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Indice generale 1. PREMESSA.....................................................................................................................................2 2. RIFERIMENTI NORMATIVI.....................................................................

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Indice generale

1. PREMESSA...2

2. RIFERIMENTI NORMATIVI...5

2.1 Generalità...5

2.2 Riferimenti Normativi Verifica di Assoggettabilità a V.I.A...5

3. QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO...6

3.1 Piano di Assetto Idrogeologico...6

3.3 Piano Regolatore Generale...17

3.4 Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR)...17

3.5 Vincoli Paesaggistici ed Ambientale - D.Lgs. 42/04...21

3.6 Vincolo Idrogeologico...22

3.7 Rete Natura 2000...23

4. QUADRO PROGETTUALE...25

4.1 Inquadramento Territoriale...25

4.2 Interventi Previsti in Progetto...25

4.2.1 Volumi di Movimento Terra e Modalità di Esecuzione degli Sbancamenti...27

4.3 Sintesi del quadro di riferimento programmatico...28

5. QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE...28

5.1. Premessa...28

5.2 Flora, Fauna e Biodiversità...30

5.3 Ambiente Urbano e Beni Materiali, Patrimonio Culturale, Architettonico, Archeologico e Paesaggistico...30

5.4 Suolo, Sottosuolo e Acqua...30

5.4.1. Caratterizzazione Geologica del Sito...30

5.4.2 Stabilità dell’Area...32

5.5 ARIA, ACQUA, RUMORE E SALUTE UMANA...34

5.5.1. Rumore e Vibrazioni...34

5.5.2. Aria...35

6. CONCLUSIONI...35

Mobilia Massimiliano 25.11.2021 08:35:41 GMT+00:00

(2)

1. PREMESSA

Il presente elaborato costituisce lo Studio Preliminare Ambientale a corredo del “Progetto di Manutenzione Straordinaria di una strada denominata Via Arangia di collegamento tra Tripi, la S.S. 113 e Furnari”.

In merito all'inserimento dell’intervento all’interno del quadro normativo vigente, si riporta il punto 7 dell’allegato IV alla Parte Seconda del Decreto Legislativo 152/2006, che individua i progetti di infrastrutture da sottoporre alla verifica di assoggettabilità di competenza regionale:

a) progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari;

b) progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all'interno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari; costruzione di centri commerciali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 "Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59"; parcheggi di uso pubblico con capacità superiori a 500 posti auto;

c) piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una superficie superiore a 5 ettari nonché impianti meccanici di risalita, escluse le sciovie e le monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri, con portata oraria massima superiore a 1800 persone;

d) derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni superiori a 50 litri al secondo, nonché le trivellazioni finalizzate alla ricerca per derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo;

e), f), g) (lettere soppresse dal d.lgs. n. 104 del 2017)

h) strade extraurbane secondarie non comprese nell’ A llegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell’ A llegato III; (lettera cos ì sostituita dall'art. 22 del d.lgs. n. 104 del 2017)

i) linee ferroviarie a carattere regionale o locale;

l) sistemi di trasporto a guida vincolata (tramvie e metropolitane), funicolari o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di

passeggeri;

m) (lettera soppressa dal d.lgs. n. 104 del 2017)

n) opere costiere destinate a combattere l'erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare;

o) opere di regolazione del corso dei fiumi e dei torrenti, canalizzazione e interventi di bonifica ed altri simili destinati ad incidere sul regime delle acque, compresi quelli di estrazione di materiali litoidi dal demanio fluviale e lacuale;

p), q) (lettere soppresse dal d.lgs. n. 104 del 2017)

r) impianti di smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento, con capacit à complessiva superiore a 10 t/giorno (operazioni di cui all'allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno (operazioni di cui all'allegato B, lettere D13 e D14 del decreto legislativo 152/2006);

s) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento (operazioni di cui all'allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

t) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare con capacità massima superiore a 30.000 m3 oppure con capacità superiore a 40 t/giorno (operazioni di cui all'allegato B, lettera D15 della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

u) discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva inferiore ai 100.000 m3 (operazioni di cui all'allegato B, lettere D1 e D5, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

v) impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 10.000 abitanti equivalenti;

z) (lettera soppressa dal d.lgs. n. 104 del 2017)

z.a) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15,

(3)

ed all'allegato C, lettere da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

z.b) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all'allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

In merito alla tipologia di intervento si rimanda al punto 8 – Altri progetti del medesimo allegato, che individua :

a) villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari, centri residenziali turistici ed esercizi alberghieri con oltre 300 posti-letto o volume edificato superiore a 25.000 m3 o che occupano una superficie superiore ai 20 ettari, esclusi quelli ricadenti all'interno di centri abitati;

b) piste permanenti per corse e prove di automobili, motociclette ed altri veicoli a motore;

c) centri di raccolta, stoccaggio e rottamazione di rottami di ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore a 1 ettaro;

d) banchi di prova per motori, turbine, reattori quanto l'area impegnata supera i 500 m2;

e) fabbricazione di fibre minerali artificiali che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;

f) fabbricazione, condizionamento, carico o messa in cartucce di esplosivi con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate;

g) stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacità complessiva superiore a 1.000 m3;

h) recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 10 ettari;

i) cave e e torbiere;

l) trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore a 10.000 t/anno di materie prime lavorate;

m) produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 10.000 t/anno in materie prime lavorate;

n) depositi di fanghi diversi da quelli disciplinati dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con capacità superiore a 10.00 metri cubi;

o) impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive;

p) stabilimenti di squartamento con capacità di produzione superiore a 50 tonnellate al giorno;

q) terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente con capacità superiore a 300 posti roulotte caravan o di superficie superiore a 5 ettari;

r) parchi tematici di superficie superiore a 5 ettari;

s) progetti di cui all'allegato III, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono utilizzati per

più di due anni.

t) modifiche o estensioni di progetti di cui all' allegato III o all' allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull'ambiente (modifica o estensione non inclusa nell' allegato III ).

L’intervento, a parere della scrivente, potrebbe essere classificato come modifica a progetti (punto 8 lettera t) di strade extraurbane secondarie (non di interesse nazionale), di cui al punto 7 h) dell’allegato IV alla Parte II del Dlgs 152/2006, che di per sé dovrebbe essere sottoposto a verifica di assoggettabilità a VIA ai sensi dell’art. 6 comma 6 lettera d) e secondo le modalità previste dall’art. 19.

ALLEGATO V - Criteri per la Verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 19 (allegato così sostituito dall'art. 22 del d.lgs. n. 104 del 2017)

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1. Caratteristiche dei progetti

Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:

a) delle dimensioni e della concezione dell’insieme del progetto;

b) del cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati;

c) dell’utilizzazione di risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità;

d) della produzione di rifiuti;

e) dell’inquinamento e disturbi ambientali;

f) dei rischi di gravi incidenti e/o calamità attinenti al progetto in questione, inclusi quelli dovuti al cambiamento climatico, in base alle conoscenze scientifiche;

g) dei rischi per la salute umana quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelli dovuti alla contaminazione dell’acqua o all’inquinamento atmosferico.

2. Localizzazione dei progetti.

Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell’impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:

a) dell’utilizzazione del territorio esistente e approvato;

b) della ricchezza relativa, della disponibilità, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona (comprendenti suolo, territorio, acqua e biodiversità) e del relativo sottosuolo;

c) della capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:

c1) zone umide, zone riparie, foci dei fiumi;

c2) zone costiere e ambiente marino;

c3) zone montuose e forestali;

c4) riserve e parchi naturali;

c5) zone classificate o protette dalla normativa nazionale; i siti della rete Natura 2000;

c6) zone in cui si è già verificato, o nelle quali si ritiene che si possa verificare, il mancato rispetto degli standard di qualità ambientale pertinenti al progetto stabiliti dalla legislazione dell’Unione;

c7) zone a forte densità demografica;

c8) zone di importanza paesaggistica, storica, culturale o archeologica;

c9) territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n.

228.

3. Tipologia e caratteristiche dell’impatto potenziale.

I potenziali impatti ambientali dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 del presente allegato con riferimento ai fattori di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto, e tenendo conto, in particolare:

a) dell’entità ed estensione dell’impatto quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, area geografica e densità della popolazione potenzialmente interessata;

b) della natura dell’impatto;

c) della natura transfrontaliera dell’impatto;

d) dell’intensità e della complessità dell’impatto;

e) della probabilità dell’impatto;

f) della prevista insorgenza, durata, frequenza e reversibilità dell’impatto;

g) del cumulo tra l’impatto del progetto in questione e l’impatto di altri progetti esistenti e/o approvati;

h) della possibilità di ridurre l’impatto in modo efficace.

Per definire quindi il presente progetto, si è operato come segue:

1. È stato eseguito un dettagliato rilievo topografico plano-altimetrico;

2. È stata eseguita un’indagine geologica estesa a tutta l’area in esame per definire con la maggiore attendibilità possibile, sulla base dei dati raccolti in campagna, la stratigrafia, le condizioni strutturali, giaciturali, l’idrografia e l’idrogeologia dell’area in esame;

3. È stato condotto uno studio agricolo-biologico al fine di rappresentare lo stato dei luoghi e definire i possibili impatti sulle diverse componenti ambientali.

Il presente elaborato è stato quindi redatto ai sensi dell’”Allegato IV-Bis – Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale di cui all’articolo 19” del D.Lgs. 152/2006 così come introdotto dal dall’art.

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22 del D.Lgs. 104/2017:

1. <<Descrizione del progetto, comprese in particolare:

a) a. la descrizione delle caratteristiche fisiche dell'insieme del progetto e, ove pertinente, dei lavori di demolizione;

b) la descrizione della localizzazione del progetto, in particolare per quanto riguarda la sensibilità ambientale delle aree geografiche che potrebbero essere interessate.

2. La descrizione delle componenti dell'ambiente sulle quali il progetto potrebbe avere un impatto rilevante.

3. La descrizione di tutti i probabili effetti rilevanti del progetto sull'ambiente, nella misura in cui le informazioni su tali effetti siano disponibili, risultanti da:

a) i residui e le emissioni previste e la produzione di rifiuti, ove pertinente;

b) l'uso delle risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità

4. Nella predisposizione delle informazioni e dei dati di cui ai punti da 1 a 3 si tiene conto, se del caso, dei criteri contenuti nell'allegato V.

5. Lo Studio Preliminare Ambientale tiene conto, se del caso, dei risultati disponibili di altre pertinenti valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in base alle normative europee, nazionali e regionali e puo' contenere una descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure previste per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi.>>.

2. RIFERIMENTI NORMATIVI

2.1 Generalità

La normativa vigente in materia di Valutazione Impatto Ambientale è il D.Lgs 152/06 e ss.mm.ii.

con particolare riferimento al D.Lgs 104/17 ed il presente Studio Preliminare Ambientale è stato elaborato conformemente a tale normativa parallelamente al progetto tecnico dell’opera, in quanto ha fornito gli elementi essenziali di riferimento per la progettazione.

Nel caso in oggetto il progetto è ricompreso tra quelli che necessitano attivare la procedura di Assoggettabilità a VIA ai sensi dell’art. 19 come modificato dall’art. 8 del D.Lgs 104/2017.

2.2 Riferimenti Normativi Verifica di Assoggettabilità a V.I.A.

La verifica di assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale (c.d. “screening”) è la procedura finalizzata a valutare se un progetto può determinare impatti negativi significativi sull’ambiente e se, pertanto, debba essere sottoposto alla Valutazione di Impatto Ambientale.

La Direttiva 2011/92/UE (Direttiva VIA) prevede un preciso obbligo per gli stati membri di

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assoggettare a VIA non solo i progetti elencati nell’Allegato I della Direttiva, ma anche i progetti elencati nell’Allegato II della Direttiva di VIA, qualora, all’esito della procedura di verifica, l’autorità competente determini che tali progetti possono causare effetti negativi significativi sull’ambiente.

Tale verifica deve essere effettuata tenendo conto dei pertinenti criteri di selezione riportati nell’Allegato III della Direttiva di VIA e trasposti integralmente nell’Allegato V alla Parte II del D.Lgs.

152/2006.

La parte II del D.Lgs: 152/2006, attraverso il combinato disposto degli articoli 5, 6, 19 e 20, disciplina l’ambito di applicazione e le modalità di svolgimento della procedura di verifica di assoggettabilità alla VIA.

In particolare, all’art. 5, c. 1, lett. m), è stabilita la definizione di assoggettabilità, ovvero la procedura “attivata allo scopo di valutare, ove previsto, se i progetti possono avere un impatto significativo e negativo sull’ambiente”: tale disposizione definisce compiutamente la finalità della procedura.

L’ambito di applicazione e le relative competenze per la procedura di verifica di assoggettabilità sono stabilite negli articoli 6, comma 7, 19, comma 1, e 20: per i progetti elencati nell’Allegato IV alla Parte II del D.Lgs. 152/2006, la verifica di assoggettabilità è attribuita alla competenza delle Regioni e delle Province autonome.

3. QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO

Nella presente sezione vengono illustrati i principali strumenti di pianificazione vigenti nell’area di collocazione del progetto in esame. Lo studio è basato sull’esame della documentazione reperibile a carattere nazionale, regionale e locale.

Nello specifico sono stati analizzati i documenti inerenti:

• Pianificazione e programmazione territoriale:

◦ Piano di Assetto Idrogeologico (PAI);

◦ Piano Regolatore Generale del Comune di Tripi (PRG);

◦ Piano Regolatore Generale del Comune di Furnari;

◦ Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) Sicilia.

• Regime vincolistico:

◦ Regime vincolistico sovraordinato insistente sull’area di progetto, con riferimento a quanto stabilito dal D. Lgs. 42/04 e s.m.i.;

◦ Vincolo idrogeologico R.D. n. 3267 30/12/1923;

◦ Rete Natura 2000.

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3.1 Piano di Assetto Idrogeologico

Con la L. 183/89 viene avviato un profondo processo di riorganizzazione delle competenze in materia di gestione e tutela del territorio, con la ripartizione dei compiti e dei poteri tra Stato, Autorità di Bacino, Regioni e Comuni. Tale processo viene proseguito con il D.Lgs 152/06 e s.m.i.

Il carattere di riforma di tale legge è riconoscibile in diversi aspetti: tra le novità più incisive vi è sicuramente la scelta dell’ambito territoriale di riferimento per lo svolgimento delle attività di pianificazione e programmazione in materia di difesa del suolo.

Tale scelta, peraltro indicata negli atti della Commissione De Marchi, ricade su un’unità fisiografica, il bacino idrografico, che costituisce la sede dei fenomeni geomorfodinamici che determinano il dissesto.

Un altro aspetto della legge è quello relativo al termine “suolo”, a cui viene attribuito un significato molto più ampio di quello inteso dalle discipline scientifiche di settore, individuandolo come “il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali”.

Ne consegue che per difesa del suolo si deve intendere l’insieme delle attività conoscitive, di programmazione, di pianificazione e di attuazione.

Esse hanno lo scopo di assicurare il risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico, la tutela degli aspetti ambientali connessi, la regolazione dei territori oggetto di interventi al fine della salvaguardia ambientale, inquadrando il complesso sistema degli interventi entro un modello più generale di pianificazione e programmazione del territorio del bacino.

Gli obiettivi principali della legge quadro vengono raggiunti con diversi strumenti di piano che convergeranno nello strumento più importante, rappresentato dal piano di bacino idrografico, la cui caratteristica è quella di prevalere su ogni piano o programma di settore con contenuti di tutela dell’ambiente.

Le finalità e i contenuti del Piano di Bacino sono illustrati nell’art. 17 della Legge 183: “esso ha valore di piano territoriale di settore ed è uno strumento mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo”.

In particolare il Piano deve contenere:

• il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonché dei vincoli relativi al bacino;

• la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto o potenziali, di degrado del sistema fisico, nonché delle relative cause;

• le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l’utilizzazione delle acque e dei suoli;

l’indicazione delle opere necessarie distinte in funzione dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto, del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale, nonché del tempo necessario per assicurare

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l’efficacia degli interventi;

• la programmazione e l’utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;

• la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulicoagrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d’uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell’ambiente;

• la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell’impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;

• la normativa e gli interventi rivolti a regolare l’estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell’equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;

l’indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell’ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;

• le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto.

La redazione dei piani di bacino si articola in tre fasi, non necessariamente consequenziali:

1. Definizione del sistema delle conoscenze;

2. Individuazione degli squilibri;

3. Azioni propositive.

La prima fase ha lo scopo di raccogliere e riordinare le conoscenze esistenti sul bacino, al fine di renderle disponibili agli Enti ed alle popolazioni interessate. Tutte le informazioni devono essere riportate in opportune raccolte tematiche, rappresentate su adeguata cartografia ed informatizzate, associandovi una schedatura gestibile per l’elaborazione matematica e statistica dei dati archiviati in forma numerica.

La seconda fase pone l’attenzione sulla individuazione di tutte quelle situazioni, manifeste o prevedibili, nelle quali lo stato attuale del territorio presenta condizioni di rischio e/o di degrado ambientale negative per la vita e lo sviluppo delle popolazioni interessate.

Le azioni propositive, infine, definiscono obiettivi, elaborati di piano, proposte di intervento e priorità per la formazione, in definitiva, di un catalogo nazionale di proposte di intervento sui bacini italiani.

È tuttavia il D.L. 180/98 che, per la prima volta, indirizza l’attività verso la redazione di uno specifico stralcio di piano finalizzato proprio all’assetto idrogeologico.

Il decreto legge n. 132/99 dispone che entro il 31 ottobre 1999, le autorità di bacino e le regioni approvino, in deroga alle procedure della legge 183/89, ove non si sia già proceduto, i piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più alto rischio.

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Il Piano straordinario deve contenere l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico “molto elevato” per garantire l’incolumità delle persone e la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale.

Per dette aree devono essere adottate le misure di salvaguardia che, in assenza di piani stralcio, rimangono in vigore sino all’approvazione di detti piani. Essi potranno essere modificati in relazione alla realizzazione degli interventi finalizzati alla messa in sicurezza delle aree interessate.

La redazione dei piani straordinari rappresenta, sostanzialmente, un risultato di valore parziale, ma conseguibile entro i tempi ristretti stabiliti dalla legge 226/99 e sulla base di un processo conoscitivo e una collaborazione tra Regioni, Enti locali, Università ed Istituti di ricerca finalizzata alla selezione di dati storici e conoscitivi del territorio e dell’ambiente.

Con Decreto 4 luglio 2000, n.298, l’Assessore Regionale del Territorio e Ambiente ha adottato il Piano Straordinario di Bacino per l’Assetto Idrogeologico, ai sensi del comma 1 bis del Decreto Legge n.180/98.

Nel Piano sono state individuate le aree a rischio “elevato” o “molto elevato” per frana e per inondazione su cartografia in scala 1:50.000.

In tali aree sono state adottate le misure di salvaguardia transitorie comportanti limitazioni d’uso al fine di mitigare le condizioni di rischio.

L’art. 6 del D.A. 298/00 prevedeva la possibilità di perfezionare la perimetrazione delle aree a rischio, così come individuate nel Piano Straordinario, in relazione a successivi studi, ricerche e/o segnalazioni.

Nel caso in cui i Comuni avessero riscontrato situazioni di dissesto locale differenti da quelle rappresentate nel Piano, avrebbero dovuto darne comunicazione all’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente, chiedendo contestualmente una revisione dello stesso Piano per il proprio territorio comunale.

Le numerose richieste di revisione pervenute, integrate da studi e lavori di carattere geologico e idraulico, nonché l’Ordine del giorno dell’Assemblea Regionale votato il 4 agosto del 2000, hanno fatto ritenere necessario procedere all’aggiornamento del Piano così come peraltro deliberato dalla Giunta Regionale il 14 settembre 2000.

Con Decreto 20 ottobre 2000, n. 552, l’Assessore Regionale del Territorio e Ambiente istituisce, infatti, l’Ufficio per l’Assetto Idrogeologico per l’espletamento dei compiti di aggiornamento del Piano Straordinario e per l’elaborazione del Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico.

Nel procedere all’aggiornamento del Piano si è definita una metodologia (Linee Guida dell’Assessorato Territorio e Ambiente allegate alla Circolare n.1/2003) per l’individuazione delle aree a rischio, basata in primo luogo sulle indicazioni dell’Atto di indirizzo e coordinamento, che fosse più agevole, affidabile ed efficace rispetto a quelle adoperate nell’elaborazione del Piano Straordinario.

In quella fase, infatti, il carattere emergenziale dell’attività a suo tempo intrapresa e le scadenze

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temporali fissate per il suo compimento determinarono, gioco forza, l’utilizzo di strumenti speditivi:

tra questi, la scelta di usare quale supporto la cartografia in scala 1:50.000 che, senza dubbio, andava rivista.

Con la fase dell’Aggiornamento sono stati definiti gli strumenti per l’individuazione delle aree a rischio, che fossero più affidabili ed efficaci senza rinunciare alla speditezza del loro utilizzo.

Il primo elemento concerne la scelta della cartografia di maggior dettaglio: è stata utilizzata, ove disponibile, la carta tecnica regionale in scala 1:10.000 e, quando necessario e ove questa fosse disponibile, cartografia di maggior dettaglio

.

Con l’Aggiornamento del Piano Straordinario sono stati pubblicati gli Atlanti contenenti le carte del dissesto e del rischio idrogeologico, in scala 1:10.000.

Al fine di continuare la collaborazione, già avviata nell’Aggiornamento del Piano Straordinario, con le Amministrazioni locali, l’Assessore per il Territorio e l’Ambiente ha emanato la “Circolare sulla redazione del Piano per l’Assetto Idrogeologico”.

Essa stabilisce i criteri necessari ad una utile corrispondenza di informazioni fra Enti locali ed Assessorato ai fini della realizzazione del Piano stralcio. I Comuni, i Consorzi A.S.I., le Province Regionali e gli Enti Parco sono stati invitati a segnalare i dissesti presenti nel territorio di propria competenza e gli studi in loro possesso relativi a situazioni di pericolosità geomorfologica ed idraulica.

Alla circolare sono state allegate le schede di censimento per la programmazione degli interventi in aree a rischio idraulico e geomorfologico.

Nella circolare si sottolinea l’importanza della collaborazione da parte degli Enti locali alla realizzazione del progetto di P.A.I., in quanto soltanto gli interventi previsti da questo strumento di pianificazione potranno essere ammessi ai benefici del Complemento di Programmazione del P.O.R. Sicilia 2000/2006.

Alla circolare vengono altresì allegate le Linee Guida per la valutazione del rischio idrogeologico.

La metodologia di valutazione del rischio si riferisce alla definizione riportata nell’Atto di indirizzo e coordinamento (D.P.C.M. ‘98).

Individuata la tipologia del dissesto e le sue caratteristiche geometriche e temporali, è possibile stabilire, utilizzando rappresentazioni matriciali, la magnitudo dell’evento e la sua pericolosità.

Combinando la pericolosità con la vulnerabilità degli elementi a rischio, si ottiene, infine, la valutazione del rischio secondo i 4 livelli, a gravosità crescente, stabiliti dal D.P.C.M.:

• moderato;

• medio;

• elevato;

• molto elevato.

L’obiettivo che ci si prefigge con il P.A.I. è, quindi, quello di predisporre una serie di azioni ed interventi finalizzati ad attenuare il dissesto, contenendo l’evoluzione naturale dei fenomeni entro

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margini tali da poter garantire lo sviluppo della società.

Si tratta dunque di trovare un equilibrio sostenibile tra l’ambiente e le esigenze di sviluppo socio- economico, considerando quella grande quantità di possibili variabili, scelte, valutazioni e difficili mediazioni che tengano conto del fatto che il raggiungimento delle condizioni di compatibilità con l’assetto idrogeologico assume una valenza differente in dipendenza dei beni o delle attività con cui tale assetto va ad interagire.

Il P.A.I. costituisce il punto di partenza per una pianificazione del territorio che sappia dare delle risposte alla crescente richiesta di protezione da parte delle popolazioni. Affinché, tuttavia, vi sia un governo del territorio realmente efficace, è indispensabile un’accettazione e una condivisione culturale da parte di quegli interlocutori che sono portati, invece, a considerare le azioni di salvaguardia soltanto come un’imposizione volta a limitare l’autonomia locale.

Il P.A.I. è uno strumento dinamico suscettibile, nel tempo, di aggiornamenti e modifiche: ciò permetterà di ridurre gli impatti delle attività antropiche sull’assetto del territorio in maniera progressiva, attraverso fasi susseguenti.

Il P.A.I. ha un fine prevalentemente applicativo e prevede l’acquisizione e l’elaborazione di una grandissima quantità di dati e di informazioni che, per la prima volta, vengono uniformate a scala regionale.

Le finalità applicative del P.A.I. hanno, inoltre, un duplice aspetto: se da un lato le aree idrogeologicamente pericolose sono sottoposte a norme specifiche per evitare il peggioramento delle condizioni di rischio, dall’altro si fornisce la trama necessaria sulla quale imbastire la programmazione delle modalità d’intervento più idonee alla messa in sicurezza di tali aree e la quantificazione del fabbisogno economico necessario per l’esecuzione degli interventi. Per raggiungere concretamente gli obiettivi di mitigazione del rischio idrogeologico oltre a quelli connessi di tutela del territorio e di difesa del suolo, è indispensabile che il P.A.I. sia considerato come soggetto di riferimento e promuova attività di coordinamento tra i vari livelli di governo nella gestione del territorio. Altro obiettivo del P.A.I. è quello di stimolare e rendere possibile una efficace interazione dei suoi contenuti e delle disposizioni specifiche con le scelte di ciascun piano territoriale, sia a livello provinciale, che comunale e/o specialistico. L’efficacia delle politiche di compatibilità idrogeologica sarà tanto più alta quanto più sarà possibile superare l’attuale fase metodologica, improntata sul censimento degli eventi di dissesto già avvenuti. Il passo successivo riguarderà infatti l’affinamento della metodologia verso l’uso di strumenti di lettura probabilistica delle dinamiche idrogeologiche attraverso la costruzione di modelli della trasformazione del territorio per individuare le suscettibilità e le criticità dell’assetto idrogeologico.

L’attività principale è stata la predisposizione di un censimento e la catalogazione dei dissesti inseriti in un sistema informativo, quanto più ampio possibile, con maggiori approfondimenti, soprattutto per quanto riguarda il rischio geomorfologico, in corrispondenza dei centri abitati e del sistema viario principale. L’analisi della pericolosità idraulica dei corsi d’acqua è stata effettuata tramite l’utilizzo di modelli matematici mono e bidimensionali. La valutazione del rischio è scaturita

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dalla procedura definita nelle Linee Guida dell’A.R.T.A.

L’attività parallela di assistenza agli EE.LL. per l’individuazione degli interventi necessari e loro compatibilità con le analisi geomorfologiche ed idrauliche, ha ottenuto, nella maggior parte dei casi, il consenso e la partecipazione attiva dei soggetti interessati. Importante è stato, quindi, iniziare un processo conoscitivo corretto e, soprattutto, dinamico e aggiornabile, che possa assistere i processi decisionali amministrativi, nonché fornire valido supporto agli approfondimenti, anche di carattere scientifico.

Il P.A.I. viene quindi attuato e gestito attraverso lo svolgimento di azioni, successive alla conoscenza delle tematiche idrogeologiche fondamentali del territorio, tendenti in particolare a:

• ridurre e/o mitigare le condizioni di rischio idraulico e di rischio di frana nelle aree individuate nel P.A.I., mediante un sistema coordinato di interventi strutturali e di interventi non strutturali;

• assicurare la compatibilità degli strumenti di pianificazione e programmazione urbanistica e territoriale con le caratteristiche dei sistemi idrografici e dei versanti;

• promuovere strumenti di monitoraggio dei fenomeni del territorio (idrologici, morfologici e geologici) e l’utilizzo di modellistica avanzata per migliorarne la conoscenza;

• promuovere interventi diffusi di sistemazione dei versanti (tecniche di ingegneria naturalistica);

• promuovere la manutenzione delle opere di difesa e degli alvei, quale strumento indispensabile per il mantenimento in efficienza dei sistemi difensivi ed assicurare affidabilità nel tempo agli stessi;

promuovere la manutenzione dei versanti e del territorio montano, con particolare riferimento alla forestazione ed alla regimazione della rete minuta di deflusso superficiale, per la difesa dai fenomeni di erosione, di frana e dai processi torrentizi.

Nel P.A.I. vengono privilegiate azioni ed interventi a carattere preventivo che operano in modo estensivo e diffuso sul territorio intervenendo sulle cause dei dissesti. Tali azioni sono raggruppate in:

1. Azioni non strutturali. Comprendono tutte quelle attività di approfondimento delle conoscenze, di regolamentazione del territorio, tramite il controllo e la salvaguardia degli elementi a rischio e la tutela delle aree pericolose, del mantenimento, laddove esistente, delle condizioni di assetto del territorio.

2. Azioni strutturali. Comprendono gli interventi di sistemazione e consolidamento delle aree in dissesto con misure di tipo estensivo e/o intensivo.

Entrando nello specifico l’area d’interesse progettuale, è all’interno del bacino idrografico del Torrente Elicona e aree territoriali contigue (011).

Il bacino idrografico del Torrente Elicona e le adiacenti aree, comprese tra il bacino del Torrente Elicona ed il bacino del Torrente Mazzarrà ad oriente e tra il bacino del Torrente Elicona ed il Torrente Timeto ad occidente, sono localizzati nella porzione orientale del versante settentrionale

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della Sicilia. Il distretto idrografico considerato occupa una superficie complessiva di circa 120,24 Kmq, estendendosi dallo spartiacque principale dei Monti Peloritani, che separa il versante tirrenico da quello ionico, fino alla costa tirrenica, con i corsi d’acqua che sfociano nel tratto compreso tra Patti e Terme Vigliatore.

Bacino Idrografico del Torrente Elicona e aree territoriali contigue (011)

Il territorio del Comune di Tripi facente parte del distretto idrografico in esame ricade per una piccola parte nel bacino idrografico del Torrente Elicona, per un’estensione di circa 0,56 km2 a costituire il 0,01% della superficie totale, mentre nell’area territoriale tra il bacino del Torrente Mazzarrà e il bacino del Torrente Elicona riguarda circa il 17,3% della sua superficie totale, per un’estensione di circa 9,40 km2.

Tale territorio costituisce la porzione mediana del bacino della Saia Arancia ed è caratterizzato nella parte occidentale dalla presenza di rocce metamorfiche di alto grado e da sequenze fliscioidi oligo-mioceniche, con versanti alquanto acclivi ed incisi da una serie di valloni subparalleli che confluiscono nell’impluvio principale; nella parte orientale i versanti sono poco acclivi e le morfologie più dolci ed arrotondate, per la predominanza delle Argille Scagliose e localmente delle soprastanti Calcareniti di Floresta.

Anche Il territorio comunale di Furnari ricade nell’area compresa tra i bacini del Torrente Mazzarrà e del Torrente Elicona per circa il 94,4% della sua superficie totale, con un’estensione di circa 12,7 km2. Il contesto morfologico si caratterizza per l’ampia fascia pianeggiante a settentrione e la zona basso collinare a meridione, in cui sorge il centro abitato di Furnari. Nella zona collinare l’aspetto morfologico è dato da forme scoscese sui terreni sedimentari prevalentemente calcarenitici, dove le aste drenanti hanno scavato il substrato a formare valli a “V” con versanti talora subverticati e gomiti in alveo; mentre prevalgono forme collinari blandamente ondulate sui terreni di natura argillosa delle Argille Scagliose.

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3.3 Piano Regolatore Generale

Il Piano Regolatore Generale è lo strumento di pianificazione territoriale con il quale ogni Comune disciplina la tutela, la valorizzazione e la trasformazione del territorio. Il PRG è composto da una parte strutturale, che individua le specifiche vocazioni territoriali a livello di pianificazione generale in conformità con gli obiettivi ed indirizzi urbanistici regionali e di pianificazione territoriale provinciale, espressi dal Piano Urbanistico Territoriale e dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, e da una Parte operativa, che individua e disciplina le previsioni urbanistiche nelle modalità, forme e limiti stabiliti nella parte strutturale.

Il sito oggetto di studio si trova nel territorio comunale di Tripi ed in quello di Furnari, esattamente lungo la strada denominata Via Arangia (strada provinciale 102) che da contrada San Filippo arriva a Campogrande ed un tratto della provinciale 101 che da San Filippo arriva a Furnari.

Il Piano Regolatore di Tripi è stato approvato con Decreto Dirigenziale n. 108 del 05.02.2003 emanato dall'Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente - Dipartimento Regionale Urbanistica.

Mentre il Comune di Furnari risulta ancora dotato di Programma di Fabbricazione la cui stesura risale agli inizi degli anni ‘70, approvato dall'Assessorato Regionale del Territorio ed Ambiente con D.A n. 4/76 del 14.01.1976. Con Deliberazione del Consiglio Comunale del 30.03.2018 è stato approvato uno schema di massima del nuovo Piano Regolatore.

Per adeguare l’andamento planoaltimetrico dell’asse stradale ai requisiti imposti dalla normativa vigente, si rende necessario modificare il tracciato della S.P. 102 tra le sezioni 64 ed 82, tra le sezioni 77 e 95, tra le sezioni 111 e 120, tra le sezioni 143 e 147 e tra le sezioni 151 e 165.

A tal fine è stato predisposto apposito piano particellare d’esproprio dal quale risulta che i terreni oggetto di espropriazione ricadono nei fogli di mappa 5, 12 e 15 del comune di Furnari, e nei fogli 2 e 3 del Comune di Tripi.

Il piano particellare di esproprio prevede:

• Aree di esproprio definitive: aree sulle quali ricade il corpo stradale, le scarpate e le opere idrauliche per il convogliamento delle acque meteoriche fino agli impluvi naturali, ovvero tutte quelle opere che determinano un’occupazione permanente;

• Aree da occupare temporaneamente non preordinate all’esproprio: aree oggetto di cantierizzazione e relativa viabilità, o interessate da sbancamenti e successivi ricolmi, che al termine dei lavori saranno ripristinate nello stato quo-ante.

Ai fini della determinazione delle indennità si è tenuto conto della destinazione urbanistica delle particelle interessate dalle opere nonché della presenza di eventuali vincoli ambientali.

Trattandosi di aree ricadenti interamente in zona E agricola, il calcolo delle indennità di esproprio è stato effettuato seguendo la procedura per le aree non edificabili.

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3.4 Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR)

Il Piano Territoriale Paesistico investe l’intero territorio regionale con effetti differenziati, in relazione alle caratteristiche ed allo stato effettivo dei luoghi, alla loro situazione giuridica ed all’articolazione normativa del piano stesso. Il Piano è stato corredato, nella sua prima fase, dalle Linee Guida, approvate dal Comitato Tecnico-Scientifico dell’Assessorato dei Beni Culturali, Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Sicilia con D.A. n. 6080 del 21 Maggio 1999 su parere favorevole reso dal Comitato Tecnico Scientifico nella seduta del 30 Aprile 1996. Sulla base dell'analisi dello stato fisico del territorio regionale e delle destinazioni d’uso previste, il PTPR della Regione Sicilia provvede allo studio delle risorse umane, storiche, culturali, paesistiche, ambientali, naturalistiche ed alla definizione delle condizioni e degli obiettivi per la loro tutela e valorizzazione. Le Linee Guida del Piano sono state redatte per dotare la Regione Sicilia di “uno strumento volto a definire opportune strategie mirate ad una tutela attiva ed alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale dell’isola” al fine di perseguire i seguenti obiettivi:

• la stabilizzazione ecologica del contesto ambientale regionale, la difesa del suolo e della biodiversità, con particolare attenzione alle situazioni di rischio e di criticità;

• la valorizzazione dell’identità e della peculiarità del paesaggio regionale, sia nel suo insieme unitario, sia nelle sue diverse specifiche configurazioni;

• il miglioramento della fruibilità sociale del patrimonio ambientale regionale, sia per le attuali, sia per le future generazioni.

Le Linee Guida individuando le caratteristiche strutturali e gli elementi costitutivi della identità culturale e ambientale del paesaggio siciliano, delineano strategie di tutela e definiscono indirizzi e prescrizioni per la salvaguardia e la valorizzazione del paesaggio siciliano a scala regionale.

Inoltre, definendo obiettivi e strategie, dettano indirizzi e prescrizioni in relazione alla specificità dei valori culturali e ambientali che il paesaggio esprime; costituiscono riferimento per la pianificazione e la gestione del territorio attraverso l'attenzione alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale dell'isola e la definizione dei processi di trasformazione economico - territoriale.

La Regione Siciliana, sulla base delle indicazioni espresse dalle Linee Guida del Piano Territoriale Paesistico Regionale, sta procedendo alla pianificazione paesaggistica ai sensi del D.lgs. 42/04 e s.m.i., su base provinciale secondo l’articolazione in ambiti regionali così come individuati dalle medesime Linee Guida.

Nella fattispecie, il territorio siciliano è stato diviso in 17 ambiti paesaggistici ma, ad oggi, risultano definitivamente approvati quelli di Pantelleria, Ustica, delle Eolie ed Egadi, il piano dell’ambito 1 del Trapanese, i piani d'ambito 6, 7, 10, 11 e 15 della provincia di Caltanissetta, il piano d' ambito 15, 16 e 17 della provincia di Ragusa ed il piano d'ambito 14 e 17 della provincia di Siracusa, il piano d' ambito 9 della provincia di Messina

Sono invece stati adottati ma sono ancora in corso di approvazione quello delle Pelagie, i piani d'ambito 2,3,10,11 e 15 della provincia di Agrigento, gli ambiti 8, 11, 12, 13, 14, 16, 17 di Catania.

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Risultano in fase di concertazione invece i piani d’ambito 3, 4, 5, 6, 7, 11 di Palermo, i piani 8, 11, 12, 14 di Enna.

L’area in esame ricade nella porzione di territorio definito come“Ambito 9 della provincia di Messina – in parte nel Paesaggio locale 7 “Media e alta valle del Novara e dell’Elicona e in parte nel Paesaggio Locale 12 “Pianura e penisola di Capo Milazzo”.

Al fine di assicurare la conservazione, la riqualificazione, il recupero e la valorizzazione del paesaggio, del patrimonio naturale e di quello storico–culturale il Piano:

• analizza il paesaggio e ne riconosce i valori (analisi tematiche);

• assume i suddetti valori e beni come fattori strutturanti, caratterizzanti e qualificanti il paesaggio (sintesi interpretative);

• definisce conseguentemente la normativa di tutela rivolta al mantenimento nel tempo della qualità del paesaggio anche attraverso il recupero dei paesaggi nelle aree degradate.

Il Piano definisce il “Paesaggio Locale” come una porzione di territorio caratterizzata da specifici sistemi di relazioni ecologiche, percettive, storiche, culturali e funzionali, tra componenti eterogenee che le conferiscono immagine di identità distinte e riconoscibili. Il Paesaggio Locale di interesse dell’area di progetto è in parte il PL 7 “Media e alta valle del Novara e dell’Elicona.”

Si tratta del paesaggio, in cui ricadono le valli dei torrenti Mazzara-Novara ed Elicona, che segna un punto di transizione del territorio che qui sfuma i caratteri peloritani in quelli nebroidei sotto il profilo sia fisico che storico-culturale.

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Gli Obiettivi di qualità paesaggistica per il PL 7 sono:

• salvaguardare i valori paesaggistici, ambientali, morfologici e culturali dei versanti montani e dell’alta valle;

• assicurare la fruizione degli scenari e dei panorami;

• promuovere azioni per il mantenimento dell’equilibrio naturalistico ed ecosistemico;

• conservare e/o recuperare l'Identità culturale del Centri e dei Nuclei storici;

• conservazione del paesaggio agro-pastorale;

• difesa e valorizzazione del patrimonio naturale e storico-culturale (architetture, percorsi storici e aree archeologiche) ed alla sua corretta immissione nei circuiti turistici quale volano dell’economia locale.

La rimanente parte ricade all’interno del Paesaggio Locale 12 “Pianura e penisola di Capo Milazzo” confinante ad Est con Rometta Marea e ad ovest delimitato da Capo Tindari – comprende l’intera pianura ed i paesi che la coronano affacciandosi sulle prime pendici collinari.

L’area individua una porzione territoriale variegata, ricca di entità biotiche, abiotiche, percettive ed antropiche di altissimo valore, ma anche di contraddizioni fruitive che hanno determinato gravi danni al paesaggio e minacciano di distruggere un importante patrimonio ambientale e culturale.

Indirizzi e prescrizioni, contenute nelle Norme Tecniche di Attuazione del Piano, sono orientati:

• ad assicurare la conservazione delle emergenze biotiche e abiotiche;

• alla riqualificazione ambientale-paesaggistica degli insediamenti costieri;

• alla valorizzazione dei valori paesaggistici, ambientali, morfologici e percettivi della costa;

• a ridurre l’inquinamento ambientale e paesaggistico determinato dalle aree di cava, dagli insediamenti produttivi e dagli impianti tecnologici;

• a favorire attività divulgative per la conoscenza e la fruizione della R.N.O. Laghetti di Marinello e del SIC ITA030032 Capo Milazzo;

• alla tutela e al recupero del patrimonio storico-culturale (architetture, percorsi storici e aree archeologiche);

a conservare e mantenere l'identità agro-pastorale degli insediamenti della piana e dei versanti collinari;

• a favorire ed incentivare lo sviluppo economico allineando gli usi con le potenzialità economiche e le vocazioni del territorio

In base a quanto riportato all’Articolo 20, per ciascun Paesaggio Locale sulla base degli scenari strategici, che definiscono valori, criticità, relazioni e dinamiche dei Paesaggi, vengono definite:

1. le aree in cui opere ed interventi di trasformazione del territorio sono consentite sulla base della verifica del rispetto delle prescrizioni, delle misure e dei criteri di gestione stabiliti dal Piano Paesaggistico ai sensi dell’art.143, comma 1 lett. e), f), g) e h) del Codice;

2. le aree in cui il Piano paesaggistico definisce anche specifiche previsioni vincolanti da introdurre negli strumenti urbanistici, in sede di conformazione ed adeguamento ivi

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comprese la disciplina delle varianti urbanistiche, ai sensi dell’art.145 del Codice.

Le aree di cui al punto 2) comprendono:

• i Beni Paesaggistici di cui all’art.134, lett. a) e b), del Codice;

• i Beni Paesaggistici individuati ai sensi dell’art. 134, lettera c), del Codice, caratterizzati da aree o immobili non ancora oggetto di tutela e di cui e necessario assicurare in sede di piano un’appropriata considerazione ai diversi livelli di pianificazione e gestione del territorio.

Tali Aree sono articolate sulla base dei seguenti regimi normativi:

aree con livello di tutela 1): in tali aree la tutela si attua attraverso i procedimenti autorizzatori di cui all’art. 146 del D.Lgs. 42/04 e s.m.i.;

aree con livello di tutela 2): in tali aree, oltre alle procedure di cui al livello precedente,è prescritta la previsione di mitigazione degli impatti dei detrattori visivi da sottoporre a studi ed interventi di progettazione paesaggistico ambientale;

aree con livello di tutela 3): queste aree rappresentano le “invarianti” del paesaggio. In tali aree, oltre alla previsione di mitigazione degli impatti dei detrattori visivi individuati alla scala comunale e dei detrattori di maggiore interferenza visiva da sottoporre a studi ed interventi di progettazione paesaggistico ambientale, è esclusa ogni edificazione;

aree di recupero: sono costituite da aree interessate da processi di trasformazione intensi e disordinati, caratterizzati dalla presenza di attività o di usi che compromettono il paesaggio e danneggiano risorse e beni di tipo naturalistico e storico-culturale. Tali aree sono soggette alla disciplina del recupero per cui gli strumenti urbanistici dovranno prevedere specifici piani di recupero ambientale.

L’area di interesse ricade in parte all’interno del Paesaggio Locale 7 ed in parte all’interno del Paesaggio Locale 12.

3.5 Vincoli Paesaggistici ed Ambientale - D.Lgs. 42/04

II vincoli paesaggistici sono disciplinati dal Decreto Legislativo n. 42 del 22 Gennaio 2004 e s.m.i., Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (il quale all’art.2, innovando rispetto alle precedenti normative, ha ricompreso il paesaggio nel “Patrimonio culturale” nazionale) e successive modificazioni ed integrazioni. Il D. Lgs. 42/04 e s.m.i. ha abrogato integralmente il D. Lgs. 490/99.

In base a quanto definito dall’art. 2 del D. Lgs. 42/04 e s.m.i., il patrimonio culturale è costituito da:

beni Culturali: “le cose immobili e mobili che, ai sensi degli art. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”;

beni Paesaggistici (art. 134): “gli immobili e le aree indicate all’articolo 136, costituenti

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espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge”. Sono altresì beni paesaggistici “le aree di cui all’art. 142 e gli ulteriori immobili ad aree specificatamente individuati a termini dell’art.136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli art. 143 e 156”.

L’art. 136 individua gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico da assoggettare a vincolo paesaggistico con apposito provvedimento amministrativo (lett. a) e b) “cose immobili”, “ville e giardini”, “parchi”, ecc., c.d. “bellezze individue”, nonché lett. c) e d) “complessi di cose immobili”,

“bellezze panoramiche”, ecc., c.d. “bellezze d’insieme”).

L’art. 142 individua le aree tutelate per legge ed aventi interesse paesaggistico di per sé, quali

“territori costieri” marini e lacustri, “fiumi e corsi d’acqua”, “parchi e riserve naturali”, “territori coperti da boschi e foreste”, “rilievi alpini e appeninici”, ecc. In queste aree l’Art. 25 del PRG comunale impedisce qualsiasi attività edilizia se non preventivamente autorizzata dalla Soprintendenza competente.

3.6 Vincolo Idrogeologico

Il vincolo idrogeologico è stato introdotto con Regio Decreto Legge n. 3267/1923 "Riordinamento e riforma in materia di boschi e terreni montani"; tuttora in vigore, sottopone a “vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7, 8 e 9 (dissodamenti, cambiamenti di coltura ed esercizio del pascolo), possono, con danno pubblico, subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque" (art. 1).

Lo scopo principale di tale vincolo è quello di preservare l'ambiente fisico e quindi di garantire che tutti gli interventi che vanno ad interagire con il territorio non compromettano la stabilità dello stesso, né inneschino fenomeni erosivi, ecc., con possibilità di danno pubblico, specialmente nelle aree collinari e montane. Il decreto del 1923 prevede il rilascio di nulla osta e/o autorizzazioni per la realizzazione di opere edilizie, o comunque di movimenti di terra, che possono essere legati anche a utilizzazioni boschive e miglioramenti fondiari, richieste da privati o da enti pubblici.

Il sistema di webgis del SIF, Sistema Informativo Forestale del Comando del Corpo Forestale della Regione Sicilia, consente la determinazione delle aree soggette a vincolo idrogeologico.

Quest’ultimo, rappresenta la perimetrazione delle aree della regione sottoposte a vincolo idrogeologico normato con il Regio Decreto n. 3267 del 30 dicembre 1923 e con il Regio Decreto n. 1126 del 16 maggio 1926.

Per ciò che concerne la componente idrologica, come è possibile osservare dalla figura seguente, l’area di intervento costeggia aree sottoposte a “Vincolo Idrogeologico”.

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3.7 Rete Natura 2000

Rete Natura 2000 è il principale strumento della politica dell'Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Si tratta di una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell'Unione, istituita ai sensi della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario.

La rete Natura 2000 è costituita da Zone Speciali di Conservazione (ZSC) istituite dagli Stati Membri secondo quanto stabilito dalla Direttiva Habitat, e comprende anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite ai sensi della Direttiva 79/409/CEE "Uccelli".

Le aree che compongono la rete Natura 2000 non sono riserve rigidamente protette dove le attività umane sono escluse; la Direttiva Habitat intende garantire la protezione della natura tenendo anche "conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali". La Direttiva riconosce il valore di tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell'uomo e delle sue attività tradizionali ha permesso il mantenimento di un equilibrio tra attività antropiche e natura. Un altro elemento innovativo è il riconoscimento dell'importanza di alcuni elementi del paesaggio che svolgono un ruolo di connessione per la flora e la fauna selvatiche. Gli Stati membri sono invitati a mantenere o all'occorrenza sviluppare tali elementi per migliorare la coerenza ecologica della rete Natura 2000. In Italia, i SIC e le ZPS coprono complessivamente il 20% circa del territorio nazionale.

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Il percorso attuato dalla regione Siciliana, al fine di tutelare e proteggere il patrimonio naturale, si è sviluppato, a partire degli anni ottanta, con l'istituzione di aree naturali protette, riserve e parchi, che assicura la tutela degli habitat e della diversità biologica esistenti, promuovendo un'ipotesi di sviluppo connessa all'uso sostenibile delle risorse territoriali ed ambientali e delle attività tradizionali proprie delle aree interessate.

Coerenza del progetto con il contesto programmatico

Relativamente alla presenza diretta o indiretta di ambiti appartenenti alla rete europea di aree protette “Rete Natura 2000” si riferisce che l’ubicazione delle aree in cui si intendono attuare gli interventi di progetto non interferiscono con alcun sito SIC o ZPS.

Il sito più prossimo all'intervento è il sito Laguna di Oliveri – Tindari Codice Natura 2000: ITA030012 che dista oltre 20 Km dall’area di intervento.

L'analisi dei documenti disponibili permette di affermare che le aree dove realizzare gli interventi non ricadono su territori di Riserva Naturale e non sono comprese in alcuna area SIC, ZPS, SIN ecc., né ricadono nel perimetro di un Parco.

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4. QUADRO PROGETTUALE 4.1 Inquadramento Territoriale

Il sito oggetto di studio si trova nel territorio comunale di Tripi ed in quello di Furnari, esattamente lungo la strada denominata Via Arangia ( strada provinciale 102) che da contrada San Filippo arriva a Campogrande ed un tratto della provinciale 101 che da San Filippo arriva a Furnari.

4.2 Interventi Previsti in Progetto

L’intervento che il raggruppamento dei comuni di Tripi e Furnari denominato per lo scopo “Tripi- Furnari”, riguarda la realizzazione di una strada di collegamento fra i due centri collinari di Tripi e Furnari che nel contempo consente di raggiungere agevolmente le arterie di grande comunicazione (SS 113 e A20).

Il progetto elaborato consentirà l’adeguamento della viabilità esistente alle caratteristiche geometriche rispondenti alla categoria F di cui alla classificazione del codice della strada.

Inoltre, la parte a monte potrà essere utilizzata come via di fuga dagli abitanti di Tripi centro.

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Di seguito si riportato, sinteticamente gli obiettivi che si vogliono perseguire con tale intervento:

• Migliorare i collegamenti interni fra due centri collinari in modo da favorire la mobilità e conseguente ricucitura del territorio;

• Realizzazione di una valida via di fuga per gli abitanti di Tripi, che nel caso di calamità ed interruzione del ponte in cemento armato risalente agli anni 20 ed ormai in condizioni di forte degrado, rimarrebbero completamente isolati.

• Il collegamento dei due centri collinari con la SS 113 e l’Autostrada A20 renderebbe agevole e sicuro il percorso sia agli abitanti che ai visitatori del sito archeologico di Abacena, riconosciuto di importanza strategica regionale. Tutto ciò costituisce un valido volano per lo sviluppo economico del territorio;

Il tracciato stradale, sinteticamente indicato nella planimetria risulta compatibile con la progettazione di una strada di categoria F secondo la classificazione del codice della strada.

La strada ripercorre in gran parte l’attuale percorso stradale a carattere agricolo, che partendo dall’abitato di Furnari attraverso la strada comunale Via Vecchia Russo si interseca con la S.S. 113 in c.da San Filippo del Comune di Furnari, quindi percorrendo la strada agricola “Arangia” risale fino a Campogrande.

Le opere previste sono di seguito sintetizzate:

Tratto 1: dal centro abitato di Furnari alla frazione S. Filippo

• Fresatura dello strato di usura e rifacimento del nuovo tappetino;

• Opere di regimentazione delle acque piovane e pulizia delle canalette esistenti;

• Installazione di barriere stradali;

• Realizzazione di idonea segnaletica orizzontale e verticale.

Tratto 2: dalla frazione S. Filippo del Comune di Furnari alla frazione Campogrande del Comune di Tripi

• Rimozione della pavimentazione stradale esistente;

• Esecuzione di scavi di sbancamento e scavi a sezione obbligata per adeguamento planoaltimetrico del tracciato stradale;

• Realizzazione di rilevati;

• Realizzazione di opere di sostegno in cemento armato;

• Realizzazione di opere d’arte (tombini, attraversamenti) e di cunette laterali per la regimentazione idraulica;

• Realizzazione della fondazione stradale e della pavimentazione in conglomerato bituminoso;

• Installazione di barriere stradali;

• Realizzazione della segnaletica orizzontale e verticale.

La lunghezza complessiva delle strade da adeguare è pari a 3.514 mt con un dislivello massimo

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pari a 124 mt che corrisponde ad una pendenza media del 3,5%.

4.2.1 Volumi di Movimento Terra e Modalità di Esecuzione degli Sbancamenti

Il criterio seguito nella progettazione è quello di ridurre al massimo l’entità degli sbancamenti compatibilmente con l’orografia del terreno. A salvaguardia dell’assetto idrogeologico dell’area saranno realizzati dei canali di intercettazione e deflusso delle acque meteoriche che convoglieranno le stesse negli impluvi naturali presenti a valle.

Si riporta di seguito il riepilogo dei volumi di sbancamento e dei volumi dei rilevati:

L’esecuzione degli sbancamenti avverrà sotto l’osservanza delle seguenti prescrizioni esecutive:

• Le operazioni di scavo verranno eseguite per tratti e previa esecuzione delle paratie provvisionali ove l’eccessiva altezza lo renda necessario;

• L’intera area sarà resa inaccessibile ai non addetti ai lavori con idonea recinzione di cantiere;

• L’area di sedime delle opere sarà sagomata in lieve pendenza per facilitare il deflusso delle acque impedendo il ristagno e la filtrazione delle stesse, e tale da non causare il decadimento delle caratteristiche geotecniche del terreno di sedime.

Per quanto attiene ai potenziali fenomeni di instabilità dei fronti di scavo, si pone in evidenza che è sempre necessario il rispetto delle seguenti norme sulla sicurezza:

• D.Lgs 81/2008, art. 118: Nei lavori di splateamento o sbancamento eseguiti senza l'impiego di escavatori meccanici, le pareti delle fronti di attacco devono avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla natura del terreno, da impedire franamenti. Quando la parete del fronte di attacco supera l'altezza di m 1,50, è vietato il sistema di scavo manuale per scalzamento alla base e conseguente franamento della parete. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto all'armatura o al consolidamento del terreno.

D.Lgs 81/2008, art. 118: Nello scavo di pozzi e di trincee profondi più di m 1,50, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve provvedere, man mano che procede lo scavo, alla applicazione delle necessarie armature di sostegno.

• D.Lgs 81/2008, art. 120: E' vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio degli scavi.

Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni del lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.

• DM 17.01.18 “Norme tecniche sulle costruzioni”, 6.8.6. (fronti di scavo): Per scavi trincea a

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fronte verticale di altezza superiore ai 2 m, nei quali sia prevista la permanenza di operai, e per scavi che ricadano in prossimità di manufatti esistenti, deve essere prevista una armatura di sostegno delle pareti di scavo. Per la realizzazione dei rilevati si dovrà prima procedere alla regolarizzazione ed alla compattazione del piano di posa che dovrà essere sempre sagomato con una pendenza pari al 5% nel verso opposto al declivio del pendio in modo tale da migliorare le condizioni di stabilità del corpo stradale.

Sul piano di posa del rilevato dovrà essere steso un idoneo geotessile non tessuto costituito in fibre di polipropilene a filo continuo, avente funzione di separazione e filtrazione evitando il rifluimento dei materiali fini all'interno del corpo del rilevato.

4.3 Sintesi del quadro di riferimento programmatico

Di seguito la sintesi dell’analisi dei piani e la verifica di coerenza svolta nei paragrafi precedenti.

Strumenti di tutela Coerenza del progetto proposto Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) Coerente

Rete Natura 2000, Parchi e Riserve Regionali Non interferisce Piano stralcio di bacino per l’Assetto

Idrogeologico (PAI) Coerente

Piano Territoriale Provinciale (PTP) Ambito 9 -

Messina Coerente

Piano regolatore Generale (PRG) comune di Tripi Da rendere Coerente con approvazione di variante al Piano

Programma di Fabbricazione Comune di Furnari Da rendere Coerente con approvazione di variante al programma

Vincolo Idrogeologico (RDL 3267/1923) Non interferisce Vincolo paesaggistico (D.Lgss. 42/2004 e s.m.i) Non interferisce

5. QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE 5.1. Premessa

Tenuto conto che il progetto riguarda l’adeguamento di una viabilità esistente, gli impatti maggiori che tale iniziativa può, teoricamente, provocare sono da ascriversi prevalentemente alle componenti ambientali maggiormente coinvolte (“Biodiversità”, “Territorio”, “Suolo e sottosuolo”,

“Acqua”, “Rumore e vibrazioni”, “Aria”, “Paesaggio, Beni materiali e patrimonio culturale”,

“Popolazione e Salute umana”)

In relazione alle componenti “Acqua”, “Suolo” e “Territorio” l’obiettivo è quello di caratterizzare le

Riferimenti

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