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Cap. 4 – Il Settecento

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Cap. 4 – Il Settecento

4.1 - DOMENICO BRUGIERI

Il nome di Domenico Brugieri (1678-1744) compare in tre diversi inventari. Nonostante la relativa esiguità del suo catalogo, costituito prevalentemente di opere a carattere religioso, è annoverato tra i protagonisti della cultura figurativa lucchese della prima metà del Settecento, assieme a Giovanni Domenico Lombardi. La più antica biografia del Brugieri, peraltro piuttosto sintetica, è compilata all’inizio dell’Ottocento da Antonio Nicolao Cianelli. La vita pubblicata da Tommaso Trenta nel 1822 ribadisce le notizie fornite dal Cianelli senza apportarvi contributi originali.1

Secondo la testimonianza del Cianelli, il Brugieri si recò fuori Lucca per dare compimento alla sua formazione, trasferendosi a Roma e studiando “prima nella scuola di Lazzaro Baldi e poscia in quella di Carlo Maratta; sotto la direzione dei quali stette circa nove anni”. Successivamente soggiornò a Bologna “dove si trattenne per due anni a perfezionarsi presso Gio[seffo] Lorenzo dal Sole”, per poi ritornare a Lucca attorno ai primi anni del Settecento.2

Le fonti menzionano diverse opere realizzate per edifici sacri mentre forniscono notizie scarse in merito alla produzione di dipinti da stanza. Domenico Agostino Cerù, a fine Ottocento, asserisce che il pittore dipinse “eziando varii quadri da Galleria”,3

senza fornire ulteriori indicazioni. Nicolao Cerù ribadisce la notizia, precisando che “in casa Conti esisteva di lui un quadro rappr[esentante] Caino che uccide Abele con sopra il Padre Eterno ed Angeli che fu pagato 24 Livornini, due quadri in casa Talenti rappr[esentanti] Storia sacra”.4

1 BSLu, Cianelli, Ms. 1918 cc. 93 v.-94 r. e Trenta 1822, VIII, pp. 168, 202. Cfr. Betti 2007, pp.

131-132.

2 BSLu, Cianelli, Ms. 1918, c. 93 v.

3 ASLu, Cerù, Ms 194. Cfr. Ambrosini 2006, nota 5, p. 220.

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Gli inventari che ho consultato confermano la scarsa presenza di opere attribuite al Brugieri nelle collezioni, oltretutto accompagnando la menzione delle opere di valori di stima bassi.

Nel 1750, tra le “Pitture che si assegnano al Signore Gio[vanni] Stefano Conti”, è menzionato un “quadro alto B[racci] 2 3/3 e largo B[racci]a 2 fatto in Lucca [da] Domenico Brugieri rappresenta l’omicidio di Caino con sopra il Padre Eterno in atto di chiamarlo attorniato da Angeli” (37 Lire, 13 Soldi, 4 Denari).5 La nota dei “Quadri del Sig[nore] Stefano Conti” risalente al 1768 circa, conferma la presenza del “quadro di figura mezzo (al) naturale rappresentante l’omicidio di Caino con sopra il Padre Eterno ed angeli [che] fu pagato 24 Livornini.”6 Il quadro fu commissionato nel 1718 da Stefano Conti, il quale corrispose al pittore 174 Lire e Soldi 13 (fig. 227).7

L’“Inventario e stima dei Mobili, Stagni Rami, Spoglio, Argenti, Lingerie, et

altro, attenenti all’eredità del fu molto reverendo Sig[nore] Giuseppe Maria Carbonara, et esistenti nella Casa già dal medesimo abitata in quella Città di Lucca”, compilato nel 1794, segnala un “quadro traverso con cornice dorata alla

Romana, che figura Lott, e altre figure”.8 Il dipinto è attribuito al “Brugieri vecchio” per distinguerlo dal figlio Federico, “Brugieri giovane”, anch’egli pittore.9

5

ASLu, Archivio Garzoni, 67, fasc. 8, II, Pitture che si assegnano al Signore Gio[vanni] Stefano

Conti, 1750, cc. 69-75. Vedi Appendice Documentaria, n. 22.1.

6 ASLu, Archivio Guinigi, 295, Nota dei quadri esistenti nelle chiese e nelle case di Lucca,

elencate alfabeticamente, 1768 (?), cc. 108-116. Vedi Appendice Documentaria, n. 22.4.

7 La tela, ora a Vicopelago, villa Bernardini, è stata rintracciata da Betti 2005, pp. 121-123. Cfr.

Ambrosini 2006, nota 9, p. 220. Anche i fratelli di Stefano Conti finanziarono alcune opere realizzate dal Brugieri a Lucca. Il ciclo di tele per il coretto dell’oratorio della Santissima Trinità, scoperto il 25 maggio 1709, fu patrocinato da Bartolomeo, mentre il fratello padre Giuseppe Antonio contribuì a finanziare le spese di scudi 45 per la realizzazione di sei quadri (quattro piccoli) destinati alla chiesa di Santa Maria Corteorlandini. Cfr. Ibidem, p. 220.

8 ASLu, Pubblici Banditori, 50, Inventario e stima de i Mobili, Stagni Rami, Spoglio, Argenti,

Lingerie, et altro, attenenti all’eredità del fu m[o]lto Reverendo Sig[no]re Giuseppe M[ari]a Carbonara, et esistenti nella Casa già dal med[esim]o abitata in q[ues]ta Città di Lucca, posta in Parrocchia di S[anta] Maria Forisportam, luogo detto in Piaggia Romana, e p[er] contro la Casa Garzoni, 1794, cc. 1-25. Vedi Appendice Documentaria, n. 20.

9 L’“Inventario di Mobili, Argenti, Biancheria e d’altro dell’eredità del fu Sig[nore] Giuseppe

Pini ritrovato nella sua casa in Lucca”, compilato il 5 ottobre 1778, ricorda difatti “Due quadri

rappresentanti uno Ercole opera del Sassone e l’altro la Fucina di Vulcano opera del Brugieri giovane con cornice come sopra di altezza B[racci]a 2 2/3, e di larghezza B[racci]a 1 3/4” valutati complessivamente 67 Lire e 10 Soldi. Vedi Appendice Documentaria, n. 36. Cfr. Betti 2005, p. 157.

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Il nome del Brugieri compare in veste di copista nella “Nota de i Quadri

dell'Appartamento buono” compilata da Giacomo Sardini alla fine del Settecento.

Il marchese indica di aver commissionato al pittore l’esecuzione di “una copia” della tela raffigurante la “Madonna col Bambino S[an] Rocco, e S[an] Sebastiano

di […] Zacchia”, posta sull’altare della Pieve di Santo Stefano, pagandolo

“Z[ecchini] 8”.10

10 ASLu, Archivio Sardini, 83, 46, Nota de i Quadri dell’Appartamento buono, XVIII-XIX sec.,

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4.2 - FRANCESCO GIBERTONI

Attivo nella prima metà del Settecento, Francesco Gibertoni (1694-1763) non ricopre una posizione di primo piano nel panorama artistico locale.

Poiché le fonti relative alla storia della cultura figurativa lucchese forniscono indicazioni assai scarse, la sua vicenda biografica e professionale rimane ad oggi assai poco chiara.

Secondo il Cianelli, Gibertoni “studiò con buon successo la Pittura da Antonio Franchi, colorì con buon gusto figure, ma con maggior genio fece i Paesi, e simili altre cose a bell’ornati”, riferendo che in età avanzata, nella speranza di procacciarsi più prestigiose commissioni, si trasferì a Pisa, dove morì nel giugno del 1763. Lo storiografo attribuisce all’artista i riquadri (senza specificare se su tela o a fresco) raffiguranti episodi della vita di San Giacomo Minore nell’omonima cappella della Certosa di Farneta presso Lucca e un dipinto raffigurante il Beato Andrea de[i] Conti nella chiesa di San Francesco a Pescia.11 Verso la fine dell’Ottocento, il Cerù si limita a ricordare la permanenza del pittore presso la bottega di Antonio Franchi, senza fare alcun riferimento alle opere da lui realizzate.12

Un breve elenco delle opere eseguite dall’artista è ricavabile da una nota autografa dello stesso Gibertoni, ricavata dal manoscritto di Tommaso Francesco Bernardi, in cui si ricorda la sua attività nel campo della pittura murale, la decorazione di tre sale nella Villa a Segromigno per il marchese [Luigi] Mansi, “una stanzina al Sig[nore] Buonvisi” che la Betti identifica nella volta di passaggio al piano nobile della villa al Giardino in cui sono rappresentati Giunone, Diana e Apollo e putti alludenti alle Stagioni, “una [stanzina] per il Sig[nore] Talenti” che riguarda la decorazione dei soprapporta (amorini con fiori, uno specchio e un uccellino) sistemati nella camera da letto di Bartolomeo Talenti e di sua moglie Maria Isabella Provenzali, e “quaranta paesi al Sig[no]re B[ernardi]no Santini”.13

11 BSLu, Ms 1918, c. 256 r.

12 ASLu, Cerù, Ms 193, Gibertoni Francesco.

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Allo stato attuale delle ricerche, si riconoscono all’artista le decorazioni a grottesca con figurine fantastiche, motivi vegetali e animali esotici raffigurate sulle pareti delle sale al piano terreno della Villa Mansi a Segromigno in Monte (fig. 228), le decorazioni di palazzo Talenti (figg. 229-231) e della villa al Giardino dei Buonvisi, oggi Bottini (fig. 232), e le tre tele raffiguranti episodi della VIA CRUCIS (Gesù confortato dalla Veronica, Gesù beve da un calice e

Gesù inchiodato alla croce) eseguita nel 1718 per la chiesa di San Francesco in

collaborazione con Giovan Domenico Lombardi e Francesco Del Tintore (ora presso la Curia Arcivescovile).14 Borella e Giusti Maccari ricordano inoltre che il Gibertoni fu attivo di frequente per i Mansi, realizzando diversi quadri di genere, nature morte e decorazioni a fresco. Insieme al Vetturali, inoltre, il pittore si occupò di compiere le operazioni di restauro e riadattamento dei quadri in possesso di questa famiglia.15

Se si consultano gli inventari, si può riscontrare che al Gibertoni sono sopratutto attribuite pitture di argomento sacro e di paesaggi. In minor misura compaiono voci relative a scene di genere e nature morte con animali. Una produzione composta da un’alternanza di generi che al momento risulta irreperibile.

Nel 1734, Lorenzo Sardi per la decorazione della sua villa a San Martino in Vignale effettuò un pagamento di 73 Lire 6 Soldi e 8 Denari a favore del “prete

Gibertoni p[er] pittura alla Chinese sopra il Camino di marmo nella saletta”.

La voce non identifica con chiarezza la tecnica di pittura, quindi non sappiamo se ci troviamo di fronte ad un affresco, pittura murale o dipinto su tela. Per quanto riguarda il soggetto, la menzione di “pittura cinese” dovrebbe rimandare ad una rappresentazione costituita da figure fantastiche, animali, e motivi vegetali.16

14 Borella-Giusti Maccari 1993, pp. 170 e 172; Betti 2007, p. 227-229. Per le tele riguardanti la Via

Crucis, cfr. Lera 1978, pp. 93-100.

15

Borella-Giusti Maccari 1993, pp. 127-128.

16 ASLu, Archivio Sardi, Note di spesa, 68, 1734-1739, cc. 8-25. Vedi Appendice Documentaria,

n. 38. L’inventario è stato meritoriamente citato e in parte trascritto da Ambrosini (2006) e da Betti (2013). Cfr. anche Betti 2007, p. 228.

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L’“Inventario e stima delli mobili attenenti all’eredità del fu nobile e illustrissimo

Sig[nore] Cav[aliere] Bartolomeo Maria Bottini esistenti nella sua propria casa posta in Lucca”, compilato nel 1768, al numero 57 dell’inventario menziona “Due quadri bislunghi di Gibertoni con cornice alla Romana tinta gialla profilata a acquetta”.

Come si vede, non è fornita indicazione alcuna sul soggetto anche se la valutazione di stima, decisamente bassa, di 18 Lire, che accompagna la voce fa pensare possa trattarsi di opere di genere, forse paesaggi.17

Al 1778 risale invece l’“Inventario di Mobili, Argenti, Biancheria e d’altro

dell’eredità del fu Sig[nore] Giuseppe Pini ritrovato nella sua casa in Lucca” che

ricorda “Due quadri rappresentanti bestiami opere del Gibertoni con cornici

come sopra [cornici intagliate e dorate a acquetta] di altezza B[racci]a1 1/2 e di

larghezza B[racci]a3” valutati 60 Lire. Come si è visto, questo specifico genere

di pittura fu praticato da più d’uno degli artisti lucchesi del settecento (Castellotti in particolare), sulla scia delle opere del veneziano Giovanni Agostino Cassana che si trovavano nella collezione di Stefano Conti.18

L’inventario relativo ai beni “mobili di attinenza al fedecommesso ordinato dalla

F[elice] M[emoria] del fu Sp[ettabi]le Francesco Rustici”, redatto nel 1782,

ricorda ben cinque quadri grandi raffiguranti “vedute di Boschi, e monti, con

Figure Villarecce con loro cornice come sopra [cornice gialla alla Romana

dorata]”, definiti “assai scuri” e “creduti del Gibertoni”.Ai dipinti si attribuisce

una valutazione complessiva di 52 Lire e 10 Soldi, assai bassa, forse dovuta anche alle condizioni non ottimali di conservazione.19

17

ASLu, Pubblici Banditori, 44, Inventario e Stima delli Mobili attenenti all’Eredità del fu

Nob[il]e e I[llustrissi]mo Sig[nor]e Cav[alier]e Bartolomeo M[ari]a Bottini esistenti nella sua propria casa posta in Lucca in Parro[cchi]a di S[anta] M[ari]a Corteorlandini, 1768, cc. 1-27.

L’inventario è stato meritoriamente citato da Nelli (2007) senza offrire nessuna trascrizione. Vedi Appendice Documentaria, n. 18.

18 ASLu, Pubblici Banditori, 46, Inventario di Mobili, Argenti, Biancheria e d’altro dell’Eredità

del fu Sig[nore] Giuseppe Pini ritrovato nella sua casa in Lucca, 1778, cc. 1-15. Vedi Appendice

Documentaria, n. 36.

19

ASLu, Pubblici Banditori, 47, Inventari e Stime delli mobili di attinenza al Fedecommesso

ordinato dalla F[elice] M[emoria] del fu Sp[ettabi]le Silvestro Rustici passato a mig[lio]r vita lì 14 Dec[embr]e del Sudd[ett]o Anno, 1780, cc. n.n.. L’inventario è stato meritoriamente citato da

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Nell’“Inventario de[i] Mobili esistenti nel Palazzo dall’Inverno” di proprietà di Francesco Buonvisi, risalente al 1790, è attribuito al Gibertoni un “quadro inciso

in scagliola colla Vergine, il Bambino, ed Angeli che li mostrano La Croce

seg[na]to col N°150”, senza valutazione alcuna.20

Nel 1794, l’inventario relativo ai “Mobili, Stagni Rami, Spoglio, Argenti,

Lingerie, et altro, attenenti all’eredità del fu molto reverendo Sig[nore] Giuseppe Maria Carbonara, et esistenti nella Casa già dal medesimo abitata in quella Città di Lucca” elenca quattro opere del Gibertoni, “Due quadri per dritto con cornice intagliata e dorata, uno figura l’Angelo custode, l’altro la Sacra Famiglia”, e

“Due quadretti, alti B[racci]a 1 circa con cornice dorata, figuranti invenzioni

capricciose”.21

Giacomo Sardini, nella “Nota de i Quadri dell’Appartamento buono” del suo palazzo, risalente ai secoli XVIII-XIX, menziona “Due Quadri di conigli” che l’erudito riferisce inizialmente alla “Scuola del Cassana” per poi assegnarli al Gibertoni. Il Sardini ricorda di averli pagati “9 Zecchini”.22

L’“Inventario e stima dei mobili di proprietà del Sig[nore] Ascanio Lippi [della]

casa di Lucca a Porta S[an] Pietro”, compilato nel 1805, riferisce dell’esistenza

di due bambocciate del Gibertoni. Si tratta di “Due” quadri “traversi

[raffiguranti] Osterie [con] cornice alla romana dorata”, valutati 7 Lire e 10

Soldi.23 Alla determinazione di un valore di stima così basso contribuisce di certo il più generale mutamento degli orizzonti di gusto, a queste date saldamente ancorato a moventi di cultura neoclassica assai distanti, per non dire opposti, da quanto i dipinti del Gibertoni dovevano mostrare.

20 ASLu, Archivio dei Notari, II, Inventario degli arredi dei palazzi Buonvisi “d’inverno” e

“d’estate” e della villa “al giardino”, 1790. Vedi Appendice Documentaria, n. 19.2.

21 ASLu, Pubblici Banditori, 50, Inventario e stima de i Mobili, Stagni Rami, Spoglio, Argenti,

Lingerie, et altro, attenenti all’eredità del fu m[o]lto Reverendo Sig[no]re Giuseppe M[ari]a Carbonara, et esistenti nella Casa già dal med[esim]o abitata in q[ues]ta Città di Lucca, posta in Parrocchia di S[anta] Maria Forisportam, luogo detto in Piaggia Romana, e p[er] contro la Casa Garzoni, 1794, cc. 1-25. Vedi Appendice Documentaria, n. 20.

22 ASLu, Archivio Sardini, 83, 46, Nota de i Quadri dell’Appartamento buono, XVIII-XIX sec.,

cc. 8-12. Vedi Appendice Documentaria, n. 39.

23

ASLu, Pubblici Banditori, 52, Inventario e stima de[i] mobili di proprietà del Sig[nore] Ascanio

Lippi fatto per ordine del Sig[nore] Matteo Santini economo, nella casa di Lucca a Porta S[an] Pietro, e luogo detto al Magazzeno nuovo, ora quartiero de[i] soldati, 1805, cc. n.n.. L’inventario

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4.3 - GIOVAN DOMENICO LOMBARDI

Esponente di assoluto rilievo nel panorama figurativo lucchese della prima parte del Settecento, Giovan Domenico Lombardi (1682-1751) detto l’Omino, è paragonabile per la “versatilità del repertorio tematico e per l’alto livello qualitativo registrato nella sua produzione, a Pietro Paolini, che ne era stato dominatore indiscusso nei decenni centrali del secolo precedente”. Il Lombardi si configura come un artista poliedrico, impegnato, sia nella decorazione a fresco, sia nella pittura su tela, nell’esecuzione di opere di soggetto religioso e storico, di scene di genere, bambocciate, paesaggi e nature morte, ritratti, come dimostra l’estesa campionatura di opere a lui attribuite.24

Sul Lombardi, il Lanzi esprime un giudizio lusinghiero ricordando che se il pittore “non visse nella luce di Roma come il cav[aliere] Batoni suo allievo,[...] n’era degno al par[i] del Batoni o più.” Prosegue indicando che “formò lo stile su gli esempi del Paulini, e lo migliorò studiando in Venezia gli ottimi coloritori e osservando anche i Bolognesi. Il genio di questo artefice, il gusto, il caratter[e] grande e risoluto comparisce in varie tele dipinte ne[i] suoi anni migliori e con vero impegno.” A sostegno di un simile giudizio, evidentemente favorevole, Lanzi ricorda le due grandi tele raffiguranti Storie del Beato Bernardo Tolomei, eseguite per la chiesa lucchese di San Ponziano, ed ora conservate nel coro di San Romano. A conclusione della voce, lo storiografo introduce un elemento di critica, ritenendo che il Lombardi abbia “invilito sì degno pennello a far quadri di ogni prezzo”.25

Se si scorrono le scarse notizie riportate dal Cianelli, e riprodotte fedelmente dal Trenta, il pittore ricevette “i principali ammaestramenti dell’arte sotto la direzione di Giovanni Marracci”, poi si spostò in Lombardia ad “osservare seriame[n]te i dipinti di quei valenti Professori, dall’attenta considerazione de quali acquistò una maniera più vaga di colorire”.

24 Betti 2008e, pp. 92-105. Cfr. Filieri 2002c, pp. 60-61. Sulla decorazione a fresco dei palazzi

lucchesi ad opera del Lombardi, vedi Betti 2007, pp. 185-272.

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Una volta tornato in patria il Lombardi “fu con ragione impiegato in pubblico, et in privato, et in tale occasione fece spiccare il suo Talento” dipingendo anche “molto per paesi oltramontani”.26

Sullo scorcio dell’Ottocento il Cerù, oltre a ricordare le opere destinate agli edifici sacri, ricorda “Due ritratti in Casa Mazzarosa”, un “Ritratto a disegno in casa Sardini” e l’esecuzione di alcuni “quadri rappr[esentanti] brigate di sonatori, giocatori e di altro genere”, confermando la loro destinazione verso “paesi oltramontani”.27

Agli inizi del Novecento Oreste Marracci pubblica un volumetto contenente le vite di Giovanni Marracci e del Lombardi, con il dichiarato intento di rivalutare l’operato “di due [dei] nostri più bravi pittori”. A proposito dell’Omino l’autore accenna brevemente all’attività svolta dal pittore a Lucca, ricordando che questi “fu incaricato di compiere alcune opere per chiese, lavorò per famiglie, e i suoi lavori, veramente pregevoli, furono stimati”. Non essendo sufficiente il lavoro su commissione per far fronte alle spese quotidiane, “l’artista si dava a dipingere fiori e frutta e quadri di genere per l’esportazione. Non fu colpa dell’artista, ma dell’ambiente, se, in mancanza di importanti allocazioni, dovette abbassare il suo pennello, fino al quadretto di natura morta, facilmente commerciabile, o alla decorazione estemporanea di soffitti nelle case lucchesi”.28

In tempi recenti la figura del Lombardi è stata oggetto di studio da parte di diversi studiosi, grazie ai quali è ora possibile avere un quadro più approfondito della sua produzione e della molteplicità dei temi che l’artista ebbe a raffigurare durante la sua carriera.29

Per quanto riguarda gli inventari, Lombardi è presente, in larga prevalenza, con opere di soggetto allegorico, scene di genere e bambocciate, anche se non mancano alcuni esempi di pittura devozionale, ritratti e, in misura ridotta, paesaggi.

26 BSLu, Ms 1918, c. 93 v; Trenta 1822, VIII, p. 138; Ambrosini 2006, p. 221. 27

ASLu, Cerù, Ms 193, Lombardi Giovan Domenico.

28 Marracci 1902, pp. 8, 22.

29 Meloni Trkulja 1994, pp. 328-333; Martini 1994, pp. 16-22; Crispo 2004, pp. 207-221; Crispo

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L’“Inventario dei quadri di Autori diversi appartenuti al Card[inal]e Orazio

Filippo Spada”, compilato nel 1716, attribuisce al Lombardi tre dipinti con

soggetto religioso: “Un quadro di Palmi 3 rappresenta la Beata Verg[in]e delle

Missioni portata in simile congiuntura dal P[ad]re Paolo Segneri”, “Una Natività del Sig[no]re con molte Figurine”, “Un quadro di Palmi sei e quattro in circa col

Sig[nore] nel deserto” quest’ultima definita “pittura assai buona”.30

I dipinti non sono attualmente identificabili anche se la Natività potrebbe essere riconosciuta in via delle numerose tele di quel soggetto eseguite dal pittore.

Allo stato attuale delle conoscenze sappiamo che i dipinti raffiguranti il tema della nascita di Cristo si riconducono al numero di sei esemplari. Queste tele sono comparse sul mercato antiquario, e, tuttora, due di esse si conservano a Lucca. Un’Adorazione dei pastori si trova nel Museo Nazionale di Palazzo Mansi (fig. 233), e una Sacra Famiglia è confluita nella Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (fig. 234), passando dal mercato antiquario romano (Finarte, Roma, 13 aprile 1999, lotto 438). Sulla base delle dimensioni ridotte e del formato orizzontale, Betti e Giusti Maccari prendono in considerazione l’ipotesi che i due dipinti provengano da una committenza privata.31

30 BSLu, Ms 3299, 4, Inventario dei quadri appartenuti al Card[inal]e Orazio Filippo Spada

lasciati da esso in Lucca nelle mani dei suoi Sig[nori] Fratelli Ab[bate] Bartolom[e]o e Gio[vanni] Batt[ist]a Spada, 1716, cc. 1-4. Vedi Appendice Documentaria, n. 40.

Sullo scorcio del secondo decennio del Settecento, grazie alla mediazione del cardinale Orazio Filippo Spada, che tra il 1714 e il 1724 occupò il seggio vescovile di Osimo, l’Omino riuscì ad espandere la propria attività al di fuori dei confini della Repubblica. Due opere farebbero pensare a una sua dimora nelle Marche tra il 1719, anno in cui dipinge la Crocifissione con la Vergine, la

Maddalena e San Giovanni Evangelista, condotta per l’altare della famiglia Sinibaldi, nella chiesa

di San Giuseppe da Copertino, e il 1720, quando lo Spada dona alla cattedrale un suo Martirio dei

Santi Vittore e Corona (Osimo, Museo Diocesano). Cfr. Betti 2003a, pp. 15-16; Crispo 2004, p.

210.

31 Giusti Maccari 2002d, p. 56; Betti 2008e, p. 100. Per quanto riguarda gli altri quattro si tratta di

due Adorazione dei pastori entrambe conservate in collezioni private, una di esse a Pisa (figg. 235-236) e di due Adorazione dei Magi, l’una passata a Milano (Finarte, 13-14 novembre 1985, lotto 641) (fig. 237), e l’altra comparsa a Trieste sul mercato antiquario (Quarta mostra nazionale dell’antiquariato, Milano, 3-20 ottobre 1974, presso Dante De Zucco, Trieste) (fig. 238). Cfr. Crispo 2004, pp. 208, 216.

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Da una informazione di alcuni pagamenti che il conte Lorenzo Sardi effettuò a favore del Lombardi, il quale eseguì alcune tele destinate alla decorazione della villa di San Martino in Vignale e del palazzo di Lucca, al 10 maggio 1734 è registrato un pagamento di 60 Lire per “un quadro dipinto della Visitazione”, oggi perduto. Come ricorda la Betti, esso doveva essere destinato alla chiesa di Sant’Ilario di Brancoli, luogo in cui il Sardi possedeva una villa. Per quanto riguarda le “Spese [per i] mobili fatti per la nuova casa di S[an] Martino in

Vignale” nel 1738, il pittore ricevette un totale di 46 Lire 18 Soldi e 4 Denari per

“un quadro di S[anta] Anna posto nella chiesina compresavi della tela”. Nell’anno successivo consegnò un primo lotto di “12 sopraporti”, pagati 307 Lire e 10 Soldi. Avendone poi realizzati “altri 5” gli furono versate, il 13 ottobre 1740, ulteriori 155 Lire.32

Sulla base del tipo di produzione del Lombardi, e dell’ubicazione in una villa suburbana, è logico pensare che i soprapporta raffigurassero delle scene di genere. La Betti ricorda la presenza di due quadri, il Corteggiamento del villico e il

Corteggiamento del gentiluomo (fig. 239), che ricollega alla serie dei soprapporta

della villa di San Martino in Vignale. La studiosa considera possibile l’accostamento tra questi e l’Indovina (Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca), passata pochi passata pochi anni or sono presso la casa d’aste Sotheby’s (New York, 18 ottobre 2000, lotto 28), con un riferimento al veneziano Pietro Bellotti, successivamente riconosciuto da Francesca Baldassari come un’opera di Giovan Domenico Lombardi (fig. 240). I dipinti si caratterizzano “per il comune taglio immaginativo, i decisi contrasti chiaroscurali e la resa impietosamente veritiera dei tratti somatici”.33

32 ASLu, Archivio Sardi, Note di spesa, 68, 1734-1739, cc. 8-25. Vedi Appendice Documentaria,

n. 38. Cfr. Betti 2003, p. 22; Ambrosini 2006, p. 224.

33 Betti 2003a, p. 22. Sulla base della consonanza stilistica e dell’identità delle misure, la Betti

considera l’Indovina come pendant del dipinto raffigurante una Scena di seduzione e inganno, passata ad un’asta a Firenze (Farsetti, Firenze, 8-11 maggio 2003, lotto 683) e confluita recentemente nella collezione della Fondazione Banca del Monte di Lucca. Cfr. Crispo 2004, p. 210; Betti 2008e, p. 98.

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Di recente, Crispo ha identificato altri dipinti, oggi in collezione privata fiorentina, che sono riconducibili alla serie che si conservava nella Villa Sardi a San Martino in Vignale, dove i temi di fondo sono la fortuna e il gioco (La buona

ventura, i Giocatori di dama, i Giocatori di carte, e i Giocatori di morra) (figg.

241-244).34 Rimangono tuttora ignoti gli elementi di fondo che hanno permesso ai due studiosi di formulare con certezza le loro identificazioni.

L’“Inventario e stima delli mobili attenenti all’eredità del fu nobile Sig[nore]

Giuseppe Maria del fu nobile Sig[nore] Paulo Antonio Vecoli”, risalente al 1741,

menziona un quadro raffigurante una “Santa Teresa con [la] sua cornice

intagliata e dorata all’antica”, accompagnato da un valore non molto elevato di

22 Lire e 20 Soldi. Allo strato attuale delle ricerche, il dipinto non rientra tra le opere riconosciute all’artista.35

Un quadro ovale raffigurante il San Luigi Gonzaga

in adorazione del crocifisso (dal 1993 al Museo Nazionale di Palazzo Mansi) (fig.

245), di cui non conosciamo la collocazione originaria, ad oggi si configura come l’unico esempio di quadro in cui si rappresenta una figura di santo, attribuito al Lombardi.36

L’“Inventario di Mobili, Argenti, Biancheria e d’altro dell’eredità del fu

Sig[nore] Giuseppe Pini ritrovato nella sua casa in Lucca” compilato nel 1778,

elenca un nucleo di opere attribuite all’artista, accompagnate da valori di stima non molto elevati.37 Di seguito, abbiamo: “Tre quadri rappresentanti uno la

Musica e l’altro la Scultura e Pittura, l’altro un vecchio, un ragazzo e una donna con cornice come sopra [cornice intagliata e dorata acquetta] di altezza

B[racci]a2 1/2, e di larghezza B[racci]a3” valutati complessivamente 90 Lire,

“Un quadro rappresentante un uomo col piffaro, ed una donna opera del

Lombardi con cornice alla Romana dorata acquetta di altezza B[racci]a1/2 , e di

larghezza B[racci]a1” (18 Lire).

34

Crispo 2004, p. 210 e n. 214-217.

35 ASLu, Pubblici Banditori, 38, Inventario e Stima delli Mobili attenenti all’Eredità del

q[uonda]m Nob[il]e Sig[no]re Gius[epp]e M[ari]a del q[uonda]m Nob[il]e Sig[no]re Paulo Ant[oni]o Vecoli, 1741, cc. 1-21. Vedi Appendice Documentaria, n. 42.

36

Betti 2003a, pp. 46-47.

37 ASLu, Pubblici Banditori, 46, Inventario di Mobili, Argenti, Biancheria e d’altro dell’Eredità

del fu Sig[nore] Giuseppe Pini ritrovato nella sua casa in Lucca, 1778, cc. 1-15. Vedi Appendice

(13)

212

L’elenco prosegue con “Due quadri rappresentanti un uomo con chitarra, e

l’altro un uomo con piffero con cornici come sopra [cornice alla Romana dorata

acquetta] di altezza B[racci]a 1 1/2, e di larghezza B[racci]a1 1/2” ai quali si

attribuisce un valore complessivo di 30 Lire, “Un quadro rappresentante l’avaro

opera del Lombardi con cornice come sopra [cornice alla Romana dorata

acquetta] di altezza B[racci]a2, e di larghezza B[racci]a2 1/3” (30 Lire).

L’inventario dei quadri appartenuti alla famiglia Pini rappresenta una conferma alle parole del Lanzi che ricorda come il Lombardi screditò il suo modo di dipingere realizzando “quadri di ogni prezzo”. Recentemente un cospicuo numero di opere, riapparso sul mercato antiquario, è stato attribuito dalla critica al Lombardi. Tra queste, prevalgono i dipinti raffiguranti le scene di genere, che in prevalenza sono riconducibili al tema allegorico della musica, dove l’adesione ai modi paoliniani è ben marcata (figg. 246-254).38

Tra questi dipinti, il Crispo segnala un quadro raffigurante una Giovane donna

che suona il liuto con bambino e vecchio addormentato, apparso sul mercato

romano (vedi fig. 247). Sulla base dell’analogia del soggetto potremmo accostarlo al dipinto raffigurante “un vecchio, un ragazzo e una donna” menzionato nella collezione Pini, anche se la citazione dell’inventario non fa nessun riferimento alla presenza dello strumento musicale.39 L’inventario ricorda anche tre quadri in cui si rappresenta la “Musica”, la “Pittura”, e la “Scultura”, molto probabilmente da identificare con i dipinti che raffigurano le personificazioni allegoriche. Una produzione che doveva contraddistinguersi per il suo carattere ripetitivo e seriale dal momento che ne sono stati rintracciati diversi esemplari.

38 Crispo 2004, pp. 209-210; Crispo 2007-2008, 35-37. Tra le scene di genere e di nature morte, si

ricordano due Scene di mercato, di ubicazione sconosciuta, che sono state rintracciate e identificate dalla Betti come due opere realizzate a pendant dal Lombardi (figg. 255-256), cfr. Betti 2011a, pp. 73-88.

39 Babuino, Roma, 20 maggio 2003, lotto 18. Il dipinto è oggi in una collezione privata di Torino.

(14)

213

A tal proposito, in tempi recenti, la Betti ha riconosciuto come opere dell’Omino, un numero di sei tele, apparse sul mercato antiquario, che si inseriscono nello stesso filone tematico, l’Allegoria della Musica e l’Allegoria della Danza 40

e i quattro dipinti raffiguranti Allegorie della Scultura, Pittura (fig. 257), Musica e

Architettura prospettate come di scuola lombarda del Settecento.41

L’inventario prosegue l’elenco con altri quattro dipinti raffiguranti “bambocciate” valutati complessivamente 88 Lire e 10 Soldi, e tre opere che riguardano il genere della ritrattistica, “il ritratto della Sig[no]raZita Pini e il ritratto della Sig[no]ra

Anna M[aria] Pini con cornici intagliate e dorate acquetta di altezza B[racci]a1,

e di larghezza B[racci]a 3/4”, valutati assieme ad altri due ritratti e ai quali si

attribuisce complessivamente un valore di 24 Lire, “Un quadro rappresentante il

Sig[nore] Francesco Pini, e Zita sua consorte con cornice come sopra [cornici

intagliate e dorate acquetta] di altezza B[racci]a 2, e di larghezza B[racci]a 1

1/2” (22 Lire e 10 Soldi).

Un quadro “soprapporta con il ritratto della Sig[no]ra Maria Lavinia” attribuito al Lombardi è ricordato nell’“Inventario degli arredi dei palazzi Buonvisi

“d’inverno” e “d’estate” e della villa “al giardino”, risalente al 1790.42

Allo stato attuale delle ricerche, sia i ritratti della collezione Pini che il ritratto di palazzo Buonvisi non sono rintracciabili. Il talento da ritrattista del Lombardi è riconoscibile nei dipinti menzionati dalla Betti, come i due Ritratti di Girolamo

Parensi e di Anna Maria Van Diemen conservati nel Museo Nazionale di Palazzo

Mansi (figg. 258-259), il Ritratto di giovinetto della Collezione Mazzarosa, i

Ritratti di Giacomo Puccini senior e di Angela Maria Piccinini (Lucca,

Fondazione Puccini) (figg. 260-261).43

40 Pitti, Firenze 1987, lotto n. 97. Cfr. Betti 2003a, p. 23.

41 Sotheby’s, Firenze 1987, lotti nn. 760 e 761. La tela con l’Allegoria della pittura, è passata

successivamente nella Galleria Menaguale di Verona. Cfr. Ibidem, p. 23; Crispo 2004, p. 217, nota 36.

42 ASLu, Archivio dei Notari, II, Inventario degli arredi dei palazzi Buonvisi “d’inverno” e

“d’estate” e della villa “al giardino”, 1790. Vedi Appendice Documentaria, n. 19.2.

(15)

214

In tempi recenti anche il Crispo ha provveduto a segnalare altri ritratti che sono stati assegnati alla mano dell’artista, tra i quali un Ritratto di gentiluomo con carta

geografica e progetto di monumento funebre, apparso sul mercato londinese (fig.

262), un altro Ritratto di gentiluomo conservato nella National Gallery of Scotland di Edimburgo (fig. 263), un Ritratto di gentildonna alla toilette tra un

gentiluomo e un moretto, proveniente dal mercato antiquario romano (fig. 264),

due Scene di caccia con ritratti di un gentiluomo, della consorte e dei figli di collezione privata lucchese (figg. 265-266).44

Nel 1770, tra i beni mobili dell’eredità del marchese Filippo Gaspero Mansi, sono menzionati quattro “Quadri grandi del Lombardi” senza però l’indicazione del soggetto, accompagnati da una valutazione di 105 Lire.45

La “Nota de i Quadri dell'Appartamento buono” compilata da Giacomo Sardini sul finire del Settecento ricorda di un quadro raffigurante la “Predicazione di

S[an] Paolino che si crede un bozzino p[er] il coro di S[an] Paolino”, al quale

viene attribuito un valore di 12 zecchini. Un dipinto che venne ceduto dal Sardini in quanto lo riconosce come un “lavoro che a mal proposito fu dato ad altri”. 46 Al dipinto del Sardini, può essere collegata una tela in cui si rappresenta un altro episodio della vita del santo lucchese, il Miracolo di San Paolino, conservata nell’eponima chiesa, attribuita da Ambrosini al Lombardi nell’ultimo decennio del Novecento (fig. 267).47 Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un’opera di dimensioni ridotte, quasi un bozzetto, dove la rappresentazione dell’episodio religioso è condotta attraverso uno stile più propriamente riconducibile ad una pittura di carattere profano. Un aspetto che farebbe pensare alla sua provenienza da una committenza privata.

44 Crispo 2004, pp. 212, 218, nota 60.

45 ASLu, Archivio Mansi, Eredità, 5, Eredità della F[elice] M[emoria] del Sig[no]re Cav[alie]re

Ottavio Guido Mansi, 1743, cc. 1-56. Vedi Appendice Documentaria, n. 30.1.

46 ASLu, Archivio Sardini, 83, 46, Nota de i Quadri dell’Appartamento buono, XVIII-XIX sec.,

cc. 8-12. Vedi Appendice Documentaria, n. 39.

(16)

215

L’“Inventario e stima de[i] mobili di proprietà del Sig[nore] Ascanio Lippi, risalente al 1802, elenca un “quadro quasi quadrato [raffigurante un] paesaggio”, accompagnato da una valutazione di 11 Lire.48

Se è vero che il dipinto non è stato rintracciato, una prova dell’esistenza di una produzione di paesaggi è rappresentata da un quadro di paesaggio raffigurante una

Scena di imbarco nei pressi di un ponte, di collezione privata vicentina, ricordato

dal Crispo (fig. 268).49

Del resto, gli scorci di paesaggi che troviamo riprodotti sullo sfondo nei suoi quadri dimostrano come il Lombardi fosse un pittore di primordine nella rappresentazione dei paesaggi, un genere al quale non dedicò molto tempo forse perché veniva considerata una pratica meno redditizia rispetto alla produzione dei quadri di figure (figg. 269-270).

Tra i dipinti con soggetto mitologico che furono realizzati dall’Omino, la Betti identifica due tele rappresentanti Apollo e le Muse (fig. 271) e Diana e

Endimione, attualmente in due differenti raccolte private, seppure in origine

concepite in pendant.50 Per quanto riguarda le opere di argomento storico, un dipinto raffigurante la Morte di Virginia, si trova attualmente conservato nella Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (fig. 272).51 Altri due dipinti sono segnalati dalla Betti, rispettivamente una tela raffigurante i Nobili lucchesi offrono

a Castruccio il comando della città che all’inizio del Novecento si trovava presso

il pittore Michele Marcucci, ora dispersa, e la Famiglia di Dario di fronte ad

Alessandro, in collezione privata francese, riconosciuta dalla studiosa come

autografo lombardiano tra i lavori assegnati al napoletano Giuseppe Bonito nella fototeca del Kunsthistorisches Institut di Firenze. A tale proposito la Betti richiama l’attenzione sul fatto che all’asta della villa Giramonte di Firenze, tenuta nell’aprile del 1970, sono comparse cinque tele del Lombardi raffiguranti altrettanti episodi della vita di Alessandro.52

48

ASLu, Pubblici Banditori, 52, Inventario e stima de[i] mobili di proprietà del Sig[nore] Ascanio

Lippi fatto per ordine del Sig[nore] Matteo Santini economo, nella casa di Lucca a Porta S[an] Pietro, e luogo detto al Magazzeno nuovo, ora quartiero de[i] soldati, 1805, cc. n.n.. Vedi

Appendice Documentaria, n. 28

49

Crispo 2007-2008, p. 37.

50 Betti 2003a, p. 17.

51 Giusti Maccari 2002d, pp. 56-58. Cfr. Betti 2008e, pp. 104-105. 52 Betti 2003a, p. 19.

(17)

216

4.4 - GAETANO VETTURALI

Nel panorama della pittura lucchese del Settecento Gaetano Vetturali (1701-1783) si contraddistingue per la sua preponderante attività, una vera e propria specializzazione si direbbe, nel settore della pittura di paesaggio e della veduta, genere poco praticato a livello locale ma assai richiesto dalla committenza che preferisce rivolgersi a pittori stranieri, italiani e non, “forse per coerenza a una tradizione secolare dovuta ai traffici mercantili”.53 Nonostante il suo nome ricorra di frequente negli inventari delle quadrerie patrizie lucchesi, il pittore è praticamente ignorato dagli storiografi locali.

Il Cianelli ricorda che Gaetano Vetturali “da Giovanetto” fu istradato “allo studio delle Lettere” da Alessandro Guinigi, al quale era “molto caro”. Questi poi, “vedendolo inclinato al disegno lo accomodò alla Pittura sotto Domenico Lombardi – dopo di lui sotto Domenico Brugieri. Infine “lo mandò a Bologna nella Accademia Clementina” dove studiò “facendo profitto sotto diversi maestri, ma in particolare sotto l’Eccellente Ferdinando Bibiena et altro simile Vittorio Bigari Oriundo Bolognese, Pittore Figurista di ornamenti molto caro in Casa Androvrandi, et altro Stefano Orlandi di detti Ornamenti, e Quadrista”.54 Il Cerù valorizza la sua fama da paesaggista sottolineando che “alcuni suoi quadri di vedute e paesaggi sono stati attribuiti a Canaletto Veneziano”. L’erudito afferma che il pittore “lavorò moltissimo a Lucca” realizzando molti quadri; un numero così elevato che farebbe pensare alla presenza di allievi, i quali avrebbero contribuito ad eseguire “tante sue vedute”. Aggiunge infine che a Lucca esistevano tre sue “vedute di Venezia in casa Talenti, quattro in casa Bernardini, quattro in casa Mazzarosa”.55

53 Giusti Maccari 2002d, pp. 62. Cfr. Giusti Maccari 2008e, pp. 114. 54 BSLu, Ms 1918, cc. 80-82.

(18)

217

L’inventario relativo all’“Eredità della F[elice] M[emoria] del Sig[no]re

Cav[alie]re Ottavio Guido Mansi, compilato nel 1743-44, ricorda otto dipinti

attribuiti al pittore, due “quadri bislonghi [raffiguranti] Paesaggi, e resti di

Fabbriche Antiche” (120 Lire) e sei altri “piccoli bislonghi di stesso Autore” (88

Lire), commissionati dallo stesso Mansi tra il 1736-37.56 La serie di paesaggi e architetture è stata recentemente ricollocata nella sua interezza nel palazzo cui erano destinati fin dall’origine l’attuale Museo e Pinacoteca di Palazzo Mansi (figg. 273-279) 57.

Nel 1770 l’“Inventario di mobili di mia giurisdizione e prezzo da me Filippo

Gaspare Mansi pagato per l’acquisto di detti mobili” 58

menziona altri dipinti del Vetturali, “sei quadri mezzani rappr[esentanti] paesi” accompagnati da un valore di stima superiore (135 Lire), e due “soprapporti bislonghi rappr[esentan]ti paesi,

e rottami” a cui vanno ad aggiungersi “altri undici pezzi” probabilmente di

analogo soggetto, valutati complessivamente 250 Lire. Inoltre si ricordano “12

ovati tra più grandi, e più piccoli” con lo stesso soggetto accompagnati da una

valutazione di 55 Lire. Nel “Catalogo” dei quadri di Palazzo Mansi, risalente al secolo XIX, all’interno della “Prima Camera” compare solamente un dipinto con una “veduta di Venezia”, attribuito al pittore.59

Nel 1755, l’“Inventario e stima delli mobili, suppellettili, Argenti ed altro esistenti

nel Palazzo di Lucca attenenti all’eredità del fu nobile Sig[nore] Gio[vanni]

Francesco del nobile Sig[nore] Bernardino Orsetti” 60 riconosce al pittore “tre

quadri di Marine [con] cornice scura”, valutati complessivamente 270 lire. Un

genere a cui il Vetturali si era dedicato durante la sua attività artistica.

56 ASLu, Archivio Mansi, Eredità, 5, Eredità della F[elice] M[emoria] del Sig[no]re Cav[alie]re

Ottavio Guido Mansi, 1743, cc. 1-56. Vedi Appendice Documentaria, n. 30.1.

57 Borella-Giusti Maccari 1993, pp. 125-127.

58 ASLu, Archivio Mansi, Miscellanea, 317, I, VIII, Inventario di mobili di mia giurisdizione e

prezzo da me Filippo Gaspare Mansi pagato per l’acquisto di detti mobili, 1770, cc. 1-10. Vedi

Appendice Documentaria, n. 30.3.

59 ASLu, Archivio Mansi, Miscellanea, 317, XII, sec. XIX, cc. 1-7. Vedi Appendice

Documentaria, n. 30.4.

60 ASLu, Pubblici Banditori, 41, Inventario e stima delli mobili, suppellettili, Argenti ed altro

esistenti nel Palazzo di Lucca posto in Parrocchia di S[anta] M[aria] Corteorlandini l[uog]o d[ett]o a Casa Orsetti attenenti all’eredità del fu nobile Sig[nore] Gio[vanni] Francesco del nobile Sig[nore] Bernardino Orsetti, 1755, cc. n.n.. Vedi Appendice Documentaria, n. 33. Cfr.

(19)

218

Questo aspetto è confermato dalla presenza di quadri raffiguranti “architetture”, “paesi”, “rottami” e appunto “marine”, all’interno della sua abitazione.

Altri “due paesaggi” accompagnati da un valore basso di stima (30 Lire), forse dovuto alle dimensioni ridotte dei dipinti, si trovavano nel 1768 all’interno del Palazzo del “Sig[nore] Cav[aliere] Bartolomeo Maria Bottini”.61

Nel 1776, il Palazzo Buonvisi ospitava al suo interno, “due quadri sopraporti

traversi più piccoli, con Paesaggi”, ridotti al numero di un esemplare

nell’“Inventario degli arredi dei palazzi Buonvisi “d’inverno” e “d’estate” e

della villa “al giardino”, risalente al 1790. 62

L’“Inventario di Mobili, Argenti, Biancheria e d’altro dell’eredità del fu

Sig[nore] Giuseppe Pini ritrovato nella sua casa in Lucca”, compilato nel 1778,

attribuisce al pittore quattro dipinti, “Due quadri rappresentanti rottami con

figure di altezza B[racci]a 3/4 e di larghezza B[racci]a 1 1/3” (di cui uno

assegnato al Castellotti) (22 Lire 10 Soldi) e altri due “rappresentanti rottami con

figure B[racci]a2 2/3, e di larghezza B[racci]a2 1/4” (70 Lire).63

A Lucca, nel palazzo di Francesco Rustici è presente un nucleo di opere riconosciuto al Vetturali. L’inventario, risalente al 1780, difatti menziona “Quattro quadri grandi con prospettive di fabbriche” (240 Lire), “Quattro quadri

mezzanelli per sottoquadri rappresentanti vedute e prospettive di mare e di fabbriche” (75 Lire), “Due Detti [quadri] bislonghi del Suddetto [Vetturali] con vedute di Fabbriche antiche” (60 Lire) “Due quadri traversi piccoli con vedute di fabbriche, e marine” (7 Lire 10 Soldi), “Due quadri bislunghi di fabbriche

antiche” (60 Lire).64

61 ASLu, Pubblici Banditori, 44, Inventario e Stima delli Mobili attenenti all’Eredità del fu

Nob[il]e e I[llustrissi]mo Sig[nor]e Cav[alier]e Bartolomeo M[ari]a Bottini esistenti nella sua propria casa posta in Lucca in Parro[cchi]a di S[anta] M[ari]a Corteorlandini, 1768, cc. 1-27.

Vedi Appendice Documentaria, n. 18.

62 BSLu, Ms 3299, fasc. 4, Nota dei Quadri dell’Appartam[en]to di Casa Buonvisi, 1776, cc. 5-12,

vedi Appendice Documentaria, n. 19.1; ASLu, Archivio dei Notari, II, Inventario degli arredi dei

palazzi Buonvisi “d’inverno” e “d’estate” e della villa “al giardino”, 1790, vedi Appendice

Documentaria, n. 19.2.

63 ASLu, Pubblici Banditori, 46, Inventario di Mobili, Argenti, Biancheria e d’altro dell’Eredità

del fu Sig[nore] Giuseppe Pini ritrovato nella sua casa in Lucca, 1778, cc. 1-15. Vedi Appendice

Documentaria, n. 36.

64 ASLu, Pubblici Banditori, 47, Inventari e Stime delli mobili di attinenza al Fedecommesso

ordinato dalla F[elice] M[emoria] del fu Sp[ettabi]le Silvestro Rustici passato a mig[lio]r vita lì 14 Dec[embr]e del Sudd[ett]o Anno, 1780, cc. n.n.. Vedi Appendice Documentaria, n. 37.

(20)

219

L’inventario relativo ai quadri del “Sig[nore] Conti Giovanni” conservati nel palazzo al “Suffragio”, risalente al 1781 circa, elenca una serie di dipinti raffiguranti “architetture” e “rottami”, “due quadri traversi di architetture” (120 Lire), “Uno detto [quadro] bislongo d’architettura” (30 Lire), “Due quadri di

architettura e rottami” (60 Lire), “Due piccoli quadretti di rottami” (75 Lire).65

Nel 1794, “Un quadretto traverso con cornice dorata, che figura un paese con un

uccello” (5 Lire) si trova invece elencato nell’inventario dei quadri appartenuti al

reverendo Giuseppe Maria Carbonara.66

Attualmente due collezioni private lucchesi conservano due serie di tele riconosciute al Vetturali. La prima comprende quattro vedute di Venezia, la

Veduta della Sanità e dei Granari Pubblici (fig. 280), la Veduta del campo e della chiesa di Sant’Alvise, la Veduta della Scuola grande di San Marco, e il Bacino di

San Marco da Santa Maria Maggiore.67 Come ha riconosciuto Giusti Maccari, “le

tele derivano da due delle più importanti raccolte di incisioni realizzate tra i secondo e il terzo decennio con lo scopo di rendere note, a scopo essenzialmente divulgativo-commemorativo, le immagini dei luoghi cittadini di maggiore importanza sociale, religiosa e politica, ovvero la Raccolta delle 104 Fabbriche e

Vedute di Venezia di Luca Carlevarjis, e quella in due volumi data alle stampe da

Bartolomeo Lovisa”.

Il secondo nucleo è costituito da una serie consistente di “Paesaggi”. Due di essi si conservano in una collezione privata lucchese (figg. 281-282), mentre un terzo dipinto identificato con il titolo Paesaggio lacustre con rovine classiche, è stato acquistato nel 2001 dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Lucca (fig. 283).68

65

ASLu, Pubblici Banditori, 47, Inventario Conti sig[nore] Giovanni, 1781 ca., cc. n.n.. Vedi Appendice Documentaria, n. 22.5.

66 ASLu, Pubblici Banditori, 50, Inventario e stima de i Mobili, Stagni Rami, Spoglio, Argenti,

Lingerie, et altro, attenenti all’eredità del fu m[o]lto Reverendo Sig[no]re Giuseppe M[ari]a Carbonara, et esistenti nella Casa già dal med[esim]o abitata in q[ues]ta Città di Lucca, posta in Parrocchia di S[anta] Maria Forisportam, luogo detto in Piaggia Romana, e p[er] contro la Casa Garzoni, 1794, cc. 1-25. Vedi Appendice Documentaria, n. 20.

67 Giusti Maccari 2002e, p. 62. Cfr. Giusti Maccari 2008e, p. 114. 68 Giusti Maccari 2002e, p. 64.

(21)

220

4.5 - POMPEO GIROLAMO BATONI

Tra i pittori lucchesi del Settecento Pompeo Girolamo Batoni (1708-1782) fu l’unico a svolgere l’intera parabola artistica a Roma, finendo per essere considerato “the best painter in Italy” e addirittura “the best portrait painter in the world”, secondo alcuni dei giudizi encomiastici formulati dai suoi contemporanei.69 Il Lanzi lo elogia “fra i maestri di Roma”, considerando che “aderì molto alle massime di quella scuola”,70

mentre il Trenta, nelle Memorie e

documenti per servire all’istoria di Lucca, gli dedica comprensibilmente un intero

capitolo.71

Secondo le notizie fornite dallo storiografo locale, dopo un apprendistato come disegnatore di oreficeria sacra presso il padre Paolino, Pompeo venne accolto nelle botteghe di Giovan Domenico Brugieri e di Giovan Domenico Lombardi, dove restò fino al 1727 quando, grazie ad un sussidio offertogli da Alessandro Guinigi, assieme ad altri suoi concittadini, gli rese possibile un definitivo trasferimento a Roma “onde potesse dedicarsi interamente allo studio del disegno e della pittura”. Nella città papale il Batoni frequentò la scuola di Sebastiano Conca, lo studio di Agostino Masucci e dell’Imperiali, gli esponenti più qualificati della corrente classicistica romana della prima parte del Settecento, senza tralasciare di dedicarsi alla copia degli affreschi di Raffaello e dei Carracci, e delle statue antiche della collezione Vaticana.

69

Betti 2011b, p. 232. Cfr. Bowron 2008, nota 1, p. 33.

70 Lanzi 1795-1796, I, p. 205.

71 Trenta 1822, VIII, pp. 171-174. Il 7 maggio 1727, Pompeo Batoni parte da Lucca per

consegnare a papa Benedetto XIII il calice d’oro eseguito da lui stesso e offerto dagli “Anziani” della Repubblica di Lucca come segno di gratitudine per l’elevazione ad arcivescovato della diocesi. Il Trenta ricorda che “l’eccellenza di questo lavoro in ogni sua parte che spiccava specialmente nelle belle figure intorno al calice, fecero conoscere ch’egli era nato a cose più grandi”. Il 15 maggio arriva a Roma passando per Firenze. Lorenzo Sardini, Alessandro Guinigi, Nicola Mansi, Michele Barsotti, Francesco Talenti, Tommaso Mazzarosa, Francesco Buonvisi, Francesco Conti, Jacopo Chelini, esponenti delle principali famiglie lucchesi contribuirono con una pensione mensile al suo sostentamento a Roma. Cfr. Trenta 1822, VIII, p. 172; Barroero, Mazzocca 2008, p. 402.

(22)

221

Nel 1729, a causa delle nozze con Caterina Setti, non gradite ai mecenati lucchesi, il sussidio venne sospeso, costringendo il pittore ad intensificare la produzione di copie, assai richieste dalla ricca clientela internazionale, essenzialmente inglese, interessata ai suoi disegni dall’antico.

La sua prima opera pubblica fu la Madonna col Bambino e quattro beati commissionata dal Marchese Gabrielli per la sua cappella nella chiesa di San Gregorio al Celio, databile fra il 1732 e il 1733. Il dipinto è descritto dal Trenta come “ricco di un colorito terso, vivace e lucido, che può dirsi tutto suo, qual si conserva anche di presente”.72

Progressivamente il Batoni fu in grado di crearsi una posizione di assoluto rilievo nell’ambiente artistico romano dei decenni centrali del secolo, conducendo un’intensa attività nel campo della pittura di argomento scaro, ma anche allegorico e mitologico per poi dedicarsi sempre più intensamente alla ritrattistica. L’eco della posizione di prestigio gli procura a Lucca importanti commissioni pubbliche (l’Estasi di Santa Caterina, risalente al 1740 circa, eseguita per la chiesa omonima, e il Martirio di San Bartolomeo del 1749 per la chiesa di San Ponziano dell’ordine dei frati Olivetani) e private. Durante gli anni quaranta lavora difatti per le famiglie Sardini, Buonvisi, Garzoni, Talenti, Conti, realizzandovi opere di carattere mitologico.73

Tra le commissioni private il Trenta fa riferimento unicamente al quadro raffigurante “il giovine David quando va innanzi a Saulle con la testa del gigante Golia fatto pel il Sig[nore] Tommaso Mazzarosa”.74

Nell’ultimo trentennio della sua attività il pittore è richiesto come ritrattista dall’aristocrazia europea e soprattutto dagli inglesi, che nel loro grand tour amavano farsi ritrarre sullo sfondo delle più celebri statue antiche.75

72 Trenta 1822, VIII, pp. 171-172. Cfr. Barroero 1990, p. 616; Giusti Maccari 2002f, p. 70; Betti

2008g, pp. 124-125.

73 Giusti Maccari 2002f, p. 70. Cfr. Betti 2008g, p. 124; Barroero 1990, p. 616. 74 Trenta 1822, VIII, p. 172.

(23)

222

Tra le opere di ambito lucchese, il Cianelli menziona “due [quadri ]in casa dello Sp[ettabil]le Lodovico Sardini. Quattro grandi e due piccoli con una bozza di un S[an] Bernardo, et d’un disegno d’un Accademia al lapis rosso in casa del Nobile Bartolomeo Antonio Talenti. Due in casa degli eredi del fu Sp[ettabil]le Michele Barsotti. Due in casa dello Sp[ettabil]le Francesco Buonvisi. Due in casa dello Sp[ettabil]le Gio[vanni] Conti quali furono i primi, un quadro da altare alle Suore di S[anta] Caterina, et uno nella Chiesa dei P[adri] Olivetani, et un piccolo rappresentante una Testa della Madonna con un libro aperto in mano di N. N. Gromelli, quale però a questo presente giorno sotto la Loggia in vendita per essere morto d[ett]o Gromelli”.76

Nella biografia dedicata al pittore, il Cerù segnala “un ritratto di Gio[vanni] Domenico Mansi in Pinacoteca pubblica, una Madonna e una Vergine col Bambino in casa Mazzarosa, il Suicidio di Lucrezia suo primo lavoro in casa Talenti, in casa Buonvisi un quadro grande, due alti, e un ovato, un S[an] Luigi. In casa Sardini la morte di Meleagro, Prometeo che anima la Statua, in casa Conti a Lucca due quadri”.77

Il primo documento che attribuisce tre opere al Batoni, risale al 1748. Si tratta dell’“Inventario de quadri ritrovati nelle stanze particolari della casa di lucca,

ove abitava il fu Nob[ile] Sig[ignore] Alessandro Guinigi Franciotti”,78 che fu

compilato subito dopo la sua morte. Nel testamento rogato nell’agosto dello stesso anno Alessandro Guinigi disponeva che venisse redatto un inventario “di tutte le sue Pitture, argenti, Mobili, lingi, grascie, ed altro” affinché si potesse procedere alla loro vendita così da estinguere “tutti quei debiti che si ritrovassero nella di lui eredità”.79

76 BSLu, Ms 1918, cc. 84-87.

77 ASLu, Cerù, Ms 193, Pompeo Batoni. 78

ASLu, Pubblici Banditori, 39, Inventario de[i] quadri ritrovati nelle stanze particolari della

Casa di Lucca, ove abitava il fu nobile Sig[nore] Alessandro Guinigi Franciotti, 1748, cc. 44-58.

Vedi Appendice Documentaria, n. 27.4.. Cfr. Betti 2008b, pp. 39-40; Betti 2008g, p. 131.

(24)

223

Al numero 67 dell’inventario vengono registrati “Due quadri l’uno rappresenta

un Cristo morto nelle mani di Maria Vergine, e l’altro le Tre Marie col sepolcro alti Br[accia] 2 1/6, larghi Br[accia] 1 3/4 con cornici dorate” per i quali non

sono indicati stima e nome dell’acquirente. Queste opere sono identificabili rispettivamente con la Pietà 80 (Amburgo, Kunsthalle), e con le Marie al

sepolcro81 (Staatsgalerie di Stoccarda), entrambe siglate e datate 1747 (figg.

284-285). Come suggerisce il Clark, allo stesso Guinigi era forse destinato un terzo dipinto raffigurante l’“Apparizione di Cristo risorto alla madre” (Roma, collezione privata), pure segnato e datato 1748 (fig. 286), che pare formare con le altre due tele un insieme omogeneo e coerente per misure e soggetto.82 Secondo la Betti, “la scomparsa del Guinigi, avvenuta quando il dipinto era in fase di ultimazione, ha indotto a cercare una diversa destinazione per quest’opera che sembra non aver mai lasciato Roma.” 83

Al numero 112 dell’inventario viene citato “un quadretto, che rappresenta la

Pittura” che il 10 marzo 1749 viene acquistato da Giuseppe Talenti, per 104 Lire

e Soldi 4. La Betti ritiene che questo “quadretto” sia da identificare con il modello da cui deriva la tela raffigurante l’“Allegoria della Pittura” acquistata recentemente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (fig. 287).84

80 La Pietà fu acquistata dalla Kunsthalle di Amburgo nel 1923. Cfr. Clark, Bowron 1985, p. 242;

Barroero, Mazzocca 2008, p. 244,.

81 Il dipinto messo all’asta a Londra nel 1912 (Christie’s, 27 gennaio 1912, lotto 140) è passato sul

mercato antiquario a Parigi nel 1960 dove venne segnalato da Giuliano Briganti e poi acquistato dalla Staatsgalerie di Stuttgart nel 1966. Cfr. Ibidem, pp. 241, fig. 117, 244.

82

Clark, Bowron 1985, p. 242, nn. 119; Cfr. Barroero, Mazzocca 2008, p. 244.

83 Betti 2008b, p. 40. Nella biografia del pittore, il Trenta definisce Alessandro Guinigi “amator

passionato e intelligentissimo delle belle arti”, al quale il Batoni “dovette i principj della sua gloriosa carriera pittorica”. Nell’“Elogio” del pittore composto subito dopo la sua scomparsa, Onofrio Boni ricorda che Pompeo doveva ad Alessandro Guinigi “tutta la sua gloria, e la sua fortuna”. Trenta 1822, VIII, p. 171; Boni 1787, p. 20. Cfr. Betti 2008b, pp. 39, 41.

84 La tela proveniente da una non meglio specificata villa umbra, giunge a Roma nel 1968 insieme

al pendant raffigurante l’“Allegoria” come attestato da Andrea Busiri Vici. In seguito le due tele vengono vendute sedatamente all’asta tenutasi nel dicembre 1976 presso la Galleria Vangelisti di Lucca (asta n. 100). Per circa un trentennio, la tela è rimasta presso una collezione privata lucchese e successivamente è passata alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Cfr. Betti 2008b, p. 40; Betti 2008g, p. 131.

(25)

224

I due inventari relativi ai beni mobili di attinenza e proprietà di Giovanni Conti che si trovano nel palazzo al Suffragio, rispettivamente datati 1759 e 1781 circa, ricordano tre dipinti del Batoni, sistemati nella “Camera del letto del Sig[nore] Stefano”.85

Il primo inventario fa riferimento ad un “quadro che rappresenta un ritratto con

cornice dorata ad acquetta” accompagnato da un valore di stima di 22 Lire e 10

Soldi, per ora non identificato. Il secondo inventario oltre a confermare l’esistenza di questo “Ritratto” menziona “due quadri per ritto, che uno rappresenta la

Pittura, Scultura, e Geometria, e l’altro la Poesia, Musica, e Astronomia con cornici alla Romana con profili intagliati, e dorate” che sono stimati

complessivamente 3000 Lire, una cifra molto elevata.

I due dipinti a pendant, firmati e datati rispettivamente 1740 e 1741, furono commissionati da Francesco Conti, il quale acquistò la prima tela per 80 e la seconda per 130 scudi. Stando alle lettere inviate da Batoni a uno dei suoi mecenati fiorentini, il marchese Andrea Gerini, sappiamo che Francesco Conti chiese esplicitamente all’artista che i quadri venissero inviati in visione al nobile fiorentino ancora prima che fossero consegnati a lui. Intorno al 1820 i dipinti vennero acquistati da Jean-Paul Meuron, assieme alle proprietà della famiglia Conti. Dal 1942 entrarono a far parte della collezione del marchese Aleramo Spada di Laviny, a Torino, e successivamente (1961) entrambe confluirono in un’altra collezione privata (vedi foto quadreria Conti).86

Altri dipinti di soggetto mitologico si trovavano nel Palazzo d’“Inverno” della famiglia Buonvisi.

La “Nota dei Quadri dell’Appartam[en]to di Casa Buonvisi” compilata nel 1776, attribuisce al pittore un “Quadro bislongo, ov’è Achille riconosciuto”, un altro “Quadro bislongo con Apollo, e Centauro” ed un “Quadro ovato con S[an] Luigi

Gonzaga”.87

85

ASLu, Pubblici Banditori, 42, Inventario e stima delli mobili [nel palazzo di Lucca] di attinenza

e proprietà del Nobile Sig[no]re Giovanni del quondam Sig[no]re Bartolomeo Conti, 1759, cc.

n.n.; ASLu, Pubblici Banditori, 47, Inventario Conti sig[nore] Giovanni, 1781 ca., cc. n.n.. Vedi Appendice Documentaria, n. 22.2 e 22.5. Cfr. ASLu, Archivio Guinigi, 295, Nota dei quadri

esistenti nelle chiese e nelle case di Lucca, elencate alfabeticamente, 1768 (?), cc. 12-17.

86 Clark, Bowron 1985, pp. 221-222. Cfr. Barroero, Mazzocca 2008, pp. 200-203.

87 BSLu, Ms 3299, fasc. 4, Nota dei Quadri dell’Appartam[en]to di Casa Buonvisi, 1776, cc. 5-12,

(26)

225

Nel 1790, l’“Inventario degli arredi dei palazzi Buonvisi “d’Inverno” e

“d’Estate” e della villa “al giardino” conferma la presenza di questi dipinti

sistemati all’interno della “camera verso la Strada rimpetto al Palazzo dell’Estate” in via Fillungo.88

Le prime due tele, firmate e datate 1746, furono commissionate da Francesco Buonvisi (vedi figg. 8-9). Secondo la ricostruzione del Clark, il committente aveva pensato alla commissione dei due dipinti sin dal 1740, anno di una sua lettera al nobile Sardini in cui si informava sul costo delle opere eseguite dal pittore lucchese. In una lettera inviata dall’artista a Bartolomeo Talenti, si fa riferimento a queste due tele che furono spedite a Lucca nel febbraio del 1747 insieme alle opere destinate allo stesso Talenti e a una cassa contenente le cornici scelte appositamente da Batoni, a Firenze, presso la dimora del marchese Andrea Gerini. Nel 1838, su proposta dell’erede Francesco Montecatini Buonvisi, i dipinti vennero acquistati per centocinquanta zecchini dalla Galleria degli Uffizi.89 Il quadro “ovato” con la figura del “San Luigi Gonzaga”, commissionato nel 1744, risulta attualmente disperso.90

Nella “Nota dei quadri esistenti nelle chiese e nelle case di Lucca, elencate

alfabeticamente”, redatta nel 1768, si ricava che Bartolomeo Talenti possedeva

diversi lavori del pittore, “Un bozzino” il cui “originale [è] a Milano”, una “Madonna col Bambino”, il “Ritratto della moglie del Batoni fatto da lui

stesso”.91

Sulla base delle notizie fornite dal Cianelli, il Talenti possedeva “Quattro [quadri] grandi, e due piccoli, con una bozza di un S[an] Bernardo, et un disegno d’un Accademia a lapis”, forse il nucleo più cospicuo di opere batoniane già presente nella città natale.92

88 ASLu, Archivio dei Notari, II, Inventario degli arredi dei palazzi Buonvisi “d’inverno” e

“d’estate” e della villa “al giardino”, 1790. Vedi Appendice Documentaria, n. 19.2. Cfr. ASLu,

Archivio Guinigi, 295, Nota dei quadri esistenti nelle chiese e nelle case di Lucca, elencate

alfabeticamente, 1768 (?), cc. 8-11, 20-28..

89 Due copie di questi dipinti, databili alla seconda metà del XVIII secolo, oggi a Villa Torrigiani,

potrebbero essere riferite al lucchese Frediano Dal Pino. Cfr. Barroero, Mazzocca 2008, p. 214.

90 Un’altra versione di questo soggetto si trova a New York, in collezione privata (fig. 288). Cfr.

Clark, Bowron 1985, p. 234.

91 ASLu, Archivio Guinigi, 295, Nota dei quadri esistenti nelle chiese e nelle case di Lucca,

elencate alfabeticamente, 1768 (?), c. 103.

(27)

226

Prendendo in considerazione la citazione del Cianelli, anche la “Nota dei quadri” del 1768 menziona “Quattro [quadri] grandi”, di cui però non viene specificato il soggetto, tra i dipinti appartenuti a Bartolomeo Talenti. È molto probabile che questi siano da identificare con i “Quattro [quadri] grandi” che lo storiografo locale attribuisce al Batoni e che li ricorda appunto presso quella famiglia.

La Betti ha identificato i soggetti dei “due [quadri] piccoli” citati dal Cianelli, il primo, con un dipinto raffigurante la Madonna inviata a Talenti nel 1748 “in

contrasegno e memoria di quell’affetto che in me verso di lei s’è conservato, e si conserva, e l’altro, con il quadro che rappresenta un’Allegoria della Pittura”

(lettera del 7 luglio). La Betti ritiene sia plausibile corrispondere il “Ritratto della

moglie del Batoni fatto da lui stesso” con la tela già Guinigi, nonostante l’erronea

identificazione del soggetto riportata nell’inventario del 1748. L’ipotesi è avvalorata dalla presenza di una copia dell’“Allegoria della Pittura” del Batoni nella Villa Santini, poi Torrigiani, a Camigliano. Una citazione di Bartolomeo Antonio Talenti ribadisce che il pittore lucchese Frediano dal Pino (1734-1777), allievo del Batoni, “copiò in casa mia, ove lo trattenni alle spese più di sei mesi tutti li miei quadri originali del sud[dett]o Batoni, quali copie furono acquistate dal Nob[ile] Paolino Santini”. Questa testimonianza conferma l’esistenza di una copia dall’Allegoria della Pittura già Guinigi nella villa di Paolino Santini a Camigliano, la quale corrisponde in ogni dettaglio alla tela conservata nella collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.In merito alla “bozza”, cui fanno riferimento sia il Cianelli che la “Nota” del quadernetto Guinigi, la Betti riferisce che si tratta di un’opera preliminare al “Beato Bernardo Tolomei che

assiste gli appestati”, realizzata nel 1745 per la chiesa milanese di San Vittore al

Corpo (fig. 289).93

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