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CAPITOLO I La denuncia e la dichiarazione di inizio attività 1. L’originaria disciplina della Denuncia di inizio attività nella Legge n. 241/1990 La denuncia d’inizio attività

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CAPITOLO I

La denuncia e la dichiarazione di inizio attività

1. L’originaria disciplina della Denuncia di inizio attività nella Legge n. 241/1990

La denuncia d’inizio attività1, introdotta nell’ordinamento italiano dalla

legge n. 241/1990, costituisce uno strumento fondamentale nell’evoluzione dei tradizionali modelli procedimentali in tema di autorizzazioni.

Le norme della legge n. 241 e delle successive norme di modifica e integrazione possono trovare agevolmente un primo fondamento nella stessa Costituzione, in particolare negli articoli 3 e 97 2. Possono

considerarsi la traduzione dei principi d’imparzialità e buon andamento dell’amministrazione sanciti dall’articolo 97 in termini di diritti e garanzie soggettive riconosciuti in modo necessariamente eguale, secondo l’articolo 3, a tutti i cittadini.

Più di ogni altro l’articolo 19 della legge costituisce l’esempio paradigmatico dei valori di certezza dell’azione amministrativa, di

1 Appare utile precisare, al fine di non ingenerare confusione, che i diversi termini

(“denuncia”, “dichiarazione” e “segnalazione” certificata di inizio attività), saranno utilizzati nella presente trattazione riferendosi al termine vigente nel periodo di riferimento della fonte bibliografica utilizzata.

2 G. PASTORI, Dalla legge n. 241 alle proposte di nuove norme generali sull’attività amministrativa,

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semplificazione e riforma dell’amministrazione, in cui si collocano i nuovi rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino.

Non è un caso, infatti, che esso abbia subito in poco più di un ventennio dall’emanazione della legge non solo innumerevoli rimaneggiamenti e modifiche, ma addirittura integrali scritturazioni, sintomo evidente che esso è inteso e percepito come struttura qualificata per fondare una nuova concezione della pubblica amministrazione, in cui il ruolo centrale appartenga ai cittadini, ai loro interessi e alle loro iniziative e non già all’organizzazione amministrativa e al semplice esercizio del potere.

La semplificazione amministrativa3 e quella procedimentale

rappresenta un tassello di più ampie e complesse politiche di riforma amministrativa. Lo snellimento delle procedure amministrative non è conseguibile con interventi episodici e parziali. È necessaria la definizione di un disegno globale, integrato e coerente, che muovendo dalla revisione delle strutture amministrative e dei loro collegamenti organizzativi, passi per una definizione dei compiti ed un’ottimizzazione delle capacità di lavoro

3 R. GAROFOLI, Semplificazione e liberalizzazione dell’attività amministrativa nel contesto del

riformismo amministrativo degli ultimi decenni, in G. AMATO e R. GAROFOLI (a cura di), L’Amministrazione tra democratizzazione, efficientismo e responsabilità, Roma, I tre assi, 2010, p. 23 e ss.

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all’interno degli uffici, giungendo così ad una riduzione dei passaggi e dei tempi necessari per lo svolgimento dell’agire amministrativo.

Con l’introduzione di questo articolo “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta viene ad essere sostituito da una segnalazione dell'interessato. Ne restano esclusi i soli casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze”.

Tale denuncia deve essere corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dall'atto di notorietà.

Ove espressamente previsto dalla normativa vigente, le attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero le dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia delle imprese, sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione.

La Dia può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica. In tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione.

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Spetta all'amministrazione competente verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e se mancanti deve disporre con provvedimento motivato, entro sessanta giorni per attività economiche e trenta giorni per l’edilizia, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti.

Ove sia possibile l'interessato deve conformare detta attività alla normativa vigente. Se non provvede nel termine suddetto, l'attività s’intende vietata.

Con lo stesso atto motivato, alla presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell'interesse pubblico, l'amministrazione dispone la sospensione dell'attività intrapresa. Chiunque dichiari o attesti falsamente l'esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 dell’art. 19 è punito con la reclusione da uno a tre anni, ove il fatto non costituisca più grave reato.

L'atto motivato interrompe il termine di sessanta giorni, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l'adozione delle suddette misure. In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata.

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L’idea di un istituto idoneo a sostituire il macchinoso regime delle autorizzazioni è attribuibile a Mario Nigro 4, che nel già nel 1984, nel

corso dei lavori della Commissione da lui presieduta, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, aveva auspicato l’introduzione nell’ordinamento di una norma che consentisse l’esercizio in forza della semplice denuncia di inizio di attività in tutti i casi in cui l’esercizio dell’attività stessa implicasse il semplice accertamento di presupposti di fatto e dei requisiti previsti dalla legge, senza l’esperimento di prove a ciò destinate, e sempre che non sussistessero limiti o contingentamenti.

La denuncia di inizio di attività ex legge 241/90 rappresenta il primo concreto tentativo di fissare regole e procedimenti per disinnescare il “rischio amministrativo” del “sistema Italia” 5. Essa si atteggia anche

come primo esperimento di nuove politiche pubbliche, ponendosi al centro di un complesso crocevia tra delegificazione, deregolamentazione, semplificazione e deamministrativizzazione.

In particolare, la delegificazione implica che le norme amministrative indispensabili siano contenute in atti regolamentari, più agevolmente modificabili e aggiornabili.

4 V. MONTANARI, La natura giuridica della DIA alla luce delle modifiche introdotte dal Decreto

Competitività, in Riv. Giustizia Amministrativa, X, 2005, p. 549 e ss; F. MARTINES, La segnalazione certificata di inizio attività: nuove prospettive del rapporto pubblico - privato, Milano, Giuffrè, 2011, p. 2 e ss.

5 S. AMOROSINO, Achille e la tartaruga, Semplificazione amministrativa e competitività del

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La deregolamentazione, invece, consente di eliminare le regole legislative o regolamentari non indispensabili a tutelare gli interessi pubblici in specifiche materiale, lasciando in vigore solo le regole essenziali e risultando così utile, ma non risolutiva, ai fini della semplificazione.

La semplificazione dei procedimenti amministrativi può essere l’effetto sia della regolamentazione sia della riduzione dei procedimenti alle sole fasi essenziali.

Mentre la deamministrativizzazione si configura nella sottrazione di intere attività alle regole amministrative. È di grande rilevanza come strumento di semplificazione, ma è un fenomeno finora limitato, perché nel mondo contemporaneo non sono molte le attività umane che si possono sottrarre totalmente a qualche momento di controllo amministrativo, in quanto ad esse non inerisce alcun interesse pubblico.

Nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino la “regola” generale restava quella del provvedimento espresso da parte dell’amministrazione, mentre la denuncia di inizio di attività costituiva l’eccezione, così tradendosi o quanto meno depotenziandosi l’intuizione di Nigro con una riforma di respiro limitato. L’esercizio del potere inibitorio era subordinato all’accertata impossibilità dell’interessato di

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provvedere a conformare alla normativa vigente l’attività avviata ed i suoi effetti, entro un termine indicato dall’amministrazione stessa.

Quanto al profilo della trasformazione della natura della funzione amministrativa, si può osservare che nei casi tassativamente individuati dal regolamento, in cui l’attività privata poteva essere iniziata in base alla predetta denuncia, i compiti dell’amministrazione si modificavano da funzione di amministrazione attiva preventiva in una funzione di controllo successivo, ossia nella verifica d’ufficio della sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti per l’esercizio dell’attività e, nel difetto di questi ultimi, nel potere di inibire con provvedimento motivato la prosecuzione dell’attività e di disporre la rimozione dei suoi effetti, dando così vita in concreto all’esercizio del potere di autotutela.

1.1 L’approvazione del Regolamento con D.p.r. n. 300/1992

Con la legge n 241/1990 veniva demandata all’emanazione di un successivo regolamento l’indicazione, in forma tassativa, dei casi in cui l’istituto della denuncia di inizio di attività poteva trovare applicazione. Questo regolamento fu emanato con D.p.r. 26 aprile 1992, n. 300.

L’articolato era strutturato su sette articoli e tre allegati A, B e C. Questi ultimi individuavano le attività che potevano essere intraprese direttamente ed immediatamente con la sola presentazione della

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denuncia di inizio di attività (allegato A), quelle che potevano esse intraprese decorso un certo periodo di tempo (allegato B), e quelle in relazione alle quale la presentazione della domanda determinava col decorso di un certo periodo di tempo la formazione del silenzio–assenso (allegato C).

Con l’introduzione della legge del 1990 vengono create due tipologie di Denunce. Una prima tipologia aveva efficacia immediata ed era prevista per le attività cui poteva darsi inizio immediatamente dopo la presentazione della denuncia, come indicato nell’allegato A. Mentre la seconda tipologia ad efficacia differita si riferiva a particolari categorie di atti, bisognosi di complessi accertamenti, per attività cui può darsi inizio dopo il decorso di un termine fissato, come indicato all’allegato B.

Significativo lo spostamento della disciplina del procedimento e dei singoli procedimenti amministrativi dall’ambito esclusivamente legislativo a quello regolamentare evidentemente più duttile e più facilmente modificabile.

Il particolare tipo di procedimento semplificato ed accelerato rappresentava un istituto atipico, poiché non richiedeva l’emanazione di un provvedimento amministrativo.

Non vi era, quindi, alcun inizio di un procedimento amministrativo ordinario, ma soltanto la sua conclusione, ovvero, una successiva attività

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di inibizione o se necessario di interruzione da parte della Pubblica amministrazione.

Un meccanismo simile, tuttavia, non poteva certo trovare un’applicazione a tutto campo, in quanto non tutte le autorizzazioni si prestavano ad essere sostituite da una denuncia o da una dichiarazione dell’interessato, specie quegli atti di assenso che presupponevano un apprezzamento discrezionale da parte della Pubblica amministrazione.

Ne conseguiva che, in via generale, l’atto amministrativo di consenso all’esercizio di un’attività privata non era più necessario ove esso non richiedesse alcun esercizio di discrezionalità, neppure di tipo tecnico, né l’emanazione del provvedimento in sede istruttoria.

In definitiva non si trattava, quindi, di accogliere o meno una domanda di parte, ma vi era solo una dichiarazione privata da assoggettare a controllo.

Questo regolamento individuava espressamente i casi di esclusione. Risultano esclusi i provvedimenti autorizzativi/abilitativi che richiedevano l’esperimento di prove, ossia accertamenti circa la sussistenza dei presupposti e dei requisiti prescritti dalla legge e perciò volti a verificare l’idoneità del soggetto all’esercizio dell’attività in parola ovvero gli esperimenti tesi ad accertare la qualità delle cose.

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Era, altresì, esclusa quando fosse previsto un limite o un contingente complessivo al rilascio dell’atto e laddove dallo svolgimento dell’attività potesse derivare un pregiudizio alla tutela dei valori storici artistico ed ambientali, nonché alla tutela dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Erano in tal modo sottratti all’ambito di applicazione i provvedimenti di abilitazione che presupponevano una valutazione in personam dei requisiti di idoneità del richiedente, ad esempio la patente di guida o il porto d’armi, e che comportavano l’esperimento di prove, solitamente rimesse ad un giudizio connotato da elementi di discrezionalità tecnica.

Esclusi anche gli atti di assenso rilasciati dalle amministrazioni preposte alla tutela di interessi superindividuali, quali l’ambiente, il patrimonio storico-artistico, il paesaggio, la salute od operanti nei settori della difesa nazionale e della sicurezza pubblica. La giustificazione di tale esclusione è tradizionalmente ricollegata alla circostanza che l’eventuale lesione di tali interessi sarebbe ipso facto irreversibile e non ne consentirebbe la restituito in integrum attraverso il successivo esercizio del potere di controllo e inibitorio.

La denuncia di inizio di attività non poteva pertanto trovare ingresso in tutte quelle ipotesi in cui la legge attribuiva alla pubblica amministrazione per la tutela degli interessi generali l’esercizio di più o

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meno ampi poteri discrezionali, capaci di ostacolare o addirittura inibire l’attività del privato.

E’ evidente il tradimento dell’idea del Nigro, in quanto il nuovo istituto non è in alcun modo uno strumento di liberalizzazione, ma si compendia in una ipotesi di semplificazione dell’azione amministrativa, coerente con l’attività vincolata della pubblica amministrazione, in cui l’atto finale non è connotato da scelte discrezionali che costituiscono l’espressione della volontà dell’amministrazione.

I rapporti tra amministrazione e cittadini restano, quindi, saldamente ancorati al rapporto di soggezione al potere.

All’interno del regolamento citato sono espressamente previsti il principio della completezza, di leale collaborazione e cooperazione. Per quanto attiene il principio della completezza della denuncia di inizio di attività o della domanda, scolpito dall’art. 3 comma 2 del regolamento, prevede che oltre alle generalità del richiedente e alle caratteristiche delle attività da svolgere, devono essere accompagnate da una dichiarazione che indichi la sussistenza dei presupposti e dei requisiti prescritti dalla legge per lo svolgimento di quell’attività, oltre ai dati necessari per verificare il possesso o conseguimento dei requisiti stessi.

A tale principio, il cui rispetto costituiva onere del privato, si giustapponeva quello di leale collaborazione e cooperazione, che, invece,

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incombeva sull’amministrazione destinataria della denuncia o della domanda, delineato nel successivo terzo comma del già citato articolo 3 e nell’articolo 5.

Qualora la denuncia o la domanda del privato non siano regolari o complete, l’amministrazione ne dà comunicazione al richiedente entro dieci giorni, indicando le cause d’irregolarità e completezza precisandosi che in questi casi il termine decorre dal ricevimento della denuncia o della domanda regolari.

I termini fissati negli allegati B e C possono essere interrotti per una volta sola dall’amministrazione, fatto salvo il disposto dell’art. 3, comma 3, esclusivamente per la tempestiva richiesta all’interessato di elementi integrativi o di giudizio che non siano nella disponibilità dell’amministrazione e che essa non possa acquisire autonomamente.

Alla denuncia d’inizio di attività così delineata può, tuttavia, attribuirsi il non trascurabile carattere di punto di partenza del lungo cammino di trasformazione del potere amministrativo verso una più democratica configurazione quale servizio al cittadino

E’ stato posto l’accento sull’ambito estremamente limitato di tale normativa, da cui sono rimasti esclusi la maggior parte dei ministeri6 e le

attività soggette ad espliciti atti di consenso della pubblica amministrazione che rientravano nella competenza delle Regioni e degli

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enti locali ovvero che necessitavano di un’autorizzazione da esibirsi in un altro procedimento amministrativo, ovvero ancora quelle per le quali il provvedimento autorizzativo costituiva adempimento di un obbligo sovranazionale o internazionale7.

1.2 Le modifiche apportate all’art. 19 con la legge finanziaria n. 537/1993: quando l’eccezione diventa la regola

Ad appena tre anni dall’emanazione della legge e poco più di un anno dopo l’entrata in vigore del regolamento attuativo, l’articolo 19 della legge n. 241 del 1990, è stato completamente riscritto dal comma 10 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante Interventi correttivi di finanza pubblica. Questa è stata definita in dottrina la seconda denuncia d’inizio attività.

Il risultato complessivo ottenuto dalla legge del 1990 si rivelò deludente, così il legislatore nel tentativo di potenziare la portata innovativa dell’istituto ridisegnò e ampliò lo spettro di applicazione dell’istituto, mutando alla radice la logica precedente.

L’effettiva portata del nuovo testo non può prescindere dal contenuto del successivo comma 11 dello stesso articolo 2, che prevede

7 F. MARTINES, La segnalazione certificata di inizio attività: nuove prospettive del rapporto

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l’emanazione di un regolamento governativo8 entro novanta giorni dalla

data di entrata in vigore della presente legge e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Sono, altresì, determinati i casi in cui la disposizione del comma 10 non si applica, in quanto dipenda dall’esperimento di prove che comportino valutazioni tecniche discrezionali.

Sebbene nel nuovo articolo 19 la denuncia di inizio di attività appare maggiormente rispondente all’idea ispiratrice dei lavori della Commissione Nigro del 1994, è, tuttavia, difficile ricollegare questa nuova caratteristica ad una effettiva volontà in tal senso del legislatore. La “nuova” denuncia d’inizio di attività in realtà non rappresenta uno

strumento di potenziamento dell’apparato della pubblica

amministrazione o della sua efficienza, quanto piuttosto uno stimolo ad un maggiore attivismo dell’imprenditoria privata, eliminando “lacci e lacciuoli” che la opprimono e la ostacolano, secondo una prospettiva dinamica volta alla competitività del privato sul mercato non esclusivamente interno9.

Inoltre alla riforma non sono estranee istanze comunitarie ed in particolare l’esigenza di limitare gli interventi pubblici normativi sull’attività privata, oltre quelli stabiliti dall’art. 41 della Costituzione. La

8 Ai sensi dell’art. 17, comma 2, della Legge 23 agosto 1988, n. 400.

9 F. MARTINES, La segnalazione certificata di inizio attività: nuove prospettive del rapporto

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novità della norma è il capovolgimento dei rapporti tra potere amministrativo e iniziativa del privato e la previsione dell’immediato esercizio dell’attività privata con Dia. In precedenza, invece, era sottoposta a provvedimenti autorizzatori o abilitativi.

Nell’originaria formulazione dell’art. 19 alla normativa regolamentare era stato assegnato il ruolo di individuare tassativamente i casi in cui poteva trovare applicazione la denuncia di inizio di attività, mentre con la legge del 1993 essa diventava la regola in tutte quelle materie previamente soggette a titoli autorizzativi vincolanti.

Da questo momento, alla normativa era assegnato il ruolo di fissare i casi eccezionali in cui l’istituto della denuncia d’inizio di attività non trovava applicazione. Era, così, capovolta l’originaria impostazione della disciplina, poiché, le attività che potevano essere avviate con la dia non dovevano essere più individuate, ma erano tutte quelle che rientravano nella disciplina generale.

Ovviamente questo meccanismo sostitutivo operava a condizione non fosse necessario l’esperimento di prove che comportassero valutazioni tecniche discrezionali.

La portata della seconda denuncia d’inizio di attività non si esaurisce nel dato formale dell’ampliamento del campo della sua operatività, ma, da un punto di vista sostanziale, trasforma la denuncia

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stessa da eccezione a regola generale nella prospettiva di facilitare l’attività economica privata, che deve avere il carattere di attività libera, secondo quanto dichiarato solennemente dall’articolo 41.

Essa diventa ora lo strumento operativo ordinario che consente l’immediato esercizio di un’attività economica in tutte quelle materie preventivamente assoggettate al rilascio di titoli autorizzatori, comunque denominati, ancorché vincolati 10.

La denuncia d’inizio di attività non può trovare applicazione nei casi tassativamente individuati dal regolamento e nelle ipotesi di concessioni edilizie e di autorizzazioni11, ed ancora in tutte quelle

situazioni in cui il rilascio degli atti di assenso comportava valutazioni discrezionali della pubblica amministrazione.

La denuncia presentata dall’interessato all’amministrazione competente deve attestare l’esistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti dalla legge e deve eventualmente essere accompagnata dall’autocertificazione dell’esperimento di prove a ciò destinate ove previste.

10 Come sottolinea V. MONTANARI, La natura giuridica della DIA alla luce delle modifiche

introdotte dal Decreto Competitività, op cit, “la delega regolamentare è concessa per individuare i limiti dell’ambito di libertà, sicché, i ritardi e le carenze registrate nell’esercizio del potere regolamentare non limitano più la posizione soggettiva degli interessati”.

11 Rilasciate ai sensi delle leggi 1° giugno 1939, n. 1089 “Tutela delle cose d’interesse

artistico e storico”, 29 giugno 1939, n. 1497 “Protezione delle bellezze naturali” e del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312 “Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale”, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.

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Il mancato rispetto da parte del privato di tale onere comporta, in modo sostanzialmente automatico, la sanzione del divieto di prosecuzione dell’attività e degli effetti 12, fermo restando la possibilità

riconosciuta all’interessato di conformare la propria attività ed i suoi effetti alla normativa vigente, nel termine assegnato dall’amministrazione. Altro elemento di novità della seconda denuncia di inizio di attività è la previsione di un unico termine entro cui l’amministrazione doveva esercitare il potere di verifica sull’istanza del privato e eventualmente anche il potere inibitorio, fissandolo in sessanta giorni, decorso il quale si consolida nel privato istante il ragionevole affidamento nella conformità a legge del proprio operato.

Ciò comportava il superamento della precedente dicotomia tra attività che potevano essere iniziate immediatamente o solo dopo un certo lasso di tempo e la conseguente tacita abrogazione delle norme del D.P.R. n. 300/92, che si riferivano all’originario testo dell’articolo 19.

La dottrina e la giurisprudenza hanno decisamente sostenuto che entro il predetto termine il provvedimento repressivo deve essere non solo adottato, ma anche comunicato al destinatario denunciante13.

12 Non deve fuorviare al riguardo la previsione normativa secondo cui il provvedimento

che vieta la prosecuzione dell’attività ed ordina la rimozione degli effetti prodotti deve essere motivato. Infatti, l’obbligo della motivazione non è affatto indice di un’attività discrezionale, quanto piuttosto conseguenza dell’obbligo sancito dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 35.

13 A. GRAZIANO, La denuncia di inizio di attività nella legge 80/2005 secondo l’ultima

giurisprudenza. Natura giuridica dell’istituto, autotutele della P.A. e tutela giurisdizionale del contro interessato, in Riv. Giustizia amministrativa, 2006, p. 20 e ss.

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In mancanza di una espressa previsione normativa, è sorta poi la questione se in capo all’amministrazione competente, una volta spirato il termine decadenziale per l’esercizio del potere inibitorio, residui, comunque, un potere di intervento successivo. È stato riconosciuto che l’amministrazione può sempre intervenire successivamente al termine di sessanta giorni, azionando il generale potere di autotutela, il quale doveva, tuttavia, essere sorretto da idonea motivazione.

L’inutile decorso del termine decadenziale per l’esercizio del potere di controllo impedisce alla P.A. solo di vietare la prosecuzione dell’attività contrastante con le norme, restando fermo il suo potere di ordinare al privato di conformarsi a determinate prescrizioni in presenza di irregolarità sanabili.

E’ da notare ancora che la riscrittura dell’art. 19 ha consentito di delineare con maggiore precisione la differenza tra la denuncia di inizio di attività ed il silenzio assenso di cui all’art. 20 della stessa legge 241/1990. Quest’ultimo è, infatti, un modo di formazione tacita di provvedimenti amministrativi anche a contenuto discrezionale, sostanzialmente alternativo al procedimento ordinario.

La scelta riguardo a tale modalità alternativa è rimessa all’ordinamento. La natura vincolata del provvedimento sostituito dalla denuncia fa si che l’intervento provvedimentale dell’amministrazione con

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lo scopo di formare un titolo sia limitato al solo eventuale esercizio successivo di poteri a contenuto oppositivo e di controllo.

La legittimazione del privato all’esercizio dell’attività non è più fondata sul previo consenso espresso dell’amministrazione, ma si atteggia come legittimazione ex lege. Il denunciante che si trova nella situazione descritta dalla norma ha diritto ad iniziare l’attività, mentre l’amministrazione, nell’esercizio di un potere non più autorizzatorio preventivo, ma di controllo successivo, può emanare provvedimenti di natura inibitoria e non più atti di consenso, neppure se taciti.

In definitiva il nuovo istituto, come si è avuto modo di accennare, più che strumento di mera semplificazione amministrativa, ha avuto il carattere di vera e propria riforma strutturale dell’organizzazione, per un verso modificando il ruolo dell’amministrazione, trasformato da quello tradizionale di amministrazione attiva preventiva a quello del tutto nuovo di amministrazione di controllo successivo, e per altro verso, sottraendo all’area del procedimento un ampio campo di attività private, rispetto alle quali il legislatore ha inteso valorizzare non tanto il solo aspetto dell’apporto collaborativo del privato, quanto piuttosto elevare la responsabilità di quest’ultimo ad elemento sufficiente all’esercizio dell’attività.

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Il rapporto tra amministrazione e cittadino non è più improntato sulla soggezione, ma è fondato sulla fiducia 14. In merito alla complessa

posizione giuridica del privato si sono alternate nel tempo molteplici teorie.

In primo luogo vi erano i sostenitori del possesso in capo al privato di un diritto soggettivo alla presentazione della denuncia ed al riconoscimento della possibilità di esercitare l’attività nella sussistenza di tutti i requisiti stabiliti dalla legge ed una coesistente posizione di interesse legittimo rispetto al potere di controllo della pubblica amministrazione, qualifica tale posizione come diritto soggettivo sottoposto ad accertamento amministrativo.

Chi invece ha apprezzato la “nuova” denuncia come semplice misura di semplificazione amministrativa, ha evidenziato che essa si atteggia a fattispecie a formazione complessa, in cui la presentazione della denuncia da vita a una legittimazione a carattere provvisoria, destinata a venir meno in caso di esercizio da parte dell’amministrazione del potere inibitoria a seguito dell’espletamento della necessaria verifica.

Il titolo autorizzatorio si forma in definitiva solo per effetto del mancato esercizio da parte dell’amministrazione del potere di inibizione.

14 M. FILIPPI, La nuova dia e gli incerti confini con il silenzio assenso, in Giustizia Amministrativa,

2006, p. 1321 e ss; G. FALCON, L’autoamministrazione dei privati, in Procedimenti e accordi dell’amministrazione locale, Atti del XLII Convegno di studi di scienza dell’amministrazione (19-21 settembre 1996, Tremezzo), Milano, Giuffrè, 1997, p. 140 e ss; P. DURET, Sussidiarietà e auto amministrazione dei privati, Padova, Cedam, 2004, VI, p. 367 e ss.

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Ciò consente al terzo di impugnare innanzi al giudice amministrativo della dia, con un atto privato normativamente integrato proprio dal comportamento dell’amministrazione15.

Una variazione di tale ricostruzione è la tesi di chi ha ritenuto che la denuncia di inizio di attività è in realtà un atto privato, che si trasforma in titolo abilitativo all’esito di una fattispecie a formazione complessa e progressiva che attribuisce effetti legali propri del tradizionale consenso, sostituito, dell’amministrazione16.

Secondo tale ricostruzione la denuncia di inizio di attività si confonde nello schema del silenzio-assenso17 e lascia immutata la

posizione soggettiva del denunciante, titolare di un interesse legittimo pretensivo sino alla decorrenza del termine decadenziale assegnato all’amministrazione per l’esercizio del potere inibitorio. Solo alla scadenza di tale termine l’interesse legittimo si trasforma in un diritto soggettivo.

Inoltre i terzi pregiudicati dal provvedimento tacito abilitativo così formatosi possono impugnare quest’ultimo ovvero anche la stessa Dia.

15 A. TRAVI, Silenzio assenso, denuncia di inizio attività e tutela dei terzi contro interessati, in Dir.

proc. amm., Atti del Convegno biennale di diritto amministrativo dell’associazione dei giudici amministrativi tedeschi, italiani e francesi (25 ottobre 2001, Sirmione), Milano, Giuffrè, 2002, I, p. 26 e ss; G. PAGLIARI, Corso di diritto urbanistico, Milano, Giuffrè, 2002, p. 482 e ss.

16 G. ACQUARONE, La denuncia di nuova attività, Profili teorici, Milano, Giuffrè, 2000, p.

167 e ss; P. FALCONE e E. MELE, Certificato di abilità, in Urbanistica e appalti nella giurisprudenza, Torino, Utet, 2000, I, p. 462 e ss.

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Altro indirizzo giurisprudenziale prevalente qualifica la denuncia di inizio di attività come atto oggettivamente e soggettivamente privato, in quanto essa neppure a seguito del decorso del tempo assegnato all’amministrazione per la verifica della sussistenza dei presupposti stabiliti dalla legge acquisterebbe la forma e la sostanza di un provvedimento, ancorché implicito.

Di conseguenza l’atto stesso non è impugnabile innanzi al giudice amministrativo, difettando proprio l’esercizio di poteri pubblico.

Neppure era ipotizzabile l’esercizio del potere di autotutela, essendo, piuttosto, esperibile la procedura del silenzio-rifiuto, finalizzata a provocare l’esercizio del controllo da parte dell’amministrazione sull’attività iniziata a seguito di denuncia per esercitare non già i provvedimenti inibitori, bensì quelli ripristinatori e sanzionatori 18.

1.3 I casi eccezionali in cui la Dia non trova applicazione: la regolamentazione integrata dal D.p.r. n. 411/1994 e D.p.r. n. 486/1996

Alla normativa regolamentare, contrariamente a quanto previsto nel precedente impianto normativo, veniva ora demandato il compito di individuare i casi eccezionali in cui la Dia non poteva trovare applicazione. I regolamenti approvato con D.p.r. n. 411/94 e

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successivamente integrato dal D.p.r. n. 468/96 avevano sicuramente una portata innovativa e dai più definita come liberalizzante. Questa è rimasta invariata fino all’entrata in vigore del D.l. n. 35/05 che ha riscritto nuovamente l’art. 19 della Legge n. 241/90.

Per quanto attiene al D.p.r. 411/1994 sono indicate nella tabella A tutte le attività escluse dal regime ex art. 19.

Nell’ambito delle attività del Ministero dell'ambiente sono escluse la costruzione di un nuovo impianto, gli scarichi nelle acque del mare da parte di navi e aeromobili, la sperimentazione in deroga ai divieti e limitazioni del decreto legislativo.

Per quanto attiene il Ministero dei beni culturali e ambientali sono escluse le attività di organizzazione di mostre ed esposizioni nel territorio nazionale.

Mentre per quanto riguarda il Ministero degli affari esteri è esclusa la consultazione documenti dell'archivio storico diplomatico, l’esportazione, importazione e transito di materiali di armamento.

In merito alle attività della presidenza del Consiglio dei Ministri (Ministero del turismo e dello spettacolo) sono escluse le proiezione in pubblico di film e rappresentazione di lavori teatrali, l’agibilità delle sale teatrali, l’apertura sale cinematografiche, l’ammissione dei film alla programmazione obbligatoria, l’esercizio di parchi di divertimento

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Per il Ministero delle finanze sono escluse la cessione merci in temporanea importazione, la distruzione merci, la cessione merci in temporanea esportazione, la vendita prodotti allo stato estero e ai viaggiatori in uscita dallo stato, i concorsi a premio, l’uso di macchine bollatrici da parte dei contribuenti, l’esercizio di magazzini o recinti di temporanea custodia.

Escluse per il Ministero dell'industria, commercio e artigianato la temporanea disattivazione degli impianti di debenzolaggio, la detenzione delle scorte di combustibili in luoghi diversi dalla centrale, i permessi di ricerca, l’esercizio dell'attività assicurativa nei rami danni e vita, i permessi di prospezione o ricerca d’idrocarburi, la costruzione e esercizio di elettrodotti, l’autorizzazione alle imprese per autoproduzione di energia elettrica e autorizzazione per gruppi elettrogeni, l’abilitazione ad effettuare le operazioni di saggio dei metalli preziosi rilasciata ai laboratori delle Camere di commercio, l’apertura e trasferimento degli esercizi commerciali di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande sottoposti a contingente, l’esercizio di impianti di produzione e utilizzazione di energia nucleare e impianti di utilizzazione di minerali, materie grezze, materie fissili speciali, uranio arricchito e materie radioattive, le autorizzazioni speciali per impianti nucleari aventi scopi

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esclusivamente didattici a istituti scientifici, universitari e scolastici e le autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio di reattori di ricerca

Nell’ ambito dell’attività del Ministero del commercio con l'estero per temporanea importazione di merci in regime di perfezionamento attivo, temporanea esportazione di merci non comprese o non comprese nell'elenco previsto dalla L. 222/1992, D.p.r. 43/1973, la temporanea esportazione di prodotti ad alta tecnologia compresi nell'elenco e l’esportazione di prodotti ad alta tecnologia di cui all'elenco.

Per il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali escluse la produzione di sfarinati, pane e paste non conformi, il riconoscimento di frantoio oleario e variazione della titolarità della gestione dei frantoi oleari riconosciuti, la produzione e commercializzazione di materiali di propagazione, le licenze, autorizzazioni e nullaosta al commercio di specie animali e vegetali tutelate dalla convenzione di Washington, gli interventi, impianti e opere all'interno dei parchi nazionali del Circeo, dello Stelvio e della Calabria, l’uso di apparecchio turbosoffiante per la pesca di molluschi bivalvi da parte di navi da pesca, la pesca subacquea professionale senza limite massimo.

Per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è esclusa la fabbricazione di ponteggi metallici fissi.

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Per Ministero della sanità escluse l’immissione in commercio di medicinali per uso umano, l’importazione e produzione di medicinali, la distribuzione all'ingrosso di medicinali, la pubblicità presso il pubblico di specialità medicinali, presidi medico-chirurgici, mezzi di cura, acque minerali, l’emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, la produzione e commercio di prodotti destinati ad una alimentazione particolare, latte e dei derivati del latte, le autorizzazioni relative alle sostanze, l’importazione materiale seminale, la produzione, importazione, immissione in commercio e distribuzione dei medicinali veterinari compresi medicinali veterinari ad alta tecnologia e biotecnologia, le autorizzazione ai trapianti, l’uso diagnostico di apparecchiature a risonanza magnetica nucleare, le esportazioni e importazioni comunitarie di taluni prodotti chimici pericolosi, le importazioni da paesi terzi di animali vivi, carni e prodotti di origine animale e le importazione di prodotti biologici

Per il Ministero dei trasporti e della navigazione escluse per il trasporto merci pericolose, l’abilitazione al comando di navi, di imbarcazioni da diporto o alla condotta di motori delle imbarcazioni da diporto e il rilascio e duplicazione della patente di guida di veicoli

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Per il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica escluso per la ricerche di carattere applicativo presso laboratori esterni pubblici e privati

Ministero dell'interno escluse per la detenzione di armi da guerra, la produzione e commercio di mangimi, per brevetti aeronautici e nautici, per l’importazione e Esportazioni esplosivi riconosciuti e classificati, per la fabbricazione e detenzione uniformi militari, per le esportazioni e importazioni armi comuni da sparo, la raccolta, detenzione, fabbricazione di armi da guerra e di armi ad esse analoghe, di munizioni, di uniformi militari destinate all'armamento e all'equipaggiamento di forze armate nazionali o straniere

Per il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni è esclusa la distribuzione di programmi sonori e televisivi via cavo mono o pluricanale, trasmissione di programmi in contemporanea da parte di concessionario

Per il Ministero della sanità escluse l’esame del progetto, il collaudo e verifica straordinaria di ascensori e montacarichi installati in edifici in servizio privato al fine del rilascio di licenza di impianto e di quella di esercizio, le verifiche delle installazioni e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e degli impianti di messa a terra, le prime verifiche di idroestrattori a forza centrifuga, le verifiche di costruzione e

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rilascio omologazione per apparecchi a pressione di vapore e/o gas, le verifiche di omologazione di primo e nuovo impianto per depositi di gas liquefatto con capacità complessiva non superiore a 5 m(elevato al cubo), per il trasporto di gas compressi liquefatti e disciolti

Per il Ministero dei trasporti concessione escluse il rinnovo ed estensione delle licenze lavoro aereo e scuola di pilotaggio, la concessione di licenze trasporto aereo, le autorizzazioni attività charter vettori italiani in deroga vigenti disposizioni, l’effettuazione sorvolo zone vietate, le autorizzazione effettuazione scali su aeroporti militari, lancio paracadutisti, effettuazione e svolgimento manifestazioni aeronautiche, nulla osta manifestazioni e gare aeronautiche, lo svolgimento attività v.d.s. su zone vietate, la costituzione di ostacoli nelle zone sottoposte a vincolo in vicinanza degli aeroporti statali e di quelli privati aperti al traffico aereo civile, anche in mancanza di cartografia resa esecutiva, il rilascio, rinnovo, reintegrazione, convalida e conversione di licenze, attestati e abilitazioni aeronautiche.

Per il Ministero delle finanze escluse la costruzione di edificio in zona franca, lo svolgimento di attività' di contabilità di magazzino doganale in zona franca, la costruzione di edificio in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale, l’istituzione di depositi fiscali, la stampa dei documenti di accompagnamento dei beni viaggianti e delle

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ricevute fiscali, l’uso di sistema automatico centralizzato di distribuzione di biglietti gestito anche da soggetti diversi dagli organizzatori di spettacoli e l’utilizzazione del modello di apparecchio misuratore fiscale.

Per il Ministero dell'industria escluse la costruzione ed esercizio di impianti a scopo industriale e di ricerca scientifica contenenti importanti sorgenti radioattive o macchine radiogene di notevole potenza, per l’impiego di isotopi radioattivi per usi agricoli, industriali, diagnostici-terapeutici e sperimentali clinico-sanitari esercizio commerciale di categoria "b" di minerali, materie grezze e materie radioattive, il trasporto stradale, ferroviario, marittimo, aereo e per acque interne di materie radioattive e fissili speciali e la localizzazione e la costruzione ed esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica esercitati dall'Enel.

Con il D.p.r. 468/96 sono confermati i contenuti della tabella A del precedente D.p.r..

Appare utile riportare le modifiche che la legge n. 340/200019 ha

apportato all’intero istituto inserendo nella legge n. 241 quattro nuovi articoli, dal 14 al 14 quater. Con l’articolo 14 ha disciplinato nuovamente i casi di ricorso alla conferenza, con l’articolo 14 bis ha previsto lo svolgimento di una conferenza «preliminare» per progetti di opere di particolare complessità, con l’articolo 14 ter ha regolato il procedimento

19 G. PASTORI, Dalla legge n. 241 alle proposte di nuove norme generali sull’attività amministrativa,

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di effettuazione della conferenza, infine con l’articolo 14 quater le modalità di decisione in caso di dissensi espressi dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza. Ha sancito in linea generale la regola per cui in mancanza di accordo unanime l’amministrazione procedente può assumere la determinazione conclusiva sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in conferenza, salvo in caso di dissenso qualificato, ossia in caso di dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela dell’ambiente, paesaggistico territoriale, del patrimonio storico-artistico e alla tutela della salute. In tal caso la legge ha mantenuto la diversa regola per cui la decisione conclusiva spetta al Consiglio dei ministri quando l’amministrazione procedente o dissenziente sia un’amministrazione statale, ovvero agli organi collegiali esecutivi di vertice degli altri enti territoriali nelle altre ipotesi. All’articolo 14 quater è previsto che se il dissenso è espresso da una Regione il Consiglio dei ministri deve essere integrato con la presenza del presidente della Regione stessa.

2. Legge n. 15/2005: Modifiche e integrazione alla Legge n. 241/90

Le modifiche che la legge n. 15 del 2005 ha apportato alla regolazione del procedimento amministrativo sono di estrema importanza. Consentono,

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cioè, di ridisegnare il procedimento amministrativo secondo le risultanze dell’evoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni, adeguandolo al diritto vivente e, soprattutto, ai principi che promanano dal diritto comunitario.

In linea generale, è possibile raggruppare le modifiche in quattro grandi categorie 20.

La prima riguarda i princìpi generali del procedimento amministrativo, la seconda una serie di interessanti modifiche alla disciplina del procedimento amministrativo ed alla sua conclusione21, la

terza l’introduzione di un capo IV bis che regolamenta i procedimenti di secondo grado ed infine la quarta una nuova e più completa disciplina del diritto d’accesso.

Prima di affrontare nello specifico il discorso sulla disciplina dei principi generali dell’ordinamento è necessario però spendere alcune parole sull’ambito di applicazione della legge, così come introdotto e disciplinato dall’articolo 29 della stessa. Si deve infatti ritenere che questa vincoli anche l’operato delle Regioni e degli Enti locali che, nei rispettivi ambiti di autonomia regolamentare loro riconosciuta, decidano di disciplinare alcuni procedimenti amministrativi o l’insieme di questi per le comunità da loro amministrate.

20 L. ZANETTI, Riscrittura della legge n. 241/1990 e disciplina amministrativa dei beni culturali,

in Aedon quadrimestrale diretto da M. Cammelli, Bologna, Riv. Amministrare, III, 2005, p. 1-9.

21 Si pensi alle modifiche introdotte alla disciplina della conferenza di servizi, al cd

“preavviso di rigetto contenuto nell’art. 10 bis, nonché alle disposizioni sul silenzio inadempimento.

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Benché, infatti, la riforma del Titolo V della Costituzione non abbia ascritto i principi generali del procedimento amministrativo tra quelle materie di competenza esclusiva del legislatore statale si può sostenere che i limiti previsti dall’ordinamento comunitario e l’obbligo gravante sul legislatore regionale e sugli Enti locali di garantire i livelli essenziali delle prestazione, consentano di dare risposta positiva alla questione. Sarà quindi possibile offrire e predisporre livelli ulteriori di tutela, ma non prescindere da quei principi che mutuano dall’articolo 1 della legge n. 241. Molti dei principi comunitari sono stati in realtà già recepiti dalla giurisprudenza e non costituiscono dunque una grande novità22.

Tornando al primo profilo di modifiche sui principi generali del procedimento, risulta fondamentale lo studio del principio di trasparenza. Si tratta in realtà di un principio già pacificamente

riconosciuto nell’ordinamento, in ragione sia dell’attività

giurisprudenziale italiana e comunitaria sia dell’applicazione della disciplina sull’accesso, di cui costituisce un punto fermo.

Il principio comporta fondamentalmente la piena conoscibilità esterna del procedimento amministrativo, legandosi pertanto a tutte le ipotesi nelle quali si chiede la partecipazione dei soggetti ed obbligando

22 Del resto, già il comma 8, lettera c, della legge n. 59 del 1997 prevedeva la soppressione

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l’amministrazione a comunicare l’avvio del procedimento o a motivare le ragioni che sono alla base del provvedimento stesso.

Tra i principi maggiormente innovativi il principio di proporzionalità, il cui impianto contenutistico è già presente nel nostro ordinamento in ragione del riconoscimento del principio di ragionevolezza, che impone all’amministrazione di valutare la ragionevolezza della compressione della sfera giuridica del singolo, ma che, nella sua veste comunitaria, assume una nuova e più penetrante applicazione. In particolare, vincola le amministrazioni a non comprimere la sfera giuridica dei privati se non in presenza di giusti motivi.

Risulta interessante l’introduzione del principio di precauzione, che costituisce una significativa novità per il nostro ordinamento. Detto principio, che trova origine nei procedimenti comunitari posti a tutela dell’ambiente, consente all’amministrazione procedente di adottare provvedimenti laddove vi sia il rischio di una lesione ad un interesse tutelato, anche in mancanza di un rischio concreto.

In un secondo momento la stessa amministrazione dovrà accertare la sussistenza dei presupposti in virtù dei quali ha agito e confermare il proprio provvedimento o, al contrario, interromperne la produzione degli effetti.

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Ultimo, ma non meno importante, è il principio del legittimo affidamento. In buona sostanza, per il suo tramite si tutela il legittimo affidamento di un privato nei confronti di un atto posto in essere dall’amministrazione, obbligando quest’ultima ad indennizzarlo qualora decidesse di ritirare l’atto dall’ordinamento e, di conseguenza, produrre un effetto sfavorevole sulla sfera giuridica del privato. L’ipotesi dell’indennizzo viene contemplata espressamente dal nuovo articolo 11, qualora l’amministrazione intenda recedere da un accordo precedentemente concluso in assenza di una causa adducibile al privato, e dall’articolo 21 quinquies, in tema di revoca, che prevede anch’esso l’indennizzabilità nel caso di lesione dei c.d. vested rights 23.

Queste considerazioni si estendono alle ipotesi in cui sia un privato ad essere preposto all’esercizio di un’attività di pubblico interesse24.

Fondamentalmente la norma opera un’inversione di tendenza rispetto all’orientamento interpretativo tradizionale di considerare l’attività pubblicistica come uno strumento di tutela dei terzi in quanto

23 V. CERULLI IRELLI, Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell’azione

amministrativa, Un primo commento alla legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante “modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, in Astrid Rassegna, IV, 2005, p. 25 e ss: “forti limitazioni sussistono alla rimozione (da intendersi comprensiva anche della revoca ex nunc) di precedenti provvedimenti che hanno costituito in capo a terzi situazioni di vantaggio (vested rights)”.

24 Nella disposizione contenuta nel comma 1 bis si prevede che la pubblica

amministrazione, al di fuori delle ipotesi in cui agisca autoritativamente e dei casi espressamente menzionati dal legislatore, sia vincolata da norme di diritto privato.

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unica in grado di assicurare il rispetto degli opportuni vincoli di imparzialità e ragionevolezza necessari.

L’ipotesi concreta nella quale la disposizione opera è il caso in cui essa intrattenga rapporti negoziali volti alla realizzazione di un’opera, ex articolo 12, inerente l’obbligo di predeterminazione qualitativa e quantitativa nella concessione di sovvenzioni ad altri soggetti istituzionali, ovvero nella circostanza in cui, con il consenso del destinatario del provvedimento, si sostituiscano gli effetti dell’atto con un negozio25.

Come previsto all’art. 6 26 L. 241/1990, l'organo competente per

l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale. La norma da un lato, richiede la stesura di una relazione istruttoria conclusiva per l'assunzione del provvedimento27, dall'altro lato, stabilisce un obbligo di motivazione a

25 Uno degli esempi più frequentemente riportati in tal senso è quello del soggetto

interessato da un provvedimento di espropriazione. L’amministrazione procedente può, se questo è consenziente, concludere un accordo contrattuale anziché procedere amministrativamente. Ciò, con due vantaggi quali una maggiore celerità nell’acquisizione del terreno e, per il soggetto, un importo maggiore di quello a cui avrebbe avuto diritto in caso di espropriazione.

26 Ex art 6 comma 1, lett. E della legge 241/1990 modificata dalla l. 15/2005.

27 V. CERULLI IRELLI, Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell'azione

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carattere rinforzato per l'ipotesi in cui il provvedimento si discosti dalla relazione.

Per quanto attiene al quarto profilo28 risultano applicabili al settore

dei beni culturali tutti e tre i principali blocchi di disposizioni in argomento. Si tratta innanzitutto del perfezionamento della disciplina sulla comunicazione di avvio, mediante l'indicazione del dies a quo29, del

dies ad quem, e dei rimedi esperibili in caso di ritardo dell'amministrazione30. Viene inoltre in rilievo l'introduzione della

comunicazione preventiva dei motivi di diniego, nei procedimenti ad istanza di parte31.

Le disposizioni della legge 241 sono applicabili alla conferenza dei servizi perché la considerano espressamente. L'ultima versione della normativa trasversale32 si applica anche ai procedimenti in materia di beni

culturali e di tutela degli stessi, venendo a integrare le lacune e soprattutto a prevalere sulle difformità eventualmente ravvisabili nella disciplina di settore.

Vi è poi un'importante regola transitoria, secondo cui, fino all'adeguamento della legislazione regionale alla nuova disciplina, i procedimenti amministrativi sono regolati dalle leggi regionali vigenti. In

28 Relativo alla disciplina del diritto d’accesso.

29 Stabilendosi in particolare che, nei procedimenti a iniziativa di parte, la comunicazione

debba precisare la data di presentazione dell'istanza.

30 Art. 8, comma 2, lett. c bis e c ter, l. 241/1990, aggiunte dalla l. 15/2005. 31 Art. 10 bis della legge n. 241/1990, aggiunto dalla legge n. 15/2005. 32 Artt. 14 e ss della legge 241/1990, modificati dalla legge n. 15/2005.

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mancanza di queste ultime la nuova legge 241 trova diretta applicazione33. La legge intende rendere vincolanti per la normazione

regionale e locale solamente i suoi principi, qualora risultino espressivi di garanzie del cittadino riconducibili al sistema costituzionale34.

Sarà in sede d’interpretazione che si potrà e dovrà declinare la capacità di incidenza della legge 241 in modo diverso a seconda della materia specificamente considerata. La "nuova" legge 241 riconosce espressamente alle regioni e agli enti locali la competenza a normare i procedimenti, seppur nel rispetto dei veri o presunti vincoli di cui si è detto. Ciò forse sembra scontato per le regioni, ma lo è assai meno per gli enti locali che fin qui non avevano visto emergere questa tendenza a livello di disciplina fondamentale dell'attività amministrativa.

In merito all'ordinamento regionale, l'applicazione della nuova legge 241 appare sostanzialmente rinviata sine die, essendo subordinata all'emanazione di nuove leggi regionali e non avendosi un termine per tale legiferazione. Mentre in merito all'ordinamento locale, invece, l'applicabilità non incontra ostacoli siffatti.

Per quanto riguarda il sistema regionale, la disciplina transitoria viene riferita ai procedimenti non già svolti bensì regolati dalla regione.

33 Art. 22 della legge n. 15/2005.

34 Anche con specifico riguardo all'art. 97 della Costituzione, come rileva A. CELOTTO,

Il nuovo art. 29 della l. n. 241 del 1990: norma utile, inutile o pericolosa?, in Giustizia amministrativa, VI, 2005, p. 470 e ss.

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Per le funzioni di tutela dei beni culturali il cui esercizio viene conferito dallo Stato alle regioni sembra aprirsi un certo spazio per la normativa regionale sotto il profilo delle norme di dettaglio.

3. La “Dichiarazione di inizio attività” (Legge n. 80/2005)

L’enorme numero delle esclusioni e le difficoltà a individuare in via interpretativa gli atti di assenso sostituiti impediva tuttavia di assoggettare alla nuova disciplina procedimenti di rilievo, spingendo il legislatore ad intervenire nuovamente. Il legislatore prevede, da un lato, il modello della Dia in alcune discipline di settore e, dall’altro, modifica nuovamente l’articolo 19 della legge n. 241/1990 con l’art. 3, comma 1, del D.l. n. 35/2005 convertito in legge n. 80/2005.

Si ha l’impressione che mentre con la legge n. 15 il legislatore si sia effettivamente mosso con l’intento di procedere a completamento organico e sistematico della legge del 1990 allo scopo di tracciare un primo abbozzo di codificazione del diritto amministrativo sostanziale, con il legge n. 80 il legislatore sia stato mosso da uno scopo diverso, per cui le modifiche apportate agli artt. 19 e 20 si collocano solo in via mediata nel disegno generale di riforma della legge sul procedimento.

Il legislatore si muove in realtà in una logica del tutto originale e poco coerente, privilegiando esigenze contingenti e senza darsi carico di

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procedere ad una rivisitazione ordinamentale dell’istituto e ad una sua collocazione sistematica. Questo ha comportato, proprio sul piano istituzionale, l’acuirsi delle problematiche e delle perplessità, segnalate in precedenza, anche per le difficoltà di armonizzare la vecchia e la nuova disciplina35. Del resto neppure può considerarsi una semplice

modificazione formale il mutamento di denominazione dell’istituto da denuncia a dichiarazione di inizio di attività, perché anch’essa sottende in realtà un determinato e diverso atteggiarsi dei rapporti tra pubblica amministrazione e privati.

La dichiarazione d’inizio di attività non abilita all’immediato esercizio dell’attività, che può essere avviata soltanto quando sia decorso lo spazio temporale minimo fissato dalla legge in trenta giorni. E’ stata così introdotta una procedura di presentazione della Dia articolata in due autonome fasi. La prima, imperniata sulla presentazione della dichiarazione e sul decorso di un primo termine dilatorio di trenta giorni, la seconda, caratterizzata dalla comunicazione dell’inizio di attività e da un secondo termine di trenta giorni, accordato all’amministrazione per l’esercizio del potere inibitorio dell’attività intrapresa.

35 P. MARZARO GAMBA, La nuova disciplina della dichiarazione di inizio di attività, in

Giustizia amministrativa, Atti del Convegno su la nuova legge 241 del 1990 e la sua tutela giurisdizionale (30 giugno 2005, Brescia), VII, 2005, p. 86 e ss.

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La previsione di questo secondo adempimento induce a escludere che il controllo dell’amministrazione possa svolgersi quando l’attività non sia ancora effettivamente iniziata.

Nel corso del primo termine di trenta giorni il controllo svolto dall’amministrazione è di natura formale, poiché riguarda la documentazione prodotta a sostegno della dichiarazione di inizio di attività, con conseguente obbligo di rilevare immediatamente quelle ragioni ostative all’esercizio dell’attività che emergano immediatamente dalla predetta documentazione. Mentre il controllo previsto nel secondo periodo di trenta giorni investe l’esercizio dell’attività in sé, tant’è che i provvedimenti che possono essere adottati riguardano la prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti.

L’intenzione del legislatore sembra essere quella di farne uno strumento, che, attraverso la semplificazione amministrativa, faciliti lo sviluppo delle attività economiche private, con conseguente necessità di certezza ed effettività delle situazioni relative giuridiche.

Il decorso del secondo termine determina il completamento della fattispecie a formazione progressiva, così che è interesse del privato presentare la comunicazione d’inizio di attività per poter esercitare l’attività economica, fermo restando che un eventuale ingiustificato

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ritardo nella presentazione della comunicazione non inibisce in alcun modo i poteri repressivi ed inibitori dell’amministrazione.36.

Coerentemente con la sua funzione, il termine entro il quale il potere di controllo in questione può essere esercitato è perentorio, come del resto si ricava anche dalla nuova dell’articolo 19. Detto potere può essere esercitato esclusivamente in caso di accertata mancanza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti e lo spirare del secondo termine ne determina la sua definitiva consumazione e ne esclude l’ulteriore esercizio anche nell’ipotesi in cui successivamente l’amministrazione accertasse la originaria carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti. Tale previsione costituisce contemporaneamente una misura a tutela dell’affidamento ingenerato nel cittadino dal comportamento tenuto dall’amministrazione e uno stimolo per quest’ultima al corretto e tempestivo esercizio del potere attribuito37.

Tale potere ha due distinti caratteri, potendo avere un contenuto inibitorio, consistente nell’ordine al privato di cessare l’attività di impresa e di rimuoverne gli effetti; ovvero un contenuto confermativo,

36 Ricapitolando il termine per l’esercizio di tale potere è di sessanta giorni, se la

comunicazione d’inizio di attività è fatta immediatamente alla scadenza dei primi trenta giorni, ovvero di sessanta giorni più i giorni di intervallo, tra la scadenza dei primi trenta giorni e la comunicazione di inizio attività, oltre l’eventuale proroga nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi.

37 Si tratta di un potere di controllo sfavorevole al cittadino, mitigato dal breve lasso di

tempo in cui può essere esercitato. In tale prospettiva potrebbe ancora una volta rilevarsi l’atteggiamento vago e contraddittorio del legislatore per il quale il riconoscimento della “fiducia” al cittadino ed il pieno riconoscimento della auto - responsabilità di quest’ultimo rappresenta ancora una “concessione” e non già la presa d’atto di una situazione di fatto.

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consistente nell’ordine rivolto al privato, in caso di rilevate difformità sanabili, di adeguare l’attività38 stessa alle prescrizioni39.

Anche decorso del termine di trenta giorni40 previsto per la verifica

dei presupposti e requisiti di legge, l’amministrazione non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatori, né nel senso di poteri espressione dell’esercizio di un’attività di secondo grado estrinsecantesi nell’annullamento d’ufficio e nella revoca. Ha, però un unico limite, poiché deve essere opportunamente coordinato con il principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell’attività amministrativa41.

Quanto al secondo termine42, è fatto salvo il potere dell’amministrazione

38 Fermo restando il più generale obbligo di motivazione dei provvedimenti

amministrativi, è stato posto il problema della necessità di motivare l’esercizio del potere in relazione quanto meno alla sussistenza dell’interesse pubblico attuale. La problematica può tuttavia considerarsi mal posta se si tiene conto dell’ambito vincolato dell’accertamento rimesso all’amministrazione e del fatto che la mancanza dei requisiti legittimanti (indicati dalla legge o da atti amministrativi generali) impedisce addirittura la realizzazione della fattispecie sostituiva dell’atto di consenso, così che potrebbe addirittura affermare che l’interesse pubblico all’emanazione dei provvedimenti di cui all’articolo 19, comma 3, è in re ipsa; a diverse conclusioni deve invece giungersi per quanto riguarda gli altri atti (pur essi sostanzialmente di controllo, ma di natura sanzionatori) di cui si dirà in seguito, emessi nell’esercizio del potere di “autotutela”.

39 E’ da considerarsi rientrare nel generale potere di controllo, in particolare di quello di

verifica ed inibitorio, quello, previsto dalla seconda parte del comma 1 dell’articolo 19, che consente all’amministrazione competente di richiedere all’interessato informazioni e certificazioni relativi a fatti, stati o qualità qualora non siano stati attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.

40 Ex art. 23, TU 6 giugno 2001, n. 380.

41 C.d.S., sez. IV, 25 novembre 2008, n. 5811, in Red. Amm. CDS, 2008, p.12.. Benché la

fattispecie riguardasse una dichiarazione certificata edilizia, le motivazioni possono essere utilizzate anche per la Dichiarazione certificata generale. Deve porsi l’accento su come il potere di vigilanza, controllo e sanzionatorio siano collocati nell’ambito del più generale potere di autotutela, in senso lato.

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competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21 quinquies e 21 nonies 43. Una simile ricostruzione oltre ad essere

inconciliabile con la natura privatistica della dichiarazione, sovrapporrebbe ingiustificatamente l’istituto in questione con il silenzio-assenso, disciplinato dall’articolo 20 44. Oltretutto la revoca ed

l’annullamento di ufficio sono provvedimenti di secondo grado, connotati da un ampio margine di discrezionalità e incompatibili con la natura vincolata non solo del potere amministrativo sostituito dalla Dia, ma anche con il relativo potere di controllo45.

Non è mancato chi 46 ha sostenuto che il ricorso all’annullamento

d’ufficio e alla revoca dovrebbe considerarsi limitato alle sole ipotesi in cui il potere sia stato già esercitato una volta entro il termine attraverso l’adozione di provvedimenti tipici di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti. In realtà proprio le difficoltà ricostruttive dell’autotutela prevista nell’articolo 19 dimostrano che per coglierne l’effettiva portata non può farsi riferimento alla sua accezione tradizionale, dovendo ammettersi che è da intendersi come permanenza

43 A. MORBIDELLI, In tema di dia vecchia e dia nuova (spunti tratti da Cons. St., Sez. IV, 22

luglio 2005, n. 3016), in Giustizia amministrativa, X, 2005, p. 322 e ss.

44 A. MORBIDELLI, ivi, p. 325 e ss, sulle problematiche connesse all’individuazione del

provvedimento da impugnare e sulla natura vincolata del potere dell’amministrazione.

46 F. LIGUORI, Note su diritto privato, atti non autoritativi e nuova denuncia di inizio di attività, in

Giustizia amministrativa, Atti del Convegno su l’attività di trasformazione del territorio di chiusura del Convegno, il diritto urbanistico in 50 anni di giurisprudenza della Corte Costituzionale organizzato dall’Associazione Italia di Diritto Urbanistico (13 maggio 2006, Seconda Università degli Studi di Napoli), VI, 2006, p. 97 e ss.

Riferimenti

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