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LEGISLAZIONE ANTISISMICA

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Academic year: 2022

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LEGISLAZIONE ANTISISMICA. I REATI DI OMESSA DENUNCIA DEI LAVORI E PRESENTAZIONE DEI PROGETTI E DI INIZIO DEI LAVORI SENZA PREVENTIVA AUTORIZZAZIONE HANNO NATURA DI REATI PERMANENTI, LA CUI CONSUMAZIONE SI PROTRAE SINO A CHE IL RESPONSABILE, RISPETTIVAMENTE, NON PRESENTI LA RELATIVA DENUNCIA CON L'ALLEGATO PROGETTO, NON TERMINI L'INTERVENTO OPPURE NON OTTENGA LA RELATIVA AUTORIZZAZIONE

Nella sentenza in esame, la Suprema Corte si è occupata della natura dei reati derivanti dal mancato rispetto della normativa antisismica e del momento di consumazione degli stessi.

In particolare, parte ricorrente, con il primo motivo di ricorso, a mezzo del proprio difensore, formulava la doglianza per cui “…il tribunale avrebbe errato nel ritenere sussistente il fumus del reato edilizio a fronte della ritenuta intervenuta estinzione per prescrizione del reato, che avrebbe invece impedito ogni valutazione sul presupposto del vincolo reale applicato”; altresì, “il tribunale avrebbe anche omesso ogni valutazione in ordine alla consulenza di parte prodotta”.

Tanto premesso, secondo la dirimente interpretazione degli Ermellini, tale motivo di ricorso deve essere considerato inammissibile in considerazione di due elementi parimenti rilevanti, in quanto, per un verso, si deve evidenziare come l'appello sia stato proposto su una questione già esaminata e non provvista di alcun "nuovo elemento di valutazione"; per altro verso, che il Tribunale aveva comunque riconosciuto l'intervenuta estinzione per prescrizione del reato ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e, all’uopo, l'inconfigurabilità del sequestro in rapporto a tale reato, di tal ché ogni critica in ordine alle ulteriori argomentazioni formulate in rapporto a tale reato da parte

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Con il secondo motivo di ricorso, O.S. ha imputato al Tribunale di Messina-Sez.

Riesame la circostanza in base alla quale lo stesso non ha considerato che sarebbero state poste in contestazione - in ordine al D.P.R. n. 380 del 2001, art.

95 - violazioni di tipo formale, e che comunque la permanenza sarebbe cessata, atteso che con il certificato di idoneità sismica la ditta del ricorrente avrebbe comunicato la fine dei lavori di adeguamento sismico alla data del 9.4.2014, ovvero allorquando i lavori furono comunque ultimati, con intervenuta prescrizione dei reati.

All’uopo va osservato come, in tema di Legislazione Nazionale, il D.P.R. n. 380 del 6.6.2001, all’art. 93, p. 1, stabilisce come “…nelle zone sismiche di cui all'articolo 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e dell'appaltatore”.

Al punto 4 del suddetto articolo, il Decreto prevede che “i progetti relativi ai lavori di cui al presente articolo sono accompagnati da una dichiarazione del progettista che asseveri il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni e la coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le strutture e quello architettonico, nonché il rispetto delle eventuali prescrizioni sismiche contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica”.

Per l’effetto, posto che con l'ordinanza impugnata si è precisato che l'ipotesi di reato contestata riguarda l'omessa denunzia di lavori e presentazione di progetti, appare corretto il rilievo della non ancora maturata estinzione per prescrizione, alla luce del consolidato principio di legittimità secondo cui “….in tema di legislazione antisismica, i reati di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione hanno natura di reati permanenti, la cui consumazione si protrae sino a che il responsabile, rispettivamente, non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto, non termina l'intervento oppure non ottiene la relativa autorizzazione” (ex plurimis, in maniera conforme, Cass. pen. Sez. III Sent., 22/11/2018, n. 13731).

Il più recente principio di diritto in tema di legislazione antisismica riforma il precedente orientamento giurisprudenziale, alla stregua del quale “in materia di normativa antisismica, la fattispecie contravvenzionale di omesso preavviso d'inizio attività è reato istantaneo, che si consuma nel luogo e nel momento in cui il soggetto inizia l'attività di edificazione in carenza dei previi adempimenti previsti dall'art. 93 D.P.R. n. 380 del 2001; ne consegue che la riduzione in pristino dell'opera è inidonea ad influire sulla sussistenza dell'illecito, già definitivamente esauritosi” (Cass. pen. Sez.

III Sent., 29/03/2018, n. 20728).

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Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 08-09-2020) 28-09-2020, n. 26836

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA sul ricorso proposto da:

O.S., nato in (OMISSIS);

avverso la ordinanza del 09/12/2019 del Tribunale di Napoli;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. G. N.;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. B. F., che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 9 dicembre 2019, il Tribunale di Messina, sezione del riesame, adito con atto di appello avverso il provvedimento con cui il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo emesso nei confronti di O.S. in relazione al reato ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e artt. 93, 94 e 65, rigettava l'appello proposto confermando l'ordinanza impugnata.

2. Avverso la pronuncia del giudice distrettuale della cautela propone ricorso per cassazione O.S., mediante il proprio difensore, deducendo due motivi di impugnazione.

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n. 724 del 1994, art. 39, comma 4. Il tribunale avrebbe errato nel ritenere sussistente il fumus del reato edilizio a fronte della ritenuta intervenuta estinzione per prescrizione del reato, che avrebbe invece impedito ogni valutazione sul presupposto del vincolo reale applicato. Si aggiunge che non sussisterebbero esigenze di cautela anche in ragione della impossibilità per il giudice del merito di disapplicare l'atto amministrativo di condono, e che il tribunale avrebbe travisato il "fatto giuridico dedotto" non distinguendo tra condono edilizio e concessione in sanatoria, alla luce in particolare della disciplina del condono di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 4, con riguardo ad opere di adeguamento sismico connesse ad una pratica di condono.

Il tribunale avrebbe anche omesso ogni valutazione in ordine alla consulenza di parte prodotta.

4. Con il secondo motivo deduce il vizio ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 65 e artt. 157 e 158 c.p. oltre che all'art. 129 c.p.p. Si osserva come il tribunale non abbia considerato che sarebbero state contestate in ordine al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 95 violazioni di tipo formale, e che comunque la permanenza sarebbe cessata. Si aggiunge come alla luce del certificato di idoneità sismica la ditta del ricorrente avrebbe comunicato la fine dei lavori di adeguamento sismico alla data del 9.4.2014, allorquando i lavori furono comunque ultimati, con intervenuta prescrizione dei reati. Peraltro vi sarebbe un titolo abilitativo in rapporto alle contestazioni da ultimo richiamate, in ragione dell'intervenuto deposito del progetto di adeguamento sismico e il successivo certificato di idoneità sismica. Il tribunale avrebbe anche omesso di motivare in relazione alla consulenza depositata.

Peraltro proprio l'intervenuta estinzione dei reati per prescrizione precluderebbe ogni scrutinio di ulteriori aspetti inerenti i reati ipotizzati.

Motivi della decisione 1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Quanto al primo motivo, l'inammissibilità consegue non solo al rilievo, rimasto incontestato, per cui l'appello è stato proposto su questione già esaminata e non accompagnata da alcun "nuovo elemento di valutazione " (cfr.

ordinanza impugnata pagg. 1 e 2), già risolta dal tribunale del riesame sul presupposto della difformità tra l'oggetto del richiamato condono e la tipologia di intervento abusivo contestata. Tanto, evidentemente, in applicazione del principio per cui in tema di revoca o sostituzione di misure cautelari, una volta che la posizione dell'indagato sia stata vagliata in sede di appello o di riesame, tale valutazione costituisce un punto fermo a meno che non sopravvengano fatti

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nuovi (cfr. Sez. 4, n. 2395 del 03/10/1997 Rv. 209064 - 01 Luise). In altri termini, in tema di revoca o sostituzione di misure cautelari, a fronte della prospettata sopravvenienza, a sostegno della richiesta, di elementi nuovi, asseritamente modificativi di una situazione già precedentemente valutata, nel suo complesso, dal giudice, compito di quest'ultimo, quando egli non riconosca la novità o la decisività dei suddetti elementi, è soltanto quello di dare atto delle ragioni giustificatrici di tale mancato riconoscimento, e non già quello di rinnovare l'intera motivazione riflettente l'esame di tutto il complesso delle risultanze di fatto, a suo tempo già valutate in occasione di precedenti provvedimenti (cfr.

Sez. 1, n. 572 del 28/01/1994 Rv. 196827 - 01 Avitabile). L'ulteriore, valida ragione, che rende inammissibile il motivo in esame è costituita dalla circostanza, assorbente, per cui il tribunale ha comunque riconosciuto l'intervenuta estinzione per prescrizione del reato ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. C) e, di fatto, l’inconfigurabilità del sequestro in rapporto a tale reato. Cosicchè, ogni critica in ordine alle ulteriori argomentazioni formulate in rapporto a tale reato da parte del collegio della cautela perde rilievo. Sebbene, va precisato, appare corretto il percorso logico giuridico con cui il tribunale ha dapprima considerato l’astratta configurabilità del reato e, quindi, è pervenuto alla dichiarazione di prescrizione del medesimo.

3. Quanto al secondo motivo, posto che con l’ordinanza impugnata si è precisato, anche con apposito richiamo in nota, che l’ipotesi di reato contestata ai capo b) riguarda l’omessa denunzia di lavori e presentazione di progetti, appare corretto il rilievo della non ancora maturata estinzione per prescrizione, alla luce del consolidato principio di legittimità secondo cui, in tema di legislazione antisismica, i reati di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione hanno natura di reati permanenti, la cui consumazione si protrae sino a che il responsabile, rispettivamente, non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto, non termina l’intervento oppure non ottiene la relativa autorizzazione (Sez. 3, n.

1145 del 08/10/2015, dep. 2016, Stabile, Rv. 266015; Sez. 3, n. 2209 del 03/06/2015, dep. 2016, Russo e a., Rv. 266224; Sez. 3, n. 12235 del 11/02/2014, Petrolo, Rv.

258738). Si traducono in censure prive di specificità rispetto alle argomentazioni del tribunale, come tali inammissibili, le ulteriori considerazioni critiche volte a valorizzare il cd. Certificato di idoneità sismica facente parte della pratica di condono, in quanto è rimasta incontestata la considerazione preminente e, come tale, risolutiva, secondo cui l’oggetto del provvedimento di condono (“opere di ampliamento ad un fabbricato esistente”) sarebbe diverso dalla tipologie di opere che hanno originato il titolo cautelare (“demolizione del preesistente

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4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020

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Avv. Francesco Logoluso

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