• Non ci sono risultati.

2. FLORENT CARTON DANCOURT XXXV 2.1. Alla Comédie Française XXXVII

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2. FLORENT CARTON DANCOURT XXXV 2.1. Alla Comédie Française XXXVII"

Copied!
80
0
0

Testo completo

(1)

2. FLORENT CARTON DANCOURT XXXV

2.1. Alla Comédie Française XXXVII 2.2. Le Dancourade XLIII

2.3. Dopo la Comédie Française XLIV

2.4. Le commedie d’ottobre XLIV

3. LA F ÊTE DE VILLAGE L 3.1. La trama LI 3.2. Gli elementi della drammaturgia di Dancourt ne

La Fête de Village LI 3.3. I personaggi LVII 3.4. La peinture de mœurs LXIV 3.5. Il matrimonio LXVIII 3.6. Il comico LXXVI 3.7. La morale LXVIII

LA FESTA DI VILLAGGIO 1

(LA FÊTE DE VILLAGE) 1. LA TRADUZIONE: PROBLEMI E COMMENTO 59

1.1. Il titolo 59

1.2. I nomi dei personaggi 60

1.3. Le indicazioni geografiche 68 1.4. Le differenze grafiche 69 1.5. Il linguaggio 70 1.6. Le bestemmie 76 1.7. I proverbi e le metafore 78 1.8. I realia 79

(2)

II

1.9. Il Divertissement 88

CONCLUSIONE 90

(3)

III

INTRODUZIONE

La commedia dopo la morte di Molière e l’affermarsi di Marivaux conobbe un periodo caratterizzato da una profonda sperimentazione. Anche se le commedie di Molière continuarono a dominare la scena della Comédie Française, numerosi autori intrapresero nuove strade arrivando all’elaborazione della commedia di costume. Il periodo vide, inoltre, la nascita di teatri alternativi al teatro ufficiale, quali la Foire e il teatro degli Italiani, dove la sperimentazione teatrale trovò la sua massima espressione. Le motivazioni della ricerca di un cambiamento sono state principalmente tre. La prima risiedeva nella ricerca di un’espressione teatrale che riuscisse a rappresentare i profondi cambiamenti politici e sociali che caratterizzarono la fin du grand siècle. La seconda nella necessità di creare nuovi testi che rispondessero alle richieste di un nuovo tipo di pubblico, quello borghese. E infine, motivazione da non considerarsi come meno importante, riuscire a elaborare un nuovo tipo di commedia che fosse all’altezza della commedia di Molière, nel tentativo di colmare il vuoto lasciato da lui.

Florent Carton Dancourt è stato uno degli autori più rappresentativi della commedia di costume, insieme a Baron, Regnard e Dufresny. E tra le circa sessanta pièce che scrisse, La Fête de village è una delle più emblematiche, in quanto racchiude molti dei temi da lui trattati nelle sue opere, e rappresentativa della commedia di costume in senso lato. La pièce è stata analizzata innanzitutto da un punto di vista letterario, mettendo in evidenza come l’autore abbia utilizzato gli elementi drammaturgici, quali l’unità di tempo, di luogo e di azione, i personaggi e il linguaggio, per mettere in scena la peinture des moeurs. L’analisi ha preso in considerazione, inoltre, i principali temi trattati dall’autore: la contrapposizione tra l’aristocrazia in decadenza e l’avidità della borghesia

(4)

IV

in ascesa, lo snobismo dei borghesi arricchiti, la moda (sintesi di tutte le manie sociali), la mondanità, il matrimonio, i rapporti di potere all’interno della famiglia e il tentativo di affermazione della donna. Il commento traduttivo, che segue la traduzione, ha motivato le scelte e le strategie traduttive adottate rispetto a tutte quelle possibili, e ha cercato, in qualche modo, di sottolineare le difficoltà incontrate nel tradurre un testo così lontano nel tempo.

(5)

V

1. LA COMMEDIA TRA MOLIÈRE E MARIVAUX

1.1. I teatri

A Parigi l’Hôtel de Bourgogne, che prendeva il nome dal palazzo che precedentemente esisteva in quel luogo, all’angolo di rue Mauconseil nei pressi delle Halles, era l’unico edificio destinato alle rappresentazioni1

.La sala era rettangolare e il palcoscenico inclinato per dare il senso di profondità. Gli attori erano costretti a sporgersi dal proscenio per farsi vedere dal pubblico, dato che le poche candele presenti illuminavano più la sala del palcoscenico. La proprietaria del teatro era la Confraternita della Passione, che aveva il monopolio sulle rappresentazioni della città dopo il divieto della messa in scena dei Mystères nel 1548. In alternativa, le compagnie potevano stabilirsi in una sala del jeu de paume, grande stanza rettangolare dove si giocava alla pallacorda, pagando anche in questo caso i diritti alla Confraternita. La sala del Marais, con ingresso in rue Vieille du Temple, era la sala principale, anch’essa rettangolare, e prendeva il nome dal quartiere all’epoca più moderno di Parigi. Inoltre, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, in provincia erano molto diffuse le rappresentazioni di gruppi amatoriali e di compagnie itineranti protette da signori, che contribuirono all’unificazione culturale e linguistica del paese

1 Per la redazione di questo capitolo sono state consultate le seguenti fonti: A. Adam, Histoire de la littérature française au XVII siècle, la fin de l’école classique 1680-1715, Paris, Édition Mondiales, 1962; F. Fiorentino, Il teatro francese del Seicento, Bari, Edizioni Laterza, 2008; G. Macchia, La letteratura francese dal Rinascimento al Classicismo, Milano, Rizzoli, 2000; G. Macchia, L.de Nardis, M.Colesanti, La letteratura francese dall’Illuminismo al Romanticismo, Milano, Rizzoli, 2000; R. Mauzi, S.Menant, M.Delon, Précis de la littérature française du XVIII siècle, Paris, Presses Universitaires de France,1990; Da Molière a Marivaux, a cura di B. Sommovigo, Pisa, Edizioni Plus-Università di Pisa, 2002.

(6)

VI

ed erano vere e proprie scuole di recitazione. I collegi dei gesuiti, infine, mettevano in scena nei giorni di festa rappresentazioni prevalentemente in latino a scopi didattici. Nel 1629 all’Hôtel de Bourgogne si insediò una compagnia che si fregiava del titolo di Comédiens du Roi, mentre la compagnia, che si insediò stabilmente dal 1634 alla sala del Marais del jeu de paume, prese il nome di Comédiens du Marais. A Parigi non mancarono, inoltre, le compagnie straniere, anche se il teatro straniero per eccellenza era rappresentato dalla commedia dell’arte italiana. Gli Italiani restarono a Parigi fino al 1697, anno in cui vennero esiliati. Vi ritornarono ufficialmente durante il periodo della Reggenza, quando Filippo d’Orleans accolse una compagnia della commedia dell’arte, sotto la guida di Luigi Riccoboni, che si installò all’Hôtel de Bourgogne.

La compagnia teatrale era una libera associazione e i guadagni venivano spartiti alla fine di ogni rappresentazione, in base alle parti assegnate previste dal contratto. L’attore percepiva la paga anche in caso di malattia ed era prevista una pensione. L’estrazione sociale degli attori era spesso borghese e la loro reputazione pessima. Nella prima metà del secolo il loro nome spesso non compariva nemmeno nelle affiche. Tuttavia, la reputazione degli attori, accusati di fare vita promiscua e di corrompere la moralità pubblica, migliorò durante il secolo.

Alla fine degli anni venti, con il cardinale Richelieu al potere, lo statuto sociale del teatro cambiò in maniera considerevole. Durante questo periodo, dal 1628 al 1642, la cultura ebbe il compito di elaborare nuovi valori. Per difendere la purezza della lingua francese, considerata uno dei capisaldi dello sviluppo del sentimento nazionale, e per emanciparla dalla tradizione latina, umanistica e dagli italianismi, nacque nel 1635 l’Académie Française e il teatro svolse un ruolo predominante nel raggiungimento degli obiettivi di questo progetto. A partire dal 1635 il cardinale sovvenzionò regolarmente i due teatri e l’anno prima della sua morte fece emettere

(7)

VII

un’ordinanza, per la riabilitazione della professione di attore. In questo periodo fu inaugurato il teatro del Palais Royal, che aveva per la prima volta un sipario. Il teatro cadde in stato di abbandono dopo la morte del cardinale e fu poi occupato e modificato da Molière nel 1661.

Alla morte del cardinale Richelieu avvenuta nel 1642 seguì nel 1643 la morte di Luigi XIII, che lasciò il futuro Luigi XIV ancora bambino. Si aprì un periodo di instabilità politica che negli anni dal 1648 al 1653, detti della Fronda, divennero vera e propria guerra civile. Il teatro risentì delle ripercussioni della situazione politica e sociale e la produzione diminuì. Dopo la sconfitta della Fronda e l’arrivo al potere di Luigi XIV, la situazione del teatro migliorò. Nonostante fosse inserito nel progetto politico e celebrativo di Luigi XIV, al fine di creare un’autorità assoluta del monarca, il teatro continuò ad avere la sua autonomia nello smascherare e criticare.

Il 15 gennaio 1644 il teatro del Marais, che rappresentava nella seconda metà degli anni trenta il teatro più importante, venne colpito da un grande incendio. Riaperto nell’ottobre dello stesso anno, fu ricostruito con una struttura alla francese, dove un enorme palcoscenico e i macchinari consentivano sofisticate tragedie à machines, spettacoli che suscitavano meraviglia.

1.2. La commedia prima di Molière

Dopo il tramonto della stagione della commedia umanista, che era stata inaugurata da Eugène (1552) di Jodelle e aveva avuto gli ultimi esemplari nelle opere di Larivey (1611), Parigi vide all’inizio del secolo il trionfo della farsa. Essa era caratterizzata da una serie di costanti che verranno successivamente metabolizzate dalla commedia di Molière. Nella farsa l’azione è concentrata in un solo atto, viene messo in scena il contrasto tra

(8)

VIII

due situazioni limite e i personaggi vengono definiti non dal carattere, come nella commedia classica, ma dal ruolo. Vi si trovano personaggi come il servo astuto e quello sciocco, la moglie autoritaria, il prete imbroglione e ci sono riferimenti nella satira a persone reali. Nel linguaggio si trovano forme linguistiche come la ripetizione ed era abitudine rivolgersi al pubblico alla fine di una rappresentazione. La comicità della farsa si basa su situazioni scabrose, oscenità, mariti che battono le mogli, sul corpo e i suoi rumori, come peti e rutti. La farsa non veniva rappresentata solo all’Hôtel de Bourgogne ma anche in una baracca sul Pont-Neuf da una compagnia di ciarlatani, che attirava il pubblico con piccoli spettacoli per vendere unguenti miracolosi.

Verso il 1630 i cambiamenti dello statuto sociale del teatro provocarono il discredito della farsa, in quanto considerata come indegna della nuova altezza morale e culturale a cui il teatro aspirava. Nelle commedie degli anni trenta si ritrovavano comunque elementi farseschi, inseriti in un impianto comico completamente nuovo. I modelli riprendono la commedia di carattere, o la commedia d’intrigo, spesso di origine italiana, fondata principalmente sulla trama. Esempi del primo modello sono L’Hospital des fous (1634) di Bey e Les Visionnaires (1637) di Desmarets de Saint-Sorlin, mentre esempi del secondo sono Les Galanteries du Duc d’Ossone (1632) di Mairet e L’Hypocondriaque e La Bague d’oublie (1629) di Rotrou.

Ma il grande iniziatore della commedia nella Francia del Seicento fu Pierre Corneille, che riuscì a emancipare la commedia dalla farsa. I suoi primi successi Mélite (1629-30) e La Veuve (1631-32) richiamano l’intreccio del genere pastorale. Mélite (1639-30), racconta le vicende di tre uomini e due donne. Eraste, rimasto solo dopo che si sono formate due coppie, impazzisce dopo la morte di Tircis e di Mélite, in quanto crede che le sue lettere falsificate per dividere i due amanti, attribuendo a Mélite un amore per Philandre, siano state la causa della loro morte. Guarito dalla

(9)

IX

pazzia si concludono due matrimoni e solo rimane Philandre, che si è mostrato infedele a Cloris. La Veuve, messa in scena tra il 1631e il 1632, rappresenta per l’intreccio un altro esempio di commedia di tipo pastorale. Abbiamo la formazione di due coppie con l’esclusione e la punizione dell’infedele che ha tramato. Nel Discours sur le poème dramatique, premessa al suo primo volume sul Théâtre (1660), Corneille parla dello schema che ha seguito nella composizione delle sue commedie che, secondo Forestier2, si avvicina molto ai tre momenti dell’intreccio previsto da Aristotele: inizio (unione), mezzo (disunione attraverso uno stratagemma), fine (riunione). Genitori e servi hanno un ruolo marginale in questo schema, in quanto non sono né oppositori né aiutanti. Nelle sue commedie, Corneille, accentuò lo studio di carattere, mettendo al centro dell’opera un personaggio bizzarro che condiziona l’intreccio con la sua mania. Ne La Place Royale (1633-34), la stravaganza inquietante di Alidor è la causa della rottura del suo legame con l’amata Angélique. Il finale è triste, in quanto Angélique si ritira in convento e Alidor resta solo. La commedia di Corneille dette l’avvio al genere sentimentale, basata su disagi interiori e problemi di comunicazione, che avrà nei secoli successivi i suoi capisaldi in Marivaux e in Musset.

Il grande capolavoro di Corneille, L’Illusion comique, uscì nel 1635-36. L’opera, che mette in scena il meccanismo alla base dello spettacolo teatrale, si conclude con un’apologia del teatro. Un incantesimo permette al mago Alcandre di far vedere al vecchio Pridamant la nuova vita del figlio Clindor, del quale non ha più notizie. Clindor è servo di un capitano vanaglorioso, Matamore, a cui soffia l’amore di Isabelle. Finisce in prigione, da dove fugge grazie all’aiuto della serva Lyse, innamorata di lui. Clindor e le due donne ricompaiono poi sotto un altro nome in una fosca tresca sentimentale, che si conclude con la morte del giovane. Il mago

2

(10)

X

rassicura il padre dicendo che l’ultima scena è solo una rappresentazione teatrale e per tutto il tempo hanno avuto solo l’illusione della verità. In Corneille la tradizionale opposizione tra giovani e vecchi viene sostituita dall’opposizione tra i sessi. Ne La Suivante Geraste non si oppone al matrimonio della figlia, ma arriva a una transazione. Egli cede al matrimonio della figlia con Florame solo in cambio della sorella di quest’ultimo. I giovani, senza padri come oppositori e servi come aiutanti, sono incerti, pessimisti, stravaganti e passivi. Queste commedie si emancipano del tutto dalla farsa, anche se non fanno sempre ridere molto. I personaggi parlano un linguaggio decoroso, non si travestono e vengono rappresentate le psicologie complesse e i legami sentimentali ambigui. È una commedia sentimentale, in cui si ride meno, dove i giovani devono cavarsela da soli con problemi interiori e difficoltà di comunicazione

A partire dagli anni trenta la commedia conobbe un periodo di fortuna. Corneille ritornò alla commedia, dopo i successi nella tragedia, mettendo in scena Le Menteur (1643-44), una commedia in parte di carattere e in parte di costume (sull’ambiente elegante parigino), che si ispira a modelli spagnoli. Il protagonista è un borghese insoddisfatto che si inventa una vita avventurosa per sedurre sia le parigine che gli amici rivali. Il finale di Corneille è più positivo del suo modello spagnolo di Alarcon, in quanto la mania d’inventare di Dorante, seppur ridicola, è ritenuta avere qualche legame con la letteratura. Corneille mise in scena anche il seguito, La Suite du Menteur (1644-45), commedia sempre di ispirazione spagnola e con un intreccio molto sviluppato.

Nel 1650 mise in scena Dédicace di Don Sanche d’Aragon, commedia che ha come protagonisti i reali d’Aragona e di Castiglia. La pièce, definita eroica, variante della commedia d’intrigo, intreccia elementi della tragedia con quelli della commedia. Corneille sosteneva che la commedia può mettere in scena personaggi altolocati, a patto però di inserirli in una storia

(11)

XI

che non susciti né paura né pietà. Al tempo stesso la tragedia può prescindere dall’altezza dei personaggi, purché vengano rispettate le caratteristiche dell’azione proprie del genere. Anzi, i sentimenti di pietà e terrore si avvicinano allo spettatore se questi sono rappresentati da personaggi meno altolocati. La commedia d’intrigo rappresentò i due terzi delle commedie messe in scena tra il 1640 e il 1660 e aveva come modelli di riferimento il teatro spagnolo. Le opere di Lope de Vega, Calderón de la Barca, Tirso de Molina, Montalbán, Francisco de Rojas Zorilla vennero adattate per la scena francese, da Le Métel d’Ouville (1590-1656) e da suo fratello, l’abate Boisrobert (1592-1662). Altri autori del periodo del genere appartenente alla commedia d’intrigo sono Thomas Corneille e Tristan l’Hermite (Le Parasite 1654).

Se da un lato la commedia eroica e quella d’intrigo innalzarono la dignità morale della commedia, dall’altro entrambe tesero a eliminare sempre di più le parti comiche. Tuttavia, gli sviluppi successivi del genere, che contribuirono all’elaborazione del modello di Molière, furono garantiti dalla commedia burlesca, che vide in Scarron e Jodelet (in qualità di attore) i suoi rappresentanti più illustri.

Jodelet ou le Maître valet, del 1643 è la prima commedia che Paul Scarron scrisse per Jodelet. Scarron riduce l’intreccio amoroso e le parti dei due giovani amanti rispetto alla commedia spagnola di riferimento di Francisco de Rojas Zorrilla. Il bel dom Juan e il perfido dom Louis, che ha assassinato il fratello e sedotto la sorella di dom Juan, si contendono Isabelle. Jodelet, servo di dom Juan prende l’identità del padrone per verificare l’affidabilità della promessa sposa. Isabel, infatti, a causa di uno scambio di ritratti crede che Jodelet sia dom Juan. La comicità di Jodelet si basa nell’interpretare un personaggio rozzo che pensa di avere maniere da gran signore. Nel corteggiamento di Isabelle, infatti, viola tutte le regole del

(12)

XII

codice galante e usa un linguaggio incongruo in cui il lessico alimentare e familiare vengono associati a quello galante.

Les trois Dorothée ou Jodelet souffleté, sempre di Scarron, che diventa successivamente Jodelet duelliste, vide due anni dopo ancora in scena Jodelet interpretare il servo del libertino dom Félix. La coppia è simile alla coppia Juan-Sganarelle, dove il servo cerca senza successo di far la morale al padrone con argomenti ridicoli. Scarron ottenne maggiore successo con Dom Japhet d’Arménie, che ha come modello una commedia di Alonso Castillo Solorzano. L’autore mise in scena una coppia di amanti che alla fine si riunisce grazie a un’agnizione, e diminuisce rispetto all’originale la parte sentimentale. La parte comica è affidata al personaggio di dom Japhet, pazzo e buffone di corte reso ricco da Carlo V, che sostiene di essere un discendente del terzogenito di Noè. Jodelet non recitò in questa commedia . Successivamente Scarron tornò al burlesco con Le Gardien de soi-même (1655).

Il teatro burlesco ha una continuità tecnica e tematica con il teatro di Molière. Gli elementi in comune si possono riassumere nella centralità del personaggio comico rispetto all’intreccio e nell’assunzione del posto più rilevante. Egli si oppone a tutti gli altri ed è pazzo o mal collocato socialmente, in quanto travestito. Il personaggio del subalterno che finge male di essere un signore diventa in Molière un personaggio di cultura. Il linguaggio della prima e in parte dell’ultima produzione di Molière riprende il riferimento dal basso della tradizione burlesca, anche se in generale sia la commedia burlesca che la commedia di Molière, attingono dalla tradizione farsesca. Inoltre tra i due teatri esiste una continuità storico-cronologica, in quanto Molière iniziò la sua carriera teatrale negli anni in cui andava diffondendosi la moda di questo tipo di comicità e Scarron mise in scena Jodelet ou le Maître valet.

(13)

XIII

1.3. Molière

Jean Baptiste Poquelin, detto Molière, fu battezzato a Parigi il 15 gennaio 1622. Divenne avvocato pur conservando il titolo di tappezziere del re, carica ereditata dal padre, ma i suoi interessi si volsero presto al teatro. L’insuccesso dell’«Illustre Théâtre», fondato nel 1643 con la famiglia Béjart, lo costrinse a lasciare Parigi nel 1645 e a peregrinare a lungo in provincia. Molière tornò a Parigi nel 1658 con una compagnia ormai esperta e si stabilì all’Hôtel de Bourbon. In questo periodo il re commissionò il restauro del Palais Royal e i lavori per la costruzione del teatro alle Tuileries, fatto costruire da Mazarino, erano quasi terminati. Intorno al 1660 i Comédiens du Roi e i Comédiens du Marais, compagnia che si era specializzata nella tragedia à machines, erano in forte concorrenza. La compagnia degli Italiani, con cui Molière divise la sala del Petit-Bourbon, rappresentava un altro concorrente. Il teatro italiano usava la satira, persino quella religiosa, in modo più libero, in quanto aveva un privilegio legato alla lingua e alla tradizione. Furono tuttavia cacciati nel 1697 a seguito della rappresentazione de La fausse prude, che metteva in ombra Mme de Maintenon.

Il ritorno di Molière a Parigi coincise con la ripresa delle rappresentazioni della farsa, che riportò l’attenzione su un tipo particolare di comicità. La grande innovazione dell’autore può essere riassunta nell’aver saputo unire una dimensione comica di origine farsesca a valori sociali e morali alti e complessi, come quelli dell’honnêteté. Il rispetto, la tolleranza, il buon gusto e la misura sono i valori che trionfano nel teatro di Molière. Nella tradizione contemporanea era infatti sconosciuta la combinazione tra riso e valori socialmente prestigiosi. La commedia di Molière è una commedia di carattere che riprende modelli teatrali greci e

(14)

XIV

latini (Terenzio e Plauto), legandoli a un tipo di comicità che si trasforma, rispetto al modello farsesco basata sul corpo, in comicità del dialogo e della parola. Egli inventò, inoltre, la commedia-balletto, che metteva insieme la danza, il canto, la musica, la recitazione, in una scenografia sontuosa.

La carriera di commediografo di Molière può essere suddivisa, secondo Defaux3, in tre periodi. Il primo va dal 1658 fino al 1664, anno in cui venne proibita la rappresentazione di Tartuffe, che segnò la rottura tra Molière e il re. In questo periodo furono rappresentate Les Précieuses Ridicules, Sganarelle ou le cocu imaginaire, L’École des maris, Les Fâcheux, L’École des femmes. Queste commedie mettono in scena un maniaco che viene sconfitto, messo in ridicolo in nome dell’ideale dell’honnêteté.

Nel 1665 venne rappresentato Dom Juan, in cui Molière interpretò il ruolo del servitore Sganarelle. La pièce mette in scena un seduttore dissoluto che può essere fermato solo grazie a un intervento divino. Il maniaco si trasforma in gentiluomo ma non è più ridicolo. Nel 1666 venne rappresentato Le Misanthrope, un uomo dal carattere pessimo ma buono e generoso che s’innamora di una coquette. Dopo questa commedia la comicità di Molière cambia, i valori dell’honnêteté che consentivano di punire il personaggio ridicolo nelle prime commedie, sebbene siano sempre condivisibili, si rivelarono non sufficientemente efficaci. Nell’Avare (1667), nel Bourgeois gentilhomme (1673) e nell’ultima commedia Le malade imaginaire (1673), Molière sperimentò nelle sue commedie un nuovo tipo di comicità. Le scene sono caratterizzate dalla follia di un padre maniaco che, nonostante le proteste dei giovani e dei loro alleati, vuole decidere sul matrimonio dei figli. Il borghese vuole far sposare la figlia solo a un nobile, l’ipocondriaco solo a un medico. Il finale consente comunque di trovare un compromesso, i figli possono sposarsi secondo i loro desideri senza però escludere i vecchi pazzi dal finale felice.

(15)

XV

1.4. Gli ultimi venti anni del secolo

La morte di Molière, avvenuta nel 1673, e la scomparsa dalle scene di Corneille (1674) e Racine (1677), segnarono la fine di un periodo di splendore del teatro e gli anni che seguirono sono stati considerati di scarso interesse dalla maggior parte della critica letteraria. È anche vero che l’eredità, lasciata da questi grandi autori, ha condizionato molto l’affermazione di un nuovo genere teatrale e di autori che potessero essere considerati all’altezza dei loro predecessori. Tuttavia, non bisogna dimenticare che questo periodo vide una profonda trasformazione del paesaggio teatrale, che ha portato alla nascita della brillante produzione comica di Dancourt e Regnard. L’ultimo quarto di secolo ha visto, inoltre, la nascita della Comédie française e dell’Opera di Lully. Questo periodo fu caratterizzato dalla sperimentazione teatrale, manifestazione dei cambiamenti politici e sociali che caratterizzarono il regno di Luigi XIV alla fine del secolo. Il re, infatti, frequentava meno il teatro atterrito dalla prospettiva della morte e, preoccupato per le difficoltà politiche, limitò la libertà personale. Inoltre i devoti in questo periodo intensificarono le offensive, considerando peccatori coloro che frequentavano il teatro. La disaffezione del re per il teatro, sotto l’influenza della devota Mme de Maintenon, cominciò alla fine degli anni Ottanta ed ebbe un effetto estremamente negativo sul teatro. Da un lato, i cambiamenti che si verificarono, come la diminuzione dei teatri e la tenace volontà della Comédie Française di mantenere l’eredità molièriana, portarono a una minore domanda di testi. Dall’altro lato, la disaffezione della corte per il teatro, che aveva nel passato concentrato il suo favore sull’opera, il disinteresse degli uomini di lettere e la quasi totale assenza della critica giornalistica fecero concentrare l’attenzione del teatro sul pubblico di Parigi, la ville, un pubblico meno raffinato che amava la risata. Il

(16)

XVI

cambiamento del pubblico che frequentava i teatri portò a un cambiamento del repertorio della Comédie Française, che tra il 1680 e il 1716 era rappresentato per il 70% da commedie. Allo stesso tempo, l’affermarsi del monopolio concesso alle opere musicali di Lully fece dimenticare le commedie-balletto di Molière. Tuttavia, a partire dagli anni Novanta, molte pièce contenevano al loro interno inserti musicali ed effetti speciali ottenuti con le macchine.

1.5. La commedia dalla morte di Molière fino alla nascita della Comédie Française

All’indomani della morte di Molière la scena teatrale era dominata da tre commediografi, che non erano nuovi al teatro: Montfleury, Thomas Corneille, Hauteroche. Altri due autori minori erano Champmeslé e Montauban. Nell’incapacità di rifare Molière, ognuno avrebbe voluto affrancarsi dalla commedia d’intrigo, che ancora garantiva comunque il favore del pubblico. Il periodo tra il 1673 e il 1680 fu un periodo di sperimentazioni, anche se nessun autore riuscì a colmare il vuoto lasciato da Molière, le cui commedie in questo periodo continuarono a dominare le scene.

Antoine Jacob detto Montfleury ( 1640-1685), figlio di un celebre attore dell’Hôtel de Bourgogne, cominciò a scrivere per il teatro Guénégaud alla fine del 1673. Le Comédien poète è una commedia d’intrigo burlesca ambientata a Madrid, divisa in quattro atti. Nel prologo l’autore dichiara che la commedia si ispira alla Mostellaria di Plauto e il suo successo confermò la superiorità della comicità di Montfleury, che aveva ormai un’esperienza di una decina di anni, su quella di Molière fondata sul modello all’italiana. Con la pièce successiva, Trigaudin ou Martin Braillart, Montfleury abbandonò la commedia di intrigo per esplorare la strada della commedia di costume, partendo da un racconto di Donneau de

(17)

XVII

Visé di un fatto di cronaca, apparso sul Mercure Galant nel 1672. La Femme aux deux maris narra la storia di un uomo che fece sposare la moglie con un ricco aristocratico, che venne poi assassinato dopo aver lasciato in testamento tutto alla moglie; la coppia fu in seguito arrestata. A partire da un soggetto d’attualità Montfleury immagina che la moglie Lucia non sia a conoscenza del progetto del marito, e che una volta scoperto il piano, ella metta su un imbroglio che impedisca a Trigaudin di portare a termine il suo piano e lo faccia cadere in confusione. Inoltre, il vecchio Geronte, il ricco aristocratico, è a sua volta complice, fingendo di voler sposare Lucia. La commedia è molto debole. Montfleury non riuscì a concepire una vera commedia di costume a partire da un fatto d’attualità, trovando difficoltà nel trasformare un argomento così grave in una commedia burlesca. Il fiasco scoraggiò successivamente Montfleury da qualsiasi altro tentativo di ispirarsi a un soggetto d’attualità. Tuttavia, Trigaudin ou Martin Braillart ebbe il merito di anticipare di due secoli la commedia di boulevard. L’autore ritornò nelle ultime tre pièce alla commedia d’intrigo, ma con La Dame médecin (1678), coniugò il tema italiano del medico volante, di cui Molière si era servito, con il tema spagnolo della giovane innamorata che cerca di non far sposare il suo innamorato con la donna a cui è promessa.

Thomas Corneille (1625-1709), fratello di Pierre, in un certo modo seguì un percorso inverso rispetto a Montfleury. Solo la prima delle sue commedie, che scrisse dopo la morte di Molière, era una commedia d’intrigo. Poi esplorò vie diverse, sperimentando la commedia di macchine, con l’Inconnu, Comédie meslée d’ornemens e musique, Le Triomphe des Dames. Ma la sua opera più famosa è La Devineresse, che ottenne più successo de L’Inconnu. Quest’ultima rappresentava il livello alto della commedia galante, seguendo la linea di alcune commedie balletto di Molière, mentre La Devineresse aprì la strada alla commedia di costume,

(18)

XVIII

raccontando l’emozione provocata dall’affare dei veleni. Importante è che entrambe le commedie si basano sul principio fondamentale della Revue, teatrale e musicale per l’Inconnu, Revue delle vittime per La Devineresse, arrivando agli antipodi della commedia di intrigo. Thomas Corneille, dopo il successo della Devineresse, decise di sperimentare la commedia in prosa e due anni dopo scrisse La Devineresse in prosa. La commedia non parte da un fatto di cronaca come Trigaudin, ma dall’affare dei veleni che rappresentava un vero e proprio fenomeno della società. Thomas Corneille e Donneau de Visé avevano sfruttato il più possibile questo soggetto d’attualità, unendo la dimensione morale di un soggetto basato su un’indovina e il comico dell’ingenuità delle vittime, così come il gioco spettacolare delle macchine implicato nei giri di una falsa indovina.

L’opera di Hauteroche (1616-1707) fu anch’essa diretta verso la ricerca di nuove strade per rispondere alle attese del pubblico. L’autore scrisse tre commedie: La Bassette, Crispin musicien e Les Nobles de Province. La Bassette, non pubblicata, è una commedia di costume, ma posteriore a La Devineresse. Crispin musicien, che ottenne il trionfo nel 1674, riprende lo schema di Crispin médecin. Scritta quattro anni prima, è una commedia d’intrigo con la novità che l’eroe è un aristocratico che suona il clavicembalo in scena e intrattiene a domicilio un gruppo di musicisti e cantanti. Il titolo della commedia Les Nobles de Province fa pensare a una commedia di costume, ma in realtà si tratta di una commedia di intrigo. Le commedie di Hauteroche aprirono un nuovo decennio, segnando così un momento decisivo, La Comète di Fontenelle e Donneau de Visé era vicinissima, Dancourt e Regnard non erano lontani.

(19)

XIX

1.6. La nascita dell’opera

La storia dell’opera francese cominciò nel 1671, quando Pierre Perrin aprì l’Académie royale de Musique. L’anno successivo fu sostituito dall’italiano Lulli, che fondò una compagnia con i migliori cantanti e ballerini, con sede dal 1673 al Palais-Royal (dopo la morte di Molière). Il decoratore fu all’inizio Charles Vigarani, che costruiva scene e macchine, e poi Jean Berain, il librettista Quinault, che scrisse undici tragedie. L’opera conobbe un periodo trionfale che durò fino alla morte di Lully, nel 1687, che fu considerato il vero fondatore dell’opera francese. Egli riuscì infatti a coniugare la maggiore tradizione musicale europea, tale era considerata all’epoca l’opera italiana, con la cultura francese. Il suo francesizzarsi fu testimoniato anche dal cambiamento della i finale del suo cognome con la y. L’opera dette espressione all’amore del pubblico del periodo per lo spettacolo, che aveva avuto come anticipazioni il teatro à machines, le feste a corte e le commedie-balletto di Molière. Il maggior fornitore del repertorio dell’opera, nonostante il contributo importante di Quinault, fu Lully stesso, che ebbe il merito di riuscire a far distinguere l’opera teatrale da quella musicale. Tra le opere del repertorio figuravano Bellérophon (1679), Persée (1685), Alceste, Athys, Thésée (1684), Amadis, Roland (1685), Armide (1686). L’Accadémie Royale de Musique ottenne dal re il monopolio della rappresentazione in musica, cosicché le altre compagnie potessero dare solo spazi limitati alla musica e al canto. L’influenza di Madame de Maintenon sul re fece però perdere questo privilegio all’opera agli inizi degli Novanta.

(20)

XX

1.7. La nascita della Comédie Française

Alla morte di Molière tre compagnie permanenti erano riconosciute e protette dal Re: l’Hôtel de Bourgogne, le Marais e la compagnia di Molière, ognuna con la propria sala. Quest’ultima compagnia divideva la sala al Palais-Royal con la Compagnia degli Italiani. Inoltre l’Académie Royale de Musique era stata appena fondata.

Tre mesi dopo la morte di Molière, i suoi compagni lasciarono il Palais Royal alla Académie Royale de Musique di Lully Si trasferirono con gli Italiani al teatro dell’Hôtel Guénégaud, dove vennero raggiunti dalla compagnia del Marais con cui si fusero per ordine del Re. I Grands comédiens restarono nel loro teatro. Dal 1673 c’erano quindi solo due teatri a Parigi, l’Hôtel de Bourgogne e l’Hôtel Guénégaud. Nel 1680 sempre su ordine del re le due compagnie francesi si unirono e nacque la Comédie Française con sede al teatro dell’ Hôtel Guénégaud. Gli Italiani si stabilirono all’Hôtel de Bourgogne.

Nel 1685 la Comédie Française contava venticinque membri e metteva in scena, a un ritmo mai visto prima nei teatri parigini, due pièce tutti i giorni eccetto le feste comandate. Il repertorio era composto da pièce di Corneille, Molière e Racine, a cui cominciarono ad aggiungersi pièce nuove che venivano scelte da un comitato di lettura, formato dagli stessi attori. Le pièce venivano selezionate in modo da non incorrere negli interventi della censura. La compagnia si riuniva ogni settimana per discutere questioni relative al controllo delle entrate di favore, la lotta ai fischiatori e la puntualità degli attori che a volte mancavano addirittura l’entrata in scena.

Nel 1689 un’ordinanza del re chiuse il teatro dell’Hôtel Guénégaud e la compagnia, rifiutata dai parroci di tutti i quartieri, si trasferì alla fine al Jeu de paume dell’Étoile (rue des Fossés Saint-Jacques). In questo periodo le

(21)

XXI

commedie di maggior successo del repertorio della compagnia erano Tartuffe e L’Avare di Molière, seguite da commedie nuove, dove comunque l’influenza di Molière era molto forte. Autori di questo periodo sono, oltre a Dancourt, Baron, Regnard e Dufresny.

Baron (1653-1729), figlio di un bravo attore dell’Hôtel de Bourgogne, divenne l’attore preferito di Molière. Alla morte di quest’ultimo si unì alla compagnia dell’Hôtel de Bourgogne per poi ritornare alla Comédie Française, per fusione dei teatri. Oltre ad essere l’attore di maggior prestigio, scrisse sette pièce, cinque pubblicate tra il 1686 e il 1694 e le altre due postume, che mettono in scena la peinture des moeurs con nuovi tipi, personaggi più reali. La Coquette et la fausse prude rappresenta un universo femminile dominato dalla coquette. Damis vuol far sposare la nipote Cidalise, la coquette, per mettere fine a un comportamento da lui considerato poco dignitoso. Ma se la coquetterie di Cidalise è manifesta, quella di Cephise, la fausse prude, nonché zia di Cidalise e moglie di Damis, è mascherata da un falso moralismo. Le due donne si trovano rivali in amore per Éraste. La fausse prude viene alla fine punita dall’ira di Damis, che scopre una lettera d’amore della moglie per Eraste. Non sappiamo se alla fine Cidalise ottiene il consenso al matrimonio con Éraste e se Lucille, cugina di Cidalise, lo ottiene per sposare il Comte. Il protagonista de L’Homme à bonnes fortunes, Moncade, sembra caratterizzare invece l’universo maschile. È un seduttore spregiudicato corteggiatore di più donne, che ostacola il matrimonio tra Éraste, il giovane innamorato, e Lucinde, una delle vittime del seduttore. La commedia rappresenta due concezioni del matrimonio, incarnate dai due personaggi maschili. Per Moncade amore e matrimonio sono inconciliabili, mentre per Éraste sono inscindibili. Alla fine Moncade, dopo essere stato smascherato e umiliato, è costretto a cambiare nome e quartiere. Ma Moncade in realtà

(22)

XXII

ha solo perso un’occasione, ci saranno sicuramente nuove avventure come ne Le rendez-vos des Thuilleries ou le coquet trompé.

Il tema di queste tre commedie è il matrimonio dei figli e il diritto alla libera scelta amorosa. Se nella prima commedia l’autorità è rappresentata dallo zio, anche se mostrata in tutta la sua debolezza, nelle altre due il padre non viene messo in scena.

Les Enlèvements mette in scena ancora il tema del matrimonio e qui abbiamo tre padri, due nobili e un fermier, che si scontrano con i figli. La mésalliance, il matrimonio tra giovani di diversa estrazione, fenomeno della nuova realtà sociale, vede qui come padre più conservatore il fermier. Egli infatti non accetta il matrimonio della figlia con un uomo appartenente a una classe sociale più alta.

Le Jaloux rappresenta un tentativo di riprendere Molière, mettendo in scena la peinture des mœurs con un personaggio che rappresenta un tipo, il geloso. La commedia non ebbe successo. L’Andrienne e L’École des pères sono invece traduzioni terenziane.

Jean-François Regnard (1655-1709), ebbe una gioventù avventurosa. Rapito dai Saraceni e venduto come schiavo, riuscì a tornare a Parigi e a nobilitarsi acquistando una carica. Condusse una vita da libertino discreto e si dedicò alla letteratura, cominciando a scrivere per il teatro degli italiani. Tra le pièce di questo periodo abbiamo Le Divorce (1688), e La Descente de Mezzetin aux enfers (1689). A partire dal 1694 cominciò a scrivere commedie per il teatro francese che ebbero un successo trionfale, tale da non farle più uscire dal repertorio della Comédie Française. Tra queste abbiamo Attendez-moi sous l’orme (1694), Le Joueur (1696), Les Folies Amoureuses (1704), Le Légataire universel (1708). Le Joueur è una commedia di carattere che si sposta verso la rappresentazione dei costumi, genere molto presente nelle sue opere. La pièce, la cui paternità fu

(23)

XXIII

contestata da Dufresny, ha come protagonista un giovane che vede sposare la sua amata con lo zio, dopo aver perso il suo amore a causa del vizio per il gioco. Nel Légataire universel il protagonista, malato ossessionato dai clisteri, decide di sposare la fanciulla amata dal nipote. Anche se la pièce richiama L’Avare di Molière, per la rivalità tra zio e nipote, il tema principale è l’eredità. Il finale è garantito dal servo che attraverso i travestimenti sventa il progetto del vecchio di lasciare parte dell’eredità a parenti provinciali, arrivando addirittura, a causa di una morte apparente, a prendere il posto del protagonista per dettare un testamento. Il testamento verrà poi accettato dal protagonista, una volta risvegliato dalla letargia in cui era caduto. La straordinaria comicità della pièce, legata anche all’effervescenza del dialogo, fece ottenere alla commedia uno straordinario successo, tanto che a teatro non si era mai riso tanto come ai tempi di Molière.

Charles Rivière Dufresny (1654-1724) si occupò inizialmente di affari e dal 1710 al 1713 prese la direzione del Mercure Galant. Debuttò a teatro nel 1692 con l’Opéra de campagne, lavorò per gli teatro degli Italiani, per il quale scrisse, sia da solo, sia in collaborazione con Regnard, nove commedie. Dopo la chiusura del teatro degli Italiani fece rappresentare le sue commedie al teatro francese.

1.8. Il teatro degli Italiani

La compagnia degli Italiani era composta da dodici attori e aveva sede all’Hôtel de Bourgogne. La moglie del Delfino che controllava la compagnia, come pure la Comédie Française, impose loro un Regolamento a partire dal 1684. Gli Italiani erano apprezzati come attori eccellenti e recitavano pièce scritte da Biancolelli, capo della compagnia, Romagnesi e Lolli. La compagnia che recitava inizialmente in italiano passò

(24)

XXIV

gradualmente alla recitazione interamente in francese ed gli attori erano apprezzati per le smorfie e l’agilità del loro corpo. Tra i fornitori ufficiali abbiamo Dufresny e Regnard e nelle loro commedie sono presenti inserti coreografici e musicali, anche indipendenti dall’azione, e venivano usate macchine per i cambi di scena. La commedia degli Italiani era spettacolare e poetica, a metà strada tra la commedia e l’opera. Inoltre erano maestri della parodia, un genere che troverà la massima espressione nel secolo successivo. Il teatro chiuse nel 1689 e la compagnia si trasferì al Jeu de paume de l’Étoile. Nel 1697 la compagnia degli Italiani venne cacciata da Parigi per aver messo in scena una La fausse prude, che faceva riferimenti a Mme de Maintenon.

1.9. La Foire

La cacciata della compagnia degli Italiani nel 1697 ebbe come conseguenza che a teatro si rideva sempre meno e in modo diverso. Regnard, che aveva avuto esperienze al teatro degli Italiani, continuò in maniera più disimpegnata la tradizione molieresca, senza mai però rappresentare un approfondimento dei caratteri e dei vizi umani, mettendo in scena la borghesia. L’illusione comica e la commedia di carattere vennero a poco a poco sostituite dalla peinture des mœurs. Anche Dancourt partì dalla farsa e dall’influenza del teatro degli Italiani per rappresentare una peinture des moeurs arricchita da molti personaggi. In Destouches si rideva sempre meno e l’evoluzione della commedia di carattere di Molière andò verso la commedia dei tipi.

Durante i diciannove anni di assenza degli Italiani, che ritornarono ufficialmente a Parigi nel 1716, il teatro della Foire, che aveva luogo in primavera a Saint-Germain e in autunno a Saint-Laurent, acquistò dignità letteraria, colmando il vuoto lasciato dagli italiani. Il 1699 fu l’anno d’inizio

(25)

XXV

dell’esplosione dei teatri di periferia che provocò le prime misure di controllo da parte della Comédie Française, in virtù del suo monopolio sul teatro. Il controllo della Foire da parte della Comédie française, attraverso la censura, ebbe come risultato l’esaltazione della capacità invettiva degli attori. La Foire Saint-Germain in primavera e la Foire Saint-Laurent in autunno davano ai giocolieri, ai saltatori e ai commedianti un alloggio per la stagione. Nelle Foire trovarono rifugio l’invenzione, la fantasia burlesca e la satira pungente, ereditando dalla commedia dell’arte i tipi, i giochi scenici, i lazzi e l’abitudine ai travestimenti. Quando la Comédie Française vietò il dialogo, gli attori ricorsero al monologo. Quando non poterono più parlare e venne concesso loro solo di cantare, nacquero i vaudeville, brevi scambi comici su delle arie conosciute dal pubblico. Al ritorno degli Italiani lo scontro inevitabile portò alla creazione di un tipo di spettacolo misto, fatto di canto, danza e recitazione, l’opéra comique. Essi riportarono il gusto dell’invenzione e della fantasia. La Foire assorbì tutto ciò che era di moda, il meraviglioso, il fantasmagorico, l’esotismo e l’allusione satirica. Il teatro degli Italiani e della Foire rappresentavano zone franche dove trovarono spazio Marivaux e Lesage.

1.10. Lesage

Alain-René Le Sage nacque a Sarzeau, in Bretagna, nel 1668, non sappiamo se l’8 o il 13 maggio. Rimasto senza genitori e rovinato dallo zio tutore, studiò nel collegio dei Gesuiti e divenne avvocato. Trascorse una vita sempre con preoccupazioni economiche e sposò una bella donna senza mezzi. Morì nel 1747 nella sua casa di Boulogne-sur-Mer, dove aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita.

Lesage non prese una posizione nella «querelle des Anciens et des Modernes» e concentrò la sua attenzione nella ricerca di un nuovo modo di

(26)

XXVI

fare teatro, pensando di doversi rifare alla tradizione classica e al tempo stesso aprirsi verso altre tradizioni, alla ricerca di elementi che permettessero di esprimere un rapporto meno convenzionale con la realtà rispetto alla commedia di costume. Le quattro pièce che Lesage dette alle scene a partire dal 1700, furono influenzate dal teatro di Francisco de Rojas Zorrilla, Lope de Vega e Calderón. In esse troviamo le suggestioni spagnole che si conciliano con la tradizione francese, e il modello molieriano in particolare. In Crispin rival de son maître del 1707, la figura del valet nel ruolo di protagonista testimonia l’evoluzione del personaggio, rispetto alla tradizione di Molière, e anticipa il personaggio di Figaro di Beaumarchais. La commedia ebbe un notevole successo, mentre Don César Ursin, adattamento di Caldéron fu un vero proprio insuccesso, dimostrando che il pubblico apprezzava la direzione presa da Lesage. Di fronte a Turcaret, satira violenta del mondo della finanza, del 1709, la Comédie Française però si spaventò e Lesage fu costretto a rivolgersi al teatro della Foire, per il quale scrisse, sia da solo che in collaborazione, circa cento pièce, tra il 1712 e il 1736. Alla Foire, teatro che permetteva di inventare forme nuove, egli mise a punto la sua estetica.

Lesage portò all’estremo l’aspetto scenico del teatro, che aveva già scoperto con gli adattamenti della letteratura spagnola, avvisando il lettore, nella prefazione al Théâtre de la Foire, che la lettura delle pièce subirà purtroppo la perdita dei giochi scenici. La libertà scenica dei teatri della Foire permetteva il gioco dell’attore. L’attore parlava, cantava , o muto ridotto alla pantomima quando la censura vietò di parlare, entrava in scena con il suo costume, ma doveva soprattutto recitare con il volto. Lesage creò alla Foire un antiteatro per la lotta al teatro ufficiale. Quando venne proibito agli attori di parlare, essi si ridussero alla pantomima, quando gli attori furono proibiti, Lesage fece parlare le marionette. Il teatro della fiera era aperto a qualsiasi tipo di sperimentazione. Di fronte al gusto del pubblico

(27)

XXVII

per le canzoni, vennero composti dei vaudeville, che presto divennero opéra comique. Lesage ebbe un ruolo determinante in tutte le innovazioni del genere, delle tecniche o delle strutture drammaturgiche. Nei suoi trentacinque anni di attività presso il teatro della Foire, il suo interesse si focalizzò principalmente su tre aspetti della drammaturgia. Innanzitutto l’intreccio, anche se successivamente il suo interesse diminuì sempre più, così come il suo interesse per i personaggi, preoccupandosi poco della pittura del carattere, riducendoli a marionette, a personaggi sociali, a personaggi di fantasia, o a tipi italiani recuperati. Essi restano schematici, se non inconsistenti. In compenso, il suo stile nel dialogo parlato diventò vivo, anche se cinico, freddo e non faceva più ridere. Utilizzava l’humoir noir, parole, repliche e massime spirituali, fondate su parallelismi, parole a doppio senso che l’interlocutore non riusciva ad afferrare, Lesage giocava con le parole come giocava con l’intreccio.

Il teatro di Lesage scivolò lentamente dall’effetto di reale, su cui si ancorava la commedia di costume, alla fantasia che lasciava lo spettatore in una mancanza di preoccupazione gioiosa o in una allegra irrealtà. Per la Comédie Française Lesage scrisse commedie di costume che descrivono un mondo pervertito dal denaro, sull’esempio di Regnard e Dancourt. Il mondo comico di Lesage riflette una società dove le strutture sociali e familiari si sgretolano, e dove ognuno è alla ricerca del proprio interesse. Uno degli aspetti più innovativi del suo teatro è l’ascensione dei valet, le cui premesse erano già state gettate da Regnard e Molière. Il teatro della Foire ha una drammaturgia elementare e le prime piccole pièce avevano un tono cinico e freddo che provocava un riso senza gioia e gli uomini erano visti in modo disumanizzato. Nelle commedie della Foire la satira diventò meno forte, presa dall’atmosfera della fantasia e del meraviglioso. L’autore mette in scena la corruzione della società, ma per farne un quadro freddo, indifferente, senza preoccupazione, interessato solo a farne delle commedie

(28)

XXVIII

allegre. Lesage sperimentò diversi tipi di teatro e si preoccupò al tempo stesso di praticare forme drammatiche stabilite e classiche. L’influenza del teatro spagnolo lo fece interessare inizialmente all’intreccio, per poi abbandonarlo una volta stabilitosi al teatro della fiera. La commedia di costume gli permise di rendere più forte l’arte del tratto, fondata su un’osservazione acuta dei suoi contemporanei, senza mai preoccuparsi della costruzione del carattere. Le commedie scritte per la Comédie Française avevano uno stile comico notevole, che poi seppe integrare in una scrittura drammatica che univa la prosa alle canzoni. Lesage non avrebbe potuto arrivare al successo raggiunto se non avesse trovato spazio nel teatro della Foire, contribuendo a dare dignità a questo genere di teatro, considerato minore. Nel teatro della Foire il meraviglioso incontra la morale e non è visto come un’evasione dalla realtà, ed è così strettamente legato al burlesco tanto da essere difficilmente dissociato da esso.

1.11. Marivaux

Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux nacque il 4 febbraio 1688 a Parigi. Figlio di un direttore della zecca, studiò diritto e sposò una donna con una dote cospicua. Introdotto nel salotto di Mme de Lambert, dimostrò di essere un abile conversatore. Nel 1720 a seguito del crollo delle azioni della compagnia delle Indie, perse tutto ciò che possedeva e diventò giornalista. Nel 1722 fondò un periodico sul modello dell’inglese Spectator. Faceva parte dei migliori salotti della capitale. Nel 1742 venne eletto all’Académie Française. Morì nel 1763 dopo lunga malattia.

Quando Marivaux cominciò a comporre per il teatro era già uno scrittore affermato. Aveva infatti già scritto quattro romanzi, un poema burlesco, L’Iliade travestie e interventi sul Mercure de France, sotto forma di riflessioni o racconti. Nella «Querelle des anciens et des modernes»

(29)

XXIX

Marivaux si era schierato dalla parte dei moderni vicino a Fontenelle e La Motte. La sua estetica, il suo linguaggio e la sua filosofia si erano già formati nel momento in cui scoprì che il suo modo migliore di esprimersi era il teatro. Compose inizialmente per il teatro italiano una commedia in tre atti, L’Amour et la Vérité, che non ebbe successo. Per il teatro francese compose invece una tragedia in cinque atti e in alessandrini, Annibal, del 1720, rappresentata solo tre volte. Il successo arrivò con Arlequin poli par l’amour (1720.), una delle venti commedie scritte per il teatro italiano. Tra queste troviamo le sue commedie più famose che resteranno a lungo nel repertorio: La Surprise de l’amour (1722), La Double Inconstance (1723), Le Jeu de l’amour et du hasard (1730), Les Fausses Confidences (1737), L’Épreuve (1740). Tra Marivaux e i commedianti di Luigi Riccoboni dell’Hôtel de Borgogne si era creata sicuramente una felice collaborazione, dimostrata dal fatto che ogni anno veniva messa in scena una nuova creazione o una ripresa di un’opera dell’autore. Alla Comédie Française, dove la figura dominante era Voltaire, Marivaux sembrava invece soffrire dell’incomprensione degli attori. Delle nove commedie che Marivaux compose per il teatro francese, dopo Annibal, solo due ebbero successo, La Seconde Surprise de l’amour (1722) e Le Legs (1736).

Il teatro italiano sognava di mettere in scena una commedia sostenuta ed era quindi alla ricerca di testi di autori francesi, che potessero dare alla scena italiana la stessa dignità della scena francese. Inoltre, i testi di Marivaux, soprattutto nel dialogo, si accordavano perfettamente con la visione del teatro di Riccoboni e il talento dei commedianti più spontanei. Il grande merito di Marivaux fu quello di portare finalmente quel rinnovamento alla drammaturgia, che era atteso fin dalla morte di Molière. E paradossalmente il tono nuovo e singolare del genere comico si manifestò attraverso il teatro italiano e non quello francese.

(30)

XXX

Marivaux rinnovò il genere comico prendendo come soggetto il sentimento amoroso. Il centro della scena nel suo teatro è occupato dalla giovane coppia, che ha invece nel teatro di Molière e dei suoi successori un ruolo meno centrale. Essi la consideravano solo come necessità della commedia intrigo, o per la descrizione del carattere ridicolo o eccessivo del personaggio principale che si opponeva a un matrimonio. Nel teatro di Marivaux le figure dei genitori sono messe in secondo piano e al centro viene posta la storia del sentimento amoroso. I genitori sono comunque buoni e, se non condividono le scelte dei loro figli, alla fine ammettono che le scelte del cuore sono le più giuste. Anche la funzione dei domestici viene modificata rispetto alla commedia di Molière e dei suoi successori. Essi non lottano più contro padri tiranni e diventano confidenti perspicaci, che svolgono un ruolo importante nell’azione in quanto aiutano a svelare i sentimenti. Gli ostacoli, in Marivaux, sono nella maggioranza dei casi di ordine psicologico. L’amore nasce sempre al primo sguardo e i personaggi interessati non ne sono consapevoli, oppure non lo vogliono dire. Ne Les Fausses Confidences, Araminte ama Dorante a partire dalla loro prima conversazione. Il bell’aspetto e soprattutto le qualità eccellenti di Dorante sono necessarie per compensare la differenza di nascita dei due giovani. Ma inizialmente la ragazza pensa di essere innamorata di un altro, nega a se stessa di essere innamorata di Araminte. La ragione resiste all’amore ed è attraverso delle prove, che gli amanti saranno costretti a superare gli ostacoli interiori.

Il punto di arrivo di ogni commedia è il trionfo dell’amore e l’azione è costituita dal concatenarsi di reazioni e di sentimenti, che non si distingue dal dialogo, considerato il tessuto stesso dell’azione drammatica. Marivaux porta sulla scena la nascita del sentimento e dedica le sue commedie all’esplorazione di tutti i possibili sentieri che vanno dall’incontro alla confessione.

(31)

XXXI

La carriera drammaturgica di Marivaux è stata caratterizzata da una continua sperimentazione, tanto che ogni commedia rappresentò per l’autore l’avventurarsi in una strada drammaturgica diversa. Per questo motivo, non è stato possibile usare per le commedie di Marivaux le categorie abituali di classificazione delle commedie. Le sue non possono essere definite né come commedie d’intrigo, né di carattere, né di costume. La definizione può essere data solo attraverso lo studio delle caratteristiche interne, come l’unità di azione, di tempo, o l’allusione a realtà storiche e sociali. Altri raggruppamenti si possono fare considerando un aspetto particolare dell’amore, che permette di distinguere le pièce a sorpresa, le prove e le pièce dell’incostanza, oppure le variazioni d’impiego di un procedimento drammaturgico, come per esempio il travestimento.

Marivaux sovverte la commedia classica senza però toccarne le strutture, come le unità di azione, di luogo, di tempo, la condotta del dialogo e l’utilizzazione del monologo e degli a parte. La novità fu rappresentata dal portare a teatro l’anatomia del cuore umano, rappresentazione che si pensava fosse possibile solo attraverso il romanzo. Mettere in scena l’anatomia del cuore umano significava rappresentare la storia alla scoperta di sé, attraverso il sentimento amoroso, di un cuore in movimento alla ricerca della felicità.

La commedia psicologica sfrutta le risorse della drammaturgia classica, arricchendole e adattandole per i propri scopi. È così che riprende, per esempio, il travestimento per suscitare il riso, ma anche per far sì che l’amore si riveli meglio sotto la maschera. Le vanità e le crudeltà della commedia umana hanno permesso al teatro di Marivaux di conservare intatto nel tempo l’interesse per questo tipo di teatro, il suo potere di suggestione e la sua modernità. Infine, esso potrebbe essere considerato, in un periodo caratterizzato dalla sperimentazione, come un tentativo di ritornare alla tradizione, di restaurare il teatro dell’ Ancien Régime, dove

(32)

XXXII

trionfavano la virtù, i valori alti dell’agire umano e una visione conservatrice della società.

1.12. Nivelle de la Chaussée

Nivelle de La Chaussée (1692-1754), iniziatore del genere larmoyant, fu inconsapevolmente un rinnovatore del teatro, anche se la sua sperimentazione non riuscì a trasportare sulla scena la rivoluzione in atto nel romanzo.

Quando gli schemi della commedia e della tragedia classica cominciarono a non rispondere più ai cambiamenti dei gusti del pubblico e ai nuovi miti della società, la commedia si trasformò in una didascalica galleria di caratteri e la tragedia puntò sull’emozione davanti all’orribile. L’attenzione della scena comica si spostò sugli interni familiari, protagonisti erano aristocratici e borghesi, dove ciò che contava non era il carattere ma la situazione e dove nel finale trionfava, dopo mille difficoltà, la virtù. Nelle commedie non si rideva più ma era obbligatorio addirittura piangere. Nell’epoca che vide il generale trionfo della ragione, la commozione e le lacrime erano un modo per percepire i moti misteriosi del cuore, di scoprire la propria interiorità turbata. Le pièce di Nivelle de la Chaussée, definite machine à larmes sono La Fausse antipathie (1733), Le Préjiugé à la mode (1735), Mélanide, Paméla (1743), L’École des mères (1744), La Gouvernante (1747).

In cinque delle nove commedie, che costituiscono il corpus della produzione larmoyante di Nivelle de la Chaussée, non esiste una distinzione tra epilogo e agnizione. Questa distinzione, anche se i termini erano molto vicini, esisteva nella commedia classica, dove l’agnizione serviva per la formazione di una nuova coppia. In Nivelle de la Chaussée la ricostituzione di un nucleo familiare disperso è più importante della costituzione di un

(33)

XXXIII

nuovo nucleo familiare. Mentre l’agnizione classica mette in scena il ritrovamento di un padre o di un figlio, in Nivelle de la Chaussée, il ritrovamento riguarda marito e moglie.

La Fausse antipathie (1733) è la prima comédie larmoyante di La Chaussée, dove i protagonisti si ritrovano nell’ultima scena dopo essere stati separati il giorno del matrimonio. Costretti al matrimonio dai genitori, si trovano antipatici e, dopo la separazione, lei entra in convento e lui fugge. Si incontrano per caso dopo quindici anni e nasce un’attrazione reciproca. Il loro secondo incontro suscita le lacrime per le nozze celebrate e mai consumate. L’intreccio della commedia è organizzato intorno al riconoscimento finale.

In Mélanide (1741) il genere larmoyant trova la sua forma più compiuta. In questa commedia la famiglia d’origine viene smembrata dai genitori di Mélanide, che non riconoscono il suo matrimonio segreto con d’Orvigny e nemmeno il figlio avuto da lui. Quando la famiglia si ritrova, diciotto anni dopo, in una situazione di rivalità in amore tra padre e figlio, abbiamo una tripla agnizione. Quest’ultima, che in genere occupa una scena o due, si estende per diversi atti. Mélanide riconosce il marito (II;5) e il figlio (IV,6), confessandogli che il marchese, che aspira alla mano della ragazza che lui ama, è suo padre. Nella seconda scena del secondo atto, padre e figlio si incontrano e l’emozione spinge il padre a rinunciare alla passione per la ragazza amata dal figlio.

Ne La Gouvernante e Paméla (1743), madri e governanti si travestono per impedire alle loro figlie di cedere al desiderio. Il vecchio nucleo familiare impedisce la formazione di uno nuovo, in quanto le figlie invece di contrastare le decisioni delle madri, le interiorizzano. Le figure materne prevalgono su quelle paterne, sono loro che ritornano, che agiscono, che

(34)

XXXIV

proibiscono. Ne La Gouvernante la madre impedisce il matrimonio della figlia con un uomo ricco.

Nella drammaturgia classica i procedimenti per arrivare all’epilogo, oltre all’agnizione, sono il travestimento e il teatro nel teatro. Ma quello di Nivelle de la Chaussée è un teatro che riflette il romanzo dell’epoca e l’agnizione è percepita come romanzesca. Tuttavia a partire da Pamela di Richardson, il romanzo degli anni quaranta del Settecento comincia a rifiutare le agnizioni. Quindi la strada intrapresa da La Chaussée per la riforma della scena comica francese non portò a niente. Egli abbandonò i procedimenti della tradizione comica, senza riuscire a portare sulla scena teatrale la rivoluzione in atto nel romanzo. Il rapporto tra romanzo e teatro non era una novità, in quanto a partire dalla rinascita cinquecentesca del teatro, il romanzo e la novella erano stati saccheggiati per la trasposizione scenica.

(35)

XXXV

2. FLORENT CARTON DANCOURT

Florent Carton Dancourt nacque a Fontainebleau il 1 novembre del 1661, lo stesso giorno del Delfino, il figlio maggiore di Luigi XIV4. La famiglia di Dancourt era originaria del Nord della Francia e apparteneva alla piccola nobiltà. Suo nonno, Florent Carton era stato giudice e controllore di un magazzino del sale a Saint-Quentin. Suo padre, Florent Carton, signor Dancourt, rivestiva le funzioni di Siniscalco di San Quentin. Sposò nel 1655 Louise de Londé o Londy, che contava nella sua famiglia un cavaliere della Giarrettiera. Florent e Louise erano protestanti che probabilmente si erano convertiti alla religione cattolica prima della nascita dei loro figli, Florent e Benjamin. Florent era sicuramente il figlio maggiore, per il fatto di aver ereditato il nome di battesimo della famiglia. In un documento del 1680 si firmava «signor D'Ancourt e della Bertelinière». Le due grafie del cognome, D'Ancourt e Dancourt, si ritrovano in molte edizioni e l'origine della grafia D'Ancourt, è forse in relazione con un villaggio, vicino a Dieppe, chiamato Ancourt.

Studente brillante, diventò avvocato a diciassette anni. Poco dopo s'innamorò di una giovane attrice di teatro, Thérèse Le Noir de la Thorillière, figlia di un compagno di Molière. Dancourt rapì Thérèse probabilmente per avere il consenso delle due famiglie al matrimonio, che venne celebrato il 15 aprile del 1680 a Saint-Merry. Dancourt aveva diciotto anni e mezzo, Thérèse diciassette e tre mesi. Non sappiamo se Dancourt avesse intenzione di diventare attore di teatro prima di conoscere

4

Per la stesura di questo capitolo sono state consultate le seguenti fonti: A. Blanc, F.C.Dancourt 1661-1725, La Comédie-française à l’heure du Soleil couchant, Tübingen, G.Narr-Paris, Jean-Michel Place, 1984; Dancourt, La Fête de village ou Les Bourgeois de qualité, présentation de J. Curtis et R. Curtis, Montpellier, Édition Espaces, 1996.

(36)

XXXVI

Thérèse o se fu il matrimonio la causa determinante della sua vocazione. Thérèse era senza dubbio una bravissima attrice teatrale, dal momento che recitò a soli quindici anni il ruolo di Ifigenia, che richiedeva doti notevoli. Dancourt forse fuggì con Thérèse, si unì alla sua compagnia e successivamente la coppia regolarizzò la propria situazione con il matrimonio.

La conoscenza della moglie del Delfino, in occasione dei festeggiamenti per il matrimonio del figlio di Luigi XIV, ai quali la Compagnia di Condé prese parte, si rivelò per loro sicuramente utile. Sappiamo solamente che la coppia entrò ufficialmente, il 2 ottobre 1680, nella compagnia dei commedianti, stabilita a Rouen, inizialmente per sette anni. Già nel 1683 Dancourt aveva una certa celebrità, ma era anche chiaro che egli non voleva accontentarsi del mestiere di attore, ma voleva diventare autore, seguendo la strada tracciata non soltanto da Molière, ma anche da Montfleury, Poisson, Brécourt, Champmeslé, Baron, Hauteroche e altri.

Dancourt si confrontò inizialmente con la tragedia La Mort d'Hercule, dedicata a un gran signore dei Paesi Bassi, che rappresenta il suo tentativo di mettere in scena la morte dell'eroe, in un'opera in versi che si ispirava a Racine. Philoctète ama Déjanire, fidanzata di Hercule. Quest’ultimo ama a sua volta la sua schiava Iole, di cui ha ucciso il padre. Déjanire si uccide e anche Hercule muore dopo aver affidato Iole al suo amico. L'opera messa in scena nel 1683 non ebbe grande successo, e lo stesso risultato ebbe la rappresentazione del 1704 alla Comédie-française sotto il titolo La Mort d'Alcide. I motivi possono riassumersi nella debolezza dell'insieme e il linguaggio poetico che tenta d’imitare, senza successo, quello di Racine. Ebbe solo sei rappresentazioni.

Sempre nel 1683 appare la commedia Les Nouvellistes de Lille, anche se molto lontana da Notaire obligeant, il vero debutto teatrale di Dancourt, può essere considerata la prima operetta che contiene tutto il suo genio e il suo talento. Sullo sfondo dell’assedio di Vienna da parte dei Turchi e la loro

Riferimenti

Documenti correlati

•Se un nuovo tipo di eccezione estende la classe Exception, l’eccezione è checked (eccezioni che si riferiscono a condizioni recuperabili e che quindi possono essere gestite

Eccezioni unchecked: il metodo non deve necessariamente prevedere il codice di gestione. ArrayExceptionExampleException in

SPARTIATES Amiens 14 BLACK

Tuttavia Biagio Milanesi, visto dai suoi seguaci come un nuovo Giovanni Gualberto per il suo ruolo di virtuso rifondatore dell’ordine, si rapportò per tutta la vita coi poteri

• 1787 WILLIAM JONES: famille regroupant sanscrit, latin, grec, langues germaniques et celtiques, persan.. Observation

34 APSP, Varia II, 78 bis: Capitoli della Venerabile Congregazione della Beata Vergine sot- to il titolo della Visitazione, eretta nella Casa Professa de’ Chierici regolari

Es comença el disseny de la fitxa d’observació definitiva, tenint en compte les enquestes dels alumnes, les entrevistes als professors i els paràmetres observats en les

• “L’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi ad  un’impresa che fornisce servizi di interesse economico