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2. Il Farro della Garfagnana

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Academic year: 2021

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2. Il Farro della Garfagnana

Nel nostro Paese la coltura del farro è sopravvissuta da tempi antichissimi fino ai nostri giorni grazie alla coltivazione in alcuni areali, territori poco estesi, marginali, collinari e montani. Grazie alle sue caratteristiche di resistenza al freddo e di resistenza a malattie di varia origine, da ricondurre alla morfologia di protezione delle cariossidi, il farro è riuscito a sopravvivere fino ai nostri giorni.

Nel quadro dei cereali, il farro in Italia rappresenta uno dei cereali minori più importanti, ma rimangono dei punti di debolezza nella produzione, legati soprattutto alle basse rese per ettaro e alla marginalità delle zone in cui è coltivato. Uno dei più importanti areali di coltivazione è la Garfagnana, zona geograficamente ben delimitata, compresa tra Alpi Apuane e Appenino Tosco-Emiliano, estesa su 53 377 ha (Rovai M., Rossi A., 1997): qui il Triticum dicoccum, fin dall’antichità, ha assunto un ruolo di rilievo nella cucina locale come ingrediente di base di molti piatti tradizionali. Tutt’oggi riveste un ruolo importante per l’economia locale, contribuendo spesso nell’integrazione del reddito di molte aziende a conduzione familiare ed è senz’altro un mezzo di valorizzazione ambientale, di recupero di aree marginali, e per favorire anche la permanenza della popolazione in zone svantaggiate. Il cereale è coltivato in tutta la Garfagnana, ma soprattutto nei comuni di Piazza al Serchio, San Romano e Giuncugnano, che contribuiscono in modo cospicuo alla sua produzione.

Il crescente interesse degli ultimi anni verso questo prodotto risiede soprattutto nelle sue caratteristiche nutrizionali e tecnologiche: la farina di farro è particolarmente adatta per la preparazione di dolci e biscotti, mentre il seme intero in acqua rilascia rapidamente amido e proteine solubili, caratteristica apprezzabile per la preparazione di minestre e zuppe.

La crescente importanza del farro per i consumatori è dovuta anche alla tendenza di ricercare prodotti di sicura provenienza da ambienti rinomati e allo stesso tempo di riscoprire sapori antichi di ricette secolari.

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2.1 Coltivazione, ambiente e tradizioni

Il Triticum dicoccum è uno dei più importanti frumenti vestiti, è una graminacea microterma tetraploide (2n=28), dal culmo eretto e resistente, che raggiunge i 110-150 cm di altezza e che

presenta dai 5 ai 7 nodi, da cui dipartono le foglie lanceolate (una per nodo) con nervature parallelinervie e ligula e auricole ben evidenti. L’infiorescenza è una spiga di 9-13 cm di lunghezza, formata da tante spighette aristate, semiaristate e mutiche, che presentano

generalmente due fiori fertili da cui si formano, in seguito ad autofecondazione (cleistogamia), due cariossidi, strettamente racchiuse nelle glume e glumelle (Tallarico R., 1994). Per questo motivo si parla di cariossidi vestite: attraverso l’operazione di “sbramatura” le cariossidi vengono private dei rivestimenti, si presentano leggermente allungate e a frattura farinosa.

In Garfagnana la coltivazione del farro ha sempre avuto le caratteristiche di agricoltura biologica, sfruttando unicamente l’attitudine della specie erbacea per determinate condizioni ambientali, e le rotazioni per il mantenimento della fertilità del terreno. Generalmente alla coltura del farro è alternato il prato, spesso di trifoglio.

La semina a righe o a spaglio (più diffusa), viene effettuata tra il mese di Ottobre e il mese di Novembre in terreni compresi tra i 300 e i 1000 m. s.l.m., in seguito alle operazioni di preparazione del terreno. In genere si tratta di terreni sciolti, dotati di scarsa fertilità e tendenti all’acidità. Sono distribuiti 100-160 kg/ha di seme vestito a 3-4 cm di profondità che corrispondono a 150-200 cariossidi per m2 (Chisci G. et al., 2010).

Le tecniche colturali utilizzate sono molto semplici e consistono nella preparazione del terreno (aratura superficiale e fresatura), successiva concimazione organica, la semina e la raccolta, che si avvale di mietitrebbiatrici e che avviene tra la terza decade di Luglio e la prima di Agosto. La coltivazione è totalmente biologica, non vengono utilizzati fitofarmaci o diserbanti: la pianta non ha necessità di input chimici e non è

Figura2: spighe di Triticum dicoccum

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consuetudine il loro utilizzo, inoltre accestisce molto e questo limita la crescita di infestanti. Le differenze rispetto al passato riguardano solo alcune operazioni colturali, che adesso si avvalgono dell’utilizzo di macchinari per rendere più agevoli e veloci le operazioni colturali.

La produzione totale annuale negli ultimi anni si aggira intorno alle 400 t e la superficie coltivata a farro medio si estende per più di 200 ha, distribuiti su un centinaio di aziende che sono situate per lo più nell’alta Garfagnana: la maggior parte di esse coltiva il cereale su meno di 1 ha, mentre solo il 10% di esse occupa più di 3 ha della superficie aziendale per la sua produzione (Manco E. et al., 2007). La superficie impiegata è aumentata fino alla fine del ‘900 ogni anno di circa il 12%, ma dagli anni 2000 ha subito un leggero ridimensionamento (Chisci G. et al., 2010).

Tab.1 - Andamento delle produzioni del Farro della Garfagnana IGP

2004 2005 2006

Superficie coltivata in ha 235.32 227.97 211.59

Quantità certificata in q. 5.680 5.511 3.500

Resa unitaria q/ha 24.13 24.17 16.54

Superficie media aziendale 3.22 3.20 3.82

(Manco E. et al., 2007)

2.2

Aspetti

qualitativi

e

composizione

chimico-bromatologica del farro

Il farro essendo coltivato in zone di media-alta collina e montagna, come accade in Garfagnana, risente di bassi livelli di inquinamento atmosferico e, grazie anche alla morfologia della cariosside che risulta essere vestita, possiede un’ulteriore protezione: queste considerazioni hanno una certa rilevanza poiché la granella è utilizzata per intero o quasi (G. Mariani, 1994). La granella di farro possiede una quantità di ceneri del tutto simile alle cariossidi di frumento e una quantità di proteine piuttosto

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elevata: particolarmente rilevante è la quantità di lisina, di albumine e globuline, mentre più bassa è la concentrazione di glutenine.

Il contenuto in fibre è leggermente inferiore a quello del grano ed è rappresentato dall’ 85,47% di fibra insolubile e dal 14,52% di fibra solubile. La componente lipidica è invece superiore rispetto al frumento duro e gli acidi linoleico, linolenico, oleico e palmitico rappresentano gli acidi grassi maggiormente presenti. E’ ricco anche di sali minerali e di vitamine, in particolare di vitamina E.

Analisi effettuate con farinogramma, alveogramma ed estensogramma evidenziano e confermano il basso contenuto in glutine, di non buona qualità (G.Chisci et al.).

Tab.2 - Composizione chimica del farro della Garfagnana

Peso ettolitrico (kg/hl) 78,8 Umidità (g/100g) 12,45 Ceneri (g/100g) 1,79 Protidi (N2x5.75/100g) 9,31 Amido (g/100g) 47,85 Glucosio (g/100g) 3,22

Glucidi dopo inversione

(g/100g) 5,6 Fibra (g/100g) 3,98 Lipidi totali (g/100g) 1,91 Acido palmitico (mg/100g) 15,50 Acido palmitoleico (mg/100) 0,17 Acido margarico (mg/100g) 0,087 Acido margaroleico (mg/100g) 0,057 Acido stearico (mg/100g) 1,02 Acido oleico (mg/100g) 24,67 Acido linoleico (mg/100g) 52,99 Acido linolenico (mg/100g) 3,71 Acido arachico (mg/100g) 0,125 Acido eicosenoico (mg/100g) 1,32 (Chisci G. et al. 2010)

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Tab.3 - Caratterizzazione qualitativa di farro proveniente da due differenti areali Accessioni Proteine % Glutine secco % Indice di glutine Ceneri % Fibra totale % Fibra solubile % Amilosio % Areale molisano 10.6 6.9 17 2.08 8.66 1.82 22.05 Areale garfagnino 11.0 6.7 43 2.18 8.58 1.78 23.75 (Chisci G. et al. 2010)

Tab.4 – Composizione vitaminica e sali minerali del farro della Garfagnana

Vitamina A (mg/100g) Assente Vitamina C (mg/100g) Assente Vitamina E (mg/100g) 1.925 Calcio (mg/100g) 167.2 Magnesio (mg/100g) 1031 Ferro (mg/100g) 38.62 Piombo (mg/100g) 0.93 Zinco (mg/100g) 36.7 Rame (mg/100g) 5.525 Cadmio (mg/100g) 0.0192 Nichel (mg/100g) 0.462 Cromo (mg/100g) 0.1 Selenio (mg/100g) <0.003 Mercurio (mg/100g) <0.01 Manganese (mg/100g) 28.375 Fosforo (mg/100g) 3290 Fitofarmaci Assenti Aflatossine Assenti (Chisci G. et al. 2010)

2.3 Determinazione dell’ecotipo e processo di certificazione

Il farro coltivato in Garfagnana è una paleo-cultivar di Triticum dicoccum L., nome scientifico del farro medio, una delle tre specie di farro esistenti. E’ conservata da secoli dagli agricoltori, sottoposta a pressione selettiva dell’ambiente e delle

tecniche di coltivazione e di una

modesta selezione massale

operata dai coltivatori (Mariani G. et al., 1995). In questo contesto, dato il crescente interesse dei

consumatori verso il “farro della Garfagnana”, si è mostrata la necessità, soprattutto per i produttori, di definire ed identificare il cereale attraverso

Figura 3: etichetta applicata alle confezioni di farro brillato con marchio IGP

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un vero e proprio marchio. Sono state avviate così delle indagini relative alle diverse linee di farro presenti nella zona, alla loro variabilità fenotipica e genotipica, fino ad arrivare alla selezione di un ecotipo di “farro della Garfagnana”, appartenente alla varietà Schubler.

La definizione di un ideotipo è stata una tappa necessaria per l’ottenimento del marchio comunitario di Indicazione Geografica Protetta.

La richiesta della certificazione ha rappresentato prima di tutto un bisogno dei produttori, per il riconoscimento della qualità e dell’identificazione sul mercato di un prodotto di qualità.

L’iter per il riconoscimento ha avuto inizio quindi dalla domanda degli agricoltori, con il sostegno della Comunità Montana della Garfagnana (oggi Unione dei Comuni della Garfagnana) e Slow Food, alla Regione Toscana, la quale ha effettuato a sua volta la richiesta al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Quest’ultimo infine ha inoltrato la richiesta alla Comunità Europea, a cui è spettata la decisione finale e che ha conferito il riconoscimento IGP al prodotto (pubblicazione GUCE L.163/96 del 2 Luglio 1996).

Per questo prodotto tipico a marchio IGP, la fase della filiera che viene effettuata nel territorio della Garfagnana è la produzione. Il riconoscimento dell’IGP, oltre a rappresentare un aiuto per i produttori per dare valore sul mercato al loro prodotto, è stato senz’altro anche un mezzo per preservarne la biodiversità.

La tipicità del Farro brillato della Garfagnana è dovuta in particolare a tre elementi: la morfologia delle cariossidi, che possiedono un endosperma a struttura totalmente o prevalentemente farinosa, la tecnica di coltivazione tradizionale, che esclude l’impiego di sostanze chimiche, e la particolarità della lavorazione del prodotto vestito, una semi-perlatura, che oltre a eliminare i rivestimenti, elimina anche una parte superficiale di pericarpo (Mariani G. et al., 1995). Come tutti i prodotti tutelati da marchi, anche il Farro IGP della Garfagnana, prevede un Disciplinare di produzione, cioè una norma di legge che regolamenta in modo dettagliato la produzione e i requisiti produttivi di un determinato prodotto. A differenza di molti altri ambiti in cui lo standard di qualità è definito da soggetti nazionali o sovranazionali con una serie di regole, il

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disciplinare di produzione dei prodotti IGP e DOP viene definito “dal basso”, cioè dagli stessi produttori locali (Marescotti A., 2010).

2.4 Disciplinare di produzione (ALLEGATO 1)

Nel Disciplinare è prima di tutto specificato il tipo di farro coltivato in Garfagnana a marchio IGP e la zona di produzione, quindi i 16 comuni in cui è coltivato. Poi vengono descritte le caratteristiche morfo - biologiche della pianta erbacea, che la contraddistinguono da altre della stessa specie. Viene descritta la fascia altimetrica in cui deve essere coltivato il cereale, la coltivazione, che deve essere di tipo biologico, la semina, le quantità di seme distribuite e la resa massima ad ettaro.

Ogni produttore che voglia certificare la sua produzione, secondo il disciplinare, deve presentare una dichiarazione di coltivazione all’Organismo di controllo, in cui siano specificate

superfici coltivate e quantità di farro prodotte.

Vengono descritte le fasi successive alla raccolta e la massima resa in brillato, in seguito alle operazioni di lavorazione.

Le confezioni utilizzate devono essere fornite di un’adeguata etichetta con annata di produzione e scadenza e possono contenere diversi quantitativi di prodotto.

Viene istituito col disciplinare anche un Organismo di controllo che ha il compito di conservare l’Albo dei produttori che hanno ottenuto la certificazione della produzione e ha anche facoltà di eliminare dall’albo i produttori che non rispettino le condizioni del disciplinare e chiunque utilizzi l’Indicazione Geografica Protetta “Farro della Garfagnana” non rispettando tali condizioni, è punito a norma di legge per la repressione frodi. La vigilanza sul rispetto del disciplinare, oltre che dall’Organismo di controllo, è svolta dal MiPAAF.

Figura 4: confezioni da 0,5 e 1 kg di farro brillato

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2.5 Organismo di controllo, albo dei produttori

e Consorzio dei Produttori di Farro della Garfagnana

L’Unione dei Comuni della Garfagnana ha assunto un ruolo decisivo per l’ottenimento del marchio di tutela e ha in seguito messo in atto i successivi passaggi previsti dal Disciplinare, in particolare l’istituzione di una Commissione di Controllo, nominata con Delibera di Giunta della Comunità Montana n. 331 del 04/11/1996.

Tale organo ha provveduto alla predisposizione di un Albo dei Produttori e alla schedatura di tutte le aziende e le relative produzioni e superfici annualmente seminate; ha il compito di effettuare controlli periodici nelle aziende produttrici, di comunicare eventuali irregolarità all’Ente di Repressione Frodi e di stampare e rilasciare i bollini numerati della certificazione IGP.

E’ stata anche istituita una forma organizzativa tra i produttori, il Consorzio dei Produttori di Farro della Garfagnana per vigilare sulla produzione, promuovere il prodotto, valorizzarlo e farlo conoscere ai consumatori.

Di tale consorzio sono soci 54 produttori, che hanno l’obbligo di conferire almeno il 70% della produzione di farro realizzata in azienda, ma che in genere cedono l’intera produzione (Chisci G. et al., 2010).

Il consorzio ha il compito di provvedere allo stoccaggio del prodotto, alla lavorazione, al confezionamento, all’etichettatura col marchio di garanzia e di assicurare la conservazione di sementi da distribuire a tutti i coltivatori iscritti all’albo.

Con il Decreto del 10 Giugno 2010, GU 150 (ALLEGATO 2), il Consorzio ha ottenuto il riconoscimento dal MiPAAF di soggetto rappresentativo e referente dell’indicazione geografica per le attività di valorizzazione e di vigilanza sul mercato, insieme all’ICQ Repressione Frodi.

I consorzi di tutela possono accedere a specifici finanziamenti per la promozione e valorizzazione del prodotto, nel caso del farro della Garfagnana con la Misura 132 del PSR 2007/2013, il Consorzio ha ottenuto dei finanziamenti proprio al fine di valorizzare il farro della Garfagnana.

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2.6 Eventi per la valorizzazione del Farro della Garfagnana

e attività di promozione del Consorzio

Ogni anno di Luglio, a Sant’Anastasio, nel comune di Piazza al Serchio, viene organizzata una manifestazione per la promozione del Farro Igp della Garfagnana: le “Contee del Farro Igp. Tera, farr e tradizion”.

La manifestazione è organizzata dal Comune di Piazza al Serchio, in collaborazione con Ponti nel Tempo e l’Associazione PESACO (Petrognola-Sant’Anastasio-Colognola): prevede un itinerario gastronomico per le aie dei paesini di Sant’Anastasio e Petrognola.

In ogni aia è possibile degustare diversi piatti della tradizione: farro freddo, minestrone di farro, farro caldo ai porri, torte di farro salate e dolci. Nelle vie viene allestita la mostra mercato di artigianato locale e prodotti tipici, mostre fotografiche della tradizione contadina del passato e dei macchinari agricoli. Viene eseguita la trebbiatura del farro con macchine d’epoca e a mano con la “cerchia”.

Il Consorzio partecipa ogni due anni al Salone del Gusto di Torino, salone internazionale per la promozione dei prodotti di qualità agroalimentari, dove vengono offerte migliaia di degustazioni di piatti tradizionali a base di farro.

Da quest’anno il Consorzio parteciperà anche all’ “Aperitivo del Carnevale di Viareggio”: in piazza Mazzini a Viareggio sarà allestito un palco e intrattenuto il pubblico, in attesa della sfilata, con dimostrazioni di cucina con cuochi internazionali, in modo da pubblicizzare il prodotto garfagnino di qualità e avere un rapporto di comunicazione diretto con le persone.

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2.7 Misura 124 PSR 2007/2013 ASSE 4 Metodo Leader:

“Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e

tecnologie nei settori agricolo e alimentare”.

La Misura 124 del PSR della regione Toscana ha la finalità di rafforzare le filiere produttive agricole e forestali e l’introduzione dell’innovazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie, attraverso iniziative di cooperazione.

I GAL (Gruppi di Azione Locale) sono gli unici responsabili dell’attuazione dell’Asse 4 nei territori di riferimento: nel caso specifico, il GAL Garfagnana, mentre la cooperativa beneficiaria del finanziamento è la “Garfagnana Coop.”, con sede a Sillicagnana (comune di San Romano), come soggetto capofila, in collaborazione con l’Università di Firenze.

Il progetto riguarda la coltivazione del Farro IGP della Garfagnana e dell’utilizzo del grano saraceno (Fagopyrum esculentum), come coltura intercalare al farro, nei terreni dei soci della cooperativa, situati nei comuni di Camporgiano, Giuncugnano, Villa Collemandina, Castelnuovo Garfagnana e Piazza al Serchio.

Gli obiettivi del progetto di collaborazione sono la creazione di una filiera corta, locale, che offra ai consumatori prodotti di qualità sotto il profilo nutrizionale e funzionale, la salvaguardia della biodiversità e fertilità dei suoli e il recupero di prodotti derivati quali miele, tisane, granella, farina e prodotti di scarto per manufatti (es.cuscini).

L’innovazione del progetto sta nell’introduzione del grano saraceno come coltura intercalare, pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Poligonaceae, particolarmente adatta ad ambienti montani, al fine del mantenimento della fertilità e come fonte di aumento del reddito.

Una volta, la semina del grano saraceno veniva effettuata in primavera, poi la coltura era in genere sfalciata per il foraggio e il ricaccio utilizzato per la produzione di granella, che dal punto di vista nutrizionale ha un alto contenuto in fibre e non contiene glutine.

Figura 5: morfologia della pianta di Fagopyrum

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La farina di grano saraceno viene utilizzata per la produzione di pasta, gnocchi e polenta, ma utilizzazioni innovative della coltura sono rappresentate dal grano saraceno soffiato e i germogli di grano saraceno.

L’altro aspetto innovativo del progetto è la promozione della coltivazione della Poligonacea, in quanto l’Italia importa circa il 90% del grano saraceno da altri paesi, dove spesso non sono previsti controlli sulle tecniche di produzione.

2.8 Trasformazione e canali di commercializzazione del

prodotto

La scelta del periodo di raccolta del farro è un punto importante ai fini della conservazione del prodotto e per il mantenimento della germinabilità per le successive semine. A maturazione piena, la cariosside possiede un’umidità del 12-14% e deve essere conservata in magazzini asciutti e freschi. In passato veniva conservata all’interno di tramogge di legno o sacchi di juta per mantenere il prodotto areato ed evitare la formazione di muffe e di pericolose aflatossine ( G. Chisci et al.).

In seguito alla raccolta del farro, deve essere effettuata necessariamente l’operazione di sbramatura-brillatura, che consiste nell’eliminazione di glume e glumelle e in una leggera decorticazione della cariosside: per questo motivo la sbramatrice meccanica deve essere ben regolata dagli operatori per evitare lesioni della granella e di compromettere la qualità del prodotto.

Fino all’inizio degli anni ’90 lo “svestimento” delle cariossidi, avveniva nei mulini con l’utilizzo di pietre coassiali, una delle quali o entrambe rivestite da uno strato di sughero.

La maggior parte delle aziende della Garfagnana che coltivano farro non possiedono la strumentazione per la successiva lavorazione del prodotto, per questo è diffuso il conferimento del prodotto al Consorzio dei Produttori, il quale ha realizzato di recente un nuovo stabilimento collettivo comprendente le macchine per la lavorazione e silos per la conservazione delle spighette. L’impianto lavora circa 60 q di prodotto all’ora per una resa in brillato del 60-65%. Il prodotto finale, il farro brillato, viene confezionato

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ed etichettato con bollino numerato: il 90% viene ceduto ai distributori commerciali mentre il restante 10% è distribuito con la vendita diretta.

Le aziende che aderiscono al consorzio possono trattenere solo una piccola parte della produzione che possono commercializzare come prodotto vestito o come farro brillato, nel caso di produttori-trasformatori. Questi ultimi possiedono impianti di modeste dimensioni, vendono il prodotto in zona a privati, dettaglianti, ristoranti e mulini, ma anche in Lucchesia e Lunigiana, mentre non si trovano più trasformatori non produttori che un tempo dominavano il mercato.

Il valore complessivo della produzione ammontava nel 2006 a più di 200.000 euro, per un prezzo medio pagato dai trasformatori di 65 euro/q, corrispondente ad un valore al consumo di quasi 1 milione di euro (Manco E. et al., 2007).

Tab.5 – Stima del valore del Farro della Garfagnana IGP

2004 2005 2006

Stima valore alla produzione in euro

386.240 358.248 220.500

Prezzo medio alla produzione euro/q 68,00 65,00 63,00 Stima valore al consumo in euro 1.988.000 1.763.680 980.000 Prezzo medio al consumo euro/kg 3,50 3,20 2,80 (Manco E. et al., 2007)

Per quanto riguarda i canali distributivi, il più servito è quello della Grande Distribuzione Organizzata, a cui segue quello della ristorazione. Il 3% della produzione è invece destinato alla vendita diretta, alla vendita al dettaglio e ai grossisti. Le esportazioni del prodotto sono ancora ad un livello iniziale e sono rivolte soprattutto agli Stati Uniti: solo una piccola percentuale viene esportata, soprattutto attraverso la vendita diretta negli agriturismi, che ospitano clienti stranieri, e in minima parte tramite vendita on-line.

Il compito di rafforzare l’immagine del prodotto sui mercati esteri è riservato al Consorzio dei Produttori e questo avviene attraverso diversi investimenti: tramite invio di forniture gratuite del prodotto e pubblicazioni su riviste del settore.

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L’elemento indispensabile per una buona qualità merceologica del farro della Garfagnana è l’uniformità delle cariossidi, a cui seguono il grado e l’uniformità della brillatura.

La concorrenza sul mercato a questo prodotto tipico è rappresentata dalla granella semiperlata, dello stesso o diverso biotipo, prodotta fuori dalla Garfagnana e anche fuori dall’Italia.

Il “brillato generico” rispetto al farro IGP beneficia di costi di produzione inferiori, legati alla possibilità di utilizzo nella coltivazione di prodotti chimici con una minore garanzia del prodotto.

Sul mercato italiano, la granella semi-perlata di farro è il prodotto più apprezzato, ma in alcune zone dell’Italia centro-meridionale, viene richiesto anche il farro spezzato. Si ritrova anche la farina di farro, che si presta bene per la preparazione di torte o biscotti, mentre presenta una modesta attitudine alla panificazione per il basso contenuto in glutine, il caffè di farro e la birra di farro, la cui produzione in Garfagnana sta riscuotendo un discreto successo.

Figura

Figura 3: etichetta applicata alle confezioni di         farro brillato con marchio IGP

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