedeltà di Maria e di Giuseppe alle prescrizioni della Torah, per ben 5 volte dice che compiono questi riti perché la Legge del Signore li imponeva.
È il primo messaggio che noi cogliamo per le nostre famiglie.
Il punto di riferimento di questa coppia che inizia la sua vita in comune è la Torah, la Parola di Dio;
quando devono prendere delle decisioni o fare delle scelte, fanno riferimento alla Parola di Dio. Sono all'inizio della loro vita di coppia e mostrano di essere in sintonia sulle scelte che devono fare, questo è un messaggio importante per le nostre famiglie di oggi, le nostre coppie.
Dovranno, in certi momenti, forse fare scelte anche coraggiose, quale sarà il punto di riferimento?
I consigli che vengono dati dagli amici e dalle amiche vanno tenuti presente, ma poi alla fine ciò che decide la scelta è la Parola di Dio.
Questo è il primo messaggio!
Il secondo: offrono il figlio al Signore!
Anche qui c'è un messaggio importante per le nostre famiglie; quando arriva un figlio nella famiglia, si è tentati di pensare che il figlio appartenga ai genitori… no!
Il figlio è di Dio!
È consegnato ai genitori, è affidato a loro affinché si mettano a servizio del progetto che Dio ha su quel figlio, Dio conosce il nome, conosce l'identità profonda del figlio che Lui consegna a questa coppia.
Cosa deve fare la coppia?
Consegnarlo al Signore, cioè consegnarlo al progetto che Dio ha su quel figlio e quindi genitori devono chiedersi cosa vuole Dio da quel figlio, quale missione è chiamato a svolgere nel mondo e i genitori devono mettersi al servizio di questo disegno del Signore.
Solo in questo modo sarà realizzata la vita del loro figlio, non realizzeranno i loro sogni nel figlio, ma i sogni di Dio e allora il figlio sarà realmente felice perché si troverà al suo posto.
Educare alla fede è molto più che insegnare pratiche religiose, significa installare nel cuore dei propri figli il disegno che Dio ha su di loro.
Questo significa offrire il proprio figlio al Signore ed ogni coppia cristiana deve realizzare, non un rito, ma offrire davvero al Signore e al suo progetto il loro figlio.
Il terzo messaggio: i due genitori offrono una coppia di colombe.
L'evangelista ci tiene a sottolinearlo perché si tratta di una coppia di poveri.
Fin dall'inizio Gesù si trova in mezzo ai poveri, non è venuto nella condizione dei dominatori, dei grandi di questo mondo, ma nella famiglia dei più poveri.
A questo punto, ecco che viene incontro a questa coppia Simeone, un vecchio che, come ci verrà detto, è da una vita che attende questo momento:
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Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la
consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Il rito che Giuseppe e Maria stavano per compiere, viene bruscamente interrotto dall'apparire di due personaggi sui quali Luca vuole attirare la nostra attenzione.
Il primo è Simeone, un personaggio sul quale hanno parlato anche gli apocrifi, ce lo presentano come un sommo sacerdote molto vecchio, aveva 112 anni, è il Protovangelo di Giacomo che ce lo presenta così… no!
Simeone non era legato al rito del tempio, ai sacrifici, non era un sacerdote, era un profeta!
La sua vecchiaia indica la lunga attesa di Israele della realizzazione delle promesse che Dio aveva fatto al suo popolo.
Noi vedremo adesso due personaggi: Simeone il primo e poi Anna.
Il tempio, quando Maria Giuseppe giungono, brulicava di pellegrini, c'erano tantissime persone, c'erano i sacerdoti, i leviti… eppure quando arriva quel Messia tanto atteso, soltanto due persone sono in grado di riconoscerlo.
Come mai solo Simeone e Anna riconoscono in quel bambino il Messia di Dio?
Direi che è un po' quello che accade anche oggi, il Messia di Dio oggi, giunge continuamente nel mondo con la sua Parola, con il suo Vangelo… quanti sono in grado di riconoscere in quella Parola il messaggio del cielo, il Messia di Dio che viene per salvare la nostra vita, per tirar fuori la nostra vita da una condizione di peccato, di non realizzazione dell'umano e introdurci nella vita autentica, nella vita della libertà?
Come hanno fatto quei due a riconoscere il Messia e solo loro l'hanno riconosciuto?
Ci sono delle caratteristiche in questi due personaggi che hanno permesso loro di vedere ciò che gli altri non hanno visto.
Anche noi dovremo fare un esame della nostra vita per verificare se in noi si realizzano le
caratteristiche che hanno questi due personaggi, perché se non le abbiamo, anche noi non sapremo riconoscere nella Parola, nel Vangelo e quindi nel Messia che ci si ripresenta oggi, in ogni momento, non sapremo riconoscere l'inviato del cielo.
Vediamo allora queste caratteristiche cominciando da quelle che ci vengono presentate in Simeone dall'evangelista.
Prima caratteristica: è “un uomo giusto e pio”.
Due caratteristiche, due aggettivi… significano che è un uomo sincero, leale, un uomo dal cuore puro.
Per riconoscere il Messia di Dio, bisogna essere persone che vedono ciò che gli altri non riescono a vedere e per avere questo sguardo bisogna avere un cuore puro, lo dirà poi Gesù nelle sue
beatitudini:
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“beati i puri di cuore perché vedranno l'invisibile, vedranno Dio”
Se non hai la purezza di cuore, tu non riesci a cogliere in quella Parola del Vangelo che oggi ascolti, il richiamo di Dio.
Se tu sei attaccato agli idoli, magari vai anche in chiesa ma la tua mente e il tuo cuore vanno in tutt'altra direzione, tu non riconoscerà in quella Parola, che giunge a te, il richiamo del cielo.
Poi è pio “eulebes” in greco, significa uno che è attento a non andare fuori strada.
Ecco la prima caratteristica che abbiamo visto di questo personaggio che è un richiamo, anche una revisione della nostra vita, per renderci conto delle ragioni per cui non riconosciamo la venuta del Signore nella nostra vita, attraverso la sua Parola.
Seconda caratteristica: era uno che attendeva “la consolazione di Israele”.
È uno che sa attendere, continua a credere anche nei momenti difficili, mentre molti si sono allontanati dal Signore, lui continua a credere nella Parola di Dio.
È esattamente quello che accade anche oggi, noi vediamo tante persone che si allontanano, che lasciano, che smettono di credere, che perdono la speranza… costoro, quando sentono il Signore che entra nella loro vita non lo sanno riconoscere, hanno perso le speranze, si sono ripiegati su altri obiettivi, su altri sogni nella loro vita.
Terza caratteristica: è una persona che ha come consigliere lo “Spirito del Signore”.
Lo Spirito parla ai nostri cuori quando siamo puri di cuore.
Ecco, per tre volte, in questo brano viene richiamato che Simeone è sempre attento a ciò che gli suggerisce lo Spirito.
È Lui che gli dà suggerimenti, questi suggerimenti vengono dallo Spirito Santo, Santo vuol dire
“diverso” dai ragionamenti, dai criteri di questo mondo.
Quarta caratteristica: è un uomo che guarda avanti.
Lo Spirito lo fa guardare verso il futuro, verso la speranza; al passato si guarda, ma senza rimpianti se si è illuminati e condotti dallo Spirito.
È dire che Simeone ci insegna a invecchiare!
Vediamo che questo personaggio non vuole tornare giovane, Lui ha portato a compimento la sua vita, non brontola per il male che vede attorno, lo sa che l'uomo è fatto così, c'è qualcuno più sensibile, qualche altro meno sensibile alla voce del Signore… non insulta, non si lamenta.
Non dà la colpa al mondo della sua vecchiaia, oramai lo sa, non è più giovane, ma non dà la colpa a nessuno dei propri acciacchi, lui è felice perché ha dato un senso alla sua vita e la sua vita ha avuto un senso perché si è sempre lasciato guidare dai suggerimenti dello Spirito.
Altra caratteristica: Simeone è uno che accoglie il futuro.
Accoglie Gesù fra le braccia e per capire questo gesto di Simeone, dobbiamo tenere presente che rappresenta il popolo di Israele che è fedele alla Parola di Dio, alle promesse, che crede nella fedeltà del Signore alla parola data… è come tutta la storia di questo popolo di Israele che è stata una attesa della realizzazione delle promesse del Signore
Il gesto è molto significativo, accoglie il futuro fra le sue braccia.
Nel popolo di Israele c'è stato chi non ha accolto fra le braccia questa novità, ha continuato a mantenere le proprie tradizioni, le proprie convinzioni.
Simeone no, ha accolto il futuro!
Questo è un messaggio importante per noi, anche noi veniamo da tante tradizioni religiose che hanno
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avuto il loro significato, ma sappiamo che da non molti decenni, nella Chiesa è entrata questa Parola di Dio che prima era stata posta parecchio ai margini.
Eccola la novità!
Chi è come Simeone spalanca il cuore per accogliere fra le proprie braccia la novità, che è il Vangelo di Dio, questa Parola che è il punto di riferimento di tutte le scelte della nostra vita.
E poi c'è il canto di Simeone.
Canta, benedice Dio che ha dato un senso a tutta la sua vita “ora sciogli il tuo servo o padrone, secondo la tua Parola e lasciano andare verso la pace”.
Benedice Dio che ha dato un senso alla sua vita.
È il canto che noi recitiamo e cantiamo alla conclusione della nostra giornata “lascia che il tuo servo vada in pace”.
Il testo originale dice “scioglilo”, non ha paura della morte perché è la morte, in fondo, che dà il senso alla nostra vita.
La morte è un essere sciolti dai legami di questa condizione che è fatta di tanti limiti, di tante fragilità;
Simeone che è vissuto davvero in pienezza, guidato sempre dallo Spirito, adesso dice al Signore: “qui ho concluso la mia vita, sono felice, sono contento della mia vita, non ho rimpianti… adesso scioglimi perché io possa andare verso la pace”.
Dice “il tuo servo”… è bello!
Servo, nella Bibbia è un titolo onorifico, il più grande titolo onorifico; indica colui che ha messo tutta la propria esistenza al servizio del disegno che Dio aveva sulla sua vita.
Conclude dicendo: “adesso i miei occhi possono chiudersi perché hanno visto la tua salvezza”.
È come Mosè quando, sul Monte Nebo, ha visto il futuro del suo popolo: “adesso posso chiudere gli occhi in pace”.
Direi che queste vecchiaie ci insegnano a vivere!
Abbiamo conosciuto tutti delle persone a cui la pensione ha addirittura accelerato la morte, perché non avevano capito il senso di tutta la loro esistenza; per i vecchi della Bibbia, la pensione è la morte, la morte è la pensione… si lavora, si dona tutto quello che si può dare fino all'ultimo momento, perché questa è la visione autentica della vita umana, tutta la vita deve essere spesa nel servizio alla missione per la quale Dio ci ha inviati nel mondo.
I genitori di Gesù sono colti come di sorpresa da questo annuncio di salvezza universale che viene dato da Simeone, applicato a quel bambino.
Ed ecco che Simeone rivolge adesso alla madre la misteriosa profezia della spada, ascoltiamola:
Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
Conosciamo tutti l'interpretazione tradizionale di questa profezia di una spada che trafiggerà l'anima della madre di Gesù… lasciamo stare l'interpretazione delle 7 spade che trafiggono il cuore di Maria.
La spada, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento, è un'immagine simbolica dell'efficacia della Parola di Dio quando penetra nel cuore dell'uomo, non lascia più tranquilli, è come una spada a doppio taglio.
Anche qui indica questa Parola che è Gesù stesso, è giunto nel mondo ed è una Parola che penetra nel cuore degli uomini; anche Gesù lo dirà: “non sono venuto a portare la pace, ma la mia Parola è come
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una spada che divide”… provoca delle scelte e a volte ci si trova di fronte a scelte anche drammatiche quando si ascolta questa Parola. Ecco, ci sono due interpretazioni direi di questa spada, una è quella dell'immagine simbolica della madre.
La madre del Messia è Israele e allora noi vediamo che quando è giunta la spada di questa Parola, che è quella del Vangelo, in Israele si è creata una divisione, qualcuno ha accolto questa Parola, qualche altro l’ha osteggiata.
Eccola la divisione!
Una divisione molto dolorosa!
Ricordiamo Paolo quanto ha sofferto a causa della non accoglienza, da parte di tutto il suo popolo, del Messia di Dio, hanno voluto continuare legati alle loro convinzioni, alle loro attese e non hanno
saputo riconoscere il Messia di Dio, volevano il loro Messia.
Eccola la divisione di questo popolo, quindi questa Parola che è giunta nel mondo è stata come una spada che ha diviso questo popolo.
È la prima interpretazione.
Una seconda interpretazione riguarda invece Maria stessa, un'interpretazione individuale che oggi è sempre più accolta anche dei biblisti.
Maria ha sperimentato in sè stessa, nella propria anima, una divisione nel suo cammino di fede.
Maria è cresciuta come tutte le persone pie del suo popolo, secondo le tradizioni, secondo la catechesi che veniva insegnata nelle sinagoghe e quando è arrivata questa Parola del cielo è stata anche per lei una provocazione.
Sappiamo che anche Maria ha avuto dei momenti in cui non ha capito le scelte fatte da Gesù, ricordiamo quando fin dall'inizio, ci viene ricordato da Luca, ma anche in questo brano, Maria e Giuseppe non capirono quello che Simeone stava dicendo e poi nel tempio, quando Gesù avrà 12 anni, i genitori non capiscono quello che loro figlio sta scegliendo… ecco, anche in Maria è avvenuta questa divisione fra quello che erano le concezioni del passato e la novità di questa Parola.
Marco, al capitolo 3, ci ricorda che anche Maria con tutti i familiari, sono andati a prendere Gesù a Cafarnao perché dicevano “è impazzito, che scelte sta facendo?”.
La divisione che c'è stata anche in Maria è esattamente la divisione che sperimentiamo anche noi, quando arriva la Parola di Dio c'è una provocazione, una ferita profonda perché noi siamo legati alle nostre convinzioni, ai nostri sogni e questa Parola molte volte ci invita a fare scelte molto coraggiose, a volte anche drammatiche.
A questo punto Simeone esce di scena e compare Anna, la Profetessa:
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Entra in scena adesso questo secondo personaggio, Anna la Profetessa.
Vediamo di cogliere nel simbolismo che Luca dà a questa Profetessa, messaggi per la nostra vita nell'incontro con il Signore.
È presentata come appartenente alla tribù di Aser, era la più piccola, la più insignificante delle tribù di
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Israele che si era stabilita nella parte nord della Terrasanta, presso il Mediterraneo, era una terra molto fertile.
Che cos'è successo?
Che era diventata benestante e con le benedizioni materiali erano arrivate anche le tentazioni.
Questa tribù si era poi abbandonata a quelli che erano i pensieri e i comportamenti dei popoli vicini, dei pagani; la tribù di Aser, benestante ma spiritualmente superficiale, è uscita di scena perché si è mischiata con i pagani e con l'arrivo degli Assiri è stata spazzata via, è finita per sempre.
Qui viene presentata Anna come appartenente, un resto fedele di questa tribù infedele.
Ecco il messaggio che possiamo ricavare per la nostra vita: qualunque cosa possa accadere, tanti gli abbandoni che ci possono essere, ma c'è anche chi rimane fedele e continua ad attendere le
promesse realizzate, perché il Signore è fedele alla sua Parola.
Troviamo Anna, ecco tutti i simbolismi che l'evangelista dà alla figura di questa donna anziana: è vedova, ha 84 anni, è stata fedele al suo sposo con il quale è vissuta per 7 anni.
Il numero 7 indica la pienezza, la completezza, ma poi è rimasta vedova e adesso ha 84 anni, Sappiamo che Israele, la sposa del Signore, è presentata anche come vedova, quindi non ha più fecondità perché suo sposo non è accanto a lei.
Questa donna è il simbolo del resto fedele di Israele che rimane in attesa dello sposo, anche in mezzo a tanta infedeltà.
84 anni, questo numero è il risultato di 7 × 12, il 7 è la perfezione e 12 indica il popolo d'Israele; Anna rappresenta Israele che, giunta al compimento della sua missione, ora presenta al mondo il Messia, lo accoglie tra le braccia e poi lo consegna all'umanità.
Anna non abbandona il santuario, non si allontana dal tempio del Signore perché quella è la casa dello sposo, non va alla ricerca di amanti, non ha tempo da perdere, non passa di casa in casa per tirare sere in chiacchiere futili, pettegolezzi, maldicenze… sa che i giorni della sua vita sono preziosi e vanno vissuti nella casa dello sposo, devono essere trascorsi nell'intimità con Lui e al servizio della comunità.
Chi è innamorato del Cristo, quindi è come la sposa per lo sposo, che cosa fa?
Vive in sintonia, in armonia con Lui nel tempio e poi compie una missione molto importante, è quella di parlare di Lui, perché chi è innamorato non può tenere per sé questa gioia, chi è innamorato di Cristo lo annuncia a tutti coloro che hanno bisogno di questa luce per dare un senso alla loro vita.
Ecco il messaggio del modo di invecchiare di questa donna!
È un messaggio importante per noi, le persone anziane, anche cristiane, a volte si sentono inutili, ma quando hanno colto la gioia di stare con il Signore e hanno colto la luce per la loro vita che viene dal Vangelo, allora non perdono mai tempo e anche gli ultimi anni della loro vita sono riempiti di senso perché hanno ancora una missione da svolgere, magari servizi umili ma preziosi, da rendere ai fratelli e soprattutto, come questa profetessa anziana, hanno il compito di parlare di Gesù a tutti coloro che sono alla ricerca di un senso e di una prospettiva gioiosa per la loro vita.
Hanno una testimonianza da dare, proprio perché sono anziani, ai figli, ai nipoti e ai giovani della comunità, di una vita che ha avuto un senso, perché è sempre stata vissuta nella fedeltà di un rapporto di amore con il Signore.
Sentiamo adesso come si è conclusa questa visita al tempio di Gerusalemme fatta dai due genitori con il bambino Gesù.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
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Il brano evangelico di oggi si conclude con il ritorno di questa famiglia a Nazareth e c'è un'annotazione che riguarda la crescita di Gesù.
Gesù non si differenzia in nulla dagli altri bambini del suo villaggio, cresce con loro, impara con loro, gioca con loro; c'è solo un'annotazione che lo differenzia da tutti:
“è pieno di sapienza e di grazia di Dio”.
La “sapienza” non è l'erudizione, è la saggezza che insegna come vivere una vita autentica.
Fin dall'inizio, Gesù manifesta che in Lui c'è una forza che lo porta a realizzare una vita che è la perfezione dell'essere umano.
E poi la “grazia di Dio,” in greco la grazia è Haris, è la bellezza!
Chi si lascia muovere da questo Spirito che Gesù aveva in pienezza, questa figliolanza divina, diventa una persona splendida, una persona che è bella, di fronte agli uomini, perché è la realizzazione dell'uomo autentico.
Pur essendo Dio, il figlio di Maria, ha accettato in tutto la condizione umana, ha condiviso fin dall'infanzia tutte le esperienze della nostra vita.
Siamo all'inizio di quest'anno e ascoltando tutte le domeniche il cammino e le proposte di vita che Lui ci farà, lo sentiremo sempre accanto noi.