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Capitolo II

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Academic year: 2021

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Capitolo II

“Le strutture dei saggi positivi nel pianoro orientale del

sito di Serra d’Alto”

1.

Introduzione

Dall’osservazione della documentazione cartografica del sito di Serra d’Alto e in relazione agli

scavi condotti da E. Bracco nel mese di settembre dell’anno 1942 risulta che i saggi indicati come positivi, ovvero caratterizzati dalla presenza di materiale archeologico, sono situati nei fondi terrieri di Antonio Chico, situato nelle vicinanze della Lamia Braia e, a nord-est di essa a poco meno di 100 metri di distanza, quello di Moretti: nella prima proprietà i saggi positivi sono quello situato perpendicolarmente al lato ovest della Lamia e quello denominato “pozzo” a sud-sud-est della stessa; nel fondo Moretti invece sono i saggi indicati con i numeri I e II come risulta dalle mappe relative.

2.

Il fondo di proprietà Antonio Chico

2.1

Il saggio a nord-ovest della Lamia Braia

Il saggio, orientato secondo l’asse est-ovest, ha una forma rettangolare allungata (di metri 8.20x1.50) con una profondità che varia a seconda dei tagli: il taglio “b”, quello più vicino alla Lamia, misura circa 2.35 metri ed è più profondo del taglio “c” che misura 1.45 metri.

Come è già stato osservato durante le analisi cartografiche, il saggio risulta essere stato verosimilmente scavato in diverse fasi temporali, denominate nei cartellini come “spazi I, II, III,

IV” che corrispondono a successivi ampliamenti. Osservando le sezioni, si nota che il saggio è

composto da un primo strato superficiale di “terra nera” di circa 0.50 metri di spessore ed è delimitato alle estremità da roccia sabbiosa. Il piano di calpestio non è omogeneo ma è interessato da una porzione di piano con pietre di 1.50 x 0.95 metri, collocato nel IV spazio, all’estremità ovest del saggio, in corrispondenza del taglio “c”.

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I materiali, in stato frammentario, sono stati riscontrati in tutti gli spazi e a diverse profondità e risultano in maggior parte appartenenti a uno stesso orizzonte culturale, quello della ceramica impressa, eccetto che per n°42 frammenti (su un totale di 404), in figulina a bande rosse e di tipo Serra d’Alto.

Osservando la cartografia (mappa n°1) si nota la presenza, nelle immediate vicinanze del sito, di un tratto di una delle due trincee localizzate nel pianoro orientale della collina, le quali furono indagate

da D. Ridola e da U. Rellini1 e successivamente indicate da Lo Porto2 come possibili fossati di due

insediamenti scavati nel terreno sabbioso. Purtroppo di tali trincee non se ne conosce l’andamento completo perché sono state indagate solo parzialmente.

Data la forma, la profondità, la serie particolare del riempimento della struttura intercettata dal saggio, la distribuzione e lo stato dei reperti è possibile ipotizzare che tale struttura fosse stata un

tratto di fossato, in quanto ne presenta tutte le caratteristiche. In seguito, è verosimile che sia stato

usato come fossa di scarico3.

La sua vicinanza con la trincea Rellini potrebbe anche essere interpretata come un tentativo effettuato da E. Bracco per verificare l’esistenza di un proseguimento della vecchia trincea di recinzione del villaggio, ma osservando la mappa generale si nota che la struttura vicino alla Lamia e la trincea hanno un orientamento non completamente allineato (est-ovest e nord-sud) e questo fatto lascia un po’ incerta l’interpretazione proposta.

Si può ragionevolmente pensare che la struttura sia stata colmata durante la fase antica del neolitico,

dato che la ceramica impressa è in grande maggioranza, tuttavia il fatto che si trovi associata

talvolta alla figulina dipinta, non solo negli strati superficiali ma soprattutto più in profondità (a 0.50 e tra 0.80 e 1.10 metri), potrebbe suggerire una frequentazione, seppur parziale, anche nelle fasi più recenti del neolitico. La presenza di questi materiali negli strati più profondi del saggio potrebbe anche essere spiegata come una intrusione accidentale dei frammenti causata da piante e radici.

1 RIDOLA D., 1924-26 , RELLINI U., 1925.

2 LO PORTO F.G., 1989.

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2.2

Il saggio denominato “fondo di capanna”

Il saggio situato a sud-sud-est della Lamia Braia nel fondo di proprietà di Antonio Chico individua una struttura scavata in un terreno sabbioso e caratterizzata da una pianta subcircolare a pozzetto, che misura 1.60x1.42 metri all’imboccatura ed è profonda circa 2.58 metri.

Come già osservato nelle mappe n°6, n°7 e n°8, l’area risultata ricca di materiale archeologico è quella circoscritta al pozzetto, che ha una forma “campaniforme”, in quanto le pareti sono ristrette all’imboccatura e più ampie in profondità.

I materiali rinvenuti sono attribuibili alla fase della cultura di Serra d’Alto, sia per quanto riguarda la ceramica figulina dipinta che per quella di impasto.

Per tutte queste caratteristiche il saggio in esame potrebbe essere interpretato come una struttura di

conservazione o un silos, anche in relazione al fatto che nel territorio materano queste strutture

infossate sono ampiamente attestate a Serra d’Alto4

, a Murgia Timone5 e a Trasano6 soprattutto

nellafase della cultura di Serra d’Alto. Inoltre, l’ipotesi che il saggio “fondo di capanna” sia quello

descritto sulle mappe come “pozzo”può essere sostenuta dal fatto che il termine fa pensare proprio

a una struttura infossata.

Per quanto riguarda la nomenclatura attribuita al saggio dalle annotazioni stratigrafiche è interessante osservare che nei primi decenni del novecento il termine “fondo di capanna” veniva utilizzato per descrivere un tipo di struttura infossata con residui antropici che veniva interpretata come una struttura abitativa. Tale equivoco è durato fino a quando una serie di nuovi scavi e la scoperta di più dirette evidenze abitative hanno reso migliore il quadro delle forme reali dell’abitato neolitico.

A partire dagli anni settanta del secolo scorso, grazie all’incremento delle ricerche nell’ambito delle strutture degli abitati neolitici, è stato possibile sia il riconoscimento delle abitazioni (in canalette scavate nel terreno, basamenti con lastre di pietra, pianta rettangolare con fondo absidato) che delle strutture di conservazione, combustione, delimitazione e drenaggio.

4 LO PORTO F.G., 1989; RIDOLA D.,1924-26; RELLINI U.,1925.

5 LO PORTO F.G., 1988; BIANCO S., 1976, b.

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Per quanto riguarda invece le strutture infossate identificate un tempo come abitazioni, esse rimangono ancora in fase di riconoscimento.

3.

Il fondo di proprietà Moretti

3.1

Il saggio denominato “trincea-a” (II)

Il saggio di scavo denominato nella mappa n°13 con il numero romano II è situato a poca distanza dalla trincea Rellini e dal saggio adiacente alla trincea il quale non ha dato risultati ed è stato definito negativo. Nelle prime fasi di indagine, come risulta dalla mappa n°10, il saggio era costituito da una trincea di forma rettangolare allungata di metri 7x0.80, che ha successivamente

intercettato una struttura di forma sub circolare: si tratta diuna chiazza di terreno antropico di circa

3.80 metri di diametro e che ha unaprofondità di 1.75 metri. Il deposito, annotato in tutte le mappe

che riguardano il saggio, è caratterizzato da una zona sabbiosa superficiale, mentre all’interno il riempimento è costituito da “terra nera o mista grigia a nero bruciato”. La struttura, che ha sezione conica, era stata realizzata nel sedimento di substrato definito come “terra arenaria gialla”.

Per quanto riguarda i materiali rinvenuti, nonostante la struttura individuata sia stata più volte

ritenuta positiva, sono risultati piuttosto scarsi: si tratta di n°57 frammenti, appartenenti prevalentemente alla cultura della ceramica impressa, riscontrati solo negli strati superiori (sotto lo spessore superficiale a 0.30 metri e fino a 1.05 metri di profondità).

L’inquadramento di questo saggio nell’ambito della tipologia delle strutture risulta arduo, si può pensare a una struttura di conservazione conservata solo parzialmente oppure ad altre interpretazioni spesso proposte per fosse non ben caratterizzate, come ad esempio cave per l’argilla. Purtroppo non ci sono elementi sufficienti per poter avanzare delle ipotesi più plausibili data l’esiguità dei materiali e delle informazioni ricavabili dalla cartografia e dai cartellini di riferimento stratigrafico.

3.2 Il saggio denominato “focolaio-b” (I)

Il saggio di scavo denominato nella mappa n°13 con il numero romano I è situato a circa 13 metri di distanza dal confine con la proprietà Tataranni.

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Esso ha una forma sub rettangolare di 3.20x2.50 metri, profondo circa 0.90 metri e caratterizzato da un restringimento della parete est di 0.85-0.75 metri. Il deposito è composto da un primo strato superficiale di “terra sabbiosa superiore” (0.30 metri) e da una “zona di sabbia gialla fine”.

Sul lato sud del fondo del saggio si può notare una sorta di “pavimento di pietre” che viene menzionato sia sulle mappe sia nei cartellini di riferimento stratigrafico: se a questa annotazione si aggiunge che proprio nei cartellini il saggio viene denominato con il termine “focolaio?” e il materiale rinvenuto è risultato spesso combusto e ricco di concrezione di ceneri (sia la ceramica che la litica che la fauna), si può ritenere che esso sia una struttura legata ad attività di combustione, appartenente alla fase della cultura di Serra d’Alto, dato che sono emersi rari elementi della ceramica impressa.

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