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IL CAMELS RATING SYSTEM

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro intende illustrare le caratteristiche del CAMELS Rating System, ovvero il sistema mediante il quale le autorità finanziarie statunitensi assegnano un rating di vigilanza alle banche su cui vigilano allo scopo di valutarne la condizione finanziaria globale. Il Uniform Financial Insititutions Rating System (UFIRS), meglio conosciuto come CAMELS rating system, viene utilizzato durante le ispezioni in loco di una banca dove gli esaminatori raccolgono informazioni finanziarie confidenziali sulla cui base viene assegnato alla banca ispezionata il rating di vigilanza. L'acronimo "CAMEL" si riferisce alle cinque aree fondamentali delle condizioni di una banca che vengono valutate dall’esaminatore: Capital Adequacy, Asset quality, Management, Earnings e Liquidity. Nel 1997 è stata aggiunta una sesta componente, la Sensitivity to market risk, modificando l'acronimo in CAMELS (la maggior parte della letteratura accademica si basa su dati precedenti al 1997 e si basa quindi su valutazioni CAMEL.) Il CAMELS rating viene assegnato su una scala da 1 a 5 sia ad ognuna delle sei componenti (component rating), sia alla banca nel suo complesso (composite rating). Le banche con rating 1 o 2 presentano pochi problemi di vigilanza, mentre le banche con rating pari a 3, 4 o 5 richiedono una particolare attenzione da parte delle autorità poiché presentano debolezze più o meno gravi nelle sei aree esaminate, che possono minacciarne la sopravvivenza.

La motivazione che mi ha spinto a indagare su questo tema è da ricercare nell’attualità dell’argomento: l’interesse nei confronti di questa materia è nato dalla frequenza con cui ormai si sente parlare dei rating e delle relative agenzie, ma soprattutto del ruolo, sempre più decisivo, che queste rivestono sui mercati finanziari. Per questi motivi è facile dedurre che l’argomento generale “rating”

sia già stato studiato e approfondito più volte e, dunque, in questa tesi si è preferito concentrarsi su un argomento più di nicchia, anche perché estraneo al sistema bancario italiano.

L’obbiettivo della tesi è quindi quello di illustrare il funzionamento di questo strumento di vigilanza particolare e inoltre di confrontare i rating assegnati da una delle maggiori agenzie di rating (Standard&Poor’s) ad un campione di

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2 cinque banche statunitensi con i relativi CAMELS rating da me calcolati mediante una selezione di ratios finanziari, allo scopo di verificare se vi è coerenza nei risultati ottenuti.

Nonostante il CAMELS rating venga ormai utilizzato anche in altri paesi, nasce negli Stati Uniti nel 1979. Per questo motivo il primo capitolo della tesi si dedica alla descrizione del sistema bancario americano il quale è estremamente complesso essendo un dual banking system. Negli Stati Uniti si contano infatti poco meno di 5000 banche che possono essere di natura statale o federale, distinzione fondamentale poiché va a determinare da chi, tra le numerose autorità di supervisione bancaria, saranno vigilate. Un altro aspetto fondamentale affrontato nel primo capitolo è la regolamentazione finanziaria del sistema bancario, che è stata influenzata pesantemente dalla crisi finanziaria del 2008 e che ad oggi sembra pronta ad essere rivoluzionata un’altra volta dall’attuale presidente Trump.

Il secondo capitolo della tesi si focalizza sul CAMELS Rating System e ne illustra il funzionamento. È dedicato ampio spazio ad ognuna delle sei componenti CAMELS. Ogni componente rappresenta un’area fondamentale dell’attività bancaria su cui l’esaminatore deve indagare, pertanto il capitolo fornisce le caratteristiche di ognuna, il motivo della loro importanza, quali sono gli elementi che l’esaminatore deve considerare nella propria valutazione, le modalità con cui viene assegnato un rating ad ogni componente e, infine, il ratio finanziario che è stato poi utilizzato nel terzo capitolo per l’applicazione del sistema CAMELS ad un campione di banche. Il terzo capitolo infatti vuole applicare in modo concreto le informazioni raccolte nei capitoli precedenti. La letteratura accademica raccoglie numerosi studi simili condotti su campioni più o meno ampi di banche di vari paesi (Bangladesh, Pakistan, India, ecc.), ma mai su un campione di banche statunitensi. Per questa ragione è stato selezionato un campione di cinque banche statunitensi ed un orizzonte temporale sufficientemente lungo da considerare il periodo pre-crisi e post-crisi (2005- 2011). Attraverso lo studio degli annual reports delle banche del campione è stato possibile calcolare i ratios finanziari spiegati nel secondo capitolo e

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3 ottenere così sia i rating delle sei componenti CAMELS, sia il rating CAMELS complessivo, che è stato poi confrontato con il rating assegnato alle medesime banche dall’agenzia di rating S&P.

Grazie a questo lavoro di ricerca è possibile comprendere il funzionamento di uno strumento di vigilanza che, come si può evincere dal presente lavoro, ha richiamato l’attenzione delle autorità di vigilanza di vari paesi, ma soprattutto dell’Unione Europea che pare si stia dirigendo verso l’adozione di uno sistema di rating di vigilanza simile a quello del mondo statunitense.

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE AL SISTEMA BANCARIO STATUNITENSE

1.1 LA RISPOSTA REGOLAMENTARE ALLA CRISI SUBPRIME

L’elezione del 45°esimo presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, avvenuta nel novembre 2017 ha generato reazioni contrastanti. Per quanto riguarda Wall Street, sede della Borsa di New York, tra l’8 novembre, giorno del voto ed il 1° marzo, l’indice S&P 500 del prezzo delle azioni delle banche americane è aumentato del 34%1. La vittoria di Trump ha avuto questo effetto alla luce delle promesse fatte in campagna elettorale tra cui si menziona un aumento del tasso di crescita economica del paese, tagli alle tasse applicati alle imprese, ma soprattutto un allentamento della regolamentazione bancaria; Trump ha dichiarato infatti l’intenzione di intervenire sul Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act, la riforma del 2010 voluta dalla legislazione Obama, che ha ristrutturato la regolamentazione finanziaria dopo la crisi del 2008. Ciò che resta da capire è se le banche hanno superato effettivamente o meno la crisi finanziaria globale del decennio scorso. La maggior parte è in una situazione migliore rispetto a dieci anni fa, ma tale affermazione non è del tutto vera, poiché la ripresa delle banche europee in particolare, è stata piuttosto irregolare. Le banche americane sono invece decisamente più forti, ma ciò non toglie che le crisi finanziarie lascino una lunga scia di conseguenze e dunque non possono essere considerate completamente fuori pericolo.

La crisi dei mutui subprime ha avuto effetti devastanti sull’economia americana, provocando la più grave contrazione dell’attività economica dalla Grande Depressione2. La crisi ha infatti inaugurato un periodo conosciuto come la “Grande Recessione” iniziato nel dicembre 2007 e finito nel giugno 2009, cioè la recessione più lunga registrata dalla Seconda Guerra Mondiale. Il PIL statunitense è precipitato del 4,3% rispetto al picco raggiunto nell’ultimo quadrimestre del 2007 ed il tasso di disoccupazione è raddoppiato, passando dal 5% del dicembre 2007 al 10% nell’ottobre 2009 (Figure 1 e 2).

1 The Economist, A decade after the crisis, how are the world’s banks doing?, The Economist Group Limited, 6 maggio 2017

2 Yellen J. L., Financial stability a decade after the onset of the crisis, Federal Reserve 25 agosto 2017

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Figura 1.1: PIL statunitense gennaio 2007-settembre 2009

Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)

Figura 1.2: percentuale di disoccupazione negli Stati Uniti gennaio 2007-settembre 2009

Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)

Le debolezze del sistema finanziario prima dello scoppio della crisi erano numerose. Gli istituti finanziari avevano assunto rischi eccessivi, soprattutto nel settore immobiliare, concedendo prestiti a soggetti con standard creditizi del tutto inadeguati (i c.d. “clienti subprime”). Questa tendenza era giustificata da un sentimento di compiacenza delle autorità di vigilanza dovuto al lungo periodo di stabilità economica iniziata negli anni ’80, che ha portato a sottovalutare i rischi di queste politiche di prestito troppo indulgenti permettendo agli istituti finanziari di indebitarsi in maniera eccessiva. Inoltre, le banche più grandi avevano livelli di capitale di primaria qualità insufficienti, una quantità insoddisfacente di beni facilmente liquidabili e di alta qualità e, infine, sistemi di misurazione e gestione dei rischi inadeguati. L’indebitamento è stato poi facilitato da una raccolta di fondi in forme diverse da quella delle operazioni di deposito e, quindi, non sottoposte alle restrizioni ed ai limiti imposti dalla regolamentazione e dalla vigilanza bancaria (tra cui i requisiti

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7 patrimoniali di garanzia richiesti dagli accordi di Basilea). Ciò è avvenuto nel contesto del c.d. sistema bancario ombra (Shadow Banking System), ossia quel complesso di mercati, istituzioni e intermediari che erogano servizi bancari senza essere soggetti alla relativa regolamentazione3. L’espansione del sistema è stata dovuta ad un eccessivo ricorso a servizi quali la securitization ed i prodotti derivati, la cui opacità ha impedito un corretto monitoraggio delle esposizioni al rischio degli intermediari finanziari.

Il 2008 è stato anche l’anno in cui si è assistito al quasi collasso di numerose grandi società finanziarie. La banca d’investimento Bear Sterns e la compagnia assicurativa AIG hanno evitato il fallimento solamente grazie all’assistenza del governo statunitense. Fannie Mae e Freddie Mac, le Government Sponsored Enterprises o GSEs, sono state nazionalizzate e sono rimaste solventi grazie ad un piano statale da oltre 200 miliardi di dollari4. La FDIC ha fatto in modo che la banca commerciale Wachovia e la cassa di risparmio Washington Mutual venissero acquisite da altre banche così da non dover utilizzare anche in questo caso fondi pubblici. Soltanto la banca d’investimento Lehman Brothers non è stata oggetto di salvataggio da parte del governo ed il suo fallimento nel settembre 2008 ha aggravato notevolmente la crisi finanziaria.

In molti di questi casi, le autorità hanno giustificato il ricorso ai fondi pubblici per il salvataggio di queste società finanziarie, perché “too big to fail” o TBTF, letteralmente troppo grandi per fallire. La crisi ha infatti rivelato quanto fossero interconnesse fra di loro queste società finanziarie attraverso una rete di prestiti a breve termine, garanzie di credito e altri prodotti finanziari5. Queste connessioni provocano un rischio sistemico dato dal fatto che l’eventuale fallimento di uno di questi istituti, definiti in seguito dal Dodd-Frank Act come Systematically Important Financial Institutions (SIFIs), rischia di portare con sé quelli a cui è connesso e di danneggiare il resto dell’economia. I governi sono dunque riluttanti all’idea di permettere il fallimento di questi istituti finanziari per paura dei potenziali effetti negativi che possono ripercuotersi sul funzionamento del sistema finanziario. Sebbene il salvataggio delle TBTF permetta di mitigare il rischio sistemico, allo stesso tempo genera azzardo morale poiché queste società tenderanno a diventare ancora più grandi e a

3 Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, Educazione finanziaria:“Il sistema bancario ombra”, www.consob.it, 2018

4 Veronese L., Perché Lehman è stata lasciata fallire e AIG è stata salvata, Il Sole 24 Ore, 29 settembre 2008

5 Wheelock D. C., Too big to fail: the pros and cons of breaking up big banks, Federal Reserve Bank of St. Louis, ottobre 2012

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8 perseguire strategie più rischiose se i loro creditori confidano che in caso di difficoltà, riceveranno un trattamento privilegiato rispetto agli istituti non aventi la stessa rilevanza sistemica.

Meno di un decennio dopo l’essere all’epicentro di una crisi finanziaria globale, gli Stati Uniti hanno il sistema finanziario più forte e variegato delle principali economie del mondo.

La forza delle banche statunitensi e la conseguente fiducia che vi ripongono i mercati, gli ha permesso di espandere la propria attività creditizia fino a livelli simili a quelli pre-crisi.

Questo grazie all’impegno dei policymakers del mondo che si sono adoperati per creare delle misure volte ad impedire che possano ricrearsi le condizioni che hanno portato alla crisi subprime e a promuovere la stabilità finanziaria. Con l’espressione “stabilità finanziaria” ci si riferisce alla capacità del sistema finanziario di sostenere shocks interni ed esterni senza che le sue funzioni economiche fondamentali vengano danneggiate e senza provocare effetti negativi sul sistema economico nel suo insieme. Queste evidenze manifestate dalla crisi richiamano il bisogno di considerare la stabilità del sistema finanziario nel suo insieme (quindi non solo la solidità dei singoli istituti finanziari o dei singoli mercati) e di raggiungere questa stabilità senza ricorrere al sostegno straordinario del Governo6. Questo perché, nonostante i singoli intermediari finanziari risultassero ben vigilati, i mercati finanziari ben funzionanti ed i rischi ben diversificati, la crisi ha mostrato vulnerabilità di tipo sistemico che sono andate a danneggiare l’economia in senso più ampio7. È chiaro però che tali cambiamenti nella regolamentazione del sistema finanziario, volti alla promozione della stabilità, abbiano un costo; c’è infatti un trade-off tra i requisiti di capitale e liquidità che possono venire applicati ed il grado con cui il sistema bancario può svolgere la sua funzione chiave di facilitare lo svolgimento delle attività economiche.

Non solo, c’è il rischio che l’imposizione di requisiti troppo stringenti aumentino l’incentivo a migrare verso il settore bancario ombra, o shadow banking system, con conseguenze incerte per la stabilità del sistema nel suo complesso8.

6 Wyman O., Post-crisis changes in the stabilty of the US banking system: evidence from us holding companies from 2004 to 2014, 2015

7 Claessens S., Kodres L., The regulatory responses to the global financial crisis: some uncomfortable questions, 2014, WP14/46, International Monetary Fund (IMF)

8 Wyman O., Post-crisis changes in the stabilty of the US banking system: evidence from us holding companies from 2004 to 2014, 2015

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9 Gli Stati Uniti, attraverso un’azione regolamentare coordinata, sono stati molto veloci nel ripristinare la stabilità del proprio sistema finanziario. Inoltre la leadership statunitense negli sforzi globali attraverso enti quali il Comitato di Basilea, il Financial Stability Board (FSB) ed il Group of Twenty, ha contribuito alla promozione di standard per la stabilità finanziaria nel mondo, supportando così la crescita dell’economia.

Le autorità hanno infatti adottato un programma di riforma regolamentare che mirava a rafforzare le posizioni di capitale, liquidità e risk management delle grandi banche, con misure ancora più stringenti per quanto concerne gli istituti finanziari di rilevanza sistemica.

Il nuovo framework regolamentare per le grandi banche mira quindi a due obbiettivi complementari: il primo è quello di assicurare che gli istituti finanziari più grandi del paese siano abbastanza forti da funzionare efficacemente anche in periodi di stress finanziario. Il secondo obiettivo mira a gestire il problema degli istituti “too big to fail”.

Considerando entrambi questi obiettivi, il nuovo regime regolamentare deve mirare ad una maggiore resilienza nelle grandi banche piuttosto che nelle piccole, così che possano continuare ad operare anche quando sottoposte a stress e, soprattutto, senza ricorrere ad assistenza pubblica e senza danneggiare l’economia. Allo stesso tempo però, questa nuova regolamentazione deve essere in grado di gestire anche l’eventuale fallimento di uno degli istituti in questione; in questo senso deve promuovere una certa disciplina di mercato e contrastare l’azzardo morale che deriva dalla convinzione della banca e dei suoi creditori che il governo sia disposto a salvarla.

Dal 2009 in poi si è aperto il dibattito su quali fossero le iniziative da intraprendere per ovviare alle debolezze del sistema finanziario che hanno portato alla crisi. Gli ambiti di intervento sono due: in primo luogo, è stata aumentato il raggio di applicazione della vigilanza della Federal Reserve, così da coinvolgere delle Bank Holding Companies che durante la crisi ne sono state escluse; in secondo luogo è stata aumentata la rigidità delle regole di vigilanza, sia mediante l’emanazione di nuove leggi, come il Dodd-Frank Act, sia mediante il rafforzamento di quelle già esistenti, come i principi di Basilea. In particolare, queste nuove regole di vigilanza prevedono maggiori requisiti di capitale, di liquidità e nuove strategie di risk management con disposizioni via via più stringenti per gli istituti finanziari di rilevanza sistemica.

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1.2 IL DODD-FRANK ACT

Il Dodd-Frank Act, o DFA (o meglio Dodd Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act) è una riforma finanziaria imponente recepita durante l’amministrazione dell’ex presidente Obama nel 2010 e prende il nome dai due senatori che l’hanno sponsorizzata, Christopher J. Dodd e Barney Frank. Il suo obbiettivo è quello di promuovere una più completa regolamentazione finanziaria incentivando, allo stesso tempo, una maggiore tutela del consumatore e del sistema economico statunitense in generale. La riforma è molto corposa e per questo motivo è stata applicata in modo graduale e su più anni, intervenendo in diversi ambiti. Di seguito vediamo i punti salienti della riforma:

 Identificare e regolamentare il rischio sistemico: la riforma prevede l’istituzione di un Consiglio incaricato di coordinare l’operato delle numerose agenzie federali statunitensi e di designare, regolamentare e anche sciogliere, società finanziarie non bancarie indicate come sistematicamente rilevanti. Inoltre prevede l’istituzione di un altro ente incaricato di raccogliere ed esaminare informazioni finanziarie allo scopo di prevenire eventuali crisi future.

 Trovare una soluzione al problema delle “too big to fail”: richiede dei piani di scioglimento e delle procedure di scioglimento ordinate per le società di rilevanza sistemica escludendo il ricorso al denaro dei contribuenti.

 Aumento dei requisiti patrimoniali: durante la crisi le dotazioni di capitale degli istituti finanziari si sono rivelate insufficienti sia in termini qualitativi che quantitativi.

 Espansione dei poteri e delle responsabilità della Federal Reserve: la FED è incaricata di vigilare su tutte le società di importanza sistemica e di promuovere la stabilità del sistema finanziario.

 Ripristina una parte delle disposizioni del Glass-Steagall Act mediante la Volcker Rule.

 Interviene nella regolamentazione e trasparenza della negoziazione dei derivati.

Si può dire che il DFA ha reso il sistema finanziario statunitense più sicuro individuando come suo punto focale la mitigazione del rischio sistemico sviluppando strumenti specifici per la gestione delle società finanziarie di rilevanza sistemica, compiendo passi in avanti rispetto alla regolamentazione precedente. Tuttavia la riforma prevede 225 nuove regole

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11 finanziarie da spartire in molteplici agenzie federali, sprecando dunque una buona occasione per razionalizzare un sistema finanziario complesso come quello statunitense.

1.2.1 La struttura di vigilanza

L’elevato grado di frammentazione e sovrapposizione regolamentare degli Stati Uniti ha contribuito alla crisi finanziaria. La vigilanza bancaria statunitense infatti, è molto sconnessa rispetto a quella degli altri paesi industrializzati, trattandosi di un “dual banking system”, espressione che si riferisce all’esistenza parallela di un sistema bancario federale ed uno statale.

La tipologia più diffusa di istituto depositario del sistema bancario statunitense sono le banche commerciali, che ad oggi ammontano a poco meno di 5000 e sono in costante diminuzione. Dal 2010 infatti sono nate soltanto 7 banche in tutto il paese, ma la storia prima della crisi era ben diversa: solo nel 2007 ne sono nate 157 e nel decennio 1997-2007 ne nascevano in media 159 all’anno9.

Figura 1.3: Apertura di nuovi sportelli negli Stati Uniti

Fonte: Maurizio Sgroi, La non crescita “demografica” delle banche americane, Il Foglio, 5 marzo 2017

La crisi finanziaria del 2008 ha infatti ridotto gli incentivi ad aprire nuove banche commerciali, principalmente per due motivi. In primo luogo, secondo quanto riportato dal Consiglio Direttivo della Fed10, il motivo è da imputare ad una scarsa redditività bancaria.

Un importante fattore della redditività di una banca è costituto dal margine netto di interesse. La politica della Fed per cui ha mantenuto il proprio tasso di riferimento prossimo

9 Sgroi M., La non crescita “demografica” delle banche americane, Il Foglio, 5 marzo 2017

10 McCord R., Prescott E. S., Sablik T., Explaining the decline in the number of banks since the Great Depression, marzo 2015, Federal Reserve Bank of Richmond

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12 allo 0 dopo il 2008 ha spinto verso il basso anche i tassi di interesse applicati dalle banche, riducendo a loro volta il margine netto di interesse. Secondariamente, un altro motivo da imputare alla riduzione di nuovi sportelli sono i requisiti regolamentari più gravosi. Il Dodd- Frank Act introducendo maggiori requisiti di capitale, ispezioni frequenti ed allungando il processo per l’apertura di una nuova banca richiede sforzi di compliance non indifferenti per aprirne una nuova, soprattutto per quelle di piccole dimensioni. Pertanto la deregolamentazione promessa da Trump potrebbe invertire la tendenza ammesso che vada nella direzione di una semplificazione degli adempimenti e dei requisiti richiesti per l’attività bancaria.

La natura duale del sistema bancario consente una prima e basilare distinzione delle banche statunitensi tra banche federali, o national banks, e banche statali, o state banks. La banca può autonomamente decidere se operare con una licenza federale oppure una statale e, anche se le differenze fra le due sono poco rilevanti, la scelta influenza molto i piccoli risparmiatori poiché ha un impatto significativo sulla vigilanza a cui sarà sottoposto l’istituto di credito. È necessario inoltre differenziare tra le banche statali che appartengono o meno al Federal Reserve System o FRS, conosciuto anche come Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti. Le national banks, infatti, per legge appartengono al FRS. Le state banks, invece, possono decidere di appartenervi o meno. Le state banks che entrano a far parte del FRS sono denominate “state member banks”; dall’alta parte, quelle che decidono di non appartenervi vengono definite “nonmember banks”.

Ogni istituto finanziario è assoggettato alla regolamentazione e vigilanza primaria da parte di un’autorità di controllo. Quattro agenzie federali hanno autorità prudenziale per vigilare sugli istituti depositari e cioè banche, casse di risparmio e crediti cooperativi: la Federal Reserve (da qui in avanti, FED), l’Office of the Comptroller of the Currency (OCC), il Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) ed il National Credi Union Administration (NCUA). Vi sono poi due agenzie che vigilano sui mercati ed i contratti finanziari e sono la Securities Exchange Commission (SEC) e la Commodities Futures Trading Commission (CFTC).

Delle circa 5200 banche commerciali che si contavano alla fine del 2016, soltanto 973 erano national banks, ma, nonostante siano in minoranza rispetto alle state banks,

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13 detengono più del 50% del totale degli assets bancari11. L’autorità di vigilanza di riferimento delle national banks è l’Office of the Comptroller of the Currency (OCC), un’agenzia federale indipendente del governo istituita con il National Currency Act nel 1863 che ha il compito di regolare e vigilare su tutte le banche nazionali e le filiali di banche estere presenti negli Stati Uniti. L’OCC è diretto dal Comptroller of the Currency, il quale viene nominato dal Presidente ed approvato dal Senato. Dal luglio 2011 il Dodd-Frank Act ha affidato all’OCC l’incarico di vigilare e regolamentare anche le casse di risparmio federali. In precedenza l’autorità incaricata della vigilanza di questi soggetti era l’Office of Thrift Supervision. L’Office of Thrift Supervision è stata un’agenzia del Dipartimento del tesoro creata nel 1989 ed era l’autorità di controllo di riferimento di tutte le casse di risparmio, sia di natura federale che statale e delle holding companies12. Il Dodd-Frank Act ha eliminato questa agenzia trasferendone i poteri alle altre autorità, in particolare all’OCC.

Pertanto i compiti di quest’ultimo consistono nel concedere le autorizzazioni federali alle banche e stabilire il range di attività da queste esercitabili; definire e comunicare regole e politiche operative applicabili alle suddette banche; vigilare sul sistema nazionale delle banche e delle casse di risparmio attraverso ispezioni on-site, monitoraggio off-site, analisi del rischio sistemico e l’applicazione di adeguate misure prudenziali laddove è necessario.

Le state banks ricevono l’autorizzazione ad operare e sono vigilate dall’autorità dello stato a cui appartengono, i c.d. State banking department. La preferenza tra un’autorizzazione statale o federale è più una questione di gusti piuttosto che di scelte imprenditoriali. C’è un’eccezione per quanto riguarda le banche di maggiori dimensioni che sono in un certo modo obbligate a scegliere la forma federale, poiché in questo modo saranno soggette ad un solo insieme di leggi, mentre, nel caso della preferenza statale, verrebbero assoggettate a 50 diversi complessi di leggi, ognuno differente dall’altro. Non è quindi possibile stabilire a priori con certezza cosa può fare o non fare una banca statale.

Comunque, ad oggi, dopo una serie di interventi normativi, le state banks possono emulare praticamente in tutto le national banks, rendendole molto simili fra loro e riducendo i motivi di scelta fra le une e le altre13.

11 Federal Financial Institutions Examination Council, Annual report, 2016

12 U.S. Department of the Treasury, Office of Thrift Supervision, 10 marzo 2010

13 Felsenfeld C., Glass D. L., Banking Regulation in the United States, Terza edizione, Juris Publishing Inc., New York, 2011

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14 Le state member banks, cioè le banche statali che decidono di appartenere al Federal Reserve System, trovano nella Federal Reserve la loro autorità di vigilanza di riferimento. Il Federal Reserve System, o semplicemente Federal Reserve, è la banca centrale degli Stati Uniti. La FED fu istituita con l'approvazione del Federal Reserve Act del 23 dicembre 1913 e svolge cinque funzioni generali per sostenere il funzionamento efficace dell’economia del paese: conduce la politica monetaria del Paese; sostiene la stabilità del sistema finanziario e cerca di ridurre al minimo i rischi sistemici attraverso un monitoraggio costante; promuove la solidità e la sicurezza finanziaria dei singoli istituti finanziari; incoraggia la sicurezza e l’efficienza del sistema dei pagamenti; garantisce la tutela del consumatore14.

Nel vigilare sulle banche appartenenti al Federal Reseve System, la FED condivide i suoi poteri di vigilanza con l’OCC per quanto riguarda le national banks e con i State banking departments per le banche statali.

Oltre alle banche commerciali, la FED vigila sulle holding bancarie e finanziarie. Le banche sono spesso controllate o possedute da un’altra società definita Bank holding company (BHC). La FED ha autorità di vigilanza e regolamentazione su tutte le BHCs a prescindere che le loro sussidiarie siano banche di natura federale o statale e che appartengano o meno al Federal Reserve System. Il Gramm-Leach-Blilely Act del 1999 consente alle BHCs che soddisfano determinati requisiti di diventare Financial holding companies, o FHCs, assoggettate anch’esse alla vigilanza della FED. Queste FHCs possono controllare intermediari impegnati nella sottoscrizione e negoziazione di titoli oppure società impegnate nell’intermediazione finanziaria ed assicurativa. Quando una FHCs controlla una di queste entità, la FED andrà a collaborare con altre autorità di controllo, rispettivamente con la SEC e autorità assicurative statali15.

La FED, dopo l’eliminazione dell’Office of Thrift Supervision da parte del Dodd-Frank Act, vigila anche sulle Saving and Loans holding companies, cioè società che controllano casse di risparmio, indifferentemente se statali o federali (che saranno vigilate rispettivamente da FDIC e OCC).

Infine, il Dodd-Frank Act ha sottoposto alla vigilanza della FED anche le società finanziarie non bancarie designate come sistematicamente rilevanti da parte del Financial

14 Federal Reserve, About the Fed, 14 novembre 2017

15 Federal Reserve, The Federal Reserve System: purposes and functions, Federal Reserve System Publication, ottobre 2016

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15 Stability Oversight Council (FSOC), andando così a colmare un’importante lacuna evidenziata dalla crisi subprime. Poiché l’eventuale fallimento di uno di questi soggetti può avere conseguenze avverse sul sistema finanziario e sull’economia reale, il DFA richiede che la FED riduca le probabilità che ciò accada attraverso l’applicazione di standard prudenziali speciali, che diventano progressivamente più gravosi all’aumentare della rilevanza sistemica del soggetto in questione ed includono maggiori requisiti patrimoniali basati sul rischio e requisiti di leverage, indici di liquidità, strategie di risk management efficaci, limiti di concentrazione, piani di scioglimento ordinato (“living wills”) e informazioni sulle esposizioni creditizie. Questi requisiti particolari possono essere imposti anche alle Bank holding companies statunitensi e alle banche straniere più grandi.

Le state nonmember banks, sono le banche statali che hanno deciso di non appartenere al Federal Reserve System e la loro autorità di vigilanza di riferimento è il Federal Deposit Insurance Corporation, o più semplicemente FDIC, un’agenzia indipendente creata dal Congresso incaricata di mantenere la stabilità e la fiducia del pubblico nel sistema finanziario nazionale, fornendo un’assicurazione sui depositi a tutti i risparmiatori delle banche statunitensi. La FDIC garantisce i depositi della quasi totalità delle banche commerciali: le banche nazionali e le state member banks devono assicurare i propri depositi per legge; le state nonmember banks sono soggette ad un mix di leggi e regolamenti statali diversi a seconda dello Stato in cui operano. Il 98% delle banche statali risulta comunque essere assicurato presso la FDIC16. Nello svolgere questo peculiare ruolo di assicuratore dei depositi, la FDIC, in cooperazione con le altre autorità statali e federali, promuove la solidità e la sicurezza degli istituti depositari assicurati e del sistema finanziario statunitense attraverso l’identificazione, il monitoraggio e la gestione dei rischi17. Dunque la FDIC svolge tre compiti fondamentali: 1) assicura i depositi; 2) protegge i depositanti delle banche assicurate mediante la sua funzione di vigilanza e supervisione bancaria; 3) gestisce il fallimento di queste banche. La FDIC amministra inoltre il Bank insurance fund, cioè un fondo di assicurazione dei depositi che serve a tutelare i risparmiatori nel caso di fallimento della loro banca ed il Savings Association Insurance Fund, che svolge la stessa funzione, ma con riferimento alle casse di risparmio. I due fondi

16 Felsenfeld C., Glass D. L., Banking Regulation in the United States, Terza edizione, Juris Publishing Inc., New York, 2011

17 Federal Deposit Insurance Corporation, Resolutions Handbook, 23 dicembre 2014, disponibile in https://www.fdic.gov/

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16 sono stati fusi in uno, il Deposit Insurance Fund nel 2006. Quindi, oltre alla sua autorità sulle nonmember banks, la FDIC ha il potere di esaminare, direttamente o in collaborazione con altre autorità statali o federali, qualsiasi banca a scopi assicurativi18. L’assicurazione ricopre tutti i depositi, inclusi conto correnti, conti di risparmio e certificati di deposito. Al contrario, l’assicurazione non copre altri prodotti e servizi finanziari offerti dalla banca, come ad esempio azioni, obbligazioni, fondi comuni d’investimento o altri titoli finanziari.

La copertura assicurativa inizialmente era pari a 2,500 $ per depositante. Dopo l’entrata in vigore del Dodd-Frank Act la copertura è stata innalzata a 250,000 $ per depositante19.

Poiché non esisteva una singola autorità incaricata di vigilare sull’intero sistema finanziario ed il quadro normativo finanziario degli Stati Uniti era eccessivamente focalizzato sui singoli istituti finanziari e sui singoli mercati, negli anni precedenti la crisi si sono sviluppate numerose lacune a causa delle quali i regulators non si sono accorti dei rischi che si andavano accumulando nel sistema finanziario. Anche la mancanza di informazioni finanziarie uniformi ha ostacolato una corretta comprensione dei rischi presenti sui mercati finanziari. Oltre alle lacune, anche le sovrapposizioni di competenze fra autorità bancarie e autorità dei mercati finanziari hanno avuto un ruolo, andando a provocare frizioni tra agenzie diverse, un uso inefficiente della vigilanza e delle risorse regolamentari, richieste simili e maggiori sforzi di compliance da parte dei soggetti vigilati ed infine opportunità di arbitraggio regolamentare. Di fronte a questi problemi e considerando che fra le cause scatenanti della crisi troviamo, tra le altre, una vigilanza inefficace, il Dodd-Frank Act ha ristrutturato e rafforzato il sistema di vigilanza.

A questo proposito la riforma prevede l’istituzione del Financial Stability Oversight Council (FSOC) che ha mandato statutario di creare una responsabilità collettiva per identificare i rischi e le minacce che possono compromettere la stabilità finanziaria. È un organo congiunto presieduto dal Segretario del Tesoro, che riunisce l’esperienza delle autorità di controllo federali, un esperto assicurativo indipendente indicato dal Presidente e dai regulators statali20. Il Financial Stability Oversight Council cerca di rimediare a questi problemi facilitando la coordinazione tra le numerose autorità di controllo: agevolando la condivisone di informazioni tra loro, il Consiglio aiuta a ridurre le carenze e le debolezze

18 International Monetary Fund, Financial Sector Assessment Program: detailed assessment of observance of the Basel core principles for effective banking supervision, IMF Country Report No. 15/89, aprile 2015

19 Federal Deposit Insurance Corporation, Strategic plan: insurance program, 19 maggio 2015

20 U.S. Department of the Treasury, About FSOC, 20 settembre 2017

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17 della struttura regolamentare e promuove un sistema finanziario più stabile. Si occupa poi di individuare società finanziare non bancarie da assoggettare a vigilanza consolidata, che verranno quindi identificate come Systemically Important Financial Institutions o SIFIs, e assoggettate alla vigilanza della FED. A questo proposito può imporre la chiusura di quelle società considerate una minaccia per la stabilità del sistema finanziario. Dunque, il FSOC è incaricato di individuare i rischi per la stabilità finanziaria degli Stati Uniti che possono derivare dalle difficoltà finanziarie, dal fallimento, o dalle attività in corso delle grandi bank holding companies o delle società finanziarie non bancarie. Deve inoltre eliminare, attraverso la promozione della disciplina sul mercato, le aspettative degli azionisti, dei creditori e delle controparti di questi soggetti che il governo interverrà nel caso del loro fallimento21.

Il DFA non prevede solo l’istituzione del Financial Stability Oversight Council, ma anche del Consumer Financial Protection Bureau (CFPB) che ha il compito di proteggere i consumatori tramite il monitoraggio e la regolazione dei settori delle carte di credito, di debito e dei mutui immobiliari. Il CFPB si impegna ad agevolare la comprensione dei documenti da parte del consumatore al momento della sottoscrizione ed impedisce agli intermediari di guadagnare commissioni maggiori sui mutui con tassi di interesse maggiori.

Ulteriormente il DFA prevede l’istituzione di un ufficio appartenente alla Securities and Exchange Commission (SEC), cioè il “Office Credit Ratings”, che ha il compito di controllare che le agenzie di rating migliorino l’accuratezza delle proprie analisi e forniscano rating affidabili e veritieri delle aziende che vanno a valutare. Questo alla luce del fatto che le agenzie di rating sono accusate di aver assegnato rating inesatti favorendo così lo scoppio della crisi finanziaria.

Infine, è andata a chiudere una importante lacuna conferendo autorità di intervento in tema di derivati a due autorità diverse, la SEC e la CFTC. La Securities Exchange Commission è l’ente federale statunitense incaricato di proteggere gli investitori e garantire l’efficienza dei mercati finanziari. Questo soggetto vigila sui partecipanti nei mercati finanziari, quindi le borse valori, intermediari finanziari, consulenti finanziari e società di

21 Liang J. N., Financial Stability Overisight Council, Federal Reserve, 14 aprile 2011

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18 investimento. Nello svolgere questo ruolo, si concentra nel garantire trasparenza nelle informazioni di mercato, negoziazioni eque e proteggere gli individui da frodi22.

La Commodities Futures Trading Commission invece è un’agenzia indipendente creata dal Congresso nel 1974 nata con il compito di regolamentare il mercato futures delle materie prime. Inizialmente le materie prime erano di tipo agricolo, energetico o metallico.

Oggi l’agenzia vigila anche su prodotti finanziari come tassi di interesse, indici azionari e valute straniere. Dunque, per promuovere l’integrità dei mercati, la CFTC difende il mercato dei derivati da eventuali abusi. Cerca inoltre di ridurre i rischi che i mercati dei futures e degli swaps apportano all’economia23.

Il Dodd-Frank Act prevede un nuovo quadro normativo per la regolamentazione dei mercati over the counter degli swaps, dividendo i poteri di vigilanza tra la CFTC, responsabile della maggioranza degli swaps, e la SEC responsabile dei “security-based swaps”, ossia i contratti di "scambio" più semplici basati su un singolo titolo, finanziamento o su una base molto ristretta di titoli o di eventi da monitorare tra cui troviamo i famigerati credit default swaps, colpevoli di aver alimentato la crisi subprime24.

Nelle figure 1.4 e 1.5 possiamo vedere come si sia modificata la struttura della vigilanza finanziaria in seguito all’emanazione del Dodd-Frank Act.

Figura 1.4: Struttura regolamentare statunitense pre-DFA

Fonte: Baily M. N., Klein A., Schardin J., The impact of the Dodd-Frank Act on financial stabilty and economic growth, The Russel Sage Foundation journal of the social sciences, 4 gennaio 2017

22 U.S. Securities and Exchange Commission, What we do, 10 giugno 2013

23 U.S. Commodities Futures Trading Commission, Mission&Responsibilities, novembre 2017

24 Fleming R. A., Examining the Dodd-Frank Act and the future of financial regulation, Securities Exchange Commissione, 16 novembre 2016l

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Figura 5: Struttura regolamentare statunitense post-DFA

Fonte: Baily M. N., Klein A., Schardin J., The impact of the Dodd-Frank Act on financial stabilty and economic growth, The Russel Sage Foundation journal of the social sciences, 4 gennaio 2017

Anche se rafforzare la regolamentazione delle società bancarie è di estrema importanza, dobbiamo ricordarci che tra le cause scatenanti la crisi troviamo il finanziamento all’ingrosso a breve termine a società finanziarie, non necessariamente bancarie, altamente indebitate, molte delle quali si trovavano al di fuori del sistema bancario tradizionale.

Dunque, in questo processo intrapreso dal Dodd-Frank Act di rafforzamento della vigilanza del sistema bancario tradizionale diventa essenziale monitorare e limitare l’accumulo di rischi sistemici nel sistema finanziario non bancario. La stabilità finanziaria dipende, tra le altre cose, da una vigilanza consolidata efficace e dalla regolamentazione delle società finanziarie il cui fallimento può minacciare il sistema finanziario. Uno degli insegnamenti che possiamo trarre dalla recente crisi è stata la quantità prodigiosa di rischio sistemico che si è concentrata in numerose società finanziarie non bancarie. Per mitigare tali rischi il Dodd-Frank Act ha conferito al Financial Stability Oversight Council il potere di designare società finanziarie considerate di rilevanza sistemica (SIFIs) sottoponendole quindi alla vigilanza della Federal Reserve, allargandone il perimetro di azione.

Nei decenni precedenti la crisi, sempre più attività finanziarie avvenivano al di fuori del sistema bancario tradizionale. Ad esempio, nel 1970 circa il 75% dei mutui immobiliari era detenuto da banche di deposito. Dopo il 2008, la proporzione è scesa del 30%, mostrando un maggior ricorso all’utilizzo di strumenti finanziari diversi, come la securitization o i

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20 derivati. Ciò si è tradotto in un sistema finanziario più complesso in cui operavano sempre più società finanziarie non bancarie. La maggior parte degli istituti finanziari implicati nella crisi finanziaria erano proprio questi soggetti, come ad esempio Bear Stearns e Lehman Brothers, le government-sponsored enterprises Fannie Mae e Freddie Mac e l’impresa assicurativa AIG. Già prima dell’emanazione del Dodd-Frank Act, nelle fasi immediatamente successive allo scoppio della crisi il perimetro di vigilanza della Federal Reserve è stato esteso, andando ad includere:

a. Le “bulge bracket investment banks”, o grandi banche d’affari: dopo il 2007 le cinque banche di investimento più grandi contavano un patrimonio pari a 4 mila milardi di dollari. Durante la crisi, il fallimento della Lehman Brothers ed il quasi fallimento di Merryl Linch e Bear Stearns, entrambi istituti non bancari, hanno contribuito pesantemente alla manifestazione del rischio sistemico. Mediante l’acquisizione di questi soggetti da bank holding companies già costituite e mediante la conversione di Goldman Sachs e Morgan Stanley allo status di BHC, questi soggetti sono rientrati nel perimetro di applicazione della vigilanza bancaria esercitata dalla FED.

b. I maggiori fornitori di prestiti commerciali e al consumo: anche questi soggetti sono stati convertiti allo status di BHC mediante conversioni o acquisizioni tra il 2007 ed il 2011. Tra questi troviamo: Ally, American Express, CIT, Countrwide, Discover e Washington Mutual.

Buona parte delle attività esercitate da questi soggetti esulavano dalle regole di vigilanza prudenziale applicate alle banche. È noto che negli anni precedenti la crisi, le banche d’affari in particolare, avevano dotazioni di capitale ben inferiori rispetto a quelle delle banche soggette alla vigilanza della FED e facevano molto più affidamento a fonti di finanziamento volatili. La loro inclusione nell’ambito di applicazione della vigilanza della FED fa sì che, al pari delle altre banche, debbano detenere maggiori quantità di capitale, utilizzare fonti di finanziamento più stabili e mantenere scorte di capitale facilmente liquidabile.

Nel 2013, attuando una delle disposizioni previste dal Dodd-Frank Act, il FSOC ha designato come SIFIs tre società non bancarie25: AIG, General Electric Capital Corporation

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21 e Prudential Financial Inc. Nel dicembre 2014 è stato il turno di MetLife. Un mese dopo, MetLife ha avviato una causa nei confronti del governo per annullare tale decisione e nel marzo del 2016 ha raggiunto il suo scopo. GE Capital e AIG hanno seguito l’esempio ed hanno fatto richiesta al FSOC di revocare la loro classificazione a SIFIs. La revoca è stata approvata prima per GE (2016) e poi per AIG (settembre 2017)26 perché entrambe hanno ridotto il proprio profilo di rischio e non rappresentano più una minaccia alla stabilità finanziaria degli Stati Uniti27.

Concludendo, dalla crisi e in accordo con l’obiettivo di promuovere la stabilità finanziaria, molte attività che prima non rientravano nel raggio di applicazione della vigilanza prudenziale, ora sono soggette ad una rigida regolamentazione. Questo garantisce che attività che potrebbero contribuire al rischio sistemico siano costantemente monitorate e gestite. Dall’altro lato tuttavia, tali cambiamenti regolamentari potrebbero incentivare la migrazione verso l’esterno del perimetro di vigilanza ed è per questo motivo che l’evoluzione dei rischi al di fuori del settore bancario dovrà essere sotto costante osservazione per garantire che la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso venga mantenuta.

1.2.2 Il problema delle “too-big-to-fail”

La crisi subprime ha evidenziato l’importanza della mitigazione del rischio sistemico, necessaria per assicurarsi che se un istituto finanziario subisce una crisi di liquidità, non vada a danneggiare gli altri istituti finanziari a cui è connesso. Numerose società finanziarie di grandi dimensioni hanno rischiato il fallimento nel 2008 se non fosse intervenuto il governo offrendo loro assistenza finanziaria. In molti di questi casi, i policymakers hanno giustificato l’uso delle risorse pubbliche per il salvataggio di queste società perché “di rilevanza sistemica” o più comunemente definite “troppo grandi per fallire” (“too big to

26 U.S. Department of the Treasury, Financial Stability Oversight Council: Designations, 2 ottobre, 2017

27 Dugan K., GE, AIG join revolt against “too-big-to-fail” label, New York Post, 31 marzo 2016

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22 fail”)28, nonostante il governo non disponesse di una politica specifica per il loro salvataggio.

Queste società finanziarie vengono definite dal Dodd-Frank Act come Systemically Important Financial Institutions (SIFIs), e possono essere sia istituti bancari, sia non bancari. Con riferimento ai prime, le SIFIs sono banche con un patrimonio superiore a 50 miliardi di dollari. Ad oggi se ne contano 38 e devono rispettare requisiti di capitale e di liquidità più stringenti rispetto alle non SIFIs, oltre all’essere sottoposte annualmente a degli stress test ed essere dotate di un piano per il loro scioglimento ordinato. Poiché le SIFIs maggiori sono cinquanta volte più grandi delle minori, il Comitato di Basilea ha individuato inoltre una nuova classe di SIFIs e cioè le Globally Sistemically Important Banks, o G-SIBs che, rispetto alle SIFIs, devono rispettare requisiti prudenziali ancora più stringenti. Mentre l’identificazione di una SIFI avviene sulla base della quantità oggettiva dei suoi assets ed è eseguita dal Financial Stability Oversight Council, l’identificazione di una G-SIB è eseguita dal Comitato di Basilea. Una società viene giudicata di rilevanza sistemica sulla base della decisione del FSOC per cui “lo stress finanziario concreto dell’impresa o la natura, la portata, la dimensione, la concentrazione, l’interconnessione o il mix di attività della società, potrebbero essere una minaccia alla stabilità finanziaria degli Stati Uniti29. Il Comitato di Basilea invece, usa i seguenti fattori: 1) la complessità (complexity), 2) il loro grado di connessione con altre società finanziarie (interconnectedness), 3) la loro attività con altri paesi (cross-jurisdiction), 4) la sostituibilità delle attività esercitate (substitutability), 5) la dimensione (size)30. Le G-SIBs situate negli Stati Uniti sono otto e sono: JP Morgan Chase, Bank of America, Wells Fargo, Citigroup, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of New York Mellon e State Street.

Infine, delle 38 SIFIs, nove di queste sono società finanziarie non bancarie. Il Financial Stabilty Oversight Council ha il compito di identificare quali sono.

La mitigazione del rischio sistemico, che include l’eliminazione del problema delle too big to fail, o TBTF, è uno degli obiettivi fondamentali del Dodd-Frank Act31. La riforma del

28 Labonte M., Systemically Important or “Too Big To Fail” Financial Institutions, Congressional Research Service 26 maggio 2017

29 Labonte M., Op. cit, p. 19

30 The Clearing House, The State of American Banking: an assessment of the resiliency of US banks and their ability to support steady economic growth, novembre 2016

31 Labonte M., Systemically Important or “Too Big To Fail” Financial Institutions, Congressional Research Service, 26 maggio 2017

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23 2010 affronta il problema attraverso requisiti prudenziali specifici per queste società, limiti alla loro dimensione ed al tipo di attività da queste esercitabili e, infine, la creazione di un regime di scioglimento ordinato nel caso del fallimento di una società finanziaria non bancaria che può alimentare il rischio sistemico. L’obiettivo finale di queste regole è ridurre la probabilità di fallimento delle TBTF da un lato e, qualora dovesse comunque accadere, impedire il contagio degli istituti collegati, dall’altro.

Il contagio può avvenire sia tra società piccole, sia grandi, ma quest’ultime sono caratterizzate da problemi a sé stanti. Le imprese tendono infatti ad avere maggiori esposizioni nei confronti delle società finanziarie più grandi e le eventuali perdite che potrebbero subire su queste esposizioni, in caso di fallimento della controparte, rischiano di essere talmente gravi da provocare il fallimento di terze parti.

Gli economisti ritengono che il vero problema di queste società non sia tanto la loro dimensione, quanto il fatto che sono troppo interconnesse per fallire: se i problemi di un certo segmento di mercato destabilizzano una di queste società, ampiamente interconnessa ad altre, i problemi possono diffondersi negli altri segmenti di mercato in cui la società opera. Il rischio sistemico provocato dalla Lehman Brothers conferma che una società che non è tra le più grandi in termini assoluti può comunque essere troppo interconnessa per fallire. Anche se alcuni policymakers hanno scartato l’idea che ogni società possa essere troppo grande per fallire, molti analisti credono che il fallimento della Lehman Brothers, avvenuto in un contesto i cui molte grandi società finanziarie erano già in difficoltà, abbia peggiorato la crisi. Il panico che è seguito probabilmente non poteva essere evitato, dal momento che le turbolenze che sono seguite al fallimento della Lehman Brothers non erano state in alcun modo previste. A quel punto, anche se il salvataggio, o “bail out” delle TBTF non era un’azione pianificata, è diventata una delle migliori misure di contenimento della crisi per prevenire la ricaduta che, il fallimento di una di queste società, avrebbe sul sistema finanziario e sull’economia nel suo complesso32.

Il salvataggio delle too big to fail è stato ampiamente criticato poiché avvenuto mediante il ricorso al denaro dei contribuenti, ma ci sono anche ragioni economiche per cui l’esistenza stessa di queste società è inefficiente. Poiché imprese di piccole e grandi dimensioni hanno clienti e linee di business diverse fra loro, troppo capitale confluisce nelle

32 Labonte M., Systemically Important or “Too Big To Fail” Financial Institutions, Congressional Research Service, 26 maggio 2017

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24 prime e troppo poco nelle seconde, risultando così in un’allocazione inefficiente delle risorse di mercato. Inoltre, salvare queste società mantiene la stabilità del sistema finanziario nel breve termine, ma non nel lungo termine a causa della manifestazione dell’azzardo morale che indebolisce la disciplina di mercato. Infatti, se una TBTF si aspetta di essere salvata, avrà l’incentivo ad assumere rischi maggiori rispetto a quelli che assumerebbe senza avere questa garanzia. È utile esaminare anche chi viene salvato in caso di bail out del governo: il management, i proprietari, i creditori (inclusi i depositanti), i correntisti ed altre controparti. In alcuni casi il management potrebbe essere rimosso, ma questo non gli impedisce di attuare strategie altamente rischiose, in quanto i managers non saranno comunque direttamente responsabili delle eventuali perdite. Creditori, correntisti e le altre controparti generalmente vengono riparati da qualsiasi perdita. Viceversa, in assenza di un intervento governativo ed in caso di fallimento della società, tutti questi soggetti subirebbero una perdita diversa in base all’ordine di ripartizione previsto per legge.

Il Dodd-Frank Act prevede diverse misure di intervento per affrontare il problema delle TBTF:

 Bailouts;

 Limitare la dimensione dell’impresa;

 Limitare il raggio di attività esercitabili;

 Procedure di scioglimento;

 Regolamentazione.

I bailouts possono essere definiti come assistenza governativa nei confronti di una singola impresa per prevenire il loro fallimento, diversi dai programmi di assistenza governativi ampiamente disponibili per fornire liquidità alle imprese solvibili. Prima della crisi non troviamo una norma specifica per gestire il fallimento di una TBTF, bancaria e non, perché non era mai stata necessaria; dalla Grande Depressione al 2008 non ci sono stati episodi simili di instabilità finanziaria. Le turbolenze finanziarie precedenti la crisi subprime sono state neutralizzate con i tipici strumenti monetari della FED ed il ricorso al suo ruolo di prestatrice di ultima istanza33.

33 Labonte M., Systemically Important or “Too Big To Fail” Financial Institutions, Congressional Research Service ,26 maggio 2017

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