Comune di Tremosine sul Garda Provincia di Brescia
AL COMANDO PROVINCIALE DEI VIGILI DEL FUOCO
BRESCIA
RELAZIONE TECNICA RELATIVA AD UN COMPLESSO PER LA PRODUZIONE E VENDITA DI FORMAGGI.
Proprietario ALPE DEL GARDA Società Cooperativa Agricola sede in Tremosine sul Garda – Località Polzone (BS) Titolare Attività sig. LEONESIO LIVIO
Fabbricato sito
nel Comune di TREMOSINE SUL GARDA
Tecnico progettista Fellin ing. Fausto via Zanè, 01 35032 ARQUA’ PETRARCA (PD)
Il Tecnico Il Legale Rappresentante
FELLIN FAUSTO INQUADRAMENTO NORMATIVO
L’intervento oggetto della presente relazione è situato a Tremosine sul Garda e trattasi di un caseificio con annesso spaccio costruito da una Cooperativa agricola.
Il complesso si articola in vari edifici: destinati ad area produttiva, stagionatura, spaccio, magazzino soci ecc.
L’attività sarà analizzata dal punto di vista normativa alla luce del D.M. 3 agosto 2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.
139.” (di seguito chiamato Codice).
L’attività, già esistente, si articola in due corpi di fabbrica principali tra loro separati.
Il primo, già dotato di parere favorevole di conformità antincendio prot. n. 4893 del 15/03/2012 occupa al piano terra l’area lavorazioni e il magazzino soci e a piano interrato un deposito stagionatura formaggio.
Il secondo, occupa a piano terra lo spaccio aziendale con relativo deposito scorte e un’area lavorazione mentre a piano interrato è presente un’ulteriore area lavorazione. A piano primo, sopra l’area deposito scorte sono presenti alcuni uffici e depositi. Questo secondo immobile è dotato di Certificato di prevenzione incendi con scadenza 30/10/2012.
La presente nuova richiesta di valutazione progetto si riferisce al secondo immobile e a un nuovo magazzino seminterrato destinato alla stagionatura del formaggio.
La nuova valutazione progetto coinvolge le seguenti attività secondo il d.p.r. 151/11:
63.2.C: Stabilimenti per la produzione, depositi di sapone, di candele e di altri oggetti di cera e di paraffina, di acidi grassi, di glicerina grezza quando non sia prodotta per idrolisi, di glicerina raffinata e distillata ed altri prodotti affini, con prodotto in lavorazione o deposito oltre 5.000 kg.
49.1.A : Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endotermici ed impianti di cogenerazione di potenza complessiva da 25 a 350 kW.
69.2.B : Locali adibiti ad esposizione e/o vendita all'ingrosso o al dettaglio, fiere e quartieri fieristici, con
superficie lorda, comprensiva dei servizi e depositi, da 600 mq a 1500 mq.
1
2
FELLIN FAUSTO DESCRIZIONE PROCESSO PRODUTTIVO
LA LAVORAZIONE DEL LATTE
Ogni mattina il nostro casaro lavora il latte in arrivo e con dedizione e cura esegue tutte le fasi della
caseificazione. La passione e l’estrema attenzione in queste fasi sono fondamentali per mantenere inalterata la freschezza dei sapori della tradizione tipica di montana che ritroviamo i tutti i prodotti di Alpe del Garda.
LA STAGIONATURA
Nelle celle avviene l’affinatura finale dei nostri formaggi. Qui, a seconda degli obbiettivi pre posti e del prodotto voluto i formaggi riposano, nell’attesa di arrivare finalmente sulla tavola di buongustai alla costante ricerca di prodotti che racchiudono non solo il sapore, ma che sappiano raccontare tutta la storia della tradizione montana.
ELENCO FASI LAVORATIVE
Le principali fasi lavorative svolte nel Caseificio sono le seguenti:
Approvvigionamento e stoccaggio del latte: il latte giunge tramite mezzo autobotti e viene stoccato in serbatoi inox refrigerati. Generalmente il latte viene lavorato a poche ore dall’ arrivo in caseificio.
Trattamento preliminare del latte: il latte prelevato automaticamente dai serbatoi di stoccaggio passa alla fase di debatterizzazione (chiamata anche pulitura) e di pastorizzazione.
FASE RISCALDATA: UTILIZZO DI VAPORE.
Cagliatura del latte: il latte passa in vasche polivalent, contenitori in acciaio inox muniti di pale per rimescolare. Al latte vengono aggiunti il caglio ed i fermenti lattici vivi che lo trasformano in un coagulo compatto.
Preparazione del formaggio: manualmente viene distribuita la cagliata in opportune forme; la cagliata viene immessa in carrelli sui quali poggiano i cestelli; al di sopra dei cestelli viene messo un piano munito di fori dello stesso diametro di quello dei cestelli; gli addetti pressano la cagliata nei cestelli per ottenere la forma voluta di formaggio.
Salatura del formaggio: le forme vengono immerse in una soluzione salina (salamoia).
Stoccaggio e stagionatura del formaggio: le forme vengono trasportate in celle frigorifere con movimentazione manuale. Viene periodicamente effettuato il ribaltamento e pulita delle forme.
Lavaggio fustelle: il lavaggio si svolge manualmente.
Etichettatura e confezionamento: il formaggio maturo viene confezionato a mano; talvolta, prima del confezionamento, il formaggio viene porzionato.
Stoccaggio prodotti finiti e consegna ai clienti: i cartoni con il formaggio confezionato vengono temporanemente stoccati in celle frigorifere, in attesa di venire movimentati per essere caricati sugli automezzi frigoriferi che effettuano la consegna.
Parte dei prodotti finiti sono inviati all’annesso spaccio per la vendita diretta.
Sanificazione: si effettua quotidianamente la detergenza e la disinfezione degli impianti.
Di seguito si riporta in maniera discorsiva la descrizione delle diverse fasi di lavoro.
Approvvigionamento e stoccaggio del latte.
La refrigerazione del latte inizia alla stalla, allo scopo di contenere al massimo la contaminazione microbica. Questo consente al caseificio di non dover necessariamente lavorare il latte immediatamente all'arrivo nello stabilimento.
Al ricevimento del latte proveniente dalle varie stalle o dai centri di raccolta, nel caseificio si compiono le seguenti operazioni: il controllo di qualità del latte conferito e il prelievo dei campioni di latte da destinare alle analisi chimico‐microbiologiche.
Il latte giunge al caseificio in autocisterne refrigerate ed una volta effettuate le suddette verifiche, può essere smistato dall'autocisterna direttamente alle varie lavorazioni, ma più frequentemente viene stoccato in silos refrigerati (chiamati anche tanks) attraverso una serie di pompe e tubazioni in acciaio inossidabile.
ATTREZZATURE E MACCHINE UTILIZZATE.
Misuratore volumetrico del latte
Il misuratore della quantità di latte introdotto nell'impianto, viene effettuata attraverso una misura di volume. Il principio di funzionamento del misuratore può essere meccanico o elettromagnetico.
Cisterne di stoccaggio del latte
Si tratta di serbatoi di acciaio inox termicamente isolati e refrigerati, aventi la forma di silos verticali o orizzontali.
I serbatoi sono ubicati all'esterno dello stabilimento produttivo, nelle immediate adiacenze del reparto dove avviene il trattamento preliminare del latte. Le moderne cisterne sono dotate di un dispositivo di agitazione (lenta ma continua) che previene la separazione per gravità della parte cremosa dal plasma del latte. La temperatura del latte viene mantenuta inferiore a 6 °C grazie ad un sistema di raffreddamento collegato ad un termostato. I silos sono dotati di strumentazione per il controllo di livello, pressione interna, temperatura. La quantità di latte stoccata nel caseificio è in genere circa tre volte il volume di latte lavorato in un giorno.
Trattamento preliminare del latte
Una volta che il latte è stato analizzato e stoccato, prima della sua trasformazione si procede ad una sua parziale o totale debatterizzazione che consiste nella eliminazione di microrganismi indesiderati nel latte, che possono assumere sia un significato anticaseario (possono causare diversi inconvenienti, tra i quali: facile rammollimento, gonfiori anormali, sapori amari), sia igienico sanitario per la eventuale presenza di microrganismi patogeni per l'uomo.
Per il latte destinato alla produzione di formaggi duri a lunga stagionatura, la debatterizzazione
avviene talvolta tramite una parziale scrematura del latte realizzata per affioramento, mentre in altri
casi la debatterizzazione viene effettuata attraverso procedimenti diversi come la bactofugazione.
FELLIN FAUSTO centrifugazione in una apposita macchina chiamata pulitrice.
‐ pastorizzazione del latte: particolare tipo di trattamento termico che consente una benefica distruzione della flora anti‐casearia, al quale il latte viene sottoposto dopo la pulitura.
Il processo chiamato pastorizzazione, consiste in un particolare tipo di trattamento termico che consente una benefica distruzione della flora anti‐casearia. In particolare, le muffe, i lieviti, i coliformi ed i microbi cromogeni, oltre ai patogeni, vengono facilmente distrutti da una razionale pastorizzazione a 72°C per 15 secondi.
La pastorizzazione permette anche la standardizzazione del prodotto finale e un maggior rendimento complessivo della produzione.
Ovviamente il risultato ottenuto con la pastorizzazione dovrà essere mantenuto, garantendo una adeguata igiene delle linee produttive, macchine e attrezzi (si veda la fase sanificazione).
La pastorizzazione talvolta viene omessa quando si desideri trasformare latte crudo debatterizzato tramite bactofugazione, allo scopo di produrre formaggi duri a lunga stagionatura.
Preparazione del formaggio.
Si inizia con la preparazione di una miscela di latte e fermenti lattici (starter). Gli starter sono fondamentali nella caseificazione, in quanto servono a dare acidità al latte per favorire l’azione coagulante del caglio e in quanto nella maturazione svolgono un’azione proteolitica, lipolitica e aromatizzante. Essi vengono mescolati con il latte in apposite apparecchiature dette fermentiere e lasciati in riposo a temperatura predeterminata per qualche ora, in modo che la miscela raggiunga il valore di acidità richiesto prima di venire aggiunta al latte in lavorazione.
Nel frattempo il latte, precedentemente trattato viene riscaldato ed immesso entro vasche di lavorazione; il riscaldamento e la lavorazione avvengono in una stessa macchina chiamata caldaia polivalente.
Si procede quindi aggiungendo gli starter al latte riscaldato e, per fare coagulare il latte in ambiente acido, si aggiunge un enzima: il caglio.
Quando l’azione del caglio è ultimata (dopo circa 20 ‐ 25 minuti), la massa ottenuta prende il nome di cagliata. Essa viene quindi tagliata in cubetti (delle dimensioni di una nocciola o poco più), mediante apposite taglierine incorporate nella vasca stessa. Le taglierine sono essenzialmente delle griglie che ruotano all'interno della vasca; talvolta esse presentano un profilo affilato da un solo lato, in modo che, se fatte ruotare dalla parte affilata funzionano da taglierine, mentre se fatte ruotare nell'altro senso funzionano da agitatori.
Dopo il taglio, la massa viene agitata per facilitare l’eliminazione del siero (spurgatura), ed a questo punto si effettua la cosiddetta formatura: i cubetti di cagliata vengono scaricati entro stampi della forma voluta.
Per la produzione di molte famiglie di formaggi, una delle operazioni fondamentali consiste nella pressatura della cagliata sotto siero; per tale operazione si utilizzano tavoli pressa porzionatori.
Una volta riempiti gli stampi, entro di essi avviene un ulteriore spurgo del siero ed in genere, per favorire lo spurgo, le forme vengano più volte ribaltate. Il ribaltamento della forma può avvenire o nello stesso stampo oppure si utilizzano stampi di plastica talvolta rivestiti internamente da un materiale anch'esso plastico poroso (che essendo impermeabile non necessita di essere sostituito) e si ribalta direttamente lo stampo.
La stufatura si realizza entro cassoni chiusi condizionati tramite vapore e posti nella stessa sala di produzione della cagliata, in tal caso il ribaltamento delle forme avviene in genere manualmente, a cura di un operatore esperto che la esegue con movimenti molto veloci e ripetitivi.
Il siero derivante dalle varie operazioni sopra descritte (agitatura, predrenaggio, pressatura, stufatura, ribaltamento, sgrondo dagli stampi) viene raccolto e aspirato tramite apposite pompe per poi essere utilizzato nella produzione della ricotta.
ATTREZZATURE E MACCHINE
Caldaie polivalenti
Sono vasche realizzate in acciaio inox, aventi capacità variante da 30 a 200 quintali, dotate di un sistema di riscaldamento del latte, ed di agitatori ‐ taglierine. Il funzionamento della macchina viene controllato da un addetto, tramite comandi manuali, oppure tramite un sistema di controllo computerizzato.
Il riscaldamento del latte nelle caldaie polivalenti avviene per mezzo di un sistema di serpentine dove viene fatta scorrere acqua calda; esse sono poste entro una camiciatura della vasca e distribuite in modo tale da rendere più uniforme possibile il riscaldamento del latte.
Sistema pneumatico per lo scarico della cagliata.
Lo scarico della cagliata è una delle operazioni più critiche per la buona riuscita di un formaggio, pertanto specie per certi tipi di formaggi, se l'operazione non avviene con la sufficiente delicatezza è possibile compromettere la definitivamente la riuscita del prodotto. In tal caso non è possibile utilizzare un semplice sistema di scarico a gravità, né tramite pompe volumetriche.
Uno dei sistemi di scarico automatizzato che può essere impiegato anche in tali situazioni, è basato sull'impiego di pompe a vuoto e serbatoi polmone che funzionano alternativamente: creando il vuoto in un serbatoio si risucchia la massa siero‐cagliata dalla caldaia polivalente e poi, pressurizzando si ottiene l'espulsione della massa dal serbatoio per riempire così lo stampo in modo rapido e delicato.
Tavoli pressa porzionatori
Si tratta di tavoli rettangolari dotati di pareti di altezza sufficientemente elevata e di un fondo sul quale scorre un nastro trasportatore perforato. L'alimentazione dei tavoli con la cagliata proveniente dalla caldaia di coagulazione, può avvenire con accorgimenti diversi ad esempio a spruzzo o tramite maniche distributrici mobili che corrono lungo il tavolo.
Sopra il tavolo è posizionato un coperchio che, tramite un meccanismo pneumatico, cala sopra la massa in lavorazione pressandola. Il siero viene raccolto sul fondo del tavolo e convogliato attraverso uno scarico al sistema di raccolta. Lo scarico sul fondo del tavolo è dotato di un sistema di chiusura per permettere di regolare la quantità di siero residuo sulla cagliata depositata, in modo da poterla mantenere umida e/o coperta dal siero. Tramite il movimento del nastro, la cagliata che è stata pressata viene quindi convogliata da una estremità del tavolo, nella quale è posizionato il porzionatore. Quest'ultimo è costituito da taglierine mobili realizzate come un sistema di fili metallici orizzontali e verticali, regolabili e azionate meccanicamente per tagliare il manto di cagliata in porzioni delle dimensioni volute.
Salatura
La salatura (anche detta salagione) è l’operazione di aggiunta di sale sulle forme che viene compiuta dopo la stufatura.
La salatura può essere fatta a secco, cioè mediante distribuendo il sale direttamente sulle forme, ovvero a umido, cioè mediante immersione del formaggio per un certo tempo in apposite vasche riempite con soluzione salina (salamoia) mantenuta ad una temperatura di 11‐12 °C.
Le forme di formaggio, dopo che sono rimaste in salamoia per un certo tempo, vengono al trattamento antimuffa, tramite una serie di trasportatori a rulli.
ATTREZZATURE E MACCHINE Vasche di salamoia
Si tratta di vasche, che possono essere anche di grandi dimensioni, riempite di acqua e sale.
L’introduzione delle forme avviene manualmente da un lato della vasca, mentre la movimentazione delle forme dai ripiani della gabbia fino verso l’uscita, avviene grazie all’azione della corrente che si determina nel fluido tramite un sistema di pompaggio.
Stagionatura
La stagionatura dei formaggi consiste nel creare le condizioni esterne necessarie per controllare il
FELLIN FAUSTO l'invecchiamento per favorire la maturazione.
La maturazione si compie su scaffali posti entro apposite celle o magazzini dotati di un completo sistema di condizionamento, dove temperatura, umidità e ventilazione sono tenuti costantemente sotto controllo.
Le forme poste a stagionare vengono periodicamente pulite, ribaltate e movimentate. Il ribaltamento delle forme avviene manualmente nelle celle frigorifere.
Periodicamente viene anche effettuato il lavaggio delle assi di legno sulle quali vengono appoggiate le forme a stagionare (si veda la fase sanificazione).
ATTREZZATURE E MACCHINE
Scaffali per la stagionatura delle forme di formaggio nelle celle frigorifere
Nelle celle frigorifere la sistemazione dei formaggi avviene su assi di legno poste su scaffali fissi; di conseguenza la movimentazione è svolta manualmente per ogni singolo formaggio.
Nell’attività in oggetto esiste un piccolo deposito di formaggio ubicato al piano interrato e che comunica con l’attività in oggetto per mezzo del montacarichi esterno all’attività. Detto deposito, di superficie pari a 135,37 mq (cubatura di 339 mc ed altezza di 2,50 metri) è dotato di una via di esodo che comunica direttamente a cielo libero, di larghezza pari a 150 cm, e con scala ubicata integralmente a cielo libero. In allegato si riporta estratto planimetrico del deposito e della scala di uscita.
Marchiatura, confezionamento ed etichettatura
Alcuni tipi di formaggi a denominazione di origine protetta (D.O.P.) vengono marchiati ad inchiostro (nel caso dei formaggi freschi). Il formaggio maturo viene confezionato a mano o a macchina, talvolta in sacchetti di plastica nei quali viene praticato il vuoto, nei modi richiesti dal mercato (a spicchi, ecc...).
Stoccaggio prodotti finiti e consegna al cliente.
I cartoni con il formaggio confezionato vengono tenuti in stoccaggio in celle frigorifere, dove vengono movimentati e caricati sugli automezzi frigoriferi per la consegna finale.
Lavaggio fustelle
Le operazioni di lavaggio dei contenitori delle forme di formaggio, è effettuata manualmente utilizzando idropulitrici a getto d’acqua e di vapore in pressione.
AREA ESTERNA
L’area esterna è adibita a parcheggio mezzi dell’attività. Come sopra indicato, l’accesso avviene da strada provinciale tramite un accesso carraio avente larghezza pari a 4,00 metri.
Individuazione compartimenti:
Compartimento Destinazione Collocazione Rvita
Compartimento 1a Commerciale – area vendita Piano terra (324 mq) B2 Compartimento 1b Commerciale – area deposito Piano terra (817 mq) A3
Compartimento 2 Area produttiva Piano terra (844 mq) A3
Compartimento 3 Area uffici Piano primo A2
Compartimento 4 Deposito Piano interrato (394 mq) A3
Compatimento 5 Area produttiva Piano interrato (382 mq) A3
I compartimenti 1a e 1b fanno parte dell’attività commerciale che sarà trattata secondo quanto previsto dalla Regola Tecnica Verticale (RTV) per le attività commerciali.
L’attività commerciale avrà una superficie complessiva inferiore a 1500 mq e quindi in base alla relativa RTV è individuata come AA.
Compartimento 1a e 1b: L’area vendita di tipo TA è compartimentata rispetto all’area deposito.
Rvita B2 per l’area vendita e Rvita A3 per il deposito a servizio dell’area vendita.
S1: Reazione al fuoco:
Materiali almeno gruppo GM3: Rivestimenti a soffitto, Controsoffitti, Pavimentazioni sopraelevate, Rivestimenti a parete, Pareti, in classe almeno C‐s1, d0, Rivestimenti a pavimento e pavimentazioni sopraelevate almeno Cfl‐s2.
Per quanto riguarda l’area a deposito, considerando un Rvita A3 non sono previste prescrizioni.
S2: Resistenza al fuoco:
Trattandosi di attività fuori terra avente superficie inferiore a 1500 mq (classificata HA) la resistenza al fuoco di strutture e compartimenti deve essere non inferiore a R 30.
S3: Compartimentazione:
L’area commerciale si divide in area classificata TA, area vendita, accessibile al pubblico e collocata ad un piano di riferimento posto tra ‐1m e 12 m e area deposito, classificata secondo la RTV come TM1, non accessibile al pubblico. Le due aree sono compartimentate ma comunicanti tramite porte REI 30 normalmente chiuse.
L’area deposito e magazzini, classificata TM1, sarà di tipo protetto rispetto a altre aree dell’immobile.
S4: Esodo:
Area TA da 370 mq, considerando 0,2 pp/mq ottengo: 370x0.2=74 persone.
Sono richieste almeno due uscite tra loro indipendenti raggiungibili tramite un percorso d’esodo di lunghezza non superiore a 50 m e con corridoio cieco non superiore 20 m.
S5: Gestione della sicurezza antincendio:
Gestione della sicurezza antincendio di livello avanzato S6: Controllo dell’incendio:
Protezione di base e protezione manuale con livello di pericolosità 2.
S7: Rivelazione ed Allarme
Rilevazione automatica estesa a porzioni dell’attività, sistema d’allarme, eventuale avvio automatico di sistemi di protezione attiva
S8: Controllo di fumo e calore
Deve essere possibile smaltire fumi e calore dell’incendio.
S9: Operatività antincendio
Accessibilità per mezzi di occorso antincendio.
Compartimento 2: area destinato a laboratorio produzione formaggio avente superficie di circa 844 mq. L’area è classificata come Rvita A3 e si sviluppa su un unico livello fuori terra.
S1: Reazione al fuoco:
Considerando un R vita A3 non è richiesto alcun requisito specifico per la reazione al fuoco dei materiali presenti.
S2: Resistenza al fuoco:
La classe minima di resistenza al fuoco è ricavata in relazione al carico di incendio specifico di progetto.
S3: Compartimentazione:
L’area occupa un unico compartimento su un unico livello avente superficie inferiore a 32000 mq.
S4: Esodo:
Considerando la presenza simultanea di un numero di occupanti inferiore a 50 si considera necessaria 1 sola uscita. Una lunghezza di percorso non superiore a 45 m e un corridoio cieco da 20 m.
S5: Gestione della sicurezza antincendio:
Gestione della sicurezza antincendio di livello avanzato S6: Controllo dell’incendio:
Protezione di base e protezione manuale con livello di pericolosità 1.
S7: Rivelazione ed Allarme
Rilevazione automatica estesa a porzioni dell’attività, sistema d’allarme, eventuale avvio automatico di
FELLIN FAUSTO Deve essere possibile smaltire fumi e calore dell’incendio.
S9: Operatività antincendio
Accessibilità per mezzi di occorso antincendio.
Compartimento 3: Uffici piano primo. Situato a piano primo di un immobile esistente.
S1: Reazione al fuoco:
Considerando un R vita A2 non è richiesto alcun requisito specifico per la reazione al fuoco dei materiali presenti.
S2: Resistenza al fuoco:
La classe minima di resistenza al fuoco è ricavata in relazione al carico di incendio specifico di progetto.
S3: Compartimentazione:
L’area occupa un unico compartimento su un unico livello.
S4: Esodo:
Considerando la presenza simultanea di un numero di occupanti inferiore a 50 si considerano necessari 1 sola uscita. Una lunghezza di percorso non superiore a 60 m e un corridoio cieco da 25 m. E’ servito da una scala che sfocia direttamente all’esterno e non attraversa altri compartimenti.
S5: Gestione della sicurezza antincendio:
Gestione della sicurezza antincendio di livello base.
S6: Controllo dell’incendio:
Protezione di base. Area protetta da una serie di estintori.
S7: Rivelazione ed Allarme
Rilevazione e allarme demandati agli occupanti.
S8: Controllo di fumo e calore
Deve essere possibile smaltire fumi e calore dell’incendio. Qf<600MJ/mq. Sono presenti finestre apribili manualmente e demolibili in fase di intervento per una superficie apribile non inferiore a 1 /40 della superficie in pianta.
S9: Operatività antincendio
Accessibilità per mezzi di occorso antincendio.
Compartimento 4: area destinato a nuovo deposito seminterrato da 394 mq. Immobile di nuova costruzione ad uso esclusivo deposito stagionatura formaggio.
S1: Reazione al fuoco:
Considerando un R vita A3 non è richiesto alcun requisito specifico per la reazione al fuoco dei materiali presenti.
S2: Resistenza al fuoco:
Trattandosi di immobile isolato si applica un livello di prestazione II quindi si interpone una distanza di separazione e si garantisce resistenza al fuoco delle strutture non inferiore a R30.
S3: Compartimentazione:
L’area occupa un unico compartimento su un unico livello avente superficie inferiore a 32000 mq.
S4: Esodo:
Considerando la presenza simultanea di un numero di occupanti inferiore a 50 si considerano necessari 1 sola uscita. Una lunghezza di percorso non superiore a 45 m e un corridoio cieco da 20 m.
S5: Gestione della sicurezza antincendio:
Gestione della sicurezza antincendio di livello avanzato S6: Controllo dell’incendio:
Protezione di base e protezione manuale con livello di pericolosità 1.
S7: Rivelazione ed Allarme
Rilevazione automatica estesa a porzioni dell’attività, sistema d’allarme, eventuale avvio automatico di sistemi di protezione attiva
S8: Controllo di fumo e calore
Deve essere possibile smaltire fumi e calore dell’incendio.
S9: Operatività antincendio
Accessibilità per mezzi di occorso antincendio.
Compartimento 5: area destinata a laboratorio produzione formaggio avente superficie di circa 382 mq. L’area è classificata come Rvita A3 e si sviluppa su un unico livello a piano interrato.
S1: Reazione al fuoco:
Considerando un R vita A3 non è richiesto alcun requisito specifico per la reazione al fuoco dei materiali presenti.
S2: Resistenza al fuoco:
La classe minima di resistenza al fuoco è ricavata in relazione al carico di incendio specifico di progetto.
S3: Compartimentazione:
L’area occupa un unico compartimento da 382 mq su un unico livello avente superficie inferiore a 32000 mq.
S4: Esodo:
Considerando la presenza simultanea di un numero di occupanti inferiore a 50 si considerano necessari 1 sola uscita. Una lunghezza di percorso non superiore a 45 m e un corridoio cieco da 20 m.
S5: Gestione della sicurezza antincendio:
Gestione della sicurezza antincendio di livello avanzato S6: Controllo dell’incendio:
Protezione di base e protezione manuale con livello di pericolosità 1.
S7: Rivelazione ed Allarme
Rilevazione automatica estesa a porzioni dell’attività, sistema d’allarme, eventuale avvio automatico di sistemi di protezione attiva
S8: Controllo di fumo e calore
Deve essere possibile smaltire fumi e calore dell’incendio.
S9: Operatività antincendio
Accessibilità per mezzi di occorso antincendio.
FELLIN FAUSTO
QUADRO RIASSUNTIVO PROFILI DI RISCHIO E STRATEGIA ANTINCENDIO PER OGNI TIPOLOGIA DI COMPARTIMENTO.
COMPARTIMENTI A DESTINAZIONE D’USO “Area Commerciale”
Di seguito si relaziona in merito al rispetto delle prescrizioni antincendio indicate dal D.M. 3 agosto 2015. La relazione segue la struttura del Codice integrato con le RTV n. 8: Attività Commerciali.
Si riassume nello schema di seguito la strategia antincendio adottata in relazione ai profili di rischio individuati. Si rimanda alla relazione l’approfondimento sulle scelte effettuate.
L’attività sarà organizzata in un unico compartimento antincendio.
Area commerciale: sup. 1110 mq posto a piano terra;
Compartimento 1a: area vendita Compartimento 1b: area deposito
PROFILI DI RISCHIO
R VITA
B2‐A3
R BENI
1
R AMBIENTE
ASSOLTO
STRATEGIA ANTINCENDIO riassuntiva
S1
: REAZIONE AL FUOCOLivello di prestazione I per vie di esodo e altri locali
Negli spazi di esposizione e vendita devono essere impiegati materiali appartenenti almeno al gruppo GM3.
S2
: RESISTENZA AL FUOCOTabella V.8‐1
Trattandosi di compartimento classificato HA posto ad altezza tra ‐1 e 6 m. Si richiede resistenza al fuoco non inferiore a 30.
S3:
COMPARTIMENTAZIONETabella V.8‐2
L’area sarà suddivisa in due compartimenti:
‐ Area vendita (TA)
‐ Area deposito (TM1). Area di tipo protetto.
S4:
ESODOLivello di prestazione I Sarà prevista una densità di affollamento di 0,2 pp/mq.
S5:
GESTIONE DELLA SICUREZZAANTINCENDIO
Livello di prestazione II Gestione della sicurezza antincendio di livello avanzato.
S6:
CONTROLLO DELL’INCENDIOLivello di prestazione III
Protezione di base e manuale Impianto antincendio da norma UNI 10779 di livello 2 con protezione esterna con alimentazione singola.
S7:
RIVELAZIONE ED ALLARMELivello di prestazione III Tabella V.8‐9
Rilevazione automatica estesa a porzioni dell’attività, sistema
d’allarme, eventuale avvio automatico di sistemi di protezione attiva.
S8:
CONTROLLO DI FUMO E CALORELivello di prestazione II
Superficie di ventilazione necessaria non inferiore a 1/40 della superficie in pianta.
S9:
OPERATIVITA’ ANTINCENDIOLivello di prestazione II
Accessibilità per mezzi di soccorso antincendio
Per la descrizione delle scelte progettuali adottate per la realizzazione dei diversi livelli di prestazione individuati si rimanda alle pagine successive. DETERMINAZIONE DEI PROFILI DI RISCHIO
Al fine di identificare e descrivere il rischio di incendio dell'attività si determinano i seguenti profilo di rischio:
- Rvita: profilo di rischio relativo alla salvaguardia della vita umana;
- Rbeni: profilo di rischio relativo alla salvaguardia dei beni economici;
‐ Rambiente: profilo di rischio relativo alla tutela dell'ambiente.
Il Profilo di rischio R
vitaè determinato per ogni compartimento, in base alle caratteristiche degli occupanti e alla velocità caratteristica prevalente di crescita dell’incendio.
Nel caso in esame si hanno due compartimenti a destinazione commerciale:
- Compartimento 1 adibito a Spaccio aziendale, suddiviso in un’area classificata TA (area vendita) e TM1 (area deposito).
Area vendita TA : R vita B2 Area deposito TM1: R vita A3
Alla luce di tali ipotesi, entrando nelle tabelle si trova:
Tabella G.3‐1
dÞ
Velocità caratteristica prevalente di crescita dell’ incendio
Esempi
1 600 Lenta Materiali poco combustibili distribuiti in modo discontinuo o inseriti in contenitori non combustibili.
2 300 Media
Scatole di cartone impilate; pallets di legno; libri ordinati su scaffale;
mobilio in legno; automobili; materiali classificati per reazione al fuoco (capitolo S.1)
3 150 Rapida
Materiali plastici impilati; prodotti tessili sintetici; apparecchia‐ ture elettroniche; materiali combustibili non classificati per reazione al fuoco.
4 75 Ultra‐rapida Liquidi infiammabili; materiali plastici cellulari o espansi e schiume combustibili non classificati per la reazione al fuoco.
Caratteristiche prevalenti degli occupanti docc
Esempi
A Gli occupanti sono in stato di veglia ed hanno familiarità con l'edificio
Ufficio non aperto al pubblico, scuola, autorimessa privata, attività produttive in genere, depositi, capannoni industriali
B Gli occupanti sono in stato di veglia e non hanno familiarità con l'edificio
Attività commerciale, autorimessa pubblica, attività espositiva e di pubblico spettacolo, centro congressi, ufficio aperto al pubblico, ristorante, studio medico, ambulatorio medico, centro sportivo
C [1]
Ci Cii
Ciii
Gli occupanti possono essere addormentati:
● in attività individuale di lunga durata
● in attività gestita di lunga durata
● in attività gestita di breve durata
Civile abitazione
Dormitorio, residence, studentato, residenza per persone autosufficienti
Albergo, rifugio alpino
D Gli occupanti ricevono cure mediche Degenza ospedaliera, terapia intensiva, sala operatoria, residenza per persone non autosufficienti e con assistenza sanitaria
E Occupanti in transito Stazione ferroviaria, aeroporto, stazione metropolitana
FELLIN FAUSTO
Tabella G.3‐4
Il Profilo di rischio R
beniè determinato per l'intera attività in funzione del carattere strategico dell'opera e dell'eventuale valore storico, culturale, architettonico o artistico della stessa e dei beni in essa contenuti.
Nel caso in esame si ha:
- Edificio non vincolato;
- Edificio non strategico
Tabella G.3‐6
Dall’analisi risulta un R
beni1.
Il rischio ambientale, può ritenersi mitigato dall'applicazione di tutte le misure antincendio connesse ai profili di rischio Rvita e Rbeni.
Caratteristiche prevalenti degli occupanti docc
Velocità caratteristica prevalente dell˙incendio dÞ 1
lenta
2 media
3 rapida
4 ultra‐rapida
A Gli occupanti sono in stato di veglia ed hanno familiarità con l'edificio
A1
A2
A3
A4
B Gli occupanti sono in stato di veglia e non hanno familiarità con l'edificio
B1
B2
B3
Non ammesso [1]
C
Ci Cii Ciii
Gli occupanti possono essere addormentati
● in attività individuale di lunga durata
● in attività gestita di lunga durata
● in attività gestita di breve durata
C1 C2 C3 Non ammesso
[1]
Ci1 Ci2 Ci3 Non ammesso
[1]
Cii1 Cii2 Cii3 Non ammesso
[1]
Ciii1 Ciii2 Ciii3 Non ammesso
[1]
D Gli occupanti ricevono cure mediche D1 D2 Non ammesso
[1]
Non ammesso
E Occupanti in transito E1 E2 E3 Non ammesso
[1]
Opera da costruzione vincolata
No Sì
Opera da costruzione strategica
No Rbeni = 1 Rbeni = 2
Sì Rbeni = 3 Rbeni = 4
Classificazioni
Nel rispetto della Regola tecnica verticale 8 “Attività commerciali” possono essere individuate le seguenti classificazioni:
- In relazione alla superficie: AA: a<1500 mq - In relazione alla quota dei piani HA: ‐1 m<h<6 m
- TA: aree di vendita ed esposizione comprensive di spazi comuni, accessibili al pubblico.
- TM1: depositi con carico d’incendio specifico qf<600 Mj/mq
NOTA:
la descrizione della strategia antincendio applicata all’area deposito con Rvita A3 è rimendata alla sezione Area produttiva in quanto di medesimo Rvita.
STRATEGIA ANTINCENDIO
- S.1 REAZIONE AL FUOCO - S.2 RESISTENZA AL FUOCO - S.3 COMPARTIMENTAZIONE - S.4 ESODO
- S.5 GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO - S.6 CONTROLLO DELL’INCENDIO
- S.7 RIVELAZIONE ED ALLARME - S.8 CONTROLLO DI FUMI E CALORE - S.9 OPERATIVITA’ ANTINCENDIO
- S.10 SICUREZZA DEGLI IMPIANTI TECNOLOGICI E DI SERVIZIO
FELLIN FAUSTO
S.1 ‐ Reazione al fuoco
La reazione al fuoco è una misura antincendio di protezione passiva che esplica i suoi principali effetti nella fase di prima propagazione dell'incendio, con l'obiettivo di limitare l'innesco dei materiali e la propagazione stessa dell'incendio. Essa si riferisce al comportamento al fuoco dei materiali nelle effettive condizioni finali di applicazione, con particolare riguardo al grado di partecipazione all'incendio che essi manifestano in condizioni standardizzate di prova.
I compartimenti sono stati catalogati:
area vendita compartimento 1a= R vita B2 area deposito compartimento 1b=Rvita A3 R
beni= 1
Risulta un livello di prestazione per la reazione al fuoco pari a III e II
Tabella S.1‐2
Tabella S.1‐3
Tabella S.1‐1
Negli spazi di esposizione e vendita delle aree TA devono essere impiegati materiali almeno appartenenti al
Livello di prestazione
Criteri di attribuzione
I Vie d'esodo [1] non ricomprese negli altri criteri di attribuzione.
II Vie d'esodo [1] dei compartimenti con profilo di rischio Rvita in B1.
III Vie d'esodo [1] dei compartimenti con profilo di rischio Rvita in B2, B3, Cii1, Cii2, Cii3, Ciii1, Ciii2, Ciii3, E1, E2, E3.
IV Vie d'esodo [1] dei compartimenti con profilo di rischio Rvita in D1, D2.
[1] Limitatamente a vie d'esodo verticali, percorsi d'esodo (corridoi, atri,)
Livello di prestazione
Criteri di attribuzione
I Locali non ricompresi negli altri criteri di attribuzione.
II Locali di compartimenti con profilo di rischio Rvita in B2, B3, Cii1, Cii2, Cii3, Ciii1, Ciii2, Ciii3, E1, E2, E3.
III Locali di compartimenti con profilo di rischio Rvita in D1, D2.
IV Su specifica richiesta del committente, previsti da capitolati tecnici di progetto, richiesti dalla autorità competente per costruzioni destinate ad attività di particolare importanza.
Livello di prestazione
Descrizione
I Nessun requisito
II I materiali contribuiscono in modo non trascurabile all'incendio III I materiali contribuiscono moderatamente all'incendio IV I materiali contribuiscono limitatamente all'incendio
Per contributo all'incendio si intende l'energia rilasciata dai materiali che influenza la crescita e lo sviluppo dell'incendio in condizioni pre e post incendio generalizzato (flashover) secondo EN 13501‐1.
gruppo GM3, limitatamente ai materiali
Dal punto di vista della reazione al fuoco il compartimento sede dell’area vendita è costituito dai seguenti materiali:
Strutture portanti in muratura classe A1;
Strutture di tamponamento in laterizio classe A1.
Il pavimento è in piastrelle in ceramica in classe A1.
La copertura è in legno.
Le pareti sono rivestite con tavolato in legno.
S.2 ‐ Resistenza al fuoco
La finalità della resistenza al fuoco è quella di garantire la capacità portante delle strutture in condizioni di incendio nonché la capacità di compartimentazione, per un tempo minimo necessario al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza di prevenzione incendi.
Nel caso in esame, considerando:
- HA fuori terra si ha:
Le strutture portanti sono in muratura con Resistenza al fuoco non inferiore a R30.
La copertura è in strutture lignee con piastre di collegamento interne così da garantire una resistenza al
fuoco non inferiore a R30.
FELLIN FAUSTO
3 ‐ Compartimentazione
La finalità della compartimentazione è di limitare la propagazione dell'incendio e dei suoi effetti verso altre attività o all'interno della stessa attività.
L’area vendita classificata TA sarà compartimentata rispetto all’area deposito scorte e servizi con strutture R REI 30. I due compartimenti saranno in comunicazione tramite porte REI 30.
I compartimenti destinati ad attività commerciale sono inseriti in un immobile che ospita compartimenti a
diversa destinazione ma facenti parte della medesima realtà e separati tramite strutture REI 60 senza
comunicazioni. L’immobile in oggetto sarà separato dagli edifici limitrofi tramite distanza di separazione
calcolata come in seguito indicato. Essendo risultata la distanza di calcolo inferiore all’altezza dell’edificio, è
stata imposta a quest’ultima come distanza di separazione.
Esodo
La progettazione dell’esodo prevede una densità di affollamento di 0,2 pp/mq per gli spazi aperti al pubblico. La vie d’esodo della zona TA hanno sbocco diretto con l’esterno.
La finalità del sistema d’esodo è di assicurare che gli occupanti dell'attività possano raggiungere o permanere in un luogo sicuro, a prescindere dall'intervento dei Vigili del fuoco.
Tabella S.4‐2
Livello di prestazione
Descrizione
I Esodo degli occupanti verso luogo sicuro II Protezione degli occupanti sul posto
Tabella S.4‐1
Non riscontrando impedimenti all’esodo degli occupanti verso luogo sicuro si considera per l’attività un livello di prestazione I per il sistema di esodo.
Sarà previsto l’esodo simultaneo: la procedura sarà attivata per tutti gli occupanti e l’attività sarà dotata di un numero sufficiente di vie di esodo.
Il sistema d’esodo avrà le caratteristiche di seguito descritte.
Si precisa che trattandosi di deposito destinato alla stagionatura delle forme la presenza di occupanti sarà saltuaria.
Caratteristiche generali del sistema d˙esodo:
Prescrizione normativa Scelte progettuali adottate
Luogo sicuro
1.
Ogni luogo sicuro deve essere idoneo a contenere gli occupanti che lo impiegano durante l'esodo. La superficie lorda del luogo sicuro è calcolata tenendo in considerazione le superfici minime per occupante di tabella S.4‐14.2.
Si considerano luogo sicuro per l'attività almeno le seguenti soluzioni:a.
la pubblica via,b.
ogni altro spazio scoperto esterno alla costruzione sicuramente collegato alla pubblica via in ogni condizione d'incendio, che non sia investito dai prodotti della combustione, in cui il massimo irraggiamento dovuto all'incendio sugli occupanti sia limitato a 2,5 kW/mq , in cui non vi sia pericolo di crolli.La distanza di separazione che limita l'irraggiamento sugli occupanti è calcolata con i metodi previsti al capitolo S.3.
A meno di valutazioni più approfondite da parte del progettista, la distanza minima per evitare il pericolo di crollo dell'opera da costruzione è pari alla sua massima altezza.
- I percorsi d’esodo a servizio dell’attività saranno calcolati fino a luogo sicuro inteso come spazio scoperto esterno alla costruzione sicuramente collegato alla pubblica via in ogni condizione d'incendio, che non sia investito dai prodotti della combustione, in cui il massimo irraggiamento dovuto all'incendio sugli occupanti sia limitato a 2,5 kW/mq.
- Per la specifica attività sarà individuato come luogo sicuro un punto all’esterno dell’immobile ma all’interno del confine di proprietà a distanza maggiore di m 8 dal filo del fabbricato per evitare il rischio di crollo. Tale distanza garantisce che il punto di raccolta non sia investito dai prodotti della combustione e che il massimo irraggiamento dovuto all’incendio sia limitato a 2,5 kw/mq.
- Il luogo sicuro sarà indicato da apposito cartello segnaletico.
Livello di prestazione
Criteri di attribuzione I Tutte le attività
II Compartimenti per i quali non sia possibile garantire il livello di prestazione I (es. a causa della dimensione del compartimento, ubicazione, tipologia degli occupanti o dell'attività ...)
FELLIN FAUSTO
Luogo sicuro temporaneo
1. Ogni luogo sicuro temporaneo deve essere idoneo a contenere gli occupanti che lo impiegano durante l'esodo. La superficie lorda del luogo sicuro temporaneo è calcolata tenendo in considerazione le superfici minime per occupante di tabella S. 4‐14.
2.Si considera luogo sicuro temporaneo per un'attività almeno un compartimento adiacente a quelli da cui avviene l'esodo o uno spazio scoperto.
3. Dal luogo sicuro temporaneo gli occupanti devono poter raggiungere in ogni condizione d'incendio un luogo sicuro.
Luogo sicuro temporaneo non presente. Le uscite conducono direttamente su area a cielo libero.
Vie d’esodo
1. L'altezza minima delle vie d’ esodo è pari a 2 m. Sono ammesse altezze inferiori per brevi tratti segnalati lungo le vie d' esodo da locali ove vi sia esclusiva presenza occasionale e di breve durata di personale addetto (es.
locali impianti, ...).
2. Non devono essere considerati ai fini del calcolo delle vie d' esodo i seguenti percorsi:
a. scale portatili ed alla marinara;
b. ascensori;
c. rampe con pendenza superiore all'8%;
d. scale e marciapiedi mobili non progettati secondo le indicazioni del paragrafo S.4.5.4
3. È ammesso l'uso di scale alla marinara a servizio di locali ove vi sia esclusiva presenza occasionale e di breve durata di personale addetto (es. locali impianti, ...).
4. Per quanto possibile, il sistema d' esodo deve essere concepito tenendo conto che, in caso di emergenza, gli occupanti che non hanno familiarità con l'attività tendono solitamente ad uscire percorrendo in senso inverso la via che hanno impiegato per entrare.
5. Tutte le superfici di calpestio delle vie d' esodo devono essere non sdrucciolevoli.
6. Il fumo ed il calore dell'incendio smaltiti o evacuati dall'attività non devono interferire con il sistema delle vie d' esodo.
VIE DI ESODO
- L’altezza delle vie di esodo sarà maggiore di m 2.
- Faranno parte del sistema d’esodo due scale aperte
- Non saranno utilizzate ai fini dell’esodo:
- scale portatili ed alla marinara;
- ascensori;
- rampe con pendenza superiore all'8%;
- scale e marciapiedi mobili …
- Le vie di esodo saranno contrassegnate da adeguata cartellonistica.
- Saranno installate le planimetrie indicanti il layout del sistema d’esodo.
- Sarà presente un impianto di illuminazione di sicurezza a servizio dell’attività conforme alla norma UNI EN 1838.
Porte lungo le vie d’esodo
1. Le porte installate lungo le vie d' esodo devono essere facilmente identificabili ed apribili da parte di tutti gli occupanti.
2. L'apertura delle porte non deve ostacolare il deflusso degli occupanti lungo le vie d' esodo.
3. Le porte devono aprirsi su aree facilmente praticabili, di profondità almeno pari alla larghezza complessiva del varco.
4. Le porte devono possedere i requisiti di cui alla tabella G.4‐s in funzione delle caratteristiche del locale e del numero di occupanti che impiegano ciascuna porta.
5. In alternativa a porte munite di dispositivi di apertura UNI EN 1125 o UNI EN 179, sono comunque ammesse porte apribili nel verso dell'esodo, a condizione che le stesse siano progettate e realizzate a regola d'arte e che l'apertura durante l'esercizio possa avvenire a semplice spinta sull'intera superficie della porta.
6. Qualora, per necessità connesse a particolari esigenze d'esercizio dell'attività o di sicurezza antintrusione, sia necessario cautelarsi da un uso improprio delle porte, è consentita l'adozione di idonei e sicuri sistemi di controllo ed apertura delle porte. In tali casi, la gestione della sicurezza
Porte lungo le vie d’esodo
- Tutte le porte presenti lungo le vie di esodo saranno apribili nel senso dell’esodo e dotate di sistema di apertura a semplice spinta.
- Le porte si apriranno su aree facilmente praticabili e di profondità almeno pari alla larghezza complessiva del varco.
antincendio dell'attività (capitolo S.5) deve prevedere le modalità di affidabile, immediata e semplice apertura di tali porte in caso di emergenza.
Uscite finali
Le uscite finali verso luogo sicuro devono avere le seguenti caratteristiche:
a. posizionate in modo da garantire l'evacuazione rapida degli occupanti verso luogo sicuro;
b. devono essere sempre disponibili, anche durante un incendio in attività limitrofe.
Le uscite finali devono essere contrassegnate sul lato verso luogo sicuro con cartello UNI EN ISO 7O1O‐MOO1 o equivalente, riportante il messaggio “Uscita di emergenza, lasciare libero il passaggio.
Segnaletica d’ esodo ed orientamento
1.Il sistema d' esodo (es. vie d' esodo, i luoghi sicuri, gli spazi calmi, ...) deve essere facilmente riconosciuto ed impiegato dagli occupanti grazie ad apposita segnaletica di sicurezza.
Ciò può essere conseguito anche con ulteriori indicatori ambientali quali:
a. accesso visivo e tattile alle informazioni;
i. grado di differenziazione architettonica;
ii.uso di segnaletica per la corretta identificazione direzionale, tipo UNI EN ISO 7O1O o equivalente;
iii.ordinata configurazione geometrica dell'edificio, anche in relazione ad allestimenti mobili o temporanei.
2. La segnaletica d' esodo deve essere adeguata alla complessità dell'attività e consentire l'orientamento degli occupanti. A tal fine:
a. devono essere installate in ogni piano dell'attività apposite planimetrie semplificate, correttamente orientate, in cui sia indicata la posizione del lettore (es. “Voi siete qui) ed il layout del sistema d' esodo (es. vie d' esodo, spazi calmi, luoghi sicuri, ...).
Uscite finali.
- Sono posizionate in modo da garantire l'evacuazione rapida degli occupanti verso luogo sicuro.
- Saranno sempre disponibili in quanto rivolte verso l’esterno.
- Sono contrassegnate sul lato verso luogo sicuro con cartello riportante il messaggio “Uscita di emergenza, lasciare libero il passaggio”.
Segnaletica d’esodo ed orientamento
- Al fine di facilitare l’individuazione delle vie di esodo, e al fine di rendere le stesse più sicure e sgombre da eventuali materiali depositati, le stesse saranno individuate e adeguatamente segnalate tramite segnaletica orizzontale posta a pavimento di colore giallo. La delimitazione dei percorsi sarà completata con delle frecce per suggerire il percorso da seguire;
- Saranno installate planimetrie dell’attività che riportano il layout, l’ubicazione dei sistemi di spegnimento e le vie di esodo.
Illuminazione di sicurezza
1.
Deve essere installato impianto di illuminazione di sicurezza lungo tutto il sistema delle vie d' esodo fino a luogo sicuro qualora l'illuminazione possa risultare anche occasionalmente insufficiente a garantire l'esodo degli occupanti.2. L'impianto di illuminazione di sicurezza deve assicurare un livello di illuminamento sufficiente a garantire l'esodo degli occupanti, conformemente alle indicazioni della norma UNI EN 1838 o equivalente.
Illuminazione di sicurezza
- Sarà presente, all’interno della costruzione, un impianto di illuminazione di sicurezza lungo il sistema delle vie d' esodo e dimensionato secondo le indicazioni della norma UNI EN 1838 od equivalente.
- Anche l’area definita come “luogo sicuro”
all’esterno dell’edificio sarà dotata di illuminazione di emergenza che ne evidenzi l’ubicazione ed il percorso per raggiungerlo.
FELLIN FAUSTO
PROGETTAZIONE DEL SISTEMA D’ESODO
‐ un profilo R vita B2.
‐ Il sistema d’esodo sarà progettato considerando 0,2p/mq. Quindi 0,2*324=65 persone per la parte aperta al pubblico.
‐ un profilo R vita A3.
‐ Il sistema d’esodo sarà progettato considerando 10 persone impiegate.
Prescrizione normativa Scelte progettuali adottate
Lunghezze d˙ esodo e dei corridoi ciechi
1.
Almeno una delle lunghezze d’esodo determinate da qualsiasi punto dell'attività non deve superare i valori massimi della tabella S.4‐1O in funzione del profilo di rischio Rvita di riferimento.2. La lunghezza di ciascun corridoio cieco dell'attività non deve superare i valori massimi della tabella S.4‐1O in funzione del profilo di rischio Rvita di riferimento.
Compartimento con R
vitaB2, la lunghezza d’esodo da qualsiasi punto dell’attività non supererà i 50 m.
Non sono presenti corridoi ciechi di lunghezza superiore a m 20.
Compartimento con Rvita A3, la lunghezza d’esodo da qualsiasi punto dell’attività non supererà i 45 m.
Non sono presenti corridoi ciechi di lunghezza superiore a m 20.
Tabella S.4‐10
Prescrizione normativa Scelte progettuali adottate
Calcolo della larghezza minima delle vie d’esodo orizzontali 1. La larghezza minima delle vie d'esodo orizzontali LO (es.
corridoi, porte, uscite, ...), che consente il regolare esodo degli occupanti che la impiegano, è calcolata come segue:
LO = LU ∙ nO con:
LO larghezza minima delle vie d'esodo orizzontali
LU larghezza unitaria per le vie d'esodo orizzontali determinata dalla tabella S.4‐11 in funzione del profilo di rischio Rvita di riferimento (secondo paragrafo S .4.6.1);
nO numero totale degli occupanti che impiegano tale via d'esodo orizzontale.
2. La larghezza LO può essere suddivisa tra più percorsi.
Devono comunque essere rispettati i seguenti criteri per le larghezze minime di ciascun percorso:
a. la larghezza (es. di porte, di uscite, di corridoi, ...) non può essere inferiore a 900 mm, per consentire l'esodo anche ad occupanti che impiegano ausili per il movimento;
b. se un compartimento, un piano, un soppalco, un locale necessitano di più di due uscite, almeno una di esse deve avere larghezza non inferiore a 1200 mm;
Calcolo larghezza minima vie di esodo orizzontali.
Area vendita Considerando:
L
O= L
u*n
OL
U= 4,10 mm * 65 persone= 267 mm Sono presenti:
n. 2 porte di larghezza non inferiore 1200 mm e n. 1 parta di larghezza non inferiore a 1000 mm.
Area deposito Considerando:
L
O= L
u*n
OL
U= 4,16 mm * 10 persone= 41.6 mm Sono presenti:
n. 2 porte di larghezza non inferiore 1200 mm.
Rvita
Max lunghezza d˙esodo Les [m]
Max lunghezza corrid. cieco Lcc [m]
Rvita
Max lunghezza d˙esodo Les [m]
Max lunghezza corrid. cieco Lcc [m]
A1 70 30 B1, E1 60 25
A2 60 25 B2, E2 50 20
A3 45 20 B3, E3 40 15
A4 30 15 C1 40 20
D1 30 15 C2 30 15
D2 20 10 C3 20 10
I valori delle massime lunghezze d'esodo e dei corridoi ciechi di riferimento possono essere incrementati in relazione a misure antincendio aggiuntive secondo la metodologia di cui al paragrafo S.4.10.