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2 CORPORATE SOCIAL RESPONSABILITY E “FINANZA ETICA” Le imprese socialmente responsabili (o imprese socially resposible)

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2 CORPORATE SOCIAL RESPONSABILITY E “FINANZA ETICA”

Le imprese socialmente responsabili (o imprese socially resposible)25 sono società che

adottano condotte e regole di corporate social responsibility (CRS). Tali espressioni indicano lo stesso concetto: considerare valori etici, sociali e ambientali nella formulazione delle strategie e nella definizione delle scelte di gestione d’impresa. Ciò le rende, quindi, potenziali investimenti per i prodotti del risparmio gestito socialmente

responsabile (SR) o socially responsible investing (SRI).

La nascita di investitori che orientano le proprie scelte in senso socialmente responsabili ha dato nuovi spunti di riflessione a due ampi campi di ricerca e di operatività, infatti da un lato la cosiddetta “finanza etica”, che si occupa di studiare e costruire prodotti finanziari socialmente responsabili per soddisfare le esigenze di investimento del risparmiatore orientato in tal senso, mentre dall’altro la CSR, che studia le regole per l’economia e gestione delle imprese socialmente responsabili, cioè quelle imprese che vanno oltre il comportamento rispettoso di leggi e regolamenti. Entrambi i campi trovano origini e presupposti nelle sempre più evidenti distorsioni dell’economia di mercato, che ricadono, a volte in maniera pesante, sulla società e sono alla base di un circolo virtuoso per il mercato, l’economia e la società nel suo complesso. Sempre più spesso, infatti, il ruolo di intermediario tra risorse disponibili ed economia reale, proprio della sfera finanziaria dell’economia, è falsato dal fenomeno della finanziarizzazione e dal crescente ricorso a strumenti che aumentano il carattere speculativo del mercato aprendo la strada a operatori mossi dal fine ultimo del massimo rendimento sul capitale investito con qualsiasi mezzo ottenuto.

In tal senso, il connotato negativo della finanza può essere individuato nella pressante e diffusa necessità di un immediato ritorno economico (cosiddetto shortermismo).

Negli ultimi decenni, infatti, si è andato diffondendo e consolidando un circuito finanziario, definito di tipo speculativo, la cui funzione non è più quella di trasferire nel tempo la sicurezza economica derivante dal lavoro, dalle qualità e dalla professionalità delle persone, ma quella di guadagnare denaro nel breve. Proprio per questi motivi si è fino ad oggi parlato di “etica della finanza”, piuttosto che di “finanza etica”, da un lato in termini di deontologia professionale della delega che caratterizza ogni rapporto

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WBCSD (World Business Council for Sustainable Development) (2002), Corporate Social

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finanziario, dall’altro in termini di obiettivi non strettamente economici che potevano e dovevano essere raggiunti a discapito del rendimento e potevano essere inclusi nella variegata definizione di “settore non profit”.

Ancora oggi in molti studiosi (economisti e non) definiscono la finanza etica come un’attività di investimento che, pur penalizzando il rendimento finanziario, consente di raggiungere obiettivi etici26. Sebbene la beneficenza sia un’iniziativa lodevole, si tratta di una visione non completa delle ultime iniziative avviate in tale campo. Inoltre, recentemente, è emersa una preoccupazione crescente relativa all’organizzazione e alle prospettive dell’economia di mercato. Si pensi al vacillare pericoloso delle borse per il concorso di un attacco esterno al sistema di mercato come quello dell’11 settembre 2001, al crollo di un anello del sistema capitalistico occidentale (l’Argentina) e ai clamorosi malfunzionamenti interni (casi Enron, Worldcom, Imclone, Parmalat e altri). Le preoccupazioni sulla capacità del sistema capitalista di mercato di sopravvivere alle sue proprie tensioni interne e agli attacchi esterni si sono traslati ad un livello più basso, sull’istituzione che, assieme al mercato, è il perno e il motore del modello: l’impresa. La riflessione attuale su CSR e finanza etica cerca di superare le visioni alla deontologia e alla beneficenza, e prende il via da un lato dalla necessità del mondo finanziario di ricercare i propri presupposti originari (ruolo di intermediario tra risorse finanziarie e mondo reale, luogo di realizzazione di transazioni efficienti ed eque), dall’altro dalla ricerca di regole comportamentali per le imprese, che diventano attori rilevanti per il raggiungimento di obiettivi di sviluppo sostenibile27, cioè di uno sviluppo rivolto sia alla conservazione del capitale economico sia alla conservazione nel tempo del capitale ambientale, sociale e umano.

2.1 L’EMERGERE DEL FENOMENO DELLA FINANZA ETICA

La sensibilità sociale dell’investitore, alla base della nascita del socially responsible

investing (SRI)28, è un fenomeno che si avverte in tutti i paesi caratterizzati da strutture

26

Lanza S., Calcaterra M., Perrini F. (a cura di) (2001), Etica, finanza e valore d’impresa, Milano, Egea, 2001.

27

Rao P.K. (2000), Sustainable Development: Economics and Policy, Oxford, Blackwell Publishers

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EEA (European Environment Agency) (2001), Business and the Environment: Current Trends and

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finanziarie evolute. Al di là di considerazioni di natura strettamente etica, in virtù delle quali gli investitori orientano le proprie decisioni di impiego secondo principi e valori di derivazione morale o religiosa, il fenomeno della finanza socialmente responsabile guarda anche e soprattutto alla capacità delle imprese di rispondere alle diverse istanze sociali e ambientali provenienti dagli stakeholders.

Strategie e politiche responsabili nel settore sociale ed in quello della tutela ambientale costituiscono, per gli investitori, un’indicazione importante della capacità gestionale interna ed esterna delle aziende. Tali scelte strategiche ed operative contribuiscono, infatti, al miglioramento del profilo di rischio, anticipando e prevenendo crisi suscettibili di nuocere non solo alla reputazione delle imprese, ma anche alla loro capacità di creare valore in modo duraturo nel tempo minacciandone, nei casi più gravi, la stessa sopravvivenza.

La finanza etica, dunque, da un lato cerca delle risposte alle conseguenze non economiche dello sviluppo, dall’altro è un’attività economicamente vitale di gestione dell’investimento di capitale e di risparmio. Infatti, lo strumento finanziario etico è, in una definizione convenzionale, l’offerta al sottoscrittore (risparmiatore o investitore) della garanzia di un uso del suo denaro equo e moralmente ineccepibile a livello di investimento o di utilizzo.

Le caratteristiche tecniche degli strumenti finanziari etici sono analoghe a quelle degli strumenti finanziari tradizionali, in quanto la differenza si riscontra nell’intenzione diversa dei risparmiatori o investitori e nell’ascolto o accoglienza offerte dalle società promotrici a queste esigenze.

Tra gli strumenti finanziari tradizionali che possono essere caratterizzati anche dall’aspetto etici possiamo trovare ad esempio i libretti e conti di risparmio, i conti di deposito a breve e a lungo termine, i fondi comuni di investimento o di collocamento, le società di investimento a capitale variabile o fisso e le banche etiche.

L’idea della finanza eticamente orientata non è nuova29: in molti mercati bancari locali si riscontra ancora l’azione di istituzioni che sono nate proprio per fare attività

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EEA (European Environment Agency) (2001), Business and the Environment:

Current Trends and Developments in Corporate Reporting and Ranking, EEA,

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finanziaria con fini etico-sociali (ex casse di risparmio, banche popolari, banche di credito cooperativo); tuttavia la riflessione attuale prende il via dalla necessità del mondo finanziario di ricercare i propri presupposti originari (ruolo di intermediario tra risorse finanziarie ed economia reale, luogo di realizzazione di transazioni efficienti ed eque) e di contribuire al raggiungimento di obiettivi di sviluppo sostenibile. Tradotto in francese, il concetto di sviluppo sostenibile diventa développement durabl30e, proprio a

evidenziare l’ottica intrinseca del lungo periodo.

Quando si parla di finanza etica, quindi, non ci si riferisce solo alla destinazione di una parte del rendimento dell’attività finanziaria a una finalità etica o filantropica, ma anche e soprattutto a una diversificazione dell’obiettivo dell’attività finanziaria: non più la massimizzazione del rendimento ma la massimizzazione dei benefici ottenibili nel complesso. Questi benefici devono essere ottenuti sia su un piano economico sia su un piano ambientale e socially responsible. Allora, diventa sempre più necessario effettuare una progettazione etica dello strumento o dell’attività finanziaria, a partire dalle forme di raccolta del capitale fino ad arrivare alle forme di impiego. In questo modo si richiede di osservare che ogni passaggio della risorsa finanziaria verso l’economia reale rispetti determinati principi.

Gli strumenti finanziari connotati come “etici” dovrebbero cercare di rispondere a questa nuova esigenza dell’investitore attraverso una progettazione ragionata delle caratteristiche dello strumento (oggetto dell’investimento, modalità ecc.), e non solo attraverso un marchio “etico” che deriva da elementi accessori collegati al complessivo sistema di offerta per l’investitore (clausole di beneficenza o sponsorizzazione di attività culturali o sociali).

2.2 SOCIALLY RESPONSIBLE INVESTING: ALCUNE DEFINIZIONI E PRINCIPI

Non esiste una definizione univoca di “finanza etica”(o SRI)31, a causa delle difformità che caratterizzano le esperienze maturate nei differenti paesi. Anche la terminologia utilizzata rispecchia tale situazione. In tale concetto vengono, infatti, fatte rientrare numerose e diverse esperienze, da quelle dei fondi comuni di investimento etici, alle

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Dizionario di francese Zanichelli 2002

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Lanza S., Calcaterra M., Perrini F. (a cura di) (2001), Etica, finanza e valore d’impresa, Milano, Egea, 2001.

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fondazioni, alle banche o cooperative finanziarie etiche. Ciò è dovuto principalmente alle diversità sociali, legislative ed economiche che si riscontrano nelle diverse realtà. In un’accezione ristretta, il SRI consiste nell’attività di gestione di assets finanziari condotta secondo criteri etici, sociali ed ambientali, che ricomprendono sia i fondi di investimento verdi, sociali ed etici sia i fondi pensione e SICAV che adottano anche criteri sociali per l’ottimizzazione delle scelte di portafoglio; inoltre ricomprendono il

private banking eticamente orientato, le gestioni separate per clienti istituzionali come

fondazioni, enti religiosi, soggetti non profit attenti alle scelte di allocazione del capitale e i fondi chiusi che investono secondo criteri di eticità.

In pratica, si raggruppano tutte quelle attività finanziarie che coniugano aspetti economici e aspetti etici.

La finanza etica da un lato cerca delle risposte alle conseguenze non economiche dell’economia, dall’altro è un’attività economicamente vitale di gestione dell’investimento di capitale finanziario: rendimento finanziario con massimizzazione dei benefici ottenibili nel complesso. Tali benefici devono essere ottenuti sia su un piano economico sia su un piano ambientale e sociale (CSR).

Se si amplia la prospettiva di analisi, il concetto di “finanza etica” può arrivare a ricomprendere anche altre realtà, come gli strumenti finanziari che devolvono una parte delle commissioni a enti e associazioni per finalità sociali, i soggetti che sviluppano forme di finanza alternativa a sostegno del terzo settore (per esempio, le Mutue di AutoGestione – MAG - e la Banca Etica Italia) e anche le attività di microcredito.

L’investimento etico32 ha quindi diversi significati e conseguentemente diverse definizioni a seconda dello specifico livello di interpretazione.

In generale, però, l’investimento etico è visto come l’allocazione dei capitali finalizzata al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni. In tal caso gli investitori sono interessati sia all’impatto che l’investimento produrrà sull’ambiente circostante, sia allo “stato di salute” dell’attività in cui investono; si aspettano dei guadagni dai capitali impiegati, ma differiscono dagli investitori per la consapevole attenzione posta nei riguardi dei valori etico-sociali. Essi sono presi come riferimento principale all’interno del loro schema decisionale di investimento e per la cura nei riguardi della

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Lanza S., Calcaterra M., Perrini F. (a cura di) (2001), Etica, finanza e valore d’impresa, Milano, Egea, 2001.

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condizione della specifica attività selezionata, che continuamente si sforzano di migliorare.

Parlare di etica nella finanza33 significa spostare, nella definizione dei criteri in base ai quali effettuare un investimento, l’attenzione verso le ripercussioni dell’investimento stesso sull’economia “reale”, al fine di modificare i comportamenti “finanziari” in senso più sociale e investire in tutte le attività che si muovono in un’ottica di sviluppo umanamente ed economicamente sostenibile. In altre parole, significa considerare valori etici, sociali ed ambientali nella definizione delle scelte di investimento in aggiunta a parametri più tradizionali, come il rendimento finanziario. In nessun caso “etica nella finanza” significa “beneficenza”, cioè una semplice devoluzione di una parte del rendimento a iniziative con un’elevata valenza sociale, ma un’attività concreta e vitale di gestione delle attività di investimento e di risparmio.

L’etica non può essere ridotta a mero elenco di norme (in specie, divieti) o a elemento giustapposto ad altri per legittimarli (etica funzionale). La posizione di centralità riservata alla persona e alla realizzazione della sua umanità diventa la categoria fondamentale per discernere e soprattutto proporre ciò che davvero realizza questa umanità.

L’etica, dunque, è una dimensione, perché ogni agire esprime una finalità che giova o nega la realizzazione dell’umanità delle persone: ogni azione è segnata dalla dimensione etica, ossia esprime sempre un significato, una scelta, una concezione di verità, di umanità, di bene.

La proficuità dell’investimento socialmente responsabile dipende quindi dall’accuratezza delle informazioni sulla situazione dei titoli e sugli altri veicoli di investimento. Inoltre, l’investitore socialmente responsabile si distingue dall’investitore tradizionale per una conoscenza più accurata di ciò in cui investe, dal momento che tale conoscenza comprende aspetti diversi oltre a quelli economici.

Le risorse finanziarie convogliate negli strumenti di finanza etica sono investite, dunque, secondo diverse tipologie di intervento, e possono contare su un numero crescente di strumenti sempre più complessi. L’ iter nella scelta tra prodotti finanziari di investimento etico (fondi comuni di investimento, private equity o gestione di patrimoni istituzionali) è identificabile in tre principali step:

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Sciarelli S. (2002), “La produzione del valore allargato quale obiettivo dell’etica nell’impresa”,

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1. l’attività di screening (negativo o positivo);

2. lo shareholders activism o advocacy (conosciuto anche come engagement o

partecipazione attiva);

3. l’investimento nella comunità in attività locali, generalmente legate al settore non profit (community investing).

L’attività di screening consiste nell’escludere o includere titoli di portafogli azionari sulla base di criteri ambientali e sociali. Le strategie di screening, quindi, implicano una valutazione etica dell’oggetto dell’investimento, più semplice nel caso si debba scegliere in quali titoli non investire e più complessa nel caso di selezione di titoli o aree geografiche che si desidera supportare attraverso l’attività di investimento e quindi mettendo a disposizione risorse (screening positivo).

I criteri di selezione negativi che si riscontrano più frequentemente nella pratica dell’investimento etico, riguardano il coinvolgimento delle imprese in situazioni eticamente scorretti ad esempio: settori del tabacco, dell’alcool, del gioco d’azzardo, delle forniture militari, delle armi e dell’energia nucleare, settore di produzioni pornografiche o che sfruttano la violenza, settore nel quale vi è lo sfruttamento degli animali; la collaborazione con regimi oppressivi o la mancanza nella tutela dei diritti umani.

In alcuni casi la raccolta delle informazioni è relativamente semplice e l’applicazione di tali criteri non presenta particolari difficoltà. Nel momento in cui i criteri di selezione degli investimenti diventano numerosi e sfumati, gli investitori e i centri di ricerca si trovano in una situazione in cui le informazioni disponibili sono troppe e impossibili da adattare ad un processo decisionale di investimento di questo tipo, che vedrebbe lievitare esponenzialmente i costi di trattamento delle informazioni medesime. Questo spiega perché, nella pratica, ogni strumento finanziario individua un insieme di criteri negativi (generalmente non molto ampio) tra quelli che meglio rispecchiano i principi che sono considerati eticamente scorretti dagli investitori che rappresenta.

I criteri positivi hanno lo scopo di premiare le imprese che compiono azioni positive di supporto dell’ambiente e della società in generale e che si distinguono per performance particolarmente positive. Tali criteri sono applicati qualitativamente sulla base di

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valutazioni caso per caso, e la presenza di uno o più requisiti positivi può bilanciare l’assenza di altri.

L’attribuzione di una maggiore importanza ad un criterio rispetto ad un altro dipende esclusivamente dai principi dell’investitore. Inoltre, mentre la presenza di un requisito negativo esclude automaticamente l’impresa dall’investimento, l’assenza di un criterio positivo può essere bilanciata da altre considerazioni. Alcuni dei criteri positivi più utilizzati dagli investitori sono le iniziative ambientali e controllo dell’inquinamento, la qualità dei prodotti e dei servizi, l’impegno sociale nella comunità, le pari opportunità e la trasparenza e la qualità dell’informazione.

Nella scelte di un investimento si tengono anche in considerazione quelli indirizzati verso una categoria di imprese che rispettano determinate caratteristiche e che sono attivamente impegnate nel raggiungimento di obiettivi sociali coerenti alla missione degli investitori. Da qui il termine Shareholders advocac34y che significa incorporare

nelle decisioni di investimento non solo degli obiettivi finanziari, ma anche una missione sociale. E’ da tenere in considerazione inoltre,che gli investitori esercitano pressioni perché l’impresa modifichi concretamente le sue scelte e adotti comportamenti socialmente responsabili.

Lo strumento principale per la realizzazione della shareholders advocacy è la raccolta di deleghe di voto da parte degli azionisti di minoranza o di investitori istituzionali allo scopo di sottoporre al management le questioni sociali e partecipare attivamente in assemblea.

Ciò che collega queste aree di intervento è la modifica del rapporto esistente tra investitore e investimento e tra investitore e società.

L’importanza degli investitori etici deriva dalla loro volontà di assumere un atteggiamento di dialogo duraturo con le imprese al fine di portarle verso un cambiamento positivo dell’ambiente sociale.

Le pressioni degli azionisti spingono direttamente le imprese a migliorare le proprie performance in determinate specifiche aree: quando, per esempio, viene da loro

34

WBCSD (World Business Council for Sustainable Development) (2002), Corporate Social

Responsibility. The WBCSD’s Journey, http://www.wbcsd.ch.

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richiesto un resoconto dettagliato sull’impatto dell’impresa a livello ambientale non si cerca solamente di verificare le politiche in atto, ma si spera, in quel momento, di poter influenzare anche le politiche future.

Il community investment35 è una tipologia di investimento etico che individua programmi di finanziamento rivolti alla promozione di uno sviluppo socialmente sostenibile in settori produttive o aree geografiche non in grado di canalizzare spontaneamente le fonti di finanziamento tradizionali. In alcuni casi il community

investment è dedicato alla fornitura di alloggi (housing), alla creazione di posti di

lavoro, all’assistenza alle imprese di piccole dimensioni in fase di start up o gestite da categorie sociali che difficilmente riescono ad ottenere finanziamenti.

2.3 LE CATEGORIE DI PRODOTTI ETICI

“Investimenti etici”, “investimenti socialmente responsabili” o “investimenti con finalità sociali” sono tutte espressioni che esprimono lo stesso concetto: considerare valori etici nella definizione delle scelte di investimento in aggiunta a parametri più tradizionali, come il rendimento finanziario36.

Investire eticamente significa considerare i propri principi etici nelle scelte di investimento e quindi non essere mossi solo da obiettivi di rendimento ma anche da obiettivi di soddisfazione personali legati alla destinazione dei propri risparmi. Il risparmio gestito ha accolto le nuove esigenze manifestate dall’investitore come un’opportunità di segmentazione della domanda e personalizzazione dell’offerta.

Le prime forme di investimento etico37 sono nate negli anni Settanta negli Stati Uniti e in Gran Bretagna per rispondere ad alcune situazioni create dal mercato o dalla società e profondamente respinte dalla coscienza e dall’opinione pubblica. Si pensi alla guerra del Vietnam, oppure al regime dell’apartheid allora vigente in Sudafrica. In Sudafrica la protesta si risolse evitando di intervenire nelle imprese che intrattenevano rapporti commerciali con quel paese, costringendo molte grandi multinazionali statunitensi al disinvestimento.

35

Timms S. (2004), “Imprese con occhio alla comunità” supplemento a Espansione, n.1, pp. 18-21.

36

Lanza S., Calcaterra M., Perrini F. (a cura di) (2001), Etica, finanza e valore d’impresa, Milano, Egea, 2001

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I primi ambasciatori dell’investimento etico furono, quindi, gruppi di matrice religiosa, che, organizzando azioni e persone, cercavano di modificare i comportamenti delle grandi multinazionali. A quegli anni risale anche il primo fondo comune di investimento socialmente responsabile: si chiamava Pax World Fund, fu creato da un gruppo di metodisti degli Stati Uniti e aveva l’obiettivo di investire in società che garantissero una buona redditività per l’investitore ma che non fossero coinvolte nell’industria della guerra o nelle “azioni del peccato”.

L’investimento etico ha una lunga tradizione anche sul mercato inglese38. Il primo fondo di investimento etico inglese, il Friends Provident Stewardship Fund, fu creato nel 1984.

Dal 3 luglio 2000, una modifica del Pension Act del 1995 obbliga indirettamente i

pensions funds inglesi a offrire una linea di gestione socially responsible. La riforma

prevede che i fondi pensione dichiarino nel regolamento l’ampiezza degli aspetti etici, sociali o ambientali presi in considerazione nella gestione e la politica per l’esercizio dei diritti (inclusi i diritti di voto) collegati agli investimenti.

Regno Unito e Stati Uniti sono i due mercati più sviluppati per la finanza etica: essi, infatti, detengono circa il 70 per cento del totale patrimonio gestito etico nel mondo.

Le numerose iniziative di finanza socially responsible che si sono sviluppate negli ultimi 20 anni sono molto diversificate tra di loro, poiché considerano non solo elementi di natura economica ma anche criteri sociali ed etici sempre più complessi. Di conseguenza non può esistere un unico modello di riferimento per analizzare l’investimento etico: ogni esperienza si differenzia sia per finalità, sia per strumenti e metodologie in base alle specifiche necessità, cultura, tradizioni e contesto generale del territorio in cui nasce ed opera. In linea generale, si distinguono principalmente quattro modi e tipi di strumenti per fare finanza etica:

• Strumenti di finanziamento di particolari soggetti o settori che si distinguono in

strumenti per il finanziamento delle microimprese: tramite il microcredito le

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WBCSD (World Business Council for Sustainable Development) (2002), Corporate

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risorse vengono utilizzate per permettere anche ai soggetti che non possono fornire garanzie (soprattutto reali, come pegni e ipoteche) di intraprendere un’attività che genera utilità sociale e miglioramento del tenore di vita; oppure

strumenti per il finanziamento delle iniziative non profit: soprattutto tramite

prodotti di venture capital, ovvero di partecipazione al capitale di rischio, senza intervento nella gestione;

• Strumenti di investimento del risparmio che si distingue in strumenti di finanza

etica tradizionali dove l’investitore (o il gestore) rinuncia ad una parte della

remunerazione per destinarla a scopi sociali. Un esempio è rappresentato dai cosiddetti “fondi umanitari”, nei quali l’aspetto etico non risiede nei criteri di scelta degli investimenti ma nella devoluzione delle commissioni di gestione o della remunerazione a iniziative benefiche; o socially responsible investings

(SRI) che sono rappresentati da quegli strumenti di finanza tradizionale che

utilizzano regole etiche (criteri negativi, o di esclusione, e positivi, o di inclusione) nella scelta dei titoli. In questo caso si parla di fondi di investimento che selezionano gli investimenti attraverso l’utilizzo di criteri etici.

La tipologia di strumenti del risparmio socially responsibel39 è la categoria di strumenti di investimento che meglio si adatta alle esigenze del risparmiatore/investitore responsabile (cioè interessato in quale tipo di attività/impresa vengono investiti i propri risparmi) e quindi considereremo solo detta categoria.

Gli strumenti socially responible utilizzano, nella selezione degli investimenti, un’organizzazione di risorse e figure complessa. Il risparmiatore/investitore propone i valori e i principi di riferimento alla base dello strumento.

L’advisor etico, razionalizzando i principi in regole di applicazione, elabora dei criteri per la valutazione degli investimenti effettuati dal gestore. Il gestore del prodotto da un lato riceve i flussi monetari dal risparmiatore/investitore, dall’altro rispetta i valori dell’investitore attraverso un investimento conforme alle indicazioni dell’advisor.

Molti prodotti finanziari socially responsible prevedono l’intervento sul processo di un organo di controllo che ha il compito da un lato di vigilare sull’operato del gestore e

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Donaldson T., Dunfee T.W. (1999), Ties that Bind; A social contracts Approach to Business Ethics, Harvard Business School Press.

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dall’altro di valutare la corrispondenza ai principi delle regole di applicazione elaborate dall’advisor.

Osservando questa struttura e i soggetti coinvolti nel processo emerge che il prodotto

socially responsible è uno dei primi esempi di segmentazione della domanda nel settore

finanziario. I principi dell’investitore costituiscono, infatti, il mercato di riferimento per la costruzione e lo sviluppo del prodotto.

Il risparmiatore apprende i criteri etici di investimento del prodotto dal prospetto informativo40, un documento obbligatorio nel quale sono indicate approfonditamente le caratteristiche salienti dello strumento, e sceglie il fondo che meglio rispecchia i propri principi.

Tali strumenti sono profondamente diversi dai fondi umanitari, poiché questi ultimi rappresentano solamente una forma di beneficenza indiretta e non considerano in alcun modo il livello di eticità degli investimenti realizzati dal fondo. Sarebbe però riduttivo parlare solamente dei fondi etici, poiché, come detto, il SRI non riguarda solo i fondi di investimento ma tutti i prodotti del risparmio gestito. Inoltre, gli strumenti finanziari utilizzati differiscono in base al paese in cui viene effettuato l’investimento e al profilo di rischio/rendimento dell’investitore. Per un quadro più completo si deve quindi fare riferimento ai seguenti strumenti finanziari:

• Fondi di investimento; • SICAV;

• Gestioni patrimoniali mobiliari • Gestioni patrimoniali in fondi; • Fondi di fondi;

• Assicurazioni (in particolare, prodotti innovativi quali polizze unit e index

linked);

• ETF (exchange traded funds).

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Timms S. (2004), “Imprese con occhio alla comunità” supplemento a Espansione, n.1, pp. 18-21.

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2.4 LA FINANZA ETICA IN ITALIA41

Il primo strumento finanziario con caratteristiche etiche quotato in Italia è stato il fondo di investimento aperto Gestnord Azioni Ambiente, lanciato nel 1994. Il fondo investe in titoli azionari quotati nei principali mercati mondiali specializzati nel settore dell’ambiente, dell’energia pulita, del controllo dell’inquinamento dell’aria e della purificazione delle acque. Le caratteristiche di eticità del fondo in oggetto sono da ricercare nella selezione delle aziende che fanno parte del fondo, che non si avvale esclusivamente di criteri finanziari ma anche di criteri ambientali.

Successivamente, nel 1997, viene lanciato un nuovo gruppo di fondi etici, il sistema etico San Paolo, costituito da tre fondi: uno azionario globale e due obbligazionari. A differenza del fondo Gestnord Azioni Ambiente, nel Sistema Etico San Paolo gli aspetti sociali ed ambientali rivestono un ruolo di primo piano e condizionano tutte le scelte di investimento del gestore. In questo particolare caso, infatti, troviamo per la prima volta in Italia le figure del Comitato etico e dell’advisor etico42, tipiche dei fondi più evoluti, almeno per quel periodo. Attraverso l’ausilio del Comitato etico, infatti, sono stabilite delle regole di investimento che si rifanno ad aspetti sociali ed ambientali che vietano alcuni investimenti e ne premiano altri. Tali regole sono utilizzate per selezionare i titoli attraverso l’attività di screening etico svolto da un advisor. I titoli selezionati vengono comunicati periodicamente al gestore, che effettua le scelte di investimento.

Negli anni seguenti il tasso di crescita dei prodotti etici non è stato elevato. Da segnalare, nel 2000, la costituzione del primo prodotto destinato agli investitori istituzionali: il fondo GEO European Ethical, promosso dalla fondazione Cariplo, che risulta anche essere il primo a utilizzare un benchmark etico (l’Ethical Index Euro®). Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una crescita più sostenuta: il numero dei prodotti è passato dai 14 del 2001 ai 47 del 2004. La crescita non ha riguardato esclusivamente i fondi etici per investitori retail ma anche altri tipi di prodotti: nel 2002 ha preso il via la gestione di Previambiente (il primo fondo pensione negoziale etico), mentre, sempre nel 2002, è stato collocato da Skandia il primo prodotto assicurativo etico e nel 2003 è nato il primo ETF etico (il secondo al mondo), B1 Ethical Index Euro.

41

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (2003), Progetto CSR-SC. Il contributo italiano alla

campagna di diffusione della CSR in Europa, Roma.

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In Italia, il patrimonio gestito da prodotti finanziari etici ammonta a circa 3,8 miliardi di euro, con un tasso di crescita rispetto al 2002 del 125 per cento.

Anche se le risorse gestite sono ancora limitate (circa lo 0,71 per cento del risparmio gestito totale in Italia nel 2004), il trend crescente conferma come le scelte etiche stiano entrando gradualmente nelle selezioni di investimento dei risparmiatori e dei grandi investitori, infatti, il rapporto di penetrazione dei prodotti finanziari etici (inteso come rapporto percentuale tra prodotti etici e prodotti tradizionali) è crescente e riguarda tutti i tipi di investimenti, in particolare quelli assicurativi e retail.

Le risorse gestite sono suddivise tra prodotti retail (56 per cento), prodotti assicurativi (39 per cento) e prodotti istituzionali (5 per cento). Come si può notare, gli investitori istituzionali rivestono ancora un ruolo secondario nell’adozione di politiche etiche nella gestione del patrimonio, mentre la parte più significativa è rappresentata dai prodotti

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2.4.1 ALTRI STRUMENTI DI FINANZA ETICA IN ITALIA

Molte banche italiane hanno creato dei conti correnti etici, che prevedono il versamento di parte degli interessi maturati a favore di iniziative benefiche o enti e imprese non profit.

Alla fine di novembre 2000, il Banco Ambrosiano Veneto ha lanciato i primi titoli

obbligazionari etici italiani. Questo prestito obbligazionario incorpora un impegnativo

progetto di solidarietà legato alla fondazione OIC (Opera dell’Immacolata Concezione) di Padova. Il progetto prevede che i proventi della sottoscrizione siano investiti in strutture residenziali per anziani. La struttura dello strumento finanziario prevede che lo stesso tasso del prestito obbligazionario sia applicato al mutuo, per analogo importo e durata, che il Banco Ambrosiano Veneto concederà alla Fondazione. Il Banco si accollerà tutti gli oneri amministrativi, le spese di gestione e l’organizzazione della raccolta. La fondazione OIC, che attualmente gestisce in diverse località del Veneto circa 4400 posti letto con 1100 addetti, ha stabilito di attuare come primo progetto la ristrutturazione e l’ampliamento di un centro di accoglienza per la terza età a Tiene, in provincia di Vicenza.

Altra esperienza interessante è stata introdotta dal gruppo Unicredito, che ha lanciato il primo progetto di finanza innovativa per sostenere le imprese che intraprendono il cammino della certificazione ambientale. Unicredito, attraverso la banca Credito Italiano ed, eventualmente, altre banche del gruppo, emette un prestito obbligazionario (denominato Green Bond) patrocinato dal Ministero dell’Ambiente e finalizzato alla costituzione di un plafond finanziario dedicato all’erogazione di finanziamenti agevolati alle piccole e medie imprese per sostenere le spese connesse con la qualificazione ambientale.

Il prestito obbligazionario Green Bond è una delle prime iniziative finanziarie che, attraverso una collaborazione tra mondo industriale e bancario, si pone l’obiettivo di incentivare e diffondere la certificazione ambientale tra le piccole e medie imprese. Tra le esperienze italiane è sicuramente da ricordare il progetto di Banca Popolare Etica, che affianca all’analisi economico-finanziaria tradizionale una valutazione etica degli investimenti.

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Banca Popolare Etica è una banca popolare costituita in forma di società cooperativa a responsabilità limitata che opera a livello nazionale nel rispetto dei principi della cooperazione e della solidarietà. È stata autorizzata dalla Banca d’Italia nel dicembre del 1998 è ha come oggetto sociale la raccolta del risparmio e l’esercizio del credito. La particolarità della banca si riscontra nelle modalità della raccolta e degli impieghi dei fondi. All’atto della raccolta il cliente potrà scegliere gli impieghi tra cooperazione sociale e volontariato organizzato, associazioni ambientaliste e agricoltura biologica, cooperazione allo sviluppo del terzo mondo, commercio equo e solidale, iniziative culturali, oppure non indicare nessuna preferenza. La raccolta del risparmio avviene attraverso gli strumenti tradizionali: certificati di deposito, obbligazioni, libretti di risparmio, conti correnti. Per quanto riguarda gli impieghi, Banca Popolare Etica privilegia l’erogazione del credito a favore di organizzazioni non profit sottoposte preventivamente a un giudizio di merito sia economico sia sociale (istruttoria economica e sociale). L’istruttoria sociale avviene sulla base di un questionario che il richiedente il finanziamento deve compilare autocertificandone la veridicità. Tuttavia, la banca si riserva il potere di chiedere ulteriori chiarimenti o informazioni a supporto dei risultati del questionario.

2.5 LA PERFORMANCE DELLA FINANZA ETICA

Risulta ancora un concetto dibattuto se convenga o meno investire nella finanza etica, è indubbio però che sia i risparmiatori sia gli investitori etici sono attenti al livello di rendimento offerto nel tempo. Da una prima osservazione, l’investimento etico è più costoso di un investimento tradizionale. I motivi di questo costo aggiuntivo sono da ricercarsi principalmente nella selezione etica, che diminuisce le possibilità di diversificazione del portafoglio, aumentandone il rischio e impegnando risorse e tempo aggiuntivi.

Dal punto di vista teorico, i modelli rischio-rendimento più seguiti dai gestori di fondi non contemplano la casistica dei fondi etici. Da questo è nata un’interessante problematica relativa all’asset allocation43 dei fondi etici e all’entità del rendimento ottenibile. Il dato insolito è che, nonostante i vincoli operativi dei gestori etici, le performance ottenute risultano perfettamente in linea con quelle degli altri fondi, anzi, dimostrando spesso sistematici andamenti superiori.

43

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In alcuni sistemi economici avanzati sono stati selezionati dei panieri di imprese etiche allo scopo di monitorare la performance e costituire il benchmark di riferimento per i gestori di strumenti finanziari etici. I più importanti indici etici sono: il Domini Social

Index 400, il Dow Jones Sustainability Group Index, l’Ethical Index Euro® e l’Ethical Index Global®.

2.6 IL RATING ETICO: LA VALUTAZIONE ETICA DELLE IMPRESE

Uno dei maggiori ostacoli all’affermarsi dell’investimento etico e della finanza etica è la difficoltà di separare in maniera corretta investimenti etici da investimenti non meritevoli di finanziamento, imprese nelle quali si ritiene giusto investire perché contribuiscono allo sviluppo sostenibile da imprese che si desidera escludere. Sebbene, infatti, alcune considerazioni siano comuni alla maggior parte degli investitori etici, non esistono regole generali di selezione degli investimenti, e gli investitori devono essere messi in grado di prendere una decisione ragionata.

In altre parole, i principi morali personali sono importanti, ma devono essere supportati da punti di riferimento sempre più certi e, per quanto possibile, oggettivi. Nella maggior parte dei casi una tale difficoltà deriva da una mancanza di informazioni adeguatamente motivate e puntuali sui temi oggetto di analisi. I motivi sono riconducibili alla difficoltà di trovare indicatori comprensibili e significativi. Se ci si addentra nel concetto di sostenibilità e, con ancora più difficoltà in quello di etica, diverso è il ruolo assunto dal “quantitativo” e dal “qualitativo”.

La sostenibilità ambientale è quantificabile e descrivibile con una serie di dati (emissioni dannose, consumi energetici, quantità di energia proveniente da fonti rinnovabili ecc.). Si potrebbe quindi pensare che, nonostante ciò richieda uno sforzo molto elevato di calcolo, in linea teorica, la sostenibilità ambientale può essere misurata. Per quanto riguarda l’ambiente, quindi, si ottiene il supporto di indicatori validi e credibili perché supportati da numeri.

La sostenibilità sociale, invece, sfugge a qualsiasi sistema di quantificazione, in quanto essa si basa sul concetto qualitativo di benessere. Si tende a far coincidere con il concetto di benessere sociale alcuni indicatori del livello di vita della popolazione: salute, alimentazione, istruzione, condizioni di lavoro, occupazione, consumo/risparmio, trasporti, habitat, abbigliamento, tempo libero, previdenza sociale, diritti umani. È tuttavia difficile trovare delle misure eque di questi indicatori, tanto più che in alcuni

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contesti sociali non si riesce neppure ad ottenere una misurazione, e stabilire un rapporto causale oggettivo.

Nasce quindi una nuova esigenza informativa, che può essere risolta con l’adozione di una varietà di soluzioni:

• Incremento delle regole di trasparenza del mercato;

• Obbligatorietà della divulgazione di determinate informazioni (per esempio, rendendo obbligatoria per le società quotate la redazione del bilancio sociale e/o ambientale);

• Introduzione di commissioni e di autorità di vigilanza e controllo soprattutto se si parla di mercati organizzati come quello di borsa;

• Possibilità di certificazione delle attività; • Attività di valutazione e consulenza esterne.

Si possono individuare vari approcci alla valutazione etica delle imprese tra i quali, quello più importante è l’approccio del rating etico. L’approccio del rating etico è il più completo perché alla considerazione di più imprese unisce la considerazione di più parametri abilitando il soggetto interessato a compiere scelte alternative tra investimenti, ragionate e confrontabili. Tuttavia, l’esigenza mancano i parametri sulla base dei quali un’impresa può essere giudicata etica, o più semplicemente socialmente responsabile e mancano i canali informativi dai quali è possibile reperire gli elementi di valutazione.

La definizione di criteri che conducono ad una classificazione etica e quindi all’assegnazione di una votazione sulla qualità ambientale e sociale delle politiche aziendali è una metodologia ancora in fase sperimentale nella maggior parte dei mercati. Tale metodologia di classificazione può essere definita rating etico perché mutua dalle metodologie di rating tradizionali i principi operativi ispiratori e i presupposti della forma di valutazione, ma è ispirata ai principi di responsabilità sociale e ambientale rintracciabili nel concetto di sviluppo sostenibile.

Il rating è una metodologia di classificazione delle imprese sulla base di criteri economico-finanziari e strategico-gestionali volta a valutare l’entità del rischio (o del merito) di credito, uno degli elementi fondamentali all’interno di una decisione di

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investimento. La funzione principale del rating è quella di costituire uno strumento informativo sintetico e un efficiente mezzo segnaletico che comunica al mercato i risultati di un’accurata indagine svolta da analisti indipendenti dall’azienda valutata. L’asimmetria informativa è infatti una delle principali cause di inefficienza del mercato, e i servizi di rating contribuiscono a completare la conoscenza dell’impresa e a distribuirla uniformemente tra gli operatori.

Un problema rilevante a livello aziendale riguarda il bilanciamento delle esigenze di segretezza interne con la necessità di soddisfare la richiesta esterna di informazioni. Tale richiesta proviene principalmente dagli investitori e dagli altri stakeholders dell’impresa, compresi quelli che competono con l’impresa per la soddisfazione di uno stesso bisogno/mercato (concorrenti attuali e potenziali). La completezza dell’informativa aziendale influenza l’immagine dell’impresa sul mercato e il grado di legittimazione da parte degli stakeholders, tuttavia, un grado di dettaglio troppo marcato dell’informazione può esporre l’impresa a una situazione di pericolo, perché la espone al rischio di vedere divulgate informazioni strategiche e operative rilevanti. L’attività di rating sopperisce a questa esigenza apparentemente inconciliabile instaurando una relazione di fiducia tra azienda valutata e agenzia di rating e condensando tutte le informazioni rilevanti in un giudizio sintetico al quale il mercato crede in virtù dell’immagine e del know-how maturato dall’azienda che effettua la valutazione.

In quest’ottica, l’informazione ha un valore economico (determinati soggetti possono agire meglio basando le proprie decisioni su date notizie) e può essere venduta, poiché esistono operatori disposti a comprarla.

Da un altro punto di vista, le agenzie di rating costituiscono un utile filtro, poiché permettono di mantenere una certa riservatezza su notizie che, se offerte direttamente al pubblico, potrebbero danneggiare l’impresa interessata.

Come affermato precedentemente, il rischio (o il merito) di credito è da sempre considerato un elemento fondamentale nelle decisioni di investimento. Inoltre, la bontà finanziaria e strategica di un’impresa sono concetti non immediatamente comprensibili all’investitore comune, che quindi è disposto a pagare qualcuno che indaghi al suo posto questi aspetti.

Alla luce dei recenti mutamenti del sistema economico e delle questioni divenute rilevanti per gli investitori e la società in generale, si sono presentate sul mercato nuove esigenze informative che rendono necessaria un’analisi approfondita del sistema industriale anche al di là della capacità di un’impresa di essere solvibile e di onorare i

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propri impegni finanziari. In particolare, alcuni operatori hanno cominciato a prestare attenzione a tutte le dimensioni della sostenibilità dello sviluppo e non più esclusivamente alla dimensione economica.

Come osservato precedentemente, il concetto di sostenibilità implica valutazioni anche sull’impatto delle attività dell’impresa sulla società e sull’ambiente.

Già in questa fase appare evidente come una valutazione etica, che indaga aspetti legati all’impatto sociale e ambientale delle attività economiche, sia strettamente complementare a una valutazione tradizionale e non possa costituire per intero il parametro di riferimento dell’investitore. Il rating etico, arrivando a coniugarsi adeguatamente con una valutazione finanziaria, permette di fornire un quadro più trasparente dell’impresa. È lo stesso principio per il quale alcune imprese hanno cominciato a redigere, accanto ad un bilancio economico, prima un bilancio ambientale e poi un bilancio sociale, e stanno tentando di ricondurre ad una logica di redazione unitaria i tre documenti. Nel caso del rating, però, tutto il processo è svolto esternamente all’impresa e acquisisce il significato dell’imparzialità, che deriva da una fonte valutativa indipendente.

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