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1.1 - IL GATTO DA UN PUNTO DI VISTA ZOOLOGICO

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5 1.1 - IL GATTO DA UN PUNTO DI VISTA ZOOLOGICO

Il gatto domestico o Felis silvestris catus, è classificabile da un punto di vista tassonomico, nella famiglia felidae genere felis, suddiviso in circa 25 specie diverse (Bradshaw J.W.S. 1996, p.1). (http://it.wikipedia.org/wiki/Felis_silvestris_catus) Classificazione scientifica Dominio Eukaryota Regno Animalia Sottoregno Eumetazoa Superphylum Deuterostomia Phylum Chordata Subphylum Vertebrata Infraphylum Gnathostomata Superclasse Tetrapoda Classe Mammalia Sottoclasse Theria Infraclasse Eutheria Superordine Laurasiatheria Ordine Carnivora Sottordine Feliformia Famiglia Felidae Sottofamiglia Felinae Genere Felis Specie F. silvestris Sottospecie F. s. catus

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6 Questi felini, conosciuti come "piccoli gatti", appartenenti alla sottofamiglia felinae e genere felis (Kitchener, 1991), hanno caratteristiche comportamentali che li accomunano tra loro, come la capacità di "emettere fusa" in maniera continuativa, la tendenza ad alimentarsi in posizione accucciata, anzichè in decubito e l'incapacità a ruggire. Queste aspetti li contraddistinguono dai così detti "grandi gatti", appartenenti alla sottofamiglia panterae, di cui fanno parte leoni, tigri e leopardi. Si pensa che il più probabile progenitore del attuale gatto domestico sia stata la specie Felis Silvestris, con questa specie si includono ormai anche le numerose specie e razze che si sono diffuse su gran parte del mondo come il Gatto Selvatico Scozzese (F.s.silvestris), Il Gatto selvatico Africano od Arabo (F.f. lybica), il Gatto del deserto Indiano (F.s.ornata) (Bradshaw J.W.S. 1996, p.1). Le razze dislocate geograficamente più a nord, sono caratterizzate da un mantello molto folto e da una mole maggiore a differenza delle razze più tropicali che hanno membra più sottili ed una mantello più leggero. Tra questi estremi però esistono altri tipi intermedi che più si avvicinano al gatto domestico per come lo conosciamo, identificabili come F.s.Catus (Bradshaw J.W.S. 1996, p.3).

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7 1.2 - LA DOMESTICAZIONE DEL GATTO

Il gatto, a differenza del cane non è una specie costruita dall'uomo e nemmeno un animale reso domestico per scopi utilitaristici. La sua domesticazione quindi, se paragonata con quella di altre specie, è piuttosto inconsueta e, se vogliamo, anche piuttosto recente. Con molto probabilità, la sua domesticazione ebbe inizio nel 4000 a.C. in Egitto, dato che risalgono proprio a quest'epoca i ritrovamenti di vari resti di

Felisi silvestris come pure di Felis catus (Bradshaw J.W.S. 1996, p.5).

Pitture e sculture, risalenti al 1600 a.C. in Egitto, forniscono prove sicure della domesticazione del gatto (Serpell 1988).

La diffusione della domesticazione del gatto dall'Egitto, è stata piuttosto lenta, questo può essere spiegabile col fatto che l'animale godeva di una certa importanza religiosa, inibendo così l'esportazione. E' probabile che il gatto abbia fatto la sua prima comparsa in India nel 200 a.C., e tra i romani solamente nel 400 d.C.. Nell'epoca moderna la sua diffusione è diventata globale, anche se esistono alcune differenze tra i diversi paesi (Bradshaw J.W.S. 1996, p.6).

Da un punto di vista comportamentale, la domesticazione ha portato a pochi cambiamenti nel gatto rispetto ad altri animali addomesticati, tra questi i più importanti sono principalmente 3:

1. Riduzione delle dimensioni del cervello, correlato ad una riduzione della risposta agli stimoli naturali (fatto riscontrato anche con altre specie animali rese

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8 domestiche); infatti al tempo in cui si pensa che il gatto fosse stato reso, almeno parzialmente, domestico, i crani dei gatti rinvenuti lasciano presupporre che il loro cervello fosse di dimensioni pressochè simili, comunque non inferiori, ad un moderno Lybica (selvatico) e notevolmente maggiori rispetto ad un moderno

Catus.(domestico)

2. Modificazione dell'assetto ormonale, soprattutto a seguito di una riduzione delle dimensioni del surrene.

3. Persistenza di alcune caratteristiche infantili nell'adulto, la così detta "Neotenia" Come abbiamo già detto le caratteristiche comportamentali del gatto non si sono eccessivamente alterate da quando è entrato a stretto contatto con l'uomo. Infatti la neotenia, anche se presente, è poco evidente, ad esempio gli schemi predatori, che compaiono nei primi mesi di vita, rimangono anche nel gatto adulto, cosa che non avviene invece nel cane, il quale ha una sequenza predatoria che risulta incompleta. Ad ogni modo alcuni comportamenti come "fare le fusa" o "fare la pasta" viene mantenuto con una certa facilità nei gatti adulti domestici rispetto a quanto accada nei conspecifici selvatici (Bradshaw J.W.S. 1996, p.6-7).

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9 1.3 - ASPETTI FISIOLOGICI DELL'ALIMENTAZIONE DEL GATTO

Perché al gatto venga garantita una corretta dieta bisogna principalmente tenere presente tre aspetti:

 Lo stile di vita

 L'età dell'animale

 Lo stato di salute (Burrows, 1989, p.1)

Con "stile di vita" si intende l'attività che il gatto svolge nel corso delle sue giornate, ed in base a questo si deve tenere conto di quanto esso consumi, in termini di energia, per cercare di ottenere un buon bilancio tra ciò che spende e ciò che introduce nel suo organismo. L'età dell'animale sottintende anche lo stato fisiologico in cui si trova. Infatti un soggetto giovane avrà sicuramente un fabbisogno energetico, sia qualitativo che quantitativo, differente rispetto ad un adulto oppure anziano ed altrettanto diverso nel caso in cui vada incontro a stati fisiologici particolari come la gravidanza. Lo stato di salute è forse il più delicato degli aspetti da tenere in mente, in quanto molte patologie possono trarre beneficio, essere aggravate o addirittura essere causate dal tipo di alimentazione che si va a somministrare al proprio animale.Possiamo definire quindi come dieta equilibrata “una miscela di ingredienti che fornisca l'energia e gli elementi

nutritivi essenziali per mantenere in salute l'animale, in conformità al suo tipo di vita ed alla sua età”(Burrows, 1989, p.1).

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10 1.3.2.Appetibilità

E' forse opportuno soffermarsi un momento sul concetto di appetibilità ed evidenziare quanto questo possa essere importante nell'alimentazione di un animale. Perchè il gatto consumi il proprio pasto è necessario che questo soddisfi le caratteristiche di appetibilità che l'animale richiede. Come per gli uomini, nei gatti incidono molto le preferenze individuali, il gusto, l'odore, la conformazione ed i rapporti tra questi elementi (Burrows, 1989, p.3).

L'olfatto non sembra avere una rilevanza primaria nel gatto nella presentazione di un nuovo alimento, è necessario che questo sia sommato al gusto perchè possa superare la sua diffidenza nei confronti del nuovo alimento. Per comprendere se un alimento risulta appetibile da parte di un animale non è semplice; un uomo può semplicemente indicare una sua preferenza nei confronti di un cibo, per i gatti è stato necessario condurre degli esperimenti di neurofisiologia (Boudreau 1989).

Sono 4 i nervi cranici che convogliano le informazioni sul gusto dalla bocca al cervello, ma di questi solamente il nervo facciale è stato studiato a fondo. Nel nervo facciale esistono diversi sistemi di ricezione del gusto e ciascuno ha dimostrato che esiste un ampia gamma di componenti del gusto e di sostanze nutritive, questo ha reso possibile effettuare una serie di paragoni tra la capacità del gatto di assaporare diversi composti e le sostanze nutritive che più spesso trova nel cibo ( Bradshaw J.W.S., 1986, p.102).

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11 In linea di principio il gatto, notoriamente un animale schizzinoso (Houpt K.A., 2009, p 391), gradisce la varietà degli alimenti che gli vengono somministrati, anche se cambiamenti improvvisi possono generare turbe digestive (Burrows, 1989, p.4).

Avversioni e preferenze alimentari:

Il gatto non dimostra alcuna predilezione per gli zuccheri, diversamente da altri animali, infatti preferisce anzi una soluzione salata che contenga zucchero ad una soluzione zuccherata semplice. Inoltre il gatto non mangia razioni contenenti trigliceridi a media catena, ne gradisce olio di cocco contenente acidi grassi saturi. Questo può dipendere dal fatto che i gatti sono in grado di scindere i trigliceridi in acidi grassi già nel proprio cavo orale (il gatto infatti produce lipasi linguale) e diventa molto sensibile al sapore amaro, infatti, razioni che già contengono più dello 0,1% di acido caprilico, vengono rifiutate dai gatti (Houpt K.A., 2009, p. 392).

Secondo Houpt (2009, p.392) i gatti preferiscono il pesce alla carne e, come i cani, preferiscono la variabilità di cibi sempre nuovi, piuttosto che sempre la stessa razione domestica. Può essere utile osservare il proprio gatto per valutare se un alimento e di suo gusto o meno: si leccherà il naso se avrà trovato l'alimento disgustoso, si pulirà invece il muso se lo avrà trovato di suo gusto. Se si offre ad un gatto la possibilità di scegliere tra un cibo abituale ed uno nuovo, questo sceglerà senza dubbio quello nuovo nche se entrambi sono di tipo secco normalmente in commercio. Anche l'esperienze può

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12 modificare l'apppetibilità di un gatto verso un determinato alimento, ad esempio i gatti allevati non gradiscono il cibo secco, perchè più difficoltoso da digerire, mentre quelli domestici evitano la carne fresca.

1.3.3.Energia

Sul tema dell'energia è bene approfondire alcuni punti, in quanto un suo scorretto bilanciamento può essere causa o comunque un fattore che predispone a numerose malattie.

La capacità dell'organismo di assorbire energia dall'apporto di cibo non è totale ne completo, ma molta di questa energia si perde nei vari passaggi che portano all'assunzione degli elementi nutritivi (Burger 1989, p.12).

E' per questo che, secondo Burger (1989, p.12) è stato necessario effettuare una divisione dell'Energia in 3 livelli differenti:

1. Energia lorda (GE)= Energia totale, liberata completamente dal cibo se bruciato in un'atmosfera di ossigeno puro con uno strumento detto calorimetro)

2. Energia digeribile (DE)= Consta dell'energia lorda meno le perdite fecali.

3. Energia metabolizzabile (ME)= Energia che viene effettivamente utilizzata dai tessuti dell'organismo e viene calcolata sottraendo a DE le perdite urinarie.

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13 Un gatto adulto, che effettua una quantità di esercizio moderato durante l'arco della giornata, consuma in media tra le 70-90 Kcal al giorno di energia metabolizzabile per Kg di peso corporeo (Rainbird A.L., 1989, p. 87).

Nella dieta, ciò che realmente apporta energia, sottoforma di calorie, sono carboidrati, grassi e proteine (Burger I.H., 1989, p 11).

Per valutare meglio la digeribilità di questi 3 elementi per il gatto, è necessario tenere presente questi valori:

Elementi Energia bruta

(Kcal/g)

CUD (p.100) EM (Kcal/g)

Estrattivi inazotati 4,15 78,8 3,27

Protidi 4,4* 78,3 3,45

Lipidi 9,4 85,3 8,02

CUD= Coefficiente di utilizzazione digestiva EM= Energia Metabolizzabile

*Questo valore integra le perdite azotate urinarie, corrispondenti a circa 1,25 Kcal per grammo di protidi ingeriti (e catabolizzati), e permette così una valutazione diretta in energia metabolizzabile (e non in energia digeribile) quando si applica in seguito il coefficiente di digeribilità (Wolter R., 1983, p. 41).

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14 Carboidrati

In base agli studi effettuati si sa per certo che i gatti possono essere mantenuti senza l'utilizzo di carboidrati nella dieta, se è però presente un sufficiente apporto di grassi e proteine da cui possano ricavare il glucosio (Burger I.H., 1989, p 13).

Grassi

I grassi sono la fonte più concentrata di energia, conferiscono appetibilità all'alimento e sono fondamentali nella dieta in quanto forniscono gli EFA (Essential Fatty Acids) e sono veicoli per vitamine liposolubili (Bradshaw J.W.S., 1986, p. 100 - 101).

Nel gatto il fabbisogno degli EFA è soddisfatto da olii vegetali, animali e grassi nel cibo, che contengono un sufficiente apporto di Ac.Arachidonico (Burger I.H., 1989 p 14 - 16).

Proteine ed amminoacidi

I gatti necessitano di un maggior apporto di proteine rispetto a tutti gli altri mammiferi, il minimo apporto per un gatto adulto infatti è del 12% sul peso secco del cibo, mentre per un cucciolo in accrescimento è del 18%. Questo elevato fabbisogno è dovuto essenzialmente al fatto che a livello epatico il gatto produce enzimi di degradazione molto attivi (gli N-catabolici) che degradano le proteine. Questo spiega il perchè sia il gatto adulto che il cucciolo, traggano il massimo della loro energia dalla parte proteica

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15 della dieta, rispetto ad altri mammiferi che impiegano invece le proteine per l'accrescimento ed il mantenimento corporeo (Bradshaw J.W.S., 1986, p.100).

Le proteine, inoltre, hanno l'importante funzione di apportare quelli che sono definiti come “amminoacidi essenziali”, quelli cioè che non possono essere sintetizzati dall'organismo (Burger I.H., 1989, p. 16).

In particolare nel gatto hanno una rilevanza fondamentale:

 Arginina: Fondamentale nel ciclo dell'urea e nella metabolizzazione dei composti azotati. La sua carenza provoca infatti accumulo nel flusso sanguigno di derivati dell'urea e la morte del soggetto nel giro di poche ore (Morris e Roger 1978) (Bradshaw J.W.S., 1986, p. 100).

 Taurina: Necessaria nel gatto per la formazione dei sali biliari, inoltre una sua carenza è stata associata ad una degenerazione della parte centrale della retina (Hayes et al. 1975) (Burger I.H., 1989, p. 17 - 18).

Ad ogni modo, una volta soddisfatti i fabbisogni degli amminoacidi essenziali, è stato dimostrato (Burger et al. 1984) che, è sufficiente un apporto delle calorie di origine proteica di circa il 10% per mantenere il bilancio di azoto nei gatti adulti. (Burger I.H., 1989, p.16)

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16 Il bilancio energetico

Un animale ha un corretto bilancio energetico quando il suo consumo di energia è uguale alla produzione, così la quantità di energia immagazzinata nel corpo non varia, quindi:

Energia immagazzinata= Energia ingerita – Energia consumata

Nel gatto l'energia immagazzinata viene accumulata principalmente sottoforma di grasso che aumenta nel tessuto magro (Burger I.H., Blaza S.E., 1989, p.39-40).

Quindi una dieta ottimale deve, per essere considerata tale, garantire un corretto equilibrio tra Energia ingerita ed Energia consumata, questo sia nel caso in cui si voglia mantenere un peso ottimale, sia nel caso in cui si voglia curare un animale in sovrappeso e sia nel caso in cui si voglia portare ad un buon"Body Condition Score" (BCS) un animale denutrito.

1.3.4.Centri di controllo della fame.

La sensazione di fame o sazietà è un meccanismo complesso che coinvolge diversi fattori come le variazioni degli elementi nutritivi nel plasma o dei livelli dei metaboliti; queste alterazioni indicano un cambiamento delle riserve energetiche che stimola l'attività nervosa e quella ormonale che può provocare od inibire la fame (Burger I.H., Blaza S.E., 1989, p.42).

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17 Per quanto riguarda l'attività nervosa, a livello encefalico, precisamente nell'ipotalamo, risiede il centro della fame, un gruppo di neuroni che occupano diverse zone (Valros A., Hanninen L.,2009, p.25,).

La stimolazione di questo centro può far si che animali sazi si alimentino e che animali affamati smettano di mangiare (Burger I.H., Blaza S.E., 1989, p.42).

Dopo un pasto, fisiologicamente si verifica un aumento della temperatura profonda ed un ancor più maggiore aumento della temperatura cutanea, fatto che risulta essere collegato con la diminuzione dell'appetito. L'efficacia di vari cibi nel produrre uno stato di sazietà è collegato al calore prodotto nel renderli atti all'ossidazione. Quindi non c'è da stupirsi che sia stato osservato che il mangiare ed il bere siano stati ottenuti con termostimolazioni nell'asse preottica ipotalamico (Pio M.A., 1994, p. 50).

1.3.7. L'alimentazione dei gatti durante la loro vita

Per mantenere un gatto in salute è importante che gli venga somministrato un cibo di buona qualità e che soddisfi tutti i suoi fabbisogni nutrizionali, ma è altrettanto importante conoscere l'ambiente dove vive il gatto o lo stato fisiologico in cui l'animale si trova. E' ovvio che in condizioni climatiche differenti, conseguirà una diversa assunzione energetica, un cucciolo avrà esigenze nutrizionali diverse rispetto ad un gatto adulto, più indirizzate all'accrescimento; una gatta gravida cambierà le sue abitudini ed i suoi bisogni nutrizionali durante il periodo di gestazione od in quello

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18 successivo di lattazione. Ad ogni modo, la maggior parte dei gatti domestici sono adulti, non gravidi e che principalmente vivono in casa, in ambienti non soggetti a grandi sbalzi climatici (Rainbird A.L., 1989, p.86, 88).

Di seguito è riportata una tabella dei fabbisogni nutritivi del gatto (in rapporto alla sostanza secca alimentare (Wolter R., 1983, p.41):

Proteine grezze 280g/Kg Vitamina A 10000 UI/kg

Grassi 9g/Kg D 1000 UI/kg -ac.linoleico 1g/Kg E 80mg/Kg Calcio 10g/Kg B1 5mg/Kg Fosforo 8g/Kg B2 5mg/Kg Potassio 3g/Kg PP 45mg/Kg Cloruro di sodio 5g/Kg B6 4mg/Kg

Magnesio 0,5g/Kg Acido pantotenico 10mg/Kg

Ferro 100mg/Kg Acido Folico 1mg/Kg

Rame 5mg/Kg Vit.B12 0,02mg/Kg Zinco 30mg/Kg Colina 2000mg/Kg Manganese 10mg/Kg Inositolo 200mg/Kg Iodio 1mg/Kg Biotina 0,05mg/Kg Selenio 0,1mg/Kg Energia Metabolizzabile 4000Kcalorie/Kg

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19 Consumi d'acqua nel gatto secondo il tipo di razione (g di acqua/g di sostanza secca alimentare)

Acqua dell'alimento Abbeverata Totale

Alimento umido 3,3 0,6 3,9

Alimento secco 0,1 2,2 2,3

Alla nascita i gattini di solito pesano tra gli 80 e 140 g, la loro alimentazione dipende esclusivamente dal latte materno per le prime quattro settimane di vita. Arrivati alla quarta settimana di età i cuccioli avranno triplicato il loro peso, iniziano ad esplorare l'ambiente e da questo momento inizierà il loro svezzamento, sostituendo gradualmente, il latte materno con altri cibi. In questo periodo i gattini necessiteranno di un alimento che fornisca loro circa 260 kcal al chilogrammo di peso corporeo. Differente è la situazione per un gatto adulto che invece necessita di 70 - 80 kcal per kg; perciò l'assunzione energetica di un cucciolo, in relazione al peso corporeo, è di tre o quattro volte quella di un adulto (Rainbird A.L., 1989, p. 89 - 90).

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20 Di seguito una tabella con i fabbisogni energetici calcolati per gattini in crescita in relazione alla loro età e al peso corporeo ideale (Rainbird A.L., 1989, p. 91).

Età (settimane) Peso corporeo ideale (Kg) Fabbisogno medio di energia metabolizzabile (Kcal/Kg/giorno) Range di Fabbisogno di energia metabolizzabile (Kcal/Kg/giorno) 8 0,6-1 260 160-225 10 0,8-1,2 175-280 12 1,0-1,4 222-275 14 1,2-1,6 200 235-300 16 1,4-1,9 246-325 18 1,6-2,2 274-355 20 1,8-2,5 150 280-375 24 2,1-2,8 260-363 28 2,3-3,1 288-205 32 2,5-3,4 301-403 36 2,7-3,7 313-426 40 2,9-4,0 100 316-436 44 3,0-4,1 300-401 48 3,0-4,2 257-364 52 3,0-4,3 80 240-344

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21 Fasi molto delicate durante la vita di un gatto sono senza dubbio quella della gravidanza e quella successiva della lattazione. Nella prima avremo un periodo in cui la gatta avrà notevoli variazioni riguardo al proprio peso corporeo che verso la nona settimana arriverà intorno ad un 40% in più che verrà poi perso nuovamente al parto. In questo periodo non è necessaria un'alimentazione particolare, ma solamente un aumento della quantità della razione giornaliera, per soddisfare il fabbisogno fetale (Rainbird A.L., 1989, p. 93).

La fase di allattamento richiede invece un maggior apporto energetico per la madre (fino a 3 – 4 volte la normale quantità energetica fornita dalla razione giornaliera); questo è giustificato dal fatto che la densità energetica del latte prodotto dalla gatta si aggira intorno a livelli molto alti, circa 106 kcal/100g (Rainbird A.L., 1989, p. 94). Risulta quindi importante in questo periodo fornire diete altamente concentrate alla gatta e stimolarne l'appetito con pasti molto frequenti.

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22 1.4 - ASPETTI COMPORTAMENTALI DELL'ALIMENTAZIONE DEL

GATTO

1.4.1.Il gatto ed il suo rapporto col cibo

Il gatto è un animale molto esigente se si parla di cibo, è per questo che risulta essere una buona idea quella di fornire una grande varietà di cibi di diversi tipi (in scatola, semiumido, secco, fresco...), mentre stanno ancora crescendo. Questa strategia potrà rendere più facile che, una volta adulti, accettino cibi di varie tipologie. Può succedere che un gatto si fissi su un solo tipo di cibo, se questo è preparato da compagnie di fiducia, non sarà necessario preoccuparsi dal momento che sarà un alimento studiato per soddisfare a pieno le esigenze nutrizionali dell'animale. Se però, l'alimento che l'animale sembra prediligere, risulta essere un tipo di cibo fresco, allora è necessaria una maggiore attenzione, perchè il rapporto tra minerali, proteine, lipidi e carboidrati sia quello corretto e che l'apporto energetico non sia basso tanto da deperire l'animale e nemmeno eccessivo da mandarlo incontro ad obesità. Bisogna tenere conto anche dell'attività che il gatto svolge, se consuma molte prede con l'attività di caccia, se gli vengono forniti bocconcini al di fuori dei pasti. Questi rappresentano piccoli sovrappiù che possono arrivare a coprire un 10/20% del fabbisogno giornaliero. E' quindi importante per i proprietari anche un'attenta osservazione del comportamento dell'animale in rapporto al cibo che gli viene somministrato, permettendogli di valutare

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23 il giusto livello di somministrazione, i gusti, le avversioni del proprio gatto per raggiungere un regime alimentare soddisfacente (Rainbird A.L., 1989, p. 92) .

Per quanto riguarda la frequenza, in natura, il gatto non si alimenterebbe con pochi pasti abbondanti a distanza di diverse ore l'uno dall'altro, ma la sua abitudine sarebbe anzi quella di cibarsi di piccole prede, come roditori, uccelli, lucertole, che quindi rendono necessari più pasti frazionati durante l'arco della giornata (Heath S. 2005, p.47 - 48). Sono stati condotti degli studi ed effettivamente è stato riscontrato che i gatti preferiscono un alimentazione costituita da pasti meno abbondanti e più frequenti e che emulino, quindi, le loro abitudini in natura (Rainbird A.L., 1989, p. 87).

Da uno studio di Mugford (1977), in cui ad un gruppo di gatti veniva lasciato libero accesso al cibo, è stato riscontrato che questi preferivano effettuare una media di 13 piccoli pasti nell'arco delle 24 ore, piuttosto che concentrare l'alimentazione in solo alcuni momenti della giornata (Hart B.L. Hart L.A., 1989 p.140).

Certo questo non si confà alle consuetudini dei proprietari che spesso alimentano il proprio animale nei momenti coincidenti con i pasti della famiglia. Anche se non appartenente alla propria natura, è comunque un abitudine a cui i gatti si sanno adattare e se correttamente bilanciata non porta ad alterazioni alla qualità della vita del gatto (Rainbird A.L., 1989, p. 87).

Meglio sarebbe lasciare a disposizione dell'animale, in un ambiente a lui sempre accessibile, la propria ciotola del cibo, con l'alimento sempre a disposizione. I gatti

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24 hanno una grande capacità autoregolatoria per quanto riguarda l'assunzione di cibo e se l'animale è sano e vive in un ambiente che non lo costringere a modificare le sue abitudini comportamentali, è perfettamente in grado di assumere la giusta quantità di alimento (Rainbird A.L., 1989, p. 88).

1.4.2.Fattori che influenzano il comportamento alimentare del gatto

Diversi possono essere i fattori che influenzano i comportamenti alimentari degli animali, alcuni agiscono a breve termine, altri a lungo termine ed altri ancora si instaurano solo in particolari situazioni di emergenza. Tra quelli a breve termine possiamo parlare del gusto che è in grado sia di stimolare sia di inibire l'assunzione dell'alimento, la replezione gastrica che può provocare inappetenza, le modificazioni del lume intestinale, come un aumento della sua osmoticità ed una liberazione dell'ormone colecistochinina, che limitano l'assunzione dell'alimento. I controlli a lungo termine del comportamento alimentare invece, con i quali l'assunzione dell'alimento viene dettata per regolare l'omeostasi del peso corporeo o del contenuto adiposo dell'organismo, sono particolarmente attivi. Il retrocontrollo che deriva dalle cellule adipose è garantito dalla leptina, un ormone di natura proteica che raggiunge il cervello e determina il senso di sazietà (Houpt K.A., 2009, p. 367).

I suoi recettori sono localizzati soprattutto a livello ipotalamico, questo fa presupporre un ruolo centrale di questa sede nel controllo omeostatico, ma si trovano anche in molte

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25 altre aree dell'encefalo (Valros A., Hanninen L.,2009, p.31).

In uno studio è stato appurato che la concentrazione di tale ormone è significativamente più alta in soggetti sovrappeso, rispetto a soggetti normopeso per la forte correlazione che quest'ormone ha con il grasso corporeo. Verrebbe quindi da pensare che una così alta concentrazione di leptina possa instaurare il fisiologico feedback negativo nei confronti dell'assunzione di cibo, l'ipotesi più accreditata è che si sviluppi una sorta di resistenza a quest'ormone che ne vanifica l'effetto inibitorio che avrebbe normalmente sull'appetito (Appleton D.J., Rand J.S. and Sunvold G.D., 2000).

Ad ogni modo l'ormone che manifesta gli effetti più potenti sul comportamento alimentare è la grelina. Si tratta di una sostanza prodotta dalle cellule endocrine gastriche. Ad un suo aumento nel livello ematico, corrisponde un aumento dell'appetito e, conseguentemente, sulla consistenza del pasto. Questo ormone sembrerebbe segnalare il senso di fame, poiché è stato dimostrato che i suoi livelli aumentano prima dei pasti e si riducono subito dopo (circa un'ora). Altro ormone che ha un controllo sull'assunzione di alimento è la colecistochinina (CCK) che secreta dall'intestino tenue durante il pasto, inibisce l'assunzione di cibo e con l'aumentare del suo livello, fa terminare il pasto anche se non sembra influenzare il consumo totale del cibo. Se somministrata fa diminuire l'entità del pasto a non aumenta la durata degli intervalli che intercorrono tra un pasto e l'altro che anzi possono rivelarsi più brevi per compensare la minore assunzione di cibo (Valros A., Hanninen L.,2009, p.32).

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26 Se trattati con progestinici orali, i gatti, come i cani, possono incrementare la loro assunzione di cibo. Vengono infatti utilizzati per stimolare l'appetito nel gatto anoressico. I gatti invece ovaristerectomizzati o castrati sono caratterizzati da attività metaboliche ridotte, per cui quando hanno cibo a volontà, possono alimentarsi eccessivamente ed andare incontro ad obesità, oltretutto se sono carenti di attività fisiche (Houpt K.A., 2009, p. 393).

I fattori che invece influenzano l'alimentazione in situazioni di emergenza, possono essere ad esempio l'improvvisa carenza di glucosio metabolizzabile, non coinvolto nell'appetito, e che appare tra un pasto e l'altro (Houpt K.A., 2009, p. 365).

L'insulina, importante ormone anabolico, segnala la necessità di immagazzinare nutrienti (Valros A., Hanninen L.,2009, p.33).

Non si conosce se il suo effetto sia diretto sul SNC od indiretto sul glucosio periferico. Il glicogeno invece avrebbe un effetto opposto a quello insulinico, e stimolerebbe il senso di sazietà (Burger I.H., Blaza S.E., 1989, p.42).

Un aumento di glicemia non sopprime affatto l'appetito, se l'animale ha cibo a volontà può anche ingerire più pasti al giorno ed il desiderio di nutrirsi è probabilmente legato all'affievolirsi dei segnali di sazietà. Tutti questi fattori vengono integrati nel cervello e cooperano nel modulare il comportamento alimentare. Il concetto che l'appetito è stimolato dall'affievolirsi dei segnali di sazietà che vengono inviati al SNC è avvalorato ulteriormente dall'osservazione che taluni depressanti del SNC, iniettati nel cervello

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27 possono stimolare l'appetito (Houpt K.A., 2009, p. 365).

Per quanto riguarda la temperatura ambientale, non esistono studi particolari effettuati tra l'assunzione dell'alimento e la temperatura ambientale nei gatti, ma si è dimostrato che il freddo può alterare il comportamento alimentare del gatto molto di più delle variazioni della temperatura corporea o cerebrale. Si è osservato che un gatto che beve latte, non solo ha una flessione della temperatura cerebrale, ma smette anche di mangiare. Se la temperatura del cervello fosse il fattore condizionante l'assunzione di cibo, ci si dovrebbe aspettare una maggiore assunzione di cibo mano a mano che essa discende (Houpt K.A., 2009, p. 393).

Per gli animali molte scelte alimentari sono legate a funzioni cerebrali più complesse e comprendono la memoria e l'obbiettivo della ricompensa. In natura, per il gatto, come per tutti gli altri animali, durante tutta la sua evoluzione, il trovare e consumare cibo è sempre stato un fattore cruciale, ed è per questo che gran parte del sistema nervoso è coinvolto in questo processo, come ad esempio alcune parti dell'amigdala che risultano essere particolarmente importanti per l'apprendimento di stimoli che siano legati al cibo, oppure come la corteccia frontale che regola la memorizzazione di queste informazioni. E' così che l'animale capisce e ricorda quali cibi siano commestibili, utili o nocivi, e dove può trovare un alimento che preferisce. Come per l'uomo, il solo pensiero del cibo determina una aumento fisiologico della salivazione, analogamente succede negli animali. Quando l'animale consumerà un cibo a lui preferito, si attiveranno i neuroni

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28 dopaminergici, determinando una sensazione di piacere che il gatto ricorderà ed assocerà a quell'alimento. Il comportamento alimentare non ha solo la capacità di soddisfare i fabbisogni energetici dell'animale, ma anche quella di selezionare i nutrienti specifici di cui l'organismo ha bisogno, con un sistema chiamato “Sazietà selettiva” (Berthound 2007).

E' stato dimostrato infatti che i neuroni che si attivano a seguito dell'assunzione di energia, riescono a distinguere le varie fonti energetiche. Infatti la preferenza di un alimento rispetto ad altri è fortemente influenzata dalla tipologia di cibi che l'animale ha assunto di recente, ad esempio: se un animale ha consumato un pasto ricco di glucosio, l'attività nervosa sarà minore se si cercherà di presentargli cibi contenenti zuccheri, mentre si avrà una risposta pressochè simile, se verranno presentati cibi contenenti energia in forma diversa (Valros A., Hanninen L.,2009, p.33).

Non esistono studi scientifici che dimostrino che un gatto mangi di più se si trova in presenza del proprietario, oppure se osserva un altro gatto mangiare, ma molti proprietari asseriscono che l'animale si alimenti solamente con la loro presenza. Infatti molti padroni preferiscono tenere del cibo in camera da letto, affermando che questo riduce miagolii notturni rispetto a lasciare il mangime in cucina. Questo rafforza l'ipotesi che alcuni gatti preferiscano la presenza del proprietario per alimentarsi (Houpt K.A., 2009, p. 391).

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29 1.5 - OBESITA'

1.5.1.Caratteristiche dell'obesità e problemi che derivano da una scorretta alimentazione

Esiste un'alta frequenza dei rapporti tra alimentazione e patologia dei carnivori legata ad una dieta sbagliata, con conseguenze fortemente dannose per gli animali costretti a vivere una vita sedentaria (Wolter R., 1983, p.153).

I problemi relativi alla dieta possono essere: una sottoalimentazione, che nel gatto si traduce, come problema più grave, in una carenza di tiamina, oppure una sovralimentazione che porta ad obesità (Markwell P.J.,1989, p.111).

Se questi squilibri alimentari, anche se per la maggior parte delle volte si presentano in forma modesta, avvengono lungo tutto l'arco della vita dell'animale, si possono facilmente manifestare delle patologie organiche croniche. Succede infatti soventemente che i gatti, come i cani, subiscano gli errori dietetici degli stessi padroni e possano dunque andare incontro alle stesse malattie metaboliche (Wolter R., 1983, p.145). Per quanto riguarda la sovralimentazione questa può essere valutata sia da un punto di vista di energia ingerita sia da un punto di vista quantitativo della razione. Quando ad un animale viene somministrata una razione giornaliera poco energetica ma di grande quantità, questo sarà portato a compensare la carenza nutrizionale ingerendo una quantità ancora maggiore di alimento. Qualora invece si somministri una dieta con alti

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30 valori energetici ma di scarsa quantità, l'animale sarà portato a sovralimentarsi perché il suo stomaco non si sarà riempito tanto da soddisfarlo (Valros A., Hanninen L.,2009, p.33).

Come abbiamo già accennato, i gatti, a differenza dei cani, sono in grado di regolare il consumo volontario degli alimenti, questo si pensa possa essere dovuto al fatto che siano originari dei tropici e che quindi non abbiano mai dovuto sopportare un grande dispendio di energie per la termoregolazione e per il lavoro muscolare (Wolter R., 1983, p.153).

L'obesità è considerata come l'accumulo di quantità eccessive di tessuto adiposo nel corpo. Risulta essere, vista la regolarità con cui si manifesta, la forma più importante delle malnutrizioni nella pratica dei piccoli animali (Markwell P.J.,1989, p.111) .

Si tratta di una malattia che minaccia tutti i gatti, in particolar modo quelli sterilizzati, che vivono in casa, che hanno meno di 10 anni e sono di sesso maschile (Yaguiyan-Colliard L., Diez M., German A., Lloret A., 2008, p.7).

E' vero che i gatti, in grado di regolare il consumo volontario degli alimenti, ma l'obesità è un problema presente anche per questa specie, in quanto risultano essere affetti da questa patologia circa il 10% dei gatti (Manson 1970; Edney, 1976; Anderson, 1973; Lewis 1978) (Wolter R., 1983, p.153).

Negli ultimi 20 anni si è passati da un'incidenza dell'obesità dal 10% al 29% (Houpt K.A., 2009, p. 394), anche se, alcuni studi hanno riscontrato anche picchi del 40%

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31 (Scarlett 1994, Armstrong 1996) con una media che si aggira su un 35% di gatti in sovrappeso, ed un 5 % obesi (Yaguiyan-Colliard L., Diez M., German A., Lloret A., 2008, p.7).

Semplice da comprendere è la definizione di obesità nel suo aspetto negativo, meno semplice stabilire i limiti oltre il quale si può parlare di questi eccessi. Nel gatto si considera come peso medio quello intorno ai 4 kg, con un range medio che si aggira tra i 3 e 5 kg, ma gatti più piccoli o più grandi non sono eccezioni ed alcuni gatti maschi che raggiungo i 6-8 kg di peso, non è detto che siano obesi (Rainbird A.L., 1989, p. 92). Per cercare di essere più precisi, in uno studio è stato definito come sovrappeso, un peso superiore del 15% rispetto al valore ideale ed obesità, invece, uno che superi il 30% di questo valore (Burkholder) (Yaguiyan-Colliard L., Diez M., German A., Lloret A., 2008, p.7).

Quantificazione dell'obesità

Come riportato da German A. e Martin L. (2008, p.15), sono numerose le tecniche disponibili per la quantificazione del peso corporeo in un gatto:

 Valutazione clinica (misure morfometriche, punteggi di condizione corporea,

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 Procedure sperimentali (analisi chimiche, tecniche di diluizione, potassio totale

nell'organismo, densitometria, conduttività elettrica, corporea totale ed analisi dell'attivazione di neutroni)

 Tecniche potenzialmente applicabili in ambito clinico ("DEXA" ossia Dual

Energy X-ray absorptiometry, analisi d'impedenza bioelettrica, tomografia computerizzata, risonanza magnatica)

Nei questionari distribuiti per questa tesi ho fatto riferimento a 3 particolari metodi di valutazione:

1. Misurazione del peso corporeo

2. Punteggio di condizione corporea, richiedendo l'osservazione da parte del proprietario per poi confrontarlo con il terzo metodo effettuato invece personalmente.

3. Valutazioni morfometriche

Ritengo quindi opportunosoffermarsi brevemente su queste tre metodiche.

Misurazione del peso corporeo

Probabilmente la più semplice delle tecniche disponibili, è utile se effettuata costantemente, in quanto animali sani non si dovrebbero registrare grosse variazioni di peso da un giorno all'altro. E' importante a tal fine usare sempre la stessa bilancia perchè una taratura diversa può falsare il risultato. (German A. , Martin L. , 2008, p.15)

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33 Questo dato ha però un'importanza relativa se preso singolarmente, è vero che un gatto di media pesa intorno ai 3,5-4 kg, ma per certi gatti, diendentemente se a pelo corto, a pelo lungo, se di determinate razze, se di conformazioni particolari, è possibile che questi 4 kg siano troppo pochi, ottimali od eccessivi (Yaguiyan-Colliard L. et al, 2008, p.17).

Punteggio della condizione corporea

Questo metodo si basa sull'assegnazione di un punteggio in una scala che va da 1 a 9 (esiste anche un sistema a 5 punti, che in genere viene suddiviso in frazioni di mezzo punto, quindi diventa pressochè simile alla scala da 9 punti), dove 1 rappresenta il punteggio minimo, da assegnare ad animali che si presentano estremamente magri (con gabbia costale, colonna vertebrale, spine scapolari e pelvi ben visibili, perdita di massa muscolare molto marcata, assenza di grasso palpabile sulla cassa toracica), 5 il punteggio ottimale per quei gatti che si presentano con una conformazione ideale (gabbia costale, colonna vertebrale non visibili ma facilmente palpabili, evidente retrazione addominale(giro vita), scarso grasso addominale) e 9 il punteggio massimo da assegnare a soggetti estremamente grassi (con imponente deposito di grasso a livello toracico, spinale ed addominale ed imponente distensione dell'addome) (Yaguiyan-Colliard L., et al 2008, p.18 - 20).

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34 http://www.ilchirone.org/it/centro-veterinario-gatti-cagliari/alimentazione-consigli.asp

Si tratta di un metodo soggettivo, di semplice e facile esecuzione. Dipende esclusivamente dall'interpretazione dell'operatore e non fornisce alcune informazioni sulla quantità precisa relativa al grasso libero o sulle alterazioni della massa corporea magra rispetto a quella gassa. (German A. , Martin L. , 2008, p.15)

Per questo motivo non è stato possibile, per lo studio in questione, avvalersi di questo metodo per avere un riscontro scientifico se i gatti presi in esame fossero sovrappeso o meno, ma è stato utile per delineare un quadro abbastanza preciso su come i proprietari vedono i rispettivi animali e raffrontare le risposte con i risultati ottenuti da misurazioni più attendibili.

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35 Valutazioni morfometriche

E' stato il metro di misura per la valutazione oggettiva della condizione corporea dei gatti presi in esame in questo studio. Solitamente si utilizza un metro a nastro e si effettuano almeno un paio di misurazioni, mettendo in rapporto, nel nostro caso con il Feline Body Mass Index (FBMI) la lunghezza dell'arto posteriore, precisamente da rotula a calcaneo (Leg Index Measurament LIM) con la circonferenza della gabbia toracica, prendendo come punto di riferimente il margine craniale della 9a costola. Con questi risultati è possibile stabilire tramite formula, la percentuale di grasso corporeo: 1,5 x (gabbia costale - LIM) / 9

oppure consultando uno schema di riferimento come il seguente:

E' uno strumento semplice da utilizzare, oggettivo e soprattutto permette di dimostrare e convincere il proprietario che il gatto si trova in una situazione di sovrappeso e che ha bisogno di un maggior controllo dietetico. (Elliot A.D, 2006)

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36 1.5.2. Cause di obesità.

Un soggetto va incontro ad obesità dal momento che l'assorbimento energetico eccede in qualche grado il fabbisogno dell'animale, questa energia in eccesso viene quindi accumulata sottoforma di grasso. Questa condizione è spesso associata alla mancanza d'esercizio del soggetto, è anche vero che la malattia può essere associata ad altre patologie come l'ipotiroidismo ma da uno studio (Armstrong ed altri 1951) è stato confermato che almeno nel 95% dei casi negli esseri umani è causato proprio da una sovralimentazione ed è improbabile che la proporzione sia minore nei gatti. (Markwell P.J.,1989, p.112)

Quindi i fattori che determinano questa sovralimentazione spesso è più facile riscontrarli in problemi legati al comportamento, sia del gatto che del proprietario.

Cause alimentari

L'ingrassamento, come abbiamo già accennato, è dovuto inizialmente ad un iperassunzione energetica in rapporto ai fabbisogni. Se aggiungiamo una vita sedentaria, una conseguente mancanza di esercizio e quindi una minore dispersione termica, questi fabbisogni si riducono ulteriormente. A questo fatto possiamo anche aggiungere gli effetti predisponenti della moltiplicazione degli adipociti conseguenti da un'iperalimentazione in giovane età o particolari caratteri ereditari di certe famiglie, argomenti che approfondiremo meglio in seguito, ma possono giocare un ruolo

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37 fondamentale anche l'incoraggiare, e poi mantenere, una golosità nei riguardi degli zuccheri, confetti, cioccolatini e torte, molto appetiti che forniscono glucidi semplici a rapido assorbimento. Questi glucidi stimolano la lipogenesi ed inducono un senso di sazietà molto passeggero, che non appena superato porterà l'animale ad alimentarsi molto presto. (Wolter R., 1983, p.156)

Molto spesso non si tiene in considerazione la diversità che intercorre tra cane e gatto, e proprietari che hanno, od hanno avuto, entrambi gli animali, possono tendere a somministrare una razione con un fabbisogno energetico superiore rispetto a quello che in realtà sarebbe necessario per il proprio gatto. Basti pensare infatti che un gatto di 4 Kg, necessita il 31% di energia in meno rispetto ad un cane di 4Kg (Yaguiyan-Colliard L. et al, 2008, p.7).

Le possibilità che il gatto incrementi il proprio peso ponderale aumentano ulteriormente se vengono anche somministrati bocconcini straordinari, al di fuori dei normali pasti quotidiani. Questo altera ovviamente l'equilibrio dietetico e spesso più di quanto il proprietario possa immaginare.

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38 Di seguito riporto un breve elenco di possibili bocconcini con il loro contributo energetico alla dieta:

Quabtità Apporto energetico (kcal) Apporto giornaliero in eccesso (%) 2 cucchiai di formaggio magro 54 21 2 cucchiai di yogurt 41 16 100 ml di latte intero 58 23 25g di panna 96 38

25g di tonno (in salamoia) 28 11

43g di patè di fegato 154 61 25g di fegato 30 12 30g di cotenna 255 101 60g di formaggio cremoso ad elevato contenuto di grassi 62 25 (Yaguiyan-Colliard L., et al, 2008, p.58)

A volte però è necessaria la somministrazione di diete ad elevata densità calorica e ricche di lipidi, come quelle che i veterinari prescrivono per gatti per cui è importante prevenire la FLUTD, diventa quindi importante calcolare accuratamente la razione giornaliera per ridurre il rischio di obesità, ed evitare assolutamente la somministrazione di bocconcini e surplus alimentari (German A. , Martin L. , 2008, p.6).

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39 Lo stress

Lo stress altro non è che “una qualsiasi forza fisica, psicologica o fisiologica che disturbi l'equilibrio” (Taber, 2006, P.2179).

Una situazione stressante per un animale è quindi quella sulla quale non ha controllo e non può prevedere cosa succederà.

La mancanza di prevedibilità e di controllo sull'ambiente può derivare da:

 Incoerenti interazioni tra animale e proprietario

 Mancanza di abitudine all'obbedienza

 Inappropriato utilizzo di punizioni

 Mancanza di routine

 Frustrazione delle normali tendenze all'interazione sociale od all'esplorazione (Luesher Andrew U., 2004, p.283)

L’uomo è portato a considerare il gatto un membro della famiglia, lo umanizza

e ciò è spesso la causa incriminante di molti squilibri sociali che l’animale può manifestare (Overall K.L. et al 2004).

Gli animali rispondono agli stimoli stressogeni con vari meccanismi, tutti con lo scopo di allontanare o di allontanarsi dall'elemento di disturbo, per poter tornare alla propria condizione di equilibrio. Quando risulta impossibile adottare una corretta risposta comportamentale alla situazione o sottrarsi allo stressore, è qui che possono sorgere dei problemi. Da un punto di vista fisiologico la risposta che l'animale deve mettere in atto

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40 per allontanarsi da una situazione di malessere può arrivare a cronicizzarsi provocando effetti negativi prolungati sulla salute sia fisica che emotiva dell'individuo. Quindi se il fattore stressogeno non viene ridotto od allontanto, s'instaurerà un circolo vizioso che provocherà una continua risposta neuroendocrina con rilascio di cortisolo che, se prolungato nel tempo, può avere gravi effetti sul sistema immunitario (Casey, R., 2004, p.280 - 281).

Da un punto di vista psicologico invece si possono sviluppare dei comportamenti anomali detti “Compulsivi” ossia che si manifestano al di fuori di contesti appropriati, risultano esagerati, ripetuti in maniera costante ed indirizzati verso oggetti impropri. Questi comportamenti si sviluppano dal momento che il gatto soffre di frustrazione, ossia quando è motivato a manifestare un determinato comportamento ma questo gli viene impedito, come può essere ad esempio il confinarlo tutto il giorno in casa, senza lasciargli possibilità di accessi esterni (Luesher Andrew U., 2004, p.283).

Una situazione simile si può tradurre in una costante e compulsiva attenzione e ricerca di cibo che rappresenta per i gatti, l'unico sfogo giornaliero e l'unica distrazione da una vita troppo lontana dalle proprie naturali abitudini (German A. , Martin L. , 2008, p.8). Lo stress ed i conseguenti comportamenti compulsivi, possono derivare anche dalla mancanza di contatti sociali, sfatando quindi il mito del gatto come animale solitario. Un gattino accolto in casa, può soddisfare i proprie esigenze sociali anche col solo

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41 contatto del proprietario, senza bisogno della presenza dei conspecifici (Bradshaw J.W.S., 1986, p. 113).

E' molto' importante che il gatto socializzi con il proprietario, anche perchè questo può ridurre il rischio di aggressione nei confronti di persone. Infatti, i gatti che non sono gestiti fino a 14 settimane di età, sono più timorosi ed aggressivi nei confronti di altri esseri umani (Overall K.L. et al., 2004).

Se però il gatto rimane in casa da solo per molte ore, può, alla fine della giornata, risultare stressato. In questi casi si pensa che possa essere una buona idea quella di accompagnare l'animale con un fratello, anche se l'evidenza scientifica dei vantaggi di questa tecnica risulta ancora scarsa. (Bradshaw J.W.S., 1986, p. 113).

Condizionamento

Il proprietario può giocare un ruolo chiave nei comportamenti compulsivi del proprio gatto: può facilitarne la comparsa, condizionando normali comportamenti conflittuali, facendoli aggravare tanto da farli sembrare compulsivi oppure può rinforzarne di esistenti (Luesher Andrew U., 2004, p. 283-284).

Il proprietario deve saper distinguere quando il gatto richiede cibo oppure attenzioni, se somministra cibo quando questo cerca solo considerazione si rischia che il gatto associ un suo comportamento ad una risposta del proprietario, andando quindi incontro ad un “comportamento conflittuale” (Luesher Andrew U., 2004, p.287 - 288).

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42 Studi hanno dimostrato un certo numero di fattori legati al comportamento che intervengono nello sviluppo dell'obesità (Kienzle e Berger, 2006). I proprietari dei gatti tendono ad umanizzare di più i proprio animali rispetto a quanto non facciano i proprietari dei cani ed hanno un ruolo sostitutivo della compagnia umana maggiore degli altri animali. I proprietari dei gatti sovrappeso generalemnte passano meno tempo a giocare col proprio animale, tendono a fornirgli cibo come ricompensa piuttosto che come gioco extra. Inoltre guardano il proprio gatto mangiare, molto di più di quanto non facciano i proprietari di gatti con un peso nella norma. Sia tra i proprietari dei cani che per quelli dei gatti sovrappeso esiste una minor attenzione per gli aspetti preventivi dell'obesità rispetto a quei proprietari i cui animali hanno un normale peso corporeo. Spesso i proprietari dei gatti sovrappeso non tengono conto di alcuni aspetti fondamentali dei propri animali:

1. Il gatto in natura mangerebbe poco e spesso e non effettuano 2 o 3 pasti al giorno come molti proprietari preferiscono fare.

2. Il gatto non esige interazioni sociali durante il momento del pasto, ciò deve far capire al proprietario che non deve presupporre che il gatto abbia fame ogni volta che cerca la sua attenzione.

3. Il gioco è un aspetto fondamentale per il benessere di un gatto e dev'essere perpetuato per tutta la sua vita, cosa che invece avviene con maggiore facilità per i cani. (German A. , Martin L. , 2008, p.8)

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43 Cause evolutive

Se ad un gatto viene presentato un alimento molto appetibile ed in quantità eccessive, l'animale sarà portato a sovralimentarsi. Se poi questa situazione si perpetua per lungo tempo avremo un conseguente aumento ponderale del peso corporeo (Houpt K.A., 2009, p. 366).

I processi cognitivi inerenti la preferenza di un cibo, descritti precedentemente, possono facilmente spiegare l'insorgenza del desiderio di alimentarsi nell'animale, anche se le esigenze metaboliche non richiedono un approvigionamento energetico. Questo è sicuramente un vantaggio, se si valuta la cosa da un punto di vista evolutivo, infatti in natura un'alta e costante disponibilità di alimento è difficile da trovare, quindi riuscire ad accumulare la maggiore quantità possibile di energia diventa fondamentale per la sopravvivenza. Per questo in un ambiente che risulta ricco di cibo molto appetibile ed altamente energetico, gli animali, come del resto anche l'uomo, saranno portati a sovralimentarsi a causa proprio dei vantaggi evolutivi che ne derivano (Valros A., Hanninen L.,2009, p.33).

Cause genetiche

Non possiamo escludere tra le possibili cause di obesità, anche i fattori genetici. Infatti, da uno studio effettuato su un ceppo di topi obesi (ob-ob), rapportati, a conspecifici magri usati come controllo e diversi per un gene (Ob-), è stato riscontrato che

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44 quest'ultimo gene era responsabile della produzione di un ormone proteico, definito

proteina ob, conosciuta più comunemente come “leptina”; questa proteina viene

trasportata nel cervello dando come risultato una riduzione dell'appetito, quindi una minore assunzione di cibo ed un minore incremento ponderale del peso corporeo. Inoltre stimola il Sistema nervoso simpatico che, tramite recettori beta-adrenergici, promuove la lipolisi. Così l'animale assume meno alimento ed è portato ad una maggior catabolismo dei suoi depositi di grasso (Houpt K.A., 2009, p. 367).

Cause ormonali.

Come si può intuire quindi dal paragrafo precedente bassi livelli di leptina può portare ad iperfagia e grave obesità, così vale anche per lo sviluppo di una resistenza allo stesso ormone. Da un punto di vista evolutivo questo può essere considerato un vantaggio. Un'animale può sovralimentarsi in un periodo dell'anno in cui il cibo in natura si trova in abbondanza, permettendogli così di affrontare meglio un periodo di grande carenza alimentare. Questo avviene infatti fisiologicamente per quegli animali che, nel periodo invernale, vanno in letargo ed accumulano energia e grasso durante il periodo estivo grazie proprio ad un aumento della resistenza alla leptina. E' stato ipotizzato quindi che anche nel gatto, nel cane e nell'uomo, una carenza o resistenza alla leptina possa portare ad un'alterazione della funzione omeostatica dell'ormone, infatti se ad un individuo viene lasciata la completa disponibilità dei suoi cibi preferiti, può succedere che

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45 sviluppi resistenza alla leptina, con conseguente sovraalimentazione e grave obesità (Valros A., Hanninen L.,2009, p.32).

Sterilizzazione

Diversi studi sono stati condotti sul rapporto che intercorre tra sterilizzazione e obesità. Alcuni di questi hanno dimostrato come la castrazione riduca il metabolismo basale ed il fabbisogno energetico (Root 1996, Harper 2001). Un'altra ricerca (Martin, 2006) ha dimostrato che a seguito di una gonadectomia si instaurano rapidi aumenti nelle concentrazioni plasmatiche dell'IGF-1 (Fattore di crescita insulino-simile) e prolattina, causando un aumento della formazione del tessuto adiposo, incremento ponderale ed intolleranza al glucosio. Questa grande quantità di tessuto adiposo, porterà ad un aumento nella produzione di leptina con le conseguenze di cui abbiamo già parlato nei precedenti paragrafi (Yaguiyan-Colliard L., Diez M., German A., Lloret A., 2008, p.10). Da un altro studio (Fettman et all., 1997) è emerso che il declino dell'attività metabolica a digiuno a seguito della sterilizzazione è maggiore nelle femmine rispetto ai maschi (German A. , Martin L. , 2008, p.6).

Basi fisiologiche dell'obesità

Con l'andare del tempo si sta sempre più affermando la convinzione che possano esistere anche delle basi fisiologiche dell'obesità, sia in seguito a motivi genetici che a

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46 motivi di iperalimentazione da cuccioli. Se, infatti, un soggetto si troverà ad avere un numero di cellule adipose superiore alla normale quantità, questo rimarrà invariato quando l'animale diverrà adulto, ciò spiegherebbe molte differenze che ci possono essere tra individui sani ed obesi. (Hart B.L. Hart L.A., 1989 p.144)

1.5.3.Fattori predisponenti l'obesità

Alcuni fattori non sono propriamente delle cause di obesità, ma possono predisporre, in particolari condizioni e situazioni, alla malattia.

Problemi ambientali

E' stato visto (Scarlett et all 1994, Robertson 1999,Allan et all. 2000) che molti fattori relativi all'ambiente possono in qualche modo influenzare la comparsa dell'obesità: il numero di altri gatti o cani nel nucleo familiare, ma anche il vivere in appartamenti o comunque in ambienti che non permettono di rispettare il normale etogramma del gatto (German A. , Martin L. , 2008, p.6).

Da uno di questi studi (Allen et all.2000) è stato riscontrato un notevole abbassamento dell'incidenza dell'obesità in quei gatti che vivevano assieme ad altri cani, probabilmente a causa dei caratteri comportamentali dell'uno e dell'altra specie. Inoltre è probabile che anche il tipo di proprietario influenzi l'insorgenza o meno dell'obesità; chi, ad esempio, possiede animali di entrambe le specie, potrebbe essere meno predisposto a

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47 tenere in alta considerazione i propri gatti, con minore probabilità di somministrazione di cibi di categoria "premium", ossia ad alta densità energetica, riducendo drasticamente il rischio d'insorgenza dell'obesità (German A. , Martin L. , 2008, p.7).

Malattie che predispongono all'obesità

Malattie come l'ipotiroidismo e l'iperadrenocorticismo sono piuttosto comuni nel cane, nel quale provocano un aumento del peso corporeo, ma sono più rare nel gatto adulto. In letteratura è riportato un solo caso (Rand 1993) di ipotiroidismo naturale nel gatto, ma non sono da escludere comunque cause iatrogene per entrambe queste malattie. Ad esempio potrebbe svilupparsi ipotiroidismo a seguito di una cura, medica o chirurgica, dell'ipertiroidismo. Prima di avventurarsi in una diagnosi è bene che il veterinario esegua una corretta anamnesi e che si assicuri che l'animale non stia assumendo dei farmaci che potrebbero stimolare il suo appetito od aumentare il deposito di tessuto adiposo (come glucocorticoidi, fenobarbitale, ciproeptadina, benzodiazepine e progestinici). Un'altra malattia che andrebbe presa in considerazione nella diagnosi differenziale è l'acromegalia. In questa patologia, dovuta ad un eccessiva esposizione dell'organismo all'ormone della crescita, si ha un aumento insolito delle dimensioni di alcune parti del corpo, come ossa piatte e visceri addominali e gli animali possono apparire ingrassati; spesso questa patologia è accompagnata da una forma di diabete mellito difficile da tenere sotto controllo. Ad ogni modo, con acromegalia, non

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48 possiamo parlare di una malattia che predispone all'obesità, in quanto non si ha un esclusivo aumento dei tessuti adiposi, ma anche di tutti i tessuti molli (Yaguiyan-Colliard L., Diez M., German A., Lloret A., 2008, p.9).

Età e sesso come fattori di rischio

Da uno studio (Russel et all 2000), è emerso che ad essere maggiormente colpiti sono gatti con età inferiore ai 13 anni, da un altro studio invece (Lund et all, 2005) è stato riscontrato che l'obesità era massima nei gatti con età compresa tra i 5 ed 11 anni. Questi dati permettono ai veterinari di identificare con maggiore facilità soggetti a rischio ed attuare, quando più opportuno, strategie preventive (German A. , Martin L. , 2008, p.6).

Da uno studio (Scarlett 1994) è emerso che il rischio di incidenza dell'obesità è maggiore nei gatti adulti, quando cioè l'attività fisica inizia a diminuire, ma dopo 10 anni il rischio si attenua. E' stato osservato inoltre un certo grado d'incidenza della patologia in gatti maschi, al contrario dei cani dove, invece, in genere, sono le femmine a soffrire di questa patologia (Yaguiyan-Colliard L., Diez M., German A., Lloret A., 2008, p.9).

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49 Predisposizioni di razza

Esistono due studi che hanno accertato che i gatti meticci o di razza mista hanno una probabilità approssimativamente doppia rispetto a quelli di razza pura, di riscontrare la patologia (Scarlett et all.1994, Robertson 1999).

Anche i gatti di Manx risultano particolarmente predisposti (Lund et all 2005) (German A. , Martin L. , 2008, p.6).

1.5.4.Conseguenze dell'obesità

La manifestazione dell'obesità avviene in modo insidioso e graduale, e non sempre viene tenuta nella giusta considerazione dal proprietario. E' fondamentale non sottovalutarne la gravità. Al di là del fattore puramente estetico, da considerare comunque un aspetto negativo, l'obesità provoca una diminuzione della vivacità ed anche un'alterazione del comportamento del soggetto, rendendolo anche, se vogliamo, meno piacevole alla compagnia. Inoltre l'obesità può aggravare od aumentare l'incidenza di molte patologie come ad esempio (Wolter R., 1983, p.154):

 Artrosi, remuatismi, ernie del disco, lacerazioni dei legamenti crociati anteriori con conseguente dimunuzione dell'attività fisica che accentua notevolemnte lo stato di obesità e conseguentemente le patologie ad essa legate.

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 Rallentamento della progressione digestiva con costipazione, flatulenze e riassorbimento di sostanze tossiche che possono aggravare le disfunzioni epatiche.

 Disturbi epatici risultanti dalla steatosi, accompagnati a dermatosi ed irritabilità.

 Difficoltà respiratorie, con dispnea e minore resistenza alla fatica. Al contempo si possono riscontrare una maggiore intolleranza alle alte temperature, dovute all'effetto isolante del grasso sottocutaneo in eccesso.

 Affaticamento cardiaco, in rapporto all'aumento della massa corporea, infiltrazione grassa del miocardio e problemi circolatori.

 Diabete mellito per diminuzione della secrezione insulinica, legata ad una insufficienza pancreatica, che può sfociare in una pancreatite acuta.

 Infertilità e distocie

 Problemi in caso di operazioni chirurgiche e, soprattutto, aumento del rischio in caso di anestesia

 Facilità di contrarre infezioni, specialmente di natura virale

L'obesità non rappresenta esclusivamente un problema di tipo estetico, anche se questo può avere una sua rilevanza. Quello che maggiormente preoccupa è lo svariato numero di malattie che possono conseguire a questa condizione, che, negli anni, si è rivelato essere piuttosto consistente, e la riduzione della aspettative di vita. Nell'uomo e nel cane è stato dimostrato che l'obesità è un fattore che riduce la longevità e sembra logico

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51 pensare che questo possa riguardare parzialmente, se non totalmente, anche il gatto (Yaguiyan-Colliard L. et al, 2008, p.10).

Come rileva uno studio del 1998 di Nonaghue e Scarlett, è stato riscontrato un aumento tra i gatti in sovrappeso di patologie come zoppia, dermatosi e diabete mellito (Donaghue S. , Scarlett J.M., 1998).

Un'altra ricerca (Lund et al.) ha dimostrato anche una forte correlazione con l'obesità di patologie metaboliche come la lipidosi epatica, oppure patologie a carico del cavo orale, delle vie urinarie e dell'apparato cardio-vascolare (Lund E.M.. , Amstrong P.J. Kirk C.A., 2005).

Di seguito, approfondiremo meglio cosa possono rappresentare queste patologie per un soggetto affetto da obesità.

Zoppia

Derivanti prevalentemente da patologie osteoarticolari preesistenti o neoformate, a seguito dell'eccessiva sollecitazione dovuta al peso dell'animale, è facile che non vengano prese con la dovuta considerazione, in quanto il gatto che soffre di problemi articolari, tende a nascondere le manifestazioni dolorifiche ed il più delle volte cerca di limitare i movimenti, rendendo molto difficile un riscontro effettivo della patologia in atto. Questa riduzione dell'attività fisica è spesso accompagnata anche da un minor

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52 numero di salti e, soprattutto, da una riduzione delle altezze in cui il gatto si cimenterà (German A. , Martin L. , 2008, p 10).

Si può così instaurare un circolo vizioso, infatti, questa riluttanza del gatto al movimento, riconosciuta spesso erroneamente dai proprietari come “pigrizia”, permette all'animale di non accusare dolore, o comunque di alleviarlo. Questa riduzione di attività porterà conseguentemente ad un minor consumo di energia aggravando ulteriormente lo stato di obesità che, a sua volta, andrà ad aumentare le forze che attraversano l'articolazione, comportando la distruzione delle cartilagini articolari già compromesse (Wolfsheimer K.J, 2001, p.71).

Dermatosi

Le dermatosi, nei gatti obesi, derivano spesso da una difficolta da parte dell'animale a praticare una corretta toelettatura del mantello. Considerando l'incapacità di flettere adeguatamente gli arti per l'eccesso di tessuto adiposo che non permette al gatto di raggiungere con la lingua tutte le parti del corpo, si possono avere gravi problemi d'igiene e scarso ricambio del mantello. Si tratta di patologie della cheratinizzazione, con formazione di scaglie di cheratina, di alopecia, dermatofitosi e acne felina (Yaguiyan-Colliard L. et al, 2008, p.13).

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53 Sono stati numerosi gli studi che hanno dimostrato quanto i gatti obesi siano predisposti allo sviluppo del Diabete Mellito, perchè presentano un'elevata concentrazione di base d'insulina (Biourge et al, 1997; Scarlett e Donoghue, 1998; Appleton et al., 2001b; Hoenig et al., 2002; 2007b) (Lutz T.A., 2008 p.192).

L'iperinsulinemia, dovuta ad una resistenza da parte dei tessuti all'insulina, è stato dimostrato su alcuni gatti e cani obesi. Questo può aggravare l'intolleranza al glucosio negli animali che sono predisposti al diabete. Generalemte il gatto diabetico, presenta un diabete di tipo 2, con insufficienza relativa d'insulina (Wolfsheimer K.J., 2001, p.71). Analogo a quello umano, spesso questo tipo di diabete è transitorio o reversibile. L'obesità è un fattore determinante nella fisiopatologia del diabete mellito di tipo II, caratterizzato dalla presenza di insulinemia, dalla resistenza ad essa (O'Brian TD,2002) e dal deposito di sostanza amiloide o di amilina nelle cellule beta. L'obesità o l'eccessivo apporto cronico di carboidrati possono causare l'iperinsulinemia che a sua volta causa apoptosi delle cellule beta o morte programmata. L'amilina viene secreta assieme all'insulina e maggiore sarà la secrezione d'insulina, maggiore sarà quella di amilina con deposito di questa nel pancreas. Inoltre, se si ha iperinsulinemia, verrà utilizzata dall'organismo una minore quantità di tesuto adiposo con conseguente tendenza ad ingrassare. A lungo andare, in alcuni casi, le cellule beta si esauriscono e smettono di produrre insulina. Questi fenomeni tossici a carico delle cellule beta, spesso sono reversibili e, se l'iperglicemia persistente viene controllata, verrà prodotta meno

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54 insulina. Se la malattia non è rimasta fuori controllo per molto tempo, abbinando somministrazione d'insulina a diete iperproteiche a basso tenore di carboidrati, si può, in molti casi, invertire il diabete, arrivando addirittura nel giro di qualche settimana o mese, a non dover più fare ricorso all'insulina. E' il caso questo del diabete transitorio (Yaguiyan-Colliard L., Diez M., German A., Lloret A., 2008, p.11).

E' strettamente necessario quindi, in questi soggetti, un severo controllo dietetico ed un aumento dell'attività fisica, per tenere sotto controllo la malattia (Wolfsheimer K.J., 2001, p.71).

Con l'obesità inoltre è associato un aumento della concentrazione plasmatica di prolattina, leptina e fattore di crescita insulino-simile 1(IGF1) (Martin et al., 2006), tutti questi ormoni è stato dimostrato che hanno un ruolo diretto nell'insorgenza dell'insulino-resistenza (Melloul et al.,2002) (German A. , Martin L., 2008, p.6).

Uno studio (Scarlett 1998) ha dimostrato che, mantenendo nell'animale un peso corporeo ideale, il 30% dei casi di diabete mellito e zoppia, sarebbero prevenibili (Yaguiyan-Colliard L., Diez M., German A., Lloret A., 2008, p.10).

Lipidosi epatica

Si tratta di una grave malattia epatica caratterizzata da un elevato accumulo intracellulare, a carico degli epatociti, di trigliceridi, con conseguente colestasi

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