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mentre non è applicabile agli accordi di ristrutturazione ai sensi dell’art

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ORDINE

DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI

CONTABILI DI BERGAMO

L’ATTIVITA’ DI REVISIONE LEGALE E VIGILANZA DEL COLLEGIO SINDACALE IN SITUAZIONE DI CRISI

D’IMPRESA

Mercoledì 22 ottobre 2014

La responsabilità penale del sindaco e del revisore legale in situazione di crisi d’impresa.

La crisi dell’impresa e quindi l’eventuale fallimento o il concordato preventivo, impongono una analisi delle cause dell’insolvenza o stato di crisi e conseguentemente una possibile rivisitazione da parte del Giudice penale delle condotte tenute dagli amministratori, sindaci e revisori.

Nella quasi totalità dei casi in cui viene ipotizzata una responsabilità penale del collegio sindacale o dei revisori a seguito di una crisi dell’azienda, le condotte ipotizzate come penalmente censurabili in realtà sono antecedenti al momento in cui si è appalesato lo stato di crisi. Ciò sta

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2 a significare che collegio sindacale e revisori devono prestare sempre la massima attenzione a quei segnali che potrebbero essere l’avvisaglia o comunque prodromici ad un venir meno della continuità aziendale.

Le norme penali della legge fallimentare senza alcun dubbio si applicano oltre che in caso di dichiarazione di fallimento, anche ove la società ricorra alla procedura di concordato preventivo di cui all’art. 160 L.F. mentre non è applicabile agli accordi di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182 bis L.F.

Tale principio è stato affermato, risolvendo ogni dubbio sul tema, dalla Suprema Corte Sezione V Penale con la sentenza n. 200/2012 che in buona sostanza ha equiparato lo stato di decozione ed insolvenza necessari per la dichiarazione di fallimento allo stato di crisi, presupposto del concordato preventivo.

Le norme penali previste dalla legge fallimentare sono quelle previste dagli artt. 223 in relazione all’art. 216:

fatti di bancarotta fraudolenta. In sintesi tale norma sanziona amministratori, direttori, sindaci e liquidatori di società dichiarate fallite che abbiano commesso i fatti previsti dall’art. 216: distrazione, occultazione, dissipazione di beni della società o abbiano distrutto o falsificato i libri e le scritture contabili così da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

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3 Divengono altresì fatti di bancarotta, sanzionati dalla legge fallimentare, allorché vi sia dichiarazione di fallimento della società o la procedura del concordato preventivo, i reati societari di cui agli artt. 2621-2622:

false comunicazioni sociali, 2626 indebita restituzione di conferimenti o di utili e quelli previsti dagli artt. 2627 – 2628 – 2629 – 2632 – 2633 e 2634 c.c.

Vi è poi il reato di cui all’art. 224 legge fallimentare che sanziona l’aggravamento del dissesto provocato dalla ritardata richiesta di fallimento.

La possibile responsabilità penale in capo ai sindaci ed ai revisori nasce dalla norma di cui all’art. 40 c.p. II comma c.p., che espressamente prevede che NON IMPEDIRE UN EVENTO CHE SI HA L’OBBLIGO GIURIDICO DI IMPEDIRE EQUIVALE A CAGIONARLO nonché dall’art.

110 c.p. che prevede il concorso di persone nel reato e segnatamente la possibilità che un soggetto terzo possa concorrere in un reato “proprio”, inteso come reato che può commettere un soggetto espressamente indicato dal legislatore come destinatario della norma (quale ad esempio l’amministratore della società).

Ovviamente il concorso può essere ritenuto sussistente quando vi è stato un contributo causale alla realizzazione del fatto commesso dall’autore del reato e la consapevolezza e volontà di cooperare alla commissione del reato.

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4 Prima di entrare nel merito delle problematiche che intendo sottoporre alla Vostra attenzione una riflessione sulle norme che andremo ad esaminare.

Il mondo dei controlli delle società è stato definitivo da autorevoli autori, atteso il sovrapporsi di competenze tra i vari organi: amministratori operativi, amministratori senza deleghe operative, comitato di gestione, consiglio di sorveglianza, membri del collegio sindacale, revisori contabili, “RETICOLO DI CONTROLLO” piuttosto che sistema di controllo, attesa la sovrapposizione e la possibile sovrapposizione di competenze trai vari organi.

Ciò sta a significare che il Giudice penale ha il gravoso compito di individuare ed isolare i contributi realmente rilevanti rispetto agli illeciti ritenuti sussistenti ed imputabili ai singoli soggetti per il ruolo e la funzione rivestita.

Esaminando come in concreto tale compito viene svolto dalla Magistratura si sono levate più voci critiche volte a sottolineare che nell’amministrazione concreta della Giustizia vi siano dei “discostamenti” dai principi costituzionali di legalità, colpevolezza, personalità della responsabilità penale ed un indulgere a forme di ipotizzata o ritenuta responsabilità “collettiva” senza una approfondita analisi di ogni singola posizione. Ciò in particolare in contesti societari complessi.

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5 Entrando nello specifico tema del mio intervento è evidente che per giungere all’affermazione di responsabilità degli organi di controllo quali il Collegio Sindacale ed i Revisori, occorrerà che il Giudice penale, individuata la posizione di garanzia rivestita e quindi i doveri che sono imposti dalla normativa che regolamenta il loro operato, accerti:

1) La mancata attivazione dei poteri impeditivi;

2) La sussistenza di un nesso causale tra la mancata attivazione dei poteri impeditivi ed il fatto di reato;

3) Trattandosi di reati sanzionati esclusivamente in presenza di dolo in capo all’agente, la rappresentazione e volizione delle condotte costituenti reato, anche sotto il profilo del dolo eventuale.

Il dolo eventuale può sinteticamente essere definito come l’atteggiamento volitivo di chi si rappresenta come seriamente possibile, NON COME CERTA l’esistenza di presupposti della condotta costituente reato ovvero il verificarsi dell’evento delittuoso come conseguenza dell’azione ma, pur di non rinunciare alle condotte che intende porre in essere, accetta il rischio che il fatto delittuoso possa verificarsi.

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6 Nella prassi illustri giuristi, nel commentare sentenze di Giudici di merito e della Suprema Corte, hanno rilevato, che in alcuni casi si rinviene una non approfondita analisi della sussistenza del nesso causale tra l’agire o meglio il non agire dell’organo di controllo ed il realizzarsi del delitto ipotizzato e soprattutto una carente analisi dell’aspetto soggettivo volitivo dei sindaci e dei revisori, equiparando la conoscibilità della condotta costituente reato posta in essere dagli amministratori con la effettiva conoscenza di tali condotte.

In alcuni casi inoltre è stato ritenuto sussistente il dolo eventuale sufficiente a configurare l’atteggiamento volitivo soggettivo richiesto dal reato di bancarotta in presenza di una mera violazione delle regole di diligenza, senza che l’agente abbia avuto una rappresentazione reale delle condotte costituenti illecito o abbia avuto conoscenza di segnali perspicui di tali condotte, che avrebbero dovuto indurlo ad agire con i poteri attribuitigli, per impedire il verificarsi del reato.

Ove non vi sia prova che l’agente (il sindaco o il revisore) abbia la effettiva conoscenza di fatti che potrebbero portare alla commissione di un reato anche sotto il profilo del dolo eventuale e il non agire è frutto di colpa o incuria, sussiste una responsabilità di natura civilistica ai sensi dell’art. 1176, II comma c.c., ma non certamente responsabilità penale.

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7 L’accertamento sulla sussistenza di dolo o di negligenza nel non aver agito per impedire l’evento deve essere ancorato all’analisi della specifica situazione concreta.

Ovviamente l’inerzia non deve degenerare in una completa abdicazione alla propria funzione, svolta in maniera meramente formale e supina nella ricezione di qualsiasi informazione con atteggiamento ingiustificatamente acritico.

Le norme dalle quali il Giudice penale deve enucleare la posizione di garanzia rivestita dagli organi di controllo e conseguentemente i doveri che il legislatore prescrive a tali organi sono previste dal codice civile.

Per i sindaci l’art. 2403 c.c., indica espressamente I DOVERI DEL COLLEGIO SINDACALE. I successivi articoli del codice civile delineano i POTERI del Collegio sindacale

Segnatamente l’art. 2403 bis c.c. che attribuisce ai Sindaci il potere di procedere in qualsiasi momento anche individualmente ad atti di indagine e controllo, nonché di chiedere agli amministratori notizie anche con riferimento a società controllate sull’andamento di operazioni e affari.

L’art. 2409 c.c. DELINEA CON CHIAREZZA QUALI SIANO I POTERI CUI POSSONO RICORRERE I SINDACI PER IMPEDIRE LA COMMISSIONE DI REATI.

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8 In particolare l’ultima parte dell’articolo in esame prevede espressamente che i provvedimento previsti dalla prima parte (denuncia al Tribunale per gravi irregolarità di gestione) possono essere richiesti oltre che dai soci che rappresentano il decimo del capitale sociale o il ventesimo del capitale sociale per le società che fanno ricorso al capitale di rischio, ANCHE DAI SINDACI.

L’art. 2405 c.c. prevede che il collegio sindacale DEVE assistere alle adunanze del consiglio di amministrazione e alle riunioni del comitato esecutivo oltre che alle assemblee. Questo sta a significare che atteso il dovere di informazione cui sono tenuti gli amministratori operativi, i sindaci possono avere cognizione di tutte le operazioni che vengano portate all’attenzione del C.d.A. o deliberate in seno al comitato esecutivo e in caso di non trasparenza di un’operazione attivare quei poteri di ispezione o di richiesta di approfondimento di notizie agli amministratori di cui al richiamato art. 2403 bis.

Per i revisori la posizione di garanzia già prevista dall’art. 2409 ter c.c. che espressamente indicava le funzioni del controllo contabile, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lvo 27/01/2010 è ora prevista da detto D.Lvo e segnatamente dall’art. 14.

Anche ai revisori il legislatore ha concesso espressamente un potere di controllo ispettivo.

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9 Infatti nell’ultima parte del citato art. 14 D.Lvo 27/10/2010 è espressamente previsto che il revisore o la società incaricata dei controlli contabili può chiedere agli amministratori documenti e notizie utili al controllo e può procedere ad ispezioni; i documenti e le carte di lavoro sono conservati per 10 anni.

I poteri cui possono ricorrere i revisori per impedire la commissione di reati non sono espressamente indicati da una norma, ma si deducono dal testo del citato articolo 14 del D.Lvo 27/01/2010, che prevede in capo ai revisori l’obbligo di esprimere un giudizio, con apposita relazione, sul bilancio di esercizio e quindi nel potere dovere di esprimere eventuali rilievi o giudizio negativo.

La divulgazione di prassi o condotte illecite e censurabili attesa l’accessibilità a soci e terzi al giudizio della società di revisione, può avere ed essere ritenuta condotta con efficacia impeditiva rispetto a programmi criminosi in itinere.

Maggiore pregnanza impeditiva hanno certamente la comunicazione direttamente inviata dai revisori ai sindaci affinché agiscano ai sensi dell’art. 2409 c.c. o ALL’AUTORITA’ DI VIGILANZA preposta al controllo della società verificata.

E’ buona norma prima di assumere tali iniziative, salvo che sia evidente l’irregolarità e la gravità di quanto

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10 accertato, instaurare un dialogo preventivo con gli amministratori e con gli altri organi sociali facendo rilevare potenziali criticità sulla tenuta della contabilità e sulla corretta rilevazione dei fatti di gestione delle scritture contabili.

La comunicazione all’Autorità di Vigilanza costituisce un potere/dovere in capo ai revisori ai sensi dell’art. 155 c.

2 TUF, per quanto riguarda le società vigilate da CONSOB e ai sensi dell’art. 52 TUB, per le società sottoposte a vigilanza di Banca d’Italia.

Al fine di consentire un efficace controllo da parte degli organismi di vigilanza, l’art. 2409 septies c.c. prevede che il collegio sindacale e i soggetti incaricati della revisione legale dei conti si scambino tempestivamente le informazioni rilevanti per l’espletamento dei rispettivi compiti.

A titolo di esempio di possibile contestazione di responsabilità di revisori e sindaci e di come nella realtà identiche censure possano essere mosse a detti organi di controllo malgrado la diversità delle funzioni svolte, può essere esaminata la contestazione mossa recentemente, in concreto, in un procedimento attualmente in fase di dibattimento.

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11 Nella fattispecie viene contestata ai revisori come condotta dolosa, il non aver espresso un giudizio negativo sui bilanci contenenti gravi falsificazioni quali:

- L’iscrizione tra le immobilizzazioni immateriali del valore di un avviamento, avente in realtà secondo la prospettazione accusatoria, valore negativo;

- L’aver capitalizzato, in violazione dei principi contabili nazionali, costi per lo start up;

- L’aver indicato come reali ed esistenti crediti in realtà inesigibili;

- Indicando tra le immobilizzazioni finanziarie la partecipazione della società xxx che in realtà era in stato di insolvenza;

- Omettendo la contabilizzazione di debiti tributari.

Partendo quindi dal presupposto che tali falsificazioni del bilancio potessero essere conosciute dai revisori o che vi fossero chiari segnali perspicui che tali falsificazioni potessero essere state poste in atto, la condotta omissiva penalmente rilevante ai sensi dell’art.

40, 2 co. c.p. e quindi del concorso del reato ai sensi dell’art. 110 c.p. dei revisori con gli amministratori viene individuata dall’organo dell’accusa nel

a) Non aver espresso un giudizio negativo evidenziando nella relazione al bilancio dei revisori, le falsità

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12 sopra descritte, in quanto tale giudizio negativo avrebbe comportato l’attivazione da parte del collegio sindacale dei poteri impeditivi di cui all’art.

2406, 2 co codice civile: convocazione dell’assemblea qualora vengano ravvisati fatti censurabili e di cui all’art. 2409 comma 7 c.c. (denuncia al Tribunale);

b) Non aver attivato i controlli ed i relativi provvedimenti da parte dell’Organo di Vigilanza con espressa segnalazione dei fatti censurabili a detto organo di vigilanza.

Nell’ambito dello stesso procedimento, per quanto riguarda il collegio sindacale, viene in sintesi contestato il doloso comportamento omissivo ai sensi dell’art. 40 2 co. c.p., in quanto viene ipotizzata la conoscibilità delle medesime falsità di bilancio contestate ai revisori o la presenza di segnali perspicui che avrebbero potuto far ipotizzare tali falsità, e conseguentemente agli stessi viene contesta l’omessa convocazione dell’assemblea dei soci per denunciare le gravi irregolarità riscontrate (art.

2406 c.c.) e la omessa presentazione della denuncia al Tribunale (art. 2409 c. 7 c.c).

Appare quindi evidente, in tale specifica ipotesi accusatoria, che in realtà la pubblica accusa non abbia effettuato alcuna distinzione tra la finalità e le modalità di controllo di sindaci e revisori ed essendosi verificate annotazioni ritenute non veritiere, nelle scritte e nei

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13 bilanci della società, contesti come condotta dolosa il non aver accertato tali criticità ad entrambi gli organi di controllo.

Occorre ora esaminare quali siano in astratto i presupposti che possano consentire di ipotizzare condotte penalmente rilevanti in capo al collegio sindacale ed ai revisori. Tale analisi va ovviamente effettuata alla luce del fatto che ogni procedimento penale ha una sua fisionomia e fatti e condotte specifiche, non sono sovrapponibili.

Esistono però dei parametri di riferimento che devono costituire per il giudicante il confine entro il quale individuare sussistenza o meno di condotte penalmente rilevanti.

E’ evidente che il problema non si pone quando appare evidente la collusione dell’organo di controllo con l’amministratore e vi è prova della conoscenza delle condotte illecite e conseguentemente dell’omissione di un comportamento doveroso volto ad impedire l’evento e quindi prova del dolo dell’agente, sotto il profilo della consapevolezza e volontà di commettere il reato.

Molto più complesso, da parte del Giudice è invece l’individuazione del dolo eventuale in capo all’organo di controllo e cioè di quell’atteggiamento, come già detto del soggetto che in realtà non persegue consapevolmente la

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14 realizzazione del fatto illecito ma si rappresenta come seriamente possibile (ma non certa) l’esistenza di presupposti della condotta illecita ovvero il verificarsi della conseguenza dell’azione ma accetta il rischio che il fatto possa verificarsi e quindi

- non attiva quei poteri di ispezione/cognizione che il legislatore gli ha messo a diposizione;

- non attiva quei poteri di inibizione dell’azione delittuosa che il legislatore gli ha messo a disposizione di cui sopra si è detto.

La riforma del diritto societario, del 2003 ha rafforzato il principio dell’obbligo degli amministratori operativi di far conoscere senza reticenze od omissioni le operazioni poste in essere all’intero consiglio di amministrazione, e quindi al collegio sindacale che partecipa alla seduta del C.d.A. ed indirettamente ai revisori, che sono tenuti all’obbligo di controllo della corretta e sostanziale corrispondenza tra le registrazioni contabili effettuate e i documenti a supporto di tali operazioni, ogni fatto gestiorio avente rilevanza economica.

E’ però evidente che tale obbligo di informazione non costituisce di per sé, in caso di omissione una ESIMENTE che escluda ogni responsabilità degli organi di controllo.

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15 Certamente non può sussistere responsabilità di collegio sindacale e revisori, se l’omissione informativa non poteva essere percepita, per le modalità con cui è stata posta in essere l’operazione censurabile, pur operando detti organi con scrupolo e diligenza. Si pensi a titolo esemplificativo alla condotta degli amministratori di società autorizzate alla gestione del risparmio, che non hanno fatto annotare alcune operazioni nella contabilità sociale ed hanno operato, per tali operazioni, con conti correnti occulti e differenti rispetto a quelli utilizzati dalla società.

Impossibilia nemo tenetur.

Il problema sorge quando l’operare con la diligenza imposta dal legislatore agli organi di controllo e segnatamente quella specifica richiesta al professionista, faccia emergere dei segnali d’allarme perspicui in relazione all’anormalità di alcune operazioni; sintomi che facciano supporre operazioni sospette o censurabili.

Tali segnali devono essere inequivocabili. Il Giudice penale secondo le norme che presiedono alla corretta valutazione degli indizi probatori potrà quindi giungere alla conclusione che vi è stata effettiva percezione e apprezzamento di tali segnali rispetto all’illecito in itinere e non vi sia stata doverosa condotta impeditiva, soltanto da una corretta ed approfondita analisi di tali segnali di sospetto.

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16 In buona sintesi quel che il Giudice penale deve accertare è che l’organo di controllo era in condizione di essere consapevole dell’esistenza di sintomi che consentissero di comprendere il senso reale dell’operazione costituente reato.

Per avere una indicazione concreta di quali, in astratto, possano essere i segnali perspicui di cui si è detto e che debbono mettere in allarme gli organi di controllo, si può certamente fare riferimento a quei segnali potenzialmente indicativi di problemi di continuità aziendale.

Ovviamente tali segnali andranno valutati in relazione alle concrete situazioni in cui si siano manifestati.

Tali fattori possono manifestarsi a seguito dell’esame analitico del bilancio; dall’analisi della gestione della società; da altri fatti esterni e differenti rispetto a dette analisi.

Orbene una potenziale “casistica” di tali segnali di pericolo, può essere tratta dal principio di revisione ISA 570 sulla continuità aziendale. In particolare possono essere considerati segnali perspicui, in presenza dei quali gli organi di controllo devono attivarsi, quegli eventi o circostanze che possano far sorgere dubbi sulla possibile continuità aziendale, e quindi dubbi sul fatto che la società possa far fronte ai propri impegni.

Il principio contabile citato, indica tre tipi di eventi:

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17 Indicatori finanziari

• situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo;

• prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di rinnovo o di rimborso; oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine;

• indizi di cessazione del sostegno finanziario da parte dei creditori;

• bilanci storici o prospettici che mostrano flussi di cassa negativi;

• principali indici economico-finanziari negativi;

• consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività utilizzate per generare i flussi di cassa;

• difficoltà nel pagamento di dividendi arretrati o discontinuità nella distribuzione di dividendi;

• incapacità di pagare i debiti alla scadenza;

• incapacità di rispettare le clausole contrattuali dei prestiti;

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• cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori, dalla condizione “a credito” alla condizione

“pagamento alla consegna”;

• incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti ovvero per altri investimenti necessari.

Indicatori gestionali

• intenzione della direzione di liquidare l’impresa o di cessare l’attività;

• perdita di membri della direzione con responsabilità strategiche senza una loro sostituzione;

• perdita di mercati fondamentali, di clienti chiave, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti;

• difficoltà con il personale;

• scarsità nell’approvvigionamento di forniture importanti;

• comparsa di concorrenti di grande successo.

Altri indicatori

• capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conforme ad altre norme di legge;

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• procedimenti legali o regolamentari in corso che, in caso di soccombenza, possono comportare richieste di risarcimento cui l’impresa probabilmente non è grado di far fronte;

• modifiche di leggi o regolamenti o delle politiche governative che si presume possano influenzare negativamente l’impresa;

• eventi catastrofici contro i quali non è stata stipulata una polizza assicurativa ovvero contro i quali è stata stipulata una polizza assicurativa con massimali insufficienti.

Ovviamente tali indizi di possibile crisi devono essere valutati in concreto e rapportati alla complessiva situazione patrimoniale, gestionale e finanziaria della società.

In particolare andranno esaminati anche alla luce di possibili situazioni CONTINGENTI che abbiano causato l’insorgere di uno degli eventi in esame, ma non costituiscono effettiva manifestazione di crisi della società.

E’ buona norma in ogni caso all’apparire di uno degli eventi di cui si è detto, richiedere con sollecitudine agli amministratori tutte quelle informazioni utili e necessarie per la corretta valutazione, lasciando TRACCIA DOCUMENTALE di tale attività e TRACCIA

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20 DOCUMENTALE delle decisioni e delle ragioni dei provvedimento assunti dagli organi di controllo.

Per concludere, occorre sottolineare che la Suprema Corte ha ben individuato quali siano i passaggi attraverso cui si può giungere all’affermazione di responsabilità per dolo eventuale degli organi di controllo:

1) Prova della presenza di chiari e specifici segnali d’allarme;

2) Dimostrazione che quei segnali d’allarme indicavano in maniera inequivocabile che lo specifico evento criminoso poi verificatosi, era in corso di realizzazione;

3) Verifica che il soggetto avesse effettivamente percepito e valutato o avrebbe, con la diligenza richiesta, potuto percepire tali segnali come rappresentativi degli illeciti in itinere.

Avv. Gian Piero Biancolella

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