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L' Enigma di Alan Turing torna a stupire

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Academic year: 2021

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L' Enigma di Alan Turing torna a stupire

Persecuzioni. Il genio che inventò un larvale computer,

«processato» perché gay, morì suicida con una mela

avvelenata

U no dei segreti più complicati e inizialmente più inviolabili della seconda guerra mondiale viene svelato oggi alle 18.30 al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia «Leonardo da Vinci». Il segreto era nascosto nella macchina Enigma (un esemplare è al Museo) con la quale i tedeschi cifravano i loro messaggi. Riuscire a penetrarne i contenuti avrebbe portato grandi vantaggi nelle azioni belliche degli alleati. Si impegnarono soprattutto i polacchi ma il lavoro risolutivo veniva poi svolto a Bletchley Park in un lezioso palazzotto a due piani immerso nel verde a 75 chilometri da Londra dove il ministero della Difesa e quello delle Comunicazioni avevano concentrato i migliori matematici del regno. Tra questi c' era il trentenne Alan Turing, già noto nell' ambiente accademico per i suoi risultati nella teoria delle probabilità e per le intuizioni su quella che sarebbe stata poi definita l' intelligenza artificiale. Anzi, ideò ciò che rimase noto come Test di Turing, il metodo base per stabilire se un elaboratore può essere definito «intelligente». Allora era all' Università americana di Princeton e quando rientrò mise mano ai segreti di Enigma e ai suoi codici che erano diversi e cambiavano col tempo e a seconda della forza armata che li utilizzava. Quindi era una somma di misteri da sciogliere che affrontava con la macchina Colussus da lui stesso progettata; in pratica un larvale computer che sbrogliava i codici. Ma tutte le sue prodezze erano un segreto e quando lo accusarono di essere gay sottoponendolo alla castrazione chimica nessuno poteva dire quanto male veniva fatto ad Alan Turing e al mondo. Distrutto per quanto gli accadeva si suicidava nel 1954 mangiando una mela avvelenata. Il suono della macchina Enigma che sentiremo questa sera al Museo evocherà le lontane prodezze di un genio. E il suo valore è incastonato in una nuova mostra dedicata al calcolo automatico volando da Pascal ad Apple. @giovannicaprara

RIPRODUZIONE RISERVATA Giovanni Caprara

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L'UOMO CHE INVENTÒ STEVE JOBS Formule e visioni di

Alan Turing il padre di tutti i computer

«Solo i fanciulli che hanno ingegno», osservava Montesquieu, «sembrano stupidi». Ciò che di solito attrae nei discorsi vivaci di un fanciullo, egli precisava, proviene dalla sua stupidità, mentre proprio i ragazzi che sembrano sciocchi posseggono spesso quel senso precoce delle cose che li rende in qualche modo più riservati. L'osservazione di Montesquieu sembra perfettamente attagliarsi ad Alan Turing, uno dei venti massimi scienziati del Novecento secondo l'elenco del Time del 1999, di cui ricorre quest'anno il centenario della nascita.

Come racconta l'eccellente biografia di Andrew Hodges, Storia di un enigma, Alan, a quasi nove anni, non aveva ancora imparato a fare le divisioni. Dalla sua espressione sognante e introversa nei ritratti da bambino si intuiscono pure le preoccupazioni della madre per quel figlio "schivo e assente". L'apparente passività, l'abitudine a starsene appartato con la testa tra le nuvole,

quell'atteggiamento di distacco che gli attirava a volte giudizi poco benevoli, si accompagnavano però a un'intelligenza assolutamente geniale. Nel 1936 Alan Turing pubblicava infatti un articolo fondamentale Sui numeri computabili con una applicazione al problema della decisione.

Era la descrizione del primo e principale modello su cui si fonda oggi tutto il calcolo automatico. Dalle lezioni di Max Newman, Turing aveva appreso l'esistenza del problema della decisione enunciato da David Hilbert al Congresso Internazionale del 1928 a Bologna: esiste un metodo definito che, applicato a un qualsiasi asserto matematico, sia in grado di dirci se questo è

dimostrabile? Il punto cruciale era come intendere il termine "metodo". Newman ne parlava come di un processo meccanico, privo della estemporaneità creativa attribuibile alla mente umana. Secondo lui doveva trattarsi di un algoritmo, di una procedura non troppo dissimile da quella con cui si impara a sommare o a moltiplicare due numeri. Turing dimostrò nel suo articolo che

quell'algoritmo non può esistere: per farlo concepì un dettagliato modello di calcolo, la cosiddetta macchina di Turing. Questa era descritta in termini di stati o configurazioni da cui dipendeva l'azione di singoli componenti meccaniche, come uno scanner che si muove avanti o indietro lungo un nastro infinito diviso in caselle, in grado di leggere o scrivere un carattere in ciascuna casella. La macchina assomigliava insomma a una banale macchina da scrivere, che stampa una lettera

minuscola o maiuscola a seconda della sua configurazione; ma assomigliava anche a un calcolatore umano che legge, somma o moltiplica due numeri a seconda del suo "stato mentale". Turing

cominciava a immaginare che gran parte del cervello potesse funzionare come una macchina, producendo in modo deterministico reazioni precise, se pur molto complesse, a stimoli ricevuti. Piuttosto singolare era che Turing spiegasse un concetto matematico astratto come la calcolabilità ricorrendo a nastri e a scanner. Ma uno degli aspetti essenziali dell'invenzione di Turing è appunto questa: da un lato, la sua macchina è descrivibile in termini puramente astratti; dall'altro, sarebbe fuorviante rinunciare del tutto, per descriverla, alla metafora meccanica. Altri logici e matematici elaborarono in quegli anni modelli teorici di calcolabilità equivalenti alla macchina di Turing, ma questa si prestava meglio di altri a collegare il concetto matematico di calcolabilità ai progetti di fabbricazione di un calcolatore digitale (per questo è considerato il padre dei computer, dai grandi calcolatori all'Apple di Jobs).

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Di macchine ce n'erano infinite, ciascuna con un suo compito limitato: per sommare due numeri occorreva una macchina diversa da quella deputata a simulare la traiettoria di un proiettile, oppure a giocare a scacchi.

Ma Turing dimostrò matematicamente- fu questa una delle sue scoperte più sensazionali - che esiste una macchina universale in grado di simulare qualsiasi altra macchina e quindi di eseguire da sola qualsiasi compito di natura algoritmica. Nel 1947 Turing presentò alla London Mathematical

Society il progetto di fabbricazione di un "cervello", di un calcolatore digitale su grande scala, come versione pratica della sua macchina universale.

John von Neumann, impegnato a realizzare indipendentemente, negli stessi anni, i primi calcolatori digitali negli Stati Uniti, riconobbe che l'idea di una programmazione automatica è un'applicazione del concetto teorico di macchina universale concepito da Turing.

A Turing si devono contributi di grande rilievo in varie discipline legate alla progettazione teorica e pratica del calcolatore. Ad esempio, in un importante articolo del 1948 sulla propagazione

dell'errore nel calcolo matriciale, evidenziava un "indice di condizionamento" che è un parametro fondamentale per valutare l'efficienza di molti algoritmi.

La ricerca di un modello generale di calcolo che unisse l'astratto e il concreto era per altro coerente con le inclinazioni intellettuali di Turing. La sua attenzione era sempre rivolta, infatti, agli algoritmi matematici che regolano molti processi riscontrabili nella vita reale, come la crescita degli

organismi o il funzionamento di congegni elettromeccanici per la trasmissione di segnali. Proprio questi congegni ebbero nel suo destino una parte decisiva: Turing partecipò attivamente al gruppo di esperti distaccato a Bletchley, un sobborgo di Londra, con il difficile e delicatissimo compito di affrontare Enigma, la macchina usata dai tedeschi per cifrare le comunicazioni radio durante la Seconda guerra mondiale. A ben vedere Enigma altro non era che una macchina di Turing, e dalla sua struttura logica dipendeva ora la conoscenza delle posizioni dei sottomarini tedeschi

nell'Atlantico e, in definitiva, lo stesso esito finale della guerra. A Bletchley Park, Turing

conservava il suo temperamento riservato, innocente ed eccentrico, quello di un puer cui i colleghi attribuivano scherzosamente un'età di 21 o perfino di 16 anni. In questa inquietante combinazione di innocenza e di esperienza, di gioco e di guerra, di pensiero e di concreta iniziativa, in cui

l'efficienza scientifica rendeva ancora più complesso il rapporto tra il bene e il male, era allora destino che l'intelligenza stessa perdesse la propria ingenuità ed autonomia, in un difficile compromesso con la politica e con l'azione.

In questa cornice si potrebbe leggere, oltre alla crisi di tutto un secolo, il senso della morte di Turing. Perseguitato e processato per la sua omosessualità, estraneo all'industria colossale che si andava costruendo attorno alla sua mente, considerato forse un rischio per i suoi comportamenti e contatti incontrollabili dai servizi inglesi e americani, Turing morì il 7 giugno 1954: mordeva una mela intinta nel cianuro, simile a quella che la strega malvagia aveva preparato a Biancaneve. Lo stesso incantesimo raccontato dal film che l'aveva così vivamente impressionato diversi anni prima. Non ci furono indagini e la versione ufficiale finì per accreditare la tesi del suicidio. L'esempio di Turing dimostra ancora una volta come il mondo, per quanto malvagio, incomprensibile e

inabitabile, possa trovare in un semplice individuo, un infinitamente piccolo, un punto di verità e di innocenza che ne spieghi il corso e ne trascenda nel contempo gli squilibri e la follia.

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L' Enigma Turing

Le scuse formulate di recente ad Alan Turing da Gordon Brown a nome dell' Inghilterra hanno apposto un sigillo di ufficialità all' iter col quale, per mezzo secolo, gli ammiratori di questo grande matematico si sono adoperati in ogni modo per riabilitarne il buon nome. Cinquantacinque anni fa Turing si suicidò nella sua casa di Manchester ingerendo una mela spruzzata di cianuro di potassio - un richiamo al suo film preferito, Biancaneve e i sette nani di Walt Disney. In seguito, il suo nome è stato ripetuto soltanto sottovoce,e in sostanza è stato per lo più fatto sparire dalle storie delle

discipline da lui stesso inventate, l' informatica e l' intelligenza artificiale. A mantenere vivo Turing è stato soltanto l' impegno dei suoi estimatori, un inverosimile mix di logici matematici, attivisti per i diritti dei gay, e logici matematici attivisti per i diritti dei gay. Il discorso di Brown ha confermato quello che i suoi ammiratori hanno sostenuto per tutto questo tempo: Turing fa parte degli

immortali, e il suo Paese non avrebbe potuto trattarlo in modo più spregevole. La sua eccezionale carriera fu contrassegnata dal caso. Nel 1936, quando era studente a Cambridge, assistette a una conferenza nella quale M. H. A. "Max" Newman definì un problema di logica, irrisolto e difficile, come qualcosa da risolvere trovando un «processo meccanico» in grado di mettere alla prova la validità di un assunto matematico. Poiché prendeva le cose alla lettera per eccesso, Turing considerò la definizione «processo matematico» per quello che era testualmente e scrisse una relazione abbozzando la configurazione di un' ipotetica apparecchiatura in grado di svolgere il compito. Quella relazione, destinata a un pubblico ristretto di specialisti, ebbe ripercussioni ben più ampie di quelle che avrebbe potuto immaginare il suo autore in quanto risultò essere una sorta di progetto introduttivo del computer moderno. Lo schema delle scoperte del tutto casuali si ripeté. Durante la Seconda guerra mondiale Turing fece parte di un gruppo di scienziati convocati a Bletchley Park per contribuire a decrittare il codice tedesco Enigma, apparentemente inviolabile. Tenuto conto che tale codice era generato da una macchina, decise Turing, soltanto una macchina sarebbe stata in grado di decrittarlo. Egli andò quindi avanti a progettare e costruire un'

apparecchiatura - detta la "Bomba" - in mancanza della quale gli Alleati avrebbero potuto perdere la guerra, e così facendo contribuì a far compiere un considerevole balzo in avanti alla crittoanalisi. Dopo la guerra, Turing si trasferì a Manchester, dove prese parte alla creazione di molti dei primi computer funzionanti e dove mise a punto un test col quale diventava possibile determinare se una macchina poteva essere definita pensante - il cosiddetto "test di Turing". In questo modo diede origine a quella che oggi chiamiamo intelligenza artificiale. Turing si era reso conto di essere gay sin dalla prima adolescenza e in questo non aveva trovato nulla di sbagliato. Se la società nella quale viveva criminalizzava l' omosessualità, era la società a sbagliare- così credeva- non certo gli uomini e le donne che della società erano vittime. Fece pochi sforzi per mascherare o reprimere il proprio desiderio di altri uomini e, quando all' inizio degli anni Cinquanta intraprese un rapporto continuativo con un giovane che aveva rimorchiato a Manchester, la sua opinione di come doveva essere il mondo si scontrò con la dura realtà di com' era in effetti. Sospettando che il suo compagno avesse commesso un furto, chiamò la polizia a casa sua. La polizia arrivò e finì coll' arrestare lo stesso Turing in virtù della cosiddetta blackmailer' s charter, che sanciva la perseguibilità di tutti «gli atti di palese indecenza» tra uomini adulti, in pubblico come in privato. Fu in base alle clausole di quella medesima legge - abrogata soltanto nel 1967 - che Oscar Wilde fu condannato ai lavori forzati nel carcere di Reading Gaol. Per evitare il carcere, Turing acconsentì a essere sottoposto a un ciclo "terapeutico" a base di estrogeni, che avrebbe dovuto "curare" la sua omosessualità: in seguito a tale cura divenne impotente e iniziò a crescergli il seno. Anche al termine del cosiddetto

"trattamento", la polizia gli rimase sempre alle costole, interrompendo ogni tentativo di vivere liberamente, perfino nei suoi viaggi all' estero. Il suo suicidio nel 1954 sconvolse amicie colleghie resta al centro di molteplici congetture: tenuto conto che all' epoca Turing era considerato un

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pericolo per la sicurezza, vulnerabile ai ricatti o a tentativi di seduzione da parte di agenti stranieri, è possibile che il suo suicidio fosse una montatura? Oggi Turing è un modello da prendere a esempio, tanto per il mondo dell' informatica quanto per quello degli attivisti gay. Durante una recente visita al Middlebury College, dove i professori Michael Olinick e Robert Martin tengono un seminario interdisciplinare sulla vita e le opere di Turing destinato alle matricole, ho cenato con un gruppo di universitari spaventosamente intelligenti che aveva da rivolgere un mucchio di domande. Uno di loro mi ha chiesto quale dovesse essere, secondo me, il passo successivo da parte del

governo britannico. Ho risposto che penserei a due iniziative. Per prima cosa il governo dovrebbe declassificare tutto il materiale relativo a Turing per mettere a tacere le voci secondo le quali fu assassinato. In secondo luogo, Brown dovrebbe estendere le sue scuse formali a tutti gli uomini omosessuali che hanno sofferto o sono morti per le esecrabili clausole della blackmailer' s charter, ricchi e poveri, sconosciuti e illustri indistintamente. In una lettera scritta verso il termine della sua vita all' amico Norman Routledge, Alan Turing compose il seguente sarcastico sillogismo: «Turing crede che le macchine pensino. Turing giace con gli uomini. Di conseguenza le macchine non sanno pensare». Ciò che Turing temeva maggiormente, in altre parole, era che il suo arresto sarebbe stato preso a pretesto per invalidare le sue idee. Grazie a Dio, ebbe torto. A Middlebury ho incontrato una matricola che mi ha detto di voler dare nuovo impulso al settore dell' intelligenza artificiale

ritornando ai principi originari, quelli che abbozzò Alan Turing. Presumo che questo grande studioso si sorprenderebbe e si compiacerebbe di constatare che, dopo decenni di silenzio e di vergogna, oggi egli non è compianto ma commemorato. Traduzione Anna Bissanti

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Il computer che vuol fingersi umano

ma non passa (per ora) il test di Turing

A cent'anni dalla nascita del grande matematico, uno dei padri dell'intelligenza artificiale, continua la sfida per trovare un computer così avanzato da spacciarsi per una persona. In palio un premio da 100 mila dollari, che nessuno ha ancora vinto. E Blade Runner resta ancora lontano di

MASSIMILIANO RAZZANO

CHI HA VISTO Blade Runner ricorderà senz'altro una delle prime scene del film, in cui il protagonista Rick Deckard, alias Harrison Ford, cerca di smascherare Rachel, un replicante così avanzato da credersi umano. Una scena carica di tensione, dove ogni singola domanda e ogni singolo gesto sono un indizio per distinguere un replicante da un essere umano. Nel futuro

immaginato da Philip K. Dick, autore del racconto che ha ispirato Blade Runner, i replicanti sono infatti così intelligenti da spacciarsi facilmente per esseri umani.

Si tratta certamente di uno scenario ancora lontano, eppure c'è già chi si allena a costruire computer così intelligenti da imitare il pensiero umano. Così astuti da tentare persino di farsi passare per uno di noi, sfidandosi in una gara per aggiudicarsi l'ambito premio Loebner per l'intelligenza artificiale. Un premio che, come raccontano i promotori 1, quest'anno ha un significato particolare, perché ricorre nel centenario della nascita di Alan Turing, il matematico inglese considerato il padre dell'informatica e dell'intelligenza artificiale.

Oggi è infatti l'anniversario del suo compleanno, e per celebrare la ricorrenza, a maggio il premio Loebner si è svolto a Betchley Park, dove Turing trascorse gli anni della guerra a decifrare il codice Enigma usato dai nazisti. E' solo uno dei molti eventi previsti 3 per celebrare il genio di Turing, autore del test su cui si basa il premio Loebner. Ma come può un computer farsi passare per essere umano? Può un computer pensare? Sono domande poste dallo stesso Turing oltre sessant'anni fa.

Eroe e padre dei computer. Oggi Alan Mathison Turing avrebbe compiuto cent'anni. È infatti nato

a Londra il 23 giugno 1912, e fin da piccolo aveva dimostrato una forte predilezione per la

matematica e la scienza. Studiò matematica al prestigioso King's College di Londra, interessandosi all'aritmetica e al problema della decisione. Nel 1936 pubblicò un articolo in cui suggeriva un dispositivo ipotetico capace di manipolare numeri e simboli seguendo una tabella di istruzioni logiche. Il dispositivo, noto oggi come macchina di Turing, era in un certo senso il "nonno" dei moderni computer.

Negli anni della seconda guerra mondiale Turing lavorò come crittoanalista presso il Government Code and Cypher School (Gccs ), il centro di analisi e decrittazione inglese collocato a Betchley Park, 60 chilometri a nord di Londra. Oggi il Gccs ha cambiato sede, e nell'edificio storico di Betchley Park è stato istituito il Museo Nazionale dell'Informatica 4.

In quel periodo Turing si dedicò anche alla corsa, una delle sue passioni preferite. I suoi colleghi ricordano le sue doti di maratoneta: più di una volta egli corse addirittura fino a Londra in occasione

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di riunioni molto importanti. A Betchley Park Turing lavorò alla decrittazione del codice Enigma utilizzato dall'esercito tedesco, un compito portato a termine con successo e per il quale nel 1945 egli venne insignito dell'Ordine dell'Impero Britannico.

I lavori scientifici scritti da Turing in quegli anni furono considerati così preziosi per il Gccs da essere mantenuti segreti per circa 70 anni, fino ad essere resi pubblici solo lo scorso aprile. Ma la vita del grande matematico si stava avviando verso una parabola discendente. Il 1952 fu l'anno della condanna per "indecenza" a causa della sua omosessualità (considerata allora un reato nel Regno Unito), a cui seguì la punizione tramite castrazione chimica e l'interdizione da tutte le attività di ricerca e decrittazione.

Due anni dopo, l'8 giugno 1954, fu trovato morto nella sua casa di Wilmslow a sud di Manchester. L'autopsia rivelò che la causa della morte era stato un avvelenamento da cianuro, avvalorando l'ipotesi del suicidio. Accanto al cadavere di Turing fu trovata una mela mezza morsicata. La stessa mela che, secondo una popolare leggenda nel mondo dell'informatica, avrebbe ispirato il famoso logo della Apple.

I computer possono pensare? Turing era un uomo molto avanti rispetto ai suoi tempi. Non solo i

suoi lavori furono fondamentali nel formalizzare il concetto di algoritmo o nel concepire un dispositivo come la macchina di Turing. Il matematico inglese si spinse oltre, proponendo un test per valutare l'intelligenza di una macchina. "I computer possono pensare?" 5 è il titolo di un lavoro da lui scritto nel 1950, nel quale egli propose un gioco di imitazione, oggi universalmente noto come "test di Turing".

L'idea nasce da un gioco allora molto diffuso, in cui uno dei giocatori poneva delle domande ad uomo e ad una donna nascosti in un'altra stanza. Lo scopo del gioco era indovinare chi è l'uomo e chi la donna, basandosi solo su una serie di risposte scritte a macchina per nascondere la calligrafia. Analogamente, Turing propose un test in cui un giudice deve scoprire, sfruttando domande e risposte, la differenza fra un essere umano ed un computer. Se il computer riesce a dare risposte così convincenti da ingannare il giudice e farsi passare per un essere umano, supera il test.

Un premio ai computer più furbi. Più facile a dirsi che a farsi. Infatti ai tempi di Turing non

esisteva ancora la tecnologia per realizzare questo test. Ma nel 1990 il miliardario e filantropo americano Hugh Loebner propose un premio basato sul test di Turing. Il programmatore capace di creare un computer così furbo da spacciarsi per un essere umano, vince una medaglia d'oro con l'effigie di Turing e un premio da 100mila dollari.

Come si svolge questa sfida? Ciascun computer viene accoppiato ad un volontario che recita la parte dell'essere umano. Entrambi comunicano con un giudice tramite una chat online, sulla quale vengono scambiate domande e risposte. Questi computer "chiacchieroni" vengono infatti chiamati anche chatterbot. Ciascuna sessione dura 25 minuti, dopo i quali il volontario ed il chatterbot si sfidano di fronte ad altri tre giudici. Per vincere è necessario riuscire ad ingannare almeno due giudici su quattro. Se nessuno passa il test, viene comunque assegnata una medaglia di bronzo ed alcune migliaia di dollari al computer che ha fornito la prestazione migliore.

Gaffe elettroniche. Come sono andate finora le sfide per il premio Loebner? Basta dire che nessun

computer è ancora riuscito ad ingannare i giudici e vincere la medaglia d'oro. Ci sono state alcune eccezioni, quando ad esempio un volontario ha iniziato ad imitare il chatterbot, mandando in confusione un giudice. Ma la gara è sicuramente interessante e può creare gaffe curiose. Alcuni computer si sono dimostrati particolarmente ingenui: Alla domanda "Buongiorno, come

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va?" del giudice, le risposte dei due concorrenti sono state "bene, grazie" e "Prego riformulare la domanda in modo appropriato". Facile smascherare il computer.

Altri computer si fanno scoprire perché si lanciano in domande surreali come "Lei ha organizzato il funerale per i suoi genitori quando sono morti?". Impagabile la risposta del giudice: "No,

normalmente faccio a pezzi i corpi e li seppellisco io stesso".

Ci sono alcuni computer che si spacciano per adolescenti, come TalkAngela, che l'anno scorso aveva quasi ingannato un giudice sfoderando una grande passione per Lady Gaga. Prestazione impeccabile del computer, rovinata quasi subito da una candida ammissione, completamente fuori luogo: "Sono un gatto".

Ci sono poi computer capaci di stupire per la loro ironia, come Elbot, che nel 2008 ha sentenziato, rivolto ad un giudice: "Ci sono persone che non passerebbero il test di Turing. Perché lo devono imporre ai computer?". Come dargli torto.

Come bimbi di due anni. "Quando Turing propose il suo gioco - commenta lo stesso Loebner -

Turing predisse che i computer avrebbero facilmente passato il test entro 50 anni. Ma questi computer sono rudimentali. Hanno l'intelligenza di un bambino di due anni". Certo, qualche eccezione c'è. David Levy, che ha vinto due volte la medaglia di bronzo ed è riuscito persino a ingannare un giudice una volta, nel 1997, sfruttando una conversazione a colpi di gossip. Alcuni programmatori poi hanno messo online i loro chatterbot, al servizio degli utenti che

vogliono fare due chiacchiere con loro. Il saggio e sarcastico Elbot ad esempio è disponibile sul sito

elbot.com 6. Una chiacchierata con Elbot può essere un'esperienza sorprendente e decisamente interessante da provare.

Quanto manca ai computer intelligenti? La strada è ancora lunga, anche se Levy è fiducioso che

in 30-40 anni potremmo avere computer dall'aspetto umano con i quali potremmo diventare amici e persino innamorarci. Oppure androidi capaci di aiutare nelle diagnosi mediche o in altri compiti della vita quotidiana. Scenari che la fantascienza ci propone ormai da decenni. Ci sono robot che pilotano astronavi e che cercano di capire il comportamento umano, come l'androide Data ben noto agli amanti di Star Trek. O l'inquietante HAL 9000 immaginato da Arthur Clarke in "2001 Odissea nello spazio".

Ci sono poi i romanzi di Asimov e le sue tre famose leggi della robotica. O gli scenari cupi di Blade Runner o di Terminator, in cui la rete artificiale Skynet diventa autocosciente e decide, prima di tutto, di sbarazzarsi del genere umano. Chi avrà ragione? Nel dubbio, continuiamo a seguire i tentativi ancora maldestri di questi computer. Tanto i più furbi siamo ancora noi. Almeno per il momento.

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Test di Turing con i videogiochi

i robot sono uguali agli umani

Intelligenze artificiali indistinguibili da quelle umane nell'esperimento condotto a Perth: gli automi imparano a comportarsi come i giocatori veri, sbagliando e approssimando. Mentre i partecipanti in carne e ossa diventano sempre più "meccanici"

NON SIAMO ancora al livello di integrazione tra umani e androidi rappresentato da Ridley Scott in Blade Runner. Ma non sembra mancare poi molto, a vedere i risultati dell'ultimo test di Turing 1

ripresi da Singularity. Stavolta il test, che impiega un panel di persone impegnate a distinguere tra attività umana e cibernetica senza sapere chi compie le azioni che si stanno guardando, ha fornito un risultato sostanzialmente nullo. Insomma, il panel non ha saputo distinguere. Un risultato che si legge inequivocabilmente in un modo: tra umani e robot la differenza è ormai impalpabile. Un risultato significativo per celebrare il centesimo anno dalla nascita di Alan Turing, brillante matematico britannico.

Il test è condotto, va detto, su un'attività particolare, ovvero la sfida di un videogame, che contempla reazioni in un certo qual modo meccaniche, con però una componente umana di

incertezza e pensiero molto evidente. Il gioco in questione era uno sparatutto in prima persona della serie Unreal. Per la prima volta in cinque anni, nessun membro giudicante ha saputo distinguere i giocatori umani da quelli robot. Realizzare personalità robotiche che possano confondersi con quelle umane non è semplice: nella natura di un gioco come uno sparatutto, vedere un personaggio che commette sempre gli stessi errori può farlo individuare subito come un falso umano, ma stavolta l'intelligenza artificiale è arrivata al punto di produrre robot che sapevano come e quando allearsi con altri giocatori e che non sempre centravano i bersagli. Un mimetismo perfetto che ha sbalordito i giudici, che incorpora elementi di irrazionalità e calcolo approssimativo. Un robot sempre più umano quindi. Ma anche umani sempre più robot.

Il test è stato concepito e organizzato dal professor Philip Hingston dell'Università di Perth, Australia. Un esperimento complesso, con i giocatori elettronici già previsti dal gioco mescolati a intelligenze robot appositamente programmate per mettere in difficoltà i giudici. Ogni giocatore è stato valutato 25 volte, per offrire un campione di analisi soddisfacente. E stavolta, due giocatori robot hanno ottenuto lo status di "umano", con una particolarità: il punteggio di "umanità" è risultato più alto di quello di veri esseri umani. Un 52.2% per il primo, 51.9 per il secondo. Lo scorso anno, il massimo raggiunto è stato il 37%. I programmatori dei due robot vincenti hanno diviso un premio da 7000 dollari. Emblematico come gli umani siano apparsi molto "robotici", totalizzando un 41.4% di fattore antropologico.

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