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Academic year: 2021

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Nota traduttiva

El asunto de la traducción, a poco que lo persigamos, nos lleva hasta los arcanos más recónditos

del maravilloso fenómeno que es el habla

José Ortega y Gasset

Per tradurre un'opera come Tijuana: crimen y olvido è stato necessario, in primo luogo, contestualizzare l'opera per comprendere quali fossero i presupposti e le intenzioni che hanno mosso l'autore a scrivere un testo di questo genere. Una prima fase di documentazione, quindi, è servita per collocare l'autore all'interno del contesto storico, geografico e sociale da cui ha estratto il materiale narrativo per le sue opere. Conoscere il contesto storico letterario e l'opera omnia dell'autore è fondamentale per comprenderne lo stile e per percepire eventuali rimandi intertestuali o extratestuali.

Si è ricorso alla consultazione di dizionari enciclopedici, mappe e guide turistiche di Tijuana per capire quali fossero le zone e le strade menzionate nel testo per orientarsi nella narrazione e inferire eventuali significati secondari derivanti dal valore connotativo di certe zone. Ad esempio, nella ricostruzione finale dei fatti durante la seduta ipnotica che vede Juan nei panni di Raúl, questo racconta che di notte con Harold Rutheford andava di bar in bar lungo la famosa

Avenida Revolución dove venivano accolti come dei re. L'Avenida Revolución fu

la via principale della città e meta turistica privilegiata dai turisti americani negli anni del proibizionismo statunitense, per il numero spropositato di bar, cantine, alberghi e prostíbulos. Attualmente è considerata l’icona turistica per eccellenza, prototipo del folclore messicano in cui è possibile trovare bar, cantinas e punti vendita di prodotti tipici artigianali.

La mundialmente conocida Avenida Revolución es la calle más famosa y distintiva de Tijuana, icono turístico por sus antecedentes históricos, pues en ella se desarrolló la vocación turística de la ciudad. Actualmente nos permite comprender con mayor amplitud las múltiples razones que le han dado fama legendaria a esta

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ii atractiva Avenida. Múltiples colores, formas, olores, texturas y fusiones culturales provenientes del interior de la república con un toque muy tijuanense emergen de esta gran avenida que sin duda alguna sigue siendo un protótipo del folclor mexicano con su interminable caravana de comercios, bares con terraza a la calle, así como una calle transversal conocida como la Calle Sexta (entre Constitución y Madero) que describe a la perfección una vida nocturna donde lo urbano y las mezclas musicales emergen de los antros, bares y choperías, donde podrás disfrutar desde una cerveza artesanal, tragos de tequila o mezcal, hasta una copa de champagne1.

Come nota David Katan le competenze del traduttore vanno oltre la mera conoscenza linguistica:

I traduttori devono essere esperti delle usanze, delle abitudini e tradizioni delle due culture che si trovano a mediare. Dovranno anche conoscere la geografia e la storia sociale e politica contemporanea. Esse costituiscono l'ossatura delle condizioni cognitive di quella data cultura; il che significa anche essere consapevoli della cultura popolare (i suoi eroi, la televisione, i film, le personalità ecc.)2.

Il legame indissolubile tra lingua e cultura costringe il traduttore a conoscere in profondità non solo i due codici linguistici che è intento a decifrare e riformulare, ma anche quelle conoscenze e abitudini condivise che fanno parte della cultura di un paese o di una certa regione. Il traduttore, perciò non è solo un esperto linguistico, ma piuttosto un mediatore culturale, capace di mettere in contatto due persone o due comunità con aspettative e pregiudizi diversi3.

Come sostiene Franca Cavagnoli, conoscere bene il contesto culturale dell’opera rappresenta il primo passo nel lavoro di traduzione; il passo successive consiste nell’analisi sistemica del testo che prevede l’individuazione delle parole

1 Dal sito http://www.descubretijuana.com/es/atractivos/avenida-revolucion (ultima consultazione in data 18/04/2014).

2 KATAN, David (1997), L'importanza della cultura nella traduzione, p. 37, in ULRYCH, Margherita (a cura di), Tradurre. Un approccio multidisciplinare, UTET, Torino.

3 Cfr. MORINI, Massimiliano (2007), La Traduzione. Teorie. Strumenti. Pratiche, Sironi Editore, Milano, p. 94.

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iii chiave che rimandano ai temi e ai motivi dominanti del romanzo, delle aree semantiche e dei campi espressivi verificandone la ricorrenza all’interno del testo per garantire coesione semantica e coerenza testuale alla traduzione4.

Un’altra priorità del lavoro di traduzione è quella di definire la dominante e di conseguenza il potenziale pubblico destinatario (o lettore modello) a cui è rivolta la traduzione. Escludendo l’ipotesi di un potenziale pubblico infantile, si è supposto che il testo fosse rivolto a un lettore attento, enigmatico, amante del genere poliziesco, a cui è richiesto un certo sforzo nella ricostruzione della trama e nell’interpretazione di certi rimandi intertestuali ed extra-testuali. Il lettore modello è quello che legge «per pensarsi e per pensare», sulla base dei due tipi di lettori proposti da Goffredo Fofi5. Il tipo di lettore a cui si fa riferimento è quello

[…] che ama la letteratura che aiuta a capire, a provare emozioni profonde, ad allargare la comprensione della natura umana. Verosimilmente vuole conoscere esperienze di vita diverse dalle proprie, confrontarsi con aspetti culturali di cui non sospetta, o forse solo intuisce l’esistenza. È un lettore felice di incontrare chi è diverso da sé, convinto che da questo incontro la sua identità ne uscirà rafforzata6.

Chi legge Tijuana: crimen y olvido potrebbe essere uno studioso della letteratura ispanoamericana, interessato a conoscere le dinamiche socioculturali della zona di frontiera e ad ampliare il proprio bagaglio culturale-letterario legato al Messico.

A questo punto è necessario delineare una strategia traduttiva generale che rispetti gli obiettivi prefissati e le aspettative del lettore, affrontando di volta in volta ogni singolo caso specifico.

Si cercherà di rispettare il più possibile il testo di partenza e le intenzioni dell’autore, cercando di mantenere intatti quegli elementi che permettano al lettore presunto la conoscenza diretta dell’alterità, lasciando traccia della loro estraneità

4 CAVAGNOLI, Franca (2012), La voce del testo. L’arte e il mestiere di tradurre, Feltrinelli, Milano, p. 40.

5 Cit. in CAVAGNOLI, Franca 2012, p. 24. 6 Ibidem.

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iv nella traduzione. Un altro obiettivo è quello di riprodurre dove possibile la creatività e freschezza del linguaggio callejero di frontiera; e dove non è possibile di compensare con tecniche di traduzione che riproducano la carica espressiva propria del linguaggio colloquiale.

Tradurre gli elementi culturali: i realia

Eugène Nida, con il suo articolo Linguistics and Ethnology in Translations

Problems7 diede inizio allo studio degli elementi culturali come problema fondamentale all'interno della traduzione. Nida distingueva cinque ambiti culturali: ecologia, cultura materiale, cultura sociale, cultura religiosa e cultura linguistica.

Il termine realia, che in latino significa cose concrete in opposizione a cose astratte, sta a indicare quegli elementi culturali che sono propri di una cultura, o meglio sono «parole che denotano cose materiali culturospecifiche»8.

I ricercatori bulgari Vlahov e Florin, hanno definito i realia come elementi testuali che denotano colore locale e storico suddividendoli in quattro categorie: geografici ed etnografici, folklorici e mitologici, riferiti a oggetti quotidiani e sociali e storici:

[...] parole e locuzioni composte della lingua popolare che costituiscono denominazioni di oggetti, concetti, fenomeni tipici di un ambiente geografico, di una cultura, della vita materiale o di peculiarità storico-sociali di un popolo, di una nazione, di un paese, di una tribù, e che quindi sono portatrici di un colorito nazionale, locale o storico; queste parole non hanno corrispondenze precise in altre lingue9.

7 NIDA, Eugène (1945), Linguistics and Ethnology in Translations Problems, «Word», 1, pp. 194-208, ripubblicato in DELL, Heymes (1964), Language in culture and society, Harper & Row, New York.

8 OSIMO, Bruno 2004², p. 63-65. 9 OSIMO, Bruno 2004², p. 64.

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v Una prima categoria di realia è costituita dai realia geografici, che a loro volta possono essere suddivisi in:

(1) oggetti della geografia fisica e della meteorologia (2) nomi di oggetti geografici legati all'attività dell'uomo (3) denominazioni di specie endemiche

Vlahov e Florin distinguono poi i realia etnografici. Sono le parole che significano concetti della disciplina che studia la vita quotidiana e la cultura dei popoli, le forme della cultura materiale e spirituale, le consuetudini, la religione, arte, folclore ecc. Sono ulteriormente suddivisi in:

(1) vita quotidiana (2) lavoro

(3) arte e cultura (4) oggetti etnici (5) misure e denaro

Continuando la catalogazione dei realia per oggetti, Vlahov e Florin esaminano la classe dei realia politici e sociali. Questa classe contiene al suo interno:

(1) entità amministrative territoriali (2) organi e cariche

(3) vita sociale e politica (4) realia militari

Nei frammenti di testo presi in esame si ritrovano diversi elementi culturali propri della regione di frontiera e in particolare di Tijuana.

Alcuni enti come il Ministerio Público de Baja California10, la Procuraduría

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vi

General de la República11 o PGR sono stati tradotti con i corrispondenti termini

italiani (Pubblico Ministero e Procura Generale della Repubblica) in quanto questi istituzioni sono presenti anche all'interno dell'ordinamento della Repubblica italiana. Nel caso del Colegio de la Frontera Norte12, invece, il termine sarebbe

rimasto in corsivo in quanto questa istituzione è uno dei centri accademici di ricerca più importanti della Bassa California, specializzato nello studio dei fenomeni e delle problematiche socioculturali legate alla zona di confine tra Messico e Stati Uniti13. In italiano non vi sarebbe nessun termine o ente

corrispondente che abbia lo stesso valore emblematico.

Di fronte a elementi culturali vincolati alla cultura di partenza è possibile adottare diverse strategie o soluzioni: è possibile sostituirli con realia della cultura ricevente che abbiano lo stesso colorito effettuando così una sostituzione

culturale; ma è evidente che questa strategia, applicata a testi letterari, tende ad

appiattire le diversità culturali, a negarle, a falsare la realtà per rendere più comprensibile un testo, o meglio per renderlo comprensibile senza nessuno sforzo di accettazione della diversità14.

Questo vale, ad esempio, per il culturema cantina15. Il Diccionario del Español de México definisce cantina come «Establecimiento comercial en el que

se sirven bebidas alcohólicas y algunos alimentos; su clientela suele divertirse jugando al dominó, a los dados, etc o escuchando música: “tomarse una cerveza

en la cantina”, “salir borracho de la cantina”, “Son famosas las botanas de esa cantina”»16. In italiano è presente lo stesso termine omografo, però con significato

11 Id., p. 111. 12 Id., p. 27.

13 Il Colegio de la Frontera Norte fu fondato nel 1982 a Tijuana come Centro de Estudios

Fronterizos del Norte de México. Tra gli obiettivi principali vi è quello di promuovere la ricerca accademica e incentivare studi post-universitari sulla frontiera. Gli ambiti di ricerca privilegiati sono l’immigrazione illegale, l’industria maquiladora, l’ambiente, la demografia e il rapporto binazionale Messico–Stati Uniti. Quest’istituzione accademica fece parte di un’operazione più ampia di decentramento culturale.

14 OSIMO, Bruno (a cura di), Corso di traduzione, Logos, dal sito

http://courses.logos.it/pls/dictionary/linguistic_resources.cap_3_37?lang=it (ultima consultazione 14/04/2014).

15 CROSTHWAITE, Luis Humberto 2010, p. 201.

16 Diccionario del Español de México (DEM), dal sito http://dem.colmex.mx (ultima consultazione in data 14/04/2014).

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vii differente. Infatti, di fronte alla parola cantina, un lettore italiano è portato a pensare a un «locale, completamente o parzialmente interrato, adibito alla conservazione del vino. b. Per estens., ambiente che fa parte dello scantinato di un edificio; fig., luogo umido e poco illuminato»17. Una scelta accettabile sarebbe

stata quella di tradurre cantina con osteria, taverna, ma d’accordo con Osimo, adattando il culturema alla cultura di arrivo, si perderebbe il colore locale e certi elementi propri della cultura messicana. Un'alternativa potrebbe essere quella di adottare una perifrasi esplicitante come cantina messicana, che renda più comprensibile a un lettore italiano il riferimento alle cantine tipiche messicane, ma ciò risulterebbe ridondante per il lettore colto dato che fin da subito l'autore annuncia di ambientare la storia a Tijuana. Nella traduzione oggetto di questa analisi si è scelto di mantenere il termine in italico, creando così un effetto esotizzante.

La stessa linea è stata seguita nell’affrontare elementi culturali appartenenti alla sfera enogastronomica: in una scena del terzo capitolo, Juan e Magda si trovano in uno dei ristoranti più rinomati di Tijuana dove un cameriere serve loro una mariscada, un piatto di pesce misto accompagnato da un cestello pieno di birre Bohemia. Nel testo originale l’autore nomina i callos de hacha18, frutti di

mare provenienti dalle acque della Bassa California, utilizzati come ingredienti principali in numerose ricette regionali a base di pesce. Nella traduzione è sembrato più opportuno accogliere l’elemento estraneo mantenendolo nella forma originle, per evitare di perdere l’elemento caratterizzante della cultura di partenza.

Un altro esempio di culturema appartenente all’ambito enogastronomico si trova nel quarto capitolo: Juan si ritrova all’interno del Club 13 abbandonato, sul bancone sono rimasti boccali e bottiglie di birra mezze vuote, piatti con arachidi e

chicharrones19. I chicharrones sono un tipo di botana, variante messicana di tapas, a base di carne o cotenna di maiale fritta, servita in piccole quantità per

accompagnare una bevanda alcolica. Anche in questo caso era possibile adottare

17 Vocabolario Treccani, dal sito http://www.treccani.it/vocabolario/ (ultima consultazione in data 14/04/2014).

18 CROSTHWAITE, Luis Humberto 2010, p. 179. 19 Id., p. 197.

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viii una strategia addomesticante o esotizzante. Di fronte alla mancanza di un referente corrispondente nella cultura culinaria italiana, si è optato per mantenere il termine straniero (evidenziato in italico). Un’altra alternativa potrebbe essere quella di mettere un riferimento in nota, descrivendo nel dettaglio l’elemento sconosciuto. Ci sono diverse filosofie sull’uso delle note a pié di pagina. Da una parte c’è chi sostiene che le note distraggano e appesantiscano la lettura; d’altro canto però, non mettere note a piè di pagina richiede un ulteriore sforzo di comprensione da parte del lettore che dovrà approfondire autonomamente l’argomento in questione.

All’interno del testo sono presenti altri realia o culturemi appartenenti all’ambito del patrimonio culturale della frontiera che sono rimasti invariati: la parola gringo, ad esempio, è un epiteto di spregio dato in America latina agli stranieri in special modo ai nordamericani20; il termine è entrato a far parte anche

del vocabolario italiano come ispanismo e perciò nel testo è riportato in corsivo. Un sinonimo di gringo è gabacho, termine dispregiativo di origine francese usato anche in Spagna per indicare una persona proveniente da un paese straniero che non parla perfettamente la lingua del posto.

adj y s (Coloq) 1 Que es originario de Estados Unidos de América, o pertenece a este país; gringo: “Los hippies gabachos que visitan Chiapas o Oaxaca son el nuevo turismo que no trae divisas”, “Ya no queremos conjuntos gabachos, ya tenemos nuestra música”

2 Que es originario de Francia o pertenece a ese país: “Muchos gabachos de los que vinieron con Maximiliano se quedaron en los altos de Jalisco” 3 Que es de piel blanca y cabello rubio, que es güero: un alacrán gabacho21.

Anche rancheros; garita; línea; coyote sono stati volutamente mantenuti nella forma originale nel testo d’arrivo per mantenere l’alone esotico nel testo.

20 Vocabolario Treccani, dal sito http://www.treccani.it/vocabolario/gringo/ (ultima consultazione 18/04/2014).

21 Diccionario del Español de México (DEM), dal sito http://dem.colmex.mx/ (ultima consultazione in data 18/04/2014).

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ix Per molto tempo, non si è data importanza al ruolo che la cultura rivestiva nel processo di traduzione. Probabilmente i primi ad affrontare l’argomento sono stati Susan Bassnett, André Lefevere e Lawrence Venuti convinti che la traduzione avrebbe dovuto dare valore alla cornice socioculturale del testo.

Anche certi studi di J. M. Lotman nell’ambito della semiotica sono imprescindibili nello studio dei fenomeni socioculturali legati alla frontiera; in particolare sono decisive le sue definizioni di cultura, testo, frontiera e di

semiosfera, quest’ultima essenziale per stabilire il ruolo che rivestono le frontiere culturali nel generare sempre nuove forme e significati22.

In linea con le altre tradizioni semiotiche anche Lotman considera il testo come l’unità di base da analizzare, come programma condensato di tutta una cultura. Il termine semiosfera coniato dal semiologo della Scuola di Tartu (per analogia con il concetto di biosfera introdotto dallo scienziato Vernadskij) si fonda sui principi alla base di un testo (espressione, delimitatezza e carattere strutturale) e si riferisce a un insieme di segni o sistemi segnici, legati fra loro in un

continuum semiotico fatto di interrelazioni o di semplici contatti23 all'interno di

uno spazio determinato. Anche il concetto di cultura è quindi strettamente relazionato a quello di semiosfera in quanto una cultura si può dire tale se gli elementi (o sistemi semiotici) che la compongono interagiscono o si influenzano a vicenda in un continuo scambio produttivo all'interno di uno spazio o sfera organizzata e strutturata. La comunicazione e la produzione di nuovi significati e nuove informazioni è possibile solo all'interno di questi spazi delimitati da confini o frontiere. La frontiera è elemento essenziale di ogni semiosfera, in quanto è fondamentale nella riorganizzazione interna di ogni sistema semiotico e come filtro per eventuali informazioni esterne. La frontiera è da intendere non come un muro che isola, ma piuttosto come una membrana che nonostante delimiti una certa formazione culturale permette lo scambio con il mondo esterno. Ed è proprio il concetto di confine a richiamare quello di traduzione. Sulla base di queste metafore, il fatto che tra le cellule o insiemi della semiosfera esista una

22 BERUMEN, Humberto Félix (2005), La Frontera en el centro. Ensayos sobre literatura, UABC, Mexicali, p.14.

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x membrana o filtro di comunicazione che Lotman chiama «cultura di confine», mette in rilievo il ruolo fondamentale della traduzione come strumento di mediazione culturale.

Il traduttore, consapevole delle differenze tra cultura interna e cultura esterna (o non-cultura nei termini di Lotman), è colui che è incaricato di rappresentare la «cultura del confine»24. Il traduttore, come mediatore culturale, potrà avvalersi di

due strategie: cercare di inserire l'altrui nel proprio, o in alternativa appropriarsi dell'altrui25. La prima è una strategia di straniamento o foreignization che

mantiene l'elemento estraneo presentandolo come tale all'interno della cultura d'arrivo favorendo la conoscenza delle diversità culturali; è considerato un atteggiamento centripeto poiché riconosce la diversità dell'elemento altrui e la mette sullo stesso piano dei propri elementi; la seconda strategia di appropriazione o domestication adatta l'elemento estraneo catalogandolo secondo le regole dettate dalla cultura d'arrivo per renderlo più comprensibile. In questo caso si tratta di un atteggiamento centrifugo poiché proietta al di fuori di sé gli schemi percettivi validi al suo interno.

Il concetto di semiosfera si presta, inoltre, a spiegare il concetto di intertestualità. Ogni testo prodotto all'interno di una certa cultura porta con sé le tracce delle esperienze dell'autore, delle influenze da parte di altri autori e di un'intera memoria collettiva.

Nell'opera oggetto di questa tesi certi rimandi extra e intertestuali ad opere di autori che hanno influito nella formazione dello stile dell’autore confluiscono nel significato globale dell'opera e un traduttore non può prescindere da questi, ma deve sforzarsi di interpretarli captando i segnali che l'autore vuole trasmettere.

La particolarità di quest’opera, come molte dello stesso autore, sta nella frammentarietà del discorso narrativo e nell'eterogeneità delle tipologie testuali affrontate, ognuna delle quali ha presentato problemi diversi durante il lavoro di traduzione.

La questione della classificazione dei testi è di sommo interesse per la

24 OSIMO, Bruno (2004²), Manuale del traduttore: guida pratica con glossario, Hoepli, Milano, pp. 42-43.

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xi traduttologia, in quanto i caratteri specifici dei vari gruppi testuali pongono problematiche diverse.

Alcuni modelli teorici mirano a dare indicazioni sul metodo traduttivo ritenuto più appropriato a partire dall'identificazione di un testo di partenza come appartenente a un determinato tipo testuale, a sua volta identificato da una funzione linguistica predominante.

L'Organon model di Bühler, che distingue tra funzione referenziale o rappresentativa, espressiva e appellativa o conativa del linguaggio, è alla base delle tipologie testuali elaborate da Katherine Reiss, una tra le prime a proporre la correlazione tra funzioni linguistiche, tipologie testuali e traduzioni. Alle tre funzioni di Bühler, Katharina Reiss fa corrispondere tre tipi diversi di testo (Texttyp), ovvero i testi informativi, espressivi e operativi.

Katharina Reiss, individua anche la categoria della varietà testuale: mentre il tipo di testo si definisce a seconda della funzione linguistica predominante, la varietà testuale è un genere o sottogenere con regole e convenzioni più o meno precise. La Reiss distingue tra varietà complesse (la poesia, il romanzo, il pamphlet polemico26) e varietà semplici (la ricetta di cucina, il libretto di

istruzioni). Poiché le prime possono contenere al loro interno le seconde, al traduttore sarà richiesto di non violare le regole comuni del linguaggio e di attenersi alle convenzioni prefissate.

Tijuana: crimen y olvido è un romanzo ibrido, al suo interno include diverse

varietà testuali; il libro è da intendere come una sorta di taccuino in cui l'autore appunta ogni dettaglio, ogni osservazione e ogni informazione utile per risolvere il caso della scomparsa dei due giornalisti.

La prefazione iniziale si distingue per avere uno stile giornalistico, più formale e lineare in cui i fatti sono presentati nel modo più obiettivo possibile. Il primo capitolo è introdotto dalla descrizione minuziosa della stanza di Magda e da una serie di «lettere d'addio» rivolte all'ex fidanzato. Prendendo alcuni esempi concreti dal romanzo si nota come l'intestazione di alcune di queste lettere siano impostate secondo le convenzioni linguistiche prefissate:

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xii Querido Fabián:

Es irónico dejar testimonio escrito de una relación que se quiere olvidar.27

Nella traduzione italiana i due punti sono stati sostituiti dalla virgola; è stata tolta la lettera maiuscola all'inizio della frase sucessiva e tradotto querido con

caro come secondo le regole convenzionali della scrittura italiana. Caro Fabián,

è ironico lasciare testimonianza scritta di una relazione che si vuole dimenticare.

All’interno del romanzo l’autore, inoltre, include una serie di appunti “Notas varias” in cui prevale l’uso della forma impersonale tipica dello stile giornalistico «Se sabe poco de…», «Mucho se sabe de…», «Según lo informan varios medios de Tijuana…», «vale la pena mencionar». L’intento dell’autore è quello di presentare i fatti e i dati raccolti nella maniera più obiettiva e verosimile possibile. Il traduttore deve percepire tali scarti di stile e riprodurli nella maniera più equivalente possibile: in questo caso si è ricorso all’uso del si impersonale.

Nel capitolo 6 lo scrittore ricostruisce la cronologia degli eventi: lo stile è asciutto, le frasi sono brevi e concise, il tempo utilizzato è il presente storico e in molti casi la struttura sintattica antepone il verbo al soggetto per dare maggiore enfasi all’evento: «1935 Nace Edén Flores, el 22 de enero, en Sonora», «Llega Deborah Kraft a Tijuana». Nella traduzione si è tenuto conto del carattere informativo del testo e si è tentato di riprodurre la stessa concisione e il ritmo frammentato,scandito dalle virgole, anche nel testo d’arrivo.

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xiii

Il linguaggio della frontiera

La realtà di frontiera si caratterizza per la sua dinamicità e multiculturalità e, in quanto zona di transizione e di contatto fra culture diverse, riflette questi aspetti nel modo di parlare dei soggetti che la abitano.

Parlando di linguaggio di frontiera si fa riferimento all'uso della lingua nei contesti quotidiani, urbani.

Si è notato che nella letteratura di frontiera ambientata nelle grandi città vi è una certa tendenza a utilizzare linguaggi marginali o gergali:

Es observable una recurrencia por la utilización de lenguajes marginales. [...] El espacio geografico de la frontera tiene lugar en la obra literaria de sus escritores nativos que han interiorizado el paisaje, la atmósfera, la perspectiva histórica y la circunstancia del individuo frente a su entorno28.

Eduardo Antonio Parra sostiene che uno dei fattori determinanti della produzione letteraria della frontiera nord sia la vicinanza con gli Stati Uniti che riflette la sua influenza anche nel linguaggio tipico degli abitanti delle regioni del nord del Messico: «la proximidad geográfica de los Estados Unidos que trae como consecuencia los embates de la cultura norteamericana, y el lenguaje característico de los norteños»29.

Sergio Gómez Montero, a sua volta, coglie alcuni aspetti che influiscono sull'uso del linguaggio nelle zone di frontiera: in particolare, la presenza di diversi dialetti che confluiscono in un'unica zona e che rendono il linguaggio più ricco e variegato; l'atteggiamento di difesa della propria identità culturale che dà vita a socioletti propri di alcuni gruppi minoritari che vanno ad arricchire il linguaggio parlato nella vita di tutti i giorni; infine, l'apporto di materiale linguistico preso a

28 Cit. in TRUJILLO MUÑOZ, Gabriel (1992), Un Camino de hallazgos: poetas bajacalifornianos

del siglo veinte, 1, UABC, Méxicali, p. 46.

29 PARRA, Eduardo Antonio (2004), El lenguaje de la narrativa del norte de México, «Revista de Crítica Literaria Latinoamericana», 30, n. 59, pp. 71-77, [l'onnipresenza del paesaggio e del clima nei racconti, la vicinanza geografica degli Stati Uniti che di conseguenza porta con sé gli attacchi della cultura nordamericana e il linguaggio caratteristico degli abitanti del nord].

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xiv prestito dalla cultura statunitense e dai mezzi di comunicazione:

On the northern border different national dialects coexist, thereby making possible the existence of a linguistic “market” of significant richness.

As part of the self-generated processes of defense of cultural identity, there are a series of goals and paralanguages (labeling Chicano language as “chola”), which correspond to cultural minorities, whose impact is growing on everyday speech. Border life generates a constant linguistic interchange, which indiscriminately introduces neologisms and anglicisms into everyday speech. This results from the economic relations of interdependence and the impact of the mass media of communication (in large part of North American origin)30.

Il linguaggio caratteristico del nord del Messico si caratterizza quindi per la sua ricchezza espressiva e per essere prolifico a livello lessicale, con un uso abbondante di neologismi e di prestiti adattati provenienti dalla cultura statunitense.

Questo succede in tutte le zone geografiche in cui diverse lingue o dialetti vengono a contatto tra loro quotidianamente. In Messico non è raro trovare zone in cui lo spagnolo, lingua ufficiale, condivide il suo dominio con altre lingue, nella maggior parte amerinde, parlate dalle popolazioni autoctone tuttora presenti nel territorio messicano. Questo contatto tra lingue può generare altri sistemi come pidgin, lingue creole o nel caso una delle due sia dominante potrebbe portare alla scomparsa di una delle lingue coinvolte31.

In situazioni di bilinguismo, in cui vi è un'influenza reciproca tra le lingue, i risultati possono essere di vario tipo sia a livello lessicale che a livello sintattico: si possono riscontrare fenomeni di transfer o interferenza32, che consiste nella

produzione di strtture sintattiche agrammaticali o ristrutturazioni del sistema dovute all'influsso di una lingua A su una lingua B; di alternanza di codice o commutazione di codice (code switching) termine linguistico che indica il

30 GÓMEZ MONTERO, Sergio (1994), The Border. The Future of Postmodernity, San Diego State University Press, San Diego, p. 27.

31 LÓPEZ MORALES, Humberto (2004³), Sociolingüística, Gredos, Madrid, pp. 217-219. 32 WEINREICH, Uriel (2008), Lingue in contatto, UTET, Torino, p. 3.

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xv passaggio da una lingua ad un'altra o da un dialetto ad una lingua e viceversa, da parte di parlanti bilingui e che scelgono una lingua o l'altra, generalmente in base all'argomento di conversazione; e di convergenza, in cui la lingua B si avvicina alla lingua A senza causare interferenze.

La manifestazione esterna di questi fenomeni avviene a livello del habla, ossia dell'uso della lingua da parte di determinati parlanti, secondo il contesto comunicativo in cui avviene l'interazione.

Dal punto di vista formale, nella maggior parte dei casi l'influenza tra lingue si manifesta sotto forma di transfer lessicali derivanti da un contatto diretto tra le lingue o da un contatto differito (attraverso letture, mezzi di comunicazione...)33.

Si tratta nella maggior parte dei casi di prestiti o di calchi linguistici. Nel primo caso si riscontrano diversi tipi di prestiti linguistici:

i forestierismi, che integrano la lingua d'arrivo mantenendo sia la forma che il significato della parola straniera;

quelli che adottano il vocabolo straniero adattandolo ortograficamente alla lingua di arrivo, mantenendo il significato originario o, in certi casi, aggiungendo al termine un significato secondario;

i prestiti ibridi, parole costituite da morfemi provenienti da due lingue diverse), che in particolari contesti sociolinguistici può anche essere il sintomo di una elevata compenetrazione delle grammatiche delle due lingue34.

Infine, possono esistere prestiti parziali costituiti da un morfema di base in inglese, ad esempio, e un elemento derivativo in spagnolo35.

Fra le varie tipologie di prestito, il calco, nella sua accezione linguistica, è la forma più complessa. Si tratta della ricreazione mimetica di un alloglotto per mezzo di elementi della lingua d'arrivo; «la parola o la frase straniera viene così “ricalcata” strutturalmente attraverso un nuovo elemento che combinando

33 LÓPEZ MORALES, Humberto 2004³, p. 221.

34 BERRUTO, Gaetano (2010), Contatto linguistico, in «Enciclopedia dell'italiano», dal sito

http://www.treccani.it/enciclopedia/contatto-linguistico_(Enciclopedia_dell'Italiano)/ (ultima consultazione in data 13/04/2014).

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xvi materiali indigeni ne riproduce la forma e il significato, oppure riverbera tratti del suo significato su un termine analogo della lingua mutuante rimodellandone la semantica»36.

Nella realtà di frontiera il contatto tra spagnolo e inglese è un fenomeno quotidiano. Un caso di particolare interesse che riguarda esclusivamente il livello lessicale è il fenomeno dello Spanglish considerato da Humberto López Morales come un «español muy transferido léxicamente37».

Durante la presentazione del Diccionario de Tijuanismos, Leobardo Sorabia rende omaggio a questo lavoro, opera di ricerca lessicografica che testimonia l'evoluzione del linguaggio e dei nuovi modi di interagire e comunicare; parla del linguaggio tijuanense che nasce dal linguaggio urbano, della strada, ricco di espressività e di sfumature. In esso confluisce non solo il linguaggio familiare, ma anche lo spanglish, il gergo dei cholos, certi arcaismi sopravvissuti nel tempo, il linguaggio dei pachucos:

Hay una intensidad en el lenguaje que encuentra su cauce en lo coloquial para su exponer su fuerza y expresividad. El elástico spanglish, la jerga de los cholos, los arcaísmos que perduran en el trayecto de las generaciones, los términos con linaje rural, el habla derivada de los pachucos, el discurseo de la nota roja, el habla familiar. El resultado es un léxico capaz del matiz, de la insinuación, de una rica expresividad que se prueba todos los días en las calles de la ciudad38.

Tra i vari esempi riproposti si ritrovano i seguenti vocaboli:

que integran las diversas jergas particulares del caló o slang fronterizo (burra,

gotera, jaipo, tango), términos espanglés (guaifa, guaino, guara, clinear), códigos

gramaticales derivados de abreviaturas (pipope, erre, rb), onomatopeyas (kikirikí,

36 FANFANI, Massimo (2010), Calchi, in «Enciclopedia dell'italiano», dal sito

http://www.treccani.it/enciclopedia/calchi_(Enciclopedia_dell'Italiano)/ (ultima consultazione in data 13/04/2014).

37 LÓPEZ MORALES, Humberto 2004³, p. 224.

38 SORABIA, Leobardo (2007), Tijuana: sobrevivir en la jungla de vocablos, dal sito

http://elcharkitogramaticaylinguistica.blogspot.it/2007/06/breve-diccionario-de-tijuanismos.html (ultima consultazione in data 18/04/2014).

(17)

xvii

guacaramácara, éitale) y palíndromos (diofun, tápuer, rope, topu), así como

palabras de origen náhuatl (tecolota, tlacote), cahita (bichi, cachorón, güico) y purépecha (gingirín)39.

Luis Humberto Crosthwaite utilizza in più occasioni il linguaggio colloquiale tipico della frontiera. Un esempio significativo dell'uso di tale linguaggio è presentenel romanzo breve El gran preténder, incluso nella raccolta Estrella de la

Calle Sexta, in cui i personaggi si esprimono con il gergo dei giovani cholos40,

provenienti dai quartieri popolari di Tijuana. Si tratta di una lingua vernacola, un linguaggio in codice proprio di quel gruppo sociale. Il linguaggio utilizzato è «una especie de jerga fronteriza, tijuanense», come dice Humberto Félix Berumen41.

Tradurre l’oralità

Rendere l'oralità di un testo letterario è una delle maggiori sfide che un traduttore possa accettare quando affronta un testo letterario in cui si mimetizza il parlato.

La differenza tra la lingua scritta e la lingua parlata sta nella presenza in quest'ultima di elementi prosodici difficili da riprodurre in forma scritta, come ad esempio, l'intonazione.

Con l’espressione «oralidad fingida42» si fa riferimento alla riproduzione

dell’oralità nei testi scritti, che crea nel lettore l’illusione di un linguaggio parlato autentico. Questo fenomeno è associato soprattutto alla narrativa contemporanea in cui gli scrittori fanno uso ricorrente dei dialoghi in un’operazione di mímesis de

39 Ibidem.

40 Il DEM Diccionario del Español de México definisce cholo «s. y adj. Persona de origen mexicano a la que se discrimina por su apariencia, que habita en Estados Unidos o en los estados mexicanos de la frontera norte; se caracteriza generalmente por su fisonomía indígena, especialmente por el color moreno de su piel y su vestimenta llamativa, como pantalones y camisas muy holgadas: "Los cholos iban paseando con su radio de transistores a todo volumen"».

41 BERUMEN, Humberto Félix 2001, p. 105.

42 NARBONA JIMÉNEZ, Antonio (2001), Diálogo literario y escritura(lidad)-oralidad, in EBERNEZ, Rolf (a cura di) (2001), Diálogo y oralidad en la narrativa hispánica moderna: perspectivas literarias y lingüísticas, Verbum Editorial, Madrid, pp. 189-208.

(18)

xviii

lo oral o escritura del habla43.

Per tradurre l'oralità è necessario un approccio più libero che sfrutti appieno l'efficacia comunicativa del messaggio di partenza, per riprodurre nella lingua d’arrivo lo stesso effetto percepito dal lettore originale44. In base al principio di

equivalenza funzionale, secondo cui è necessario rendere l'effetto equivalente sul lettore destinatario, il traduttore dovrà ritirarsi e lasciare parlare i suoi personaggi, come suggerisce Antonio Narbona nel suo saggio Diálogo literario y

escritura(lidad)-oralidad45.

Quando il discorso colloquiale si riversa in un testo letterario, le tracce d'oralità si intessono nell'ordito della scrittura, dando vita a un coacervo lessicale e morfosintattico dove si agglutinano coloriture vivaci e raffinatezza connotativa, spinta espressiva e suggestiva creatività46.

Riferendosi alla resa interlinguistica del registro informale, anche Paola Faini rimarca la «libertà traduttiva di cui è possibile, anzi addirittura auspicabile, far uso di forme espressive contestualizzate nel quotidiano47».

La tensione al contatto con l'interlocutore costituisce una delle caratteristiche principali del linguaggio colloquiale orale, esso sarà meglio tradotto quanto più se ne sfrutterà e trasferirà l'efficacia comunicativa, aspirando soprattutto all'adeguatezza nella lingua d'arrivo48 che tenga conto sia della distanza tra gli

interlocutori sia del contesto comunicativo.

Luis Humberto Crosthwaite utilizza in più occasioni il linguaggio colloquiale tipico della frontiera. Nei suoi racconti si serve di tipologie discorsive mimetiche

43 Id., p. 189.

44 LONDERO, Renata (2010), Testo letterario e linguaggio colloquiale: esempi contemporanei

spagnoli in un'ottica traduttiva, in CARMIGNANI, Ilide – ARDUINI, Stefano (a cura di) (2010), Le Giornate della Traduzione letteraria. Nuovi contributi, in «Quaderni di Libri e riviste d'Italia», n. 63, p. 155-170.

45 NARBONA, Antonio 2001, pp. 189-208.

46 LONDERO, Renata (2007), Tradurre narrativa spagnola contemporanea, in MORINI, Massimiliano (2007), La Traduzione. Teorie. Strumenti. Pratiche, Sironi editore, Milano, p. 241.

47 FAINI, Paola (2004), Tradurre. Dalla teoria alla pratica, Carocci, Roma, pp. 82-83. 48 LONDERO, Renata 2007, p. 241.

(19)

xix del parlato come il discorso diretto (dialoghi), il discorso indiretto libero e il soliloquio per meglio rispecchiare il ritmo della lingua orale o del flusso di pensiero.

Il registro colloquiale si contraddistingue per la sua frammentarietà (ellissi, frasi concise e interrotte, l’uso dei punti di sospensione) e ridondanza (prevalenza della paratassi) ricca di marche emotive e soggettive come l’uso del diminutivo49,

ripetizioni e ridondanze, errori, trasgressioni, scorrettezze e anomalie

Inoltre, si nota un maggior uso di frasi semplici e di costruzioni paratattiche rispetto alle subordinate, quest'ultime più usate nella lingua scritta formale. Nel registro colloquiale incide soprattutto l'intenzionalità espressiva e la soggettività, la distanza tra gli interlocutori, la situazione comunicativa e la conoscenza del mondo condivisa tra i parlanti. A livello pragmatico è decisivo il rapporto tra emissore e ricevente, definito da una maggiore o minore prossimità tra gli interlocutori. Il registro colloquiale a differenza di quello formale prevede una certa vicinanza tra emissore e interlocutore.

Resulta decisivo el grado de incidencia en cada tipo de actuación comunicativa de una serie de coordenadas o parámetros de índole lingüística, psicológica o sociológica, que, en última instancia, tiene que ver con la mayor o menor proximidad comunicativa y complicidad connivente (o, por el contrario, distanciamento) entre emisor(es) y receptor(es)50.

Nel caso concreto di Tijuana: crimen y olvido, riscontriamo l'uso di forme colloquiali per lo più nei dialoghi tra i personaggi e nelle interviste che l’autore-narratore fa agli amici e parenti dei due giornalisti scomparsi.

Il primo dialogo è quello tra Magda e sua cugina, Emma51:si avverte fin da

subito il rapporto confidenziale che c’è tra le due dall'uso dell’imperativo da parte di Magda per convincere la cugina ad accompagnarla alla conferenza a cui

49 LONDERO, Renata 2010, p. 155.

50 NARBONA JIMÉNEZ, Antonio 2001, p. 191. 51 CROSTHWAITE, Luis Humberto 2010, pp. 25-26.

(20)

xx avrebbe partecipato Juan: Acompáñame52 viene reso in italiano con il rafforzativo Dai che in italiano è utilizzato in contesti informali, utile in questo caso anche per

denotare insistenza e spirito di persuasione da parte dell'emissore.

In questo frammento si riscontra l'uso di certi segnali discorsivi propri del parlato come l'uso di interiezioni quali Ay, Pues;

l’uso di fraseologismi ed espressioni idiomatiche come no la chingues; Qué te

pasa;

del vocativo Güera53, che nel contesto in cui si trova connota il colore dei

capelli biondi e della pelle candida della ragazza (cabello claro e la blancura de

su piel) ed è utilizzato nel testo come soprannome con valenza affettiva.

testimoniano la capacità dell’autore nel ricreare attraverso le parole scritte la spontaneità e la naturalezza del parlato.

Nell'intervista che LHC fa ad Emma Gilbert, inoltre, si trovano tra parentesi alcune didascalie proprie dei testi teatrali che aiutano il lettore a ricostruire mentalmente la scena:

EG (sonriendo): Ya sé. Era su nombre de cariño54.

LH: Oye, te ves bien cuando refunfuñas (Emma baja la mirada, se ruboriza).55

EG: Claro, La Tumba. Y no me lo vas a creer, que le van abriendo el carro y que le roban el mentado libro. ¡No juegues!, era como que le hubieran robado un amuleto sagrado (Emma no deja de reírse).56

Esemplare è l'intervista con Pablo Jaime Sáinz57 collega e amico di Magda, in

cui emerge sia il registro colloquiale sia quello gergale tipico dei giovani di Tijuana. L'uso di segnali discorsivi come Oye, pues... o Pues..., Mmm...; i tre

52 Ibidem.

53 Il DEM, Diccionario del Español de México (versione online) propone come definizione di «güero (adj y s) 1) Que tiene el pelo de color amarillo o de un tono semejante; rubio: una güera de ojos azules, los güeros del Norte, Vi la cola de un alacrán grande, nomás que güero, completamente güero, Eran unas muchachas güeras, frondosas, pero eran muy rancheras, ¡Adiós, güerita!».

54 CROSTHWAITE, Luis Humberto 2010, p. 120. 55 Id., p. 121.

56 Id., p. 122. 57 Id., pp. 111-115.

(21)

xxi puntini di sospensione per segnalare le pause; certe esclamazioni come Simón,

Uta, Arre sono manifestazione della mimesi del linguaggio parlato nella scrittura,

in quanto aiutano a riprodurre mediante una lettura ad alta voce gli elementi prosodici del discorso.

Occorre tener presente che lo spagnolo messicano è una varietà geografica dello spagnolo standard58 e si differenzia da questo soprattutto a livello lessicale,

ma anche a livello morfologico: nella lingua popolare si nota un uso/abuso di diminutivi, caratteristica condivisa con tutti i paesi dell'America Latina, che ritrova la sua manifestazione estrema nel linguaggio familiare. Questa caratteristica morfosintattica da sola può identificare l'origine latinoamericana di un testo.

Il diminutivo ha generalmente un valore affettivo e ha il potere di attenuare il tono della comunicazione; inoltre, l’alterazione è un processo di derivazione che permette di manipolare il linguaggio a fini umoristici.

Sempre nell'ambito dell'intervista a Pablo Jaime Sáinz, si riscontra un abbondante uso di diminutivi:

(1) Oye, pues gracias por darte la oportunidad de hablar de Magda un ratillo.59

Senti, beh grazie per avermi dato l'opportunità di parlare un po' di Magda.

(2) Por Magdita lo que sea.60

Per Magdita questo e altro.

(3) Éramos una bolita que [...]61

Eravamo un gruppetto che […]

(4) Lo mataron a él, su mujer y sus morrillos62.

58 Per spagnolo standard si intende lo spagnolo castigliano. 59 Id., p. 112.

60 Ibidem. 61 Ibidem. 62 Id., p. 113.

(22)

xxii Uccisero lui, sua moglie e i suoi figli.

(5) Hasta tiro de gracia les dieron a los pobrecillos63.

Gli dettero persino il colpo di grazia a quei poveretti.

(6) […] una rola de Paquita la del Barrio en la radiola64

[…] gli misi su un pezzo di Paquita la del Barrio

(7) […] para mí era la misma Magdita, una compilla bien chingona65.

[…] per me era la Magdita di sempre, la numero uno.

(8) Se dio una emputada mi amiguilla66.

Si diede un'incazzata la mia amica

(9) Ahorita ya me tengo que ir67

Adesso devo proprio andare

I termini derivati per suffissazione risultano quelli di più difficile resa in italiano, dove generalmente si propende per l'omissione e perdita del tratto marcato, privilegiando il senso.

Nel primo esempio, il diminutivo di rato, che già esprime un «espacio corto de tiempo», è stato reso con l'equivalente italiano un po', che indica anch'esso una piccola quantità di tempo ed è di uso comune nella lingua parlata. Il DEM chiarisce che rato è utilizzato nel linguaggio colloquiale soprattutto nella sua forma diminutiva.

Per quanto riguarda il secondo esempio, la traduzione di nomi propri o soprannomi carichi semanticamente pone il traduttore di fronte a una scelta: in questo caso si è optato per mantenere i nomi propri nella loro forma derivata 63 Ibidem. 64 Ibidem. 65 Id., p. 114. 66 Ibidem. 67 Id., p. 115.

(23)

xxiii (Magdita) enfatizzando la parola tipograficamente (in italico). Questa tecnica è ciò che Berman ha definito tendenza traduttiva «esotizzante», «più “ospitale” e “accogliente” piuttosto che adattare certi termini vernacolari alla cultura e alla lingua d'arrivo»68. Un'alternativa più addomesticante sarebbe stata quella di

compensare con «la mia Magda», mantenendo il nome proprio invariato e riproducendo il valore affettivo del diminutivo spagnolo. Il rischio era quello di connotare un valore affettivo che andasse oltre il semplice rapporto di amicizia, in quanto la mia denota anche proprietà ed esclusività.

Anche Paquita, diminutivo di Paca, è rimasto nella sua versione originale anche perché Paquita la del Barrio è il nome di un famoso gruppo di musica popolare messicana.

Per quanto riguarda morrillos, si è scelto di tradurre il termine con il sostantivo generico bambini, che in italiano è già in forma diminutiva lessicalizzata; questa soluzione però rinuncia alla marcatezza diafasica del termine di partenza. Nel contesto tragico in cui è inserito non è possibile tradurlo né con

marmocchi, né con monelli poiché entrambi denotano un tono dispregiativo, né

con ragazzini in quanto il termine fa riferimento a una fascia d'età che nel testo non è esplicitata.

Dagli esempi seguenti si può notare come in certi casi il diminutivo si perda nella traduzione italiana; questo perché la traduzione letterale di certi elementi non è consentita dalle norme della lingua d'arrivo. In certi casi si ricorre a tecniche di compensazione per evitare di perdere completamente il valore del diminutivo.

Nel frammento numero 6, ad esempio, si è mantenuto coerentemente con la scelta fatta in precedenza il nome proprio nella forma originale, ma si è perso il diminutivo di radiola che è stato compensato con l'uso colloquiale del verbo frasale mettere su (un disco/un pezzo) utilizzato più comunemente nel linguaggio radiofonico.

Rimanendo nell'ambito dell'alterazione, all'interno del testo si trova anche un

68 Cit. in LISI, Laura (2010), L'ospitalità linguistica: saggio di traduttologia comparata, Peter Lang, Bern, p. 328.

(24)

xxiv esempio di uso degli accrescitivi «Estábamos calladones, sin ganas de cotorrear»69

con valore intensificativo, in italiano viene rafforzato con l'uso del ci attualizzante e della particella ne e del rafforzativo tutti: «ce ne stavamo tutti zitti, senza alcuna voglia di chiacchierare». Oppure una plausibile alternativa poteva essere zitti zitti, ricorrendo alla ripetizione dell'aggettivo.

Per quanto riguarda, invece, alla neoformazione di parole, abbonda il ricorso a troncamenti come nel caso di compa che sostituisce il sostantivo compañero «Un compa dijo...»70; utilizzato anche come vocativo in «Sí, compa. No te veas tan

decepcionado...»71. Anche in italiano troviamo esempi equivalenti diversi a

seconda della regione: rega/raga/raga’ per ragazzi, utilizzato per lo più nell’area milanese o comunque nel nord Italia; o il corrispondente compa’/cumpa’ tipico del centro sud. Gli esempi sopra citati sono stati tradotti rispettivamente con «Un nostro amico disse» e «Purtroppo niente, amico», naturalizzando il termine. In generale, si è evitato di riprodurre il linguaggio vernacolo di frontiera con una variante regionale italiana per non rischiare di banalizzare il testo o «sortire involontari esiti farseschi. I dialetti, come ogni varietà locale, sono profondamente radicati nella loro terra d’origine: oppongono una strenua resistenza e si rifiutano di essere tradotti in un altro dialetto»72.

Per tradurre questa varietà si può ricorrere alle cosiddette forme colloquiali (o colloquialismi) che caratterizzano il dialogo informale e spontaneo dell’italiano neostandard, ovvero dell’italiano corrente di tono informale non trascurato73. Sono considerati colloquialismi averci per

«avere», con il cosiddetto ci attualizzante; e l’uso del pronome complemento indiretto maschile gli (a lui) al posto di le (a lei).

Il linguaggio utilizzato da Pablo Jaime Sáinz e da Emma Gilbert rispecchia

69 CROSTHWAITE, Luis Humberto 2010, p. 113. 70 Id., p. 113.

71 Ibidem.

72 CAVAGNOLI, Franca 2012, p. 85.

73 TELVE, Stefano (2011), Forme colloquiali [prontuario], in «Enciclopedia dell’italiano», dal

sito

(25)

xxv verosimilmente la varietà giovanile del linguaggio di frontiera.

I colleghi di Magda uscivano insieme, erano tutti parte della borregada, bola,

bolita74 riferito al gruppo o compagnia che soleva riunirsi periodicamente anche

solo per una birra.

Magda «era la única morra del grupo»75, cioè era l'unica ragazza del gruppo. Morro/a nel linguaggio giovanile de la calle sta per chico/a; più avanti si

ripresenta in forma alterata morrillos per indicare los niños, i figli del poliziotto massacrati insieme alla famiglia, designati anche con il termine collettivo la

plebe. Per raza, invece, si intende la gente, le persone.

L'età dei parlanti è uno dei fattori sociali che più incide nell'uso di una lingua all'interno di una comunità linguistica. All'interno dei vari gruppi generazionali, i giovani rappresentano il gruppo di maggior interesse per gli studi sociolinguistici.

Le particolarità linguistiche proprie di questo gruppo sono strettamente relazionate con il senso di appartenenza e l'aspirazione al riconoscimento da parte del gruppo. Nei giovani si nota un uso preponderante di forme che si allontanano dalla norma linguistica, ma l'aspetto che più richiama l'attenzione da parte dei sociolonguisti è la sua duplice condizione di varietà linguistica povera da un punto di vista lessicale, da un lato, e di fonte inesauribile di arricchimento del linguaggio colloquiale, dall'altro. Il linguaggio giovanile è una dimostrazione dello spirito critico e ribelle tipico dei giovani, la necessità di distinguersi e di trasgredire la norma.

Non si tratta di una varietà omogenea: subentrano chiaramente altri fattori come la classe sociale di appartenenza, il livello di studio, la provenienza geografica, l'attività svolta e i mezzi con cui si muovono i giovani. La scelta di una variante lessicale piuttosto che un'altra dipende dalla visione del mondo di un movimento giovanile, dall'appartenenza a un certo gruppo socioculturale (variazione diastratica), dai contesti comunicativi (variazione diafasica) eccetera. Si parla quindi di un insieme di varietà linguistiche che sono accomunate dall'ambizione di appartenenza e dalla solidarietà del gruppo.

74 Id., pp. 112-113. 75 Ibidem.

(26)

xxvi La varietà giovanile in senso stretto si colloca in un punto di intersezione fra piú fattori di intersezione e può essere definita come la varietà di lingua, per lo più orale, usata dagli appartenenti ai gruppi giovanili in determinate situazioni comunicative (conversazioni spontanee all'interno del gruppo principalmente sui temi centrali della condizione giovanile, quali la scuola, l'amore, il sesso, le amicizie, l'attività sportiva, eventualmente la droga, ecc)76

Il linguaggio dei giovani si caratterizza per un uso abbondante di neologismi, di parole effimere, momentanee, di colloquialismi, di forestierismi e di regionalismi.

Il neologismo è una nuova unità lessicale che contribuisce al cambiamento linguistico e consente a una lingua di rimanere viva77. Si possono trovare

neologismi lessicali, che consistono nella formazione di una parola nuova attraverso alcuni meccanismi morfosintattici come la suffissazione, la composizione, il prestito o la creazione di unità polirematiche; o neologismi semantici, nel caso in cui venga affibbiato un nuovo significato a una parola già esistente.

Il lessico è un sistema aperto condizionato dalla costante tensione tra forze innovative e forze conservative con il rischio che molti neologismi tendano a scomparire nell'arco di un breve periodo, come nel caso del linguaggio giovanile.

Il compito del traduttore di fronte a tali problematiche è quello di tentare di conservare il più possibile la freschezza ed espressività dei dialoghi rendendosi invisibile e allontanandosi quando occorre dal testo. Il risultato dovrà restituire al lettore italiano un effetto equivalente a quello percepito dal lettore del testo di partenza, attraverso l'uso di un italiano altrettanto vivo e spontaneo.

76 Cit. in BAZZOCCHI, Gloria (2010), Quale italiano per tradurre José Ángel Mañas?, in «AISPI. Actas XXIII», p. 19, dal sito http://cvc.cervantes.es/literatura/aispi/pdf/22/II_03.pdf

(ultima consultazione in data 13/04/2014).

(27)

xxvii

I turpiloqui

Son las malas palabras, único lenguaje vivo en un mundo de vocablos anémicos. La poesía al alcanze de todos.

El laberinto de la soledad,

di Octavio Paz

Sono elementi tipici del parlato anche certi termini volgari e irriverenti, dalla semplice imprecazione all'espressione pesante e offensiva, che rappresentano per il traduttore un problema ricorrente. In certi casi il turpiloquio è un'abitudine linguistica. Alcune voci vengono usate come intercalari desemantizzati, conferendo al discorso un grado maggiore di intensità e informalità.

Tutte queste espressioni portano con sé una forte carica emotiva, esprimono sentimenti e stati d'animo intensi, e generalmente sono legate a situazioni di violenza, aggressività, disprezzo e rabbia.

Tali espressioni a volte possono essere sottoposte a interdizione linguistica o censura per il disagio psicologico (dettato da fattori quali il timore, il senso religioso, il pudore o l'imbarazzo) che possono arrecare a potenziali lettori o interlocutori. Di fronte a tali espressioni è necessario valutare quale sia la finalità della traduzione e a quale tipo di pubblico è rivolta: nel caso si tratti di un testo per bambini, la parola o espressione potrà essere inibita o tabuizzata, attenuandone la volgarità; anche se questa soluzione riduce, a livello stilistico, l’originale carica espressiva.

Maria Pavesi e Anna Lisa Malinverno in uno studio sul doppiaggio78, hanno

analizzato le funzioni che certe parole tabu assumono nel dialogo cinematografico come riflesso di quanto accade nell'uso reale dei parlanti.

Possono avere una funzione descrittiva, vocativa o di interiezione. L’unica differenza tra queste funzioni è che le prime due possono avere un destinatario e scatenare una reazione da parte dell’interlocutore in quanto offensive, mentre le

78 Cfr. PAVESI, Maria – MALINVERNO, Anna Lisa, Usi del turpiloquio nella traduzione filmica, Università degli studi di Pavia, pp. 75-90,

https://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/9221/1/Pavesi_Malinverno.pdf (ultima consultazione in data 27/03/2014).

(28)

xxviii interiezioni possono limitarsi a semplici imprecazioni o esclamazioni con valore intensificatore.

Nei film generalmente i turpiloqui (o palabrotas) abbondano nei contesti di strada, nelle vicende di spionaggio, di mafia e di droga, in bocca a personaggi della malavita, prostitute, barboni eccetera. Inoltre, da tale studio in ambito cinematografico, è emerso che il turpiloquio è diffuso più tra i giovani e più tra gli uomini.

Si fa riferimento a questo studio poiché queste considerazioni possono essere applicate anche alla traduzione di testi narrativi, in cui l’autore, senza censure, riflette, attraverso la voce dei suoi personaggi, l’uso della lingua viva.

In Tijuana: crimen y olvido la violenza e volgarità del linguaggio emerge dai personaggi “cattivi” della storia: Edén Flores e Valentín Rosales.

Il linguaggio estremamente volgare utilizzato da questi personaggi è caratterizzante: vi è un uso abbondante di interiezioni e volgarismi quali chingar e derivati, cabrón, pendejo, pinche tipici della variante messicana dello spagnolo. L'uso di queste espressioni non è esclusivo però della frontiera, è comune in tutto il Messico. Per questo motivo, anche nella traduzione si è optato per tradurre queste espressioni con espressioni italiane equivalenti, appartenenti al piano “generale” del linguaggio giovanile italiano, costituito da un lessico di “lunga durata” condiviso e utilizzato a livello nazionale79. Si è cercato di non inibire la

carica espressiva del linguaggio in quanto è caratterizzante dei personaggi sopracitati, entrambi appartenenti alla malavita.

Confrontando la traduzione oggetto di questa tesi con quella di Balas de plata e di El cartel del Pacífico di Élmer Mendoza, scrittore contemporaneo e principale esponente del romanzo noir, ho notato che certe espressioni colloquiali, come ad esempio l'uso di cabrón, pinche eccetera, sono state mantenute nella lingua originale e riportate in corsivo. Mantenere la parola cabrón in corsivo potrebbe creare nel lettore italiano un certo effetto di straniamento. Per chi non ha mai sentito parlare lo spagnolo potrebbe dare adito a fraintendimenti e ad associazioni equivoche, data la vicinanza tra le lingue, o alla mancata comprensione di certi

(29)

xxix passaggi.

In questo caso il traduttore ha deciso di adottare tecniche stranianti o esotizzanti, integrando nel testo d'arrivo un elemento estraneo, al tempo stesso trasparente e opaco: «trasparente perché lascia intravedere il testo di partenza; opaco perché il suo significato non è immediatamente chiaro al lettore della traduzione come poteva esserlo ad alcuni dei lettori dell'originale»80.

Nell'ambito della traduzione di Tijuana: crimen y olvido la scelta è stata quella di adottare tecniche addomesticanti, ricercando un equivalente funzionale italiano che avesse lo stesso grado di diffusione. Il termine volgare cabrón è stato tradotto con stronzo, testa di cazzo, quando all’interno dell’enunciato era concepito come offesa, con funzione vocativa.

Nei casi in cui il turpiloquio è stato utilizzato come interiezione o esclamazione è stato tradotto con merda!, cazzo!.

Nella frase «está cabrón lo que pasó a Magda»81, invece, il termine assume

tutt’altro significato, ed è stato tradotto con «è assurdo quello che è successo a Magda»,

I dialoghi con Edén Flores sono densi di turpiloqui. In una delle scene ambientate al Club 13, una cantina dell'Avenida Revolución, in cui Edén Flores aveva dato appuntamento a Juan per parlare del libro che gli aveva commissionato, il vecchio inizia a parlare del suo passato, della guerra in Corea in cui aveva dovuto uccidere per sopravvivere:

En la guerra cualquier pendejo puede matar […] pero en realidad eso no es matar, muchacho, es defenderse, es andar pendejeando. Matar es pararte frente a un cabrón y darle un balazo entre los ojos, saber a quién te estás chingando, a quién le robas la vida82.

In guerra qualsiasi coglione può uccidere […] ma in realtà quello non è uccidere, ragazzo, è difendersi, è cazzeggiare. Uccidere è fermarti davanti a un bastardo e

80 MORINI, Massimiliano 2007, p. 201.

81 CROSTHWAITE, Luis Humberto 2010, p. 114. 82 Id., p. 176.

(30)

xxx sparargli un colpo in mezzo agli occhi, è sapere chi stai facendo fuori, a chi stai rubando la vita.

Ah cabrón -exclama el viejo, sobresaltado […]

[…] la maldad existe y puede estar en un policía, en un maestro, en tu abuelita o en una pinche monja83.

«Ah merda» esclama il vecchio, di soprassalto […]

[…] la cattiveria esiste e può essere in un poliziotto, in un maestro, nella tua nonnina o in una fottuta suora.

Caín mató a su hermano no por malo sino porque lo tenía hasta la chingada [...]84

Caino uccise suo fratello non perché era cattivo, ma perché gli aveva rotto le palle […]

Il linguaggio di Edén Flores rispecchia la violenza del mondo a cui appartiene.

Il vasto repertorio gergale dello spagnolo messicano include anche uno dei verbi più utilizzati in Messico, il verbo chingar e i suoi derivati.

Il verbo chingar ha una pluralità di significati, ma nella sua accezione generica connota aggressione e corrisponde nella maggior parte dei casi al verbo

joder castigliano. Nel IV capitolo de El laberinto della soledad, intitolato Los hijos de la Malinche, Octavio Paz dà una definizione del verbo in questi termini:

[...] chingar es hacer violencia sobre otro. Es un verbo masculino, activo, cruel: pica, hiere, desgarra, mancha. Y provoca una amarga, resentida satisfacción en el que lo ejecuta. Lo chingado es lo pasivo, lo inerte y abierto, por oposición a quien chinga, que es activo, agresivo y cerrado85.

83 Id., p. 177. 84 Ibidem.

(31)

xxxi Il Diccionario del Español del México presenta quattro accezioni del verbo all'infinito: la prima è quella di dare fastidio o fare male gravemente a una persona, come negli esempi citati «Hay cabrones que nomás lo están a uno

chingue y chingue», «¡No me chingues, necesito dinero!», «¡Vete a chingar a otra

parte!»; la seconda è quella di violentare abusare sessualmente di una persona come in frasi «Me chingué a la pinche vieja», «¡Vete a chingar a tu madre!»; nella versione riflessiva significa sacrificarsi in modo estremo «Yo me chingo trabajando día y noche y tú te gastas todo el dinero» o fallire o rompere qualcosa come negli esempi proposti: «Se chingó el negocio», «Se me chingó el motor en plena carretera86».

L'aspetto più interessante di questo verbo è che da esso derivano numerosi volgarismi, o espressioni gergali, comuni in tutto il Messico e propri del linguaggio giovanile.

Nel testo di Crosthwaite se ne trovano diversi come «ya ni la chingan», «chingón/chingona», «¡chingado!», «tener alguien hasta la chingada», «mandar algo/alguien a la chingada», «chingar alguien», «no la chinges», «chingadera», «chingada madre», «hijo de la chingada», «Qué chingados...?». In quasi tutti i casi il valore è negativo-dispregiativo, ad eccezione di «chingón/a» che denota ammirazione nei confronti di una terza persona o presunzione nel caso sia rivolto a sé stessi.

Insostituible adjetivo, que también se usa como sustantivo, que designa en alto grado las características de una persona, situación o cosa de tal modo que deje corto todo lo demás. Si quien lo aplica lo hace para sí mismo, puede significar presunción o prepotencia, pero si lo atribuye a un tercero denota admiración.87

Dagli esempi che ne dà il Chingonario si potrebbe tradurre il termine

Fondo de Cultura Económica, México, p. 85.

86 Diccionario del Español de México (DEM), dal sito http://dem.colmex.mx (ultima consultazione in data 14/04/2014).

87 MONTES DE OCA, María Pilar (2010), El chingonario. Diccionario de uso, reuso y abuso del

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