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Capitolo 5 Caso Studio: Descrizione e indagine storica

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Academic year: 2021

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Caso Studio:

Descrizione e indagine storica

5.1 Introduzione

Gli Spedali Riuniti sono la principale struttura ospedaliera di Livorno; occupano un vasto lotto compreso tra il viale Alfieri e il centro cittadino. La denominazione è antecedente alla costruzione dell'edificio e ufficialmente risale al 1898; essa indicava il vasto complesso ospedaliero di Sant'Antonio, ove in precedenza erano stati riuniti i vari spedali cittadini (della Misericordia, della SS. Annunziata e San Ranieri, di San Tobia o dello Spirito Santo, delle Stimmate di San Francesco, dei carcerati, degli ebrei, del Bagno Penale).

Figura 4.1:Vista satellitare del complesso ospedaliero

L’edificio che analizzeremo è il Padiglione cinque all'interno del quale si svolgono le attività di Medicina, Pneumologia e Medicina d'Urgenza. L'edificio realizzato intorno agli anni '30 con un ingombro globale in pianta di 62.0x20.0 metri è composto da un piano interrato e quattro piani fuori terra (Piano Terra, Piano Primo, Piano Secondo e Piano Terzo).

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5.2 Breve storia Città di Livorno

Le origini di Livorno sono ignote, ma il toponimo è attestato per la prima volta nel 1017 (l'anno 904, come invece riportano diversi autori, sarebbe frutto di un'errata valutazione)[1] come "Livorna" e probabilmente deriva da un nome di persona romana di origine etrusca (Liburna, Liburnius, Leburna,

Leburnius). Secondo altre ipotesi deriverebbe invece dal latino liburna (una nave veloce da guerra) o

dal nome del popolo illirico dei Liburni. Sicuramente il piccolo villaggio labronico, posto intorno ad una cala naturale a pochi chilometri a sud della foce dell'Arno, collaborava in epoca medioevale col vicino Porto Pisano; ad esempio, nei pressi di Livorno, in località Santo Stefano ai Lupi, si trovavano una pieve (attuale Cappella di Santo Stefano) e una importante fonte d'acqua sorgiva per il rifornimento delle navi del porto. A differenza delle altre città toscane, quali Firenze, Lucca o Pisa, che vivevano stagioni di grande vivacità artistica, all'epoca Livorno rimase ai margini della storia. Tuttavia, il naturale e progressivo insabbiamento dell'antico Porto Pisano coincise con l'affermazione del piccolo villaggio: i Pisani decisero di favorire lo sviluppo dello scalo labronico con la costruzione di un maestoso faro (noto come Fanale dei Pisani), di una fortificazione a pianta quadrata (la "Rocca Nuova" o "Quadratura dei Pisani", nucleo più antico di quella che sarà poi la Fortezza Vecchia) e, nel 1392, chiusero l'abitato all'interno di una cinta muraria.

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Nel 1392 il governo del doge pisano Pietro Gambacorti decretò la fortificazione della "Terra di Livorno" che divenne così un castello munito sul mare a difesa dell'approdo del "Pamiglione" (Darsena Vecchia) che proprio per il progressivo interramento del Porto Pisano stava acquistando importanza per la repubblica di Pisa. Le mura, analoghe a quelle che tuttora circondano la città di Pisa, erano di pietra del monte della Verruca ed abbracciavano in giro l'intero borgo medievale che si era sviluppato intorno al Pamiglione e lungo la via Maestra del Borgo (attuale via San Giovanni). Sulla loro sommità erano merlate secondo le difese del tempo. Il loro andamento seguiva, grosso modo, quello degli attuali scali delle Ancore, piegavano verso sud poco prima dell'odierna via del Porticciolo e di nuovo piegavano verso occidente parallele alla via Fiume per arrivare al Pamiglione. Qui si ricongiungevano alla Rocca Vecchia, correvano parallele alla riva dell'approdo e terminavano poco prima della Quadratura dei Pisani, nella cui area antistante si apriva il cosiddetto Varatoio ove venivano costruiti e varati, appunto, i navigli. Sulla darsena del Pamiglione si apriva la Porta a Mare, mentre all'altro capo del borgo, ala fine della via San Giovanni, si ergeva una massiccia torre triangolare ove la Porta a Terra o Ghibellina dava accesso allì'aperta campagna del "Campo Galeano" (attuale piazza del Municipio). Un bivio conduceva verso nord-est a Pisa e verso sud-est a Salviano. L'abitato era costituito da circa 18 isolati, a cui nel 1493 ne furono aggiunti altri due sul lato nord. Dalla via Maestra si dipartivano le piccole strade laterali (Carraia, Guelfa, San Antonio) ed i vicoli (del Leone, Nuovo, San Antonio, del Settìno, dei Bozzellai, del Lauro, del Chiasso d'oro, del Chiassatello, della Rocca) e le piccole piazze del Castello, San Antonio e Capo di Borgo per un totale di 16 strade e vicoli, tre piazze. Sulla via principale si affacciavano i maggiori edifici dell'abitato: le chiese di San Giovanni Battista, la scomparsa pieve delle Sante Maria e Giulia (demolita nel 1527 per fare spazio alla costruzione del fossato della Fortezza Vecchia, il Palazzo del Comune con una piccola loggetta antistante. Più defilati erano l'ospedale (Spedale di San Antonio) e la limitrofa chiesa di San Antonio. Tale impianto urbanistico fu conglobato nel tessuto della nuova città e tale rimase, sostanzialmente immutato, fino agli abbattimenti del 1837 e 1897 ed infine 1942. Una cortina fortificata delle mura circondava anche il lato meridionale ed occidentale del Pamiglione, lungo il molo. La popolazione agli inizi del XVI secolo si ritiene fosse di circa 800-1000 abitanti.

Tramontata la Repubblica di Pisa, Livorno fu venduta dapprima ai Visconti di Milano, e successivamente, nel 1407, ai genovesi. Durante il dominio della città ligure, il sistema portuale livornese fu potenziato con la realizzazione di una nuova darsena interna (il cosiddetto "Porticciolo dei Genovesi"), ubicato nella zona dell'attuale piazza Grande) e collegata al mare mediante un canale. Tuttavia, nel 1421, i fiorentini acquistarono il Castello di Livorno per ben 100.000 fiorini d'oro, con l'intento di farne lo sbocco a mare per i loro traffici commerciali.

Nel XVI secolo, con l'avvento dei Medici al governo della Toscana, si registra l'esplosione demografica e commerciale di Livorno. I Medici, a cominciare da Cosimo I, granduca di Toscana, riuscirono a fare di Livorno uno dei più grandi porti del Mediterraneo, con la costruzione di un nuovo

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primi interventi urbanistici sull'asseto del Castello furono il potenziamento delle sue fortificazioni. L'avvendo della polvere da sparo imponeva muraglie fortificate più resistenti ai colpi della armi da fuoco. Così, dopo l'impegnativo intervento della costruzione della Fortezza Vecchia, nel 1536 furono rafforzati tre angoli della cinta muraria: a nord-est (Via del Porticciolo) fu eretto un piccolo bastione di terra, sull'angolo sud-est fu costruito il "Bastione della Cera" e sull'angolo sud-ovest, adiacente alla Rocca Vecchia, il "Bastione del Villano", in memoria della difesa del Castello contro l'esercito imperiale di Massimiliano I d'Asburgo. Nel Progetto della nuova città del Buontalenti si vede molto ben evidenziato il nucleo medieale del Castello con i piccoli bastioni angolari.

Figura 5.3: Copia del progetto di Bernardo Buontalenti per la città di Livorno

Sotto Francesco I, figlio di Cosimo, Bernardo Buontalenti fu incaricato di progettare la pianta della nuova città di Livorno; in seguito sul cantiere lavorarono anche altri importanti progettisti, come Alessandro Pieroni e Don Giovanni de' Medici. L'abitato, definito con rigore geometrico, assunse una forma pentagonale, con fossati, baluardi e fortificazioni alla moderna che dovevano servire a proteggerlo dall'assalto delle navi corsare dei Mori e dei Saraceni, in quei tempi protagonisti di frequenti scorrerie ed incursioni lungo le coste del Tirreno e del Mediterraneo in generale. La proclamazione di Livorno come porto franco e l'emanazione delle cosiddette "Leggi Livornine" costituirono il motore di sviluppo democrafico ed economico di Livorno.

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Gian Gastone fu l'ultimo rappresentante della dinastia dei Medici, dopo Cosimo II, Ferdinando II e Cosimo III. Alla sua morte, avvenuta nell'anno 1737, Livorno superava già i 30.000 abitanti. Il Granducato di Toscana passò quindi sotto il dominio della dinastia lorenese. Il primo rappresentante dei Lorena ad assumere il titolo di granduca, fu Francesco II, marito di Maria Teresa, figlia di Carlo VI, che nel 1745 divenne però Imperatore d'Austria e del Sacro Romano Impero, delegando un Consiglio di Reggenza in sua vece. I suoi successori, a partire da Pietro Leopoldo, attuarono importanti riforme che portarono ad una ulteriore espansione della città e ad una notevole ripresa delle arti, in particolare dell'editoria: a Livorno vennero infatti pubblicati Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria (nel 1764, in forma anonima) e, nel 1770, la terza edizione dell'Encyclopédie ou

Dictionnaire raisonnè des Sciences, des Arts et des Métiers di Diderot e D'Alembert, in una stamperia

ricavata nel vecchio Bagno dei forzati.

Tuttavia, durante il granducato di Ferdinando III, l'economia livornese fu notevolmente danneggiata dalle occupazioni francesi (con Napoleone Bonaparte, nel 1796), spagnole e inglesi. La Restaurazione, nella prima metà dell'Ottocento coincise con una sorta di rinascimento della città: vennero costruite o completate importanti opere pubbliche come l'Acquedotto di Colognole, sorsero nuovi e grandi teatri e le fortificazioni lungo il Fosso Reale lasciarono il posto ad eleganti palazzi signorili. Inoltre, nel 1844 venne inaugurato il primo tratto della Ferrovia Leopolda tra Livorno, Pisa e successivamente Firenze. Notevole fu pure il successo delle strutture ricettive legate al primo turismo balneare, che portarono allo sviluppo della passeggiata a mare e delle frazioni di Ardenza e Antignano.

Figura 5.4: Mappa di Livorno del XVII secolo

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compiacimento del barone Bettino Ricasoli; fu proprio Ricasoli che suggerì a Leopoldo II di punire la città ribelle, togliendole la sua originaria circoscrizione provinciale e riducendola così al solo comune labronico e all'Isola d'Elba. Lo stesso Leopoldo fu però costretto ad abbandonare il trono nel 1859 ponendo fine all'epoca del Granducato di Toscana; nel maggio del 1860 ben 102 livornesi si unirono alla spedizione dei Mille, mentre nel mese di giugno del medesimo anno, altri 800 cittadini labronici raggiunsero Giuseppe Garibaldi in Sicilia. Quindi, con l'unità d'Italia la storia di Livorno seguì di pari passo quella del Regno d'Italia, dalla proclamazione dell'Unità in poi. Tuttavia, nel 1868, la città perse le franchigie doganali del porto franco, causando un drastico calo delle attività commerciali; ciò nonostante, lo sviluppo delle attività industriali e della cantieristica, col Cantiere navale Orlando, trasformarono Livorno in un centro industriale di rilevanza nazionale.

Gli inizi del XX secolo videro un fiorire di progetti di grande impatto architettonico ed urbanistico: dagli eleganti stabilimenti termali e balneari, che avevano fatto di Livorno una delle mete turistiche più ambite sin dalla prima metà dell'Ottocento, alla funicolare per il Santuario di Montenero, fino alla nuova stazione ferroviaria della linea Livorno - Cecina. Peraltro, nei primi decenni del secolo, le autorità comunali adottarono una serie di misure per risanare l'intero centro storico, che all'epoca versava in pessime condizioni igieniche: nell'area del Bagno dei forzati furono migliorate le condizioni dell'ospedale cittadino, mentre, nei pressi del Duomo furono costruiti nuovi palazzi, tra cui quello delle Poste e Telegrafi.

All'epoca la città era in fermento e in sviluppo economico, animata da uno stato rilevante di laboriosità; erano presenti personaggi che la rendevano conosciuta in Italia e all'estero. Cardinali come Lunardi (nunzio apostolico), scultori come Tarrini, pittori come quelli appartenenti al gruppo labronico, maestri e compositori come Pietro Mascagni, cantanti lirici come Masini, industriali di valore come Donegani, Mathon, Orlando, commediografi rinomati come Niccodemi e Lopez, famiglie ebree come quella dei Modigliani (Giuseppe socialista; Amedeo, pittore, scultore; Piero, industriale del vetro), imprenditori come Liguori, Santoponte, Visconti, che fondarono la porto industriale livornese (SPIL), sportivi come gli schermidori Beppe Nadi, i suoi figli e i Canottieri, gli Scarronzoni. Livorno era inoltre un'affermata stazione termale che comprendeva non solo lo stabilimento Acque della Salute (con speciale organizzazione sanitaria), ma anche sorgenti come quella zolfo sulfurea dei Bagnetti della Puzzolente, quella radioattiva del Sassorosso e quelle ubicate in Collinaia e a Montenero, nei pressi del Santuario. Poco prima dell'affermazione del Fascismo, il 21 gennaio 1921 nacque a Livorno il Partito Comunista d'Italia dalla scissione della corrente di estrema sinistra del Partito Socialista Italiano, guidata da Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci, che abbandonò la sala del Teatro Goldoni, dove si svolgeva il XVII Congresso socialista, convocando un congresso costitutivo presso il Teatro San Marco (vedi anche la Scissione di Livorno). L'avvento del fascismo e l'ascesa politica di Costanzo Ciano portarono alla realizzazione di grandi opere pubbliche, all'ampliamento dei confini provinciali e, al contempo, all'ideazione di massicci e scellerati piani di sventramento per la città. Così, parallelamente alla costruzione di un nuovo e più grande ospedale (gli Spedali Riuniti) e dello stadio comunale, nell'area del centro storico furono demoliti antichi edifici per far posto ai palazzi del regime, come il Palazzo del Governo.

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Figura 5.5: Le Acque della Salute simbolo della Belle époque livornese

Inoltre nel intorno agli anni trenta fu costituita la società ANIC (Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili), che conferì, col suo complesso petrolchimico, una maggiore caratterizzazione industriale alla città; nei pressi dei nuovi insediamenti industriali sorsero grandi quartieri operai, caratterizzati da unità abitative minime definite supereconomiche. Di conseguenza, per favorire lo sviluppo delle fabbriche e del porto si rese necessario ampliare i confini comunali a discapito del comune di Collesalvetti, che nel 1931 fu privato di una parte di terreno paludoso nell'area compresa tra il Torrente Ugione ed i canali del Calambrone; anche l'abitato di Stagno avrebbe dovuto essere inglobato nei nuovi confini, ma la ferma opposizione dell'amministrazione colligiana, che avrebbe perso oltre 1.000 residenti, impedì il concretizzarsi del progetto. A Livorno, città priva di una dimensione rurale, il fascismo fu un fenomeno legato essenzialmente alla borghesia, alla quale apparteneva lo stesso Ciano. Ai funerali del gerarca, deceduto nel giugno del 1939, a Livorno si tenne l'ultima solenne cerimonia del regime, alla quale fu presente persino Benito Mussolini. La morte di Ciano non fermò i piani di sviluppo della città; questi programmi, che avrebbero portato alla cancellazione di gran parte dell'assetto urbano di Livorno, furono però interrotti dallo scoppio della seconda guerra mondiale.

5.3 Storia degli Spedali Riuniti

Gli Spedali Riuniti furono costruiti a partire dal 1929, e, nel clima di propaganda dell'epoca, furono intitolati al gerarca fascista Costanzo Ciano fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.

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Figura 5.6: Vista blocco Principale

Il disegno fu affidato a Ghino Venturi, architetto di scuola romana, all'epoca molto attivo a Livorno, dove realizzò anche un notevole numero di progetti legati ai nuovi quartieri popolari. L'inaugurazione avvenne nel novembre del 1931 alla presenza delle massime autorità e del re Vittorio Emanuele III e della regina Elena del Montenegro.

La realizzazione costò 32 milioni di lire, una cifra enorme per quei tempi, ma che testimonia la grandiosità dell'opera, che andava a sostituire un preesistente nosocomio intitolato a Sant'Antonio ubicato in pieno centro cittadino, nell'area del Bagno dei forzati. L’ospedale venne realizzato senza il contributo di fondi pubblici e attraverso gli introiti economici delle rette ospedaliere e dei servizi ospedalieri quali la farmacia, la radiologia, il laboratorio di analisi e la casa di salute per ammalati paganti: le innovazioni organizzative consentirono di accendere un mutuo di 15 milioni di lire presso l’INPS. La struttura ospedaliera divenne subito centro di una sofisticata assistenza, cui si aggiunse un'attività di ricerca medica di primo livello.

La struttura ospedaliera è stata notevolmente ampliata nel dopoguerra, con la costruzione di nuovi reparti. Negli ultimi anni sono stati realizzati importanti interventi di ammodernamento, che hanno portato ad esempio alla recente inaugurazione del nuovo polo dedicato al pronto soccorso e alla sopraelevazione di tutti i corridoi di collegamento tra i vari padiglioni, per differenziare i percorsi dei medici da quelli del pubblico.

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Figura 5.7: Vista della Cappella

L'ospedale è costituito da diversi padiglioni, collegati tra loro da un corridoio coperto e disposti simmetricamente intorno ad una corte centrale, dove si apre la cappella. Dal punto di vista architettonico l'impianto del nosocomio livornese non risulta particolarmente innovativo, ma ripiega stancamente su elementi della tradizione.

Infatti, il corpo principale, costituito dal palazzo dell'amministrazione, è sostanzialmente un grande blocco di matrice classica, con un basamento, trattato alla maniera dei palazzi rinascimentali ed un frontone alla sommità di stampo neoclassico; l'edificio è raccordato alla strada antistante mediante due ali curvilinee, che rimandano all'architettura barocca di Piazza San Pietro a Roma. Nei padiglioni, rialzati nel dopoguerra, l'apparato ornamentale è ridotto all'essenziale, mentre decisamente neoclassico appare l'ingresso al "Pronto Soccorso", posto all'angolo del lotto e realizzato nella forma di un tempio circolare sovrastato da una cupola. La cappella centrale, a tre navate, è caratterizzata da un alto timpano e da strette finestre a feritoia, che saranno poi riprese da Venturi nel progetto per la chiesa presso la Colonia Regina Elena di Calambrone. Le vetrate policrome dell'interno sono opera di Athos Rogero Natali. Sul retro si innalza una sorta di campanile, alto oltre 40 metri: in realtà si tratta di una massiccia torre-serbatoio, sormontata da un orologio e da una struttura in ferro battuto che ricorda i coronamenti dei campanili barocchi di Roma.

Il padiglione cinque si trova in prossimità della cappella, presenta una forma pressoché rettangolare in pianta ed è composto da un piano interrato e quattro fuori terra. Allo stato attuale la struttura risulta

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piuttosto regolare in pianta e in altezza, non sono presenti elementi in aggetto quali balconi o gronde di importante rilievo.

A seguito di un'accurata osservazione delle facciate, delle informazione fornite dalla macchina termografica utilizzata nel corso delle indagini e dalle foto d'epoca rinvenute presso l'Ufficio Tecnico dell'Azienda, si può confermare l'ipotesi di un intervento di sopraelevazione di un piano che ha interessato l'intero edifico che originariamente era composto da tre piani fuori terra, come gli analoghi padiglioni circostanti (vedi foto sotto).

Figura

Figura 4.1:Vista satellitare del complesso ospedaliero
Figura 5.2: Vista entrata Spedali Riuniti
Figura 5.3: Copia del progetto di Bernardo Buontalenti per la città di Livorno
Figura 5.4: Mappa di Livorno del XVII secolo
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