Assume la presidenza il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, prof. avv. Cesare MIRABELLI.
Il PRESIDENTE avverte che sono pervenute due proposte di particolare urgenza, ex art. 45, u.c. del Regolamento, rispettivamente, della Commissione Speciale per gli Uditori Giudiziari (predisposizione dell'incontro di studio relativo al tirocinio ordinario per gli uditori giudiziari nominati con D.M. 8 marzo 1990) e della Terza Commissione Referente (conferimento di funzioni di magistrato di cassazione con destinazione alla Corte di Appello di Napoli con funzioni di Presidente di Sezione).
Non facendosi osservazioni, tali pratiche si intendono inserite nell'ordine del giorno della seduta odierna.
Il PRESIDENTE fa presente a questo punto che, in considerazione dell'elevato numero di pratiche da esaminare, appare opportuno convocare alcune sedute del plenum per la prossima settimana. Propone pertanto che il Consiglio si riunisca la mattina ed il pomeriggio di martedì 27 marzo, nonché, se necessario, la mattina di mercoledì 28.
Dopo che il dott. AGNOLI ha fatto presente di non poter partecipare alla seduta del 28 marzo, la proposta del PRESIDENTE, non facendosi altre osservazioni, si intende accolta.
Il PRESIDENTE ricorda a questo punto che la seduta pomeridiana di ieri era stata interrotta dopo la lettura del messaggio del Capo dello Stato, relativo alla pratica della Commis- sione per la Riforma giudiziaria concernente l'incompatibilità tra l'esercizio della funzione giurisdizionale e l'iscrizione di magistrati alla massoneria.
Il dott. RACHELI fa presente di aver letto attentamente il messaggio del Capo dello Stato e di aver quindi rivisto il testo della sua relazione sulla pratica della Commissione Riforma alla luce delle considerazioni svolte dal Presidente COSSIGA. Sarebbe a questo punto opportuno svolgere la sua relazione anche allo scopo di fugare ogni possibile equivoco, mentre sarebbe sicuramente sbagliato dare subito inizio ad una discussione che travalicherebbe sicuramente nel merito della pratica, pregiudicando così la portata della relazione stessa.
Il prof. BRUTTI fa presente che occorre passare formalmente all'esame della pratica della Commissione per la Riforma giudiziaria cui si riferisce il messaggio del Capo dello Stato.
Si passa, pertanto, all'esame della seguente proposta:
" Nota del cons. Gianfranco TATOZZI concernente l'incompatibilità tra l'esercizio della funzione giurisdizionale e l'iscrizione di magistrati alla massoneria.
Nota del cons. Antonio BUONAJUTO concernente l'iscrizione e/o l'appartenenza di magistrati ad associazioni riservate: effetti in tema di conferimento degli incarichi direttivi.
La Commissione,
esaminata la problematica emersa occasionalmente dai dibattiti consiliari relativi a pratiche dalle quali si desumeva l'iscrizione di magistrati a Logge massoniche;
rimessa al plenum ogni valutazione circa la richiesta, avanzata dal cons.
TATOZZI di acquisire presso la Commissione Parlamentare d'Inchiesta gli elenchi relativi a magistrati, propone al Consiglio di approvare la seguente risoluzione:
"La partecipazione di magistrati ad associazioni che comportino un vincolo gerarchico e solidaristico particolarmente forte pone delicati problemi di rispetto dei valori riconosciuti dalla Carta Costituzionale.
Mentre non appartiene alle competenze del Consiglio giudicare della compatibilità con la costituzione delle singole forme associative, rientra sicuramente nel novero di dette competenze tutelare con ogni scrupolo il principio cardine di cui all'art. 101 Cost. secondo cui
"i giudici sono soggetti solo alla legge".
Siffatta tutela comporta sia, da un lato, la difesa dell'indipendente esercizio della giurisdizione ogni volta che si abbia motivo di ritenere che ad essa si attenti sia, d'altro lato, la vigile sorveglianza a che ogni magistrato dipenda - ed appaia dipendere - nell'esercizio delle sue funzioni dalla legge e solo dalla legge.
Il Consiglio - consapevole dell'articolazione, al suo interno, della Carta Costituzionale - è doverosamente attento a tutte le norme che, insieme e come il citato art. 101 Cost, presidiano il democratico svolgersi della civile convivenza.
Peraltro non è dubbio che le norme in questione vadano interpretate in modo tra loro armonico se è vero, come è stato autorevolmente affermato, che, soprattutto nella Carta Costituzionale, "la norma non può essere mai considerata isolatamente, come un'entità a sè, realizzante un proprio particolare disegno normativo, bensì sempre e soltanto in relazione al sistema, come parte del più ampio e complesso disegno che in questo si intende realizzato".
La stessa Corte Costituzionale ha più volte riconosciuto la necessità di pervenire ad un bilanciato e contemperato soddisfacimento di tutte le norme costituzionali coinvolte ed implicate da un determinato accadimento.
In particolare, con riferimento a quanto statuito dall'art. 21 C.ne, la Corte, nella sentenza 7 maggio 1981, ha deciso che:
"Deve riconoscersi - e non sono possibili dubbi in proposito - che i magistrati debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino ma deve del pari ammettersi che le funzioni esercitate e la qualifica da essi rivestita non sono indifferenti e prive di effetto per l'ordinamento costituzionale.
Per quanto concerne la libertà di manifestazione del pensiero non è dubbio che essa rientri tra quelle fondamentali protette dalla nostra Costituzione ma è del pari certo che essa, per la generalità dei cittadini non è senza limiti, purché questi siano posti dalla legge e trovino fondamento in precetti e principi costituzionali, espressamente enunciati o desumibili dalla Carta Costituzionale" (cfr. sent. 9 del 1965).
I magistrati, per dettato costituzionale (artt. 101, comma secondo, e 104, comma primo, Cost.), debbono essere imparziali e indipendenti e tali valori vanno tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubi- tarsi della loro indipendenza ed imparzialità nell'adempimento del loro compito.
I principi anzidetti sono quindi volti a tutelare anche la considerazione di cui il magistrato deve godere presso la pubblica opinione; assicurano nel contempo, quella dignità dell'intero ordine giudiziario, che la norma denunziata qualifica prestigio e che si concreta nella fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria e nella credibilità di essa.
Nel bilanciamento di tali interessi con il fondamentale diritto alla libera espressione del pensiero, sta, come del resto finiscono per riconoscere le ordinanze di rimessione, il giusto equilibrio, al fine di contemperare esigenze egualmente garantite dall'ordinamento costituzionale.
Alla luce di tali considerazioni va interpretata la sentenza di questa Corte n. 145 del 1976, la quale riconosce «l'esigenza di una rigorosa tutela del prestigio dell'ordine giudiziario, che rientra senza dubbio tra i più rilevanti beni costituzionalmente protetti»".
Non è pertanto dubbio, a parere del Consiglio, che non solo i magistrati non possano e non debbano esercitare il diritto di associazione nei modi vietati dallo stesso art. 18 cost.ne (e dalle leggi che di detto articolo costituiscono attuazione) ma neppure possono tenere comportamenti che violano l'art. 101 della C.ne.
Deve conclusivamente ritenersi che ai magistrati la legge inibisce ovviamente di partecipare alle associazioni vietate dalla legge 17/82.
Il Consiglio peraltro non può limitarsi a prendere atto del divieto appena richiamato, concernente tutti i cittadini. Deve, anche e soprattutto, individuare i limiti deontologici posti a difesa di quanto stabilito dagli artt. 101, comma secondo, e 104, comma primo, Cost., affinché in ogni comportamento dei magistrati sia evitato il pericolo "che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza ed imparzialità nell'adempimento del loro compito".
Va pertanto doverosamente sottolineato come tra i doveri deontologici del magistrato ci sia anche quello di astenersi, al di là del limite imposto dalla richiamata legge 17 del 1982, dal contrarre vincoli che A) intendano sovrapporsi (o nei fatti si sovrappongono) al dovere di fedeltà alla Costituzione, di imparziale ed indipendente esercizio della giurisdizione
o B) comunque compromettano la fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria facendone venir meno la credibilità".
Prende quindi la parola il relatore, dott. RACHELI, che svolge il seguente intervento:
"Sig. Presidente, ho letto attentamente, com'era mio preciso dovere, il messaggio del Presidente di questo Consiglio Superiore della Magistratura e prendo atto che egli "non intende interdire oggi una valutazione deontologica dell'appartenenza dei magistrati a siffatte associazioni". L'ho letto, come dire, con atteggiamento recettivo, perchè non mi sento affatto e dunque smentisco con fermezza le parole che mi sono state attribuite da taluni organi di informazione "espropriato" dall'intervento di chi ha potere e dovere istituzionale di intervenire, specie se, com'è nel caso di specie, si rivolge a noi con fermezza sì, ma con rispetto.
Anch'io dunque parlerò, in adempimento di un dovere istituzionale, con fermezza e con rispetto, anche se rammaricato per l'assenza del nostro Presidente, fiducioso come sono che nel dialogo e con il dialogo vengano meno tanti malintesi e tante possibili strumentalizzazioni.
Il messaggio del Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura mi ha costretto a mutare la relazione. Ho, innanzitutto, espunto tutto ciò che poteva assomigliare a mie personali convinzioni, perchè fosse più chiaro ancora che non di personali convinzioni si tratta, ma di ossequio alla legge. In secondo luogo mi è sembrato opportuno evidenziare come le argo- mentazioni svolte nel messaggio siano state ben presenti alla Commissione Riforma e di tutte esse si sia tenuto conto ancor prima che il messaggio pervenisse.
Mi sembra buon metodo, nel dialogare, partire da ciò in cui si è d'accordo. Dico dunque subito che siamo tutti d'accordo: A) Nel difendere il principio di libertà ed il principio di legalità costituzionale che è difesa del principio di libertà;
B) nel respingere ogni libertà "più vera" quando tramite essa si giunga alla violazione del diritto vigente.
Dove invece occorre intendersi è sulla "libertà di coscienza". Questa non è venuta - nè può venire - al giudizio di questo Consiglio. Il Consiglio Superiore della Magistratura si è limitato a registrare ciò che della Massoneria ed in particolare del Grande Oriente pensa non il
relatore, o la Commissione Riforma o lo stesso Plenum. Ha registrato ciò che pensa il Popolo ita- liano tramite la Commissione Parlamentare di Inchiesta perchè - deve essere ben chiaro - il Consiglio Superiore della Magistratura si inchina al Parlamento della Repubblica perchè è convintissimo del "suo carattere di organo rappresentativo del popolo, unico 'sovrano' legale e reale in un ordinamento democratico e quindi sede privilegiata dell'esercizio della sovranità popolare".
Afferma dunque la Commissione Parlamentare di Inchiesta:
"L'organizzazione ispirata e guidata da Licio Gelli, denominata Loggia Propaganda 2, nasce e si sviluppa nell'ambito della maggiore comunione massonica esistente in Italia: il Grande Oriente di Italia di Palazzo Giustiniani"Relaz. CPI, pag.7);
"Il dato che viene particolarmente in luce è la connessione tra la massoneria statunitense e la comunione di Palazzo Giustiniani...L'artefice del primo riconoscimento del Grande Oriente da parte della prestigiosa Circoscrizione del Nord degli USA(...)fu infatti nel 1947 Frank Gigliotti, già agente della Sezione italiana dell'OSS dal 1941 al 1945 e quindi agente della CIA" (Relaz.CPI, pag.11);
"Sempre nel 1960 i fratelli americani intervennero attraverso il Gigliotti nell'operazione di unificazione del Supremo Consiglio della Serenissima Gran Loggia degli ALAM del principe siciliano Giovanni Alliata di Montereale (il cui nome sarà legato alle vicende del golpe Borghese, a quelle della "Rosa dei Venti", alle organizzazioni mafiose), poi finito nella Loggia P2 con il Grande Oriente. Sembra che quella dell'unificazione del Grande Oriente con la Massoneria di Alliata, di forte accentuazione conservatrice, sia stata la condizione posta da Gigliotti in cambio dell'intervento americano nelle trattative con il Governo italiano concernenti Palazzo Giustiniani"(loc. utl. cit.),
"La posizione di preminenza assunta con rapida ascesa da Licio Gelli nella comunione di Palazzo Giustiniani non è in realtà spiegabile se non attraverso l'analisi dei rapporti che questi riuscì ad intrattenere con i dirigenti dell'organizzazione ed in particolare con i Gran Maestri, a cominciare dal Gamberini" (Rel.CPI, pag.13)
"Al di là di riferimenti testuali e documentali (...)non appare assolutamente credibile sostenere che la massiccia attività di proselitismo portata avanti in questi anni dal Gelli(...)sia potuta avvenire frodando nello stesso tempo ed in pari misura il Grande Oriente e gli iniziandi" (Rel. CPI, pag.24).
"Certo è che Licio Gelli non ha inventato la Loggia P2 nè per primo ha contrassegnato l'organismo con la caratteristica della segretezza, ed altrettanto certo è che non è stato Gelli ad escogitare la tecnica della copertura, ma l'una e l'altra ha trovato funzionanti e vitali nell'ambito massonico" (Rel.CPI, pag.29).
"Non v'ha dubbio infatti che la comunione di Palazzo Giustiniani in senso specifico e la massoneria in senso lato abbiano negativamente risentito dell'attenzione, tutta di segno contrario, che su di essa si è venuta a concentrare, ma altrettanto indubbio risulta che l'operazione Gelli, sommatoriamente considerata, abbia in quegli ambienti trovato una sostanziale copertura - per non dire oggettiva complicità - senza la quale essa non avrebbe mai potuto essere, non che realizzata, nemmeno progettata. Quando parliamo di complicità - pur sostanziale che sia - non si vuole peraltro far riferimento soltanto a quella esplicita dei vertici dell'associazione, peraltro espressione elettiva della base degli associati, ma altresì a quella più generale situazione risolventesi in una pratica di riservatezza, sancita dagli statuti ma ancor più da una concreta tradizione di radicato costume massonico degli affiliati tutti, che ha costituito l'imprescindibile terreno di cultura per l'innesto dell'operazione" (loc.ult.cit.).
"I rapporti non chiari di reciproca dipendenza, se non di ricatto, che egli (Gelli) instaurò con i Gran Maestri e con i loro collaboratori diretti, ampiamente documentati presso la Commissione, offrono un quadro di compromissione degli organi centrali di governo della famiglia massonica giustinianea che ampiamente giustifica e spiega le tormentate vicende ripercorse nelle pagine precedenti" (Rel.CPI, pag.26).
Dunque, per la Commissione Parlamentare d'Inchiesta v'è, accanto a chi esercita libertà di coscienza, chi esercita un forte potere. Quest'ultimo, non certo la prima, ha destato allarme nel Consiglio Superiore della Magistratura.
Del resto La Commissione Parlamentare non si è peraltro limitata a registrare le vicende della Loggia P2: ha anche svolto, più in generale, considerazioni intese a dimostrare come il tessuto connettivo dell'organizzazione massonica ben si prestasse a fenomeni di degenerazione quand'anche non fosse di per sè "incompatibile con non poche regole della società civile". Più precisamente la Commissione ha rilevato, per quanto concerne la Massoneria in generale, che:
"a) il modello strutturale assunto è quello di una distribuzione degli iscritti secondo una scala gerarchica modulata per gradi...;
b) La massoneria di Palazzo Giustiniani contemplava...la possibilità di accedere all'Ordine per iniziazione operata direttamente dal responsabile supremo...;
c) tali iscritti venivano designati come "coperti" ed inseriti di ufficio in una loggia anch'essa
"coperta" comprendente per l'appunto la lista degli iscritti noti solo al Gran Maestro...; d) il fenomeno della "copertura" era comune alle altre famiglie ed interessava sia singoli iscritti che intere logge...;
e) tale costume di vita associativa è stato dai massimi responsabili della massoneria rivendicato come una forma di riservatezza propria dell'istituzione...;
f) accanto alla connotazione della riservatezza altra peculiarità dell'organizzazione massonica generalmente considerata, sulla quale si è soffermata l'indagine, è quella dello spiccato inte- ressamento delle varie comunità massoniche verso l'attività del mondo "profano"...;
g) la solidarietà esplica la sua funzione per l'attività dell'affiliato nel mondo "profano"
giungendo sino all'appoggio esplicito per i fratelli candidati, formalizzato in circolari tra gli iscritti in occasione delle consultazioni elettorali".
La Commissione conclude le sue considerazioni sulla Massoneria in generale evidenziando:
h) il rischio che la solidarietà massonica, quando si traduca in una occulta agevolazione di successi personali, possa rendersi incompatibile con non poche regole della società civile, specie quando tale forma di solidarietà operi all'interno di carriere pubbliche;
i) la rilevanza dell'aspetto internazionale della massoneria che si pone come un contesto di organizzazioni fortemente collegate tra loro.
Già le considerazioni sin qui svolte dalla Commissione di inchiesta suscitano, a ben vedere, il sospetto che la struttura organizzativa massonica possa lasciare spazio a manovre in contrasto con le regole della società civile.
Se poi si passa ad un più approfondito esame dei rapporti della Loggia P2 di Licio Gelli con la Massoneria, risulta che:
" (...)la Loggia Propaganda è una loggia massonica inserita a pieno titolo nella comunione massonica di più antica tradizione e di più vasta affiliazione di aderenti. La realtà dei fatti è in- contestabilmente quella di un organismo presente nella comunione di appartenenza come entità integrata secondo peculiari prerogative che ad essa venivano riconosciute dagli statuti e dalla pra- tica stessa di vita dell'associazione: la connotazione della Loggia P2, secondo l'ordinamento massonico, era quella di una loggia coperta. Come poi questa copertura sia stata gestita dai dirigenti responsabili, anche in violazione degli statuti dell'associazione, evolvendo verso forme di vera e propria segretezza, questo è argomento che nulla inferisce nel nostro discorso.(...). A tal fine possiamo affermare che l'adozione di forme di copertura dirette verso l'esterno come verso l'interno della comunione di appartenenza costituisce indubbia connotazione di segretezza ed è soltanto ai fini di mera confusione che si può spostare il tema del discorso sulla presunta segretezza o meno della Massoneria(...)".
Apparve dunque alla Commissione incontrovertibile, che la Loggia P2 fosse a) una loggia massonica; b) una loggia dotata di segretezza (...). La Commissione ha inoltre ritenuto fatto di primario interesse la circostanza che la Massoneria di Palazzo Giustiniani si sia trovata, nel seguito della vicenda gelliana, nella duplice veste di complice e vittima, essendone inconsapevole la base e conniventi i vertici.
La Commissione parlamentare non esita a parlare, con riferimento alla P2 di
"illeciti". Quali dunque questi fini illeciti? Quale la struttura organizzativa?
Rispondere qui ex professo agli interrogativi appena posti vorrebbe dire ripercorrere il dibattito sulla P2. Basti dunque, ad evitare ripetizioni, ricordare che:
- Quanto al fine ultimo ( a prescindere dunque da eventuali illeciti perseguiti solo come mezzo a fine) esso va individuato, per usare le parole della relazione, "non nella conquista politicamente motivata delle sedi istituzionali dalle quali si esercita il governo della vita nazionale, ma nel controllo anonimo e surrettizio di tali sedi, attraverso l'inserimento in alcuni dei processi fondamentali dai quali l'azione del governo nasce e attraverso i quali concretamente si dispiega".
Aggiungo che è ben difficile far quadrare con le esigenze della democrazia il metodo secondo cui un gruppo - eletto da pochi - intende, tramite le sue propagini nelle istituzioni, comandare anche a chi non ha partecipato alla sua elezione.
Il fine appena indicato potè essere raggiunto:
a) tramite la stretta "copertura" della Loggia cui appartenevano peraltro "fratelli" affiliati contemporaneamente ad altre Logge coperte. L'esercizio del diritto di cui all'art.15 Cost. mas- soniche (doppia appartenenza) permette di ipotizzare "che elementi che appaiono in transito nella Loggia P2 fossero in realtà rimasti nell'ambito dell'organizzazione realizzando, attraverso l'exeat ad altra Loggia, una forma ulteriore di copertura della loro appartenenza.
La "riservatezza", nella P2, era d'obbligo:"Per una maggiore e più assoluta sicurezza non sarà mai indicato il numero degli iscritti che prestino servizio in un o stesso ente, organismo o amministrazione...tutt'al più l'elemento preposto a quel determinato ente dovrà venire a conoscere i nominativi di circa un cinque per cento degli iscritti a lui sottoposti" (dalla Sintesi delle norme della P2).
b) facendo leva sulle attività "profane" degli affiliati.
Alla Loggia P2 appartenevano, tra gli altri, amm.TORRISI (capo stat. magg.
difesa), gen GRASSINI (SISDE), gen.SANTOVITO (SISMI), gen. PICCHIOTTI (vicecoman- dante Arma Carabinieri), gen.PALUMBO (comand. divisione 'Pastrengo'), gen MICELI (SID), gen. MUSUMECI (segret. gen. SISMI), gen. GIUDICE e gen.GIANNINI (comandanti generali G.d.F.).
E' significativo, in proposito, quanto stabilito dalle norme della Loggia:"..tra i compiti principali dell'ente vi sono sia quello di adoperarsi per far acquistare agli amici un grado sempre maggiore di autorevolezza e di potere perchè quanta più forza ognuno di essi potrà avere,
tanto maggior potenza ne verrà all'organizzazione stessa intesa nella sua interezza, sia quello di elargire ai componenti la massima assistenza possibile".
L'ORGANIZZAZIONE, LE FINALITA' E LA GERARCHIA MASSONICHE A) LA LOGGIA PROPAGANDA 2 COME PARTE INTEGRANTE DELL'ORGANIZ- ZAZIONE MASSONICA.
Un primo bilancio valutativo delle vicende sopra esposte non può che risolversi in un vivo allarme per chi sia interessato alle sorti della nostra giovane democrazia. Ma, si dirà, perchè allarmarsi per una degenerazione occasionale che, in definitiva, deve essere considerata opera esaurita e fallita di pochi "devianti"?
In proposito va richiamato e condiviso il giudizio della Commissione parlamentare fortemente e giustamente critico nei confronti di quanti "tendono a rappresentare la Loggia P2 come un fenomeno associativo di scarsa pericolosità, attribuendo al solo Gelli e a pochi altri i reati più gravi, scolorendo il loro significato politico complessivo e svalutando la genuinità della documentazione proveniente dalla perquisizione del 17 marzo 1981".
Neppure può dirsi, Sig. Presidente, che acqua passata non macina più e che male fa il Consiglio ad allarmarsi in ordine a fenomeni che hanno esaurito nel tempo la loro efficacia.
Va cioè decisamente contrastata - oltre quella individuata dalla Commissione Parlamentare - l'altra pericolosa linea di tendenza secondo cui la Loggia P2 fu irripetibile frutto di irripetibili contingenze.
Sia la tesi secondo cui il fenomeno P2 si riduce puramente e semplicemente al
"caso Gelli", sia la tesi secondo cui la P2 appartiene ormai al "tempo che fu" sono del tutto infondate: la prima perchè trascura di considerare il fatto che la Loggia P2 (e Gelli) agirono sempre nel contesto della Massoneria; la seconda perchè non si rende conto che le finalità della Loggia P2 non attengono, come si cercherà di mostrare nel paragrafo seguente, al nostro passato, ma al nostro presente ed al nostro futuro.
LA P2 NON E' MERO "CASO GELLI"
Si è già accennato in precedenza come la P2 facesse parte integrante della Massoneria. Non a caso, negli ambienti massonici, vi fu chi reagì affermando che occorreva far presente a responsabili di partito che "lo scioglimento della P2 era lo scioglimento di tutta la Massoneria" (cfr.Atti CPI,III,1,pag40).
Qui sia consentito richiamare alcuni dati, anche cronologici, che dimostrino e rendano evidente l'affermazione fatta.
- 1965 Gelli fa ingresso nella massoneria;
- 1969 Gelli si adopera per riunificare le varie famiglie massoniche;
- 1970 Lino Salvini succede nella carica di Gran Maestro a Giordano Gamberini. Salvini delega a Gelli la gestione della Loggia P2.
- 1971 Lino Salvini firma la bolla di fondazione della Loggia P1 che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere più segreta della P2.
- 1973 riunione di "Villa Wanda" sullo stato della situazione politica.
- 1973/1974 iniziative dei "massoni democratici" nell'ambito massonico. Tavole di accusa di Ferdinando Acconero ed Ermenelgildo Benedetti.
- 1974 Il Grande Oriente delibera di prendere le distanze da Gelli. I Maestri Venerabili riuniti nella Gran Loggia di Napoli decretano la "demolizione" della Loggia P2.
- 1975 La Loggia P2 viene ricostituita e Gelli viene fatto Maestro Venerabile della predetta Loggia.
- 1975 (14 febbraio) Gelli concorda con Salvini se i nominativi al Vertice del R:S:A:A:debbano apparire nel piè di lista della P2
- 1976 I lavori della Loggia P2 vengono sopsesi a tempo indeterminato. Gelli viene sospeso dall'attività massonica per anni tre.
- 1976 processo massonico a carico di Gelli. Gelli, condannato, è subito dopo graziato; non si fa menzione di tutte le vicende di rilievo esterno; vengono espulsi numerosi "massoni democratici"
- 1978/80 Versamenti della Loggia al Grande Oriente, malgrado la Loggia stessa versi in stato di sospensione.
- 1979 (20 marzo) Gelli concorda con Ennio Battelli, nuovo Gran Maestro, la sorte dei "piè di lista"
- 1980 (5 ottobre) intervista di Gelli al Corriere della Sera.
- 1980 Gelli invia al Grande Oriente 4 milioni quale quota per iscritti.
- 1981 Il Grande Oriente predispone la normativa per il reinserimento degli iscritti alla P2 nell'ordinario circuito massonico.
Sul ruolo svolto da Gelli in epoca successiva non mi pronunzio poichè dovrei riferire opinioni personali e non le risultanze della Commissione Parlamentare di Inchiesta.
Se un individuo come Gelli riuscì ad operare sostanzialmente indisturbato, non appare peregrino ritenere che la struttura organizzativa massonica ed il vincolo interno di soli- darietà si prestino, oggettivamente e potenzialmente, ad essere usati come grimaldello per conquistare il potere. E' vero che la Massoneria ha spesso subito queste manovre così come è vero che ha patito, nel corso dei secoli, veri e propri pogrom. Ma altrettanto vero è che:
- essa è non di rado un potenziale pericolo in virtù della sua struttura "riservata" (quando non addirittura segreta);
- di fatto, nei secoli (cfr. paragrafo 2) e da ultimo (vedi "caso P2) essa si è consapevolmente prestata ad essere strumento di sovversione;
- costituisce comunque un "contropotere" (non è un caso che i regimi dispotici, notoriamente refrattari ad ogni tipo di contropotere l'abbiano sempre avversata) alle legittime istituzioni dello Stato. Dire che la Massoneria è un "contropotere" non vuole, ovviamente, dire che essa sia necessariamente un potere "nemico";
- tende a risolvere al suo interno anche vicende di vitale importanza per l'esistenza dello Stato;
- gli atteggiamenti "devianti" sembrano venir in rilievo, all'interno della Massoneria, più per motivi ideologici e di contrasto di potere che per lealtà verso le istituzioni della Repubblica.
A siffatte conclusioni può pervenirsi agevolmente anche in considerazione del fatto che:
- il "potere" sembra essere sovente il vero scopo dell'assetto massonico (cfr. Atti CPI,III,7bis, pag.23);
- del tutto strumentale la posizione occupata nei partiti e nelle istituzioni.
"Il Fratello" afferma lo statuto della c.d. Loggia Montecarlo "può far parte di un partito politico <<democratico>> ma soltanto per tattica" (Atti CPI,III,7bis,pag.24)
- estremamente ramificata si presenta la infiltrazione massonica (cfr. Atti CPI,III,5,parte 1,pag.VI).
- assolutamente innocenti appaiono le forme giuriche di copertura delle Logge ( si veda Statuto Centro Sociologico Italiano in Atti CPI,III,1,pag.77).
- la Massoneria si dichiara apertamente istituzione al di sopra oltre che al di là dei partiti, ma, al contempo, non estranea alla vita del Paese (cfr. Atti CPI,III,1,pag.286)...
- ...tanto vero che dà istruzioni perchè, nel momento elettorale, il voto sia assicurato,in base al concetto solidaristico, a persone affiliate alla Massoneria (cfr.Atti CPI,III,1, pag.282. Cfr.
All.3).
- è pacifica la sua volontà di penetrare nello Stato. Non a caso si parla di "dossier nel quale sono specificate determinate posizioni di cui noi potremmo impossessarci, dalle quali possiamo partire influendo sui membri della Commissione, sul Parlamento, ecc."(cfr. Atti CPI,III,1,pag.29).
- non a caso la Massoneria riesce ad ottenere vantaggi non indifferenti dall'apparato pubblico, vedi locazione Palazzo Giustiniani per 23 anni a lire 83.100 mensili. (Atti CPI,III,1, pag.33)
- l'interferenza negli organi costituzionali etc, è ammessa negli stessi documenti "interni"
massonici:
"Anche se questo è l'unico punto poco chiaro della legge, non pare che la nostra Organizzazione svolga, almeno in senso stretto, una tale attività;...Che indirettamente qualche interferenza possa esserci è invece nella logica delle cose"(cfr.Atti CPI, IV,2,pag.372)
- il mezzo principe sembra essere costituito dalle logge coperte "Nel 1971 Tito Ceccherini Sovrano e Gran Maestro della Comunione di Piazza del Gesù, prossimo alla fine, riteneva opportuno conferire a Dario Morano...la dignità di Luogotenente del Rito S.A.A. e l'incarico di costituire in tutta Italia le Logge coperte con compiti politici".(Così Atti CPI,IV,2,pag.41)
- la copertura è a), tendenzialmente, diretta a consentire di mantenere concretamente lo stato di incognito (Atti CPI,III,1, pag.12)...
- b) ispirata ad "una logica di <<politica massonica>>"(cfr. Atti CPI,III,1,pag.18)
- c) mirante ad un proselitismo di "élite", cioè "a personalità di spicco sociale o fratelli che per attività profane necessitano di una particolare ed ulteriore riservatezza massonica" (così Atti CPI,IV,2, pag.232)
- d) struttura rimasta riservata anche dopo le note vicende della P2 essendosi, al più, provveduto ad abolire il termine "coperta" (cfr.Atti CPI,III,1,pag.21).
LE FINALITA' DELLA LOGGIA P2 COME PERICOLO ATTUALE
Afferma la Relazione della Commissione Parlamentare (pag.147) con riferimento al punto D n.3 ("dissolvere la Rai-TV in nome della libertà di antenna ex art.21 della Costituzione) del Piano di Rinascita democratica sequestrato a Castiglion Fibocchi come esso offra spunti di seria meditazione quando si ponga mente alla data della sua formulazione (1975) nonchè alla singolare, a dir poco, preveggenza di quanto verificatosi successivamente.
E' esattamente, sig.Presidente, quello che il relatore intende fare: offrire a questo onorevole consesso e, perchè no?, al Paese uno spunto di sofferta, allarmata, meditazione. Perchè deve essere assolutamente chiaro - facciamo nostre le parole dell'on.Tina Anselmi - che " ci sono solidarietà che continuano a funzionare, eccome. Il piano di rinascita di Gelli si sta realizzando in molte parti del Paese nella disattenzione generale".
Le considerazioni sin qui svolte non sono lunga e strana divagazione, ma costituiscono la motivazione politica del perchè il Consiglio Superiore della Magistratura si è avventurato ad affrontare un argomento carico di insidie, di pericoli, di amarezza; del perchè il Consiglio Superiore della Magistratura non possa, in proposito, che emanare risoluzioni attente, puntuali e severe.
Si, sig. Presidente e colleghi, la severità delle considerazioni che seguiranno vuole essere molto più che doverosa tutela dell'indipendenza dell'ordine giudiziario. Vuole essere richiamo al Paese perchè cessi di essere disattento alle sue sorti; perchè si accorga che le sue libere istituzioni potrebbero avviarsi ad essere il volto mascherato di poteri occulti; perchè chi
ne ha dovere istituzionale o sociale o spirituale ponga con urgenza attenzione a questo fenomeno imponente.
Dice bene l'on. Anselmi: ci sono solidarietà che continuano a funzionare. Esse si colgono là dove, a negarle, occorrerebbe inventare per l' appunto un singolarissimo, stupefacente potere di preveggenza.
Ho allegato in calce alla presente relazione, per memoria di tutti, il "Piano di Rinascita democratica"(Cfr.All.1). Tra i suoi obiettivi si trovano tra l'altro importanti "ritocchi"
alla costituzione ed un pianificato controllo dei partiti politici democratici, della stampa, dei sindacati ("La disponibilità di cifre non superiori a 30-40 miliardi sembra sufficiente a permettere ad uomini di buona fede e ben selezionati di conquistare le posizioni chiave necessarie necessarie al loro controllo").
Sig. Presidente non si tratta più, oggi, di andare a caccia della disciolta Loggia P2, ma di vedere - e non tocca certo a noi - quali siano le "solidarietà che continuano a funzionare", quale il miracolo per cui un piano ideato quindici anni fa da una Loggia massonica, poi disciolta, seguita, da solo, a realizzarsi puntualmente.
Una delle relazioni di minoranza della CPI afferma che è illusorio ritenere che "il Paese possa salvarsi con una sia pure dura condanna della Loggia P2 di Licio Gelli. Così stando le cose si lascia intatto il terreno dove, fisiologicamente, altre P2, non solo vivranno e prospereranno, ma già tutt'ora vivono ed operano".
Sarà dunque bene che chi ha potere di indagine e di analisi - personalmente è un'esigenza che prospetto con forza - lo eserciti a pieno perchè è forte la sensazione che, come è stato rilevato "gli eventi della nostra storia non sono quelli sui quali si concentra l'attenzione della pubblica opinione, ma quelli che si svolgono contemporaneamente senza che la pubblica opinione li percepisca". Nessuno può dirlo più del Consiglio Superiore della Magistratura, avviluppato per quattro anni nelle nebbie - misteriose e destabilizzanti - di "casi" a ripetizione.
Questo dunque, sig. Presidente, il nostro problema oggi: rendere palesi i poteri reali e ricondurre ad indipendenza le istituzioni. Questo l'oggetto dell'indagine che invoco sia condotta, con spietata analisi, perchè ho ben presente il Piano di Rinascita democratica:"Riforma
del Consiglio Superiore della Magistratura che deve essere responsabile verso il Parlamento (mo- difica costituzionale)". Un Parlamento svuotato di significato, ben s'intende, perchè dominato per il tramite dell'appena ricordato "controllo dei partiti politici democratici".
Non sarà male, tra l'altro, se chi farà questa indagine si darà pena di analizzare con cura le vicende sfortunate del Consiglio Superiore della Magistratura che - vedi caso - iniziano subito dopo la sentenza contro la Loggia P2. E neppure sarà male se siffatta indagine starà attenta a tutti i protagonisti (ma proprio tutti, senza dar vita alla categoria degli "insospettabili", perchè in queste vicende nessuno è più sospetto degli "insospettabili") delle vicende che hanno contrapposto il Consiglio a questo o quel personaggio, a questa o quella iniziativa.
Appare dunque inderogabile che le forze politiche democratiche, senza in alcun modo dar vita a "cacce alle streghe", rispettose delle idee di tutti, ma altresì attente alla libertà delle istituzioni, esaminino con cura dove possano celarsi i vari Comitati Esecutivi (del tipo, per intendersi, della ricordata Loggia Montecarlo o del chiacchierato - e dimenticato - Bilderberg Club); senza pregiudizi, ma senza neppure sacche di impunità. Una bonifica che veda impegnati in prima linea - ognuno nell'ambito delle rispettive competenze - gli organi istituzionali di livello costituzionale.
Ecco dunque che, nel contesto indicato, s'è prospettato al Consiglio Superiore della Magistratura il grave pericolo non solo che un potere occulto impartisse ordini alla giurisdizione, ma che potesse essere credibile che ciò avvenisse. Un pericolo non certo astratto e teorico.
IL CASO DEL DOTT. VELLA
Con riferimento al caso - di pubblico dominio e già affrontato da questo Consiglio - del dott. Angelo VELLA è appena il caso di evidenziare, a puro fine esemplificativo, che:
a) lo stesso facesse pacificamente parte della Massoneria Universale di Rito Scozzese Antico Accettato; che del medesimo sodalizio fu gran Maestro quel Tito Ceccherini che si è visto (v. su- pra sub 4) essersi adoperato per la costituzione di logge coperte con compiti politici;
b) la Loggia Zamboni- De Rolandis (nella quale era attivo il dott. VELLA) era Loggia Coperta o quanto meno "riservata"(circa le polemiche interne alla Massoneria circa l'esistenza di "fratelli"
coperti nella Zamboni-De Rolandis cfr. Atti CPI,IV,1,pag.211-212);
c) nella Loggia indicata militavano "fratelli" appartenenti anche alla Loggia Propaganda 2 (cfr.Atti CPI,IV,1,pag 183);
d) il dott.VELLA rivestiva nel sodalizio in questione il grado 33E(cfr. Atti CPI,IV,1, pagg.152, 192,205);
e) pertanto il dott.VELLA, aveva prestato tutti i giuramenti previsti...;
f)... e faceva parte di quel Capitolo Nazione del Rito Scozzese Antico Accettato (cfr. Atti CPI,IV,1,pag.278) - poi sciolto nel 1982 dalle stesse autorità massoniche - sospettato di essere un'organizzazione avvalentesi di "fratelli" coperti e nel quale si trovavano elementi iscritti alla P2 (cfr. Atti CPI,IV,1,pag.1154 e 1157).
h) Ciò nonostante ha trattato importanti processi che concernevano il cuore stesso dell'attività massonica udendo come testi personaggi di primo piano della Massoneria (cfr. Atti CPI,vol.III, tomo IV, parte 2E,pag 429ss; e parte 3E,pag.19ss).
Come tutto ciò sia compatibile con la credibilità dell'ordine giudiziario lascio a voi giudicare.
L'ART. 18 DELLA COSTITUZIONE. LE ASSOCIAZIONI SEGRETE.
Possiamo a questo punto cominciare a trarre le fila del nostro discorrere.
Le associazioni massoniche - depauperate di quanto c'è di esoterico - costituiscono nel loro essere profondo una manifestazione che allarma, anche per vicende recenti che si ha motivo di sospettare addirittura in atto.
Questo fatto deve indurre il Consiglio Superiore della Magistratura alla massima severità nel vedere quali siano, più in generale, le formule associative che l'ordinamento consenta di reprimere ovvero relativamente alle quali sia impedita la partecipazione di magistrati: solo così sarà possibile impedire che la giurisdizione venga riciclata nel circuito del potere di parte o, peggio, dell'eversione.
Non c'è dubbio che, nei limiti in cui una società si strutturi in modo da dar vita ad una associazione segreta, c'è divieto assoluto per ogni cittadino di partecipare alla predetta associazione ex art.18 cost. ed in base alla successiva legge 25 gennaio 1982 n.17.
In materia, per quanto concerne in particolare i magistrati, il relatore deve limitarsi a riaffermare il potere-dovere del Consiglio Superiore della Magistratura di intervenire pronta- mente - come in ogni caso di violazione della legge penale - tutte le volte che risulti, da parte di magistrati, l'inosservanza di siffatto obbligo di legge.
ASSOCIAZIONI "RISERVATE"
Peraltro con riferimento ai magistrati, si pone il problema se sia lecito, da parte loro, partecipare ad associazioni che, pur non segrete, sembrino idonee a compromettere la credibilità dell'attività giurisdizionale per effetto di una caduta verticale dell'immagine di imparzialità ed indipendenza.
L'istintiva, negativa risposta sembrerebbe cozzare contro un ostacolo insormonta- bile. Se è vero che il diritto di associazione è assistito da tutela costituzionale con la sola ecce- zione di cui al precedente paragrafo 6), ne segue che delle due l'una: o il magistrato incorrerà nei rigori della legge penale (cfr. supra sub 6) ovvero la sua attività "associativa" non potrà dar luogo a fatti disciplinarmente rilevanti.
La tesi appena esposta non si dà sufficientemente carico, a parere del relatore, della molteplicità dei valori (tutti di rilievo costituzionale) che viene in questione.
Devono pertanto, in proposito, farsi alcuni doverosi rilievi.
1- La sentenza 7 maggio 1981 della Corte Costituzionale.
Va ricordata la sentenza 7.5.1981 della Corte costituzionale la quale, sia pure con riferimento a diversa materia (art.21 cost.) si pone un quesito analogo a quello che oggi è sottoposto al giudizio del Consiglio: si chiede cioè se il magistrato debba o meno godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni cittadino. Afferma sul punto la Corte:
"Deve riconoscersi - e non sono possibili dubbi in proposito - che i magistrati debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino ma deve del pari ammettersi che le funzioni esercitate e la qualifica da essi rivestita non sono indifferenti e prive di effetto per l'ordinamento costituzionale.
Per quanto concerne la libertà di manifestazione del pensiero non è dubbio che essa rientri tra quelle fondamentali protette dalla nostra Costituzione ma è del pari certo che essa, per la generalità dei cittadini non è senza limiti, purchè questi siano posti dalla legge e trovino fondamento in precetti e principi costituzionali, espressamente enunciati o desumibili dalla Carta costituzionale (cfr. sent. 9 del 1965).
I magistrati, per dettato costituzionale (artt.101, comma secondo, e 104, comma primo, Cost.), debbono essere imparziali e indipendenti e tali valori vanno tutelati non solo con specifico ri- ferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza ed imparzialità nell'adempimento del loro compito.
I principi anzidetti sono quindi volti a tutelare anche la considerazione di cui il magistrato deve godere presso la pubblica opinione; assicurano nel contempo, quella dignità dell'intero ordine giudiziario, che la norme denunziata qualifica prestigio e che si concreta nella fiducia dei cittadini verso la funzione giudiziaria e nella credibilità di essa.
Nel bilanciamento di tali interessi con il fondamentale diritto alla libera espressione del pensiero, sta, come del resto finiscono per riconoscere le ordinanze di rimessione, il giusto equilibrio, al fine di contemperare esigenze egualmente garantite dall'ordinamento costituzionale.
Alla luce di tali considerazioni va interpretata la sentenza di questa Corte n.145 del 1976, la quale riconosce <<l'esigenza di una rigorosa tutela del prestigio dell'ordine giudiziario, che rientra senza dubbio tra i più rilevanti beni costituzionalmente protetti>>".
Insomma a voler parafrasare le regole sopra stabilite dalla Corte, applicandole analogicamente al diritto di cui all'art.18 della Costituzione, sembrerebbe potersi enunziare la massima secondo cui "il fondamentale diritto di associarsi liberamente è suscettibile di limitazioni - riconducibili alla legge e/o a precisi obblighi deontologici - qualora dette limitazioni trovino fondamento in precetti e principi costituzionali, espressamente enunciati o desumibili dalla Carta costituzionale".
L'orientamento espresso dalla Corte va, a parere del relatore, condiviso, a piena e concreta attuazione di tutti i valori costituzionali, primi tra tutti i diritti inviolabili della persona ed il diritto di cui all'art.24 cost., diritti tutti ben difficilmente tutelabili al di fuori di una puntuale, costante, scrupolosa realizzazione della "soggezione del giudice alla legge"(art.101 cost.).
2- La partecipazione di magistrati alla Massoneria.
In applicazione dell'indicato orientamento della Corte costituzionale, deve escludersi che i magistrati possano partecipare ad associazioni che, per vincolo di gerarchia, ideologia professata e praticata possono indurre i cittadini a pensare che l'esercizio della giurisdizione venga distorto a vantaggio dell'associazione stessa o dei suoi singoli componenti.
Per quanto concerne la Massoneria non c'è dubbio che concorrano numerosi elementi perchè debba ritenersi gravemente offuscata l'immagine della giurisdizione.
A) Innanzitutto il vincolo gerarchico che, nell'ambito della Massoneria, si pone con particolare forza e autorità. La Massoneria aspira, come si esprime uno dei documenti
sequestrati (cfr. Atti CPI,IV,2,pag.42) ad essere "operativa perchè omogeneamente diretta da una mente sola". Lo "statuto" della c.d. Loggia Montecarlo afferma "La vera appartenenza del Fratello è al Comitato, le cui indicazioni devono sempre avere la preferenza e la precedenza su tutte le altre, da qualsiasi parte provvengano" (Atti CPI,III,7bis,pag.21). Del resto gia alcune formule di giuramento sono estremamente esplicite com'è nel caso del giuramento al 9E grado del Rito Scozzese Accettato:"Giuro di obbedire senza esitazione e dissenso agli ordini che mi verranno trasmessi dal Sovrano Tribunale dei 31 e dal Consiglio dei 33 del Rito Scozzese Antico e Accettato" (Cfr. All. da 4A a 4G).
Ma, al di là di questa o quella formula di giuramento, è la stessa Massoneria che si presenta come "ordine" a sè stante; a realizzare quest'ordine concorre, tra l'altro, un'autorità co- stituente che deve venir accettata per poter divenire massoni così com'è puntualmente previsto dal'art.24 della Costituzione del Grande Oriente d'Italia.
B) La solidarietà massonica - a parte leggittimi dubbi sul significato della stessa ed a prescindere da evidenti incoerenze (è ben difficile, ad esempio, conciliare il senso di fra- tellanza con l'elevare a criteri di giudizio "l'estrazione etnica e la consistenza profesionale e patrimoniale") - si svolge secondo modi (cfr. supra sub 4)pag.17) che inducono a configurare tale solidarietà (al di là delle motivazioni di "foro interno" che la sorreggono) come un'occupazione di potere: i Fratelli, recita il Regolamento della "Loggia Montecarlo" debbono studiare, analizza- re il potere al fine di conquistarlo, esercitarlo, conservarlo, aumentarlo e renderlo sempre più saldo.
L'entrare in un circuito che consenta ragionevolmente di sospettare che un magistrato eserciti la giurisdizione nell'interesse di un ordine subendo l'autorità di quell'ordine per trarne a sua volta vantaggi è fatto gravissimo. La giurisprudenza della Sezione Disciplinare di questo Consiglio è costantemente intesa a condannare le compromissioni del prestigio dell'ordine (si potrebbe anche parlare di cadute verticali di credibilità) in tutti i casi in cui il magistrato abbia fatto colpevolmente sorgere sospetti di favoritismo e di parzialità.
Si pensi, in proposito, al caso di magistrati chiamati a delicatissime indagini coinvolgenti affiliati alla Massoneria e facenti essi stessi inquirenti parte del sodalizio massonico.
Un caso del resto non meramente ipotetico.
La partecipazione alla Massoneria - così come a qualunque associazione con forte vincolo gerarchico e ferrea solidarietà - determina, peraltro, una caduta non solo di apparenza, ma anche e soprattutto di "sostanza": ciò sia per l'accettazione della subordinazione gerarchica sia, soprattutto, perchè esistono Logge "coperte" o "riservate" (e pur facenti parte integrale della Massoneria nel suo comesso) le quali non consentono a nessun affiliato di sapere con esattezza (P2 docet) con chi stia collaborando ed a chi stia ubbidendo.
L'appartenenza alla Massoneria appare così un vincolo che si sovrappone, oggettivamente, al giuramento di fedeltà di cui all'art.54 cost. ed all'obbligo primario che ogni giudice ha di essere soggetto solo alla legge (v. supra sub 7) n.1).
Le considerazioni appena svolte trovano del resto conferma nel divieto di iscrizione dei magistrati ai partiti politici (art.98 cost.).
Non c'è dubbio che la Costituzione assegni ai partiti politici non già il generico favore riconosciuto a tutte le associazioni dall'art.18 cost., ma un valore specifico; ciò nonostante, è riconosciuta - proprio in virtù della tutela costituzionale accordata ad altri concomitanti valori - la possibilità di limitare l'iscrizione ad essi di persone (magistrati, militari, etc.) in virtù dell'attività da essi svolta (è singolare la coincidenza che l'attenzione della Loggia P2 si sia rivolta con particolare attenzione proprio a persone che svolgevano attività contemplate dall'art.98 cost.).
Il relatore deve in proposito ricordare il parere dato da questo Consiglio sulla P.L.
254/C Mammì, là dove esso muove dal presupposto che lo status di magistrato sia ostativo (sia pure sotto il profilo dell'opportunità) alla iscrizione a partiti politici poichè "l'iscrizione ad un partito politico comporta di regola, l'assoggettamento a 'vincoli' così penetranti e diffusi da poter cagionare una menomazione apprezzabile non solo dell'immagine della terzietà ma anche dell'imparziale esercizio della giurisdizione da parte del magistrato iscritto. Detti vincoli spaziano dal (necessario) concorso al rafforzamento e al consolidamento della struttura organizzativa del
partito - che impone di norma agli iscritti atti concreti di solidarietà, di propaganda, di proselitismo, di attivo sostegno in occasione di importanti iniziative politiche e di competizioni elettorali - alla (necessaria) condivisione del programma strategico e finalistico del gruppo, e della concezione 'di parte' degli interessi dei singoli, della collettività e dello Stato" (cfr. Parere Consiglio Superiore della Magistratura espresso con delibera 20 novembre 1986).
Da ricordare che, nel parere appena indicato, il Consiglio Superiore della Magistratura riservava "a prossima occasione le valutazioni attinenti ad altre partecipazioni suscettibili di comportare vincoli che incidano sull'indipendenza e l'autonomia del magistrato".
Già in allora infatti il Consiglio Superiore della Magistratura ritenne necessario che venissero approfonditi "il più presto possibile tutti i gravi e proteiformi profili di possibile contaminazione, diretta e indiretta, con centri di potere alieni, specie se politici ed economici, e di alimentare in- cessantemente la cultura della terzietà del giudice".
Dunque - a parte ciò che si dirà appresso sub 8) - anche la partecipazioni ad Associazioni sicuramente "buone" può, in virtù delle esigenze proprie dell'attività giurisdizionale, essere inibita ad un magistrato perchè, come afferma in proposito l'Esposito,"si è voluto impedire che gli strumenti della giustizia imparziale, i rappresentanti dello Stato nella totalità dei suoi membri possano figurare, per la loro iscrizione ufficiale in un partito, rappresentanti di una sola parte dello Stato o soggetti ad altro che alle sole leggi".
ASSOCIAZIONI PALESI AVENTI IL FINE DI INTERFERIRE SUGLI ORGANI E SUGLI ENTI DI CUI ALL'ART.1 DELLA LEGGE n.17 DEL 1982.
Le considerazioni sopra riferite sono confortate dai gravi dubbi - che qui si espongono in chiave meramente problematica e sistematica - circa la compatibilità con l'assetto costituzionale considerato nel suo complesso delle associazioni che, anche in modo palese, si dovessero proporre il fine di attuare le turbative previste dall'art. 1 della legge 17 del 1982.
Deve innanzi tutto essere evidenziato come, secondo quanto disposto dall'art.49 cost. la politica nazionale va determinata per il tramite dei partiti. Il che non significa che non
possano esistere anche "associazioni politiche": deve però essere chiaro che solo i partiti possono
"determinare la politica nazionale" ( sembrerebbe pertanto che solo con riferimento ad essi - e non alle associazioni politiche - possa, significativamente, porsi il divieto di cui all'art.97 cost.).
Va altresì sottolineato il principio dell'imparzialità della Pubblica Amministrazio- ne (art.97 cost) che, in quanto valore costituzionalmente garantito, assume, con riferimento alle associazioni considerate dal presente n.8, un significato particolare.
Da notare che dal combinato disposto degli artt. 49 e 97 si desumerebbe che i partiti politici (a maggior ragione le associazioni politiche) non possano determinare le decisioni della P.A.
Deve pertanto concludersi che il Consiglio Superiore della Magistratura abbia preciso dovere di vegliare costantemente perchè il valore costituzionale di cui all'art. 101 venga costantemente realizzato a tutela e difesa dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art.3 cost.).
E'appena il caso di rilevare come il Consiglio Superiore della Magistratura tragga la sua natura di organo di rilevanza costituzionale (o addirittura, come sostiene autorevolissima dottrina, di organo costituzionale) proprio dalla funzione ad esso conferito di tutelare l'indipendenza della magistratura quale strumento inteso a realizzare i principi di legalità e di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Difesa, da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, della indipendenza dei magistrati dunque, ma, deve essere chiaro, in una duplice direzione: nei confronti di chi a quella indipendenza attenti per ottenere una giurisdizione docile e sottomessa; nei confronti di quei magistrati che vengano meno - violando la legge ovvero omettendo di osservare le regole deontologiche - al dovere di indipendenza.
Non può dunque il Consiglio Superiore della Magistratura, nel caso che è oggi sottoposto al suo giudizio, non riaffermare solennemente:
- LA CENTRALITA',IN UN SISTEMA DEMOCRATICO, DELLA PERSONA UMANA.
Non si tratta di mera enunciazione teorica (contestualmente infatti si stabiliscono, a mo' di corollario, importanti principi di grande rilievo politico) ma di un'affermazione di grande
portata ideale. Essa si pone in netto contrasto con ogni centro di potere politico intento a giocare la "partita" del potere usando gli uomini come se si trattasse di pedine sulla scacchiera.
- IL VALORE FONDAMENTALE DELLA GIURISDIZIONE
Va evidenziato con forza il valore dell'imparzialità della giurisdizione e del suo indipendente esercizio quale strumento irrinunciabile per tutelare i diritti fondamentali della persona e, al tempo stesso, realizzare quella spes di eguaglianza sostanziale rappresentato dall'uguaglianza davanti alla legge.
- L'OBBLIGO DI IMPARZIALITA' ED INDIPENDENZA DEI MAGISTRATI.
Deve essere ribadito il diritto-dovere di ogni magistrato di essere attento a quanto richiesto, anche sotto il profilo deontologico, dalla delicatezza e dall'importanza delle funzioni a lui attribuite. In particolare andrà ribadito il divieto di partecipare ad associazioni - e di contrarre comunque vincoli - che contrastino con i principi che presiedono allo svolgimento del vivere democratico ed all'indipendente esercizio della giurisdizione.
Per tutti questi motivi chiedo che, con significativa unanimità, sia approvata la proposta avanzata dalla Commissione. Un'unanimità che esprima la profonda convinzione del Consiglio Superiore della Magistratura che il Paese deve riappropriarsi delle sue libertà e del suo avvenire. Per far ciò è necessario sbarazzarsi non solo e non tanto della P2, ma di quello che essa ha rappresentato e, soprattutto, di ciò che ha voluto realizzare. Per far ciò occorre, oggi più che mai, vegliare sull'assoluta affidabilità dell'ordine giudiziario. "
L'avv. PENNACCHINI, prendendo successivamente la parola, pronuncia il seguente intervento:
"Il messaggio del Presidente COSSIGA, che in molti di noi ha determinato costernazione e sorpresa, ha prodotto in me soltanto un senso di profondo ed infinito dolore.
E' il Capo dello Stato che ci ha parlato ufficialmente in modo così perentorio, con tutto il suo prestigio e la sua autorità, di fronte a cui per me non possono valere alcuni decenni di comune vita parlamentare e di profonda sincera , stretta e amichevole attività in comune e sofferte battaglie ideologiche. Ma forse proprio dal ricordo di questa lunga comunanza di vita
e di armonica e collimante visione nel dovere di servire lo Stato, nel rispetto della Costituzione, scaturisce il mio profondo disagio, il mio accorato dolore.
Si può ipotizzare che esperti giuristi, collaudati da una lunga attività giudiziaria come giudici, cattedratici o professionisti, di cui è composto questo Consiglio abbiano anche pallidamente lasciato trasparire il sospetto di voler violare la Costituzione? Cosa può aver determinato il ricorso ad una forma così solenne di fronte soltanto alla volontà di accertare nel modo più limpido se esistono fondati motivi per esprimere vive e preoccupate perplessità in un settore tra i più delicati della sfera giudiziaria?
Non ho partecipato alla formulazione del quesito che ha suscitato l'allarme presidenziale, ma ritengo di doverlo condividere nella sua sostanza e con alcune modifiche. Sono a conoscenza che, in conseguenza del messaggio, sono in corso di presentazione alcuni emendamenti).
Ne illustro brevemente le ragioni. Nessuno intende non dico violare, ma neppure scalfire i principi costituzionali della libertà di associazione, di pensiero, di uguaglianza tra i cittadini. E nessuno potrà mai estendere alle libere e legittime associazioni, cioè a quelle non vietate, le norme previste per quelle segrete. Così nessuno, tranne il Parlamento, può arrogarsi il diritto di emanare norme, anche in forma indiretta ed impropria, che possano contrastare con la riserva costituzionale in materia di ordinamento giudiziario.
Il problema di fronte a cui si è trovato il Consiglio è un altro. Dato per intangibile e pacifico tutto quanto precede, che valutazione, che orientamento, che indirizzo deve seguire questo Consiglio nei confronti di appartenenti a libere e non vietate associazioni che tuttavia, a differenza di altre, impongono ai loro iscritti rigidi modelli comportamentali consacrati da solenni impegni, fino a poco fa da giuramenti, cui si dichiarava di obbedire senza esitazione e dissenso agli ordini che venivano trasmessi dal "Tribunale dei 31"?
Qui non è in gioco la libertà di associazione, per tutti inviolabile, anche per organismi tradizionali e secolari che tanta parte hanno avuto nella storia del nostro Paese. Qui è soltanto in gioco l'indipendenza del magistrato di fronte ad un rigido impegno ad obbedire ad
organi o persone diverse dalla legge. E ciò soltanto per alcune associazioni all'interno di quelle libere e non vietate, per le altre il problema non si pone e non si può porre.
E il delicato dilemma posto dalla Commisisone Riforma può ridursi essenzialmen- te a questo. Nelle associazioni anche non vietate, in cui c'è un vincolo di obbedienza rigido e consacrato da un impegno solenne, quale valore costituzionale deve prevalere, quello sancito dagli artt. 3, 18 e 21 della Costituzione o quello disposto dall'art. 101? Quale è in questo caso la gerarchia dei valori costituzionali?
Abbiamo avuto ieri una prima, autorevole dichiarazione, ne prendiamo atto con soddisfazione e senza inaccettabili e inopportune polemiche. Ritengo tuttavia che l'importanza e delicatezza del tema necessiti di esame ancora più approfondito, onde consentire una visione ancora più completa soprattutto nei casi da me indicati di precedenti solenni impegni ad una soggezione diversa da quella della legge.
A questa dobbiamo accingerci e offrire il contributo della nostra esperienza e della nostra coscienza, atto questo talmente doveroso da travalicare il richiamo ad un silenzio mo- ralmente giustificato dalla scadenza del limite temporale del nostro mandato."
Interviene quindi il dott. BORRE' che svolge il seguente discorso:
"Quando ieri è pervenuto il messaggio presidenziale, io sono stato fra coloro che hanno subito voluto dire qualcosa, a prima lettura. E ripensando, oggi, alle considerazioni che ho formulato, nulla trovo di sostanziale da cambiare, anche se naturalmente è necessario un approfondimento di analisi.
Dico subito che non è mia intenzione replicare argomento per argomento, e ciò non perchè non sarebbe mio desiderio che esistesse, e fosse anche fisicamente intrecciabile, un dialogo con il Presidente di questa assemblea, ma perchè un dialogo vero deve sforzarsi di essere qualcosa di diverso da una puntigliosa schermaglia e andare all'essenziale del tema.
Per primo voglio affrontare (anche per la sua rilevanza pratica, anche perchè ci servirà per il nostro lavoro di domani e di dopodomani) il tema della legittimazione del Consiglio ad approvare la risoluzione in questione pur dopo la scadenza del quadriennio. Potrei osservare che una consolidata prassi consiliare racchiude una risposta positiva. Potrei dire che proprio ora
stiamo lavorando alla relazione al Parlamento, che non è certo atto di secondaria rilevanza. Potrei ricordare che in un analogo periodo fu deliberato il trasferimento d'ufficio di un procuratore generale di Roma. Potrei richiamarne la difficoltà - propria anche del diritto privato, ma addirittua massima per il diritto costituzionale - di segnare un confine convincente fra ordinaria e straordinaria amministrazione. Ma il punto non è questo. Prima che il fondamento tecni- co-giuridico (che pure è ricavabile dai predetti elementi), desidero indicare il fondamento etico-politico che giustifica la proposizione del tema. Formalmente esso viene ora all'esame, ma nasce da un bisogno di chiarezza e di giustizia che attraversò la massima parte dei componenti del Consiglio (ieri ne ho fatto i nomi) in occasione del caso VELLA, e che addirittura risale agli albori di questo Consiglio, quando si pose il caso del collega CORSARO (1986) e tutti avvertirono la necessità che una riflessione generale venisse a fare da supporto alle singole decisioni, evitandone le improvvisazioni e la casualità. Nella risalente maturazione di tale esigenza affonda le sue radici la risoluzione odierna, che dunque non è un "exploit" di fine Consiglio, ma l'espressione di un bisogno che ha percorso tutta la consiliatura.
La risoluzione ha lo scopo di disciplinare l'esercizio dei poteri discrezionali del Consiglio (per esempio ai fin della valutazione comparativa in un concorso, della valutazione necessaria per l'attribuzione di qualifiche, e via dicendo), il che rientra, per diffuso convincimen- to, nella potestà degli organi che compiono attività amministrativa discrezionale. Sarebbe su- perfluo citare dottrina sul punto.
Non è invece nei fini della risoluzione sancire aprioristiche esclusioni o cristallizzare fattispecie disciplinari. E tuttavia se essa, nella sua testualità, offrisse qualche margine di incertezza sul punto, sarebbe agevole intervenire con qualche lieve emendamento.
Poichè l'impianto del discorso è valido (e tale validità rivendico anche come componente della Commisisone Riforma), ritocchi anche assai semplici sarebbero più che sufficienti a garantire la univocità di lettura e la serenità di tutti.
Che il Consiglio non intendesse arrogarsi la fissazione di una fattispecie disciplinare è dimostrato dal fatto che esso ha sempre mostrato favore (ed espresso sollecitazio- ne) per la tipizzazione degli illeciti disciplinari, la quale ha appunto la caratteristica di porre in
primo piano il Parlamento. Infatti la tipizzazione serve non solo a concretare una maggiore garanzia per i magistrati (aspetto che più generalmente viene evidenziato), ma anche a trasferire la formazione di un codice deontologico dall'autodeterminazione della corporazione alla sfera della sovranità popolare.
Quanto al merito, se così si può dire, del problema, e cioè quanto alla necessità di un momento di riflessione non episodica sul tema della iscrizione dei magistrati alla massoneria, richiamo le brevi cose che ho detto a proposito del caso VELLA. L'art. 101 della Costituzione, nel dire il magistrato soggetto soltanto alla legge, certamente non evoca l'illusione illuministica del giudice "bocca della legge". Il senso della proposizione sta nell'avverbio
"soltanto". Ed in questo senso la norma codifica non tanto una logica di obbedienza, quanto una logica di disobbedienza. Non solo obbedienza a ciò che legge è, ma anche, e anzitutto, disobbedienza a ciò che la legge non è. La figura ideale del magistrato, per come la Costituzione lo vuole, è dunque quella del magistrato disobbediente, del magistrato - come si usa dire - che non guarda in faccia nessuno. Lo chiedo alla gente, e alla stampa che qui la rappresenta: non è questo il magistrato che voi volete? Non è un magistrato senza padroni e senza fratelli quello che vi ispira naggiore fiducia? Se così è, bisogna ammettere che la massoneria - con la sua logica totalizzante di fratellanza, di obbedienza, di conformazione, e con i suoi giuramenti o promesse solenni - confligge, almeno potenzialmente, con quell'immagine di magistrato, per cui è ragionevole che tale circostanza possa essere assunta come elemento di valutazione da un atto consiliare di generale autodisciplina dei propri poteri discrezionali.
Se il Consiglio farà propria la sostanza della proposta della Commissione, essa assumerà, appunto, tale funzione di uguaglianza e di razionalità per il futuro in rapporto alla sfera di discrezionalità amministrativa che compete all'organo di governo autonomo, fermi tuttavia i confini che sopra ho già indicato e che a mio avviso già esistevano nel pensiero degli estensori del documento, anche se il dialogo con il Presidente è stato certamente di aiuto ad individuarli ancora più chiaramente."
Il dott. LETIZIA precisa preliminarmente di non essere stato affatto turbato dal messaggio presidenziale. A suo avviso, esso ha determinato ripercussioni non volute a causa del
clima complessivo sfavorevole creato in questi ultimi tempi nei confronti del Consiglio Superiore.
Ritiene che il Presidente si sia posto i problemi formali che avrebbe suscitato il suo messaggio, in quanto atto non previsto dalla Costituzione per il Presidente della Repubblica diversamente dal messaggio alle Camere, e ciò si evince chiaramente dal richiamo alla sua qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura effettuato nel messaggio, legittimamente indubbiamente un suo intervento che sarebbe stato opportuno effettuare direttamente partecipando alla seduta.
Il dott. LETIZIA afferma di essere convinto che il Consiglio abbia tutti i poteri per decidere anche in questa materia, poichè esso non si trova in regime di proroga, ma alla scadenza della sua durata fisiologica prevista dalla legge. Il regime di proroga, infatti è sempre collegato ad una situazione patologica, ossia di straordinarietà o eccezionalità, come nel caso previsto per la Presidenza della Repubblica dalla Costituzione in caso di scioglimento delle Camere.
Nel merito del problema, ricorda che il Consiglio si è occupato di iscrizione di magistrati alla massoneria in occasione del caso VELLA. In tale circostanza il dott. VELLA fu pretermesso rispetto ad un incarico direttivo non in considerazione di determinati suoi comportamenti, ma per il solo fatto di essere iscritto alla massoneria. Fu allora che venne da alcuni manifestata la necessità di una regolamentazione più generale che prescindesse dai singoli casi. A suo avviso, si partiva, però, da una scelta sbagliata ed ora si è giunti ad una proposta della Commissione Riforma che appare illegittima oltrechè generica.
Il dott. LETIZIA osserva che è necessario fare riferimento ai limiti di intervento del Consiglio Superiore, che - pur essendo dotato di poteri discrezionali - non può porre regole laddove sia esistente una disciplina legislativa, tanto più se essa è di diretta derivazione costituzionale come in questo caso. Ricorda che le incompatibilità sono previste dalla legge ed il Consiglio non può configurarne altre. L'art. 1 della legge 17 del 1982 definisce le associazioni segrete e stabilisce anche una sanzione penale per i trasgressori. Se si ritiene che un magistrato abbia violato le disposizioni di tale legge dovrà essere informata l'autorità giudiziaria competente
ed i titolari dell'azione disciplinare. In ipotesi diverse da questa si è in presenza di un diritto costituzionalmente garantito.
A suo giudizio, non si può presumere che un magistrato possa essere condizionato dalla appartenenza ad una associazione, ma è necessario riferirsi ai suoi comportamnenti concreti. Dichiara quindi di condividere la sostanza del messaggio presidenziale. Il dott.
LETIZIA conclude evidenziando che deve essere motivo di riflessione il consenso manifestato dal Parlamento al messaggio presidenziale nella parte in cui viene ribadito che il Consiglio Superiore non può legiferare.
Il dott. ABBATE afferma che gli fa paura la solitudine istituzionale del Consiglio Superiore della Magistratura, della magistratura, e sgomentano gli applausi calorosi che hanno accolto ieri in Parlamento la lettura del messaggio del Capo dello Stato, quasi a voler dimostrare una estraneità del Consiglio Superiore della Magistratura e della magistratura dal circuito i- stituzionale. Del resto, prosegue il dott. ABBATE, quello che sta accadendo in questi giorni mostra toni e atteggiamenti che, a suo parere, non sono degni di un paese che pretende di essere civile. Invece di un dibattito razionale, di un confronto anche serrato, di analisi corrette sui tanti problemi che affliggono la giustizia e sulle deliberazioni del Consiglio Superiore della Magistra- tura, ancora una volta si preferisce il ricorso ai sospetti, alle denigrazioni, alle strumentalizzazio- ni, venduti ad una opinione pubblica sconcertata sapendo di poter contare sull'applauso di settori interessati, comunque su una pubblicità gratuita da sfruttare in migliori circostanze. E in questi tempi difficili, quest'ultima vicenda non contribuisce di certo a rischiarare l'orizzonte. Le istituzioni hanno bisogno, oggi più che in passato, di un assoluto rispetto delle regole del giuoco, degli spazi di competenza e richiedono passaggi metodologici e comportamenti individuali di assoluta trasparenza capaci di esplicitare all'esterno una credibile volontà di rinnovamento.
Premettendo di essere estraneo e di sentirsi estraneo a circuiti clientelari e a logiche di parte e di avere una sola strada da percorrere e volerla percorrere interamente, il dott.
ABBATE dà lettura del seguente intervento:
" Le osservazioni del Capo dello Stato sulla delibera della Commissione Riforma concernenti i riflessi della partecipazione dei magistrati ad associazioni massoniche, diverse da
quelle vietate dalla legge 25.1.1982 n. 17, sono state già nella denominazione formale adoperata caricate di una forte valenza costituzionale (lo strumento del messaggio è previsto dall'art. 87 comma 2 Cost. per l'esternazione alle Camere della volontà del Presidente della Repubblica, e, nella specie, proprio alle Camere, per quanto attraverso la recezione in lettere inviate ai rispettivi Presidenti, il "messaggio al Consiglio" è stato trasmesso).
L'importanza dei valori costituzionali che si è ritenuto fossero stati messi in discussione, convince della necessità di sfrondare l'approccio al contenuto delle osservazioni presidenziali da ingiustificate dietrologie che intendessero correlarlo ad atti concreti di amministrazione attiva concernenti singoli magistrati.
Con questo impegno di assoluta serenità e distacco non si può non leggere nelle affermazioni di principio contenute nel documento la ricognizione di istanze garantistiche alle quali abbiamo sempre, nella quotidianeità del nostro operato consiliare, ispirato le determinazioni da assumere.
La garanzia della libertà di associazione, della libertà di manifestazione del pensiero, dello status dei magistrati, regolato da riserve di legge costituzionale, della giurisdizionalità della Sezione Disciplinare, sottratta per ciò solo a tentazioni di indirizzo da parte del Plenum, sono profili di assoluta priorità ed intangibilità che ci hanno guidato in questi quattro anni.
Sentirli richiamare, evocando il dubbio che una proposta di Commissione referente possa vulnerarne alcuno, non può che rafforzare lo spirito critico con cui affrontare la discussione su questa proposta che in sede di Plenum è stata avviata solo dall'intervento del suo Presidente.
Che questa proposta meritasse una ricognizione del suo stesso contenuto determinativo, per vero difficilmente apprezzabile, era mia convinta opinione ancor prima dell'intervento del Presidente, né questo suoni ingenerosa critica da ragazzo del coro.
In realtà, l'input alla proposta andava ravvisato nell'esigenza di verificare, per il tramite di una previa discussione sulla negatività, agli effetti di un indipendente esercizio della funzione giurisdizionale, della partecipazione alla massoneria, in quanto associazione connotata