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BIPHOSPHONATE-ASSOCIATED OSTEONECROSIS OF THE JAWS:

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TAGETE 4-2010 Year XVI

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OSTEONECROSI MANDIBOLARE DA BIFOSFONATI:

PROFILI DI RESPONSABILITÀ MEDICO-LEGALE

BIPHOSPHONATE-ASSOCIATED OSTEONECROSIS OF THE JAWS:

MEDICO-LEGAL LIABILITY PROFILES

Mario Aversa

ABSTRACT

Partendo da alcune riflessioni in tema di responsabilità sanitaria si ipotizzano i profili di responsabilità in tema di osteonecrosi mandibolare da bifosfonati.

Sono forniti, inoltre, alcuni suggerimenti operativi per i soggetti interessati alla problematica in oggetto, con l’auspicio di una maggiore informazione e di un attivo confronto sul problema, nella doverosa ricerca di un corretto modello di comportamento compatibile con le conoscenze attuali.

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Starting with some reflections about sanitary responsibility, we hypothesize responsibility profiles as regards biphosphonate-associated osteonecrosis of the jaw.

We give some operative suggestions for those who are interested in this subject, in high hopes that a stronger information and an active circulation of opinion could lead to a correct model of behaviour compatible with today knowledge.

PAROLE CHIAVE:

responsabilità professionale, osteonecrosi della mandibola, terapia con bifosfonati

KEY WORDS:

professional liability, osteonecrosis of the jaw, bisphosphonates therapy

Libero Professionista, Salerno.

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826 1. PREMESSA

A partire dal 2002 sono stati pubblicati, in letteratura, diversi reports sulla possibile correlazione tra l’uso di bifosfonati e la comparsa di necrosi avascolare della mandibola.

Wang e collaboratori per primi hanno descritto 3 casi di osteonecrosi in donne sottoposte a chemioterapia per cancro metastatico della mammella in trattamento anche con pamidronato.

Contemporaneamente, Marx e collaboratori hanno segnalato 36 casi di osteonecrosi avascolare in pazienti in trattamento con acido pamidronico/ zoledronico per cancro metastatico, mieloma multiplo ed osteoporosi (1).

Durie ha descritto i risultati di un’indagine condotta nel 2004 dall’International Myeloma Foundation: dei 1203 partecipanti allo studio, 152 pazienti avevano sviluppato osteonecrosi, la cui analisi d’incidenza cumulativa ne ha rivelato lo sviluppo dopo 36 mesi di trattamento (2).

Sempre nel 2004, ulteriori 63 casi sono stati descritti da Ruggiero e coll., 56 dei quali relativi a 7 pazienti in terapia con bifosfonati endovena nel corso di chemioterapia e in trattamento con bifosfonati per via orale per osteoporosi (3)

L’Australian Adverse Drug Reaction Bulletin ha riportato 13 casi segnalati in Australia, mentre la FDA ha inviato, in data 5 maggio 2005, una Dear Doctor Letter a tutti i dentisti in seguito a 139 segnalazioni di osteonecrosi da acido pamidronico e zoledronico.

Innumerevoli altri lavori di ricerca hanno confermato la presenza di osteonecrosi mandibolare da uso di bifosfonati e sono ormai numerose le “linee guida” e le

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“raccomandazioni” circa l’uso di questi farmaci e la prevenzione dell’effetto avverso (4,5,6,7,8,9,10)

2. LA RESPONSABILITÀ DEGLI OPERATORI SANITARI

Ormai da diversi anni si registra un notevole incremento dei giudizi per responsabilità in ambito sanitario; il fenomeno può essere interpretato secondo almeno due differenti chiavi di lettura:

a) una di carattere sociologico, legato all’accresciuto livello culturale e di consapevolezza dei propri diritti da parte dei pazienti/utenti ed al rilievo sempre crescente che nel nostro ordinamento è andato assumendo il bene salute, già costituzionalmente protetto (art. 13 e 32, 2° comma Cost.). Non va dimenticata l’incidenza economica che possono avere i fenomeni patologici, le spese sostenute per cure infruttuose, le spese per mancato guadagno da inattività e, non ultimo, il processo di umanizzazione del sanitario spogliato ormai del tutto, nell’immaginario collettivo, della sua immagine sacerdotale-paternalistica.

b) l’altra di carattere tecnico-scientifico, fondata sulla considerazione che, se è vero che per il sanitario si è notevolmente ridotto il margine di errore riconducibile ad imperfezioni e alla lacune della scienza medica, è altrettanto vero che si è ampliato il rischio sanitario per l’impiego di strumenti e procedure altamente sofisticati e strategie terapeutiche in via di sperimentazione.

La storia della medicina, certo, progredisce riducendo le aree di ineluttabilità e rendendo prevedibile e predicibile ciò che un tempo era avvolto dalle nebbie dell’imponderabile; una ampia zona di rischio, tuttavia, permane collegata in modo non eliminabile alla risposta individuale del singolo paziente in rapporto alle diverse patologie; risposta individuale non sempre riconducibile alla media statisticamente vagliata. (11)

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828 3. ELEMENTI FONDAMENTALI DELLA RESPONSABILITÀ

Il riconoscimento di una responsabilità dipende dalla dimostrazione dell’evento lesivo (danno), della condotta colposa del medico-odontoiatra, del nesso di causalità tra la condotta (azione od omissione) e l’evento stesso.

3.1. IL DANNO, L’ERRORE, LA COMPLICANZA

Viene definito pacificamente come danno in ambito medico-legale ogni modificazione peggiorativa dello “status quo ante” mentre non esiste di fatto una definizione di errore che trovi consenso assoluto; fra le tantissime , per sinteticità abbiamo scelto questa:

“l’errore è il fallimento di azioni pianificate in relazione al raggiungimento degli obiettivi previsti”.

In ambito farmacologico viene definito errore ogni atto che per ignoranza, insufficienza o incidente determina l’allontanamento dal o il fallimento del nostro obiettivo, obiettivo generalmente noto come “the five rights”: giusto farmaco, giusta dose, giusta via, giusto tempo, giusto paziente. (13,14,15)

La differenza tra l’errore umano ed errore medico è solo questione di contesto, ed il contesto in area medica ha una forte tendenza a provocare gli errori (16)

E’ da considerare, peraltro, che un evento lesivo può manifestarsi indipendentemente dalla condotta dell’operatore sanitario (complicanza). Ossia l’evenienza negativa può manifestarsi in assenza di una condotta errata del professionista, ma come evoluzione possibile, seppur non prevedibile, né prevenibile, del trattamento.

A volta risulta difficile, a posteriori, riconoscere una condotta professionale scorretta o scarsa abilità tecnica dell’operatore e risulta, pertanto, impossibile individuare con certezza il momento etiologico che ha condotto a quel determinato evento. (17)

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829 3.2. LA CONDOTTA COLPOSA

La colpa in diritto rappresenta una componente psicologica della condotta illecita, ai sensi dell’art. 43 C.P. che distingue, appunto, l’elemento psicologico del reato in doloso, preterintenzionale e colposo:

§ doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso è preveduto e voluto dall’autore come conseguenza della propria azione od omissione;

§ preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso più grave di quello voluto dall’autore;

§ colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’autore ma si verifica a causa di negligenza, o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

L’operatore sanitario risponde del suo operato di fronte alla legge solitamente per titolo di colpa che, come sappiamo, può essere caratterizzata dai seguenti aspetti:

a) negligenza: un atteggiamento di trascuratezza e precisamente di mancanza di attenzione oppure di mancanza di sollecitudine o, come si dice, di omissione di doveri generici o specifici di accortezza e di attenzione che derivano o dalla comune esperienza o dalle esigenze inerenti a speciali attività;

b) imprudenza: si intende propriamente l'avventatezza o l'insufficiente ponderazione che implica sempre una scarsa considerazione degli interessi altrui (nel nostro caso del paziente);

c) imperizia: si intende l’incapacità tecnica di esercitare l’atto medico.

l’insufficiente preparazione, la non conoscenza di nozioni essenziali e l’incapacità di applicare quegli aggiornamenti ormai consolidati nella pratica medica.

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830 3.3. IL NESSO DI CAUSALITÀ TRA LA CONDOTTA COLPOSA E L’EVENTO

LESIVO

La presenza del nesso di causalità, continuo ed interrotto, è la condizione necessaria per l’individuazione della responsabilità ed il conseguente obbligo di risarcimento. Il nesso causale è, quindi, il rapporto naturale tra l’evento e la causa che l’ha determinato; in campo medico-legale la determinazione del nesso di causalità è un procedimento logico che permette di attribuire una determinata lesione ad una condotta umana; esso è provato alla stregua dei consolidati criteri comunemente utilizzati dalla disciplina medico-legale: criterio cronologico, topografico, della efficienza qualitativa e della adeguatezza quantitativa, della esclusione di altre cause, ecc. (18). Dal punto di vista giuridico, trattasi di argomento molto complesso per l’enorme mole di sentenze di merito nonché di riflessioni proposte dalla dottrina, in specie in questi ultimi anni, anche alla luce di nuove esigenze prodotte dai cambiamenti epocali socio-economici cui il diritto cerca di adeguarsi costantemente, al fine di rendere legittimamente attuali le risposte giuridiche alle esigenze dei cittadini.

A scopo esemplificativo riteniamo utile proporre una delle ultime sentenze che, in sostanza, fa il punto della situazione stigmatizzando i passaggi che conducono all’accertamento della responsabilità. (sent C. Cassazione IV° sez. n. 10819/2009).

Nel dispositivo la suprema corte afferma che “…risultano…fondate le doglianze relative alla ritenuta sussistenza del nesso causale, in quanto la sentenza (appellata) non ha fatto corretta applicazione dei principi dettati dalle note Sezioni Unite “Franzese” in materia, secondo i quali il rapporto causale tra condotta ed evento deve essere accertato in termini di certezza processuale, ovvero “oltre ogni ragionevole dubbio”. E infatti “il giudice di appello – chiarisce la Suprema Corte – ha ritenuto, alla fine del suo percorso argomentativo, di poter affermare la sussistenza del nesso di causalità fondando tale

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831 giudizio sulle formulazioni del perito di ufficio secondo cui il rischio poteva essere ridotto

“con buona probabilità”…. in tal modo però – conclude la Cassazione – la Corte di Appello ha impiegato parametri e criteri di probabilità (“buona probabilità”, “ottima probabilità”) ritenuti inidonei e insufficienti dalle citate Sezioni Unite a poter far ritenere dimostrata nei termini della necessaria certezza processuale (“oltre ogni ragionevole dubbio”) la correlazione causale tra l’omesso intervento del sanitario e l’evento.

Comunque, la condotta di ogni sanitario, qualunque sia la sua specialità deve essere subordinata in primo luogo dalla propria cultura e competenza tecnica e soprattutto a quello della coscienza personale con l’imperativo di tutelare, senza eccezioni, il benessere dell’assistito, e di conseguenza il benessere della collettività, nel rispetto delle consolidate regole dell’arte e delle leggio vigenti (19)

4. PROFILI DI RESPONSABILITÀ

I soggetti giuridici interessati ad ipotesi di responsabilità legate all’uso dei bifosfonati sono le aziende farmaceutiche, i medici prescrittori (MMG, specialisti) e gli odontoiatri.

4.1 LE AZIENDE FARMACEUTICHE

Le case produttrici potrebbero rispondere solo per quanto attiene al periodo in cui si sono segnalati i primi casi (2002-2003) fino all’aggiornamento del foglio illustrativo (I°

aggiornamento nel 2004) ovvero quando vi sia inspiegabile ritardo e\o mancata revisione delle statistiche circa le segnalazioni dell’effetto avverso.

A riguardo l’AIFA, con la determinazione del 9/11/2006, ha ritenuto di dover provvedere a modificare ulteriormente gli stampati delle specialità medicinali contenenti bifosfonati.

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832 In particolare è fatto obbligo a tutte le aziende farmaceutiche coinvolte di integrare gli stampati in modo che, relativamente all’osteonecrosi della mandibola e/o mascella da bifosfonati, gli stessi contengano le raccomandazioni e le precisazioni di seguito riportate:

§ la maggior parte delle segnalazioni riguarda pazienti oncologici, senza tuttavia escludere quelli trattati per osteoporosi;

§ l’osteonecrosi della mandibola e/o mascella è generalmente associata con estrazione dentaria e/o infezione locale e con regimi comprendenti bifosfonati somministrati principalmente per via endovenosa, senza tuttavia escludere quelli della via orale;

§ sulla base della valutazione individuale del rapporto rischio/beneficio, il giudizio clinico del medico deve guidare il programma di gestione di ciascun paziente.

Nelle schede tecniche e foglietti illustrativi dei vari bifosfonati, con qualche piccola ed irrilevante variazione letterale del testo, si può leggere quanto segue:

“L’osteonecrosi della mandibola, generalmente associata a estrazioni dentarie e/o infezioni locali (compresa l'osteomielite), è stata segnalata in pazienti con tumore trattati principalmente con bifosfonati somministrati per via endovenosa. La maggior parte di questi pazienti era anche in trattamento con chemioterapia e corticosteroidi.

L’osteonecrosi della mandibola è stata riportata anche in pazienti con osteoporosi trattati con bifosfonati orali.

Si deve considerare una visita odontoiatrica con un'appropriata profilassi dentale prima del trattamento con bifosfonati in pazienti con concomitanti fattori di rischio (ad esempio tumore, chemioterapia, radioterapia, corticosteroidi, scarsa igiene orale).

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833 Durante il trattamento, questi pazienti devono evitare, ove possibile, procedure odontoiatriche invasive. Nei pazienti che sviluppano l’osteonecrosi della mandibola durante il trattamento con bifosfonati, la chirurgia dentale può peggiorare la condizione.

Per i pazienti che necessitano di cure dentistiche, non vi sono dati disponibili che indichino se la sospensione del trattamento con bifosfonati riduce il rischio di osteonecrosi della mandibola. Il giudizio clinico del medico curante deve essere alla base della gestione di ciascun paziente, sulla base della valutazione individuale del rapporto rischio/beneficio”

4.2. I MEDICI PRESCRITTORI

Il “primus movens” della catena causale che può condurre ad un evento dannoso in capo al paziente legata all’uso dei bifosfonati è rappresentata ovviamente dalla prescrizione del farmaco e riguarda pertanto i medici prescrittori.

Come noto, i bifosfonati vengono impiegati largamente in oncologia, dove spesso vengono utilizzate le somministrazioni e.v. e dove il trattamento è ampiamente giustificato da evidente beneficio per il paziente; gli altri professionisti che prescrivono bifosfonati sono essenzialmente il medico di medicina generale, l’ortopedico, il reumatologo, il geriatra, l’internista e, raramente, il ginecologo: si tratta di bifosfonati per via orale per il trattamento della osteoporosi, spesso preventivo. (nota 79 AIFA)

Ruolo centrale, quale medico prescrittore, è certamente quello del MMG (Medico di Medicina Generale): a volte siamo in presenza di prescrizione autonoma, molto spesso di prescrizione suggerita; anche in quest’ultimo caso la responsabilità, ovvero la corresponsabilità, non è affatto esclusa in quanto incombe l’obbligo per il medico di base - profondo conoscitore dell’assistito e della sua storia clinica - di considerare

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834 criticamente le prescrizioni suggerite alla luce delle sue cognizioni internistiche su quel determinato paziente ovvero, in subordine, di informarlo e consigliarlo adeguatamente.

In proposito, vorremmo ricordare che “…il medico che prescrive correttamente il farmaco per indicazione clinica, dose, assenza di controindicazioni, assenza di interazioni sconsigliate con altri farmaci assunti contemporaneamente, monitoraggio adeguato per la prevenzione e cura degli effetti collaterali e reazioni allergiche, secondo le indicazioni contenute nella scheda tecnica ministeriale e col consenso informato dell’assistito, dimostra una condotta diligente, priva di colpa e di responsabilità...” (20).

Secondo alcuni autori sarebbe prudente, quando non si hanno dati sufficienti per definire il rapporto rischio-beneficio, limitare l’uso di questi farmaci ai casi di indiscussa necessità e sospendere la somministrazione in vista di un trattamento dentale; infine ricorrere, per gli altri casi, alle alternative disponibili. (21)

4.3. GLI ODONTOIATRI

Passando ai profili di responsabilità dell’odontoiatra riteniamo che la condotta colposa si possa realizzare sia nella fase anamnestica, che in quella diagnostica e terapeutica.

In particolare bisognerà fare estrema attenzione alla fase anamnestica in specie indagando sulla presenza di neoplasie, terapie chemioterapiche, osteoporosi e trattamenti medici continuativi attuali e/o pregressi.

Di norma si individuano schematicamente le seguenti tre evenienze, con le relative raccomandazioni:

a) pazienti che devono iniziare la cura con bifosfonati

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835 1. eseguire una accurata visita, per una corretta valutazione dei problemi dento- parodontali, corredati da uno status radiografico;

2. trattare tutto il possibile ed in particolare lesioni cariose profonde, parodontopatie, con eliminazione di tutte le possibili cause di focolai infettivi;

3. a livello preventivo è opportuno sensibilizzare il paziente ad una corretta igiene orale, informarlo sul potenziale rischio e programmare un follow-up ogni tre mesi;

b) pazienti che sono già in trattamento ma che non presentano segni di ostenecrosi

1. visita ed anamnesi, come sopra, con protocollo di prevenzione dedicato;

2. prevenzione delle lesioni ai tessuti molli, con particolare attenzione per le protesi mobili;

3. evitare le estrazioni, cercando di recuperare con terapia endodontica anche i residui radicolari; effettuare eventualmente terapie mini-invasive;

c) pazienti in trattamento che già presentano osteonecrosi, incipiente o in atto

1. visita, igiene e terapie conservative;

2. evitare manovre chirurgiche;

3. trattamento farmacologico generale e locale, a seconda dei casi, con il seguente

protocollo antibiotico standard: amoxicillina + ac.

clavulanico 1 gr. x 2 x 10 gg.;

in soggetti allergici: eritromicina o altro macrolide alla dose di 500 mg /die per 5 gg, poi 250 mg/die per ulteriori 5 gg.;

metronidazolo 1000-1500 mg/die;

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836 eventuale trattamento antivirale;

localmente: clorexidina allo 0,12%;

La mancata osservanza di tali semplici raccomandazioni potrebbe configurare un profilo di responsabilità a carico dell’odontoiatra, con successivo obbligo di risarcimento del danno, per condotta

§ negligente (mancata conoscenza degli effetti collaterali del farmaco, anamnesi poco accurata, omessa diagnosi pre-operatoria, assenza di monitoraggio)

§ imprudente (trattamenti invasivi nei soggetti a rischio)

§ imperita (trattamento di p. con onj conclamata, in assenza della necessaria esperienza clinica e degli opportuni mezzi tecnici)

5. SUGGERIMENTI OPERATIVI

In presenza di dati che devono essere certamente confortati da statistiche e rilievi ancor più ampi riteniamo assolutamente doveroso tener conto degli unici elementi di certezza allo stato attuale delle conoscenze del sapere scientifico rappresentati dalla possibilità, statisticamente più o meno rilevante, di osteonecrosi mandibolare in seguito all’uso dei bisosfonati, in specie quelli per uso e.v.

A nostro avviso, per tutti gli operatori incombe l’obbligo di conoscere l’evento avverso e il dovere di informare adeguatamente i p. che devono iniziare il trattamento ovvero già in trattamento e precisamente:

COSA COMPETE ALLA CASA PRODUTTRICE

§ informare adeguatamente gli operatori con tutti i mezzi a disposizione

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§ monitorare le segnalazioni ed aggiornare le conoscenze dell’effetto avverso, comunicandole con tempestività

§ pubblicizzare e favorire l’accesso a centri specializzati per le forme più impegnative

COSA COMPETE AL MEDICO PRESCRITTORE

§ conoscere l’effetto collaterale del farmaco

§ prescrivere il farmaco in presenza di specifiche indicazioni e secondo la posologia consigliata (attenzione alla prescrizione preventiva)

§ informare il p. sugli effetti collaterali e informare sulla necessità di una visita preventiva dall’odontoiatra (nb. non solo consigliare) e sui controlli periodici da effettuare (ogni 3-4 mesi)

COSA COMPETE ALL’ODONTOIATRA

§ conoscere l’effetto collaterale del farmaco

§ indagare anamnesticamente con cura e attenzione sull’uso dei bifosfonati

§ diagnosticare stati precoci della affezione e prescrivere indagini diagnostiche pre-operatorie

§ trattare, ovvero anticipare il trattamento, di problematiche presenti al cavo orale (denti mobili, foci infettivi, protesi mobili)

§ migliorare e seguire con particolare attenzione le condizioni di igiene orale con controlli periodici, sedute di igiene professionale, motivazione, terapia locale, (clorexidina) e generale ( antib. anti inf. )

§ trattare il più conservativamente possibile le problematiche presenti

§ in caso di onj selezionare i p. e inviarli, se del caso, a centri specializzati.

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838 6. LA SITUAZIONE ATTUALE

Recentemente, in Italia, è stato avviato il progetto 'Studio italiano sulla sicurezza dei bifosfonati nell'osteoporosi', a cui aderiscono numerosi centri specialistici in tutto il Paese. (22) E’ stato stilato un documento che rappresenterebbe una sintesi delle più aggiornate evidenze scientifiche sulla patogenesi, l'epidemiologia e i fattori di rischio del disturbo. Non si tratta comunque di linee guida, impossibili da definire data la rapida evoluzione delle informazioni scientifiche e la relativa incertezza su alcuni aspetti della patologia. Il documento segue tuttavia le raccomandazioni internazionali espresse di recente da altre società scientifiche e da panel di esperti a livello mondiale. In Italia lo hanno sottoscritto, oltre alla Società italiana dell'osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro (SIOMMMS) e l'Associazione nazionale dentisti italiani (Andi) anche altre importanti società scientifiche e organizzazioni nazionali: Collegio reumatologi ospedalieri italiani (Croi), Federazione dei dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi), Società italiana di medicina fisica e riabilitazione (Simfer), Società italiana reumatolgia (Sir) e Società italiana di radiologia medica (Sirm).

A nostro avviso sarebbe necessario coinvolgere anche altre associazioni, in primis quelle dei medici di medicina generale. Riteniamo, infatti, che il MMG abbia un ruolo centrale nella gestione delle problematiche esposte e che spesso è il professionista più qualificato ad esprimere quel “giudizio clinico” che deve essere alla base della gestione di ciascun paziente, sulla scorta della valutazione individuale del rapporto rischio/beneficio, fungendo da “regista” tra gli altri professionisti coinvolti (medici prescrittori e odontoiatri)

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839 7. CONCLUSIONI

Risulta fondamentale attivare una campagna di sensibilizzazione e corretta informazione, oltre ad attuare una maggiore collaborazione tra colleghi; è necessario, infatti, che tutte le parti in causa si confrontino per costruire insieme un modello di comportamento compatibile con le conoscenze attuali.

E’ da considerare, come accennato, che proprio in ambito odontoiatrico, ove naturalmente si manifesta l’effetto avverso, più frequentemente si potrebbe ipotizzare, almeno inizialmente, un profilo di responsabilità.

In tale ambito, una indagine conoscitiva su un campione di professionisti lombardi ha dimostrato che il “passaparola” è una forma molto usata, spesso efficace, per diffondere notizie e raggiungere coloro che sono meno a contatto con casistiche complesse; è anche utile ricordare che gli odontoiatri liberi professionisti sono scarsamente o per nulla raggiunti dagli informatori farmaceutici, in specie per la patologie di non stretta pertinenza (oncologiche metaboliche) ed è quindi auspicabile che, nell’ambito di programmi di aggiornamento, si moltiplichino le campagne di informazione di più ampio respiro e che per i cosiddetti pazienti a rischio, si promuovano sempre di più forme di collaborazione e di interscambio culturale con altri specialisti della medicina.(23)

Per quanto concerne i riflessi medico-legali, nonostante le accennate difficoltà per il clinico di aggiornarsi e di adeguare i protocolli operativi al continuo fluire delle conoscenze scientifiche, la diligenza e la prudenza medie impongono al professionista la scelta di un approccio diagnostico e di una strategia terapeutica quanto più possibile obiettiva e standardizzata, che non esuli dai parametri di una condotta riconosciuta valida e predicibile ovvero rispettosa dei principi della evidence-based medicine. Si ricorda che l’attuale livello di evidenza EBM è basso, ma il grado di raccomandazione è elevato. (24)

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840 Gli errori in campo sanitario, come in ogni altro comportamento umano, sono ineliminabili ma debbono essere prevenuti o ridotti al minimo attraverso lo studio continuo, l’impegno costante e la volontà degli operatori di evitarli, insieme ai pazienti.

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