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4. Spazi dell'efficaficia

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Academic year: 2021

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4. Spazi dell'efficaficia

Le rappresentazioni drammatiche si svolgevano nel corso di una festa, all'aperto, a partire dall'alba. Lo spazio scenico era costituito da alcuni elementi fondamentali1, il più importante dei quali è sicuramente lo spazio aperto dell'orchestra, in cui il coro cantava e danzava e in cui recitavano i personaggi. L'orchestra era delimitata ai lati da due eisodoi, atraverso le quali gli atori entravano in scena. Nella maggior parte delle tragedie che si sono conservate ci sono tracce della presenza della σκηνή2, una strutura, probabilmente temporanea, che delimitava il fondo dell'orchestra. La σκηνή svolgeva la funzione di fondale, ma doveva avere uno spazio interno abbastanza ampio da servire anche come luogo in cui gli atori potevano prepararsi ed indossare i costumi e come deposito per gli oggeti di scena3.

Gli spazi fondamentali del teatro potevano essere gestiti in modo diverso a seconda delle esigenze, e combinati con elementi di scenografa temporanea, in particolare struture sopraelevate4.

Bisogna certamente tenere conto della possibilità che struture e arredi scenici fornissero di volta in volta degli indizi agli spetatori, aiutandoli a collocare geografcamente l'ambientazione della tragedia. Rimane di grande importanza, in ogni caso, il processo di costruzione dello spazio scenico che passa atraverso la

1 Per una tratazione generale sugli elementi fondamentali dell'allestimento scenico nel teatro del quinto secolo vd. DI BENEDETTO, MEDDA 1997, pp. 5-33, DI MARCO 2000, pp. 51-66.

2 Il fato che la maggior parte delle tragedie sembra prevedere l'utilizzo della σκηνή non signifca che questa fosse un requisito imprescindibile per tuti i dramma del quinto secolo. Le tragedie ambientate in spazi aperti lontani dall'abitato, in particolare, non sembrano richiedere l'utilizzo della σκηνή.

3 DI BENEDETTO, MEDDA 1997, pp. 13-16, DI MARCO 2000, pp. 56-57.

4 Vd. DI BENEDETTO, MEDDA 1997, pp. 13 e ss. Per una breve discussione circa l'ipotesi della presenza di struture permanenti o di un palcoscenico nel teatro del quinto secolo vd. supra, p. 54.

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recitazione. In particolar modo nei primi versi della tragedia, e nel prologo in misura maggiore, i personaggi forniscono infati verbalmente le informazioni che servono ad integrare o completare le indicazioni ricavabili dall'allestimento scenico del dramma5.

Molti degli studi moderni sul dramma antico si sono concentrati sull'importanza, per comprendere il testo della tragedia e, sopratuto, la forma di espressione nel suo insieme, degli sforzi che cerchino di capire cosa efetivamente fosse visibile sulla scena e cosa, invece, fosse costruito dall'immaginazione degli spetatori, per mezzo dei suggerimenti della parola recitata6.

Nel dramma antico la parola svolgeva infati un ruolo fondamentale sia per descrivere gli elementi che componevano lo spazio scenico, aggiungendo in qualche caso detagli che non risultavano visibili al pubblico, sia per defnire ciò che rimaneva al di fuori dello spazio visibile.

Ad essere coinvolto in misura maggiore in questo meccanismo di defnizione è sicuramente l'edifcio della σκηνή. Non è chiaro se la strutura rimanesse fssa per tuta la durata dell'agone tragico, ma è lecito pensare che essa potesse essere modifcata a seconda delle esigenze del dramma, atraverso, per esempio, pannelli mobili o elementi di decorazione removibili7. Nella maggior parte dei casi l'edifcio rappresenta una casa o un tempio, struture che si trovano in streto rapporto con l'intero spazio dell'orchestra, defnito in qualche caso semplicemente come lo spazio antistante all'uno o all'altro. La parola recitata può servire a localizzare e a descrivere la costruzione rappresentata dalla σκηνή, aggiungendo detagli che contribuiscono a defnire l'ambientazione della tragedia: uno degli esempi più celebri è quello della lunga e detagliata descrizione della facciata del tempio di Apollo a Delf, nello Ione8.

5 Per il conceto di “scenografa verbale” vd. DI MARCO 2000, 118-121. Per alcune rifessioni ul

rapporto tra ὄψις e parola recitata vd. LOSCALZO 2008, pp. 101-131.

6 Tra gli studi che si sono concentrati sulla dimensione teatrale della tragedia greca vd. ARNOTT 1962, PICKARD-CAMBRIDGE 1968, TAPLIN 1977, TAPLIN 1978, in particolare pp. 1-14,

ARNOTT 1989, in particolare le pp. 132-161 per quel che riguarda l'ambientazion delle tragedie e l'unità di spazio e di tempo, DI BENEDETTO, MEDDA 1997, WILES 1997, DI MARCO

2000, REHM 2002, in particolare pp. 50-90, LOSCALZO 2008.

7 Vd. DI BENEDETTO, MEDDA 1997, pp. 13 e ss., DI MARCO 2000, pp. 56-57.

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Il caso dello Ione mostra bene come la conoscenza da parte degli spetatori degli spazi sacri e della geografa della Grecia fosse fondamentale perché il processo di costruzione dello spazio scenico si compisse fno in fondo: alcuni santuari e luoghi di culto dovevano far parte, infati, dei luoghi noti agli spetatori, la cui competenza rituale derivava dall'esperienza della partecipazione a culti e feste religiose.

La difusa conoscenza di alcuni dei luoghi e degli edifci evocati in tragedia faceva sì che il poeta potesse richiamare le carateristiche del luogo soltanto atraverso brevi accenni, contando sulla memoria del pubblico, o potesse permetersi di apportare variazioni al dato conosciuto, perché la scelta della variazione connotasse lo spazio in un modo particolare, funzionale alle esigenze del dramma.

Nonostante le tragedie si svolgessero in un theatron, in un luogo cioè in cui ci si recava per vedere qualcosa, gran parte delle azioni della tragedia, in alcuni casi proprio gli eventi determinanti per il μῦθος rappresentato, avveniva in luoghi immaginati al di fuori dello spazio scenico, che rimanevano invisibili agli spetatori9. La memoria e la competenza geografca e rituale del pubblico dovevano essere a maggior ragione chiamate in causa quando si tratava di defnire questi spazi invisibili.

Si parla in questo senso di uno spazio extrascenico, che include i luoghi vicini e lontani a cui conducono le due eisodoi, e di uno spazio retroscenico, che si trova al di là della σκηνή e che consiste spesso nell'interno dell'edifcio che questa rappresenta10.

Nelle tragedie dei supplici, che iniziano con una supplica presso l'altare, la costruzione dello spazio scenico è fortemente orientata dal rituale. Una prima ragione, evidente, dell'importanza del rito per la defnizione degli spazi è la

9 Per qualche rifessione sulle convenzioni sceniche, in relazione a spazi visibili e invisibili nel teatro greco, vd. DALE 1969, PADEL 1990, WILES 1997, DI BENEDETTO, MEDDA 1997, pp. 34-69, DI MARCO 2000, pp. 109-124. Per uno studio che consideri dal punto di vista narratologico l'uso degli spazi in Euripide vd. LLOYD 2012.

10 Le due defnizioni di spazio extrascenico e retroscenico sono di DI BENEDETTO, MEDDA 1997,

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necessità della presenza sulla scena di un altare, sul quale trovano rifugio uno o più personaggi del dramma.

In questo capitolo ragioneremo su come vengano costruiti e pensati gli spazi del dramma in quatro tragedie che tratano di supplica, estendendo il ragionamento in due direzioni: per prima cosa cercheremo di comprendere come vengano defniti, in queste tragedie, lo spazio visibile dell'orchestra e gli spazi invisibili ad essa connessi. Tenteremo poi, per ognuna delle tragedie che esamineremo, di rifetere su come la connotazione degli spazi del dramma infuenzi l'efcacia del rituale, intesa sia come correto compimento dei gesti e delle parole previste dal rito sia, sopratuto, come forza persuasiva in grado di stabilire un legame tra supplice e supplicato.

Le quatro tragedie di cui ci occuperemo possono essere raggruppate in due coppie11. La prima coppia comprende le cosidete “political plays12”, Eraficlidi e

Supplifici, tragedie ambientate in Atica che coinvolgono diretamente la cità di

Atene, rappresentata soto la guida di due sovrani, Teseo ed il fglio Demofonte. Per queste prime due tragedie ci occuperemo in particolare della defnizione dello spazio extrascenico: in ragione dell'ambientazione in Atica, infati, in entrambi i casi una delle due eisodoi porta verso la cità di Atene, mentre l'altra conduce fuori dalla regione. Rifeteremo, quindi, sul valore dell'ambientazione nei due demi di Maratona ed Eleusi, e sul rapporto che lega la geografa dei demi, e dell'Atica in generale, ai due episodi della supplica dei fgli di Eracle e dei sete eroi di Tebe.

La seconda coppia di tragedie comprende Andromafica ed Eraficle, che trateremo per rifetere sulla relazione tra lo spazio scenico dell'orchestra in cui si svolge la supplica e l'edifcio della σκηνή, che in entrambi i drammi rappresenta la facciata di una casa. A proposito di queste due tragedie ci concentreremo quindi sul rapporto tra gli spazi domestici e gli spazi dedicati al dio, altare e statua

11 L'elenco delle suppliant plays euripidee comprende cinque tragedie. Da questo capitolo escluderemo tutavia l'Elena, perché dei margini di efcacia della supplica e dell'importanza della tomba di Proteo sulla scena si è già parlato ampiamente supra, vd. in particolare par. 3.1.

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nell'Andromafica ed altare nell'Eraficle, con lo scopo di rifetere sul ruolo degli dei come garanti dell'efcacia del rituale13.

4.1 Per una geografa degli Eraclidi

Negli Eraficlidi la defnizione dello spazio svolge un ruolo fondamentale: gli spazi visibili e quelli invisibili sono costruiti secondo un sistema di riferimenti e di confronti, in cui i movimenti e gli spostamenti dei personaggi hanno una grande importanza per l'evolversi del dramma.

La tragedia è ambientata a Maratona, nel τέμενος del tempio di Zeus, il cui altare si trova nell'orchestra14. Nello spazio retroscenico, al di là della σκηνή che rappresenta il tempio15, dobbiamo immaginare quindi l'interno dell'edifcio sacro, in cui si trova la parte femminile del gruppo dei supplici, Alcmena, e le fglie di Eracle16.

Lo spazio scenico, visibile, è in relazione con i due poli invisibili dello spazio extrascenico: il modo in cui le due eisodoi vengono sfrutate nel corso del dramma contribuisce a creare una geografa drammatica, che colloca Maratona su un percorso che va da Argo ad Atene, e connota quindi le due uscite come vie che portano in direzioni opposte.

Una delle due eisodoi, quella da cui entrano in scena Demofonte ed Acamante, conduce infati verso la cità di Atene, mentre l'altra conduce nella direzione opposta, fuori dall'Atica; è da questa seconda direzione che entrano in scena i

13 Devo al prof. Andrea Taddei la rifessione sul valore degli spazi sacri in tragedia, e sulla defnizione di una geografa rituale per mezzo della costruzione degli spazi extrascenici. Il tema è stato afrontato a più riprese nell'ambito del corso di Antropologia del Mondo Antico negli a.a. 2011/2012, 2012/2013.

14 Sulla messa in scena degli Eraficlidi, che rientrano a pieno titolo nell'insieme delle suppliant

plays, vd. supra. La nostra ricostruzione della messa in scena di questo genere di tragedie

concorda in tuto con quella di REHM 1988. Per una breve discussione sull'ambientazione e la

messa in scena degli Eraficlidi vd. ALLAN 2001, pp. 47-52, che segue la ricostruzione di Rehm. 15 Gli Eraficlidi sono, secondo DI BENEDETTO, MEDDA 1997, p. 123, la più antica tragedia in cui la

σκηνή rafgura la facciata di un tempio.

16 Eur. Heraficl. 40-44, ne abbiamo parlato supra, al par. 2.5, in merito alla necessità di mostrare il corpo per supplicare.

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personaggi argivi del dramma, l'araldo, Euristeo e, possiamo immaginare, gli Eraclidi stessi17.

Iolao e i fgli di Eracle sono fuggiti da Argo per sotrarsi alla violenza di Euristeo, e si presentano come esuli:

ἐπεὶ γὰρ Ἄργους οὐ μέτεσθ' ἡμῖν ἔτι, ψήφωι δοκῆσαν, ἀλλὰ φεύγομεν πάτραν, πῶς ἂν δικαίως ὡς Μυκηναίους ἄγοι ὅδ' ὄντας ἡμᾶς, οὓς ἀπήλασαν χθονός; ξένοι γάρ ἐσμεν.18

Il fato che Iolao e gli Eraclidi abbiano scelto di supplicare a Maratona non può metere in dubbio che lo scopo della supplica sia quello di essere accolti dalla cità di Atene nel territorio dell'Atica: nonostante qualche riferimento specifco alla Tetrapoli di Maratona19, infati, nel corso di tuta la tragedia essa viene considerata come parte integrante del territorio ateniese, tanto che è il sovrano ateniese, Demofonte, ad intervenire per risolvere la questione, mentre il coro formato da vecchi di Maratona viene defnito anche come coro di Ateniesi20. La supplica genera due opposte tensioni: mentre gli aggressori argivi vogliono riportare gli Eraclidi indietro, verso Argo, Iolao vuole essere proteto da Atene, e coinvolge quindi nello scontro Demofonte e gli Ateniesi. Le due cità di Argo e Atene si defniscono nel corso dell'intera tragedia come due poli opposti, governati da leggi diverse.

Da una parte si trova la cità di Eracle reta da Euristeo, rappresentato come un

17 Per la defnizione dello spazio scenico negli Eraficlidi vd. DI BENEDETTO, MEDDA 1997, pp.

123-125, ALLAN 2001, pp. 47-52. Sappiamo poco, purtroppo, della dinamica con cui Iolao e i fgli

di Eracle entravano in scena, vd. supra a proposito della ficanficelled entry. 18 Eur. Heraficl. 185-189.

19 Vd. in particolare i vv. 32 e 80-81, con i commenti di WILKINS 1993 e ALLAN 2001. La Tetrapoli

di Maratona era una delle più importanti associazioni locali dell'Atica. Si possono ricavare interessanti informazioni sulla vita religiosa della Tetrapoli grazie ad un calendario sacrifcale del quarto secolo (IG ii2 1358) che si è conservato fno ai giorni nostri, per il quale vd. la riedizione di LAMBERT 2000.

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despota che esercita un potere sui fgli dell'eroe21 e che atende il loro ritorno in patria per giustiziarli per lapidazione22. Argo è un luogo dove regna la violenza, conceto che, nel prologo della tragedia, ricorre con una grandissima frequenza23. La cità di Atene e l'Atica al contrario, vengono defnite come una terra libera24, in cui la giustizia, πότνια Δίκα, esercita il suo potere, e in cui si rispetano gli dei e le leggi che tutelano i supplici25.

Lo scontro tra Argo ed Atene continua per tuta la durata della tragedia, fno a sfociare in una guerra tra le due cità, causata dalla scelta di Demofonte di accogliere i supplici. La questione della supplica dei fgli di Eracle mete quindi in discussione l'identità ateniese, che si defnisce per mezzo di confronti e diferenze con l'alterità rappresentata, in questo caso, dalla cità di Argo26.

In questo paragrafo non entreremo nel detaglio della costruzione delle due diverse identità citadine e del modo in cui nella tragedia viene rappresentata la cità di Atene, ma ci concentreremo, piutosto, sulla questione della defnizione della geografa o, meglio, delle geografe, in cui viene inquadrato lo spazio scenico, luogo della supplica degli Eraclidi. Qello che ci interessa non è, infati,

21 Vd. Eur. Heraficl. 99-100 «{Κη.} ἀλλ' οὔτι τοῖς σοῖς δεσπόταις τάδ' ἀρκέσει, / οἳ σοῦ κρατοῦντες ἐνθάδ' εὑρίσκουσί σε.».

22 Eur. Heraficl. 60. I riferimenti alla lapidazione sono molto frequenti in tragedia, in particolare come supplizio per otenere vendeta su chi abbia compiuto deliti che ledano alla stabilità del gruppo. Ricordiamo qui alcuni casi particolarmente signifcativi: si minaccia di lapidare Egisto nell'Agamennone (1611-1616), nell'Edipo a Colono Edipo rimpiange di non essere morto lapidato dal popolo (423-436), ci sono due riferimenti ad una possibile lapidazione di Elena, nelle Troiane (1039-1041) e nell'Oreste (51 e ss.), nello Ione Creusa rischia di essere lapidata per aver tentato di avvelenare il fglio (1111-1112, 1222-1225, 1238-1241). Ancora nell'Oreste, infne, l'assemblea acceta la proposta di lapidare Oreste ed Eletra come matricidi, (907-914). La lapidazione, che appare in tragedia come una vendeta colletiva, non trova una precisa regolamentazione nelle pene previste dal dirito ateniese. Sull'argomento vd. CANTARELLA 1991, pp. 105-118. Per una tratazione generale su lapidazione e precipitazione come eliminazione completa del colpevole che si era macchiato di crimini religiosi, contrapposta alle pene capitali riservate ai κακοῦργοι vd. GERNET 1968, pp. 325 e ss.

23 La parola βία ricorre ben 16 volte nei primi 350 versi della tragedia, ai vv. 13, 18, 64, 67, 71, 79, 97, 102, 112, 127, 221, 225, 243, 254, 286, 366. Sul tema della violenza argiva vd. BURNETT

1976, p. 23. 24 Eur. Heraficl. 62.

25 Eur. Heraficl. 101-104 per la giustizia che tutela i supplici. Abbiamo già ricordato supra, p. Errore: sorgente del riferimento non trovata, che Demofonte defnisce barbaro il comportamento violento dell'araldo argivo.

26 Per approfondire questo punto cfr. MENDELSOHN 2002, pp. 50-134. Per una letura generale delle tragedie dei supplici in rapporto con le aspirazioni imperialistiche ateniesi vd. TZANETOU 2011.

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tentare di ricostruire la posizione di Euripide in merito alla questione della propaganda ateniese o al confronto tra Atene ed Argo, né ci interessa cercare di capire l'intento dell'autore nel selezionare una specifca variante del mito o nello scegliere una particolare ambientazione.

Per la nostra rifessione ci meteremo, piutosto, dalla parte del pubblico per il quale la tragedia veniva rappresentata, cercando di capire quali riferimenti al mito, alla storia recente e alla consuetudine del culto potessero essere richiamati quando nel teatro veniva rappresentata la supplica degli Eraclidi.

Abbiamo parlato di geografe, al plurale, perché il fato di collocare la supplica dei fgli di Eracle nel tempio di Zeus a Maratona doveva riportare alla mente degli spetatori riferimenti a campi dell'esperienza diversi, che si muovono con una certa libertà sia nello spazio che nel tempo.

Il dato mitico e rituale: il rapporto degli Eraclidi con Maratona

Il legame degli Eraclidi con l'Atica, e con Maratona in particolare, era un dato noto agli Ateniesi del quinto secolo: un frammento di Ferecide racconta della fuga degli Eraclidi verso la Tetrapoli dell'Atica, per supplicare Demofonte27. Già Erodoto ci dà il primo segnale dell'utilizzo di questo mito come τόπος nella propaganda ateniese: prima della bataglia di Platea diverse cità della Grecia tentano di guadagnarsi la posizione dell'ala, posizione di prestigio nell'esercito greco28. I Tegeati rivendicano il fato che Echemo, re di Tegea, avrebbe sconfto Illo durante il primo tentativo degli Eraclidi di tornare nel Peloponneso29. Gli Ateniesi ribatono che sono stati loro ad accogliere i fgli di Eracle, proteggendoli così da Euristeo, e riescono a persuadere gli Spartani che è la cità di Atene a meritare la posizione più onorevole nell'esercito.

L'episodio della supplica degli Eraclidi era utilizzato come τόπος nelle orazioni funebri ateniesi, con la funzione di metere in risalto le virtù della πόλις e dei suoi citadini. L'uso del mito in questo senso è atestato nel quarto secolo, ma

27 FGrH 3, F 84. 28 Hdt. IX, 25.8.

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esso doveva essere senz'altro noto già a partire dal secolo precedente30.

Insieme al racconto dell'aiuto dato da Teseo ai Sete di Tebe, il mito degli Eraclidi veniva portato come esempio per sotolineare il valore della cità di Atene, che si proponeva come l'unica πόλις in grado di difendere le leggi panelleniche, nello specifco quelle che regolavano le norme di comportamento verso i supplici, anche contro le cità greche che invece non le rispetavano31.

Nelle orazioni funebri il racconto di episodi del mito che esaltano le virtù della cità di Atene si inserisce in un discorso più ampio, nel quale entra in gioco la defnizione dell'identità della πόλις ateniese e dei suoi citadini32. In questo contesto, di conseguenza, non si fa mai preciso riferimento alla collocazione dell'episodio mitico nel demo di Maratona: è sempre Atene ad essere al centro della vicenda, garantendo l'accoglienza dei supplici.

È probabile, quindi, che sia il massiccio utilizzo del mito da parte degli oratori a far emergere in alcune fonti tarde una seconda variante mitica33, che elimina qualsiasi riferimento a Maratona e colloca la supplica degli Eraclidi sull'altare della pietà (Ἐλέου βωμός) nell'agora di Atene34.

Per un Ateniese dell'epoca di Euripide, tutavia, il fato che la supplica degli Eraclidi si svolgesse a Maratona non doveva evocare soltanto una versione del racconto mitico: la Tetrapoli di Maratona, e in generale il nord-est dell'Atica,

30 Vd. a questo proposito LORAUX 1981, in particolare pp. 64 e ss., in cui la studiosa sostiene che

i temi mitici usati negli epitaphioi del quarto secolo dovevano essere noti agli Ateniesi già dal secolo precedente, in ragione anche della massiccia presenza di questi miti nel repertorio tragico. Per il diverso uso di questo ed altri episodi da parte degli storici e degli oratori vd. NOUHAUD 1982, pp. 105-130. Per il τόπος della supplica degli Eraclidi cfr. Xen. Mem. III, 5, 10; Plat. Menex. 239b; Lys. II, 11-16; Dem. XVIII, 186; LX, 8; Isoc. IV, 54-60; V, 34; Arist. Rhet. 1396a 13-14.

31 Sull'utilizzo di questi temi nelle orazioni funebri vd. LORAUX 1981, in particolare pp. 67-69,

PARKER 1996, pp. 138-139.

32 Lo studio di LORAUX 1981 si concentra sulle dinamiche di questo meccanismo di defnizione

dell'identità ateniese nei λόγοι ἐπιτάφιοι.

33 Sulle varianti del mito degli Eraclidi vd. il commento di WILKINS 1993, pp. xiv-xv e ALLAN

2001, pp. 22-35. Su Eracle e gli Eraclidi vd. anche NILSSON 1951, pp. 68 e ss.

34 Degli autori tardi seguono la versione riportata da Ferecide ed Euripide, secondo la quale la supplica avviene a Maratona: Diod. IV, 57-8; Strabo VIII, 6, 19. A collocare la supplica nell'agora di Atene sono, invece, Apollod. II, 8, 1; Schol. ad Aristoph. Eq. 1151. Pausania non ofre una collocazione precisa per la supplica, ma menziona Atene, Paus. I, 32, 6. Il riferimento all'altare della pietà ha generato dubbi in molti studiosi per quanto riguarda l'altare di Zeus presso cui supplicano gli Eraclidi nella tragedia euripidea, vd. infra.

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erano infati stretamente legati al culto di Eracle, di Iolao e degli Eraclidi35. Secondo Pausania, gli abitanti di Maratona rivendicavano di essere stati i primi a riconoscere Eracle come dio36, e nel demo si trovava un τέμενος di Eracle, che avrebbe fato da luogo di raccolta per i Greci prima della bataglia contro i Persiani37. Si svolgeva a Maratona, inoltre, la festa degli Herakleia, che prevedeva gare atletiche e un agone citarodico38.

Oltre ad Eracle, anche gli stessi Eraclidi ricevevano un culto nella zona nord-est dell'Atica39: nel calendario della Tetrapoli è menzionata l'oferta di una pecora per Iolao40, un'ἐσχάρα degli Eraclidi è atestata a Porto Rafi41, ad Erchia essi ricevevano l'oferta di una pecora42 e potrebbero aver ricevuto una vitima anche a Torikos43.

Per gli Ateniesi del quinto secolo, quindi, il riferimento spaziale a Maratona in relazione agli Eraclidi richiamava esperienze diverse, appartenenti a diversi registri temporali: l'episodio del mito trovava infati precisi agganci sia nel passato recente, con la menzione del ruolo dell'Herakleion nel corso della bataglia di Maratona, sia nel presente del culto, atraverso manifestazioni epidemiche del culto di Eracle e dei fgli e, sopratuto, atraverso la festa degli

Herakleia che coinvolgeva l'intera comunità ateniese44.

35 In generale sul calendario cultuale della Tetrapoli di Maratona, sulla topografa della tetrapoli e sui santuari presenti nell'area vd. ISMARD 2010. Sul legame tra il mito

dell'accoglienza degli Eraclidi a Maratona e la realtà del culto nell'Atica nord-orientale vd. PARKER 1996, p. 138, n. 65 (che menziona anche il caso dei Sete) e PARKER 2005, p. 447: «the

Heraclidae … are strangely prominent in the cults of East Atica: there must certainly have been interaction between these cults and the myth of the reception of the Heraclidae». Sui legami tra gli Eraclidi e Maratona vd. anche i commenti di WILKINS 1993 ad v. 32 e ALLAN

2001, pp. 46-52. 36 Paus. I, 15, 3.

37 Vd. Hdt. VI, 108; 116. Sulla topografa del sito di Maratona all'epoca della bataglia vd. VAN DER VEER 1982.

38 Vd. PARKER 2005, p. 473.

39 Per il culto degli Eraclidi nell'Atica vd. KEARNS 1989, pp. 166-167. Oltre ai culti della zona

nord-orientale è atestata la presenza di un sacerdote degli Eraclidi ad Aixone, vd. IG2 1199.

Per il culto di Iolao in Atica vd. KEARNS 1989, 172-173.

40 IG II 1358 B 13-14, nel mese di Gamelione, insieme a Ge, Zeus Hypatos e Kourotrophos. 41 IG II2 4977.

42 SEG XXI 541, B 42, il quarto giorno del mese di Munichione.

43 SEG XXXIII 147, 36, secondo la ricostruzione di PARKER 1984. Vd. LUPU 2005, pp. 115-150. 44 PARKER 1996, p. 153, avanza l'ipotesi che la festa avesse aumentato la sua importanza, o fosse

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L'altare di Zeus Agoraios

Il rituale della supplica, nella sua variante che prevede il ricorso all'altare, solleva il problema della distinzione tra spazio sacro e spazio profano. È lo spazio sacro infati, nel nostro caso il τέμενος di un santuario, a garantire al supplice la possibilità di essere ascoltato. Nonostante i supplici abbiano come protetore Zeus, invocato con l'epiteto di Zeus Hikesios, il rituale della supplica può chiamare in causa qualsiasi divinità e si può svolgere in ogni santuario45.

Nel corso della nostra tragedia si dice più volte che Iolao e i fgli di Eracle hanno preso posto presso l'altare di Zeus; al verso 70, nel momento in cui l'araldo di Euristeo fa violenza a Iolao, il dio è defnito Agoraios:

{Ιο.} ὦ τὰς Ἀθήνας δαρὸν οἰκοῦντες χρόνον, ἀμύνεθ'· ἱκέται δ' ὄντες ἀγοραίου Διὸς βιαζόμεσθα καὶ στέφη μιαίνεται,

πόλει τ' ὄνειδος καὶ θεῶν ἀτιμίαν46.

L'invocazione di Zeus con l'epiteto Agoraios, in mancanza di un altare o di un culto del dio nei pressi di Maratona47, ha destato qualche perplessità negli studiosi, che si sono domandati il motivo per il quale, in corrispondenza di una supplica, non venga invocato piutosto Zeus Hikesios, Aidoios, Soter o Xenios48. Si

è quindi pensato che Zeus Agoraios sia il dio a cui è consacrato l'altare su cui siedono gli Eraclidi, e tutavia è sembrato piutosto bizzarro, a giudizio degli editori moderni della tragedia, che Euripide abbia scelto di far svolgere la supplica degli Eraclidi presso un santuario non soltanto privo di qualsiasi aggancio con la reale geografa dell'ambientazione scelta per la tragedia, ma parzialmente slegato anche dallo stesso rituale della supplica, dato che il dio

Maratona. Una delle scene nella Stoa Poikile, secondo Paus. I, 15, 3, avrebbe mostrato gli dei che sarebbero intervenuti a favore degli Ateniesi durante la bataglia di Maratona: insieme all'eroe Maratone si trovano Teseo, Atena ed Eracle.

45 Vd. SINN 1993. 46 Eur. Heraficl. 69-72.

47 Vd. WHITEHEAD 1986, p. 191.

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avrebbe avuto epiteti ben più pertinenti con cui essere chiamato in causa come destinatario del rituale.

L'epiteto Agoraios in questo contesto può essere messo in relazione con lo spazio citadino dell'agora oppure con una funzione del dio che abbia a che fare con l'esercizio della parola49.

Rosivach in particolare, in uno studio che rifete sul riferimento al dio negli

Eraficlidi, ipotizza tre possibili traduzioni dell'epiteto Agoraios: la prima

considererebbe il dio come colui che protegge l'assemblea50, la seconda si riferirebbe ad uno Zeus che tutela la parola pubblica51, la terza infne ad un altare o una statua di Zeus che si trova nello spazio dell'agora52, soluzione per cui

l'autore propende.

Zeus condivide l'epiteto di Agoraios con altre divinità che avevano un altare o una statua nella piazza principale di qualche cità53. Un tentativo dei primi editori del testo è stato, di conseguenza, quello di ipotizzare una collocazione dell'altare su cui supplicano gli Eraficlidi nell'agora di Maratona54. Qesta soluzione, oltre ad essere a mio avviso forzata, si giustifcherebbe soltanto con la reale presenza di un altare del dio a Maratona: la sola invocazione al verso 70, peraltro nel corso di una scena concitata, non basta a giustifcare l'intento dell'autore di ambientare l'intera tragedia all'interno della piazza, in mancanza di qualsiasi altra indicazione nel corso del dramma55.

Rosivach nota inoltre, giustamente, che al verso 69, prima di invocare il dio, Iolao chiama in aiuto gli Ateniesi, e non gli abitanti di Maratona. Secondo

49 Vd. FARNELL 1977, p. 58 a proposito dell'epiteto ἀγοραίος. 50 LSJ s.v. Ἀγορὰ, I.

51 LSJ s.v. Ἀγορὰ, III.1. 52 LSJ s.v. Ἀγορὰ, II.2.

53 Vd. FARNELL 1977, pp. 162-163, per un elenco delle cità in cui si poteva trovare un altare o un

culto del dio.

54 È questa l'opinione di WILAMOWITZ-MOELLENDORFF 1935, p. 78, che vorrebbe collocare

l'altare nella ἀγορά ἐφορία alle frontiere dell'Atica. Ad avanzare l'ipotesi della ἀγορά di Maratona sono Beck nell'edizione del 1881 e Jerram in quella del 1888.

55 Uno degli argomenti avanzati da chi sostiene l'ipotesi dell'ἀγορά di Maratona è quello della vicinanza del palazzo di Demofonte (vd. vv. 340-343). Tutavia il palazzo non deve necessariamente essere situato in posizione centrale, vd. WILKINS 1993 ad 70. ALLAN 2001 ad vv. 340-343 nota a ragione che la topografa del luogo è tanto fuida da non permetere queste speculazioni.

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l'autore il riferimento ad Atene si inserirebbe nella precisa volontà di Euripide di costruire l'ambientazione della tragedia in un modo che essa «seems to take place not at Marathon, but in Athens itself56». Qesta afermazione, anche se vaga sia per il tentativo di ricostruire una ipotetica volontà del poeta, sai per il ricorso all'idea ambigua di una ambientazione in una Maratona che “sembra” Atene, ha tutavia una sua legitimità.

Cambiando la prospetiva, infati, e concentrandoci non più sulle intenzioni di Euripide, ma sul pubblico che assisteva alla performanfice tragica, possiamo facilmente sostenere che l'invocazione di Zeus Agoraios evocasse negli spetatori un riferimento ai luoghi e alle istituzioni della πόλις di Atene.

Tra le ipotesi che Rosivach scarta per il signifcato di Agoraios ci sono quella di “protetore dell'assemblea” e “dio della parola pubblica”. Le due traduzioni non sono alternative l'una all'altra, per l'importanza che ha, in entrambi i casi, il fato di riunirsi per parlare57. Vanno nel senso di un'interpretazione che abbia a che fare con le istituzioni della parola pubblica i tre casi che atestano l'utilizzo dell'Agoraios, oltre al passo degli Eraficlidi.

La prima atestazione dell'epiteto del dio si trova nell'esodo delle Eumenidi, in un passo in cui Atena celebra la vitoria di Zeus sulla discordia:

ἀλλ' ἐκράτησε Ζεὺς ἀγοραῖος· νικᾷ δ' ἀγαθῶν

ἔρις ἡμετέρα διὰ παντός58.

Pochi versi prima oltre a Zeus è menzionata Πειθῶ, ed è chiaro che ci si riferisce, in questo caso, ad una funzione del dio che abbia relazione con la parola e con la persuasione.

Altre due atestazioni dell'epiteto Agoraios si trovano nei Cavalieri di Aristofane: la prima delle due è in corrispondenza di un giuramento, e fa riferimento ad un

56 ROSIVACH 1978, p. 35.

57 Vd. CHANTRAINE 1968, s.v. Ἀγορά.

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sacrifcio che viene compiuto per il dio, che i commentatori metono in relazione con il sacrifcio che apriva le sedute dell'assemblea59.

{ΠΑ.} Οὔτοί μ' ὑπερβαλεῖσθ' ἀναιδείᾳ μὰ τὸν Ποσειδῶ, ἢ μήποτ' Ἀγοραίου Διὸς σπλάγχνοισι παραγενοίμην60.

La seconda atestazione si trova al verso 500, in cui il coro si rivolge al salsicciaio che sta uscendo di scena per recarsi presso la βουλή: «σε φυλάττοι / Ζεὺς Ἀγοραῖος·61».

Sulla base dei passi che abbiamo elencato, Robert Parker ipotizza che il dio fosse invocato con l'epiteto in questione nelle preghiera che apriva gli incontri dell'assemblea, che un araldo rivolgeva ad una serie di divinità62, «... no list of those really invoked survives. Among them there was perhaps Zeus Agoraios, a god mentioned both in tragedy and comedy as a patron of political persuasion63».

Appare evidente, in conclusione, il legame dello Zeus defnito Agoraios con i momenti e i luoghi dell'esercizio della parola pubblica ad Atene. Tra i luoghi c'è, inevitabilmente, anche l'agora, luogo in cui ci si riunisce per parlare64.

Esichio ci informa sul fato che ad Atene si trovasse un altare dedicato a Zeus

Agoraios, e uno scolio al primo dei due passi dei Cavalieri precisa che questo

altare si trovasse «ἐν τῇ ἀγορᾷ καὶ ἐν τῇ ἐκκλησίᾳ65». La testimonianza dello scolio è stata usata per atribuire a Zeus Agoraios un altare del quarto secolo rinvenuto nello spazio dell'agora. Alcuni segni presenti su questo altare indicano

59 Per i riti religiosi che precedevano l'inizio dell'assemblea cfr. Aeschin. I, 23: «ἐπειδὰν τὸ καθάρσιον περιενεχθῇ καὶ ὁ κῆρυξ τὰς πατρίους εὐχὰς εὔξηται, προχειροτονεῖν κελεύει τοὺς προέδρους περὶ ἱερῶν τῶν πατρίων καὶ κήρυξι καὶ πρεσβείαις καὶ ὁσίων». Sulla legitimazione religiosa dell'esercizio della parola pubblica vd. le osservazioni in GERNET

1983, pp. 19-47. 60 Aristoph. Eq. 409-410. 61 Aristoph. Eq. 499-500.

62 Una delle maggiori fonti per la preghiera in questione è l'imitazione che Aristofane ne fa nelle Tesmoforiazuse, Aristoph. Tesm. 295-311.

63 PARKER 2005, p. 405.

64 Vd. CHANTRAINE 1968, s.v. Ἀγορά.

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che esso sarebbe stato rimosso dalla collocazione originaria tra il primo secolo prima ed il primo secolo dopo l'inizio della nostra era. Le pietre dell'altare sembrano corrispondere perfetamente ad uno spazio rinvenuto sulla Pnice, elemento che ha spinto Tompson e Wycherley ad ipotizzare che l'altare in questione fosse dedicato allo Zeus protetore della parola pubblica e delle assemblee, e che fosse stato ricollocato nell'agora nel momento in cui l'εκκλησία sarebbe stata spostata dalla Pnice al teatro di Dioniso66.

A diferenza di Tompson e Wycherley, Rosivach ipotizza che con Zeus

Agoraios, inteso come “Zeus che si trova nell'agora”, si facesse riferimento al sito

dedicato al culto di Zeus Eleutherios, composto da un portico e da una statua del dio, la cui costruzione sarebbe stata avviata nell'agora di Atene intorno al 430, negli anni in cui si colloca anche la rappresentazione della nostra tragedia67. Secondo lo studioso sarebbe stato possibile pensare ad una supplica rivolta allo Zeus Eleutherios dell'agora, dato che nel 430 la stoa sarebbe stata edifcata su una costruzione precedente, distruta durante l'invasione persiana, che comprendeva anche un altare. Le nostre fonti, purtroppo composte soltanto da lessici di età tarda, ci informano che il culto di Zeus Eleutherios sarebbe stato introdoto ad Atene soltanto dopo la vitoria dei Greci sui Persiani68. Il sito più antico, tutavia, fa supporre che il culto di Zeus nell'agora fosse precedente alle guerre persiane, e fa pensare alla possibilità che esso sia stato connotato con l'epiteto di Eleutherios proprio in conseguenza della vitoria dei Greci.

L'associazione del dio con le guerre persiane, inoltre, si coniugherebbe bene con l'ambientazione della tragedia a Maratona.

Atraverso una lunga serie di argomenti Rosivach tenta di dimostrare, infne, che Zeus Eleutherios avrebbe la stessa funzione di Zeus Soter o Zeus Hikesios69, per

giustifcare il fato che gli Eraclidi scelgano di supplicare presso l'altare di questo

66 Per questa ipotesi vd. THOMPSON, WYCHERLEY 1972, pp. 161-162.

67 ZUNTZ 1955, pp. 81-87, data gli Eraficlidi al 430. Sul sito dedicato a Zeus Eleutherios nell'agora

di Atene vd. THOMPSON, WYCHERLEY 1972, pp. 96-103.

68 Did. apud Suda, s.v. Ἐλευθέριος, Harp. s.v. Ἐλευθέριος Ζεύς, Ethym. Magn. s.v. Ἐλεύθερος, Hesych. s.v. Ἐλευθέριος Ζεύς.

69 Vd. ROSIVACH 1978, pp. 43 e ss. In particolare lo studioso cita uno scolio ai Cavalieri, Schol.

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dio. Qesto ultimo passaggio è, a mio avviso, assolutamente non necessario, dato che i supplici, pur essendo proteti da Zeus Hikesios, possono scegliere di rifugiarsi presso qualsiasi spazio sacro70. L'assimilazione di diversi epiteti del dio, tra i quali compare quello di Zeus Agoraios, permete infne all'autore di identifcare con l'altare nell'agora di Atene anche l'Ἐλέου βώμος che secondo la tradizione tarda sarebbe il luogo della supplica degli Eraclidi71.

Per concludere, il suggerimento di Rosivach a proposito dell'associazione dell'altare di Zeus Agoraios a quello di Zeus Eleutherios è interessante sopratuto per la coincidenza tra la ristruturazione del sito dedicato al dio nella piazza di Atene e la data di rappresentazione della nostra tragedia.

Esso è tutavia, a mio avviso, furoviante, nella misura in cui l'autore tenta di analizzare lo spazio scenico degli Eraficlidi come se rappresentasse fedelmente l'agora di Atene. Come abbiamo cercato di chiarire in precedenza, invece, l'ambientazione a Maratona non è soltanto plausibile come dato mitologico, ma ha anche un signifcato particolare nell'esperienza degli spetatori della tragedia, per ciò che riguarda il culto di Eracle e degli Eraclidi.

Piutosto che tentare di ricondurre l'intera ambientazione degli Eraficlidi ad uno schema unico, conviene procedere isolando i vari elementi. L'altare di Zeus

Agoraios, che qui ci interessa, può avere una relazione con il rituale della

supplica, di cui garantisce in qualche modo l'efcacia. È utile, quindi, interrogarsi sui motivi che giustifcherebbero il ricorso al dio invocato con questo epiteto: ha senso, infati, l'interpretazione che Wilkins dà nel suo commento della supplica a Zeus Agoraios, secondo la quale gli Eraclidi si appellerebbero all'Atica ed alle sue istituzioni democratiche72.

L'altare di Zeus Agoraios su cui supplicano gli Eraclidi è ben lontano da essere una rappresentazione fedele di quello che si trovava ad Atene: esso è infati stretamente legato al tempio retrostante, come accade nella realtà dei santuari73.

70 Vd. supra, per alcuni esempi e vd. infra a proposito del legame tra supplice e dio. 71 THOMPSON, WYCHERLEY 1972, identifcano invece l'altare con quello dei dodici dei.

72 WILKINS 1993, ad v. 70. Per una interpretazione in questo senso vd. anche WILES 1997, p. 193 e ALLAN 2001.

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Anche il tempio, come l'altare, è dedicato a Zeus. Va notato, tutavia, che l'ambientazione della tragedia a Maratona e la presenza degli Eraclidi avrebbero spinto uno spetatore atento ad associare l'edifcio della σκηνή ad un altro tempio, che, abbiamo visto, faceva parte sia della realtà del culto, sia della storia recente della cità di Atene: l'Herakleion di Maratona.

Un episodio della tragedia, in particolare, è interessante per ipotizzare una associazione tra il tempio presso il quale è ambientata la supplica degli Eraficlidi e l'Herakleion: ai versi 695-697, infati, Iolao annuncia che andrà in bataglia, recuperando una tenuta da oplita all'interno del tempio di Zeus. Iolao propone, cioè, di rimuovere dal tempio le armi che solitamente venivano appese all'interno degli edifci sacri per essere dedicate al dio74.

È utile metere in parallelo l'episodio della tragedia con il racconto della bataglia di Leutra, così come riferito da Senofonte75, in cui la sparizione delle armi dall'Herakleion prima della bataglia è atribuita ad Eracle stesso. Pritchet ricorda che era illegitimo rimuovere dai templi le armi che erano state dedicate al dio. In questo caso, tutavia, lo streto rapporto di Iolao e degli Eraclidi con Zeus, loro alleato76, e la possibile associazione del tempio sulla scena con lo stesso Herakleion di Maratona sembrano autorizzare Iolao ad impadronirsi delle armi da oplita.

Per riassumere, quindi, uno spetatore degli Eraficlidi avrebbe appreso, nel prologo, che la supplica si svolgeva a Maratona, senza probabilmente rimanere sorpreso, data l'associazione mitica e cultuale del luogo con Eracle e gli Eraclidi. Il santuario di fronte al quale si svolgeva la vicenda non aveva probabilmente legami con la reale geografa dell'Atica. Esso avrebbe potuto, tutavia, evocare alla mente degli spetatori un tempio che aveva, invece, precisi agganci sia con il passato del mito che con la storia ateniese recente, sia infne con il riferimento al

74 Per l'uso di dedicare le armi nei santuari vd. PRITCHETT 1974, pp. 240-295. I commenti ai vv.

695-697 degli Eraficlidi sotolineano come Iolao inverta la prassi dei veterani che dedicavano le armi nei templi, rimuovendo le oferte da vecchio e riappendendole nel tempio una volta tornato giovane, vd. WILKINS 1993 ed ALLAN 2001. Per la possibilità di prelevare le armi dai santuari vd. anche le osservazioni di TADDEI 2005, pp. 220-221, su Lycurg. Leoficr. 44.

75 Xen. Hell. VI, 4, 7. 76 Cfr. Eur. Heraficl. 766-769.

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culto.

Qando, in corrispondenza del verso 70, Iolao invoca l'aiuto degli Ateniesi e si dice supplice di Zeus Agoraios, gli spetatori non avranno potuto fare a meno di sentirsi chiamati in causa in quanto citadini di Atene e avrebbero potuto, inoltre, cogliere il riferimento allo Zeus che riceveva un culto nell'agora della loro cità.

Il fato di invocare Zeus Agoraios, infne, chiamava in causa una delle divinità che garantivano e tutelavano la funzione della parola politica, divinità che accompagnava uno dei momenti fondamentali della vita della πόλις di Atene, il momento che precedeva l'inizio degli incontri dell'assemblea.

La costruzione dello spazio degli Eraficlidi, intessuta di una rete di richiami a diverse esperienze della vita di un citadino ateniese, sembra avere un grande valore per lo sviluppo del dramma, senza per questo avere né l'obietivo di rappresentare la realtà in modo fedele, né quello di creare semplicemente uno spazio geometrico, signifcativo perché simbolico.

Secondo quanto è emerso da questa analisi, lo spazio scenico degli Eraficlidi sembra organizzarsi piutosto per sovrapposizione di elementi diversi, tuti portatori di signifcato.

Nel paragrafo che segue cercheremo di indagare un aspeto preciso della costruzione spaziale della tragedia: il rapporto che essa intratiene con gli elementi che determinano l'efcacia della supplica. Cercheremo, quindi, di interpretare i diversi elementi dello spazio scenico in relazione con il rituale, per comprendere in che misura le diverse associazioni tra spazio scenico rappresentato e dati di realtà che venivano evocati alla mente degli Ateniesi potevano infuire sugli argomenti che avrebbero determinato l'efcacia del rituale.

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4.1.1 Margini dell'efficaficia a Maratona

Eracle e Teseo, agenti dell'efcacia

Nel confronto tra Demofonte e l'araldo, l'Argivo elenca al suo interlocutore i diriti che Euristeo ritiene di avere sui fgli di Eracle, ed illustra le conseguenze della decisione che riguarda i supplici: se la cità di Atene sceglierà di permetere all'araldo di riportare i supplici ad Argo, oterrà l'alleanza di Euristeo; se, invece, Atene sceglierà di accogliere gli Eraclidi, Argo non potrà far altro che dichiarare guerra. Come l'araldo ha sotolineato nei primi versi della tragedia, nessuna cità può essere così poco avveduta (κακῶς φρονῶν77) da stringere alleanza con gli Eraclidi ed inimicarsi una cità potente come Argo. Secondo l'araldo, Iolao e i fgli di Eracle devono ritenere Demofonte un folle, οὐ φρενήρης78, se pensano che lui possa allearsi con loro senza considerare da quale situazione gli deriverebbe un vantaggio maggiore. Una decisione scellerata, infati, potrebbe guadagnare al re di Atene una cativa fama presso i suoi concitadini: «κακὸν λόγον / κτήσῃ πρὸς ἀστῶν79».

I motivi di Iolao sono, tutavia, più validi di quelli dell'araldo secondo il giudizio di Demofonte. Il primo argomento evocato da Iolao è il fato che lui ed i fgli di Eracle non hanno nessun legame con Argo, in quanto sono stati esiliati dalla loro cità80.

Successivamente Iolao ricorda che Atene è una cità libera, che non subisce l'infuenza di Argo come le cità achee, e che si farà un vanto della scelta di dare accoglienza ai supplici.

Dopo l'elogio di Atene come cità libera, Iolao avanza due ragioni per le quali Demofonte dovrebbe per necessità (ἀνάγκη81) accetare la supplica degli Eraclidi. Prima di tuto, i fgli di Eracle ed il supplicato sono legati da un rapporto di

77 Eur. Heraficl. 56. 78 Eur. Heraficl. 150. 79 Eur. Heraficl. 165-166.

80 Eur. Heraficl. 184: «ἡμῖν δὲ καὶ τῶιδ' οὐδέν ἐστιν ἐν μέσωι». Sull'argomento dell'esilio, che nelle parole dell'araldo è invece una condanna a morte, vd. infra.

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parentela. Il punto di unione tra le due famiglie è Pelope, da cui discendono Alcmena da una parte e Piteo, e quindi Etra, dall'altra:

Πιτθεὺς μέν ἐστι Πέλοπος, ἐκ δὲ Πιτθέως Αἴθρα, πατὴρ δ' ἐκ τῆσδε γεννᾶται σέθεν Θησεύς. πάλιν δὲ τῶνδ' ἄνειμί σοι γένος· Ἡρακλέης ἦν Ζηνὸς Ἀλκμήνης τε παῖς, κείνη δὲ Πέλοπος θυγατρός· αὐτανεψίων πατὴρ ἂν εἴη σός τε χὠ τούτων γεγώς82.

Oltre al legame di parentela, Iolao ricorda un secondo vincolo che unisce Demofonte agli Eraclidi, questa volta un vincolo di reciprocità: Teseo, infati, è stato salvato dall'Ade grazie all'intervento di Eracle e Iolao. La richiesta dei fgli di Eracle di essere sotrati alla violenza di Euristeo e degli Argivi diventa, in questo modo, una χάρις che Demofonte deve restituire (ἀντιδοῦναι), avendo ereditato il debito del padre83.

Nella sua risposta, Demofonte riprende un termine utilizzato da Iolao, ἀνάγκη, con il quale ribadisce di essere obbligato ad accetare la richiesta84. Il discorso di Demofonte è uno dei più limpidi esempi del funzionamento dell'ultima fase della supplica85, che mete a confronto gli argomenti del supplice con quelli del supplicato. Demofonte elenca chiaramente i tre motivi che lo spingono ad accetare la richiesta degli Eraclidi. Per prima cosa, egli si sente vincolato dalla forza del rituale, evocata semplicemente facendo riferimento all'immagine dell'altare di Zeus, circondato dai supplici. Come secondo punto, Demofonte riconosce i due legami che lo uniscono ai fgli di Eracle: il rapporto di parentela ed il legame di reciprocità.

τὸ συγγενές τε καὶ τὸ προυφείλειν καλῶς

82 Eur. Heraficl. 206-212.

83 Eur. Heraficl. 220: «ἀντιδοῦναι … χάριν».

84 Eur. Heraficl. 236: «τρισσαί μ' ἀναγκάζουσι συννοίας ὀδοί». 85 Secondo la suddivisione di NAIDEN 2006, vd. supra.

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πράσσειν παρ' ἡμῶν τούσδε πατρώιαν χάριν86

Come ultima cosa il sovrano aggiunge la vergogna, τό δ' αἰσχρόν, che investirebbe lui e tuta la cità di Atene, nel caso in cui egli desse mostra di temere gli Argivi e dimostrasse, quindi, di non abitare una terra libera. Qesto ultimo argomento ritorna nella fase fnale del confronto tra l'araldo e Demofonte, il quale ribadisce ancora una volta che lui ed Atene sarebbero disonorati se temessero gli Argivi.

La supplica degli Eraclidi viene quindi accetata. Le parole con le quali Iolao celebra l'esito positivo del rituale ribadiscono come tuta la supplica si sia svolta nel segno del γένος e dei rapporti che legano tra di loro le famiglie. Iolao, infati, loda l'εὐγένεια dei fgli di Eracle: la discendenza da un padre nobile ha permesso agli Eraclidi di trovare ad Atene amici e parenti.

{Ιο.} οὐκ ἔστι τοῦδε παισὶ κάλλιον γέρας ἢ πατρὸς ἐσθλοῦ κἀγαθοῦ πεφυκέναι … τὸ δυστυχὲς γὰρ ηὑγένει' ἀμύνεται τῆς δυσγενείας μᾶλλον· ἡμεῖς γὰρ κακῶν ἐς τοὔσχατον πεσόντες ηὕρομεν φίλους καὶ ξυγγενεῖς τούσδ', οἳ τοσῆσδ' οἰκουμένης Ἑλληνίδος γῆς τῶνδε προύστησαν μόνοι87.

Iolao promete, infne, a Demofonte che quando egli scenderà nell'Ade racconterà a Teseo delle nobili imprese del fglio. Le parole conclusive del discorso di Iolao ed il riferimento a Teseo non lasciano dubbi sull'importanza che rivestono i rapporti di parentela per garantire il successo della supplica: Teseo ed Eracle costituiscono infati un punto di contato fondamentale tra i supplici ed il supplicato.

86 Eur. Heraficl. 240-241.

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L'importanza del dato familiare come garanzia di assistenza reciproca è evidente fn dai primi versi della tragedia: Iolao stesso, infati, dice di essersi preso il compito di aiutare i fgli del proprio compagno d'armi in quanto loro συγγενής88. Il merito che Iolao si atribuisce, fn dal prologo, è quello di aver onorato il proprio legame di parentela con Eracle, prendendo parte prima alle fatiche dell'eroe89, e poi accompagnando i fgli, rimasti orfani, nella fuga da Argo e condividendone il destino90.

Nell'accetare la supplica, Demofonte condivide le ragioni di Iolao, ragioni detate dall'αἰδώς e dal γένος91.

La supplica di Iolao e degli Eraclidi trova, quindi, in Teseo ed Eracle i principali garanti dell'efcacia. L'ambientazione a Maratona è, in questo senso, signifcativa. Anche se il testo della tragedia non fa nessun riferimento preciso al legame del demo con Eracle, abbiamo già ricordato l'importanza del culto dell'eroe a Maratona, che doveva costituire un punto di riferimento fondamentale per gli spetatori della tragedia. Anche Teseo, inoltre, ha un preciso rapporto con il luogo in cui la tragedia è ambientata: una delle imprese dell'eroe nell'Atica è, infati, la bataglia contro il toro di Maratona92.

Lo stesso legame tra Teseo ed Eracle ha una precisa ragion d'essere per i citadini ateniesi: le imprese di Teseo sono spesso messe in parallelo con quelle di Eracle, paradigma panellenico dell'eroe civilizzatore93: secondo Isocrate la lode più grande che si poteva rivolgere a Teseo era il paragone con Eracle94. Per confermare questa ipotesi basterà tenere presente un dato, già ricordato in precedenza: Teseo ed Eracle sono i due eroi che vengono rafgurati nella Stoa

Poikile, mentre intervengono in favore degli Ateniesi durante la bataglia di

Maratona.

88 Εur. Heraficl. 30.

89 Eur. Heraficl. 7-8: «... πόνων / πλείστων μετέσχον εἷς ἀνὴρ Ἡρακλέει»

90 Εur. Heraficl. 26.27: «ἐγὼ δὲ σὺν φεύγουσι συμφεύγω τέκνοις / καὶ σὺν κακῶς πράσσουσι συμπράσσω κακῶς».

91 Cfr. MENDELSOHN 2002, pp. 65-73, su questo punto. 92 Per le imprese di Teseo nell'Atica vd. CALAME 1990. 93 Vd. a questo proposito MILLS 1997, pp. 136-140.

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Si chiarisce in questo senso il signifcato della scelta di ambientare a Maratona l'incontro tra Demofonte e gli Eraclidi. La supplica dei fgli di Eracle fa parte di un complesso di eventi che, nel passato mitico come nel passato recente dello scontro con i Persiani, si sono svolti a Maratona, eventi che hanno un'importanza fondamentale per l'ideologia della πόλις di Atene, nel momento in cui è in gioco la defnizione dell'identità citadina.

Zeus Agoraios ed il riferimento alle istituzioni ateniesi

Se gli eroi svolgono un ruolo di primaria importanza per garantire il successo della supplica, il dio Zeus, sul cui altare si svolge l'intero rituale, rimane invece piutosto marginale. Nella discussione tra Iolao e Demofonte, che termina con la defnizione di un punto di incontro e con lo stabilirsi di un legame tra il sovrano di Atene e i fgli di Eracle, il dio viene chiamato in causa soltanto in due momenti: nel primo dei due casi egli viene citato come padre di Eracle, nell'ambito della digressione dinastica di Iolao. Zeus non ha niente a che vedere, tutavia, con il rapporto di parentela che lega i supplici al supplicato, rapporto che passa atraverso la linea materna di Alcmena. Nella risposta di Demofonte, poi, Zeus viene ricordato come dio che tutela lo spazio sacro su cui siedono i supplici.

Va ripensato, in questo senso, il ruolo che i commentatori atribuiscono allo Zeus

Agoraios a cui sarebbe dedicato il santuario presso il quale si sono rifugiati gli

Eraclidi. Se è vero, infati, che la menzione del dio può alludere al fato che i supplici si rivolgono alla cità di Atene pensata atraverso le sue istituzioni democratiche, appaiono tutavia più difcili da accetare afermazioni come quella di Mikalson, che identifca nello Zeus dell'agora il garante principale dell'efcacia della supplica:

Euripides may have chosen Zeus Agoraios “Zeus of the marketplace” to anchor the play in local Athenian cult and also to emphasize the political and social factors wich elsewhere in the play are prominent

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in the decision to protect the suppliants95

La decisione di proteggere gli Eraclidi viene infati presa dal solo Demofonte, sulla base del suo rispeto per le leggi degli dei e per i legami di parentela, e in ragione della sua volontà di tutelare l'onore alla cità di Atene.

Non tuti gli Ateniesi, tutavia, concordano con il sovrano: nel momento in cui i sacrifci preliminari alla bataglia sono sfavorevoli, e gli oracoli indicano la necessità di sacrifcare una vergine a Persefone, le voci e le opinioni dei citadini di Atene si dividono: da una parte c'è chi approva la decisione di Demofonte di accogliere i supplici, ma dall'altra i contrari sono pronti a biasimare la follia del sovrano, proprio come aveva preannunciato l'araldo argivo. Il rischio di una guerra interna alla cità spinge quindi Demofonte a fare un passo indietro, e a rimetere la questione ai supplici stessi.

Il riferimento allo Zeus dell'agora, tramite il quale si chiamano in causa l'Atene del quinto secolo e le sue istituzioni democratiche, non garantisce una soluzione alla vicenda degli Eraficlidi, ma sembra, piutosto, aggiungere un dato problematico. Se, da una parte, per il rituale della supplica sono particolarmente efcaci i legami di parentela e reciprocità tra i supplici ed il supplicato, rimane in questione la relazione degli Eraficlidi con la cità di Atene.

Gli Eraclidi e Iolao sono caraterizzati come estranei alle istituzioni della πόλις per tuta la prima parte della tragedia96.

La fuga da Argo, infati, defnisce i fgli di Eracle come apolitici: Iolao stesso aferma che, per salvare la vita, essi hanno dovuto rinunciare alla loro cità: «... καὶ πόλις μὲν οἴχεται, / ψυχὴ δ' ἐσώθη … 97».

Nel confronto tra l'araldo e Iolao, il secondo tenta di defnire la fuga come un esilio imposto dai citadini argivi: anche se risulta chiaro dalle parole dell'araldo che ad Argo i fgli di Eracle sono stati condannati a morte, in rispeto delle leggi

95 MIKALSON 1991, 258 n. 20.

96 Per questa argomentazione vd. in particolare MENDELSOHN 2002, pp. 78-85.

97 Eur. Heraficl. 14-15. Qesta afermazione richiama, peraltro, la condanna della φιλοψυχία da parte di Macaria, nel momento in cui la ragazza sceglie di ofrirsi in sacrifcio, vd. supra.

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della cità ed in ragione di una votazione («νόμοισι … ἐψεφισμένους / θανεῖν98»), Iolao capovolge l'argomento, sostenendo che il voto abbia deciso l'esilio degli Eraclidi da Argo, rendendoli in questo modo stranieri:

ἐπεὶ γὰρ Ἄργους οὐ μέτεσθ' ἡμῖν ἔτι, ψήφωι δοκῆσαν, ἀλλὰ φεύγομεν πάτραν, πῶς ἂν δικαίως ὡς Μυκηναίους ἄγοι ὅδ' ὄντας ἡμᾶς, οὓς ἀπήλασαν χθονός; ξένοι γάρ ἐσμεν … 99

Il comportamento degli Eraclidi, che sono fuggiti abbandonando la loro cità, può essere pensato come un comportamento connotato negativamente perché servile: al verso 14, infati, con l'uso del verbo ἐξέδραμεν, ed al verso 140 più chiaramente, con il dispregiativo δραπετάς, i supplici vengono defniti come schiavi in fuga100.

La lontananza di Iolao dagli spazi e dalle istituzioni della πόλις viene confermata nella conclusione della scena di supplica, che abbiamo ricordato nel capitolo precedente, in cui Iolao e gli Eraclidi rifutano l'invito di Demofonte ad entrare nel palazzo. Nonostante i tentativi dei commentatori di collocare il palazzo di Demofonte a Maratona, infati, è piutosto plausibile che qui il sovrano faccia riferimento ad Atene, dove logicamente si dovrebbe trovare la reggia di chi governa la cità.

L'invito di Demofonte ad entrare nel palazzo sarebbe, quindi, un invito ad entrare in cità, che Iolao rifuta per mantenere la sua posizione sull'altare di Maratona, in qualche modo marginale.

Il rifuto, come abbiamo visto, mantiene i supplici lontani dal centro della πόλις ateniese, tanto che Demofonte sarà costreto successivamente a ritratare la sua

98 Eur. Heraficl. 141-142. 99 Eur. Heraficl. 185-190.

100 L'associazione è stata rilevata da GARZYA 1972, ad loc. Cfr. anche Hdt. VI, 11, 2 in cui il

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oferta di accoglienza, per evitare la guerra civile, οἰκεῖος πόλεμος, che si profla ad Atene. In conclusione al discorso con il quale rimete la decisione a Iolao, Demofonte aferma di non essere un tiranno di una cità barbara, ma di dover decidere secondo giustizia.

L'ultima frase di Demofonte ha senso se si considera lo status del sovrano nell'intera tragedia. Demofonte negli Eraficlidi, come Teseo nelle Supplifici, appare come il sovrano di una cità reta da una monarchia, che tutavia lascia trapelare molti trati in comune con l'Atene democratica spetatrice del dramma nel quinto secolo101.

I fgli di Eracle e Iolao hanno un legame con Demofonte in quanto sovrano di Atene, stabilito secondo le leggi del γένος e dell'αἰδώς.

In rapporto con i citadini ateniesi del quinto secolo, che costituiscono il pubblico della tragedia ma che hanno più di un trato in comune con i citadini dell'Atene che domina lo spazio extrascenico del dramma, gli Eraclidi, fuggitivi, stranieri ed apolidi, rappresentano un forte elemento di alterità.

Per mezzo dell'altare di Zeus Agoraios l'intera vicenda della supplica, che si svolge ai confni della cità, nel demo di Maratona, rimane fortemente ancorata, e per certi versi quasi diretamente proietata nel pieno centro dell'Atene democratica. L'altare di Zeus non costituisce quindi una garanzia di efcacia: esso sembra piutosto avere la funzione di sollevare la questione principale posta dalla supplica dei fgli di Eracle, l'integrazione nella πόλις ateniese di un gruppo di stranieri.

Negli Eraficlidi, in conclusione, lo spazio scenico è in streto rapporto con le diverse dinamiche del rito della supplica. Se, da una parte, l'ambientazione a Maratona lega stretamente i protagonisti, supplici e supplicato, ad Eracle e Teseo, che garantiscono l'esito positivo del rituale atraverso un rapporto di parentela e di reciprocità, d'altra parte l'altare di Zeus Agoraios sotolinea gli aspeti problematici della questione, spostando l'atenzione dalla persona del sovrano alla colletività dei citadini della πόλις ateniese.

101 Vd. MILLS 1997, pp. 97 e ss. Sulla sovranità di Teseo nelle Supplifici vd. anche MARRUCCI 2010,

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4.2 La ficostruzione dello spazio nelle Supplici

Le Supplifici sono, dopo gli Eraficlidi, la seconda tragedia la cui vicenda si svolge in un demo dell'Atica. L'ambientazione in uno spazio periferico rispeto alla cità di Atene non determina, a diferenza di ciò che accade negli Eraficlidi, una costruzione dello spazio extrascenico che si basa sulla opposizione di due poli, rappresentati dalla cità di Atene e dallo spazio esterno dominato da una seconda cità.

Nelle Supplifici si può, piutosto, parlare di tre poli: la cità di Atene, quella di Tebe e quella di Argo. Tebe ed Argo costituiscono, rispeto alla cità in cui veniva rappresentata la tragedia, due diverse forme dell'alterità: se si volessero riassumere in uno schema le principali carateristiche con cui i tragici connotano le diverse cità, schema che ovviamente deve essere contestualizzato di volta in volta per i diversi drammi, la cità di Edipo si troverebbe ad occupare un terreno completamente opposto a quello ateniese. Tebe è stata leta più volte come una sorta di anti-Atene, uno spazio dell'alterità con cui gli spetatori ateniesi della tragedia sono chiamati a confrontarsi102. Così, almeno nelle Supplifici, non accade per Argo, che sembra costituire un punto intermedio tra i due opposti spazi di Atene e Tebe. In questa tragedia, infati, Euripide illustra una relazione triangolare, problematica, tra le tre cità, che si risolve con l'intervento di Atene a favore degli Argivi contro Tebe103.

Come nel paragrafo precedente, cercheremo anche in questo caso di concentrarci sulla costruzione dello spazio scenico della tragedia, che nel corso della prima parte del dramma viene invaso dal coro delle supplici.

L'ambientazione ad Eleusi

Lo spazio scenico delle Supplifici euripidee rappresenta il τέμενος di Demetra e Core ad Eleusi. L'azione si svolge di fronte al tempio delle due dee, a cui è associato un altare. Il santuario era senz'altro ben impresso nella memoria di

102 Vd. a questo proposito la teoria di ZEITLIN 1990.

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tuti gli spetatori della tragedia, che più volte in un anno percorrevano la via sacra per recarsi ad Eleusi, in occasione delle feste che si tenevano in onore delle due dee, tra le quali la più celebre, ma senz'altro non l'unica, erano i Misteri104. Tra le feste stretamente eleusine, che si svolgevano cioè soltanto nel demo in questione, Parker annovera gli Eleusinia, agoni atletici di cui abbiamo notizia specialmente in merito ai sacrifci che venivano compiuti in quell'occasione, e gli

Haloa, che si svolgevano nel santuario delle due dee ed erano celebrati dalla

sacerdotessa di Demetra. Negli Haloa, legati con la coltivazione della vite e la produzione del vino105, avevano un ruolo di primo piano sia le due dee di Eleusi che Dioniso e Poseidone; la festa prevedeva un'ampia partecipazione sia di uomini che di donne, con ruoli distinti106.

Alle feste esclusivamente eleusine si aggiungono, poi, feste legate ai momenti del ciclo dell'agricoltura, atestate ad Eleusi ma anche in altri demi dell'Atica107: i

Chloia, i Kalamaia ed i Proerosia, in corrispondenza dei quali si svolge la vicenda

messa in scena nelle Supplifici108.

I Misteri, infne, costituivano la festa eleusina più nota, e dalla partecipazione più ampia109. Tuti potevano infati esservi iniziati, ad eccezione dei bambini e di chi non parlava il greco. Potevano partecipare, pagando, sia uomini che donne, sia liberi che schiavi110.

Certamente nel quinto secolo i Misteri erano stretamente legati alla cità di

104 Sulle feste che si svolgevano ad Eleusi vd. PARKER 2005, pp. 327-368; MIKALSON 2005, pp.

82-90, Map IV.1; LIPPOLIS, LIPPOLIS, CUCUZZA 2006, pp. 81-134.

105 Vd. Schol. ad Lucian. 279. 25–6 Rabe, in cui si connete questa feste al momento precedente alla potatura delle viti, e all'assaggio del vino nuovo prodoto in autunno. Cfr. PARKER 2005, p. 199.

106 Sugli Haloa vd. PARKE 1977, 98-100, PARKER 2005, pp. 199-201.

107 Sulle feste a caratere agricolo legate a Demetra che si celebravano nell'Atica vd. BRUMFIELD

1981. 108 Vd. infra.

109 È molto suggestivo a proposito della larga partecipazione ai Misteri un racconto di Erodoto, Hdt. VIII, 65, che aferma che fossero 300000 i pellegrini che componevano la processione annuale verso Eleusi. La cifra è certamente esagerata, per sotolineare la maestosità della processione verso Eleusi, e l'ampia partecipazione degli Ateniesi: lo stesso Erodoto infati (V, 97, 2) sostiene che 300000 fosse il numero dei citadini ateniesi.

110 Vd. PARKE 1977, p. 61, PARKER 2005, p. 342. Il costo della partecipazione ai Misteri, che alla

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Atene111: la prima evidenza in questo senso è il rapporto che la festa intrateneva con alcuni spazi citadini112. Ad Atene esisteva infati un Eleusinion, in direta connessione con il demo di Eleusi atraverso i movimenti ritualizzati della processione113: il quatordicesimo giorno del mese di Boedromione, il giorno precedente all'inizio della festa, gli efebi scortavano gli ἱερά dal santuario di Eleusi verso l'Eleusinion di Atene114. Gli ἱερά venivano poi riportati verso Eleusi nel corso della processione solenne del quinto giorno dei Misteri115.

La πόλις ateniese aveva un ruolo primario nell'organizzazione della festa, che occupava un posto di rilievo nel calendario religioso116; l'arconte βασιλέυς era responsabile del correto svolgimento della festa117, e compiva sacrifci e preghiere sia nell'Eleusinion di Atene che nel santuario di Delf, da parte della πόλις ateniese118. Nel giorno successivo ai Misteri, la βουλή si riuniva nell'Eleusinion, per discutere di eventuali violazioni commesse durante il periodo festivo119.

Senza addentrarci nell'intera ricostruzione della festa120, e senza approfondire le questioni legate ai riti di iniziazione ai Misteri, ricordiamo brevemente due degli episodi mitici che venivano evocati nel corso della festa, probabilmente in una sorta di “drammatizzazione” del mito in diversi contesti del rituale121. Il primo ed il più noto dei due è il mito della ricerca da parte di Demetra della fglia Core, il secondo quello dell'unione tra Demetra e Zeus122. Nella ricostruzione di Parker il

111 Sul tema dell'integrazione di Eleusi nella religione ateniese vd. SOURVINOU-INWOOD 1996, pp.

144 e ss.; LIPPOLIS, LIPPOLIS, CUCUZZA 2006, pp. 25-36, sui rapporti tra Atene ed Eleusi in

relazione al culto di Demetra.

112 Sull'integrazione dei Misteri eleusini nella cità di Atene vd. GUÍA 2002, pp. 222 e ss. Per i rapporti tra Eleusi e la religione ateniese vd. SOURVINOU-INWOOD 1996, pp. 144-150,

113 Vd. SOURVINOU-INWOOD 1996, pp. 144-146, «Te Eleusinion in Athens … is the permanent

physical manifestation of the presence of the Eleusinian cult at the centre of Athens». 114 PARKE 1977, p. 59.

115 PARKE 1977, p. 65.

116 MIKALSON 1975, pp. 54-65.

117 Arist. Ath. Pol. LVII, 1. 118 [Lys.] VI, 4.

119 And. I, 110-112. vd. MIKALSON 1975, p. 61.

120 Per la quale vd. PARKE 1977, pp. 55-72, PARKER 2005.

121 Per la defnizione di questi due miti come “sacred dramas”, intesi come sequenze mitiche evocate nel rituale vd. PARKER 2005, p. 355.

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