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Corso di linguistica italiana, prof. Luca Bellone (25 febbraio 8 maggio 2013)

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Corso di linguistica italiana, prof. Luca Bellone (25 febbraio – 8 maggio 2013)

25 febbraio

La linguistica è la scienza del linguaggio e delle lingue, tra le varie sottodiscipline della l. ci sono la fonetica/fonologia, morfologia, sintassi, semantica , lessicologia. È suddivisa sulla base di interessi e fini. Linguistica interna studia il funzionamento di una lingua a prescindere da ogni altro fattore esterno, slegata da ogni altro contesto. La l. esterna prevede approccio alla lingua inserito in

contesto con aspetti esterni, es. sociali (sociolinguistica). L. sincronica se non si occupa dello studio di una lingua attraverso il tempo ma in un determinato momento storico, il nostro è approccio sincronico perché ci occuperemo solo dell’italiano odierno. L. storica dalle origini fino ad un dato punto. L. comparata se studia lingua confrontandola con altre lingue o anche dialetti, all’interno della l. comparata rientra la dialettologia. Approccio comparatistico. Noi approccio sincronico e comparatistico con taglio socio-linguistico.

La l. nasce con l’invenzione stessa dell’alfabeto, quando cioè si tentò di dare una forma a dei suoni.

Nel mondo classico, Aristotele, Varrone e Quintiliano diedero grande importanza alla linguistica nei loro studi. Nel Medioevo con la nascita delle lingue romanze, nasce la riflessione sui nascenti volgari in rapporto al latino. La linguistica diventa scienza a tutti gli effetti con Isaia Ascoli (1907) Linguistica≠grammatica, all’interno delle sottodiscipline della linguistica, possiamo eventualmente trovare la grammatica. Perché sono diverse. La l. è insieme di conoscenze rigorosamente controllate che consente di raggiungere verità obiettive in relazione a un determinato ordine di fenomeni. La grammatica non è una scienza, ma un insieme di convenzioni e di norme che sono state individuate e scelte a tavolino da qualcuno e che fanno riferimento a questioni di scrittura, pronuncia,

morfologia e sintassi. La linguistica è descrittiva (non ci dirà mai questo è giusto, questo è sbagliato), la grammatica è prescrittiva, fornisce le regole. Es. la grammatica dice che a me mi è sbagliato, la linguistica ci dice che l’uso di a me mi è diverso dal punto di vista sintattico rispetto a solo mi o a me e che di per sé non è sbagliato ma può essere usato in registri diversi. Domande imbarazzanti per un linguista che non può rispondere in maniera scientifica, es.: perché si dice io e te andiamo ma non io e tu andiamo? Non si può rispondere in maniera scientifica ma ci si limita a constatare che l’uso è corretto perché da un certo momento si è usato io e te.

Lingue romanze raggruppate in 4 gruppi:

italo-romanzo (italiano, sardo, ladino, friulano) balcano-romanzo (rumeno)

ibero-romanzo (spagnolo, portoghese e catalano)

gallo-romanzo (francese, provenzale, guascone e franco-provenzale)

Per varietà letteraria si intende, ad es. per quanto riguarda l’Italia, della lingua stabilita da Bembo nel 1525.

L’italo-romanzo molto più complesso se prendiamo in considerazione i dialetti, vere e proprie lingue.

Rumeno parlato nella Romania politica ma anche in Istria, nella penisola Balcanica (macedono- rumeno), alcune località dell’Asia Minore, varietà letteraria, daco-rumeno.

Spagnolo oltre che in Spagna (eccetto Catalogna, Valencia e le 4 province della Galizia e elle province basche), paralato in paesi America latina e Texas California e Arizona, varietà letteraria è il castigliano, ci sono varietà dialettali ma non paragonabili ai dialetti italiani, solo variazioni legate a questioni di provincia. Il portoghese parlato in Portogallo e ex-colonie, ma anche nelle 4 province del nord della Spagna citate sopra. Alla base di lingue creole, sistemi linguistici parlati da

popolazione soggetti a dominazione politiche portoghese e francese, lingue autoctone influenzate.

Varietà letteraria, gallego. Catalano è lingua ponte perché può essere inserita tanto nel gruppo ibero- romanzo tanto in quello franco-romanzo per questioni geografiche e storiche, Catalogna influenzata per anni dalla tradizione provenzale, tratti vicini allo spagnolo ma anche provenzale. Regioni in cui è parlato (vd. slide).

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Francese parlato in (vd slide), varietà letteraria franciano, parlato nell’ Île de France, possiede varietà dialettali ma il discorso è analogo a quello della Spagna. Varietà più importanti vd slide. Il provenzale o occitano è lingua storica in cui si sviluppa la scuola trobadorica, una volta parlata in tutta la zona meridionale (a sud del Massiccio Centrale dalle Alpi ai Pirenei), con provenzale si intende varietà antica, con occitano la varietà moderna. Dove si parla vd. slide. Varietà letteraria, il limosino. Il guascone nelle regioni pirenaiche, si distingue dalle altre lingue, non ha varietà

letteraria perché non c’è letteratura in lingua. Franco-provenzale, lingua scoperta soltanto di recente perché era considerato provenzale, poi si è scoperto che nelle regioni di Lione, Savoia e Francia Contea e altre zone (Savoia storica ad eccezione del Piemonte insomma) e in zone della Svizzera si parla lingua che ha fisionomia propria ed è un misto di provenzale e francese, è il patois. Varietà letteraria è il lionese.

Italo-romanzo. Ladino o retoromanzo (dall’antica Retia, provincia impero romano, zona compresa tra il Massiccio Centrale della Alpi e delle Svizzera del Cantone dei Grigioni). Distinguiamo alcune varietà di Ladino, occidentale (cantone dei Grigioni), centrale (massiccio dolomitico, veneto e alto- atesino) e ladino orientale (comunemente chiamato friulano). Anche il ladino, come il guascone, non possiede prod. letteraria e quindi varietà letteraria. Dalmatico è l’unica lingua romanza

scomparsa, nel 1898, quando Antonio Udina che abitava nell’Isola di Veglia (adesso Cherc), l’unico a parlare il dalmatico, tira le cuoia. Pochi mesi prima un linguista Matteo Bartoli ha passato con lui del tempo ed è riuscito a scrivere un dizionario e una grammatica. La Dalmazia è regione dei Balcani che va dall’Istria e arriva fino all’Albania. UN tempo regione dell’Impero romano, si sviluppa lingua romanza simile all’italiano per vicinanza geografica e per contatti storici (specie con Venezia). Esistevano due varietà di Dalmatico, una, il raguseo, antica città di Ragusa

(Dubrovnik) e il veglioto di cui conosciamo qualcosa grazie a Matteo Bartoli. Scomparve perché sotto i colpi dell’influenza italiana e slava (soprattutto serba), la Dalmazia si trovò schiacciata, non fu mai stato nazionale. Rimase solo sulle isole perché territori appunto isolati.

Italiano. Non tutti gli italiani parlano solo italiano. Dal punto di vista sociolinguistico è considerato di madre lingua italiana chiunque utilizzi come lingua della socializzazione primaria (famiglia, amici) l’italiano o uno dei dialetti del gruppo italo-romanzo. Si parlano anche cinque lingue romanze e sei lingue o varietà che non sono romanze. Il quadro che ne deriva (a differenza di altri Paesi) è molto complesso. Quali sono le lingue romanze: franco-provenzale ladino, il Catalano (ad Alghero) e il sardo, considerata lingua sorella dell’italiano. Quali le lingue non neo-latine? Il tedesco (e varianti dialettali) parlato nella provincia di Bolzano ma anche in Piemonte e in Val d’Aosta (Gressoney), lo sloveno nelle province di Udine e Gorizia, il croato da una minoranza di persone (ca 3000 persone) nel Molise in seguito a fenomeni migratori di croati dalmati per fuggire agli Ottomani attorno al XV secolo; albanese da circa 100.000 persone in 38 comuni sparsi

nell’Italia meridionale (non consideriamo l’albanese parlato dai migranti albanesi giunti in Italia all’inizio degli anni ’90, poiché la linguistica considera solo le lingue “storiche”, non giunte qui di recente), tracce nella toponomastica, Piana degli Albanesi in Sicilia, e anche nell’antroponomastica, cfr. cognome Albanese; il greco, o grico, né antico né moderno ma varietà particolare intermedia, in provincia di Lecce (9 comuni) e Reggio Calabria (5 comuni), inizialmente si pensava si trattasse di residui della Magna Grecia ma c’era troppa differenza e questa teoria è stata scartata; si pensa che alla base ci sia una migrazione greca in seguito all’arrivo degli Ottomani al XV secolo. Infine il romanes (o romanès o romanì), la lingua delle popolazioni nomadi, lingua indoa-aria, cioè indo- europea ma del gruppo delle lingue-iraniche (unica in Europa), è parlata fin dal Medioevo, ha origini misteriose ed è lingua complessa perché storicamente ha avuto contatti con numerose altre (elementi persiani, curdi, armeni, greci, caucasici) e una volta entrata in Italia si mescola con l’italiano e i dialetti, si riscontrano ad es. tracce di piemontese. In Europa i parlanti sono 4 milioni e 600.000 persone; è l’unica lingua In Italia a non beneficiare dello status di minoranza linguistica, in altri Paesi è riconosciuta.

26 febbraio

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Tra le lingue parlate in Italia c’è anche il francese, che è tutelato dalla legge 482 sulle minoranze e possiamo aggiungere alle cinque lingue romanze.

Come possiamo definire il repertorio linguistico italiano. Senza tener conto delle altre lingue (5 6), è un diasistema, rappresentazione unitaria delle caratteristiche che accomunano due sistemi

linguistici che dal punto di vista genetico sono affini, cioè hanno la stessa origine. Cioè esistono due sistemi linguistici diversi, il primo è rappresentato dalla lingua italiana e il secondo dai dialetti del gruppo italo-romanzo. Si collocano su due piani diversi dal punto di vista sociale (contesto formale/

famigliare), non linguistico. Berruto ha definito questo sistema una “diglossia” o “bilinguismo endogeno a bassa distanza strutturale”.

Diglossia, esistenza di due sistemi linguistici diversi che però non hanno lo stesso prestigio.

Bilinguismo, uso corrente di due lingue diverse ma autoctone, indigene di uno stesso territorio che si trovano tra loro in condizione di parità. Con b. endogeno intendiamo che le due lingua a contatto sono interne al territorio e tra loro sono simili perché condividono la medesima origine (in Alto Adige è chiaro che non si parla di bilinguismo endogeno e a bassa distanza strutturale). Non bisogna però pensare che i dialetti siano molto simili all’Italiano, all’inizio lo erano di più. A volte ci possono essere divergenze grandi (es. dialetto della Basilicata è più distante dall’italiano di quanto non lo sia lo spagnolo).

In generale esiste maggioranza relativa (45,50%, non arriva al 51, per questo non si può parlare di maggioranza assoluta) che sa e usa l’italiano e un dialetto (anche solo uso passivo del dialetto, non per forza produzione), poi un’ampia minoranza che non sa e non usa il dialetto e infine

Regione in cui si parla meno italiano è il Veneto, secondo sondaggi ISTAT il 17% usa l’italiano. La seconda regione è la Sicilia. La regione che parla più italiano è la Liguria (62%, percentuale

comunque bassa). Eccezioni al bilinguismo endogeno: provincia di Firenze perché l’italiano e dialetto fiorentino sono grossomodo la stessa cosa; grossomodo perché nasce dal fiorentino trecentesco letterario, il dialetto nel frattempo si è evoluto. Seconda eccezione, Roma (ma non provincia); è esistito volgare romanesco fino a due momenti storici, il primo è il Sacco di Roma nel 1527, Carlo V alla guida dei Lanzichenecchi (fine del Rinascimento italiano). Secondo le stime circa metà degli abitanti di Roma morì e venendo meno la popolazione, viene anche meno la lingua.

Clemente VII (figlio di Giuliano de’ Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico) deve ripopolare la città e si porta dietro la sua corte toscana e ripopola Roma con comunità fiorentine. Secondo

momento storico, Roma capitale d’Italia, per ragioni istituzionali, politiche e sociali deve essere dal punto di vista linguistico uno strumento che favorisca la diffusione l’italiano come lingua ufficiale.

Ci sono territori in cui accanto all’italiano e a uno dei dialetti del gruppo italo-romanzo, es.

Gressoney dove si parla italiano e tedesco come lingue di livello A, si parla il dialetto piemontese, penetrato in val d’Aosta, una varietà dialettale tedesca, il Tisch, e il franco-provenzale. Nelle isole greche delle province di Lecce e Reggio Calabria dove si para italiano, dialetto pugliese, dialetto salentino e il grico.

Questione dei migranti interni.

Il repertorio dialettale è molto complesso. Suddivisi in macroaeree: linea immaginaria La

Spezia/Rimini per separare i dialetti dell’Italia settentrionale da quelli del centro e del sud; dialetti gallo-romanzi; non è compreso il Veneto, dove l’influenza francese è pressoché assente. Al di sotto della linea La Spezia/Rimini e tra un’altra linea immaginaria Roma/Ancona, ci sono i dialetti del centro e sotto quest’ultima linea i dialetti meridionali che si dividono in due grossi gruppi, meridionali mediani (Lazio sud, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia ad eccezione del Salento e della Calabria centro settentrionale) e area meridionale strema che comprende dialetti dell’area salentina (province Lecce e in parte Taranto) calabrese meridionale e il siciliano, che hanno tratti comuni (salentino ha più contatti con siciliano che con uno di Foggia.

27 febbraio

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Abbiamo anche il sardo e il corso, in Corsica situazione particolare, dialetti di origine Toscana con alcuni eccezioni, città di Bonifacio, nel sud, a lungo sotto la dominazione di Genova, si parla genovese del ‘5-600.

Rapporto tra dialetto e lingua. Cosa intendiamo per dialetto: non è standardizzato, si tratta cioè di una lingua che non è stata soggetta a processo di normatizzazione grammaticale (≠ italiano), varietà linguistica ristretta all’uso orale, ciò non significa che non esista letteratura dialettale, ma per gli usi ufficiali e dialettali (non era così fino all’incirca alla seconda metà del ‘900). È ristretta all’ambito regionale; è secondaria rispetto a un’altra lingua (italiano).

Per lingua intendiamo l’italiano standard che è il risultato di una standardizzazione a partire da una lingua ben determinata (fiorentino letterario trecentesco di Petrarca e Boccaccio emendato). È lingua unitaria. È il risultato di un processo che ha preso avvio nel 1525.

Utilizzare il termine dialetto è problematico: può assumere diversi significati e seconda dei dialetti.

È considerato talvolta sinonimo di lingua; per altri è lingua minore, cioè di minor prestigio e parlata da meno persone. Oppure variante locale di una lingua nazionale (stesso rapporto che c’è tra il piemontese, che sta alla lingua nazionale, e il piemontese di Torino, che sta al dialetto). Oppure parlata rustica di culture subalterne e arretrate (comunità alpine o del mezzogiorno). È sbagliato.

Oppure lingua priva di produzione scritta. È pure sbagliato. Primo testo in piemontese è dell’inizio del XII secolo (I sermoni subalpini). Oppure sistema comunicativo di minor prestigio,d’accordo sul piano sociale ma non su quello linguistico. Oppure minoranza linguistica. Sbagliato, perché una minoranza linguistica è parlata da un gruppo che non appartiene al territorio, il dialetto invece è autoctono.

I dialetti e l’italiano sono lingue sorelle. Etimologia greca, diàlektos. Nel 1945 Weinreich disse che una lingua è un dialetto con una lingua e una marina.

Sinonimi:

Parlata, senza dare giudizi di merito, si parla di una lingua che non è sottoposta a una normatizzazione.

Patois, ha connotazione negativa, in Francia indica lingua parlato da popolazioni rurali (derivato del verbo patoier, gesticolare tipico di chi non è in grado di esplicitare ciò che pensa), in Italia è usato in Val d’Aosta per indicare il franco-provenzale.

Vernacolo, insieme delle parlate di ambito rustico della Toscana, soprattutto per le province di Siena e Arezzo, connotazione negativa, lingua della “verna”, dal latino vernus, schiavo.

La definizione più accettabile è forse varietà. Insieme delle realizzazioni di un sistema linguistico;

non presuppone gerarchie sulla base di prestigioso, storia, uso,estensione geografica. Si parla quindi di varietà veneta, siciliana etc.

Nella linguistica non italiana, esiste un’ulteriore suddivisione. Anche in Italia si parla di dialetti primari e secondari. Primari sono quelli che intendiamo noi oggi, lingua sorella subordinata dal punto di vista sociolinguistico. Esistono poi gli italiani regionali, che sarebbero considerati per la linguistica straniera dialetti secondari (l’italiano parlato in Piemonte non è italiano standard, vedi esempio su slide). Per l’Italia calza meglio la definizione di italiano regionale. Dialetto secondario è l’inglese americano o lo spagnolo del sud America.

Esistono molte varietà di italiano, oltre all’italiano regionale. I parametri sono quattro (per quanto riguarda l’italiano contemporaneo):

- asse della variazione diatopica, a seconda del luogo

- asse della variazione diastatica, parametro che considera le differenti varietà d’italiano sulla base dello strato sociale e del grado di istruzione, all’estremo l’italiano colto e all’estremo l’italiano popolare

- asse della variazione diafasica, differenziazioni sulla base della situazione comunicativa (registro)

- asse della variazione diamesica, a seconda del mezzo fisico adottato, scritto o parlato Considerando l’italiano nei secoli, ci sarebbe anche l’asse della variazione diacronica.

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4 marzo

Il parlante d’istruzione medio-alta parla un italiano dell’uso che ammette differenze morfologiche sintattiche e fonetiche regionali all’italiano standard ma al quale rimane sempre vicino.

Asse della variazione diamesica.

Variazione secondo il mezzo fisico usato, scritto o parlato. Due ragioni della differenzazione:

diversa natura semiotica e architettura della lingua che prevede per la scrittura regole diverse da quelle del parlato verso cui è più tollerante. Questa differenziazione si riflette su diversi fattori:

diverso grado di pianificazione del discorso; il testo scritto è pianificato mentre la comunicazione orale (il “parlato-parlato”) non prevede una pianificazione. Modo pragmatico di organizzazione del testo. Un testo scritto dovrà tenere presente anche la forma e non solo il significato. Nei registri orali colloquiali invece il significato viene prima della forma. L’interazione con i partner, durante lo scritto non abbiamo di fronte l’interlocutore e bisogna esplicitare tutti i nessi sintattici e semantici, non possiamo dare per scontato nulla (nel contesto orale l’interazione c’è e si condivide la

situazione fisica e ambientale). La comunicazione non verbale; quando parlo di fronte

all’interlocutore, posso ricorre a segni extra linguistici (gestualità e prosodia) che possono integrare l’orale e a livello scritto devono essere esplicitati attraverso il mezzo linguistico.

Possiamo considerare tre ulteriori ambiti: fenomeni che non riguardano lo scritto formale, mentre nello scritto informale abbiamo la possibilità di ricorrere a strumenti tipici della scrittura (smiley e emoticon);fenomeni che non riguardano il parlato; segnali interpuntivi e punteggiatura, uso delle maiuscole per l’espressione formale. L’insieme dei fenomeni comuni a entrambi i codici ma che si presentano in forme differenti. Il parlato può avere diverse forme: il parlato-parlato è privo di progettazione, usato nelle situazioni più informali e colloquiali, dando la precedenza alla sostanza rispetto alla forma e integrando con gestualità etc. Parlato-scritto è quel tipo di lingua che dal punto di vista fisico è manifestato attraverso la scrittura (sms, chat, e-mail) ma che dipende più dall’oralita che dalla scrittura, la forma è trascurata, l’importante è che il messaggio arrivi. Lo scritto-parlato è l’italiano dei copioni cinematografici, dei telegiornali, si manifesta nell’oralità ma ha alla base un testo scritto. Esiste un'altra varietà (che vedremo più avanti), l’e-taliano.

Differenze tra scritto e parlato sono presenti a tutti i livelli linguistici: testuale, sintattico,

morfologico, fonetico/articolatorio, lessicale. Basso o nullo livello di progettazione, frammentarietà sintattica e semantica. Di norma le frasi sono molto più brevi e semplici di un testo scritto.

Particelle discorsive: servono ad articolare e strutturare con mezzi non sintattici il discorso. Gli enfatismi hanno la funzione di gestire l’interazione con l’interlocutore e attenuare il discorso (diciamo), demarcativi, singole parole che servono a marcare un turno dialogico o segmento (insomma, ecco, allora). Connettivi pragmatici, fatismi e particelle modali (vedi slide per gli esempi)

5 marzo

Video candidato cioè.

La sintassi, tre ambiti diversi: sintassi del periodo, ordine costituenti frasali e coesione sintattica.

A livello di sintassi del periodo,differenze maggiori tra scritto e parlato riguardano la minore complessità del periodo nei discorsi orali. La scrittura ha strutturazione del periodo piuttosto complessa, nel parlato spontaneo l’organizzazione delle frasi avviene attraverso la coordinazione.

Paratassi, rapporto di equivalenza sintattica che c’è tra due o più preposizioni in un periodo. Si oppone all’ipotassi, rapporto di dipendenza dalla principale delle subordinate. Nella comunicazione spontanea la paratassi può assumere tratti più radicale, di tipo asindetico (o giustapposizione

asindetica), la sequenza ravvicinata di due elementi frasali senza che via sia tra questi un nesso congiuntivo minimo, cioè una congiunzione. L’asindeto nasce come figura retorica (veni vidi vici).

Es. non vengo non ho tempo. Sequenza corretta dal punto di vista grammaticale ma dal punto di vista sintattico è priva di una congiunzione. Anche laddove a livello orale si utilizzino nessi

subordinanti, questi sono di numero limitato e tendono a ripetersi (più frequenti: perché, siccome in luogo di in quanto giacchè poiché; quando e mentre per le temporali, in luogo di fintantoché; se e

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come). Per quanto riguarda l’ordine dei costituenti frasali, la sintassi marcata, l’ordine è abbastanza rigido (SVO), a livello orale per finalità enfatiche, mettere in evidenza in particolare soggetto o oggetto, si utilizzano particolari strutture per cui non si rispetta SVO, ma si anticipa o si posticipa l’elemento che si vuole sottolineare. Tema: elemento dato che già si conosce, il rema è l’elemento nuovo che l’interlocutore non conosce, tema di solito è il soggetto, rema l’oggetto. Io compro le sigarette, dovendo marcare attraverso dislocazione a destra le prendo io le sigarette, pronome clitico ripreso all’inizio, o a sinistra le sigarette le prendo io. Bembo rifiuta le dislocazioni,

affermando che siano tipiche di costrutti popolareggianti, mentre Dante e Boccaccio ne fanno largo uso, è presente anche nel placito di Capua. Storicamente quindi avveniva anche a livello scritto, dopo Bembo tutti gli scrittori si attengono a Bembo. La frase scissa si differenzia rispetto alle dislocazioni, perché invece che marcare oggetto, pone l’accento sul soggetto è Gigi che prende le sigarette, struttura molto rigida, verbo essere coniugato, soggetto, che relativi. Probabilmente arriva dal francese che conosce questo costrutto da molto più tempo rispetto a noi, riflesso gallo-romanzo nella nostra lingua. Ultimo punto coesione sintattica: se trascriviamo il parlato formale per scritto, andamento apparentemente sconnesso e disordinato, manca microprogettazione. Frasi incomplete, cambiamenti di microprogettazione e l’anacoluto. Figura retorica della sintassi che prevede il non rispetto intenzionale della coesione tra le parti della frase o di un periodo. Si chiama anche tema sospeso. In latino si parlava di nominativus pendens. Io il vino mi fa male, si inizia frase con pronome personale soggetto e non seguono elementi che abbiano coesione. Molto usata in letteratura per funzione mimetica, avvicinarsi all’oralità, soprattutto a partire da Manzoni. Quelli che muoiono bisogna pregare Dio per loro.

Morfologia. Le differenze più evidenti fra scritto e parlato riguardano verbi e pronomi. Categorie grammaticali soggette a maggiori irregolarità.

6 marzo

Differenze fra scritto e parlato nell’ambito lessicale. Minore ricchezza lessicale nel parlato colloquiale, nello scritto c’è tempo e modo per variare il lessico. In orale ripetizione di gamma limitata di termini. Le caratteristiche del parlato sono i genericismi o termini passe-partout (fare, cosa, roba); l’aggettivo importante è un iperonimo (aggettivo che vuol dire tutto e niente)

largamente impiegato in particolare negli ambiti calcistico e della moda (seh). Tendenza a utilizzare superlativi morfologici in –issmo e diminutivi in –ino (attimino).

Varietà diastratiche

Determinate dallo strato, cioè la classe sociale. Ai limiti del segmento diastratico si collocano l’italiano aulico e l’italiano popolare. I fattori che determinano questa variazione sono il grado d’istruzione e i diversi modelli culturali e comportamentali di riferimento. Una persona che guarda molta televisione avrà un certo modello di riferimento, diverso da una persona che passa il tempo sui libri. Anche la famiglia incide. La differenziazione linguistica è data da aspetti sociali per questo si parla anche di variabile socio-linguistica. L’italiano popolare riguarda un numero molto elevato di parlanti, un tempo si pensava fosse proprio degli anziani ma più recenti studi dimostrano che anche presso giovani d’istruzione medio-alta dei ritorni all’italiano popolare (neo-italiano popolare o it. pop. di ritorno). È parlato da coloro che in famiglia e con gli amici (comunicazione primaria) utilizzano il dialetto e sono caratterizzati da un livello d’istruzione medio-basso. Non conoscendo le norme della nostra lingua, nel momento in cui parlano italiano commettono molte devianze rispetto alla normativa prescritta dall’italiano standard. Esempi slide: ipercorrettismi (latucche)discrezione dell’articolo (allo limpico) e concrezione dell’articolo (lorgoglio). La discrezione dell’articolo è alla base dell’esistenza in italiano di scuro/oscuro, dal lat. obscurus, i copisti non sempre riconoscevano nella “o” la prima lettera della parola e talvolta l’hanno unita all’articolo precedente, dando origine all’aggettivo scuro. Conguaglio analogico (rimanerai) si semplificano i verbi irregolari

coniugandoli come verbi regolari. Storpiatura (tratitora), declinazione di un sostantivo per mezzo di una desinenza sbagliata.

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Le ragioni che portano a queste anomalie sono il contatto con il dialetto retrostante (reggina) che riemerge nell’italiano; rielaborazione e ristrutturazione delle norme dell’italiano.

Malapropismo (da personaggio Malaprope, buffone del teatro inglese cinquecentesco che si esprimeva in maniera non appropriata), parola che non viene ricordata ed è sostituita da parola che le assomiglia dal punto di vista fonetica: raggi ultraviolenti per ultravioletti.

11 marzo

Morfologia dell’italiano popolare. Categorie che hanno più eccezioni pronomi e verbi, creano maggiori difficoltà. Il pronome ci diventa un clitico (che può precedere o seguire) tuttofare, gli unici due usi regolari è di prima persona plurale, dativo e accusativo (più ci locativo); utilizzo scorretto è tipico piemontese. Talvolta, sempre in Piemonte, ci sostituito da le, utilizzato come dativo maschile, perché ci è percepito come errato. Me e te sostituiti a io e tu, il me più in Piemonte per influenza del dialetto piemontese. Verbi irregolari sono semplificati, scambi di ausiliari (transitivi per

intransitivi). Nome: l’articolo lo è sostituito da il (e plurali di conseguenza). Estensione analogica delle desinenze regolari. Fonologia: nello scritto uso delle maiuscole e delle doppie è errato, errata divisione delle parole, impiego dell’acca, punteggiatura. Fonetica: in alcune regioni del sud si fa fatica a combinare alcuni gruppi consonantici (pissicologo), a causa del sostrato di lingue prelatine in cui non esistevano determinati suoni; si verificano epentesi vocalica, inserimento di una vocale di appoggio o eufonica, e assimilazione, da aritmetica a arimmetica.

Varietà diastratiche, oltre a quello che abbiamo detto, bisogna tenere conto anche delle differenze linguistiche fra generazioni; fra gruppi sociali specifici (medici vs altri) e differenze fra uomo e donna (questione non del tutto appurata). Si ritiene che un uso della varietà più vicina allo standard e più normativa sia peculiarità delle donne. Inoltre è tipico della donna il parlare gentile e cortese, utilizzo di certi termini alterati attraverso uso di suffissi diminutivali con valore vezzeggiativo.

Tipico dell’uomo è il turpiloquio, in casi estremi la bestemmia. Dal ’68 in avanti le donne rivendicano il diritto di utilizzare il turpiloquio, utilizzo espressivo del linguaggio.

Varietà diatopiche: non parliamo di dialetti. Italiani regionali non è definizione perfetta. Nessun’

altra lingua (romanza o non romanza) presenta caratteristiche simili all’italiano, ciò è dovuto alla storia, profonda frammentazione storica dell’Italia. Possiamo trovare alcuni punti di contatto con la realtà tedesca, la frammentazione politica ha portato a una frammentazione linguistica. Anche in Germania a un certo punto si è scelto di uniformare la lingua e scegliere una fra le varietà parlate sul territorio. In entrambi i Paesi, la scelta è avvenuta tra il 1520 e il 1570. Per entrambi i Paesi il dibattito sull’unificazione linguistica precede di circa tre secoli l’unificazione politica. In Germania la lingua scelta è quella della traduzione luterana della Bibbia, utilizzata come modello della

comunicazione scritta e parlata e si diffonde uniformemente in tutti gli strati sociali. In Italia invece la lingua delle Tre Corone si diffonde solo tra le classi colte e prevalentemente nello scritto, Bembo non aveva nessun interesse nella divulgazione della lingua fra tutti i ceti sociali e anche a livello parlato. Italiano regionale, definizione del ’92 di Michele Cortelazzo: sottoinsieme coerente di italiano fortemente influito a tutti i livelli dal dialetto al punto che i tratti identificanti di questo italiano, quelli che lo differenziano da un ipotetico italiano medio, sono proprio, e quasi solo, quelli locali.

Italiano parlato in determinato territorio su cui agisce dialetto sottostante. Non avviene solo al livello regionale ma anche micro regionale.

Principali varietà di italiano regionale, generalizziamo e troviamo 5 varietà (che corrisponde grossomodo alle cinque zone individuate per i dialetti): settentrionale, toscana, centrale e romana, meridionale, sarda. Dal punto di vista socio-linguistico, queste varietà non si collocano sullo stesso piano per il prestigio. Il toscano è stata la varietà prestigiosa fino alla fine dell’ Ottocento perché è stata superata dalla varietà romana, quando Roma diventa capitale nel 1871. Il romanesco assume prestigio straordinario a metà del ‘900 con la tradizione cinematografica del Neo-realismo. Negli ultimi anni la varietà che gode di più prestigio è la varietà settentrionale, per aspetti socio-

economici. Processo ulteriormente radicalizzato dalla diffusione delle televisioni private (tre reti

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Mediaset) a metà degli anni Ottanta poi diffuse a livello nazionale. Non ci sono ragioni linguistiche, solo socio-linguistiche.

Le differenze a livello fonetico, morfologico e sintattico tra le cinque varietà di italiani regionali.

Nel nord la fricativa dentale sibilante è sempre sonora (“casa” dovrebbe essere con s sorda).

Riduzioni delle consonanti lunghe, pronuncia meno intensa, non totale annullamento della geminata. Neutralizzazione dell’apertura e chiusura di e e o toniche.

Italiano regionale toscano: anaptissi (epitesi) sillabica, aggiunta di corpo fonico (sillabico o vocalico) alla fine o all’interno di una parola per facilitare la pronuncia: barre per bar o busse per bus, tendenza a italianizzare. La Gorgia, spiritizzazione delle occlusive sorde postvocaliche.

12 marzo

Perchè non si pronuncia la c (ma anche d, t)? Non si sa, ma si è abbastanza certi che questo

fenomeno risalga al sostrato etrusco, reazione di questo al latino. Quando i romani hanno imposto la lingua latina, l’etrusco non conosceva i suoni occlusivi sordi, quindi le popolazioni che vivevano lì, nel momento in cui si trovano a dover articolare suoni nuovi, si sono trovate in difficoltà e il suono è stato sostituito da un suono simile, ma più debole. Lo stesso fenomeno è avvenuto in altre aree del territorio italiano e anche romanzo: in Sicilia la parola foglio è pronunciata con difficoltà, perché il suono gl non esisteva prima dei romani; in spagnolo ad es. tutte le parole spagnole inizianti per f di origine latina hanno la f muta.

Esplosive sorde, occlusione totale del canale fonatorio all’altezza del velo palatino, dei denti o delle labbra. In Toscana l’occlusione avviene in maniera parziale, spirantizzazione o fricazione, il flusso d’aria passa attraverso uno “spiraglio” ed è come un fruscio; la gorgia (nome non scientifico, dal fr.

gorge, gola), avviene solo in posizione intervocalica, l’espressione in casa è pronunciata normale. Il fenomeno vale anche per le altre occlusive ma oggi si è ridotto e vale solo più quasi per la c. A Firenze si arriva talvolta all’elisione della c (amio per amico).

Secondo fenomeno, perdita dell’elemento occlusivo nelle affricate c e g, l’italiano cacio è pronunciato cascio, agile diventa “ajile” l’affricata diventa una fricativa e basta.

Terzo fenomeno, chiusura e apertura vocali, i toscani riconoscono l’opposizione fonematica nelle parole a livello innato (oggi solo più a Firenze).

Ultimo fenomeno, non originario di Firenze ma poi estesosi, dittongo uo semplificato (novo per nuovo etc.). Sappiamo che in origine non era così perché il dittongo è nato a Firenze.

Terza varietà: italiano regionale romano e centrale. I fenomeni sono molti. Affricamento di s quando è preceduto da l e n, per cui penso è penzo, passaggio dalla fricativa all’affricata. Secondo fenomeno, rafforzamento della b e della g (gi) quando sono precedute da vocali, cioè vengono pronunciate doppie: roba è robba. La consonante s è sempre sorda, fenomeno che nasce a Roma è si diffonde in tutto il sud. Quarto fenomeno, rotacizzazione: passaggio di l a r quando è preceduto da consonante, alzare diventa arzare; quinto punto, dileguo, cioè caduta, di l soprattutto negli articoli: la moglie è a moglie, fenomeno sistematico che prende il nome di legge Porena,

individuato solo nel 1925, nasce negli ambienti plebei e si diffonde in tutte la capitale e la regione.

In opposizione a quanto abbiamo detto per fenomeno due, avviene anche il contrario, scempiamento della vibrante doppia: la r, quando si trova in particolari nessi, tende a essere pronunciata scempia (bira per birra). Alcuni monosillabi (preposizioni e pronomi) mantengono e etimologica del latino, de per di e me per mi (me piace).

Italiano regionale del sud. È difficile trovare tratti che sono comuni a tutto il territorio meridionale, ma di solito i fenomeni riguardano determinate aree. Primo fenomeno, di area napoletana, campane, arretramento degli accenti nei dittonghi: piede è pìede, la semiconsonante i diventa vocale vera e propria. Altro fenomeno napoletano sonorizzazione dell’occlusiva dopo consonante nasale, campo diventa cambo (anche un po’ in Puglia e della Basilicata). Terzo fenomeno è in Puglia:

sonorizzazione di z se preceduto da l, alzare con z di zero. La tendenza generalizzata in tutta la Puglia a pronunciare in maniera indistinta della vocale finale, con schwa /ə/. A Bari la a tonica passa a e. Fenomeno solo siciliano, ma solo di alcune zone: assimilazione, assorbimento di una

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delle due consonanti di un nesso, la r quando è seguita da consonante, barba è babba (fenomeno diverso da arimmetica, italiano popolare per difficoltà di pronuncia, babba è dovuto a influenza dialettale), a volte soluzione estreme baiba, ma qui è già dialetto. Ultimo punto, apertura toniche e e o che, come al nord, sono articolate indistintamente; sempre aperte solo in aria meridionale estrema, in Salento, Calabria, Sicilia. In Puglia settentrionale avviene il fenomeno contrario, le vocali sono sempre chiuse. Fine parte fonetica, guardiamo ora la morfosintassi.

Morfosintassi al nord. Raddoppiamento pronominale, uso pleonastico (a me mi piace), si diffonde a livello colloquiale ovunque ma è settentrionale. Utilizzo di te in luogo di tu, anche questo poi si diffonde. Tendenza a semplificare il sistema dei tempi verbali perfetti, anche quando si racconta di eventi conclusi tempo fa. Si fa precedere il nome proprio dall’articolo, per il femminile è un po’

ovunque, per il maschile solo la Lombardia. Utilizzo di c’è e c’era per soggetti plurali, tratto piemontese perché influito dal francese. Fenomeno solo piemontese: mi mancano solo più dieci pagine, il più non serve. Ultimo punto, sempre piemontese, il fare che più infinito: facciamo che andare etc.

Italiano regionale toscano, sistema dei dimostrativi a tre unità (questo codesto e quello). Distinzione tra passato prossimo e passato remoto. Uso del si impersonale come pronome soggetto. Uso strano di forme verbali (vedi slide). Valore vezzeggiativo - affettivo del suffisso -accio (o -azzo), Benigni davanti al papa sto Voitilaccio,

13 marzo

Tratti caratteristici dell’italiano regionale meridionale. Accusativo preposizionale è derivato dall’influenza spagnola (serve preposizione da per accusativo animato), nasce a Napoli con i Borbone e si diffonde verso sud. Uso della preposizione di invece di da è tipico del territorio siciliano. Uso di a in luogo di di in relazione a moto a luogo e stato in luogo. Per vado a Vincenzo è probabile di nuovo influenza spagnola. L’uso del doppio congiuntivo di nuovo è spagnolo, dove si dice volessi un caffè. Altri tratti vedi slide. Mal di testa.

Le differenze per quanto riguarda il lessico. Geosinonimi, con diverso significato ma per designare un medesimo oggetto. Per anguria/ cocomero/melone (d’acqua) si parla di geomonimo, cocomero in Piemonte è cetriolo e al nord il melone è il melone non l’anguria.

I geosinonimi vanno classificai con diversi parametri. Sobrero propone confronto con il toscano, e abbiamo quattro possibilità.

18 marzo

Perché alcuni geosinonimi di provenienza non toscana si sono imposti sul termine toscano (es.

formaggio prevalso sul toscano cacio):1) questioni di prestigio dovuto a ragioni economiche. 2) prestigio nascosto di alcuni geosinonimi, cioè la forza di penetrazione che alcuni termini regionali hanno avuto grazie all’uso che ne hanno fatto i mass media (quotidiani, cinema, tg), sopratutto termini dell’italiano centrale/meridionale (dal sud inciucio, monnezza, dal romanesco, pennica, bella etc.). 3) Buona parte dei termini della cucina regionale hanno significanti di origine dialettale e in questi casi non si hanno geosinonimi alimentari per cui si diffonde in tuta Italia (bagna cauda è bagna cauda ovunque). 4) Tutti i termini tipici di una determinata area non hanno geosinonimi (gondola a Venezia).

Varietà diafasiche

Asse della variazione diafasica individua varietà di italiano sulla base della situazione

comunicativa, cioè il contesto (scritto o orale) e il livello di interazione tra i parlanti. Individuiamo due sottocodici: registri e lingue speciali o linguaggio settoriali, che dipendono solo in parte dall’interazione ma soprattutto dall’argomento. Tratti tipici dei registri bassi vedi slide,

realizzazione fonetica rapida, parlata veloce caratterizza i registri più bassi. Registri elevati (italiano formale aulico), sintatticamente caratterizzati dall’elevata esplicitazione dell’articolazione

(ipotassi), altre caratteristiche vedi slide. Elevato uso di forestierismi nella fattispecie cultismi, cioè latinismi e grecismi. Di fronte a lessemi che conoscono una duplice realizzazione in cui una delle due varianti possiede una maggiore proprietà arcaizzante o difficile, prevale quest’ultima (lectio

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difficilior). Uso di segni grafici ormai desueti (principî, àncora, àmbito - la regola dice di accentuare le sdrucciole, data la grande presenza di parole piane in italiano).

Il gergo. Mi hanno rifilato un bidone, è una truffa, sei un gaggio. Espressioni gergali.

Il gergo in senso proprio è la lingua dei gruppi sociali marginali, a livello storico vagabondi, mendicanti, ambulanti, malviventi. Oggi il termine ha un significato più esteso, contraddistingue gruppi sociali (gergo medico, sportivo, giornalistico, teatrale). Definizione più precisa: in

sociolinguistica è varietà di lingua (o dialetto) dotata di lessico specifico utilizzato da particolari gruppi di persone in determinate situazioni per non rendere trasparente la comunicazione agli estranei e sottolineare l’appartenenza al gruppo.

Il gergo è di fatto codice segreto, criptolalia del gergo. È lingua artificiale nel senso che si appoggia a lingua già esistente e la modifica a livello morfologico, sintattico e semantico. Dato che si

appoggia ad una lingua è definita lingua parassitaria,. Un aspetto recentemente messo in luce dai linguisti: criticità messa in discussione perché non è usato di fronte ad altre persone. A metà tra il gergo in senso stretto (quello dei delinquenti) e quello in senso lato (che intendiamo solitamente), si collocano i gerghi transitori, g. studentesco e di caserma. Sono importanti per spiegare come mai parole gergali in senso stretto siano diventate di uso comune. Partiamo dal presupposto che il gergo è la lingua degli emarginati che si oppongono alla società anche per mezzo del linguaggio. Allora come si spiega il travaso di lessico gergale nell’italiano dell’uso? Grazie ai gerghi transitori, cioè i giovani (in particolare studenti) e i militari, perché i giovani storicamente entrano in contatto con i gerganti in senso stretto. Forte connotazione contrastiva a livello sociale, la non appartenenza a un gruppo si riflette nella non appartenenza alla lingua istituzionale (italiano standard). Gaggio indica l’uomo sedentario nel romanès quindi valore spregiativo. Il gergo ha origine antichissime, dalla nascita di quelle attività deviate. Le prime attestazioni sono i Proverbia super natura foeminarum di origine padano-veneta in cui si ridicolizza la figura femminile che a volte presenta elementi gergali;

alcuni sonetti di Cecco Angiolieri e una lettera di Luigi Pulci a Lorenzo il Magnifico, interamente scritta in gergo. Il testo più importante, Nuovo modo di intendere la lingua zerga, glossario in cui al termine italiano corrisponde termine gergale organizzato in due colonne (sorta di dizionario).

19 marzo

Dal punto di vista linguistico, il gergo usa la grammatica della lingua del luogo e vi innestano un nuovo lessico, processo dio rilessicalizzazione o risementizzazione, poi trapassi semantici, utilizzo di significati traslati. Quali sono le strategie linguistiche dei gerganti: dal punto di vista

morfologico, c’è la parafonia: riguarda la negazione o affermazione, ad es. in ambito napoletano nisba per no, oppure siena per sì; il termine piemontese lingera (donna di facili costumi) non deriva da leggera ma da legge. Altro fenomeno è il troncamento, caramba per carabinieri o ero per eroina, vedi slide per altri esempi; inversione sillabica; ristrutturazione lessicale a partire dalla vocale tonica (aria settentrionale): in Veneto, detio (?) (cioè dito) diventa etde, et a cui viene fatta seguire la lettera che precedeva cui viene aggiunta le stessa vocale delle sillaba tonica. Poi linguaggio farfallino (diffuso nei gerghi di tutte le lingue).

Il gergo oggi. Con il progressivo controllo della società sui gruppi emarginati, questi sono diminuiti, qualcosa rimane ancora nelle vallate alpine, spazzacamini, calderai, ombrellai, arrotini. Meno diffuso è quindi il gergo, che sopravvie solo nella malavita (mafia e criminalità organizzata) e nel sottoproletariato delle grandi città, in particolare romano. In particolare per quest’ultimo è stato fondamentale lo studio di Pier Paolo Pasolini, con Ragazzi di vita del 1955 e Una vita violenta del

’59, il quale, munito di taccuino e penna frequentava, queste persone per poter poi riprodurre il loro sistema linguistico in cui si è riconosciuta prossimità totale a quella dei gerganti (Pasolini, dando loro voce come mai nessuno aveva fatto, voleva dar loro voce all’interno della letteratura).

L’italiano dell’uso di oggi annovera circa un migliaio di termini gergali che un parlante medio conosce.

Vediamo come da un punto di vista lessicale si possono creare nuove parole risementizzando parole già esistenti. Vedi slide con esempi. Perché si dice sbolognare? Nella storia della malavita, Bologna

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era la capitale dello smercio di monete false, quindi sbolognare era vendere qualcosa di falso, poi traslato diventa rifilare.

Parole gergali che si trovano in Ragazzi di vita e che diventano poi di uso comune. Sono parole utilizzate per la prima volta in ambito scritto da Pasolini, entrate nei dizionari grazie a lui. Vedi slide. Abbioccarsi deriva da gallina, in romanesco biocca, quando la gallina fa l’uovo si abbiocca.

Coatto indica inizialmente colui che è costretto a entrare in carcere, per estensione il giovane del sottoproletariato romano che è di solito un malavitoso. Sbarellare da barella, instabile come se fosse su una barella, per estensione instabilità mentale.

Pratica della nominatio, cioè la denominazione attraverso nomi propri o di persona. Nasce

all’interno dell’ambito gergale, al fine di nascondere il vero nome e la vera identità. Un esempio si ritrova in Romanzo criminale, di …? Nessuno dei personaggi ha un nome esplicitato, ma c’è una sorta di divergenza tra nome e condotta illecita, mentre tutte le persone che hanno una condotta onesta hanno nome e cognome espressi.

20 marzo

L’italiano giovanile si colloca al di sotto dell’italiano standard ma a differenza dell’italiano

popolare e del gergo, l’abbassamento del registro è voluto e sottende una conoscenza approfondita della lingua ed è usato per opporsi alla società. Volontà di creare registro sub-standard per un effetto ludico che si opponga all’italiano degli adulti. I fattori che determinano le varietà di italiano giovanile riguardano tutti gli assi che abbiamo individuato. Sull’asse della variazione diacronica:

storia breve dell’it. giovanile, ma diverse varietà dal punto di vista cronologico. Le forme di giovanilese divergono anche lungo l’asse della variazione diatopica. Teniamo conto anche del prestigio, si ritiene che il modello proposto dai giovani delle grandi città del nord sia da preferire.

Elemento dialettale, le varietà giovanili ricercano l’innovazione linguistica da diverse fonti, una delle quali è il dialetto, questo vale soprattutto per le varietà regionali. Si può collocare su diversi livelli sull’asse diastratico, ad es. l’italiano giovanile universitario è influenzato dall’italiano colto e si colloca più in alto dei giovani lesi di altri ambienti. I linguisti non lo considerano un linguaggio, ma un registro, impiegato in determinate situazioni comunicative. Nasce in ambito orale ma si sviluppa nella letteratura generazionale, per ragioni di mimesi.

Storia del linguaggio giovanile in Italia. Secondo alcuni storici è una varietà astorica, cioè ha una storia così recente che dev’essere considerata solo a livello sincronico. Le prime tracce compaiono solo nella seconda metà del ‘900, l’Italia è in ritardo, in Germania già dalla fine del Settecento, documentata nella letteratura, discorso analogo in Francia e in parte anche in Inghilterra. In Italia è determinato dai nuovi ruoli dei giovani all’interno della società. Possibilità dei giovani di accedere all’università. Gran parte delle innovazioni linguistiche dipende dall’influenza dei mass-media, soprattutto le canzoni e il cinema. Altro fattore è il servizio di leva come momento aggregativo, giovani sviluppano proprio linguaggio (gergo di caserma, non corrisponde esattamente all’italiano giovanile ma si colloca in parallelo), non esistono attestazioni certe di italiano giovanile prima della seconda guerra mondiale. Si arriva intorno al ’68 per le prime forme. I giovani benestanti che vivono a Milano e frequentano Via Monte Napoleone nei primi anni Cinquanta sono la prima manifestazione di it.giovanile, detti montenapi, non tutti i linguisti considerano questo gruppo la fonte dei linguaggi giovanili, ma per quanto sia limitato nel tempo e nello spazio, è innegabile che queste persone parlassero un italiano non standard in cui si riconoscevano, viene meno la

componente criptica come nel gergo, ma rimane la componente sociale. Esistono testimonianze scritte, la più importante è un romanzo di Franca Valeri che nel ’52 scrive Il diario della signorina snob, la Valeri entra in contatto con il gruppo dei montenapi e ne riproduce il linguaggio.

Caratteristiche: “erre uvulare”, utilizzo di alcuni diminutivi champagnino, ferrarino, o accrescitivi festone, costrutti con super, mega, iper (una ragazza è detta supervacca). Abbreviazioni come tele, coca, cine. I genitori chiamati vecchi etc. Si individuano neologismi come bikini, blue jeans (?) mocassini, espressioni come a palla, di brutto etc. Fenomeno propedeutico, pone le basi per l’italiano giovanile futuro. Ma viene meno la consapevolezza di un uso del linguaggio, manca la

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componente dell’aggregazione, solo dal punto di vista linguistico alcuni tratti ci permettono di considerarlo un fenomeno precursore. La letterature degli anni Sessanta è molto attenta alla mimesi del linguaggio giovanile. Umberto Simonetta Tirar mattina (1963)e Maria Corti, Il ballo dei

sapienti (1966) di ambientazione milanese. Un impostazione fondamentale è data dalla traduzione di The catcher in the Rye e A Orange Clockwork, romanzi generazionali nordamericani. Impulso per altri romanzi, Porci con le ali, Boccalone e Altri libertini e Pao Pao. Gruppo giovanile dei primi anni Ottanta che ha successo a livello nazionale è quello dei paninari, giovani benestanti di Milano che frequentano il bar “Al panino”, dal punto di vista sociale rappresentano un forte elemento di rottura con la generazione precedente, gli studenti impegnati politicamente degli anni Settanta; i paninari non si curano di politica, vocazione consumista.

Tra i montenapi e i paninari c’è il movimento studentesco che nasce nel ’68. Palazzo Campana a Torino (allora sede facoltà umanistiche) fu la prima sede universitaria ad essere occupata. La consapevolezza dell’impossibilità di tradurre in programmi concreti le aspirazioni dei giovani determinò la fine del movimento nei primi anni Settanta. Servì a sollevare tematiche come la lotta al baronaggio, l’antirazzismo, la figura della donna. Una seconda ondata rinasce quasi un decennio dopo a Bologna, caratterizzato da episodi di violenza. Fu caratterizzato da forte spirito di coesione, giovani che si distaccavano dalla famiglia, si crea fermento culturale e un linguaggio volutamente collocato al di sotto dello standard linguistico italiano per accentuare il distacco dell’università dai poteri costituiti, riconosciuti nell’it. standard. Prende elementi dal gergo ma anche dalla lingua colta. Dal punto di vista testuale si segnala per la prima volta una scrittura che conosce nuove forme espressive, graffiti, volantini etc. La contestazione e l’impegno politico non sono l’unico fattore, ma anche i mass-media, in particolare le canzoni della cosiddetta “seconda generazione dei cantautori”, tra cui De Andrè, De Gregori e Guccini (dall’estero arriva Bob Dylan con la contestazione per la guerra in Vietnam); nasce poi il rock demenziale bolognese. Canzone di maggio di De Andrè, esempio del linguaggio dei movimenti giovanili, utilizzo di parole mai usate (sedere) e slogan (per quanto voi vi crediate siate assolti/siete lo stesso coinvolti). Innovazione che i giovani hanno provocato sulla lingua italiana standard (fino ad allora statica, non aveva mai avuto in ambito letterario dei fenomeni di rinnovamento linguistico): due dimensioni principali, intralinguistica (costante utilizzo di neologismi) e extralinguistica (nuovi metodo di comunicazione, graffiti, volantini).Innovazioni lessicali. In presenza di una coppia sinonimica formata da un elemento eufemistico e una soluzione disfemistica (volgare), si opta per la seconda. Rivendicazione da parte dei giovani di poter usare quei termini considerati tabù, che rimandano al lessico osceno, sessuale (figo, fregarsene, sfottere).

25 marzo

Il mondo giovanile è stato la prima categoria sociale a captare dai settori mass-mediatici un singolo elemento, estrapolarlo dal contesto e usarlo in qualsiasi settore (stand-by, loop, sei connesso?, flebo, linguaggi dal settore informatico e medico riusati nel lessico quotidiano). Con il Grande Fratello risemantizzazione di nomination, tugurio, confessionale etc.

Letteratura giovanile degli anni Settanta-Ottanta, il più importante è Tondelli, che introdusse per la prima volta in ambito letterario il giovanilese, e a partire da quest’esperienza si svilupperanno autori come Ammanitti, Brizzi e Culicchia.

Potenziamento espressivo verso l’informalità della lingua giovanile, sempre lingua sub standard.

Privilegio delle strutture del parlato (paratassi sull’ipotassi, ripetizioni, strutture ellittiche, intercalari, tratti tipici che caratterizzano la letteratura giovanile).

Come mai i linguaggi giovanili si sviluppano più al nord che al sud? Si diffondono nella misura in cui regrediscono i dialetti, il cui uso è meno diffuso al nord (con eccezione del Veneto). Il dialetto è risorsa comunicativa fondamentale e nel momento in cui viene meno, si rileva la necessità di un nuovo codice linguistico con stessa carica espressiva e forza irriverente che si collochi a un livello sub-standard; specie nelle grandi città del nord si formano nuovi linguaggi.

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La dimensione internazionale. Il giovanilese riesce a captare le realtà allogene che si manifestano attraverso parole straniere. Il linguaggio giovanile nordamericano entra in Italia attraverso il cinema, le canzoni (rap, poss?), esempi di “droghese”, (trip down overdose pusher). Il fumetto alla fine degli anni Sessanta influenzano il linguaggio (sempre influenza britannica e nordamericana).

Fenomeno degli ispanismi (ne parliamo più avanti).

Problematiche: sopravvalutazione del parlato, progressiva perdita del ruolo educativo della scuola, perdita dell’ereditarietà letteraria, perdita della ricchezza semantica, vocabolario stereotipato;

grammatica dei nuovi mass-media. Altri spetti: è una varietà non marcata primariamente in diastratia e diatopia, altri vedi slide.

26 marzo

L’italiano dei mass-media. Molto importante nel peso dell’italiano degli anni ’50 perché propongono modelli linguistici assai diversi. Si parla di trash linguistico, in alcuni programmai abbiamo l’utilizzo di un linguaggio piuttosto basso. Poi abbiamo trasmissioni, reti televisive, film e canzoni che sfruttano il dialetto per diverse finalità (casi piuttosto limitati), si a dall’espressività alla comicità quando il dialetto è usato in tv. Fino alla metà del scolo scorso era un argomento poco affrontato: attenzione dei linguisti era rivolta alla lingua letteraria. C’è generale riluttanza ad affrontare certi argomenti contemporanei per poi studiare con relativa distanza (rischio di visione non chiara del fenomeno), questo fino a quando certi linguisti come Beccaria e Migliorini hanno individuato lo studio della lingua italiana in relazione allo sviluppo dei mass-media.

1954, avvento inizio trasmissioni televisive, subito diffusione, molto popolare, pochi agi esordi avevano la tv e molte erano le divergenze rispetto ad oggi. Data simbolica ma molto importante;

cinema e radio nati già molto tempo prima. Grazie alla tv questo fenomeno assume la portata odierna.

1963, esce Storia linguistica dell’Italia unita, di De Mauro per la prima volta compare una storia linguistica dell’Italia contemporanea prende in considerazione radio, giornali, cinema.

1973, esce Linguaggi settoriali in Italia di Beccaria anche qui linguaggio dei mass-media.

Panoramica degli studi fino al ’73 molto limitati, adesso invece sono nate tesi dedicate allo studio dei mass-media.

Tratti distintivi: italiano dei mm come lingua speciale o sottocodice? I linguaggi settoriali sono diversi da quelli dei mm ma spesso si confondono. Linguaggi settoriali usati in uno specifico ambito (scienza, economia, medicina), privilegia un linguaggio molto preciso: a una parola corrisponde un solo significato ed è rivolto solo agli esperti (cerchia ben definita di utenti), definizione che non può essere applicato al linguaggio dei mm.

Abbiamo un pubblico anonimo, indifferenziato, non c’è limitatezza dell’utenza, ovvero si tratta di un mezzo che può arrivare a tutti. I destinatari possono essere raggiunti attraverso tutti i supporti possibili (tv, radio, web, scrittura); tratti caratteristici quindi pubblico illimitato, molteplicità dei canali, diversi mm in base al modo in cui i media arrivano a noi.

Mm diversificati in base a: emittente, modi di trasmissione, obiettivi e funzionalità. Sono più i tratti distintivi che quelle che li accomunano.

Finalità diverse: 1) quotidiano, finalità di cronaca e informazione politica, poi altre come cultura e sport.2) radio, tv, web finalità informazione, cultura (documentari), intrattenimento (oggi

dominante) . 3) cinema e canzone, intrattenimento e cultura. 4)Pubblicità con una particolare fisionomia, persuasione. Rispetto agli altri è diversa.

Un’altra differenza sono le modalità di trasmissione. Forma scritta (quotidiano e fumetti), forma trasmessa (tv, cinema, canzone, radio), forma scritta trasmessa (web), supporta audio visivo, linguaggi pubblicitari sfruttano tutte le categorie presso tutte le risorse dei mm. Fruizione: lettura, audio-visione, ascolto. Con la stampa e i fumetti abbiamo il rispetto delle norme dell’italiano

scritto, mentre in tutti gli altri casi abbiamo l’uso della lingua parlata ma non si tratta però di parlato spontaneo, perché il destinatario è passivo e non può interagire (unica eccezione le telefonate alla tv o alla radio). Ruolo importante spetta all’iconicità, cioè ruolo delle immagini, presenza della

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componente verbale e non verbale, parole e immagini che possono essere statiche o dinamiche. Le immagini arricchiscono la comunicazione, in alcuni è più importante il ruolo delle immagini rispetto alle parole. Rapporto il rapporto tra parola e immagine dipende dal tipo di mm. Nei quotidiani prevale la lingua sulle immagini, oggi si inseriscono le immagini per arricchire il linguaggio verbale. Ci sono poi casi estremi in cui il linguaggio verbale sarebbe incomprensibile senza le immagini; talvolta appaiono solo le immagini. Esempio, road movie (?), dove la

componente verbale non è presente o troviamo poco dialogo. Anche nei quotidiani negli ultimi anni l’inserzione di immagini grazie alla tv, quasi parità tra immagini e testi. In Caro diario Moretti dedica alla prima parte solo immagini e musica. Un discorso a parte merita la canzone, giocata tra melodia e testo, componente verbale e non; aspetto melodico domina sulle parole, le canzoni italiane sono caratterizzate da linguaggio ripetitivo (eccezioni i cantautori, dove domina la parola sulla melodia, come anche nel rap e nel rock).

L’iconismo, da un punto di vista qualitativo, può essere grafico (schemi, tabelle, grafici) o figurativo. Se figurativo si distingue in statico (fotografie, disegni) o dinamico (immagini in movimento).

Il rapporto tra apparato iconico e flusso linguistico può essere di tre tipi:

1. Identità comunicativa fra immagini e parole:

- messaggi ridondanti: es. documentari scientifici - esigenze di completezza ed esattezza descrittiva 2. Autonomia parziale:

- rapporto complementare

- immagini e messaggio in relazione ma con contenuti in parte diversi: integrazione e arricchimento

- es fotografie dei quotidiani, giornalismo televisivo, ecc.

3. Autonomia totale:

- immagini e le parole portatrici di messaggi irrelati, indipendenti - cfr. linguaggio della pubblicità [es. Benetton].

La lingua dei mm on è omogenea, ma sono molte le caratteristiche comuni 27 marzo

Il purismo linguistico non fa riferimento ai mezzi di comunicazione di massa, anzi al contrario si possono apprezzare molte innovazioni lessicali, riconducibili agli ambiti di forestierismi e neologismi. L’arricchimento dei neologismi è dato dai dizionari dell’uso (lo Zingarelli ogni anno aggiunti circa 1500 neologismi, di cui l’85-90% proviene dai mezzi di comunicazione di massa e una buona parte sono forestierismi). Gli anglicismi entrano in Italia grazie ai quotidiani dalla caduta del fascismo in poi. Durante il Fascismo: tassazione delle insegne commerciali straniere, divieto utilizzo parole straniere, doppiatura in italiano di tutti i film importati, non tanto per facilitare la comprensione ma per nascondere completamente la lingua straniera; quest’ultimo decreto ha influenze ancora oggi, a differenza degli altri paesi stranieri. Solo la Spagna è come noi, sempre a causa della dittatura, atteggiamento autarchico, politica restrittiva dell’elemento straniero.

Vita politica in Italia è piena di anglismi: choosy, spending review, endorcement etc. Esistono anche gli pseudo-anglismi. Spam è un marchio che produce carne in scatola (equivalente

Simmental) che martellava la tv inglese e che Monty Pyton ha preso di mira in una scenetta ed è diventato la spam di gmail . Tra i neologismi troviamo anche la risemantizzazione, stella che cambia accezione quando designa una persona famosa dello spettacolo, in linguistica è definito calco semantico, poiché è preso dall’inglese star; altro esempio è la parola velina, che un tempo designava solo la carta, all’inizio negli anni ’90 ha assunto nuovo significato con Striscia la notizia.

La velina in ambito giornalistico è quel particolare tipo di carta che le agenzie facevano pervenire agli organi di stampa durante il regime (forma di controllo dell’informazione). Diventa nell’epoca

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della televisione la persona che porta la notizia al lettore con usi caricaturali. Esempi di neologismi veri e propri: diffusi dalla stampa esodato, grillino, rottamatore, bunga-bunga, olgettina,

femminicidio, apericena, emo, barba-trucco, cinepanettone, ciupito (quello che hai bevuto a Courmaieur). Non tutte le parole nuove avranno fortuna, lunga vita.

L’italiano si rinnova anche attraverso la diffusione a livello nazionale di termini regionali (geosinonimi), grazie all’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa. Distinguiamo i diversi mezzi: nella stampa quotidiana la presenza di regionalismi è più scarsa (maggiore nei quotidiani regionali, caso limite La Padania). Regionalismo è vivo nel cinema, con il neorealismo riscoperta di dialettismi, reazione al Fascismo che imponeva l’italiano e proibiva i dialetti esattamente come le lingue straniere.

La sorte del dialetto: a partire dalla seconda metà del Novecento il dialetto è sottoposto a un processo di decadimento inesorabile, ciò che si riflette nei mezzi di comunicazione di messa, scartato dalla stampa e al cinema, per ragioni commerciali, se si eccettua il Neorealismo (Luchino Visconti, La terra trema, ambientato ad Aci Trezza, fu fallimento colossale, non lo capivano nemmeno i siciliani, a parte quelli del posto). Fa eccezione la canzone (De Andrè, 99 posse , Crueza de ma’) per finalità culturali. Sopravvive nella pubblicità, per garantire genuinità del prodotto (la Cirio qualche anno fa, la pummarola napoletana).

La lingua dei media è specchio degli usi linguistici comuni, non ha picchi verso l’alto o il basso, ma si mantiene su un tono medio.

I meriti dei media. Hanno influito in maniera determinante sui nostri usi linguistici, nel processo di unificazione linguistica, che senza la televisione sarebbe stato molto più lento. Tullio de Mauro solo nove anni dopo la nascita della televisione aveva già individuato un cambiamento.

Il cinema grazie ai titoli di film conia delle espressioni, vedi slide; personaggi del cinema o televisivi (Paparazzo, Fantozzi, attapirato) danno origine a nomi o aggettivi. I giornali coniano stereotipi (anni di piombo etc.), testi delle canzoni (Vita spericolata), la pubblicità (sottiletta) I media: hanno insegnato l’italiano (tv); hanno avvicinato alle lingue straniere (canzoni etc.);

capacità di riflettere sulla molteplicità della lingua.

Problemi: troppe varietà creano confusione, si pensa che tutti i registri siano allo stesso piano;

produzione incontrollata di stereotipi e luoghi comuni, uso inflazionato di parole forti, ripetizione di aggettivi con valore superlativo (vedi slide per es.); produzione smaccata dell’associazione

meccanica di parole (netto rifiuto etc.) e l’uso di metafore e così via.

Che lingua è? Di plastica, ripetitiva e costellata di luoghi comuni. Impoverimento espressivo, dovuto all’impoverimento della psiche non ci sforziamo più di trovare una forma precisa.

8 aprile

La frammentazione di varietà locali vernacolari sono già dimostrabili a livello di latino tardo (alto Medioevo), già rintracciabili nelle regioni in cui Augusto aveva suddiviso l’Italia. Un’altra spia del fatto che esiste corrispondenza tra varietà antiche e dialetti di oggi è il De vulgari eloquentia (1305), in cui Dante individua 14 varietà regionali che non si distanziano dai dialetti odierni.

Varie teorie sulle origine della differenziazione

Scuola di pensiero di Mario Alinei, glottologo che insegna in Olanda: la nascita dell’indoeuropeo si colloca alla fine del Paleolitico (33.000-9000 a. C.) e già nel Mesolitico la differenziazione

linguistica dei dialetti italiani.

Lingue del sostrato: insieme delle lingue parlate in Italia prima della diffusione della lingua latina in tutta la penisola. La differenziazione sarebbe data dunque dall’influenza esercitata dalle lingue già esistenti sul latino quando si diffuse.

Teoria del superstrato: le lingue che in seguito a invasioni entrano, successivamente allo sviluppo del latino sul territorio, pur non cancellando il latino, lo influenzano in modo determinante.

Ogni regione in realtà ha caratteristiche proprie (es. in Sicilia non si può parlare solo di teorie del sostrato e superstrato, perché intervennero altri fattori).

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Prima dell’arrivo dei Romani nella penisola italica, c’erano lingue (di cui non sappiamo molto) a volte imparentate tra loro.

La teoria classica prevede due fasi:

- prima ondata di migrazioni (IV-II millennio a. C.), i popoli di stirpe mediterranee: Liguri, Retii, Piceni, Etruschi, Sicani, Sardi (Le popolazioni mediterranee vengono oggi chiamati preindoeuropei - seconda ondata (II millennio a. C.), le popolazioni indoeuropee dall’Europa centro-Orientale:

Celti, Venetici, Osco-umbri, Latini Greci, Siculi, che scalzano quasi tutte le popolazioni mediterranee.

(vedi cartina per localizzazione sul territorio).

Durante l’impero romano: si sono già completate le due ondate migratorie: i latini si trovano ad interagire con due popolazioni diversi: i pochi mediterranei rimasti, che appartenevano a un ceppo linguistico altro, e altre lingue con cui il latino condivide molti tratti sintattici (greco per area

meridionale e celtico per l’area settentrionale). Nella penisola italica ci fu lunga fase di bilinguismo, coesistevano latino e lingue dei popoli preindoeuropei, passò molto tempo prima che il latino fosse l’unica lingua.

Perché, data un’unica lingua madre (italiano e dialetti derivano dal latino), già in fase arcaica si è arrivati a una tale differenziazione (i dialetti del sud sono più distanti dall’italiano che lo spagnolo)?

Fattori:

- diverse etnie che popolavano la Romanìa

- latino che non va considerata lingua statica ma è soggetto a varietà geografiche (latino di Roma diverso dal latino della penisola iberica) cronologiche

stilistiche socio-culturale

diversità del periodo e dell’intensità della romanizzazione (territori conquistati agli albori dell’impero hanno abbandonato prima la loro lingua e si è sviluppato quindi un latino più simile a quello di Roma; nelle aree invece in cui la romanizzazione è avvenuta in maniera meno intensa il latino è penetrato in maniera meno decisa)

Implicazioni etnico-geografiche. Dobbiamo tenere conto di tre implicazioni: sostrato (lingue

presenti prima della’avvento dello strato, cioè il latino), il superstrato e l’adstrato, cioè quelle lingue che pur non entrando mai nel territorio, influenzarono la lingua per ragioni di prestigio (il greco per il latino, o l’inglese per l’italiano adesso).

Il sostrato.

Es: i Romani arrivano in Piemonte e impongono la loro lingua ma non si cambia da un giorno all’altro, fase di bilinguismo e poi scomparsa della lingua delle popolazioni del Piemonte in cui però rimangono alcuni termini o in genere delle influenze. Es. di influenza: in latino classico non

esisteva la f in posizione intervocalica e la presenza di f in tale posizione è dovuta all’influenza osco-umbra. Al sostrato etrusco sono riconducibili alcuni suffissi ravvisabili nella toponomastica e onomastica (Ravenna, Porsenna). La gorgia toscana dal sostrato etrusco. Sostrato ligure

sull’italiano, suffissi -asco, -asca nella toponomastica (diffusi in Piemonte, Liguria, Lombardia) e etnici (bergamasco, comasco). Influenza del sostrato celtico (che interessa in particolare il

francese): passaggio della a tonica a e (patrem père), sistema vigesimale (quatre-vingt-disneuf per 99, caratteristica esclusiva della Francia, ascrivibile al sostrato gallico). Lessico: carrus, cerevisia, camisia, braca, gunna, tutti oggetti che i latini non conoscevano, i termini sono presi dal celtico.

Il superstrato.

Insieme di lingue eterogene, nel nostro caso le lingue germaniche e l’arabo. Differenza rispetto al sostrato: sono venuti a sovrapporsi alla lingua in epoche successive. Adottano il latino ma la loro lingua influenza. Esempi di influenze: in Francia acca muta. Nella penisola italica influenzano il lessico: entrano lessemi di ambito bellico. Guerra sostituisce bellum anche in senso pratico: la werra (scontro fisico testa a testa) sostituisce il bellum romano fatto con eserciti contrapposti. In

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