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III. Il Rating nel contesto europeo II. Il rating nella crisi finanziaria del 2008 I. Il prodotto rating INDICE

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INDICE

I. Il prodotto rating

...5

A. PROFILI STORICO-EVOLUTIVI DEL RATING...5

1. Introduzione...5

2. Le CRAs...7

3. Il concetto di default nel contesto del rating...10

4. Gli indici del rating...11

5. Inquadramento storico e sviluppo delle CRAs...14

6. La funzione del rating...17

7. I modelli di business...21

8. Conflitto di interessi e modello issuer-paid: il caso Parmalat s.p.a...23

9. Struttura proprietaria delle agenzie di rating e possibili conflitti di interesse. ...28

10. Il processo di attribuzione del rating nel modello issuer-paid...31

11. Gli unsolicited ratings...32

12. Trigger clauses...35

13. Introduzione della categoria NRSRO...36

14. Lo status di NRSRO, un Government-sponsored cartel...38

15. Le avvisaglie di un'impellente crisi globale. ...40

16. Tentativi di regolamentazione del rating negli USA...43

B. LE GRANDI RIFORME ...44

1. La prima vera regolamentazione: il CRARA...44

2. L'application. ...47

3. La disciplina dei conflitti di interesse nel CRARA...49

4. Il potere sanzionatorio della SEC ed il Code of Conduct IOSCO. ...51

5. Alcune riflessioni sul modello di mercato introdotto con il CRARA...52

II. Il rating nella crisi finanziaria del 2008

...54

1. Introduzione...54

2. Sviluppo storico della crisi e cause esogene. Dal modello OTH all'OTD...54

3. Conseguenze sistemiche dell'adozione del modello OTD...57

4. La strutturazione dei mutui “ad alto rischio”...61

5. La procedura di cartolarizzazione...64

6. Il ruolo dalle agenzie di rating nella crisi subprime...68

7. Errori delle agenzie nella valutazione dei prodotti derivati...71

8. Finanza strutturata e conflitti di interesse. ...74

9. Tentativi di arginare la crisi subprime...77

III. Il Rating nel contesto europeo

...83

1. Ricostruzione storico-evolutiva del rating in Europa...83

2. La normativa sovranazionale. La Direttiva CRD e l'Accordo Basilea 2...84

3. L'accordo Basilea 3...87

(2)

5. La normativa europea: il Regolamento n. 1060 del 2009...90

6. Il procedimento di registrazione delle agenzie ex Regolamento CE n. 1060/2009. ...92

7. I requisiti dell'application...94

8. La gestione dei conflitti di interesse delle agenzie nella regolazione europea...96

8.1. I criteri organizzativi. ...96

8.2. I criteri operativi...97

9. Ulteriori regole preventive dei conflitti di interesse...99

10. Parallelismi tra la normativa europea e quella statunitense...100

11. L'apparato sanzionatorio previsto dal Regolamento CE n. 1060...101

12. La vigilanza condivisa. Il modello ESFS...102

13. Cambiamento di paradigma. Passaggio al modello di vigilanza diretta...103

14. L'apparato sanzionatorio introdotto dal Regolamento n. 513 del 2011...105

15. Rapporti tra l'ESMA e le Autorità nazionali competenti...107

IV. Rating: opinione giornalistica?

...108

1. “The world's shortest editorial”...108

2. Confronto tra l'attività delle agenzie di rating e dei giornalisti economici...110

3. La responsabilità civile dei giornalisti finanziari...113

4. Danno non patrimoniale da denigrazione finanziaria...118

V. Rating e deriva patologica

...120

1. Differenze tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. ...121

2. Responsabilità contrattuale dell'agenzia per rating inesatti...122

3. Contenuto del regolamento contrattuale ed eventuali clausole di esonero o limitazione della responsabilità. ...125

4. Il concorso colposo del creditore ex art. 1227 c.c...127

5. Titoli acquistati con l'interposizione di un intermediario professionale. Eventuali profili di responsabilità...128

6. La responsabilità dell'agenzia per unsolicited rating...130

7. La denigrazione finanziaria. ...132

8. Prova del nesso di causalità...134

9. L'esperienza statunitense...136

9.1. La giurisprudenza statunitense...136

9.1.1. Caso Compuware Corporation v. Moody’s Investors Service...137

9.1.2. Caso Jefferson County School District No. R-1 vs Moody’s Investor’s Services...137

9.1.3. Caso County of Orange vs Mc Graw - Hill Companies...139

9.1.4. Caso In re Ficth, Inc., Docket...140

9.1.5. Caso Mallinckrodt vs Goldman Sach...140

9.1.6. Caso Commercial Financial Services vs Arthur Andersen...141

10. Il sistema previgente al Dodd-Frank Act ed impunità delle agenzie...141

11. Ragioni alla base dell'impunità dei rater...142

11.1. Mancanza di una fiduciary relationship...142

11.2. Il rating come espressione della freedom of speech...143

12. Novità legislative introdotte dal Dodd-Frank Act...145

13. Approvazione del Dodd-frank Act. Assottigliamento dell'impunità. ...146

(3)

15. Tentativo di superamento della protezione concessa dal Primo Emendamento

USA...150

16. La class action. ...152

17. La responsabilità delle agenzie di rating verso gli investitori. L'esperienza europea. ...154

18. La responsabilità delle agenzie di rating in Italia. ...155

18.1. L'eccezione: la sentenza n.835 del 2012 del Tribunale di Roma...157

19. La responsabilità per diffusione di informazioni inesatte...158

20. La class action nell'ordinamento italiano. ...160

21. La responsabilità delle agenzie verso gli investitori. Due modelli...161

21.1. Investitori che hanno sottoscritto un contratto di abbonamento con l'agenzia. ...161

21.2. Responsabilità extracontrattuale dell'agenzia...161

21.2.1. Bilanciamento degli interessi contrapposti delle parti...162

21.2.2. Prova del nesso di causalità...165

21.2.3. Prova del nesso di causalità e tipologia di investitore...167

21.2.4. La prova dell'elemento soggettivo in capo all'agenzia. Dolo o colpa...168

21.2.5. Valutazione della negligenza da un punto di vista economico...174

21.2.6. Validità delle clausole di esonero o limitazione della responsabilità aquiliana...176

21.2.7. Criteri per la determinazione del quantum del risarcimento dovuto dall'agenzia. ...176

22. La responsabilità da ritardo nella revisione. ...177

23. Una diversa ricostruzione della responsabilità delle agenzie: la responsabilità da “contatto sociale” o responsabilità contrattuale da affidamento...178

24. La responsabilità da “contatto sociale” nella giurisprudenza italiana. ...182

25. La responsabilità per attività pericolosa...183

26. Il concorso causale alla produzione del danno...185

(4)
(5)

C

APITOLO

P

RIMO

IL PRODOTTO RATING

SOMMARIO: A. PROFILI STORICO-EVOLUTIVI DEL RATING. - 1. Introduzione. - 2. Le CRAs. - 3. Il concetto di default nel contesto del rating. - 4. Gli indici del rating. - 5. Inquadramento storico e sviluppo delle CRAs. - 6. La funzione del rating. - 7. I modelli di business. - 8. Conflitto di interessi e modello

issuer-paid: il caso Parmalat s.p.a. - 9. Struttura proprietaria delle agenzie di rating e possibili conflitti di interesse.

- 10. Il processo di attribuzione del rating nel modello issuer-paid. - 11. Gli unsolicited ratings. - 12. Trigger

clauses. - 13. Introduzione della categoria NRSRO. - 14. Lo status di NRSRO, un Government-sponsored cartel. - 15. Le avvisaglie di un'impellente crisi globale. - 16. Tentativi di regolamentazione del rating negli

USA. - B. LE GRANDI RIFORME. - 1. La prima vera regolamentazione: il CRARA. 2. L'application. -3. La disciplina dei conflitti di interesse nel CRARA. - 4. Il potere sanzionatorio della SEC e il Code of

Conduct IOSCO. - 5. Alcune riflessioni sul modello di mercato introdotto con il CRARA.

A. PROFILI STORICO-EVOLUTIVI DEL RATING

1. Introduzione.

Una importante definizione normativa del giudizio di rating si trova nel Regolamento CE 1060 del 2009 all'art. 3 comma 1, lett. a), che definisce il rating del credito: [come] “Un parere relativo del merito creditizio di un’entità, di un’obbligazione di debito o finanziaria, di titoli di debito, di azioni privilegiate o di altri strumenti finanziari, o di un emittente di un debito, di un’obbligazione di debito o finanziaria, di titoli di debito, di azioni privilegiate o altri strumenti finanziari, emessi utilizzando un sistema di classificazione in categorie di rating stabilito e definito”.

(6)

L'agenzia Standard & Poor's definisce il rating come un'opinione sul merito di credito complessivo del debitore emittente (issuer rating), o sul merito di credito del debitore con riferimento ad una particolare obbligazione finanziaria, valutato sula base di una serie di fattori di rischio rilevanti (issue rating).1

Per rating, quindi, si intende un giudizio sintetico2 e facilmente comprensibile riguardo al

rischio di credito di un emittente, in tal caso si parla di issuer rating, ovvero un giudizio sul grado di probabilità del regolare pagamento degli interessi e del capitale da parte dell'emittente di un determinato prestito obbligazionario, il c.d. issue rating3. Invero,

specialmente negli Stati Uniti l’ambito di applicazione dei giudizi delle agenzie di rating ha registrato, una grande espansione arrivando ad includere gli strumenti finanziari derivati, la capacità delle imprese di assicurazione di far fronte ai propri impegni nei confronti degli assicurati, la volatilità del prezzo delle quote di mutual funds, le mortgage-backed securities e persino la stabilità finanziaria dei paesi esteri4.

Il rating valuta la probabilità di fallimento di un certo emittente o rispetto ai suoi obblighi finanziari in generale o rispetto a un determinato debito o titolo.5 Rectius, il rating consiste

nell'esprimere una valutazione prognostica, riferita ad un evento futuro, riguardante il livello di rischiosità di un investimento obbligazionario in relazione al grado di probabilità che, alla scadenza del rapporto, l'emittente, che può essere sia un'entità privata che pubblica, in quanto le agenzie di rating possono esprimere valutazioni anche sui debiti sovrani, adempia esattamente alle proprie obbligazioni, corrispondendo al creditore quanto dovutogli per capitale e interessi (issue rating).6 Il limite del rating sta nel fatto che tale

giudizio non fornisce una misura assoluta del rischio di default ma solamente relativa7.

Occorre, preliminarmente, accennare cosa non rappresenta un giudizio di rating: non è una raccomandazione a sottoscrivere, acquistare o vendere certi strumenti finanziari8, non

incarna nemmeno una valutazione di convenienza dell'investimento, in quanto il giudizio di rating valuta solo il rischio di credito, che è solo uno dei plurimi rischi insiti in un

1 Www.standard&poor's.com

2 G. ALPA, La responsabilità civile delle agenzie di rating. Alcuni rilievi sistematici, in Rivista Trimestrale

di Diritto dell'Economia, 2013, pag. 78

3 G. PRESTI, Le agenzie di rating: dalla protezione alla regolazione, in I nuovi equilibri mondiali:

imprese,banche, risparmiatori, Giuffrè, 2009, pag. 75 e ss

4 L. PICARDI, Il rating tra crisi e riforma dei mercati finanziari, in Rivista di diritto civile, 2009, pag. 714 5 G. FACCI, Le agenzie di rating e la responsabilità per informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 2008,

pag. 164 e ss

6 P. SANNA, La responsabilità civile delle agenzie di rating nei confronti degli investitori, Edizioni

Scientifiche Italiane, 2011, pag. 28

7 FERRI e LACITIGNOLA, Le agenzie di rating, il Mulino, 2014, pag. 49

8 G. ALPA, La responsabilità civile delle agenzie di rating. Alcuni rilievi sistematici, in Rivista Trimestrale

(7)

investimento finanziario (tra gli altri rientra, ad esempio, il rischio di cambio), mentre non valuta il rendimento che l'investimento può offrire. In questo senso le agenzie di rating ribadiscono che le proprie valutazioni non forniscono né la certificazione dell’affidabilità di un dato strumento od obbligazione finanziaria in termini di investimento, né un commento sull’adeguatezza del prezzo di mercato degli stessi9. Pertanto il rating non ha le

caratteristiche di una certificazione contabile e non deve essere confuso con un giudizio fornito da un revisore legale dei conti o di un analista finanziario10. In questa direzione si

pone anche il ventesimo considerando al Regolamento CE 1060 del 2009 che dispone: ”La ricerca e le raccomandazioni in materia di investimenti ed altri eventuali pareri in merito al valore o al prezzo di uno strumento finanziario o di un’obbligazione finanziaria non dovrebbero essere considerati rating del credito”.

2. Le CRAs.

I giudizi di rating sono emessi da soggetti professionali e altamente specializzati, quali le agenzie di rating (o CRAs Credit rating agencies). La definizione normativa delle agenzie si ritrova nel Regolamento CE 1060 del 2009, all'art. 3 comma 1 lettera b), ove vengono identificate le società di rating del credito come “Persone giuridiche la cui attività include l'emissione di rating del credito a livello professionale”, richiamando espressamente ad una professionalità delle agenzie nell'attività valutativa. Più precisamente le agenzie sono soggetti di diritto privato la cui funzione precipua si ritrova nel classamento del merito del credito di certi strumenti finanziari e anche dei rispettivi emittenti.11 Tali soggetti emanano

il giudizio esternandolo tramite una scala alfanumerica predeterminata, strutturata e con andamento decrescente che distingue i titoli nelle categorie di investment grade (in cui rientrano i titoli con un giudizio più elevato, titoli che sono associati ad un basso rischio di default dell'emittente, con conseguente buona possibilità di ripagare alla scadenza il capitale e l'interesse da parte dell'emittente), in cui rientrano i titoli valutati con le notches da AAA, che rappresenta il massimo rating ottenibile, fino a BBB (per Moody's Baa), e in titoli rientranti nella categoria speculative grade, in cui rientrano i titoli con un giudizio di

9 L. PICARDI, Il rating tra crisi e riforma dei mercati finanziari, in Rivista di diritto civile, 2009, pag. 716 10 G. PRESTI, Take the “AAA”train: note introduttive sul rating, in Analisi Giuridica dell'Economia, 2012,

pag. 253; A. FUSARO, Rating finanziario e responsabilità nei confronti dell'emittente, in Contratto e

impresa, 2012, pag. 180; L. PICARDI, Il rating tra crisi e riforma dei mercati finanziari, in Rivista di

diritto civile, 2009, pag. 716 che sottolinea la differenza dei compiti tra le agenzie e gli analisti finanziari.

11 P. SANNA, La responsabilità civile delle agenzie di rating nei confronti degli investitori, Edizioni

(8)

rating basso a cui è associato un più alto rischio di default (corrispondente all'insolvenza) dell'emittente. Il Regolamento CE 1060 all'art. 3 comma 1 lettera h) definisce le categorie di rating “Un simbolo, ad esempio una lettera o un simbolo numerico che potrebbe essere integrato da caratteri identificativi, utilizzato nell’ambito di un rating per fornire una misura del rischio relativo, al fine di distinguere le diverse categorie di rischio dei tipi di entità, emittenti e strumenti finanziari o altre attività oggetto di rating”. La categoria speculative grade o non-investment grade si riferisce agli strumenti di debito per i quali l’emittente ha la capacità di ripagare il debito, ma potrebbe presentare significative difficoltà nel fronteggiare le incertezze, come condizioni economiche o finanziarie avverse. Per l'emittente è importante raggiungere un rating rientrante nella categoria investment grade, in quanto in seguito all'emissione di un rating speculative, la regolamentazione ne vieta l'acquisto da alcune categorie di investitori ovvero può richiedere, a carico degli investitori, un accantonamento di quote di capitale in misura superiore al livello di capitale minimo, in seguito alle regole sui requisiti di capitale connessi al rating stabilite dall'accordo Basilea 2.12

13

12 https://www.spratings.com/documents/ ;FERRI e LACITIGNOLA, Le agenzie di rating, il Mulino, 2014, pag.

165

13 Tabella relativa ai rating di lungo periodo dell'agenzia Standard & Poor's. Tale scala alfanumerica è

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14

15

14 https://www.spratings.com/documents. Scala dei rating di breve periodo dell'agenzia Standard & Poor's 15 https://www.spratings.com/documents

(10)

I rating di lungo periodo sono assegnati a titoli con scadenza superiore all’anno; mentre i rating di breve periodo sono assegnati a titoli con scadenza di un anno o inferiore a un anno. La tabella precedente si riferisce alla scala dei rating di lungo e breve periodo della società Standard & Poor's.

Le agenzie Standard & Poor's e Fitch Ratings possono associare alle lettere usate (da AA a CC) dei simboli più o meno per mostrare il relative standing nella categoria e quindi differenziare il giudizio all'interno della stessa categoria. Nel caso dell'agenzia Moody's ai rating da Aa a Ca possono essere aggiunti un 1, 2 o 3 per mostrare il relative standing nella categoria.16

3. Il concetto di default nel contesto del rating.

La scala alfanumerica usata dalle società che emanano rating va da un massimo giudizio rappresentato dalla “tripla A” (che indica la massima affidabilità nella solvibilità del debitore) alla soglia minima rappresentata da D (C per Moody's), che rappresenta il massimo rischio di default o un default già in atto. Rilevante a questo punto è identificare cosa si intenda per default nel contesto del rating, visto che tutto il sistema di valutazione si basa sulla stima della probabilità di insolvenza dell'emittente. La definizione di insolvenza (default) varia in base ai contesti regolamentari, ad esempio si far riferimento alla nozione di “stato di insolvenza” dettata dalla disciplina fallimentare ex art. 5 comma 2 del r.d. 267 del 1942, per cui “Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. La legge fallimentare indica alcuni avvenimenti come sintomi dello stato di insolvenza, indici che possono indirizzare il tribunale nello stabilire se nel caso concreto sussista o meno un default: si tratta di inadempimenti ripetuti (ad esempio, il mancato pagamento dei debiti, pagamenti effettuati con ritardo o pagamenti effettuati con mezzi di pagamenti non tradizionali come assegni postdatati o cambiali) o di altri fattori esteriori (ad esempio la chiusura dei locali, il ricorso all'usura, la latitanza dell'imprenditore).

In generale si ha default quando il debitore non è in grado di adempiere alle proprie obbligazioni tramite i normali mezzi di pagamento; questa situazione va tenuta distinta da

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quella di illiquidità, che può portare a una situazione di insolvenza, ma tra le due situazioni non intercorre un rapporto diretto. Il concetto di default va identificato con una situazione di crisi pressoché irreversibile.

Nell'ambito del giudizio di rating, le società Standard & Poor's e Fitch Ratings, affinché si riscontri un default dell'emittente richiedono la presenza di almeno una delle seguenti circostanze:17

1. mancato o ritardato pagamento degli interessi e/o del capitale nei termini dovuti. 2. Modificazioni delle caratteristiche dell'obbligazione sfavorevoli per il creditore

(c.d. ristrutturazione del debito), che si riscontrano nel caso in cui l'emittente debitore offra la sostituzione degli strumenti obbligazionari originari con altri dotati di condizioni economiche meno vantaggiose per l'investitore. Tali condizioni svantaggiose sopravvenute si riconoscono, ad esempio, nella presenza di garanzie minori o di cedole più basse.

3. Richiesta di accesso o sottoposizione ad una procedura concorsuale, come il fallimento o l'amministrazione controllata.

4. Gli indici del rating

.

Il rating si manifesta come un giudizio sintetico, espresso in forme immediatamente comprensibili e comparabili. Questa valutazione ingloba in una scala alfanumerica facilmente intellegibile, complessi e molteplici indici economici e finanziari considerati dall'agenzia nel procedimento di emissione.

Solo recentemente e sulla spinta delle riforme regolamentari che saranno passate in rassegna nel prosieguo del lavoro, le agenzie di rating hanno iniziato a rendere pubbliche le loro metodologie e prassi sulla cui base emettono i giudizi. Questa disclosure ha rappresentato un rilevante progresso sul piano della trasparenza del modus operandi degli operatori del rating; infatti senza la conoscenza delle tecniche adottate risulta assai arduo, per non dire impossibile, valutare le performance delle agenzie e l'adeguatezza dei metodi utilizzati.

Nella tabella seguente vengono indicati i vari elementi quantitativi e qualitativi che i raters

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devono considerare per l'emissione del rating. Si evince chiaramente che gli indicatori rilevanti sono molteplici e variegati, quindi non è certo un compito semplice quello delle agenzie di ridurre una tale quantità di indicatori in un singolo giudizio, di facile comprensione e che li incorpori tutti.

18

La maggior parte dei rating incorporano il c.d. outlook o prospettiva, in aggiunta al giudizio strettamente inteso, che va ad indicare la tendenza attesa del rating considerato: la prospettiva può essere stabile, positiva o negativa, in base al fatto che la tendenza del rating sia, rispettivamente, di mantenere la categoria assegnatagli, di migliorarla o di peggiorarla.19

18 FERRI e LACITIGNOLA, Le agenzie di rating, il Mulino, 2014, pag. 69

19 G. FACCI, Il rating e la circolazione del prodotto finanziario: profili di responsabilità, in Responsabilità

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20

Nel formulare il giudizio sul rischio di credito, le agenzie considerano ogni evento futuro che può essere anticipato e che può incidere sulle capacità di rimborso dell'emittente, compiendo valutazioni che devono essere analitiche, obiettive e indipendenti.21 Uno degli

aspetti peculiari dei giudizi di rating riguarda la circostanza che la valutazione non concerne la qualità di un prodotto finito, ma specificatamente il grado di probabilità che si realizzi un evento futuro, cioè il regolare pagamento del debitore.22 Da ciò consegue che la

probabilità di rimborso del debito può continuamente variare a seconda delle condizioni economiche e finanziarie in cui opera l'azienda valutata, delle scelte e delle strategie perseguite, dunque, di regola, le agenzie effettuano un costante e continuo monitoraggio del rating prodotto. Nel caso in cui risulti necessario, ed in ogni caso annualmente, alla stregua dei mutamenti intervenuti negli indici suddetti, le società di rating intervengono modificando il giudizio espresso precedentemente, compiendo il c.d. rerating. Tale revisione del giudizio originario non necessita del consenso dell'emittente per essere diffusa al pubblico, a differenza del primo rating, e può essere anticipata da un inserimento nella lista di sorveglianza (c.d. Credit watch).23 In base a questo schema operativo i

mutamenti dei giudizi emessi in precedenza possono avvenire in ogni momento, se le sopravvenute condizioni del settore in cui opera l'emittente o le variazioni nella struttura

informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 2008, pag. 169

20 https://www.spratings.com/documents

21 G. FACCI, Le agenzie di rating e la responsabilità per informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 2008,

pag. 172

22 G. PRESTI, Le agenzie di rating: dalla protezione alla regolazione, in I nuovi equilibri mondiali:

imprese,banche, risparmiatori, Giuffrè, 2009, pag. 77

23 A. FUSARO, Rating finanziario e responsabilità nei confronti dell'emittente, in Contratto e impresa, 2012,

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finanziaria, patrimoniale e manageriale della società valutata sono tali da mettere in dubbio la solvibilità del debitore24.

5. Inquadramento storico e sviluppo delle CRAs.

Le agenzie del rating sono delle persone giuridiche altamente specializzate che emettono rating del credito a livello professionale. Sorgono negli Stati Uniti d'America agli inizi del XX secolo, la prima agenzia che si affacciò sul mercato fu Moody's (John Moody pubblicò il primo rating nel 190925). In origine valutava soprattutto i titoli emessi dalle società

ferroviarie statunitensi26 pubblicando periodicamente un fascicolo (c.d. Manual) che ne

conteneva i dati statistici e veniva venduto agli investitori interessati. In questa fase gli emittenti erano il mero oggetto della valutazione delle agenzie, le quali invece traevano i propri ricavi dalla vendita dei manuals agli investitori, in base a quello che è definito modello investors-paid.27 Nel 1868 venne pubblicato da parte di Henry Poor, il documento

“Poor's manual of the railroads of the united states”28 che conteneva un resoconto

dettagliato delle operazioni finanziarie e delle statistiche operative delle compagnie ferroviarie statunitensi; si tratta di una forma embrionale di quello che oggi conosciamo come il moderno giudizio di rating. Nello stesso anno Henry Poor insieme al figlio fonda la società H.V. and H.W. Poor Co. pubblicando annualmente due fascicoli che valutavano i titoli obbligazionari emessi dalle società ferroviarie. Nel 1941 Poor Publishing e Standard Statistics si fusero e fondarono la Standard & Poor's Corporation,29 successivamente negli

anni '60 del XX secolo il gruppo editoriale Mc Graw-Hill rileva Standard & Poor's30. Come

si comprende facilmente da questa breve ricostruzione storica dello sviluppo delle agenzie, il rating è un fenomeno di origine statunitense, ma nelle ultime due decadi l'attività dei rater ha assunto caratteri globali, con l'apertura di varie società controllate in Europa, paesi asiatici e America Latina, con un consequenziale aumento dell'importanza del rating. Le tabelle seguenti, presentano uno spaccato delle agenzie mondiali, differenziandole in

24 G.FACCI, Le agenzie di rating e la responsabilità per informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 2008,

pag. 166

25 FERRI e LACITIGNOLA, Le agenzie di rating, il Mulino, 2014, pag. 23

26 P. GIUDICI, La responsabilità civile nel diritto dei mercati finanziari, Giuffrè, 2008, pag. 410

27 F. PARMEGGIANI, I problemi regolatori del rating e la via europea alla loro soluzione, in Banca Impresa

Società, 2010, pag. 461

28 M. DE BELLIS, La nuova disciplina europea delle agenzie di rating, in Giornale di diritto amministrativo,

2010, pag. 454

29 C. MOLLE, Revisione, Rating, Advisoring, Analisi finanziarie, in Complementi di diritto dell'economia,

Cedam, 2013, pag. 91

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(16)

31

(17)

Le ragioni dell'espansione a livello mondiale possono riassumersi in due motivi principali: il primo sta nella volontà delle imprese mondiali di avere accesso al mercato dei capitali americano, rispetto a cui il rating è un requisito essenziale. Il secondo risiede in un effetto emulativo delle autorità di vigilanza mondiali nei confronti di quella statunitense, cosicché iniziano a rinviare all'attività delle agenzie nelle rispettive regolazioni32, aumentando la

reliance nei rating.

6. La funzione del rating.

La funzione specifica dei rating è quella di ridurre l'asimmetria informativa tra gli emittenti e gli investitori, in specie retail e conseguentemente aumentare l'efficienza nel mercato dei capitali; in questo senso le agenzie di rating assolvono ad una specifica funzione di c.d. “comunicazione derivata”, volta a semplificare la diffusione di dati, informazioni e notizie ricevute dalle imprese, tenuto conto delle competenze specifiche e delle caratteristiche di queste ultime. Per questa loro funzione specifica le società di rating sono qualificate come un “pubblico filtro” la cui attività consente di convogliare, semplificare e diffondere al pubblico degli investitori, una molteplicità di informazioni economico-finanziarie altamente tecniche e di difficile comprensione, fornite dagli emittenti33.

Tale finalità è sottolineata anche dalla Commissione europea nella nota per il Consiglio Ecofin informale di Oviedo ove si dichiara che: ”I rating forniti dalle agenzie specializzate consentono di superare le asimmetrie informative e risparmiano ai partecipanti al mercato l'onere di elaborare grossi volumi di informazioni finanziarie”34. L'efficienza informativa

dei mercati è vista dalla dottrina economica come obiettivo da conseguire, in quanto un mercato trasparente permette l'ottimale allocazione delle risorse. L'ipotesi ideale della perfetta disponibilità ed accessibilità del “bene informazione” si scontra con la realtà del mercato in cui i dati sono distribuiti in modo asimmetrico tra i partecipanti. Nelle transazioni finanziarie è evidente che il prenditore dei fondi ha a disposizione tutte le informazioni necessarie circa la qualità dei propri beni, dati che invece non sono del tutto

32 M. DE BELLIS, La nuova disciplina europea delle agenzie di rating, in Giornale di diritto amministrativo,

2010, pag. 455

33 ROMANO e TROISI, Rating, accuratezza delle valutazioni e responsabilità oggettiva, in Rivista Trimestrale

di Diritto dell'Economia, 2013, pag. 111

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accessibili per il datore dei fondi35. In questo contesto si inseriscono le agenzie ed il rating

stesso. Questo rappresenta uno strumento fondamentale per ridurre la posizione non paritaria tra gli emittenti i titoli (titolari di un vantaggio informativo, in quanto solo l'emittente è pienamente a conoscenza del proprio profilo di rischio) ed i possibili investitori (che invece possono fare solo delle supposizioni sulla solvibilità dell'emittente in base alle informazioni che hanno a disposizione), ponendosi le agenzie in posizione intermedia tra tali due soggetti. L'importanza della funzione rivestita dalle agenzie, in vista del corretto funzionamento del mercato finanziario risulta chiarissima da quanto affermato dal giornalista Thomas Friedman36: ”There are two superpowers in the world today in my

opinion. There is the United States and there is Moody's Bond Service. The United States can destroy you by dropping bombs, and Moody's can destroy you by downgrading your bonds. And believe me, it is not clear sometimes who is more powerful”. Nello stesso senso, con una lapidaria dichiarazione, si è espresso, nel 2002, il senatore americano Liebermann, che al momento della stessa era chiarman del comitato senatoriale sugli affari governativi: “The credit raters hold the key to capital ad liquidity, the lifeblood of corporate America and of our capitalist economy”37.

Sono due i tipi di asimmetrie informative che possono presentarsi nel mercato:38

1. selezione avversa. Si può verificare nella fase di valutazione delle diverse opzioni di investimento. Il rischio che può derivare da una “selezione avversa” consiste in una scelta inefficiente degli investimenti da compiere data da una valutazione della convenienza diversa da quella effettiva. L'erronea valutazione della convenienza dell'investimento si giustifica con una disomogenea distribuzione delle informazioni nella fase precedente la negoziazione degli strumenti finanziari.39

2. Moral hazard. Consiste nel pericolo di subire ex post, dopo la conclusione della negoziazione, comportamenti opportunistici o sleali da parte dell'impresa

35 M. BONGIOVANNI, Il terzo pilastro di Basilea 2: la trasparenza del mercato finanziario e il rating, in

Pratica contabile, 2008, pag. 5; A. PERRONE, Le società di rating, in La società per azioni oggi:

tradizione, attualità e prospettive, Giuffrè, 2007, pag. 1025; SZEGO e GOBBO, Rating, mercato e

regolatori, “Reliance” e “over-reliance” sulle agenzie di rating, in Analisi Giuridica dell'Economia,

2012, pag. 337

36 Tratta dall'intervista rilasciata dal giornalista nel 1996 nel programma televisivo, della PBS television

broadcast, “The MacNeil/Lehrer Newshour”

37 Dichiarazione tratta dal discorso introduttivo dell'audizione del 20 marzo 2002 dal titolo “Rating the

raters: Enron and the credit rating agencies”

38 FERRI e LACITIGNOLA, Le agenzie di rating, il Mulino, 2014, pag. 52

39 M. BONGIOVANNI, Il terzo pilastro di Basilea 2: la trasparenza del mercato finanziario e il rating, in

Pratica contabile, 2008, pag. 5; A. PERRONE, Le società di rating, in La società per azioni oggi:

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finanziata, che possono esporre l'investimento a rischi imprevisti o maggiori rispetto a quelli preventivati, comportando un'inefficiente allocazione delle risorse.40

Tradizionalmente sono gli intermediari a svolgere un ruolo di filtro tra gli investitori e gli emittenti i titoli; provvedono da una parte a raccogliere le risorse dai risparmiatori e dall'altra a selezionare le alternative di finanziamento. Gli intermediari tradizionali, a differenza delle agenzie di rating, non condividono con il mercato i risultati delle loro analisi sugli emittenti, in quanto devono conservare la loro posizione di vantaggio competitivo verso i concorrenti e mantengono di conseguenza riservato il patrimonio informativo raccolto.41

Diversamente le agenzie di rating interponendosi tra i datori dei fondi e i prenditori dei fondi pongono le basi per un sistema di finanza di tipo diretto, in cui, in un caso limite, il trasferimento delle risorse dai soggetti in surplus (datori) a quelli in deficit (prenditori) sia effettuato senza il ricorso agli intermediari.42

Il sistema del rating permette di usufruire di valutazioni sintetiche e di codici standardizzati e condivisi. Questi strumenti riducono le asimmetrie informative sui mercati e permettono una riduzione dei costi di monitoraggio degli emittenti, cosicché possano effettuarsi rapide comparazioni tra i dati circolanti.43 Le agenzie possono effettuare l'attività

di monitoraggio ed osservazione per conto degli operatori finanziari in due modi: da un lato riducono i costi legati all'acquisizione delle informazioni, rispetto al caso in cui il singolo investitore dovesse provvedervi per conto proprio, dall'altro rendono consapevoli gli emittenti di essere tenuti sotto controllo da parte di soggetti specializzati e altamente professionali, con competenze adeguate ad individuare eventuali abusi nel loro operato. Operando in questi termini si mira a disincentivare comportamenti opportunistici da parte degli emittenti.44

Nei riguardi degli emittenti le agenzie pongono in essere una segnalazione, raccolgono dati finanziari, li elaborano ed emettono un giudizio che si presenta (o dovrebbe presentarsi) neutrale riguardo al rischio di credito. Le agenzie ricoprono il ruolo di intermediari del

40 Ibidem; A. PERRONE, Le società di rating, in La società per azioni oggi: tradizione, attualità e

prospettive, Giuffrè, 2007, pag. 1027

41 ibidem

42 Ibidem

43 F. VELLA, Il rating: alla ricerca di una “terza via”, in Analisi Giuridica dell'Economia, 2012, pag. 323 44 Ibidem; A. PERRONE, Le società di rating, in La società per azioni oggi: tradizione, attualità e

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mercato dell'informazione finanziaria.45 Va sottolineato che le agenzie non prendono in

considerazione altri rischi connessi agli strumenti finanziari, quali il rischio di cambio, del tasso di interesse o (particolarmente rilevante nel valutare un'eventuale responsabilità dell'agenzia) il rischio di frode dell'emittente. Allo stesso tempo per un emittente risulta essere un importante indicatore economico ricevere un rating elevato da parte di un'agenzia con una solida reputazione nel mercato. Tale rating indica che l'emittente non ha “nulla da nascondere” e rappresenta un segnale positivo ai mercati, permettendo di conseguenza allo stesso di associare alle sue obbligazioni un tasso di interesse inferiore.46 A

tal proposito certa dottrina47 ha formulato la c.d. signaling theory: in base alla quale gli

emittenti dotati di una qualità di credito elevata possono comunicare questa informazione agli investitori e ricevere una migliore valutazione dal mercato, mediante azioni non facilmente replicabili dagli emittenti con una qualità di credito più bassa. La valutazione elevata può essere sfruttata come strumento di comunicazione e pubblicità finanziaria divenendo una sorta di status simbol per l'azienda valutata48. In tale ottica, il ricorso a

specialisti esterni chiamati ad operare nella veste di intermediari dell’informazione può rappresentare un metodo più efficace e meno costoso rispetto all’underpricing dell’emissione e allo stesso tempo permette all'emittente di immettere sul mercato un segnale credibile.49 In questo effetto di segnalazione risiede il bene fondamentale offerto

dalle agenzie di rating agli emittenti.

Nella sua fase iniziale, l'industria del rating si sviluppa interamente nell'ambito dei rapporti privati, perciò i giudizi delle agenzie non hanno nessun valore legale. La possibilità di essere venduti sul mercato dipende dall'affidabilità che gli acquirenti dei manuals riconoscono e ripongono nelle agenzie che li pubblicano. In questa fase originaria dell'industria del rating si ha un sostanziale disinteresse normativo del legislatore nei confronti del rating e delle agenzie; l'incentivo a mantenere la propria reputazione di elevata affidabilità nella pubblicazione dei rating è ritenuto sufficiente a garantire la qualità

45 M. BONGIOVANNI, Il terzo pilastro di Basilea 2: la trasparenza del mercato finanziario e il rating, in

Pratica contabile, 2008, pag. 6

46 Ibidem; SZEGO e GOBBO, Rating, mercato e regolatori, “Reliance” e “over-reliance” sulle agenzie di

rating, in Analisi Giuridica dell'Economia, 2012, pag. 337; G. FACCI, Le agenzie di rating e la

responsabilità per informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 2008, pag. 169

47 L. PICARDI, Il rating fra crisi e riforma dei mercati finanziari, in Rivista di diritto civile, 2009, pag. 717;

N. LINCIANO, L'impatto sui prezzi azionari delle revisioni dei giudizi delle agenzie di rating. Evidenza per

il caso italiano, in Banca Impresa Società, 2004, pag. 295

48 G. FACCI, Le agenzie di rating e la responsabilità per informazioni inesatte, in Contratto e impresa, 2008,

pag. 170

49 Il segnale credibile al mercato rappresenta un elemento fondamentale del principio della non convenienza

a falsificare, per cui al fine di comunicare al mercato informazioni credibili occorre inviare segnali

costosi e difficilmente replicabili dai rivali qualitativamente non competitivi: C.CRISTIANO, Economia

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del prodotto.50

Ma già in questo primo periodo vengono alla luce alcune criticità insite nel mercato dei giudizi di rating. In primo luogo tale settore si presenta immediatamente altamente concentrato dal momento che inizialmente si ha un duopolio composto dalle società Standard & Poor's e Moody's; successivamente una terza agenzia è riuscita ad entrare nel mercato del rating, a livello mondiale, si tratta di Fitch ratings (che vanta attualmente una quota di mercato intorno al 15%, a fronte di un 40% ciascuno per le altre due), trasformando così il duopolio in un oligopolio. Attualmente le tre grandi agenzie coprono circa il 95% dell'intero mercato dei rating.

In secondo luogo il meccanismo reputazionale che garantisce la qualità del prodotto rating, costituisce allo stesso tempo una rilevante barriera all'ingresso nei confronti di nuovi operatori che volessero entrare in tale mercato, in quanto necessiterebbero di troppo tempo per crearsi una considerazione tale da poter competere con le succitate tre agenzie (first comers) padrone del mercato. In terzo luogo, pur svolgendosi a livello di rapporti tra privati, l'assegnazione del rating non riguardava e interessava solo le agenzie e gli investitori che acquistavano i manuals, ma già in origine, anche gli emittenti i titoli erano interessati al giudizio di rating emesso nei loro confronti o nei confronti degli strumenti finanziari da loro immessi sul mercato, in quanto il costo del prestito obbligazionario, in termini di interessi da pagare agli obbligazionisti, era inversamente proporzionale al rating ottenuto: più alto era il giudizio ricevuto, minore era il prezzo da pagare.

7. I modelli di business.

In origine le agenzie adottavano un modello di business investors-paid, basato sulla vendita agli investitori degli abbonamenti ai fascicoli pubblicati dalle agenzie. Tale modello non era particolarmente redditizio per le agenzie, ma si caratterizzava per una maggiore impermeabilità ai conflitti di interesse che potevano intercorrere tra l'emittente e l'agenzia rispetto al modello che attualmente è usato dalla maggior parte delle più importanti società di rating, comprese le 3 maggiori a livello mondiale. Il modello originario è stato sostituito, intorno alla metà degli anni Settanta del secolo scorso, con quello issuers-paid, che è stato adottato dalle “big three” e dalla quasi totalità delle altre

50 G. PRESTI, Take the “AAA”train: note introduttive sul rating, in Analisi Giuridica dell'Economia, 2012,

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agenzie minori. Tra i rater con attività limitata all'ambito nazionale (specialmente in Asia51) rimangono operatori che adottano il modello precedente. A contribuire

all'abbandono del modello investors-paid fu la drastica riduzione del prezzo delle fotocopie che permise una riproduzione a basso costo dei fascicoli pubblicati dalle agenzie, dando luogo al fenomeno del free-rider (visto che sarebbe difficile garantire che l'investitore che paga le agenzie poi non fornisca le valutazioni a coloro che non hanno sottoscritto il servizio52), da cui derivò un conseguente abbattimento dei ricavi delle agenzie stesse.

Inoltre gli emittenti percepirono che l'esistenza di una buona valutazione da parte delle società di rating, anche in virtù degli sviluppi regolamentari statunitensi del rating, era decisiva per abbattere il costo dei finanziamenti ed assicurarsi il successo nei collocamenti obbligazionari53. Oltre a ciò le agenzie compresero la necessità di compiere analisi più

approfondite, che sottintendono un rapporto diretto con l'emittente al fine di avere a disposizione informazioni confidenziali54. Da ultimo lo scandalo seguito al fallimento della

società di trasporti Penn Central, incentivò il passaggio al nuovo modello, rendendo gli investitori più attenti al merito di credito degli emittenti ed inducendo questi ultimi a pagare le agenzie di rating per far “certificare” l'affidabilità degli strumenti finanziari da loro emessi, affinché fossero in questo modo più facilmente collocabili sui mercati55. Il

passaggio al nuovo modello di issuers-paid comportò per le agenzie un netto aumento dei ricavi derivanti dai rating, ma tale cambiamento nel metodo di commissione e pagamento non fu indolore dal punto di vista dei conflitti di interesse che possono crearsi nei rapporti tra l'emittente e la stessa agenzia; questo riflesso negativo è stato sottolineato anche dalla SEC che dichiara: “The pratice of issuers paying for their own ratings creates the potential for a conflict of interest”.56 Il nuovo sistema prevede che sia lo stesso emittente a

richiedere il giudizio di rating all'agenzia (c.d. solicited rating) ed a remunerare l'agenzia per il rating emesso (facendo poi ricadere il costo della valutazione sugli investitori, incorporandolo nel prezzo delle obbligazioni57), nonostante che la valutazione emessa si

rivolga agli investitori. Sul problema del finanziamento dell'agenzia da parte degli

51 FERRI e LACITIGNOLA, Le agenzie di rating, il Mulino, 2014, pag. 29

52 M. DE BELLIS, La nuova disciplina europea delle agenzie di rating, in Giornale di diritto amministrativo,

2010, pag. 462 in riferimento a J.C. Coffee The Mortgage Meltdown and gatekeeper failure

53 G. PRESTI, Le agenzie di rating: dalla protezione alla regolazione, in I nuovi equilibri mondiali:

imprese,banche, risparmiatori, Giuffrè, 2009, pag. 80

54 M. ONADO, Imprese, banche, agenzie di rating nella crisi del terzo millennio, in Mercati finanziari e

sistema dei controlli, Giuffrè, 2005, pag. 33

55 F. PARMEGGIANI, La regolazione delle agenzie di rating tra tentativi incompiuti e prospettive future, in

Giurisprudenza commerciale, 2010, pag. 121 e ss.

56 M. ONADO, Imprese, banche, agenzie di rating nella crisi del terzo millennio, in Mercati finanziari e

sistema dei controlli, Giuffrè, 2005, pag. 33

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emittenti e del relativo conflitto di interessi alcuni esponenti della dottrina giuridica statunitense affermano che le agenzie di rating: ”Are the only exemple of industry where the appraiser is paid by the seller rather than the buyer, even though the buyers is likely to have the greatest information deficiency”.58 Il conflitto di interessi scaturisce dal fatto che

il controllore, la cui attività deve essere improntata alla emissione di un giudizio il più obiettivo ed imparziale possibile, sia remunerato dallo stesso emittente che gli richiede il rating, il quale, invece, trova il suo massimo interesse nel ricevere un rating elevato.59

Questo interesse dell'emittente si ricollega al fatto che un rating elevato influisce sul costo del prestito obbligazionario, incidendo in modo inversamente proporzionale rispetto all'ammontare degli interessi dovuti dall'emittente agli investitori. Un esempio di pressioni da parte dell'emittente sulle agenzie al fine di ottenere un giudizio migliore di quello che risulterebbe dai suoi parametri economici e finanziari si è avuto nei rapporti intercorsi tra Parmalat s.p.a e Standard & Poor's.60

8. Conflitto di interessi e modello issuer-paid: il caso Parmalat s.p.a.61

Tutti i sei rating emessi da Standard & Poor's a partire dal 2000 fino al 2003 sono caratterizzati da un continuo cambiamento delle metodologie di calcolo alla base dei rating, che vengono adattate “ora alle sue [di S & P] preoccupazioni, ora alle esigenze del gruppo Parmalat, ora a quelle del mercato”62.

Se in astratto delle variazioni degli indici utilizzati possono essere giustificabili per adattarli alle specificità della società valutata e alle variazioni del mercato, in concreto queste continue correzioni non sono state motivate dai CTP, dimostrandosi del tutto arbitrarie. L'agenzia nel caso di specie non aveva effettuato un adeguato approfondimento del profilo finanziario del gruppo, come si comprende, per stessa ammissione di S & P, dal fatto che l'agenzia non aveva intuito la prassi di Parmalat s.p.a. di riacquistare le proprie obbligazioni senza annullarle e iscrivendo in bilancio il saldo tra importi lordi e ammontari riacquistati. Partendo dal presupposto che un'agenzia di rating non riveste il

58 M. DE BELLIS, La nuova disciplina europea delle agenzie di rating, in Giornale di diritto amministrativo,

2010, pag. 457

59 F. PARMEGGIANI, I problemi regolatori del rating e la via europea alla loro soluzione, in Banca Impresa

Società, 2010, pag. 459 e ss.

60 P. GIUDICI, L'agenzia di rating danneggia l'emittente con i propri rating eccessivamente favorevoli?, in Le

società, 2011, pag. 1444 e ss

61 Ibidem

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ruolo di un revisore contabile, non essendo dunque compito del rater verificare e certificare l'ammontare della liquidità, pare indubbio che fosse specifico dovere dell'agenzia ottenere sufficienti informazioni per formarsi un'opinione credibile sul comparto patrimoniale dell'emittente. All'opposto le informazioni fornite dall'emittente risultano, secondo gli atti del processo, “Sommarie ed incomplete”. Nonostante la lacunosità dei dati forniti da Parmalat, S & P non ha avanzato richieste di ulteriori approfondimenti, nemmeno a proposito di elementi basilari. La carenza informativa è poi aggravata dall'intento “Degli analisti di andare incontro alla volontà espressa da Parmalat in ordine all'assegnazione di un rating compreso nella categoria investment grade. […] Una tale propensione ad accondiscendere all'azienda63 è percepibile sin dall'assegnazione

del primo rating, allorché l'analista capo aveva manifestato al comitato di rating la coerenza degli indici con la classe BB”64, corrispondente ad uno speculative grade.

L'attribuzione poi della “ tripla B” viene ancorata “ingiustificatamente” ad aspettative di miglioramento quanto alla redditività ed all'indebitamento del gruppo. Le pressioni fatte da Parmalat s.p.a. risultano chiare dalla dichiarazione resa dall'analista H. D.L.P. davanti al p.m. il 16 gennaio 2006: “Volevamo attribuire un rating BB+ ai bond di Parmalat finanziaria (Parfin), che non abbiamo reso pubblico. La decisione di non renderlo pubblico fu presa per ragioni aziendali”, ovvero per le pressioni di Tanzi65. Una simile

accondiscendenza del rater nei confronti del valutato è inammissibile considerando quanto dispone l'art. 8 comma 3 del Regolamento CE 1060 del 2009 a proposito delle metodologie che un'agenzia deve mettere in atto nella valutazione. La normativa europea stabilisce che: “Un’agenzia di rating del credito utilizza metodologie di rating rigorose, sistematiche, continuative e soggette a convalida sulla base dell’esperienza storica, inclusi test retrospettivi”, conseguentemente l'attribuzione del rating dovrebbe svolgersi “In modo tale da evitare soluzioni di compromesso, frutto di ingerenze più o meno indebite da parte della committenza”.66

Per di più l'accondiscendenza del rater verso la società si rileva dal calcolo dell'IC ratio su dati confidenziali non rilevabili in bilancio.67 Le pressioni portate avanti da Parmalat, che

dal loro punto di vista sono andate a segno comportando un upgrading del rating,

63 S. CHIARUTTINI, Parmalat un caso di trasferimento di rischio industriale e di credito sui risparmiatori:

cause e rimedi, in Analisi Giuridica dell'Economia, 2010, pag. 371

64 P. GIUDICI, L'agenzia di rating danneggia l'emittente con i propri rating eccessivamente favorevoli?, in Le

società, 2011, pag. 1447, pag. 1447

65 Ibidem, pag. 1447

66 Tribunale di Catanzaro, sentenza n. 685 del 2012

67 P. GIUDICI, L'agenzia di rating danneggia l'emittente con i propri rating eccessivamente favorevoli?, in Le

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emergono espressamente dalle dichiarazioni di due dirigenti Parmalat, rese al p.m. l'11 e il 23 gennaio 2006: ”So che inizialmente S & P rilasciò il rating BB+ per Parfin e BBB- per Parmalat s.p.a. Poiché a tal punto dissi che non saremmo stati interessati al rating, S & P mutò il giudizio su Parfin portandolo a BBB-[investment grade]. Capii che S & P dovesse aver cambiato idea per intervento di qualcuno”68. La superficialità di Standard & Poor's

nell'acquisizione delle informazioni necessarie ed i mancati reclami rispetto alla lacunosità dei dati forniti dall'emittente tocca l'apice quando l'analista di S & P, B.R. afferma di essere venuta a conoscenza del fondo Parmalat Epicurum, costituito nel 2002, tramite notizie di stampa,69 solo in data 10 novembre 2003, successivamente all'attribuzione di tutti i sei

rating. La riprova dell'assenza di indipendenza da parte di S & P nella valutazione, data dal rapporto di remunerazione conseguente al modello issuer-paid, si ritrova nel comportamento di Fitch Ratings nei confronti del rating Parmalat. Fitch non era stata incaricata di emanare un rating per Parmalat ma provvede, malgrado ciò, all'emissione di un rating unsolicited; comparando i dati pubblici dell'azienda e i dati forniti da Bloomberg rileva delle notevoli discrepanze e procede ad ulteriori approfondimenti. Tali accertamenti sfociano nell'emissione di un rating di speculative grade, che come visto in precedenza Parmalat non avrebbe accettato, perché non avrebbe permesso il successo di collocamento dei bond Parmalat sul mercato, che era di vitale importanza per la sopravvivenza, a breve termine, della società (negli ultimi anni antecedenti al default, il Gruppo ha concluso, in media ogni mese, un’operazione di debito, tramite prestiti obbligazionari e operazioni di finanza strutturata, d’importo pari o superiore ai 100 milioni di euro, sopportando elevati costi per commissioni e interessi)70. Tale rating speculative non può certamente essere

inquadrato in strategie ricattatorie di Fitch Rating al fine di concludere un contratto di valutazione con Parmalat, in quanto la coerenza con tale categoria di rating degli indici finanziari di Parmalat era già stata rilevata dagli analisti dell'agenzia S & P, legata a Parmalat da un rapporto contrattuale71.

I conflitti di interesse non si limitano ai rapporti con le società di rating, ma si estendono a quelli intrattenuti con i revisori contabili e con gli istituti di credito. Da una parte i primi non solo avrebbero avuto gli strumenti idonei a porre in essere un’efficace attività di controllo, ma, per alcune fattispecie, è emerso che essi erano al corrente di incongruenze e

68 Ibidem

69 Ibidem, pag. 1448

70 S. CHIARUTTINI, Parmalat un caso di trasferimento di rischio industriale e di credito sui risparmiatori:

cause e rimedi, in Analisi Giuridica dell'Economia, 2010, pag. 369

71 P. GIUDICI, L'agenzia di rating danneggia l'emittente con i propri rating eccessivamente favorevoli?, in Le

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falsificazioni nei bilanci e, per uno di essi, è anche emersa un’attività “di supporto” allo sviluppo di alcuni escamotage finanziari utilizzati. Nelle relazioni di revisione non sono mai stati segnalati rilievi, e ciò anche in considerazione del fatto che l’attività di consulenza prestata al Gruppo (con riferimento a operazioni di acquisizione, alla costituzione di sistemi integrati, alla pianificazione fiscale, alla costituzione di società off-shore, alle due diligence contabili) rappresentava un rilevante tornaconto economico, sia per il comparto italiano, sia per il network internazionale. Al contrario, per l’attività di revisione le fees sono sempre state di più modesta entità72. Da notare che la medesima

situazione si ritrova nel “caso Enron” in cui la connivenza della società di revisione fu attribuita al fatto che essa fornisse ad Enron una redditizia attività di consulenza, per la quale percepiva parcelle milionarie che superavano gli introiti derivanti dall’attività di certificazione dei bilanci73. Uno studio dell' “Economist” sui bilanci delle big five della

revisione contabile ha rilevato che gran parte degli introiti derivavano dall'attività di consulenza e dai servizi accessori offerti ai clienti, alimentando i conflitti di interessi. Per quanto riguarda Deloitte Touche Tohmatsu (revisore di Parmalat s.p.a.) la revisione contabile ha prodotto il 35% circa dei ricavi, la gestione fiscale un altro 15%, la consulenza di direzione il 40% circa e gli altri servizi il restante 10% circa. Le “big five” dell’auditing, quindi, si sono evolute da un modello di business monoprodotto a una realtà molto più strutturata e complessa, nella quale l’attività di revisione rappresenta in media meno della metà delle entrate a bilancio. Il peso predominante delle altre prestazioni si traduce però in una commistione dei rapporti con il committente, per cui il legame di terzietà si affievolisce. Risulta evidente come, di conseguenza, cresca il rischio di conflitto di interessi tra l’autonomia del controllore e il suo interesse alle parcelle che il controllato gli paga per le altre prestazioni professionali74.

Da ciò si comprende bene quanto peso possano avere i c.d. ancillary services, nel dar luogo a conflitti di interesse, non solo a carico delle agenzie di rating, ma anche dei revisori.

Dall'altra alcune delle principali istituzioni finanziarie che hanno intrattenuto rapporti con il Gruppo Parmalat hanno fornito a quest’ultimo diversi servizi accessori attraverso le proprie divisioni interne. Da un lato, le suddette Istituzioni concedevano credito ordinario, dall’altro rivestivano il ruolo di Lead Manager nel collocamento dei bond, o di advisor

72 S. CHIARUTTINI, Parmalat un caso di trasferimento di rischio industriale e di credito sui risparmiatori:

cause e rimedi, in Analisi Giuridica dell'Economia, 2010, pag. 370

73 BENEDETTO e DI CASTRI, Il “caso Parmalat” e l'indipendenza dei controllori: amministratori, sindaci e

revisori alla prova del crack, in Analisi Giuridica dell'Economia, 2005, pag. 230

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nelle operazioni di aumento di capitale ed, ancora, di analisti finanziari che supportavano il corso del titolo azionario, ovvero di controparti o intermediari nelle vendite di prodotti derivati. Le suddette divisioni, che avrebbero dovuto essere assolutamente indipendenti, nella realtà comunicavano fra loro: in particolare, le notizie negative acquisite nell’attività ordinaria di concessione del credito erano, in alcuni casi, conosciuti anche dal comparto Investment Banking che, viceversa, continuava a concludere con Parmalat emissioni di bond, omettendo di trasferire al mercato le notizie negative apprese ed i conflitti di interesse esistenti75. La reticenza informativa e la regolarità nel concedere linee di credito

alle società del gruppo (quelle del polo turistico erano tecnicamente in default dal 1997) era presumibilmente incentivata dal fatto che il “dominus” della famiglia proprietaria di Parmalat era membro dei Consigli di Amministrazione di alcuni istituti bancari italiani che supportavano finanziariamente il Gruppo Parmalat e dal fatto che il Gruppo rappresentava un importante cliente per i maggiori gruppi creditizi mondiali (è definito una “gallina dalle uova d'oro” che permetteva alle banche di investimento di incassare commissioni elevatissime sulle operazioni di finanza derivata; in alcuni casi le banche di investimento hanno trattenuto il 50% del premio spettante a Parmalat76). Il Gruppo Parmalat “restituiva i

favori” fatti dalle banche pagando laute commissioni sulle operazioni finanziarie ed acquistando società, ormai decotte, esposte nei confronti delle medesime banche, che avrebbero così potuto rientrare dei propri crediti, grazie all’intervento “da buon samaritano” di Parmalat77.

Nel caso degli istituti di credito si ha un lampante esempio di fallimento dei chinese walls che avrebbero dovuto rendere autonome tra loro le divisioni interne degli istituti. Non paiono dunque del tutto infondati i dubbi avanzati da parte della dottrina78 sull'efficacia

dello stesso metodo applicato ai comparti interni delle agenzie di rating.

In conclusione per dare un'idea dell'indice di grandezza del default del gruppo Parmalat, si riporta la definizione che ne dette la SEC: “Una delle più vergognose e grandi frodi finanziarie della storia”79.

75 S. CHIARUTTINI, Parmalat un caso di trasferimento di rischio industriale e di credito sui risparmiatori:

cause e rimedi, in Analisi Giuridica dell'Economia, 2010, pag. 371

76 Ibidem, pag. 375 77 Ibidem, pag. 372

78 F. PARMEGGIANI, I problemi regolatori del rating e la via europea alla loro soluzione, in Banca Impresa

Società, 2010, pag. 459 e ss.

79 G. FERRARINI e P. GIUDICI, Scandali finanziari e ruolo dell'azione privata: il caso Parmalat, in F.

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9. Struttura proprietaria delle agenzie di rating e possibili conflitti di interesse.

Guardando all'assetto proprietario di S & P e Moody's, molti osservatori hanno avanzato certi dubbi sull'indipendenza e neutralità di giudizio delle agenzie80. Invero, i maggiori

azionisti delle succitate società di rating sono allo stesso tempo dei soggetti con uno spiccato interesse economico nei mercati finanziari, in particolare si tratta di un gruppo di fondi di investimento istituzionali americani come Capital World Investors, BlackRock, T. Rowe Price Associates, Vanguard Group e State Street.

Tra gli azionisti persone fisiche spicca Harold McGraw III con il suo 4,7% delle azioni, oggi a capo del colosso dell'editoria McGraw-Hill che controlla S & P. Da notare che il 30% delle azioni della McGraw-Hill è detenuto da alcuni dei fondi, quali State Street, BlackRock, Capital World Investors e Vanguard che sono anche azionisti di S & P.81 In

altre parole l'assetto proprietario della controllante e della controllata coincidono in buona parte. Non possono poi sottacersi significativi collegamenti tra le figure più influenti del board e alcune tra le maggiori multinazionali bancarie e non solo quotate sui mercati mondiali. A mero titolo esemplificativo, si nota che del board di S & P hanno fatto parte soggetti come Sir Bishoff (già presidente di Citigroup Europe) o James Ross, alto dirigente della British Petroleum82.

Il grafico seguente fotografa la compagine azionaria dell'agenzia Standard & Poor's83.

80 FERRI e LACITIGNOLA, Le agenzie di rating, il Mulino, 2014, pag. 90 81 GILA e MISCALI, I signori del rating, Bollati Boringhieri, 2012, pag. 55 82 Ibidem, pag. 56

(29)

Esaminando dal seguente grafico84 la compagine azionaria di Moody's, la situazione non è

molto diversa.

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Cambia l'azionista di maggioranza che è il Fondo Berkshire Hathaway, la holding di Warren Buffet, magnate dei mercati finanziari, ritenuto uno dei più competenti investitori del mondo. Da ciò nasce il dubbio che possa beneficiare di informazioni riservate sugli emittenti che gli derivino dall'attività di Moody's85. Tra gli altri partecipanti al capitale

azionario si ritrovano i medesimi fondi azionisti di S & P: Capital World Investors, BlackRock, T. Rowe Price Associates ecc. In alcuni casi detengono la medesima quota azionaria, ad esempio il fondo Fidelity ha il 4% sia di S & P che di Moody's e lo stesso vale per Capital World Investors che detiene il 12% di entrambe le agenzie. In altre parole a controllare le due maggiori (per quota di mercato) agenzie mondiali sono in gran parte i medesimi soggetti.

La struttura proprietaria di Fitch Ratings, invece, è diversa essendo una società non quotata e si presenta concentrata in due partecipanti al capitale: da una parte la società Fimalac che possiede il 60% delle quote, dall'altra Hearst Corporation che controlla il restante 40%86.

Analizzando la struttura di Fitch si possono ipotizzare alcuni motivi per cui la “terza sorella” controlli una quota di mercato nettamente inferiore alle altre due major. Prima di

85 FERRI e LACITIGNOLA, Le agenzie di rating, il Mulino, 2014, pag. 92; GILA e MISCALI, I signori del rating,

Bollati Boringhieri, 2012, pag. 59

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tutto Fitch Ratings è una società non quotata e ciò influisce sulla visibilità della società nel mercato, poi, come accennato poco sopra, nella compagine azionaria non sono presenti fondi di investimento che fungono da volano in questo mercato, infine si differenzia da S & P e Moody's anche per una questione strettamente geografica, è la più europea tra le tre grandi agenzie, il “cuore pulsante” della società si trova a Parigi e non negli Stati Uniti, pur avendo una subsidiary a New York87.

10. Il processo di attribuzione del rating nel modello issuer-paid.

Nel modello issuer-paid gli emittenti concludono un apposito contratto con le agenzie di rating, che si atteggia come un negozio giuridico a titolo oneroso88. Tale contratto è stato

ricostruito dai vari filoni dottrinari come contratto d'opera, appalto di servizi o come un contratto atipico che non ricade in un determinato schema contrattuale.89

Il solicited rating è caratterizzato da una stretta collaborazione tra l'agenzia e l'emittente richiedente. In questa prospettiva di cooperazione il rating espressamente richiesto dall'emittente e basato su un rapporto contrattuale, può avere ad oggetto anche informazioni privilegiate.

L'agenzia in base alle informazioni pubbliche ed a quelle private ottenute direttamente dall'emittente richiedente predispone un primo rating, che è sottoposto all'attenzione del cliente-emittente. Spetta al richiedente stesso decidere se renderlo pubblico o meno. Nel caso in cui ritenga che il giudizio espresso non rispecchi il suo reale merito di credito può fornire all'agenzia ulteriori informazioni usufruendo del c.d. processo di appello90, in cui

possono rientrare informazioni non disponibili al pubblico, tali da comportare un (eventuale) miglioramento dell'assegnazione originariamente ottenuta. Quindi l'apposita commissione incaricata dell'emissione può poi formulare una seconda proposta di rating, la sottopone all'emittente e rende pubblico il secondo rating, presumibilmente di grado più elevato, basato sulle nuove informazioni.91

87 GILA e MISCALI, I signori del rating, Bollati Boringhieri, 2012, pag. 65

88 P. SANNA, La responsabilità civile delle agenzie di rating nei confronti degli investitori, Edizioni

Scientifiche Italiane, 2011, pag. 40

89 A. FUSARO, Rating finanziario e responsabilità nei confronti dell'emittente, in Contratto e impresa, 2012,

pag. 189

90 M. DE BELLIS, La nuova disciplina europea delle agenzie di rating, in Giornale di diritto amministrativo,

2010, pag. 455

91 A. FUSARO, Rating finanziario e responsabilità nei confronti dell'emittente, in Contratto e impresa, 2012,

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