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CAPITOLO 5 RISULTATI

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 5

RISULTATI

5.1 MAPPATURA DELLE AREE INCENDIATE

Le aree incendiate della provincia di Livorno sono state individuate grazie alla procedura descritta nel paragrafo 4.1. In figura 5.1 all’immagine Landsat sono sovrapposti (in rosso) i poligoni delle aree bruciate ed i limiti comunali relativi alla Provincia di Livorno. In tabella 5.1, è riportato l’elenco di tutti gli incendi individuati, con informazioni relative all’identificativo, all’estensione e al comune interessato: si contano 65 incendi, per un totale di quasi 697 ettari di territorio percorso dalle fiamme nell’Estate 2001. Fra gli incendi di maggiore estensione segnaliamo fra tutti quello che si è propagato nel territorio di Campo nell’Elba (id. 1), con oltre 258 ettari di superficie vegetata distrutta, seguito dagli incendi nel comune di Suvereto (id. 32, estensione di 38 ettari), di Livorno (id.64, 34 ettari) e Rosignano (id.62, 22 ettari)

Da un’analisi visiva della mappa è inoltre possibile notare come gli incendi individuati si dispongano abbastanza uniformemente sul territorio, con un leggero aumento di incidenza nelle zone vicino alla costa, nonchè nelle aree pianeggianti, vicino a territori urbanizzati o coltivati. Tale fenomeno si spiega con quanto detto nel capitolo 1 riguardo alle cause principali degli incendi: si tratta infatti solitamente di incendi dolosi, appiccati per motivi legati alla speculazione edilizia o alla ricerca di nuovi terreni coltivabili: proprio per questo motivo una mappatura delle aree bruciate è importante, in modo da vicolare e proteggere i territori suddetti, come previsto dalla legge.

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incendi Area (ettari) Comune 1 258,39 CAMPO NELL'ELBA 2 16,65 CAMPO NELL'ELBA 3 2,34 MARCIANA 4 1,62 PORTO AZZURRO 5 4,05 RIO NELL'ELBA 6 6,03 RIO NELL'ELBA 7 4,50 RIO NELL'ELBA 8 3,42 RIO NELL'ELBA 9 2,52 RIO NELL'ELBA 10 27,45 RIO NELL'ELBA 11 3,60 PIOMBINO 12 6,84 PIOMBINO 13 5,94 PIOMBINO 14 11,70 PIOMBINO 15 3,60 PIOMBINO 16 1,98 PIOMBINO 17 3,69 PIOMBINO 18 2,79 PIOMBINO 19 1,71 PIOMBINO 20 1,44 PIOMBINO 21 3,51 PIOMBINO 22 6,12 PIOMBINO 23 1,80 PIOMBINO 24 12,78 PIOMBINO 25 20,43 CAMPIGLIA MARITTIMA 26 3,24 SUVERETO 27 9,18 CAMPIGLIA MARITTIMA 28 1,80 CAMPIGLIA MARITTIMA 29 6,39 CAMPIGLIA MARITTIMA 30 3,33 SUVERETO 31 2,79 SUVERETO 32 38,43 SUVERETO

Tabella 5.1 Elenco degli incendi identificati

Nella tabella successiva (tab 5.2) sono riportate le statistiche degli incendi a livello comunale: per ogni comune è indicato il numero degli incendi, l’estensione totale di territorio bruciato e la media dell’estensione degli incendi; da essa sono poi stati calcolati i grafici relativi (fig. 5.2 e 5.3)

33 2,70 SAN VINCENZO 34 1,62 SAN VINCENZO 35 8,01 SAN VINCENZO 36 2,88 SAN VINCENZO 37 1,35 SAN VINCENZO 38 9,63 SAN VINCENZO 39 12,24 SUVERETO 40 2,88 CASTAGNETO CARDUCCI 41 5,67 CASTAGNETO CARDUCCI 42 3,78 CASTAGNETO CARDUCCI 43 4,59 CASTAGNETO CARDUCCI 44 4,86 BIBBONA 45 5,04 BIBBONA 46 4,32 BIBBONA 47 2,16 BIBBONA 48 6,66 BIBBONA 49 11,34 BIBBONA 50 13,05 BIBBONA 51 4,23 CECINA 52 7,65 BIBBONA 53 3,42 BIBBONA 54 1,98 CECINA 55 4,95 ROSIGNANO MARITTIMO 56 3,24 ROSIGNANO MARITTIMO 57 2,97 ROSIGNANO MARITTIMO 58 4,05 ROSIGNANO MARITTIMO 59 2,52 ROSIGNANO MARITTIMO 60 2,79 ROSIGNANO MARITTIMO 61 3,87 ROSIGNANO MARITTIMO 62 22,32 ROSIGNANO MARITTIMO 63 3,69 ROSIGNANO MARITTIMO 64 34,92 LIVORNO 65 11,52 LIVORNO

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Tabella 5.2 Elenco degli icendi per comune

Figura 5.2 Grafico della distribuzione del numero di incendi per comune.

comune area incendiata (ettari) n° incendi media area per incendio

BIBBONA 58,50 9 6,50 CAMPIGLIA MARITTIMA 37,80 4 9,45 CAMPO NELL'ELBA 275,04 2 137,52 CASTAGNETO CARDUCCI 16,92 4 4,23 CECINA 6,21 2 3,105 LIVORNO 46,44 2 23,22 MARCIANA 2,34 1 2,34 PIOMBINO 67,50 14 4,82 PORTO AZZURRO 1,62 1 1,62 RIO NELL'ELBA 47,97 6 7,99 ROSIGNANO MARITTIMO 50,40 9 5,60 SAN VINCENZO 26,19 6 4,36 SUVERETO 60,03 5 12,00

n° incendi per comune

14 9 9 BIBBONA CAMPIGLIA MARITTIMA CAMPO NELL'ELBA CASTAGNETO CARDUCCI CECINA LIVORNO MARCIANA PIOMBINO PORTO AZZURRO RIO NELL'ELBA ROSIGNANO MARITTIMO SAN VINCENZO SUVERETO

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Figura 5.3 Grafico della distribuzione areale degli incendi

Dall’analisi dei grafici, il Comune di Piombino risulta quello colpito dal maggior numero di incendi (14), seguito da Bibbona e Suvereto con 9 incendi ciascuno. La situazione cambia se invece si guarda all’area totale bruciata; in questo caso è il Comune di Campo nell’Elba ad avere il primato, in virtù del vasto incendio già prima segnalato.

Analizzeremo in seguito la correlazione tra l’estensione dei singoli incendi e il tipo di copertura ed uso del suolo interessato.

Area incendiata (ettari) per comune

BIBBONA CAMPIGLIA MARITTIMA CAMPO NELL'ELBA CASTAGNETO CARDUCCI CECINA LIVORNO MARCIANA PIOMBINO PORTO AZZURRO RIO NELL'ELBA ROSIGNANO MARITTIMO SAN VINCENZO SUVERETO

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5.2 MAPPATURA DELLE AREE ESPOSTE A FLUSSI

Il modello DEFLOW descritto nel capitolo precedente è stato applicato al territorio oggetto di studio in questa tesi; tramite l’algoritmo prima illustrato, esso calcola l’area “massima” potenzialmente esposta a flussi di fango e detriti. In base a questa prima classificazione è quindi possibile selezionare quelle aree dove saranno necessari ulteriori approfondimenti litologici, geologici ecc.

In tabella 5.3 si elencano i flussi individuati; per ogni flusso sono riportati l’identificativo dell’incendio corrispondente, l’estensione in ettari, il comune interessato, la vegetazione presente nell’area bruciata e l’eventuale presenza di abitati e infrastruttura viarie lungo il percorso del flusso.

Tab. 5.3 Elenco dei flussi identificati.

Identificativo Area di flusso(ettari) Comune Vegetazione area incendio Edificato a rischio Viabilità a rischio

1 480,64 CAMPO NELL'ELBA arbusti abitato strada

2 116,96 CAMPO NELL'ELBA arbusti case sparse strada

3 32,16 MARCIANA arbusti abitato strada

5 9,60 RIO NELL'ELBA arbusti case isolate strada

6 14,40 RIO NELL'ELBA prato gruppi di case strada

7 26,24 RIO NELL'ELBA bosco rado abitato strada

8 9,44 RIO NELL'ELBA arbusti abitato strada

9 13,12 RIO NELL'ELBA prato abitato strada

10 116,64 RIO NELL'ELBA arbusti abitato strada

12 17,92 PIOMBINO prato abitato strada

14 94,72 PIOMBINO prato abitato strada

29 74,24 CAMPIGLIA MARITTIMA coltivato gruppi di case strada

62 21,28 ROSIGNANO MARITTIMO coltivato strada

63 27,68 ROSIGNANO MARITTIMO coltivato strada

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Sono stati mappati 15 flussi, per un totale di oltre 1150 ettari di territorio esposto a tele pericolo; confrontando questo dato con quello relativo al numero e all’estensione totale degli incendi è possibile fare alcune considerazioni: in primo luogo si nota che il numero dei flussi potenziali che si originano dagli incendi è molto inferiore al numero degli incendi stessi; ciò si spiega con i parametri su cui si basa il modello DEFLOW, che esclude gli incendi di area inferiore a due ettari e quelli che si sono sviluppati su pendii inferiori al 20% e dunque non particolarmente predisposti al dissesto idrogeologico. Se invece si confrontano l’estensione totale delle aree esposte al rischio di flussi con le aree incendiate (1150 ettari contro 697) si nota come i rischi per la popolazione ed il territorio dovuti agli incendi, si estendano spazialmente e temporalmente ben oltre l’evento considerato.

Come osservabile in tabella 5.3, nell’area massima esposta è stata verificata l’eventuale presenza di aree antropizzate (per la viabilità: ponti, strade, ecc. e per l’abitato :case isolate, gruppi di case, insediamenti, ecc.). L’identificazione delle presenze antropiche è basata sull’utilizzo delle ortofoto AIMA (vedi fig. 5.5) e sulla carta tematica del “land use” Corine.

E’ evidente che ogni flusso individuato, indipendentemente dalla dimensione, potrebbe provocare ingenti danni alla popolazione e alle infrastrutture: ogni flusso infatti incontra almeno un’infrastruttura viaria e la maggior parte (13 su 15) incontra anche degli edificati, siano essi centri abitati, gruppi di case o case isolate.

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Figura 5.5 Flusso (id 14) sovrapposto a foto AIMA relativa alla città di Piombino; se esso si verificasse interesserebbe zone densamente popolate

Infine analizziamo, grazie alla tabella 5.3 e ai grafico relativo (fig. 5.6), il fenomeno del rischio di flusso a livello dei singoli comuni, riportando il numero dei flussi identificati e l’area totale invadibile. Questi dati sono stati confrontati con quelli relativi all’incidenza degli incendi a livello comunale.

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Tabella 5.3 Elenco dei flussi per ogni comune interessato

Figura 5. 6 Grafico della distribuzione del n°dei flussi potenziali per comune

Si nota che, nonostante l’incidenza maggiore di incendi fosse stata riscontrata nei comune continentali (Piombino, Bibbona e Suvereto), la maggior parte dei flussi potenziali ricada sul territorio dell’Isola d’Elba (Campo nell’Elba, Rio nell’Elba e Marciana): come già spiegato prima, dovrebbe aver influito su ciò la morfologia dei luoghi in cui si sono verificati gli incendi.

comune n° flussi area flussi (ettari)

CAMPIGLIA MARITTIMA 1 74,24 CAMPO NELL'ELBA 2 597,60 LIVORNO 1 95,68 MARCIANA 1 32,16 PIOMBINO 2 112,64 RIO NELL'ELBA 6 189,44 ROSIGNANO MARITTIMO 2 48,96

area flussi (ettari)

74,24 597,60 95,68 32,16 112,64 189,44 48,96 CAMPIGLIA MARITTIMA CAMPO NELL'ELBA LIVORNO MARCIANA PIOMBINO RIO NELL'ELBA ROSIGNANO MARITTIMO

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5.3 PRODUZIONE DI CARTOGRAFIA TEMATICA PER L’ANALISI DELLE AREE INCENDIATE

5.3.1 Danni naturalistici degli incendi

Gli incendi, oltre ad essere un pericolo immediato per l’uomo e per le sue risorse, rappresentano un’importante causa di minaccia per l’ambiente naturale, mettendo spesso a repentaglio la conservazione e la sopravvivenza di emergenze naturalistiche rare del territorio.

Per stimare i danni naturalistici degli incendi, i poligoni delle aree percorse da incendio sono stati incrociati con dati relativi a segnalazioni di presenza di emergenze naturalistiche di particolare pregio o rarità, ricavati dal database RENATO, descritto nel capitolo relativo ai dati di input.Per meglio caratterizzare e referenziare il danno naturalistico ci si è avvalsi anche del layer dei Comuni e di quello delle aree protette.

Le segnalazioni degli elementi di attenzione sono rappresentate da punti, visto che il ritrovamento di una particolare specie o di un habitat ristretto è concettualmente un punto o comunque può essere approssimato a un punto. Ci troviamo dunque di fronte a un’operazione asimmetrica; non si ha in questo caso un’interazione tra le due primitive geometriche che causa frammentazione, bensì un’interazione basata sul concetto di appartenenza; in questo caso, cioè, un punto può appartenere ad un’area o non appartenervi.Il risultato di tale tipo di incrocio può essere riferito alle aree o ai punti incrociati; nel nostro caso il risultato sarà riferito ai punti; siamo andati ad analizzare i punti, ovvero gli elementi di attenzione che ricadono all’interno di un poligono, ovvero di un’area percorsa da incendio.

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naturalistiche della Provincia di Livorno incrociata con i poligoni delle aree incendiate individuate.

Fig 5.7 Mappa di correlazione tra Renato e aree incendiate

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E' stato dunque segnalato ogni volta che un incendio ha interessato geograficamente una delle emergenze naturalistiche selezionate, in quanto minacciate dal fenomeno incendi; per ogni elemento di attenzione citato, è stata riportata una breve scheda descrittiva relativa alla classificazione, allo stato di conservazione ed alle misure da intraprendere per la conservazione.

• L’incendio identificato con il codice numero 1 ha interessato un area di 258,39 ha, completamente compresa nel comune di Campo dell’Elba ed inserita nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (vedi fig 5.8)

Figura 5.8 Mappa degli incendi sovrapposta alle emergenze naturalistiche della parte sud-occidentale dell’isola d’Elba.

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In tale area è stata segnalata la presenza di alcune importanti emergenze naturalistiche, che vengono di seguito elencate e analizzate

Testudo hermannii

(Classe Rettili, Ordine Testudinati, Famiglia Testudinidi) Status in Italia Vulnerabile

Status in Toscana Vulnerabile

Livello di rarità Assoluta e Regionale Distribuzione e tendenza della popolazione

La specie è diffusa in buona parte dell’Europa meridionale. In Italia è irregolarmente presente nell’area compresa fra la Liguria e la Calabria, in Sicilia, in Sardegna e nelle Isole d’Elba e Pianosa. In Toscana era abbastanza comune nelle zone basso-collinari e di pianura, soprattutto nell’area costiera. Attualmente appare in costante e notevole diminuzione quasi ovunque e da molte località in cui era presente fino a pochi decenni orsono risulta del tutto scomparsa (quasi sicuramente all’Isola d’Elba e a Pianosa). Solo in alcune aree protette della Provincia di Grosseto sopravvivono popolazioni ancora ricche e vitali.

Ecologia

Nelle zone costiere abita soprattutto la macchia mediterranea e le boscaglie, altrove cespugliati, boscaglie, boschi, garighe, prati aridi, ecc. È attiva di giorno, ma nelle ore più calde dei mesi estivi si ritira all’ombra della vegetazione. L’accoppiamento ha luogo in primavera; la femmina, in primavera o in estate, depone 5-8 uova biancastre e del peso di 10-14 g in buche del terreno da essa stessa scavate. L’incubazione, a seconda dell’esposizione, dura dai 2 ai 4 mesi. Si nutre di vegetali di vario tipo e di invertebrati di disboscamenti. Trasformazioni ingenti del territorio a seguito della costruzione di strade e di strutture abitative, turistiche e industriali, della realizzazione di campings, della messa a coltura intensiva di territori con cespugliati, macchia o boscaglia, ecc. Prelievo degli esemplari in natura, dato che si tratta di una specie assai ricercata dai terraristi e come animale da giardino; un tempo era attivamente ricercata anche a scopi alimentari. Inquinamento genetico e competizione dovuti all’introduzione in natura di specie congeneri estranee alla fauna toscana (Testudo graeca, Testudo marginata).

Misure per la conservazione

Evitare di alterare ulteriormente le residue aree costiere ancora ben conservate con la costruzione di nuove strutture viarie, abitative, turistiche e industriali. Sorvegliare con attenzione affinché tali aree non vengano distrutte da incendi dolosi. Vietare nella maniera più assoluta il prelievo di esemplari in natura. Vietare l’immisione in natura di specie congeneri e di esemplari della stessa specie ma provenienti da altre zone dell’areale.piccole e medie dimensioni; è talora a sua volta predata da alcune specie di Mammiferi (gatti, volpe, ratti, cinghiale) e di rapaci diurni.

Cause di minaccia

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Lucertola muraiola Podarcis muralis (Laurenti, 1768) (Classe Rettili, Ordine Squamati, Famiglia Lacertidi) Status in Italia

Status in Toscana A più basso rischio Livello di rarità Regionale

Distribuzione e tendenza della popolazione

La specie è distribuita in gran parte dell’Europa centrale e meridionale e nell’Asia sud-occidentale. In Italia è comune in tutta le Penisola e in varie isole. Nella Toscana continentale è diffusa e assai abbondante in tutto il territorio, almeno fino a 1800 m di quota; per quanto riguarda la parte insulare è presente nelle isole Gorgona, Elba, Pianosa e Palmaiola e negli isolotti Scoglietto di Portoferraio e Isolotto della Paolina (a nord dell’Elba), La Scuola di Pianosa (situata presso Pianosa), Argentarola, Isola Rossa e Scoglietto di Porto Ercole (situati presso l’Argentario).

Ecologia

La lucertola muraiola, anche in ambito insulare, frequenta i più vari tipi di ambiente: rocce, boschi e loro limitare, muri a secco, giardini, parchi, muri esterni di abitazioni e di altre costruzioni, ecc. Tipicamente eliofila, si riproduce in primavera ed estate; la femmina depone 2-12 uova biancastre e allungate sotto le pietre, nei vecchi muri, alla base degli alberi, ecc. Si nutre di piccoli invertebrati e più di rado di sostanze vegetali (bacche, foglie tenere, polline, ecc.), dieta talora in percentuale non trascurabile sulle piccole isole. È a sua volta predata da varie specie di Mammiferi, Uccelli e serpenti. Cause di minaccia

Le cause di minaccia nelle isole più grandi appaiono abbastanza ridotte per questa specie; tra le più rilevanti si potrebbero al limite indicare le ingenti trasformazioni ambientali (incendi, estensione dell’area urbana, distruzione di vecchi muri e manufatti, ecc.) e l’uso indiscriminato di insetticidi. Nelle isole più piccole, abitate da micropopolazioni spesso fenotipicamente ben differenziate e di regola considerate sottospecie a sé stanti, le più allarmanti cause di minaccia sono invece rappresentate da incendi e altre alterazioni dell’ambiente (anche in apparenza di modesta entità), dal disturbo antropico in genere, dall’introduzione di fauna estranea (ratti in particolare) e dal prelievo di esemplari per il commercio legato alla terraristica.

Misure per la conservazione

Preservare ambienti idonei alla vita della specie anche nelle aree urbanizzate e nei loro dintorni. Accordare agli isolotti abitati da peculiari popolazioni della specie una protezione integrale, impedendovi lo sbarco, l’introduzione di flora e fauna estranea e il prelievo di esemplari se non per ben motivate ragioni di studio.

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• L’incendio identificato con il numero 2 (fig 5.8) ha avuto un’estensione di 16,65 ha, completamente inclusi nel comune di Campo dell’Elba.

All’interno di tale area era stata segnalata la presenza di una specie floristica particolarmente rara, descritta nella scheda.

Ischnura genei (Rambur)

(Classe Insetti, Ordine Odonati, Famiglia Coenagrionidi) Status in Toscana vulnerabile

Livello di Rarità regionale Distribuzione e tendenza della popolazione

La specie, tipicamente insulare, è conosciuta di Sicilia, Sardegna, Corsica e dell’Arcipelago toscano (Elba, Capraia, Giglio). Il livello delle conoscenze sulla distribuzione si può considerare buono. La tendenza delle popolazioni è sconosciuta. Ecologia

Come in tutti gli Odonati, le larve di questa specie vivono nell’acqua, dove cacciano piccoli invertebrati e talora piccoli pesci o girini, mentre gli adulti volano attivamente presso i corsi d’acqua e gli stagni o lungo i sentieri, e predano altri insetti. Scarse sono le informazioni sulla biologia e l’ecologia di questa specie.

Cause di minaccia

Poiché le larve degli Odonati vivono in acqua, le cause di minaccia sono essenzialmente l’inquinamento delle acque, le bonifiche delle zone umide, una scorretta gestione del livello idrometrico, l’uso dei pesticidi.

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Elleborine latina Epipactis helleborine L. subsp. latina W. Rossi et Klein (Classe Liliopsida, Famiglia Orchidaceae)

Status in Toscana A più Basso Rischio Livello di Rarità Regionale

Distribuzione e tendenza della popolazione

Entità endemica dell'Italia peninsulare centro-meridionale, è nota in Toscana per le seguenti località: 1) M. Amiata in loc. Fonti di Acquapassante in comune di

Abbadia San Salvatore, 2) Isola d'Elba fra San Piero in Campo e Pieve San Giovanni in comune di Campo nell'Elba.

Ecologia

Specie nemorale, tendenzialmente mesofila ma termofila, indifferente al substrato. Vive in boschi, radure e margini boschivi in ambiente submediterraneo.

Cause di minaccia

Tagli boschivi, incendi, apertura di piste e vie di esbosco, erosione, urbanizzazione sparsa.

Misure per la conservazione

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• L’incendio identificato con il numero 10 (fig. 5.9) si esteso per 27,45 ha, nel comune di Rio nell'Elba. Esso ha interessato l’areale di distribuzione della martora (Martes martes), di cui viene riportata una scheda descrittiva.

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Martora ( Martes martes )

(classe mammiferi, ordine carnivori, famiglia Mustelidi ) Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana In pericolo

Livello di Rarità Regionale

Distribuzione e tendenza della popolazione

Specie euroasiatica distribuita dall’Europa alla Siberia occidentale, fino al Giappone. In Italia è presente su tutto il territorio anche se è molto rara. Le conoscenze sulla sua distribuzione sono molto scarse sia perché è un animale fortemente elusivo sia per la difficoltà di rilevamento della sua presenza sul terreno tramite segni indiretti (fatte, impronte, resti di cibo, ecc.) sia per la difficoltà della sua discriminazione dalla più comune Faina (Martes foina). Le notizie per la Toscana sono quasi totalmente assenti eccezion fatta per l’Isola d’Elba dove, data la mancanza della Faina sull’isola, i rilevamenti sia diretti che indiretti non creano dubbi. Le popolazioni sembrano essere purtroppo in diminuzione.

Ecologia

La Martora è prevalentemente terrestre e notturna. Frequenta foreste estese di alto fusto, sia di conifere che di latifoglie o macchia molto folta. Si rinviene fino a 2000 m. Evita gli agglomerati urbani e in generale la vicinanza dell’uomo. E’ una buona arrampicatrice mentre difficilmente scava. Ha un’indole selvatica ed elusiva. Si nutre di ogni sorta di piccolo animale dagli uccelli e loro uova ai mammiferi, ma a seconda della disponibilità alimentare in certi periodi dell’anno si può anche nutrire quasi esclusivamente di insetti e frutti selvatici. La riproduzione è caratterizzata dall’impianto ritardato dell’embrione: l’accoppiamento ha luogo in estate, ma i piccoli nascono tra marzo e aprile dell’anno successivo. I piccoli sono generalmente 3-5, raramente 2 o 7, e vengono allattati per 7-8 settimane. Dopo circa 3 mesi di accurate cure materne i giovani si rendono indipendenti. Cause di minaccia

Le principali cause di minaccia si rinvengono nella rarefazione di boschi di una certa estensione unita ad un territorio, quello italiano, estremamente antropizzato. Inoltre, come la maggior parte dei Mustelidi, è sempre stato oggetto di persecuzione in quanto considerato animale “nocivo”.

Misure per la conservazione

Per la conservazione della Martora è quindi necessario mantenere inalterate le aree caratterizzate da boschi e macchia estesi, evitando il taglio raso e nel caso venga praticata la ceduazioni, è necessario mantenere, all’interno del bosco, alberi di età diversa. Inoltre è necessario che vi sia un controllo sul territorio tale da evitare il fenomeno del bracconaggio, ancora oggi diffuso nei confronti di questa specie. Per la conservazione di questa specie è sicuramente utile anche uno studio e un monitoraggio delle popolazioni esistenti.

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• L'incendio numero 15 con un'estensione di 3,69 ha nel Comune di Piombino (vedi fig. 5.10) ha interessato l'areale di nidificazione e distribuzione di Testudo hermannii, specie già presentata in precedenza

• L'incendio numero 19 di 1,71 ha, ancora localizzato nel Comune di Piombino (fig 5.10) ha interessato l'areale di nidificazione e distribuzione dell'Airone rosso. L’area suddetta è inclusa nell’ANPIL (Area Naturale Protetta di Interesse Locale) della Sterpaia.

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Airone rosso Ardea purpurea

(Classe Uccelli, Ordine Ciconiformi, Famiglia Ardeidi Status in Italia Prossimo alla minaccia Status in Toscana Vulnerabile

Livello di Rarità Regionale

Distribuzione e tendenza della popolazione

Specie distribuita nel Paleartico, nell’Africa tropicale e nella regione Asiatica, in Italia è migratrice, nidificante, diffusa soprattutto al nord; molto più localizzata al centro-sud e in Sardegna; svernante irregolare. In Toscana è migratrice e nidificante; la nidificazione è stata accertata, nel corso degli ultimi anni, all’interno di 6 garzaie: nel padule di Massaciuccoli (LU), in località Fornace Arnaccio (LI), nel Padule di Fucecchio (PT), a Ponte a Buriano (AR), nel Padule della Diaccia Botrona (GR), presso i Laghi di Montepulciano e di Chiusi (SI). Dai dati di un censimento regionale effettuato nel 2002 risulta che circa 175 coppie hanno nidificato in quattro garzaie (Padule di Fucecchio, padule di Massaciuccoli, Lago di Montepulciano, Fornace Arnaccio). La popolazione toscana risulta in aumento almeno in relazione all’andamento degli ultimi venti anni, anche se si sono registrate modifiche nell’areale distributivo e fluttuazioni nel numero di coppie nidificanti. A livello italiano e comunitario la popolazione appare in largo declino numerico e di areale.

Ecologia

Specie gregaria in periodo riproduttivo, nidifica principalmente in formazioni di elofite a Phragmites australis, sebbene siano noti, anche per la Toscana, siti di nidificazione su formazioni arbustive (saliceti) e arboree (saliceti, ontanete, pinete) ripariali. Nel canneto i nidi sono posti ad altezza inferiori al metro, lontani dall’acqua, mentre su alberi e arbusti l’altezza dei nidi è assai variabile, disponendosi tra 2 e 20 metri. Spesso le colonie sono monospecifiche, come avviene nelle quattro garzaie toscane, ma altrove all’Airone rosso possono associarsi anche nitticora Nycticorax nycticorax, garzetta Egretta garzetta, sgarza ciuffetto Ardeola ralloides e airone cenerino Ardea cinerea; nelle colonie miste i nidi di Airone rosso sono isolati o a piccoli gruppi. Le colonie sono poste in prossimità di zone umide, utilizzate come zone di alimentazione (pesci, anfibi, insetti, crostacei).

Cause di minaccia

Qualsiasi intervento diretto sui siti riproduttivi (soprattutto taglio o bruciatura del canneto e delle alberature) porta alla locale scomparsa o alla drastica diminuzione della specie. Anche le variazioni di salinità delle acque, riducendo o eliminando il canneto, costituiscono una seria minaccia alla sopravvivenza della colonia. La specie era inserita nella Lista rossa degli uccelli nidificanti in Toscana tra le specie rare, a causa delle ridotte dimensioni della sua popolazione.

Misure per la conservazione

Trattandosi di specie sensibile alle modifiche ambientali ed al disturbo antropico, occorre prestare particolare attenzione agli interventi gestionali. Particolare cura andrà posta nella gestione idraulica durante il periodo primaverile-estivo e alla limitazione

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• L'incendio 52 di 7,65 ha nel Comune di Bibbona (fig. 5.11) ha interessato l'area di distribuzione di Rana Italica.

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Rana appenninica Rana italica Dubois, 1987 (Classe Anfibi, Ordine Anuri, Famiglia Ranidi) Status in Italia A più basso rischio Status in Toscana A più basso rischio

Livello di rarità Regionale

Distribuzione e tendenza della popolazione

Specie endemica dell’Italia appenninica, solo di recente elevata al rango di specie a sé stante; in precedenza era considerata una semplice popolazione o una sottospecie di Rana graeca, entità propria della Penisola Balcanica. È presente esclusivamente dalla Liguria centrale alla Calabria meridionale. In Toscana è ampiamente distribuita in tutto il territorio regionale (isole escluse), in particolare nell’area collinare e medio-montana. La popolazione regionale della specie appare sostanzialmente stabile; solo in alcune stazioni essa è scomparsa o risulta in chiaro declino.

Ecologia

Frequenta soprattutto i torrentelli limpidi e correnti situati in ambiente boschivo o almeno con rive alberate, talora anche i fontanili, le pozze alimentate da sorgenti, le cavità sotterranee, ecc. La femmina, in primavera, depone da 2000 a 10000 uova, riunite in una o più masse rotondeggianti. Gli adulti si cibano di Artropodi e altri piccoli invertebrati; dato il loro particolare ambiente di vita, di rado essi sono predati da Uccelli acquatici, ma possono restare vittima di piccoli Mammiferi, Potamon, Austropotamobius, ecc. Larve e adulti sono intensamente predati anche dai Pesci carnivori immessi dall’uomo, soprattutto Salmonidi.

Cause di minaccia

Localmente la specie può essere minacciata dall’alterazione e dall’inquinamento dei piccoli corsi d’acqua in cui vive; serie cause di minaccia sono rappresentate anche dagli incendi, dal taglio indiscriminato dei boschi (soprattutto delle coperture arboree delle rive) e dalla captazione abusiva delle acque dei torrentelli a scopo irriguo, pratica pericolosa soprattutto nei mesi primaverili ed estivi, allorché si sviluppano le larve. Una causa di minaccia di estrema importanza è costituita inoltre dall’inopportuna immissione nell’ambiente di vita della rana appenninica (come anche di altri Anfibi di notevole valore ecologico e biogeografico) di Pesci carnivori, in particolare Salmonidi, la cui azione predatoria su larve e adulti può condurre in breve tempo alla completa distruzione della locale popolazione.

Misure per la conservazione

Evitare il taglio indiscriminato dei boschi nelle aree frequentate dalla specie, almeno per quanto riguarda la copertura arborea riparia. Impedire il degrado, l’inquinamento e la captazione delle acque dei torrentelli in cui questo Anfibio vive e si riproduce. Vietare l’introduzione in questi piccoli corsi d’acqua di Pesci carnivori, con particolare riferimento alle trote.

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5.3.2 Gli incendi e la vegetazione

Al fine di monitorare la vegetazione boschiva coinvolta negli incendi e nell'ottica di individuare quali tipi vegetazionali sono più soggetti al pericolo di incendio in un determinato territorio, la mappa delle aree percorse da incendio è stata incrociata con la carta delle vegetazione dell'isola d'Elba. Inoltre, per poter meglio valutare i danni socio-economici derivanti dai danni ambientali provocati dagli incendi, ci si è avvalsi anche della mappa dell'uso del suolo dell'isola d'Elba, secondi i dati forniti dal progetto Corine. Se infatti dalla Carta della vegetazione possiamo estrarre dati relativi a la copertura del suolo (land cover), da Corine abbiamo informazioni relative al land use, che dunque possono aiutarci a quantificare i danni anche economici che gli incendi portano all'uomo e alle attività umane. Altri strati informativi utilizzati sono stati la carta dei confini amministrativi dei comuni e quella delle aree protette nazionali e regionali.

Risultati

L’operazione che abbiamo eseguito consiste in un incrocio vettoriale tra aree; essa opera su due (o più ) strati informativi e ne genera un terzo, con nuove aree e nuovi attributi. Se si considera come risultato dell’incrocio l’insieme di tutte le aree generate si dice di aver eseguito un’operazione di incrocio per unione. Se si considerano come risultato finale solo le aree che possiedono tutti gli attributi provenienti dai due strati, si parla di incrocio per intersezione . Se infine si considera come risultato l’insieme delle aree dove sono presenti gli attributi provenienti da uno specifico strato, si parla di

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incrocio sotto condizione in quanto lo strato in questione ha condizionato, con la sua forma, il risultato finale.Per quanto riguarda la gestione degli attributi: nell’operazione di incrocio, gli attributi qualitativi mantengono il proprio valore, quelli quantitativi come area e perimetro no, e occorrerà procedere a successive elaborazioni.

Visto che il fine di questo studio è l'analisi del territorio percorso da incendio, è stato considerato come risultato l'insieme delle aree definiti dai poligoni delle aree incendiate; si tratta dunque di un incrocio sotto condizione, dove è lo strato delle aree incendiate ad imporre la condizione. Come prima spiegato, per approfondire ulteriormente l'analisi delle aree percorse da incendio, ci si avvalsi anche della mappa dei confini amministrativi dei comuni, dei confini delle zone incluse nel Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano, nonchè delle informazioni di Corine. Riportiamo di seguito (Figura 5.12) la Carta della vegetazione dell’isola d’Elba, incrociata coi poligoni delle aree bruciate

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Fig 5.12 Incrocio tra la Carta della Vegetazione e la mappa delle aree incendiate

Di seguito vengono analizzati in dettaglio i 10 incendi mappati sull’isola, descrivendo la vegetazione interessata e gli effetti del fuoco sulle varie tipologie.

1. Il vasto incendio (258,39 ha) identificato con il numero 1 (vedi fig 5.13) , nei confini amministrativi del Comune di Campo nell'Elba, in territorio completamente compreso dal Parco nazionale dell'arcipelago Toscano, ha interessato formazioni tipiche della fascia mediterranea, quali aree di macchia a Cistus monspeliensis oppure a Erica arborea e Cistus monspeliensis. L'incendio ha inoltre interessato una area di

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coltivazioni abbandonate di all'incirca 8 ha.

Fig 5.13 Un particolare della Fig 5.12

La macchia mediterranea propriamente detta (o "macchia media" ) comprende cenosi policormiche (con una statura dai 1,5 ai 3 m), assai dense e con forte presenza di arbusti come le Eriche, Lentisco ed a volte anche Ginepri. Si può distinguere fra:

- Macchia Bassa: se le condizioni stazionali sono difficili o gli incendi si ripetono con frequenza la Macchia Mediterranea subisce una progressiva riduzione di densità e di statura (sotto 1,5 m), si riducono le sclerofille e si affermano le Eriche, i Ginepri, le Ginestre, i Cisti ed

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altri arbusti.

- Gariga: ultimo stadio di degradazione, quando anche la copertura della Macchia Bassa risulta molto interrotta e compaiono ampi spazi occupati da specie erbacee, per lo più graminacee.

Queste formazioni , sono estremamente suscettibili agli incendi. Il motivo è da ricercare, oltre che nella composizione specifica, nella forma di governo, che favorisce formazione estremamente dense, e nelle particolari condizioni climatiche che ne contraddistinguono gli habitat vegetativi (aridità estiva e frequenti venti dai settori meridionali).

Il legame tra l'ecosistema della macchia ed il fuoco è dunque molto stretto; in un territorio dove l'incendio è un fenomeno occasionale la vegetazione riprenderà il normale corso evolutivo verso il bosco ( Quercetum ilicis nel nostro caso ) e quindi la macchia che si instaura rappresenta uno stadio transitorio; ma in ambienti mediterranei, nella gran parte dei casi, gli incendi sono ricorrenti e quindi si instaura un ciclo che può essere detto pirogeno, perchè determinato dal fuoco stesso, in cui la vegetazione interessata dall'incendio è il risultato di più o meno numerosi incendi precedenti.

Sono il tempo che trascorre tra un incendio e l'altro e la violenza dei singoli incendi (fire severity) a determinare il tipo di macchia di partenza e i tempi della sua ricostituzione.

Gli incendi nell'ambito della vegetazione mediterranea sono piuttosto frequenti; la selezione che si è così avuta nel tempo a carico delle diverse specie ha portato ad una notevole uniformità di risposte al fattore incendio. Infatti la maggior parte delle specie perenni della macchia ha un ricaccio di polloni molto rapido dopo l'incendio; possiamo dunque affermare che la macchia mediterranea tende a ricostituirsi rapidamente come era prima dell'incendio.

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Più problematica è la situazione dove il passaggio del fuoco diventa più frequente; dall'analisi della carta della vegetazione risulta che questo è il caso dell'area che è stata interessata dall'incendio della Sterpaglia; con macchia bassa o discontinua, garighe e la massiccia presenza di Erica arborea, che insieme alla ginestra spinosa è particolarmente favorita dal ripetersi degli incendi.

In pratica, dopo un incendio catastrofico ad esempio, si può schematizzare la seguente sequenza evolutiva:

- suolo nudo - steppa a graminacee - gariga - macchia bassa - macchia alta - foresta

Si può dire che tutte i diversi tipi di macchia mediterranea sono frutto di una lunga storia comprendente interventi antropici diversi, quali in disboscamento, il pascolo, le attività agricole e incendi più o meno frequenti.

Secondo il data base Corine l'area è classificata come "area a vegetazione a sclerofille", senza modalità d'uso particolari se non quelli relativi al valore naturalistico e dunque paesaggistico e turistico. Tale uso è assicurato dall'inclusione dell'area nel Parco, che ne dovrebbe valorizzare la conservazione e la tutela; nonostante questo gli incendi sono frequenti.

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2. L'incendio numero 2, di 16,65 ha, ancora nel comune di Campo nell'Elba (fig. 5.13) ha interessato oltre ad un'area di zone coltivate, zone a macchia a cistus monspeliensis e macchia a Spatium junceum e Calicotome villosa.

Tale territorio si trova al di fuori dei confini del Parco ed è in parte classificato da corine come tessuto urbano discontinuo; risulta dunque chiaro in questo caso che la preoccupazione per l'incolumità pubblica e i danni alle opere umane sia centrale.

3. L'incendio numero 3 (fig 5.13), di poco più di 2 ettari di dimensione, ricadente ancora dentro i confini amministrativi del Comune di Campo nell'Elba e del Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano, ha ancora una volta interessato formazioni di macchia a Erica arborea e Cistus Monspeliensis.

4. L'incendio indicato con il numero 4 ricopre 1,62 ettari del comune di Porto Azzurro (fig 5.14) ed ha interessato esclusivamente zone coltivate; l'area colpita, pur se prettamente agricola, è inclusa dal Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano; in questo caso la preoccupazione per i danni provocati dall'incendio esula da finalità protezionistiche, volgendosi piuttosto verso una valutazione dei danni economici a coltivazioni pregiate di viti e olivi, nonchè alla pubblica incolumità.

5. L’incendio identificato con il numero 5 di 4,05 ettari (fig. 5.14) ricade nel Comune di Rio nell’Elba ed ha interessato macchia a Cistus monspeliensis e prateria a Brachypodium ramosus.

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6. L'incendio identificato con il numero 6 di 6,03 ha (fig 5.14) ha interessato il territorio del Comune di Rio nell'Elba, solo parzialmente incluso nell'area parco.

Esso ha coinvolto due tipi diversi di macchia mediterranea; la macchia a Cistus mospeliensis e la macchia steppa a Ampelodesmus mauritanicus.

7. L'incendio numero 7 di 4,50 ha (fig 5.14) si trova nel Comune di Rio nell'Elba ed ha interessato quasi completamente zone ricadenti in area parco; le formazioni vegetali coinvolte sono state: Quercetum ilicis, macchia a Cistus Monspeliensis e rimboschimenti di conifere.

Il “land use” della parte di macchia è indicato da Corine come "area di pascolo naturale", mentre la lecceta non risulta avere usi umani particolari.

8. L'incendio numero 8 di 3,42 ha (fig 5.14), fuori da aree parco, nel Comune di Rio nell'Elba ha ancora interessato macchia e Cistus Monspelinsis, lambendo inoltre una piccola area di rimboschimento di conifere ( pini ).

Per quanto riguarda la sopravvivenza della pineta all'incendio, la situazione è molto diversa da quella della macchia: la forte combustibilità e la presenza di arbusti favoriscono la trasmissione delle fiamme anche alle chiome degli alberi; la gran parte dei pini muore, mentre la vegetazione arbustiva ricaccia con gran rigoglio polloni, anche grazie alla maggiore disponibilità di luce creatasi.

Se invece lo strato arbustivo è costituito da specie con scarsa capacità pollonifera la sua ricostituzione avviene più lentamente; in questi casi assume un ruolo importante la rinnovazione dei pini. Il

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fuoco infatti favorisce la dispersione e la germinazione dei pinoli e le plantule crescono numerose perché prive della concorrenza di altre specie. Si ottiene così un fitto popolamento puro di pini, facile preda di successivi incendi che, se intervengono prima della maturità riproduttiva delle giovani piante, ne provocheranno la distruzione completa.

9. L'incendio numero 9 di 2,52 ha di estensione (fig 5.14), localizzato nel Comune di Rio nell'Elba e fuori da area parco, ha interessato aree di Macchia a Cistus monspeliensis, adibite a pascolo naturale secondo Corine.

10. Il vasto incendio numero 10 di 27,45 ha (fig 5.14) ricade nel comune di Rio nell'Elba, in territorio solo parzialmente incluso in area Parco. Ha interessato diverse formazioni vegetali: Quercetum ilicis, macchia a Cistus monspeliensis, macchia steppa a Ampelodesmus mauritanicus, prateria a Brachypodium ramosus.

Formazioni quali la macchia a Cistus e praterie di Brachypodium mostrano come il territorio sia stato frequentemente percorso dalle fiamme, con la vegetazione, non permettendo alla vegetazione di evolversi verso uno stadio di bosco come il Quercetum ilicis che troviamo poco ad ovest dell'incendio.

Le praterie a Brachypodium rappresentano infatti l'ultimo stadio della degradazione della vegetazione mediterranea, dal forteto, alla macchia fino alla gariga, sotto l'influenza del fuoco.

Da Corine vediamo come gran parte delle praterie vengono classificate come "aree a pascolo naturale"; da qui è facile intuire il

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nesso tra pastorizia e dinamica della vegetazione.

Da un lato dobbiamo osservare, come descritto nell'introduzione di questa tesi, come gli incendi di origine dolosa siano spesso dovuti alla ricerca di nuove aree pascolo, dall'altro è il pascolo stesso che frena l'evolversi della prateria in uno stadio seriale più avanzato.

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Fig 5.15 Grafico della Distribuzione dei tipi vegetazionali bruciati

Dal grafico relativo alla distribuzione dei tipi vegetazionali bruciati, si nota che le formazioni più frequentemente coinvolte sono vari tipi di macchia, in particolare quelle con presenza di Cistus monspeliensis ed Erica arborea. Abbiamo già sottolineato infatti che la macchia sia comunemente considerata ad alto rischio di incendi e che la presenza di cistacee ed erica arborea sia un indicatore dell’alta frequenza del passaggio del fuoco.

Paragonado questi risultati con il grafico della distribuzione dei diversi tipi vegetazionali (Cap 2, fig 2.9), notiamo che i tipi di copertura del suolo più rappresentati (Quercetum ilicis ed aree coltivate) sono percentualmente poco soggette ad incendi: questo si spiega con motivi di difficoltà di innesco e di propagazione del fuoco in tali ambienti.

Distribuzione dei tipi vegetazionali bruciati

2,01 2,06 8,46 5,23 5,68 8,75 109,86 183,35 Quercetum ilicis

Macchia a Erica arborea e Cistus Monspeliensis

Macchia steppa a Ampelodesmus Mauritanicus

Macchia a Spartium junceum e Calicotome Villosa

Macchia a Cistus monspeliensis Prateria a Brachypodium ramosus

Rimboschimenti di conifere Coltivazioni abbandonate Zone coltivate

Figura

Figura 5.1 Mappa delle aree incendiate della provincia di Livorno
Tabella 5.1 Elenco degli incendi identificati
Tabella 5.2 Elenco degli icendi per comune
Figura 5.3 Grafico della distribuzione areale degli incendi
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