Intimités
Intimités
BRUNO CAPPONI
Il processo di Buridano
Sebbene sia giudicato sconveniente – ed anche in questo caso certamente lo è – commentare provvedimenti ottenuti in veste di avvocati (ognuno di noi può evidentemente disporre di un repertorio sconfinato), la singolarità del caso, che sto per illustrare brevemente, spero potrà valere da (almeno parziale) esimente.
Il conduttore d’un immobile destinato ad uso commerciale conviene in giudizio il proprietario, che l’immobile aveva venduto “in blocco”, per l’esercizio del diritto di riscatto.
Perde in primo grado.
Vince in appello.
La sentenza d’appello dichiara che, col suo passaggio in giudicato, il conduttore diverrà proprietario pagando al proprietario una certa somma.
Subito dopo la pubblicazione della sentenza d’appello, il conduttore – sentendosi già proprietario, ex tunc, e mettendo con baldanza di lato il giudicato – chiede un decreto ingiuntivo per la restituzione di tutti i canoni pagati sin dall’inizio della locazione.
Lo ottiene, e addirittura – per vicende personali della parte di cui non interessa qui riferire – il decreto non verrà neppure opposto.
La sentenza d’appello viene cassata su ricorso del proprietario, e la causa è rimessa al giudice di rinvio: la Corte d’appello di Roma.
Nella citazione in riassunzione, il proprietario ha cura di distinguere le domande (sul diritto di riscatto) strettamente dipendenti dalla cassazione, dalle domande su vicende connesse (tra cui il decreto ingiuntivo formalmente passato in giudicato ma travolto dalla cassazione ex art. 336, comma 2, c.p.c.).
Alla Corte d’appello di Roma, giudice di rinvio, si chiede quindi di pronunciare un’ordinanza ingiuntiva per la restituzione (al proprietario) dei canoni restituiti (al conduttore) in esecuzione del decreto ingiuntivo non opposto.
La Corte d’appello, all’udienza del 22 giugno 2011, dichiara l’istanza ex art. 186 ter c.p.c.
“inammissibile dinanzi al giudice d’appello” (?) e rinvia per le conclusioni all’udienza dell’11 febbraio 2015. Quasi quattro anni dopo.
Ma a quale titolo il conduttore continuerà a trattenere i canoni che gli sono stati restituiti (l’importo complessivo è peraltro piuttosto consistente)?
Intimités
Il proprietario si risolve a chiedere un decreto ingiuntivo al Tribunale di Roma, per le stesse somme.
La vicenda, si ricorda, è laterale all’intervenuta cassazione.
Il decreto ingiuntivo viene opposto.
In prima udienza, il proprietario chiede la concessione di provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c.
Ma il giudice la nega, perché il procedimento monitorio sarebbe “inammissibile per la restituzione di somme già richieste nel giudizio di rinvio, attesa la competenza funzionale di quel giudice”
(ordinanza riservata del 20 maggio 2013). Si cita Cass., n. 21901/2008, singolare pronuncia adottata in sede di regolamento di competenza.
Una motivazione che pregiudica il merito? Certamente, checché ne dica l’art. 177, comma 1, confermato dall’art. 279, comma 4, c.p.c.
Si chiede dunque al GU un provvedimento di revoca del provvedimento negativo:
[…]
Illustre Sig. G.U.,
in ordine all’ammissibilità della presente istanza è sufficiente osservare che l’art. 648 c.p.c.
attribuisce il carattere della non impugnabilità alla sola ordinanza che concede, non anche a quella che nega la provvisoria esecuzione del d.i. opposto. Tanto è stato già ritenuto anche da codesto ecc.mo Tribunale (ord. 17 febbraio 2001, in Giust. Civ., 2001, I, 2211) sulla scorta del pacifico rilievo per cui «ciò che il legislatore ha voluto evitare, proclamando non impugnabili (e, quindi, non revocabili) le ordinanze, di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c., è proprio la possibilità che l’efficacia del decreto d’ingiunzione possa essere ripetutamente modificata prima della decisione in merito all’opposizione» (così GARBAGNATI, Il procedimento d’ingiunzione, Milano, 1991, 189).
È dunque pienamente ammissibile la revoca del provvedimento negativo, e nella specie tale revoca è pienamente giustificata dalle ragioni che seguono.
Nel provvedimento riservato, infatti, si richiama a sostegno la Cass. n. 21901/2008 circa la (ritenuta) competenza esclusiva del giudice di rinvio in ordine alle restituzioni; ma, a ben vedere, da un lato quel precedente (adottato in sede di regolamento) riguarda una diversa fattispecie, dall’altro lato esso non riflette l’orientamento consolidato, e anche di recente
Intimités
ribadito, dalla stessa S.C.
Sotto il primo profilo, la ord. della S.C. 21901/2008 riguarda un caso in cui il diritto alle restituzioni nasceva direttamente nel giudizio in cui era stata pronunciata la sentenza d’appello;
nel nostro caso, invece, la sentenza della Cassazione ha tolto ogni giustificazione ad un pagamento che era avvenuto sì in base alla sentenza d’appello poi cassata, ma in un diverso procedimento (monitorio). Pertanto, le restituzioni non dovevano obbligatoriamente essere richieste in sede di rinvio, ma era ed è del tutto facoltativo farlo o in sede di rinvio, o anche in altra sede di cognizione. L’oggetto del giudizio di rinvio è infatti diverso dalle restituzioni, e riguarda la legittimità, o meno, del diritto di riscatto esercitato dalla G.
Sotto il secondo profilo, l’orientamento consolidato della S.C., e ribadito anche dopo l’ord. n.
21901/2008, è di segno contrario. Da ultimo, Cass., sez. III, 6 novembre 2012, n. 19153, replicando un orientamento mai messo in discussione (se non in sede di regolamento di competenza dalla ord. 21901/2008), ha statuito che «in ipotesi di cassazione con rinvio il giudizio di rinvio e quello avente ad oggetto la restituzione delle somme pagate in virtù della sentenza cassata sono tra loro autonomi, onde possono essere celebrati separatamente e non v’è necessità di riunirli. Tuttavia, tale reciproca autonomia non è assoluta, in quanto viene meno nel caso in cui il giudizio di rinvio si concluda prima di quello sulle restituzioni, con una decisione identica a quella contenuta nella sentenza cassata: e, ricorrendo tale ipotesi, il giudice delle restituzioni dovrà rigettare la domanda innanzi a lui proposta» (v. allegato).
È esattamente quanto avvenuto nella specie: la domanda di restituzione è stata proposta in sede di rinvio chiedendo alla Corte d’appello di pronunciare un provvedimento ex art. 186 ter c.p.c.;
ma la Corte ha ritenuto non ammissibile tale richiesta, sul presupposto che il giudizio di rinvio è retto dalle norme sull’appello, ed ha rinviato per la precisazione delle conclusioni alla lontana udienza dell’11 febbraio 2015.
Nel frattempo, però, H. W. ha l’esigenza di recuperare i canoni di locazione che ha dovuto restituire alla G., la quale sulla base della favorevole sentenza d’appello, ora cassata, ha chiesto e ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo. Pertanto W. ha utilizzato, dopo il rifiuto della
Intimités
Corte d’appello di applicare l’art. 186 ter, lo stesso strumento a suo tempo utilizzato da G. per richiedere indietro il pagamento dei canoni versati.
Non sfuggirà al Tribunale l’ingiustizia sostanziale, e anche di tutela processuale, che s’è determinata nel rapporto contrattuale tra le parti: G. ha goduto per anni dell’immobile di H. W., e dopo la sentenza d’appello, ora cassata, ha chiesto e ottenuto un d.i. per la restituzione dei canoni nel tempo versati; ora, dopo la cassazione della sentenza d’appello, H. W. si trova a non avere accesso alla tutela monitoria, che è stata da un lato negata dalla Corte d’appello, sul presupposto che l’art. 186 ter riguarda il giudizio di primo grado e non anche quello di rinvio, e dall’altro lato negata da codesto ecc.mo Giudice, sul presupposto che la domanda è stata già avanzata in Corte d’appello (ma in quella sede giudicata inammissibile!).
Laddove è del tutto evidente che la domanda monitoria, in quanto volta alla formazione immediata di un titolo esecutivo, è sempre ammissibile, salvo dar atto, nel giudizio di merito avente ad oggetto le restituzioni, dell’avvenuto pagamento e della conseguente rinuncia a quel capo di domanda.
Cosa che H. W. ha già correttamente dichiarato di voler fare.
[…]
Discorso inutile. Il giudice non convoca neppure le parti, e rigetta con decreto. Inammissibile.
Il proprietario si ripresenta così in Corte d’appello con un filino di speranza, trovando addirittura il coraggio di argomentare che
[…]
Alla prima udienza, tenutasi il 26 giugno 2011, codesta ecc.ma Corte ha ritenuto di non poter provvedere a norma dell’art. 186 ter c.p.c. quale giudice di rinvio ed ha fissato per la precisazione delle conclusioni l’udienza dell’11 febbraio 2015.
Questa difesa – sulla scorta della costante giurisprudenza per cui le domande di restituzione dopo la cassazione possono essere presentate sia dinanzi al giudice di rinvio sia in separato giudizio (per tutte, Cass. 28.8.2000, n. 11261) – ha pertanto proposto, per il recupero immediato delle
Intimités
dette somme, ricorso per d.i. al Tribunale di Roma, accolto con la pronuncia del d.i. in data 13 giugno 2012 (doc. 1) che è stato tempestivamente opposto con citazione notificata in data 31.7.2012 (doc. 2).
Nella prima udienza del conseguente giudizio R.G. n. 51383/12 dinanzi alla VI Sez. Civ. del Tribunale di Roma, questa difesa ha chiesto la concessione della provvisoria esecutorietà all’opposto decreto. Sull’istanza il giudice si è riservato assegnando termine per note, che entrambe le parti hanno scambiato (docc. 3 e 4). Sciogliendo la riserva con provvedimento del 20-21.5.2013, il GU – citando un’ordinanza della S.C. dissonante rispetto agli orientamenti consolidati – ha rigettato l’istanza con una motivazione che peraltro si estende al merito del giudizio, affermando che il giudice funzionalmente competente per le restituzioni conseguenti alla cassazione è unicamente il giudice di rinvio (doc. 5).
Questa difesa ha immediatamente proposto istanza di revoca ex art. 177, comma 2, c.p.c. (doc. 6), alla quale ha fatto seguito, senza neppure la fissazione di un’udienza per l’audizione della controparte, uno stringato provvedimento di rigetto a conferma integrale di quello precedente (doc. 7).
Nell’anomala situazione processuale che s’è venuta a determinare, v’è comunque l’interesse a munirsi di un titolo condannatorio nei confronti della conduttrice prima del 2015, e pertanto si chiede a codesta ecc.ma Corte di voler riconsiderare la possibilità di adottare, proprio in qualità di giudice di rinvio, il provvedimento anticipatorio richiesto. Facendo valere, al fine, le seguenti considerazioni.
Nel giudizio di rinvio, la Corte d’appello svolge, di fatto, funzioni di giudice di unico grado (cfr.
Cass. 18.6.1994, n. 5901), pur trovando applicazione le norme del grado di appello, perché dall’art. 393 c.p.c. si deduce che, in caso di estinzione del giudizio nella fase di rinvio, l’intero giudizio si estingue e ciò che resta a vincolare le parti è il solo principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione. Ciò significa che in caso di estinzione del giudizio di rinvio, non trovando applicazione l’art. 338 c.p.c., non passa in giudicato la sentenza di primo grado, che al contrario è definitivamente caducata dalla sentenza d’appello.
Intimités
Ne consegue che il giudice di rinvio, a differenza del giudice d’appello, può adottare un provvedimento anticipatorio senza alcun limite, perché esso non potrà mai entrare in conflitto con la sentenza di primo grado, né c’è il rischio che il provvedimento adottato in forma di ordinanza (art. 186 ter) possa modificare gli effetti di una sentenza di merito (che in sede di rinvio non esiste più).
Tanto per quanto concerne i poteri del giudice di rinvio, che, dopo la cassazione, interviene su di una materia “vergine”.
Per quanto concerne invece il rito applicabile, l’art. 394 c.p.c. prevede che «in sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la Corte ha rinviato la causa» e quindi, nel nostro caso, le norme sull’appello, che infatti rinviano, per quanto non specificamente regolato dagli artt. 339 e ss., alle norme relative al procedimento dinanzi al tribunale (art. 359 c.p.c.). Di qui la possibilità, per il rinvio dell’art. 359 cit., di applicare l’art.
186 ter c.p.c.
D’altra parte, per le domande di restituzione conseguenti alla cassazione si stima applicabile, dalla Corte d’appello, lo stesso procedimento monitorio (così Corte d’appello di Napoli, 16 aprile 2009, in Riv. esec. forz., 2009, 467 ss., con nota sul punto adesiva di De Cristofaro, Forma e competenza per le domande restitutorie a seguito di cassazione per difetto di giurisdizione, dopo l’introduzione della translatio iudicii (Nota a App. Napoli, 16 aprile 2009, Autorità portuale Napoli c. Soc. costruz. Fondedile).
Pacifico deve ritenersi da parte del giudice di rinvio l’utilizzo dell’art. 186 ter c.p.c. (App.
Genova, 13.1.2010, in www.ilcaso.it).
Il provvedimento dovrà essere pronunciato in forma provvisoriamente esecutiva, ricorrendone le condizioni ex art. 642 e 648 c.p.c.
[…]
Ciò che si è ottenuto, senza neppure la fissazione di un’udienza (ancora una volta!), è il provvedimento in epigrafe. Inammissibile.
La parola magica dei nostri tempi. Inammissibile, inammissibile.
Intimités
Signora Ministro, in un prossimo decreto-legge – da far entrare in vigore comodamente, come ora usa, ma magari prima del febbraio 2015 – non si potrebbe mica prevedere anche una normicina che ponga rimedio a cose così?