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E’ POSSIBILE RIDURRE IL RISCHIO PROFESSIONALE IN CARDIOLOGIA E CARDIOCHIRURGIA?

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E’ POSSIBILE RIDURRE IL RISCHIO PROFESSIONALE IN CARDIOLOGIA E CARDIOCHIRURGIA?

Dr. Marco Rindi*

La domanda che ci è stata posta è se sia possibile ridurre il rischio professionale in Cardiologia e Cardiochirurgia. Dall’analisi di questa domanda si evince che essendoci un rischio esistono fattori di rischio. Andiamo quindi ad analizzare alcuni fattori di rischio generali che concorrono dall’esterno nel determinare i criteri adottati per la responsabilità professionale del medico al fine di studiarli e limitarne l’effetto.

I° LA CORSA ALLA MALASANITÀ: Il medico che sbaglia è paragonato

”mentalmente” ad un delinquente, e questa criminalizzazione è dovuta all’erronea informazione sanitaria prevalentemente offerta alla popolazione; vedi programmi televisivi che forniscono informazioni distorte che possono portare i pazienti a malintesi e sono dannose per la classe medica; vedi articoli che pretendono di spiegare come si riconosce un bravo medico basandosi su effimeri principi come le domande che questi deve rivolgere al paziente, o di quanti e quali atti deve essere composto l’esame obbiettivo.

Rientra in questo capitolo l’Informazione spettacolo. Alla notizia di malasanità viene dato ampio spazio dalla stampa ed il medico viene indicato con nome e cognome e criminalizzato prima ancora che si faccia il processo e senza che gli sia data alcuna

*Consulente Centrale di Compagnia Assicurativa, Specialista in Cardiologia, Milano

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possibilità di replica; fatto questo estremamente importante perché la stampa sollecita e orienta l’opinione pubblica alla quale il magistrato appare spesso assai sensibile.

L’Ordine dei Giornalisti si giustifica dicendo che ” l’informazione oggi è un’industria e non può identificarsi così facilmente come in passato quale messaggero di verità”, non rispettando così il proprio codice deontologico, il quale dice che il giornalista non deve dare notizia di accuse che possono danneggiare la reputazione o la dignità della persona.

2° LA VOGLIA DI GUADAGNO: Il procedimento, spesso, viene avviato dopo che ci si è informati se é presente o meno una copertura assicurativa con l’intento di trovare un terzo soggetto che paghi le conseguenze e/o le complicanze di una malattia e non un atto di malasanità.

Questo porta le compagnie a disdire i contratti con i professionisti con il risultato che questi non possono più lavorare, inoltre alcune compagnie si sono già ritirate da alcune classi di rischio ( Ostetricia, Chirurgia estetica ) ed altre ci stanno pensando.

L’assicurazione esiste ed è giusto che paghi dove c’è l’errore professionale, ma non può diventare un ammortizzatore sociale

3° LA COMUNICAZIONE: Per la maggior parte dei medici tutto ciò che è burocrazia appare estraneo alla loro mentalità ed il consenso informato è sentito come un adempimento inutile . I medici troppo spesso pensano di aver già parlato con il paziente, di avergli detto quello che dovevano dirgli; questa informazione va allargata alla famiglia, anche se l’unico ad avere diritto di informazione è il paziente; inoltre se il paziente durante un intervento muore ed il medico non aveva preventivamente avvisato la famiglia, questa lo cita immediatamente davanti al giudice.

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Cosa deve scrivere il medico nel consenso?

Secondo le normative il medico deve scrivere tutto quello che può succedere anche a costo di terrorizzare il paziente.

4° I CONSULENTI: Esistono purtroppo dei periti scorretti ed impreparati o non idonei a quel caso, che non vengono vagliati in base alla loro esperienza ( da quanto tempo lavorano in quello specifico campo, quanti interventi hanno eseguito, con quali risultati, ecc. ) prima che possano esprimere un parere, parere che spesso è determinante nel giudizio finale.

5° CARTELLE CLINICHE: Troppo spesso le cartelle cliniche sono stilate frettolosamente e male. La cartella clinica è il documento ufficiale su cui è scritto tutto ciò che è stato fatto al paziente, e la sua utilità è soprattutto per il medico nella sua pratica clinica.

Il perito nominato dal PM e che parte da una mentalità accusatoria, pensa con una visione a volo d’uccello di avere tutto chiaro: non avete fatto quello, allora è successo questo, visione post hoc ergo propter hoc.

Sarà importante cambiare la mentalità del perito che deve calarsi nella realtà in cui si trovava il medico accusato di malasanità e cercare di vedere la situazione dal di dentro, capire che cosa in quel momento il medico sapeva o doveva sapere, che cosa poteva e doveva fare.

Sebbene molte consulenze accusatorie siano state smentite dal G.I.P. direttamente o in seconda istanza, al perito d’accusa si dà massima credibilità indipendentemente dalla sua preparazione e/o ambito di specialità.

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6° ATTEGGIAMENTO ETICO DEL MEDICO NELL’OPERARE QUOTIDIANO:

L’etica non è un aspetto immutabile né nel tempo né nello spazio.

Un atto medico su di un paziente a Los Angeles è sicuramente qualitativamente molto differente dallo stesso atto medico eseguito a Malindi. Risulta evidente che l’intervento che è eticamente corretto dal punto di vista sanitario a Malindi non lo è dal punto di vista del giudizio dell’eticità dell’intervento se effettuato in un paese più avanzato che può considerarsi industrializzato; questo è vero non solo dal punto di vista geografico ma anche dal punto di vista storico.

Nell’ambito della stessa sede, in tempi differenti il concetto etico di intervento cambia a seconda delle condizioni socioeconomiche della sede in cui l’evento è avvenuto.

Si vuole inoltre ricordare che il medico agisce in un contesto dove le decisioni di tipo economico-sanitario vengono prese dagli amministratori delle strutture, quelle di tipo politico-sanitario dai politici in Regione ed in Provincia.

Concludendo possiamo affermare che questi comportamenti hanno portato, nel tempo, alla progressiva criminalizzazione del medico, ma soprattutto che alla prestazione medica è ora richiesto un obbligo di risultati e non più di mezzi, e se questo può andare bene per la chirurgia estetica, ed abbastanza bene per la chirurgia della cataratta e l’odontoiatria, non può andare bene per le altre branche della medicina dove la reattività di ogni individuo è diversa e non qualificabile e quantificabile.

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Rischio in Cardiologia e Cardiochirurgia

Dopo avere esposto i fattori di rischio andiamo ad analizzare il rischio professionale in cardiologia e cardio-chirurgia.

Chi si rivolge ad un medico ha sicuramente come obbiettivo primario la guarigione, o comunque il raggiungimento di un certo sollievo tramite idonea terapia.

Il paziente e neppure il medico si rendono conto che la richiesta di una prestazione sanitaria e la conseguente esecuzione della stessa, si inseriscono nell’ambito di un vero e proprio rapporto giuridico, regolamentato da precise norme, ed una di queste è l’art. 2236 che recita:”… se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave”; su questo articolo si è dibattuto a lungo ed esiste una oscillante giurisprudenza in merito sulla legittimità di farvi riferimento; è necessario stabilire quali sono le attività in campo cardiologico e cardio-chirurgico che possono rientrare tra quelle di “speciale difficoltà”.

Quali sono le caratteristiche a cui deve rispondere una procedura per essere definita di

“speciale difficoltà”?

Chi stabilisce i criteri e su quali basi ? E i criteri possono cambiare da caso a caso?

Nella cardiologia invasiva terapeutica, ma questo discorso può essere esteso a tutta la cardiologia e cardio-chirurgia, si potrebbe classificare, come richiesto da alcuni colleghi, l’attività interventista terapeutica sulla base del rischio, in rapporto da un lato alle condizioni cliniche del paziente, se elettivo, in IMA acuto o con angina instabile, stimando maggiore il rischio dove maggiore è la gravità dell’ischemia; dall’altro in base alle caratteristiche anatomico-angiografiche della lesione da trattare.

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Da questa classificazione ne potrebbe derivare una scheda di complessità delle procedure, mediante uno scoring system, che ogni cardiologo e cardiochirurgo dovrebbe compilare, prima di ogni atto medico, e dopo aver valutato l’insieme dei dati clinici e l’anatomia del soggetto.

La valutazione del rischio legato alla procedura potrebbe diventare una fase operativa importante e di riflessione e produrre un documento che delinei un profilo di personalizzazione del rischio stesso.

Per un cardiologo o cardio-chirurgo esperto la compilazione della scheda di scoring del rischio richiederebbe pochi minuti ed imporrebbe una riflessione riassuntiva prima dell’attuazione dell’atto medico.

Questa procedura consentirebbe di informare il paziente preventivamente che il rischio procedurale e le relative scelte sono calcolate su dati statistici, su dati clinici e sui dati derivanti dalla fase diagnostica della procedura.

Infatti per ogni procedura medica serve un consenso che delinei le indicazioni e che entri nella cultura quotidiana.

Quanto già esistente in termini di indicazioni e linee guida è delineato in modo chiaro ma spesso non sufficiente a spiegare le situazioni che vanno male dove è difficile trovare un accordo unanime e dove si troverà sempre un cardiologo o cardio-chirurgo che avrebbe operato un’altra scelta sulla base del suo bagaglio professionale e questo collega potrà condizionare sentenze e queste potranno condizionare l’attività medica futura.

E’ necessario quindi definire gli obbiettivi dell’attività cardiologica e cardio-chirurgica?

Prevenire eventi maggiori, trattare la lesione, salvare una parte del muscolo cardiaco, investire per il futuro…

Perché opero questa scelta in questo paziente?

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E’ la scelta migliore per lui?

Ad esempio, rimanendo nel campo della cardiologia invasiva, è frequente il ragionamento

“disostruisco il vaso che ha causato l’ischemia acuta anche se la malattia è grave e poi dovrò comunque inviare il paziente al cardio-chirurgo, ma così facendo evito la necrosi della parete anteriore del miocardio”

Potrebbe essere utile che le società scientifiche definiscano precisamente gli ambiti entro cui contenere le scelte operative.

Infatti nel caso di contenzioso è proprio sulla scelta che si collocano le ipotesi alternative a quella identificata in quel dato caso, e se una scelta terapeutica cade in ambito di indicazioni corrette, di provata efficacia, tenendo conto delle complessità tecniche delle procedure, dello stato di emergenza o della corretta informazione nel caso di un paziente in condizioni elettive, un cardiologo ed un cardiochirurgo che opera quotidianamente in caso di complicanza, saprà di aver agito in scienza e coscienza secondo quanto definito da regole più precise a tutela non solo sua ma anche del paziente.

Bisogna altresì ricordare che, in linea generale, l’indicazione alle procedure sono ormai abbastanza ben definite da criteri scientifici e clinici, ma la scelta durante le procedure cardiologiche e cardio-chirurgiche di una serie di variabili chiamiamole “tecniche”, come per esempio il tipo e la lunghezza di stent da usare, quanti gonfiaggi e a che atmosfere, etc. è affidata al cardiologo ed al cardio-chirurgo.

Ora, se una procedura porta risultati migliori rispetto ad un’altra questa dovrebbe rendersi disponibile a tutti i pazienti, dovunque si trovino (vedi art. 32 della costituzione). Quindi è necessario decentrare le procedure per far fronte alle necessità, ma le caratteristiche dei

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centri che operano in questo contesto dovrebbero essere definite con precisione. Quante procedure all’anno, con quali percentuali di successo e complicanze ? Con quali esiti ? La complessità degli interventi impone che questi vengano eseguiti in centri accreditati sulla base di competenze specifiche tecniche, scientifiche e professionali, con ambienti dedicati e strumentazioni ottimali, e che venga creato un sistema di controllo di qualità. E’ infatti con grande piacere che ho potuto rilevare la proposta apparsa sull’Italian Heart Journal di organizzare un osservatorio a cui riferire le proprie esperienze medico-legali. In questo modo sarebbe possibile conoscere ed approfondire l’ambito ed i contenuti degli errori in Cardiologia. Nessuno in Italia è a conoscenza di quale sia il rischio specifico in Cardiologia e Cardio-chirurgia. Per tale ragione è fondamentale creare un punto di riferimento comune, un punto di confronto e discussione su questi temi, per definire esattamente quali siano gli errori che, di anno in anno si verificano nella specialità. In questo modo sarebbe più facile definire gli strumenti di prevenzione degli errori, utilizzando questi dati anche come strumento di “formazione/informazione” in favore di tutti i cardiologi. Con tale strumento sarebbe inoltre possibile evidenziare con esattezza ogni richiesta di risarcimento danni “infondata” ed individuare chi ha fornito “faziosi strumenti” medico-legali. Occorre che chi compie una perizia sappia che questa sarà visionata e valutata da un Board delle loro società di appartenenza, sperando che in un recente domani si possa auspicare un accordo politico ed amministrativo tra la magistratura e le società scientifiche, in modo da regolamentare una richiesta da parte del giudice di sottoporre a peer review le conclusioni del perito del tribunale, con un procedimento analogo a quello utilizzato per la pubblicazione di un lavoro scientifico.

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