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CAPITOLO 3RISULTATI E DISCUSSIONI

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

RISULTATI E DISCUSSIONI

3.1 MISCELE IN BRABENDER

3.1.1 Calorimetria e microscopio a luce polimerizzata.

Le temperature di cristallizzazione Tc, misurate al DSC a 10°C/min (valori massimi del picco), e le Ti, misurate al POM a 1°C/min (temperature di inizio cristallizzazione ovvero termperatura alla quale risultano visibili i primi cristalliti birifrangenti), e le temperature di fusione Tf, misurate al DSC a 10°C/min durante il secondo riscaldamento, sono riportate in Tabella 1 per i polimeri puri e per alcuni dei loro nanocompositi. In Tabella 1 sono riportati anche il grado di cristallinità calcolato dall’entalpia di fusione ∆Hf e le dimensioni medie degli sferuliti misurate dall’analisi SALS.

Tabella 1

Proprietà termiche, grado di cristallinità e dimensione media degli sferuliti dei polimeri e di alcuni dei loro nanocompositi.

Materiali Tc (°C) Tf (°C) ∆Hf (J/g) Crystallinità (%) Ti (°C) Dimensione degli sferuliti (µm) EAA1 80.1 94.3 53.0 18.1 85.3 2.06 EAA1 + 5 phr 15A 80.7 94.6 51.0 17.4 88.0 1.80 EAA1 + 11 phr 15A 80.0 95.0 50.1 17.1 88.1 1.64 EAA1 + 18 phr 15A 79.0 94.6 53.2 18.2 - -EAA1 + 50 phr 15A 78.6 93.8 53.7 18.3 - -EAA2 86.7 103.8 81.9 27.9 - -EAA2 + 5 phr 15A 86.7 102.2 84.1 28.7 - -EAA2 + 11 phr 15A 86.5 102.3 80.9 27.6 -

(2)

-Materiali Tc (°C) Tf (°C) ∆Hf (J/g) Crystallinità (%) Ti (°C) Dimensione degli sferuliti (µm) EAA3 89.3 104.5 72.7 24.8 94.0 2.75 EAA3 + 5 phr 15A 89.3 105.1 71.1 24.3 97.0 2.69 EAA3 + 11 phr 15A 88.7 105.5 74.1 25.3 96.5 2.28 EAA3 + 5 phr 93A 88.8 104.8 73.9 25.2 95.0 2.23 EAA3 + 5 phr 30B 89.1 104.5 73.7 25.2 94.9 2.11 EAA3 + 5 phr N848 88.9 104.9 71.7 24.5 95.5 2.19 EAA3 + 5 phr SE3000 89.8 103.8 71.0 24.2 97.1 1.89 EAA3 + 5 phr M3C18 89.0 104.6 72.4 24.7 96.2 2.13 HDAA 117,0 129.7 174.7 59.6 124.0 9.26 HDAA +5 phr 15A 118.3 129.1 164.6 56.2 124.4 5.98 HDAA + 11 phr 15A 116.4 130.9 178.3 60.9 - -HDAA + 18 phr 15A 116.1 129.7 184.8 63.1 - -HDAA + 50 phr 15A 116.2 128.9 182.6 62.3 -

-Le micrografie POM di due copolimeri rappresentativi e dei loro nanocompositi con 5 phr di 15A, sono mostrate in Figura 1 insieme alle relative figure di diffrazione Hv.

Le temperature di cristallizzazione Tc dei copolimeri ramificati EAA (95-100°C)sono notevolmente più basse di quelle relative agli omopolimeri dell’LDPE con struttura molecolare simile; questo è chiaramente dovuto alla presenza delle unità comonomeriche di acido acrilico che alterano la regolarità cristallina. Il copolimero lineare aggraffato con AA (HDAA) mostra, come atteso, una temperatura di cristallizzazione molto più alta. I dati relativi alle temperature di fusione Tf così come il grado di cristallinità calcolato dalla entalpia di fusione ∆Hf dimostrano l’influenza che la struttura molecolare e la % di AA presente hanno su questi nanocompositi.

(3)

10 µm

a)

10 µm

b)

10 µm

c)

10 µm

d)

Figura 1

Micrografie POM di: a) EAA1; b) EAA1 con 5 phr di 15A; c) HDAA; d) HDAA con 5 phr di 15A. I campioni sono stati portati a 190°C e raffreddati lentamente ad una velocità di 1°C/min sino a

temperatura ambiente. Gli inserti mostrano le relative figure di diffrazione Hv.

Tuttavia si osservavano solo piccole differenze tra le temperature di cristallizzazione Tc, quelle di fusione Tf e l’entalpia di fusione ∆Hf dei polimeri puri e quelle dei corrispondenti nanocompositi. Dal momento che questi dati sono stati ottenuti dall’analisi di picchi al DSC asimmetrici e caratterizzati da lunghe code dalla parte delle basse temperature, è probabile che siano affetti da considerevole incertezza e quindi non si deve dare molta importanza alle differenze registrate.

Sulla base dei soli dati al DSC si potrebbe quindi concludere che la cristallizzazione dei polimeri utilizzati in questo studio non è influenzata dalla presenza del silicato lamellare in

(4)

essi disperso. Analizzando invece i valori, relativi all’analisi POM, della temperatura di prima cristallizzazione Ti, riportati in Tabella 1, possiamo notare che la presenza dell’argilla porta ad un incremento della temperatura di cristallizzazione.

Inoltre dall’analisi delle micrografie POM , vedi Figura 1, e dalle dimensioni degli sferuliti, riportate in Tabella 1, si hanno forti indicazioni che la presenza di argilla, portando ad un incremento della concentrazione dei nuclei cristallini, favorisca una nucleazione eterogenea. Studi condotti nei nostri laboratori [51] sulla cristallizzazione non isoterma ed isoterma hanno confermato che in questi materiali la presenza dell’argilla aumenta la velocità di nucleazione, mentre non influenza la velocità di crescita del cristallo. Il meccanismo di cristallizzazione di questi copolimeri risulta inoltre essere influenzato dall’aggiunta di una argilla organicamente modificata, come ad esempio la Cloisite 15A, che porta ad una variazione della crescita degli sferuliti da tre a due dimensioni [51].

I numerosi articoli presenti in letteratura sul comportamento di cristallizzazione di nanocompositi a matrice polietilenica o di copolimeri etilenici non sempre forniscono una interpretazione univoca sulla influenza dell’argilla sulla temperatura di fusione e/o cristallizzazione di questi polimeri, sul grado di cristallinità e se l’effetto nucleante, qualora presente, dipenda dal grado di esfoliazione e/o intercalazione del silicato lamellare [13, 22-24, 27, 31-33, 40, 47].

Le tesi sostenute da questi autori risultano essere a volte contrastanti, ma molti concordano sul dire che la crescita degli sferuliti è influenzata dalla presenza dell’argilla. Jeon et al. [9] hanno trovato, dall’analisi TEM, che i cristalli lamellari dell’HDPE, in nanocompositi ottenuti in soluzione per miscelazione del polimero con la MMT modificata con octadecilammina, si formavano parallelamente agli strati di silicato.

Xu e collaboratori [23, 24] hanno analizzato ai raggi-X la struttura di nanocompositi preparati per miscelazione dell’HDPE e PE-g-MA con una MMT modificata con ioni dimetilexadecilbenzilammonio. Hanno trovato che la cristallinità diminuiva di circa il 10% quando veniva aggiunto il 3% in peso di argilla nell’HDPE puro e si osservava una diminuzione del 25-30% quando veniva aggiunto fino al 20% in peso di PE-g-MA. Inoltre la cristalinità era dimezzata quando il nanocomposito veniva preparato in soluzione usando il 15% in peso di PE-g-MA e il 3% in peso di argilla.

(5)

Il risultato ottenuto da Xu non è confermato da Ranade et al. [33] i quali, studiando il comportamento di nanocompositi PE/PE-g-MA/argilla hanno osservato un incremento della cristallinità utilizzando una bassa percentuale (fino al 5% in peso) di PE-g-MA. Per quel che concerne invece lo studio della cinetica di cristallizzazione non isoterma, possiamo citare il lavoro di Kontopoulou e collaboratori [13] in cui viene analizzato il comportamento di nanocompositi aventi come matrice PE-g-MA ottenuti per intecalazione diretta dal fuso. Questi autori hanno osservato che l’argilla esfoliata promuoveva un processo di nucleazione eterogeneo e la crescita del cristallo era in due dimensioni.

Contrariamente, Xu et al. [31] studiando la cinetica di cristallizzazione non isoterma di nanocompositi PE/MMT esfoliati ed intercalati preparati per polimerizzazione in situ, trassero le conclusioni che la crescita del cristallo di PE nel campione intercalato era in due dimensioni, mentre per quello esfoliato in tre.

Come già accennato sopra, gli studi sulla cristallizzazione non isoterma ed isoterma di alcuni nanocompositi descritti in questo lavoro di tesi, aventi un alto grado di esfoliazione, hanno dimostrato che la crescita degli sferuliti è in due dimensioni. Inoltre, il valore della dimensione degli sferuliti, riportati in Tabella 1, sono probabilmente sovrastimati. Infatti questi sono stati calcolati dall’equazione di Stein [50] Rsph = c⋅λ/(n⋅π⋅sinθm), dove Rsph è il raggio degli sferuliti, λ è la lunghezza d’onda della luce nel mezzo di indice di rifrazione uguale ad n e θm è l’angolo dei raggi incidenti e difratti corrispondenti al massimo di intensità, assumendo per la costante c il valore di 2.05 valido per le sfere.

Questo calcolo, probabilmente corretto per le sfere di polimero puro, può non esser preciso per i nanocompositi. Per questi ultimi, che hanno cristalli non sferici ma a forma di disco, sarebbe più appropriato usare il valore di 1.95. Perciò, le dimensioni reali degli sferuliti dei nanocompositi sono probabilmente più piccole di quelle indicate in Tabella 1 e questo porta a concludere che l’argilla agisce come agente nucleante eterogeneo per la cristallizzazione dei copolimeri EAA.

(6)

3.1.2 Morfologia su mesoscala.

In generale i nanocompositi tradizionalmente presi in considerazione in letteratura [1-7] possono presentare, in base alla forza delle interazioni interfacciali tra la matrice polimerica e il silicato lamellare, tre principale strutture: i) fase separata (microcomposito), ottenuta quando polimero e argilla sono incompatibili e quest’ultima è dispersa all’interno della matrice polimerica sotto forma di agglomerati delle dimensioni del micron o di particelle primarie, ii) fase intercalata, formata quando, grazie ad appropriati fattori entropici ed entalpici che determinano forti interazioni interfacciali tra polimero e silicato, una o più catene polimeriche riescono a penetrare all’interno delle gallerie dell’argilla allontanando quindi gli strati del filler senza variarne la periodicità e iii) fase esfoliata, in cui si verifica la completa delaminazione dell’argilla con conseguente dispersione delle singole lamelle all’interno della matrice polimerica.

Tuttavia, negli ultimi anni, sono stati pubblicati diversi studi su nanocompositi con morfologia mista, intercalata ed esfloliata, e sono stati anche riportati diversi esempi di compositi aventi una struttura ibrida esfoliata ed intercalata in cui sono presenti tattoidi e agglomerati dell’ordine del micron [48, 52-55]. L’analisi POM e SEM, il cui uso era limitato allo studio dei processi di cristallizzazione e alla morfologia del cristallo o allo studio della fase anisotropa formata in nanocompositi con una alta percentuale in peso di argilla [21, 28, 32, 38, 55-60], possono fornire, insieme all’analisi TEM, informazioni utili per la descrizione della morfologia di nanocompositi su ampia scala. Infatti, le analisi WAXD e TEM, comunemente usate per lo studio della morfologia di nanocompositi, possono in alcuni casi e per diverse ragioni non essere in grado di visualizzare le particelle di argilla di dimensioni micrometriche, ancora presenti in strutture esfoliate e/o intercalate dopo ad esempio un tempo insufficiente di miscelamento, se la loro concentrazione è troppo piccola. In Figura 2, sono mostrate alcune micrografie fatte in luce polarizzata su film fusi di alcuni materiali studiati in questo lavoro di tesi.

(7)

50 µm

a)

50 µm

b)

50 µm

c)

50 µm

d)

50 µm

e)

50 µm

f)

50 µm

g)

50 µm

h)

50 µm

i)

Figura 2

Micrografie POM di compositi fusi contenenti 5 phr di diverse argille, fatte a 190°C: a) EAA1/15A, lavorato 5 min; b) EAA1/15A, lavorato 10 min;c) EAA1/15A, lavorato 45 min;

d) EAA1/6A; e) EAA1/20A; f) EAA1/93A; g) EAA1/SE3000;h) EAA1/30B; i) EAA1/N848

Per ciascun materiale sono stati analizzati almeno 5 film ricavati da zone diverse del nanocomposito e le micrografie che presentavano un aspetto morfologico medio sono state riportate in Figura 2.

In realtà, nonostante la relativamente bassa risoluzione, le micrografie non erano sempre uniformi e, almeno per alcune delle argille utilizzate come ad esempio N848 e M3C18, la

dispersione dell’argilla nella matrice polimerica su scala micrometrica era disomogenea. Le Figure 2a ,2b e 2c illustrano l’evoluzione della morfologia del nanocomposito EAA1/15A con 5phr di argilla, durante il processo di intercalazione nel fuso. In particolare possiamo

(8)

osservare, vedi Figura 2a, la presenza di alcuni agglomerati di argilla di dimensioni fino ai 50µm e di tattoidi più piccoli di alcuni micron quando il composito preparato per intercalazione del fuso, è lavorato per un tempo di soli 5 minuti. Se il composito viene invece lavorato per 10 minuti (Figura 2b) e ancora di più se lavorato per 45 minuti (Figura 2c), si può notare la scomparsa degli agglomerati più grandi e restano visibili solo alcuni tattoidi di piccole dimensioni.

Possiamo quindi dedurre che sono sufficienti 10/15 minuti, tempo normalmente impiegato per la preparazione dei nanocompositi in questo lavoro di tesi, per rompere gli agglomerati di grandi dimensioni (50µm). La Figura 2b dimostra inoltre che il numero di tattoidi ancora presenti, su scala micrometrica, nel nanocomposito EAA1 preparato con 5phr di 15A e lavorato per 10 minuti, è molto limitato e probabilmente la loro concentrazione è così piccola da non poter esser rilevata dall’analisi WAXD e, per ragioni statistiche, anche dalla alta risoluzione del TEM. Confrontando la Figura 2b con le altre micrografie di Fig. 2d-2i, che mostrano il comportamento di alcune argille diverse, possiamo osservare che solo la 6A presenta una dispersione migliore della 15A, se miscelata per 10 minuti con EAA1, mentre il numero di tattoidi o agglomerati visibili nel nanocomposito EAA1/20A è superiore.

Tabella 2

Argille utilizzate in questo lavoro.

Argilla Nome commersiale (Produttore) Agente modificante MERa (meq/g) Contenuto organicob (%) d001b (nm) 6A Cloisite® 6A (South. Clay Prod.) M2(HT)2 1.40 45.2 3.48

15A Cloisite® 15A (South. Clay Prod.) M2(HT)2 1.25 42.4 3.24

20A Cloisite® 20A (South. Clay Prod.) M2(HT)2 0.95 38.5 2.42

SE3000 Nanofil® SE3000 (Süd Chemie) -c -c 54.5 3.60 93A Cloisite® 93A (South. Clay Prod.) MH(HT)2 0.90 36.0 2.47

30B Cloisite® 30B (South. Clay Prod.) M(HE)2T 0.90 30.0 1.87

N848 Nanofil® 848 (Süd Chemie) H3C18 -c 25.4 1.84

M3C18 Sperimentale M3C18 1.22b 30.4 1.93

a

Dati forniti dalla casa produttrice.

b

Valore sperimentale.

c

(9)

Come mostrato in Tabella 2 queste tre argille sono state preparate con diverse quantità dello stesso modificante organico [M2(HT)2] e i risultati ottenuti dimostrano che la dispersione

dell’argilla nell’EAA1 aumenta all’aumentare della percentuale di modificante organico usato. La peggiore dispersione, come mostrato in Fig. 2i, si ha per l’argilla N848, modificata con octadecilammina, mentre si osserva un comportamento intermedio per le altre argille elencate in Tabella 2; la micrografia relativa al nanocomposito a base di Me3C18 non è mostrata in

Figura 2. Possiamo quindi riassumere dicendo che le differenti argille utilizzate in questo lavoro per la preparazione di nanocompositi a base di EAA1 possono essere disposte, in base ad un grado crescente di efficienza di dispersione, sulla seguente scala: N848<M3C18<30B<Se3000<93A<20A<15A<6A. Sono state inoltre analizzate diverse micrografie fatte su film di nanocompositi a base di EAA2, EAA3 e HDAA e le morfologie osservate confermano i risultati ottenuti.

Per avere infine delle informazioni aggiuntive sulla morfologia su mesoscala le superfici criofratturate dei nanocompositi sono state analizzate al SEM. I nanocompositi che presentano poche zone birifrangenti all’analisi POM risultano generalmente omogenei all’analisi SEM. Questo può essere spiegato tenendo presente che il SEM ci permette di vedere solo le particelle di argilla sulla superficie sezionata, mentre l’analisi POM era stata fatta in trasmissione su un film di circa 100µm di spessore. Comunque la probabilità di vedere con il SEM gli agglomerati di argilla o i tattoidi delle dimensioni dei micron sulla superficie criofratturata aumenta all’aumentare della loro concentrazione.

a)

c)

Figura 3

(10)

Un esempio è riportato in Figura 3 dove sono mostrate le micrografie SEM della argilla in polvere 30B tal quale e del nanocomposito EAA1/30B con 5 phr di argilla. La micrografia della 30B conferma i dati forniti dalla casa produttrice; l’argilla infatti contiene, insieme al 90% in volume di particelle, di dimensioni inferiori ai 13µm, circa il 10% in volume di agglomerati di dimensioni più grandi. Dalle micrografie SEM, riportate in Fig. 3b e 3c, relative al nanocomposito a base di EAA1 con 5phr di 30B, si può osservare la presenza di diverse particelle di argilla dell’ordine di alcuni micron.

Anche per i compositi a base di N848 e M3C18 è stato possibile rilevare con l’analisi SEM le

particelle di argilla sulla superficie criofracturata, mentre questo non è stato possibile per i nanocompositi preparati con 5 phr di SE3000, 93A, 20A, 15A e 6A. Le informazioni fornite dall’analisi POM e SEM sul comportamento delle argille 15A e 30B, che indicano una minore compatibilità di quest’ultima con i polietileni funzionalizzati studiati in questo lavoro, sono in linea con i risultati di Mehrabzadeh e Kamal [21] che trovarono che la 15A aveva una compatibilità maggiore col PE rispetto alla 30B.

3.1.3 Morfologia di nanocompositi conteneti argille modificate con M

2

(HT)

2

In un precedente lavoro di tesi, [65] condotto nei nostri laboratori, era già stata analizzata la morfologia di alcuni dei nanocompositi oggetto anche di questo lavoro di tesi.

Dall’analisi ai raggi-X e dalle micrografie TEM si era trovato che l’aggiunta (5phr) di una argilla organicamente modificata con M2(HT)2 (6A e 15A) porta ad ottenere nanocompositi

contenenti un numero elevato di lamelle esfoliate insieme a pacchetti di 2-4 lamelle con una periodicità media di 4.2-4.3 nm, se si usa EAA ramificato come matrice, e di 3.2-3.3 nm per HDAA lineare.

È stato inoltre osservato che l’estrazione con solvente dell’eccesso di modificante dalla 15A non determina sensibili variazioni nell’andamento dei diffrattogrammi dei compositi, suggerendo che, durante il miscelamento, si verificano contemporaneamente due meccanismi: da una parte si ha intercalazione del polimero nelle gallerie dell’argilla, dall’altra una de-intercalazione dell’eccesso di modificante, che diffonde dall’argilla nel polimero. Gli studi sulla morfologia eseguiti in questo lavoro di tesi confermano queste ipotesi.

(11)

Tuttavia rimaneva ancora da chiarire se la struttura esfoliata/intercalata dei nanocompositi EAA/15A, osservata con l’analisi WAXD e TEM, fosse la morfologia correlata all’equilibrio termodinamico oppure alla morfologia intermedia perché, ad esempio, il tempo di miscelamento non era stato sufficiente.

Come accennato nel Cap.1 uno degli obbiettivi di questo lavoro di tesi è proprio quello di cercare di capire se le morfologie dei nanocompositi rappresentano situazioni di equilibrio termodinamico oppure no. La cinetica di formazione di nanocompositi ottenuti per intercalazione diretta dal fuso è stata approfonditamente studiata [21, 54, 61-63] ed è stato trovato che la rottura degli agglomerati di argilla può dipendere sensibilmente dallo sforzo di taglio applicato, mentre l’esfoliazione dei pacchetti di argilla avviene probabilmente attraverso il distacco delle singole lamelle che è legato principalmente alla compatibilità chimica tra polimero e argilla.

In Figura 4 vengono riportati gli spettri ai raggi-Xx di tre campioni di nanocompositi a base di EAA1 con 5 phr di argilla preparati con tempi di miscelamento diversi (5, 10 e 45 minuti) e di un quarto campione che è stato miscelato prima per 10 minuti in Brabender e poi ricotto in stufa a 190°C, per 2 ore.

Le analisi POM descritte sopra, vedi Paragrafo 3.1.1, hanno dimostrato che il campione che era stato lavorato per tempi più brevi (circa 5 minuti) conteneva ancora agglomerati di grandi dimensioni. Comunque, dalla Figura 4, non si riesce a trovare alcuna chiara indicazione sulla presenza, in questo campione, di argilla non intercalata. Inoltre, gli spettri ai raggi-X, riportati sempre in Figura 4, mostrano che l’intercalazione dell’argilla, rilevata dal picco di diffrazione a 2θ≅2.1°, non scompare anche quando il tempo di miscelamento viene prolungato sino a 45 minuti o quando il campione è ricotto per 2 h a 190°C. In quest’ultimo caso sembra che il trattamento causi solo un debole spostamento del picco verso valori angolari più alti, probabilmente a causa di una parziale decomposizione dell’argilla.

I risultati ottenuti suggeriscono che nelle condizioni di miscelamento nel fuso utilizzate in questo lavoro di tesi si raggiunge abbastanza rapidamente un equilibrio termodinamico tra gli strati di argilla esfoliata ed intercalata; questo equilibrio risulta essere praticamente indipendente dalla storia termo-meccanica ed è unicamente determinato dalle interazioni interfacciali tra il polimero e la superficie dell’argilla organicamente modificata.

(12)

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 2θ (deg) In te n si ty (a .u .)

a)

d001 = 4.3 nm

d)

c)

b)

Figura 4

Raggi X di nanocompositi EAA1 con 5 phr 15A preparati con tempi di miscelazione differenti: a) 5 minuti; b) 10 minuti; c) 45 minuti;

d) 10 minuti in Brabender e poi ricotto in stufa per 2 ore a 190°C.

Per ottenere informazioni aggiuntive sulla possibilità di preparare dei concentrati EAA/argilla da diluire ad esempio con diverse classi di PE, sono stati studiati nanocompositi con un’elevata percentuale in peso di argilla (fino ai 50phr). La dipendenza della morfologia in funzione della concentrazione di argilla è mostrata nelle Figure 5-7, dove sono riportati i raggi-X dei seguenti nanocompositi: EAA1/20A, EAA1/15A e HDAA/15A. Confrontando le Figure 5 e 6 si osserva chiaramente che i nanocompositi a matrice EAA1 preparati con le argille 20A e 15A hanno una morfologia molto simile.

(13)

0 5 10 15 20 25 30 2θ (deg) In te nsi ty (a .u. ) EAA1 + x phr 20A x = 50 x = 18 x = 11 x = 5 x = 0 d001 = 4.2 nm d001 = 2.4 nm 20A Figura 5

Raggi X della argilla 20A tal quale e di nanocompositi EAA1/20A con differenti percentuali di argilla.

Infatti, per entrambi i materiali, l’analisi ai raggi-x rileva la presenza di una struttura intercalata, caratterizzata da una distanza basale (d001) pari a 4.2-4.3 nm, che è indipendente

sia dalla concentrazione di argilla, sia dalla spaziatura basale d001 originale dell’argilla (2.42 e

3.24 nm rispettivamente per la 20A e la 15A). Inoltre, i diffrattogrammi mostrano un notevole incremento dell’intensità del picco di diffrazione basale (n=1 nella legge di Bragg) e dei picchi di ordine superiore (n=2 e 3 nella legge di Bragg) all’aumentare della quantità di argilla. Questo ci porta a concludere che la morfologia di questi nanocompositi dipende unicamente dalla struttura chimica del copolimero e dal tensioattivo organico usato per la modifica

(14)

dell’argilla, mentre l’eccesso di modificante inizialmente presente nella 15A è molto probabilmente espulso durante il processo di miscelazione nel fuso.

0 5 10 15 20 25 30 2θ (deg) Intensity (a. u .)

EAA1 + x phr 15A

x = 50 x = 18 x = 11 x = 5 x = 2 x = 0 d001 = 4.3 nm Figura 6

Raggi X di nanocompositi EAA1/15A con differenti percentuali di argilla.

Comunque, una analisi più approfondita dei picchi di diffrazione a basso angolo per queste due serie di nanocompositi, ci porta ad osservare che quelli dei nanocompositi a base di 15A sono notevolmente più stretti; questo suggerisce che è possibile migliorare l’ordine strutturale e la lunghezza coerente dei tattoidi intercalati se l’intercalazione del polimero avviene in presenza di un eccesso di modificante organico.

(15)

0 5 10 15 20 25 30 2θ (deg) In te n sity ( a.u .) HDAA + x phr 15A x = 50 x = 18 x = 11 x = 5 x = 0 d001 = 3.4 nm Figura 7

Raggi X di nanocompositi HDAA/15A con differenti percentuali di argilla.

In Figura 7 sono mostrati gli spettri ai raggi-X di nanocompositi HDAA/15A e questi confermano che la distanza basale delle strutture intercalate è indipendente dal contenuto di argilla. Per questa serie di nanocompositi, la periodicità media è considerevolmente più piccola (3.3-3.4 nm) e questo potrebbe essere probabilmente attribuito al minor ingombro laterale delle catene lineari di HDAA (rispetto a quelle ramificate di EAA) che causa una espansione minore dei pacchetti di silicato lamellare. Confrontando la forma dei picchi di diffrazione a basso angolo degli spettri ai raggi x in Fig. 5 e 7 si osserva che i tattoidi intercalati, nei nanocompositi a base di HDAA, presentano un grado di ordine inferiore di quelli dei corrispondenti nanocompositi a base di EAA1.

(16)

Nelle Figure 5-7 si possono anche osservare i picchi caratteristici della struttura cristallina della matrice polimerica pura EAA1 e HDAA rispettivamente a 21.2° e a 23.3°, corrispondenti alle riflessioni 110 e 200 tipiche della cella cristallina ortorombica del polietilene. Queste rifrazioni risultano essere notevolmente più intense per il polimero lineare HDAA che per quello ramificato EAA1, come era ragionevole aspettarsi sulla base della più alta cristallinità del primo tipo di copolimero (vedi Tabella 1). Per questo motivo, l’effetto dell’aggiunta di una quantità crescente di argilla, sebbene qualitativamente simile per i due polimeri, risulta essere più marcato per i nanocompositi a base di HDAA (Figura 7).

Può essere inoltre osservato che la posizione dei due picchi di diffrazione non si sposta all’aumentare della percentuale di argilla usata e questo significa che la struttura cristallina dei due polimeri non viene alterata dall’aggiunta di argilla. Comunque, la notevole diminuzione del rapporto dell’intensità dei picchi di diffrazione I110/ I200, che si verifica aumentando la

concentrazione di argilla, dimostra che le lamelle del polimero sono fortemente orientate parallelamente alle facce dei dischi preparati per stampaggio a compressione dal fuso, sui quali viene eseguita l’analisi WAXD. Questo effetto era stato anche osservato per nanocompositi aventi come matrice diversi tipi di PE funzionalizzati ed era abbastanza evidente per campioni altamente esfoliati che erano stati raffreddati lentamente dal fuso [64, 65].

Da analisi WAXS e SALS eseguite su nanocompositi di HDPE-g-MA con 5 e 11 phr di 15A temprati o raffreddati lentamente, era stato osservato [66, 67] che le lamelle di argilla erano orientate preferenzialmente nel piano parallelo alla superficie di compressione e provocavano una cristallizzazione confinata del polimero portando ad un elevato orientamento degli sferuliti. I nostri risultati dimostrano che questa orientazione preferenziale indotta dall’argilla si verifica anche per i nanocompositi studiati in questo lavoro di tesi e confermano che la crescita degli sferuliti avviene in due dimensioni, come suggeriscono gli studi sulla cristallizzazione isoterma e non isoterma eseguiti per questi materiali [51].

(17)

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 2θ (deg) Inten sity (a.u.)

a)

b)

c)

d)

e)

f)

Figura 8

Raggi X di nanocompositi EAA1/15A con differenti percentuali di argilla: a) e b) 5 phr; c) e d) 11 phr; e) ed f) 50 phr. a); c) ed e) sono spettri relativi alla superficie

interna del dischetto, mentre b), d) ed f) sono relativi alla superficie esterna.

Per vedere inoltre se sussistevano significative differenze tra la superficie esterna e il cuore dei provini di nanocompositi ottenuti per stampaggio a compressione, alcuni dischetti sono stati limati sino ad uno spessore di 1 mm e gli spettri ai raggi-X sono stati eseguiti su entrambe le superfici.

I risultati ottenuti, rappresentati in Figura 8, per alcuni nanocompositi EAA1/15A, mostrano chiaramente che i due spettri, relativi alla superficie esterna ed a quella interna del dischetto, sono molto simili e che l’angolo di diffrazione basale delle lamelle intercalate è lo stesso. In alcuni casi però si è trovato che l’intensità del picco di rifrazione risulta essere leggermente meno intenso, per la superficie interna, suggerendo che le lamelle di argilla possono

(18)

raggrupparsi più casualmente nell’interno o divenire più orientate sulla superficie. Le caratterizzazioni TEM sui nanocompositi con argille organicamente modificate con M2(HT)2

confermano le informazioni acquisite dall’analisi WAXD e in particolare da micrografie TEM a bassa risoluzione (7K-20K) di questi materiali si osserva che le argille

sono disperse a livello nanometrico all’interno della matrice polimerica, il che conferma anche i risultati ottenuti dalla analisi POM.

Figura 9

Micrografie TEM di nanocompositi a base di EAA1 [ a )e b)]

e a base di HDAA [ c) e d)] contenenti 5 phr [ a) e c)] e 11 phr [ b) e d], of 15A.

a) 50 nm b) 50 nm c) 75 nm d) 75 nm

(19)

Immagini a più alta risoluzione (50K-85K) di nanocompositi EAA1 e HDAA con 5 e 11 phr di 15A , riportate in Figura 9, mostrano delle zone in cui sono presenti singole lamelle di argilla disperse nella matrice e altre in cui sono presenti pacchetti di alcune lamelle. Nella maggior parte dei provini, analizzati al TEM, ottenuti tagliando le fettine dal campione così come recuperato dal Brabender, non si osserva una orientazione preferenziale delle lamelle e dei tattoidi (vedi Figure 9c e 9d), mentre nei provini ottenuti tagliando le fettine direttamente dai dischetti stampati a compressione per l’analisi WAXD, gli strati di argilla risultano essere più o meno orientati in una direzione preferenziale (Figura 9a).

L’altezza delle gallerie d2 e la distanza d1 dei tattoidi sono state misurate sulle micrografie con

un analizzatore elettronico di immagine. I valori medi ottenuti (su diverse decine di misurazioni) per i nanocompositi EAA1/15A sono concordi con i dati WAXD: d1=4.1-4.3 nm

e d2=2.3-2.5 nm. L’oscillazione dei dati è abbastanza forte e questo è dovuto soprattutto al

basso livello di parallelismo delle lamelle di ciascun pacchetto: le misure di d1 variano da 3 a

oltre 5 nm.

Al contrario, il valore di d1 trovato per nanocompositi HDAA/15A è apprezzabilmente più alto

(circa 4.1 nm) del valore d001 misurato ai raggi x (circa 3.4 nm) e non è chiaro se questa

discrepanza è dovuta alla difficoltà di ottenere sottili sezioni di questi materiali (è stato infatti necessario lavorare sotto i –145°C per ottenere sezioni soddisfacenti, mentre per i nanocompositi a base di EAA1 è sufficiente operare a temperature di –130°C) o alla minor efficiente dispersione delle lamelle di argilla.

Nonostante la struttura del modificante organico della argilla Nanofil SE3000, commercializzata dalla Sud-Chemie, non sia stata resa nota, analizziamo brevemente in questo paragrafo il comportamento dei relativi nanocompositi, perché la loro morfologia è molto simile a quella dei nanocompositi contenenti le argille a matrice EAA1 modificate con M2(HT)2. L’analogia è chiaramente dimostrata sia dagli spettri WAXD dei nanocompositi

EAA1/SE3000 riportati in Figura 10, che possono essere confrontati con quelli mostrati in Figura 6 sia dalle micrografie TEM (non riportate) che risultano praticamente identiche a quelle delle Figure 9a e9b.

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0 5 10 15 20 25 30 2θ (deg) Inte nsit y ( a.u.) EAA1 + x phr SE3000 x = 50 x = 18 x = 11 x = 5 x = 0 d001 = 4.4 nm d001 = 3.6 nm SE3000 Figura 10

Raggi-X dei nanocompositi SE3000 e EAA1/SE3000 con diverse percentuali di argilla.

Il fatto che questi materiali abbiano spaziature d001 molto simili, nonostante che l’espansione

dei tattoidi della SE3000, dovuta all’intercalazione delle catene di EAA1, sia minore rispetto a quella delle tre argille modificate con M2(HT)2., ci porta a supporre che la SE3000 possa

contenere un composto organico (eccesso di modificante o altro) non legato chimicamente che viene espulso, durante il processo di miscelazione del fuso, secondo un meccanismo di flusso inverso molto simile a quello ipotizzato per le argille 6A e 15A contenenti un eccesso di modificante organico M2(HT)2. Questa ipotesi può essere ritenuta valida anche sulla base

dell’analisi dei valori della distanza basale e della percentuale di contenuto organico della SE3000 (3.6nm e 54.5% rispettivamente), che risultano essere decisamente maggiori di quelli relativi alle comuni argille modificate commerciali. Lo spettro FTIR della SE3000 è

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confrontato con quello della 20A, in Figura 11, e la differenza principale è rappresentata dalla presenza nello spettro della SE3000 dei due picchi a circa 1245 e 1740 cm-1.

Per cercare di estrarre il composto organico non legato da questa argilla, sono stati usati diversi solventi: alcool etilico, cloroformio e tetraidrofurano. L’alcool etilico, che era stato usato per l’estrazione della 15A (vedi parte sperimentale Capitolo 2) non è risultato idoneo per l’estrazione della SE3000; si riesce, invece, ad avere una buona estrazione con cloroformio, ma una buona percentuale di argilla, circa il 20%, rimane in sospensione e risulta difficile, al termine della centrifugazione, il suo recupero e quindi la completa separazione della fase organica disciolta. Dalla analisi TGA del residuo si è trovato un contenuto organico pari al 32.3%. Il tetraidrofurano (THF) consente di ottenere un’estrazione intermedia rispetto a quelle sopra descritte e permette di estrarre il materiale organico discretamente puro, recuperato per evaporazione della soluzione chiara ottenuta dalla filtrazione.

L’inserto di Figura 11 illustra la regione tra 1150 e 1800 cm-1 degli spettri FTIR della 20A (curva a), del residuo dell’estrazione con cloroformio (curva b) e del materiale organico recuperato dalla soluzione di THF (curva c). Questi spettri dimostrano che i due picchi della SE3000 a 1245 e 1740 cm-1 sono dovuti appunto al composto organico non legato e che questo è diverso dal tensioattivo organico usato per la modifica della MMT per scambio ionico. L’analogia tra gli spettri FITR dell’estratto in THF (curva c in Figura 11) e quello relativo al campione di EVA14 (curva d) suggerisce che i due potrebbero avere una struttura chimica simile. Sulla base delle somiglianze degli spettri a) e b) nell’inserto di Figura 11 e degli spettri ai raggi-X del nanocomposito EAA1/SE3000 con quelli contenenti argille organicamente modificate con M2(HT)2, possiamo ipotizzare che per la modifica di queste argille sono stati

usati gli stessi ioni di ammonio quaternario e che le argille differiscono per la sostanza organica utilizzata per espandere ulteriormente le loro strutture: eccesso di modificante organico per la 6A e per la 15A e un polimero a basso peso molecolare con una struttura molto simile all’EVA per la SE3000.

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500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 Wavenumber (cm-1) Transmittance 1150 1350 1550 1750 a b c d 20A SE3000 1245 1740 Figura 11

Spettri FTIR della 20A e del SE3000. L’inserto mostra la regione tra 1150 e 1800 cm-1 degli spettri FTIR di: a) 20A , b) residuo dell’estrazione della SE3000 con cloroformio,

c) del materiale organico estratto dalla SE3000 con THF (curva c), d) EVA con il 14 in peso di vinil acetato.

Noi abbiamo preparato un nanocomposito di EAA1 con 5 phr del residuo dell’estrazione della SE3000 con cloroformio e si è trovato che lo spettro ai raggi-X di questo materiale coincideva esattamente con il rispettivo nanocomposito EAA1/SE3000, mostrato in Figura 10. Questa prova conferma definitivamente che il composto organico non legato presente nella SE3000 non ha alcuna utilità pratica in vista della preparazione di nanocompositi a base di EAA1.

Riferimenti

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