Corso di Laurea magistrale
in Amministrazione Finanza e Controllo
Facoltà di management
Tesi di Laurea
GESTIONE INTEGRATA DEI RISCHI AZIENDALI E
L'IMPORTANZA DELL'AMBIENTE INTERNO ED ESTERNO
Il caso Luxottica
Relatore Cervellati Enrico Maria Laureanda Mehbuba Rahman Matricola 846548 Anno Accademico 2018 / 2019
“The biggest risk is not taking any risk ... In a world that’s changing quickly, the only strategy that is guaranteed to fail is not taking risks.” – Mark Zuckerberg
Ringraziamenti Ritengo necessario dedicare questo spazio del mio lavoro a tutti coloro che mi sono stati vicini in questo lungo percorso di crescita personale e professionale, contribuendo con il loro inesauribile supporto morale anche alla realizzazione del presente elaborato. Innanzitutto, un dovuto ringraziamento speciale al mio relatore, Cervellati Enrico Maria, per la sua immensa pazienza e infinita disponibilità e per avermi fornito materiale utile alla stesura della tesi.
Ringrazio immensamente i miei genitori per avermi sostenuto sempre, senza il loro supporto morale non sarei mai potuta arrivare fin qui, e per esserci sempre stati soprattutto nei momenti di bisogno.
Ringrazio mio marito Sabuz Khan, per avermi insegnato a non mollare mai, anche quando sembrava tutto più complicato da bilanciare con la nascita della nostra principessa Mahira Khan. Grazie per tutto il tempo che hai dovuto sacrificare per realizzare il mio sogno e avermi fatto capire che ci sei sempre stato. Grazie alla mia piccola Mahira per aver permesso alla mamma di dedicare un paio di ore al giorno a terminare il presente elaborato.
Sommario
Introduzione ... 5 Capitolo 1. Rischi aziendali e la loro gestione ... 11 1.1) Conoscenza, Incertezza e rischio ... 12 1.1.1) Conoscenza ... 12 1.1.2) Incertezza ... 22 1.1.3) Rischio ... 28 1.2.1) Il rischio in azienda e cenni storici ... 33 1.2.2) Classificazione dei rischi aziendali ... 36 1.2.3) Tipologie di rischi aziendali ... 42 1.3) Gestione del rischio ... 51 1.3.1) Risk Management e cenni storici ... 52 1.3.2) Strategie e tipologie di Risk management ... 56 1.3.3) La gestione del rischio per creare valore ... 67 1.4) La gestione integrata dei rischi ... 69 1.4.1) Concetto e caratteristiche dell’ERM ... 70 1.4.2) Gli standard internazionali ... 74 1.4.3) Risk governace e ERM: ruoli e responsabilità ... 80 1.4.4) ERM Process ... 86 1.4.5) Limiti e benefici dell’ERM ... 92 Capitolo 2. ERM e l’ambiente ... 95 2.1) Ambiente interno ... 96 2.1.1) Punti di forza e debolezze dell’azienda ... 97 2.1.2) Sistema informativo interno ... 100 2.1.3) La normativa ... 105 2.1.4) Sistema di controllo interno ... 109 2.2) Ambiente esterno ... 114 2.2.1) Opportunità e minacce ... 119 2.2.2) Gestione dei clienti e fornitori ... 122 2.2.3) Sistema informativo esterno ... 125 2.3) Sviluppare strategie dall’analisi SWOT ... 126 Capitolo 3. Caso Luxottica ... 129 3.1) Profilo aziendale ... 129 3.2) Principali dati economici ... 133 3.3) Strategia e missione ... 136 3.4) Analisi SWOT e rischi principali ... 137 3.5) Gestione dei rischi ... 141 3.5.1) Il sistema ICFR ... 142 3.5.2) Enterprise Risk Management ... 145 3.5.3) Ruoli e responsabilità ... 149 3.6) prospettive future del mercato ... 152 Conclusioni ... 155 Riferimenti ... 157
Introduzione
Per quanto l’uomo avesse fatto progressi nel campo della scienza e della tecnologia non è ancora riuscito a costruire un algoritmo capace di vedere il “Domani”. La conoscenza del futuro è ancora un limite invalicabile, infatti pone l’uomo davanti ad una cruda verità “la limitata razionalità”, abbattendo la fiducia delle sue capacità valutative e decisionali. Al giorno d’oggi tutto è in rapido mutamento e pericolosamente instabile e l’umanità si trova ad affrontare un rischio esistenziale. Il futuro è qualcosa di incerto, imprevedibile, sconosciuto, ma soprattutto è qualcosa di molto rischioso.Di per sé l’esistenza stessa dell’uomo è fortemente caratterizzata dal rischio fin dalla sua nascita, altronde viviamo in un mondo che non ci dà alcuna garanzia di sopravvivenza, per quanto cerchiamo di rendere la nostra vita sicura e stabile, la verità è che nulla è certo. Se ci pensiamo, il rischio è qualcosa di quotidiano che affrontiamo senza nemmeno accorgerci. Dall’uscire di casa per andare al supermercato al ritornare a casa, andare a lavoro, programmare dei figli, aprire un mutuo, acquistare una casa, ecc. è tutto caratterizzato da qualche fattore di rischio. Perciò qualsiasi evento incerto, ovvero non prevedibile e non determinabile, può dare luogo ad un rischio che può essere una variazione positiva o negativa del risultato desiderato. Infatti, il rischio non è solo qualcosa di sfavorevole, com’è spesso immaginato, ma ha anche un lato positivo legato all’incertezza di ottenere un effetto favorevole.
“The biggest risk is not taking any risk ... In a world that’s changing quickly, the only strategy that is guaranteed to fail is not taking risks.” – Mark Zuckerberg
Con questa citazione, si vuole immediatamente porre l’attenzione del lettore sulla necessità di comprendere come ogni azione della nostra vita è caratterizzata dall’incertezza e dal rischio, che a sua volta può essere positivo ma anche negativo rispetto alle nostre previsioni. Assumersi dei rischi non è una scelta, ma un fatto, come esattamente afferma Mark Zuckerberg “il peggior rischio è non assumersi alcun rischio… In un mondo che cambia in modo così veloce, l’unica strategia che garantisce un fallimento immediato consiste nel non assumersi alcun rischio”1. 1 Jillian D’Onfro, Business Insider (2016), Mark Zuckerberg: CEOs need to take risks, but shouldn't have to do 'big, crazy things'. https://www.businessinsider.com
A fronte di un rischio si è soliti a fare delle previsioni in termini numerici, si cerca di rendere calcolabile qualcosa che di per sé non è calcolabile, in quanto il rischio viene sempre associato con la compensazione monetaria. Questa logica ha permesso la nascita delle assicurazioni con la finalità della gestione dei rischi della vita comune. Le assicurazioni nascono con l’intenzione specifica di fornire assistenza alle persone contro il verificarsi di un evento futuro e incerto (rischio), solitamente dannoso per la salute o il patrimonio, quindi trasferire gli effetti da un soggetto ad un altro in cambio di una somma di denaro. Un contratto assicurativo fornisce una copertura del rischio e tranquillità all'assicurato e questo livello di comfort è importante sia nella vita privata che nelle aziende. La crescita assicurativa ed economica si influenzano reciprocamente. Man mano che l'economia cresce, aumentano gli standard di vita delle persone, di conseguenza aumenta la domanda di assicurazioni. In effetti, quando l'economia si ingrandisce, emerge la domanda di nuovi tipi di prodotti assicurativi. Fino a poco tempo fa la gestione del rischio riscuoteva poca attenzione nonostante la sua importanza, sebbene non sia l’attività di produzione che crea le risorse attraverso le quali l’azienda sopravvive, è altrettanto importante poiché permette di ridurre gli sprechi e i corrispondenti costi. Questo, come si può ben comprendere, favorisce l’ottenimento di guadagni maggiori e va quindi a rafforzare ciò che è realizzato attraverso l’attività tipica d’impresa. La crescita stessa è facilitata dall'assicurazione, infatti un settore assicurativo ben sviluppato promuove lo sviluppo economico incoraggiando l'assunzione di rischi. Il rischio è inerente a tutte le attività economiche, senza una sorta di copertura contro i rischi, alcune di queste attività non verranno svolte affatto. È importante sottolineare che non tutte le attività possono essere assicurate se ciò fosse possibile, negherebbe completamente l'imprenditorialità. Il professor Frank Knight nel suo famoso libro "Risk Uncertainty and Profit"2 ha sottolineato che il profitto è una conseguenza dell'incertezza. Ha fatto una distinzione tra rischio quantificabile e rischio non quantificabile. Secondo lui, è il rischio non quantificabile che porta al profitto. Egli sostiene che è un mondo di cambiamento in cui viviamo e un mondo di incertezza. Viviamo solo conoscendo qualcosa sul futuro; mentre i problemi della vita, o almeno della condotta, derivano dal fatto che sappiamo molto poco. Questo vale tanto per gli affari quanto per altre sfere di attività. Dunque, sono due le tipologie di rischi e le vere sfide
gestionali sono i rischi non assicurabili perché nel caso di rischi assicurabili l’incertezza è evitata sostenendo semplicemente un costo.
L’obiettivo delle organizzazioni con scopi di lucro è quello di accrescere e massimizzare il valore dell’impresa realizzando le attese degli stakeholders. Al giorno d’oggi l’attività aziendale è influenzata da una molteplicità di fattori e di rischi, soprattutto esterni e di tipo macroeconomico, quali ad esempio la globalizzazione, eventi geopolitici, guerre, ecc., e quindi la loro gestione è diventata di importanza fondamentale ed inevitabile per ogni business, sia nel settore finanziario che industriale. Il Risk Management è proprio l’insieme delle azioni, tecniche e mezzi predisposte per amministrare e ridurre gli eventi caratterizzati da incertezza e rischi in modo da permettere all’organizzazione il raggiungimento degli obiettivi imposti.
La gestione del rischio ha anche il vantaggio di essere molto meno dispendiosa della ristrutturazione dell’attività in dissesto, situazione che potrebbe verificarsi in casi gravi dove tale attività non viene eseguita o lo è ma in maniera inefficace. A partire dagli anni ’70, l’importanza dell’attività di risk management è cresciuta in maniera molto rapida anche perché sempre di più veniva smentita la teoria neoclassica, secondo la quale i mercati sono perfetti e completi e sono in grado di assorbire i rischi e di tornare in equilibrio per conto proprio senza che ci sia la necessità di intervenire. In un mondo dinamico e instabile come il nostro nulla è perfetto o completo, tanto meno i mercati. La gestione del rischio d'impresa (ERM) è il processo di pianificazione, organizzazione, gestione e controllo integrato ed accentuato delle attività di un'organizzazione al fine di ridurre al minimo gli effetti del rischio sul capitale e sugli utili di un'organizzazione. La gestione dei rischi aziendali comprende rischi finanziari, strategici e operativi, oltre ai rischi associati a perdite accidentali. Negli ultimi anni, i fattori esterni hanno alimentato una crescente influenza sulle organizzazioni e l’ERM permette alle stesse di tenere sotto controllo tutte le variabili, esterni ed interni, che compromettono i valori aziendali con l'obiettivo di risultare più affidabili e massimizzare il proprio economic value. La situazione si è resa sempre più complicata nel tempo, aumentando cosi i rischi e quindi le preoccupazioni delle persone e delle aziende. Infatti, eventi come la crisi finanziaria del 2008 hanno dimostrato come le operazioni speculative a livello macroeconomico possono essere rischiosi e creare grosse perdite per gli investitori e non solo. La crisi del 2008 non
ha avuto effetto in un settore circoscritto, si è riversata anche sull’economia reale, con un crollo a livello industriale dovuto alla stretta creditizia, alla crisi di liquidità e al calo dei consumi.
Episodi come questo hanno fatto percepire la necessità di valutare tutti i rischi presenti e futuri, possibili ed immaginabili che un’azienda potrebbe dover affrontare, perché un calo della produzione significherebbe la riduzione dei guadagni, ma se a ciò si dovesse aggiungere i costi legati al sorgere di un ipotetico rischio, la situazione si aggrava favorendo la possibilità del verificarsi di una catena di fallimenti. Un ambiente cosi complesso e imprevedibile ha fatto si che oltre ai rischi classici, come quelli operativi, ai quali le aziende sono sempre state assoggettate, si siano imposti in maniera forte anche i rischi finanziari e di mercato.
Nel presente lavoro, il primo capitolo cerca di spiegare cosa sia il rischio indicando le sue possibili classificazioni e le modalità della sua gestione a livello generale. Dopo di che si concentra l’attenzione su come potrebbe o dovrebbe essere gestita a livello aziendale questa problematica per poter creare valore economico. In ogni fase dell’enterprise risk management (individuazione, misurazione e controllo) sono fondamentali la predisposizione di risorse all’avanguardia e il coinvolgimento di tutta la struttura organizzativa per ottenere un risultato efficace ed efficiente. L’efficacia si raggiunge con la programmazione di migliori strategie di gestione che in questo caso vengono definite a livello l’azienda e non più nelle singole funzioni come nel caso del risk management semplice, perché ora si tratta di una gestione integrata. Dall’altra parte la gestione accentrata comporta una riduzione dei costi rispetto all’elaborazione delle singole strategie a livello funzionale perché elimina le eventuali doppie valutazioni permettendo cosi il raggiungimento dell’efficienza. Dunque si conclude con l’indicazione dei benefici e limiti che si potrebbe affrontare con la gestione integrata dei rischi.
La seconda parte si concentra sulla spiegazione delle relazioni che si crea con l’ambiente e tratta anche di come l’istituzione di un adeguato sistema di comunicazione sia utile per raccogliere informazioni necessarie all’attività di gestione. Concentrando prima l’attenzione sull’ambiente interno dell’azienda, spiegando i punti di forza e di debolezza dell’organizzazione per poi focalizzarsi sull’attività di controllo informativo e normativo che si adotta per attuare al meglio l’enterprise risk management. La seconda parte del capitolo pone l’attenzione sull’interazione dell’azienda con l'ecosistema esterna (clienti,
fornitori, concorrenti, ecc.) indicando le possibili opportunità e minacce e come si dovrebbe regolare per gestire al meglio gli impulsi derivanti da questi soggetti.
Per finire, l’ultimo capitolo, porta come esempio l’azienda leader nel settore degli occhiali, LUXOTTICA S.p.A. al fine di analizzare come affronta le diverse e numerose varietà di rischio a cui è soggetta; nello specifico si studia la Relazione Finanziaria e di Governance pubblicate negli ultimi anni, inerenti i principali aspetti trattati nei primi due capitoli precedenti, a prova dell’importanza assunta dal tema di Risk Management; si dimostrerà come la società ritenga importante promuovere una cultura improntata sul rischio e quali strutture di governance e di sistemi di controllo interno adotta per gestire in maniera efficiente ed efficace i rischi aziendali.
Capitolo 1. Rischi aziendali e la loro
gestione
La crisi finanziaria del 2007-2008 ha avuto una reazione di vastissima portata sull'economia globale per cui molti l’hanno confrontato con la Grande Depressione degli anni '20-'30 e per tanti versi i suoi effetti sono stati addirittura peggiori di allora. Resta difficile calcolare il costo totale della crisi, tuttavia senza dubbio non sarà meno di alcuni migliaia di miliardi, qualunque sia la valuta di riferimento. I governi, le autorità di regolamentazione, le istituzioni finanziarie, le aziende e altre parti interessate si chiedono perché si è verificata una crisi così grave? Soprattutto in un momento in cui la volatilità macroeconomica era pensata di essere stata battuta, per lo meno nei paesi sviluppati, e il sistema di regole finanziarie e di gestione di rischi era ritenuta così sofisticata che il rischio di una grave crisi finanziaria era trascurabile.
Il fatto è che nonostante previsioni e calcoli dettagliati nulla è certo nella vita umana, il rischio è parte di ogni attività, ed ogni grande passo o scoperta dell’umanità è stato possibile perché qualcuno è stato disposto a correre il rischio e sfidare lo status quo. Dopo la crisi, le aziende in particolare hanno cominciato a considerare il fattore “RISCHIO” con maggiore importanza e si è compreso che è necessaria una gestione più all’avanguardia e al passo con la dinamicità del contesto mondiale per prevenire i danni che esso può arrecare, quindi fare previsioni ed analisi ex-ante. Non a caso ora si è passati da un semplice concetto di “gestione dei rischi” alla “gestione integrata dei rischi”, ovvero una struttura organizzativa aggiornata preposta a livello aziendale che prevede regole per l’amministrazione del rischio.
In questo primo capitolo verrà dapprima fornita una panoramica del concetto di conoscenza, dell’incertezza e del rischio; successivamente verrà introdotto il concetto di rischio aziendale e una sua classificazione per poi parlare di come viene amministrata. Si discuterà della misurazione del rischio, di come il rischio impatta sul valore dell’impresa, nonché delle diverse tipologie di risk management, le caratteristiche, i benefici e i limiti.
1.1) Conoscenza, Incertezza e rischio
Nella nostra vita quotidiana ci sono molte circostanze in cui dobbiamo correre dei rischi, ciò comporta l'esposizione a perdita o pericolo. Il rischio può essere inteso come potenziale di perdita, ma potrebbe essere anche un eventuale guadagno. Non è esattamente uguale all'incertezza, cioè l'assenza di certezza del risultato in una situazione particolare. Ci sono casi in cui l'incertezza è inerente rispetto agli eventi imminenti, cioè non c'è idea di cosa possa succedere dopo. Quindi il rischio viene pensato come una situazione in cui esiste una possibilità di perdita o pericolo, mentre con l'incertezza si riferisce a una condizione in cui non si è sicuro del risultato futuro. Lo scopo di questa sezione è di capire esattamente in che cosa consistono i termini conoscenza, incertezza e rischio, individuandone le correlazioni esistenti.
1.1.1) Conoscenza
La controversia filosofica, sociale e scientifica sul concetto di conoscenza e sulle sue proprietà era già iniziata ai tempi dell’antica Grecia ed è tutt’ora presente. Come giustamente sostiene Pietro Farioli nella sua ricerca: “dopo il 1870, a seguito dell’aumento della capacità di comunicazione grazie alla rete ferroviaria, si innescano due processi che potenziano l’efficacia della conoscenza: il primo consiste nella progressiva separazione e specializzazione di ambiti cognitivi perché si formano i primi dipartimenti di Ricerca e Sviluppo e marketing nelle industrie; il secondo riguarda la riduzione degli ostacoli alla circolazione della conoscenza”3. In più l’avvento dell’internet ha ottimizzato, reso più facile e meno costoso la raccolta di dati ed informazioni permettendo a tutti di ampliare le loro conoscenze. Cosa è la conoscenza? Generalmente “La conoscenza è la consapevolezza e la comprensione di fatti, verità o informazioni ottenute attraverso l'esperienza o l'apprendimento (a posteriori), ovvero tramite l'introspezione (a priori). La conoscenza è l'autocoscienza del possesso di informazioni connesse tra di loro, le quali, prese singolarmente, hanno un valore e un'utilità inferiori”4 Spesso nella vita quotidiana e nelle aziende i termini “dati”, “informazioni” e “conoscenza” 3 Pietro Farioli, L’esperienza di Knowledge Management di una P.M.I.: aspetti tecnologici e organizzativi, Università degli Studi di Milano, Tesi di Laurea, 2004/2005. http://web.mclink.it/MC7767/Tesi%20finale.pdf 4 AA. VV. M. Ornati, Oltre il CRM. La customer experience nell'era digitale. Strategie, best practices, scenari del settore moda e lusso, 2011 FrancoAngeli.
sono utilizzati in maniera indifferente, ma è sempre meglio comprendere il vero significato delle parole perché come dicono Davenport e Prusak, “la confusione su cosa significhino dati, informazioni e conoscenza – quanto differiscano oppure indichino parole simili – ha avuto come conseguenza un enorme aumento di investimenti in soluzioni tecnologiche che difficilmente riescono a soddisfare le esigenze delle imprese che le hanno realizzate, oppure a conseguire ciò che le imprese credono di avere ottenuto. (…) Il successo o l’insuccesso delle attività di un’organizzazione dipendono in larga misura dalla consapevolezza di che cosa, in termini di dati, informazioni e conoscenza, si vuole acquisire, di che cosa è già sotto il controllo dell’organizzazione e di quali risultati è possibile conseguire o non conseguire attraverso essi.”5 Schema 1: Dati, informazioni e conoscenza Fonte: Autore I dati sono un insieme di rappresentazioni originarie, oggettive, non interpretate di eventi, fatti o fenomeni. Possono essere rappresentazioni di simboli o segnagli fisici contenuti sui supporti. Le informazioni, invece, sono una trasformazione di un insieme di dati. Questa metamorfosi consiste nel processo di interpretazione dei dati attraverso cui si attribuisce significato mediante operazioni di contestualizzazione, categorizzazione, calcolo e correzione per renderli significativi per il destinatario. Infine, la conoscenza in un contesto aziendale significa una “combinazione fluida di esperienza, valori, informazioni contestuali e competenza specialistica che fornisce un quadro di riferimento per la valutazione e l’assimilazione di nuova esperienza e nuove informazioni, sulla base della quale è possibile prendere decisioni operative e intraprendere azioni che producono valore per qualche stakeholder dell’impresa.”6 Tutti gli uomini sono accomunati dal desiderio di conoscenza e dalla curiosità del sapere, fin da bambini iniziamo a manifestarlo attraverso l’entusiasmo che mostriamo verso tutto ciò che ci circonda, non smettiamo mai di fare domande agli adulti e mano a mano che cresciamo queste domande diventano sempre più profonde. Il progresso tecnologico e le 5 Davenport, T e Prusak, L.: Il sapere al lavoro, 2000, Ed. Etas. 6 Davenport, T e Prusak, L.: Il sapere al lavoro, 2000, Ed. Etas.
scoperte scientifiche si basano sulla caratteristica propria dell’uomo di interrogarsi continuamente e di non fermarsi a considerare solo l’apparenza dei fenomeni e degli avvenimenti. Ma come afferma Albert Einstein “la conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione”7 e questo carattere della conoscenza limitata implica il sorgere del rischio.
Ogni nostra azione di decisione, di carattere personale o di business, è sottoposta all’ostacolo esistenziale della conoscenza limitata. Purtroppo per molto tempo i modelli economici basati sull’utilità attesa hanno rappresentato il modello più completo e soddisfacente nell’ambito della teoria della scelta in condizioni di certezza. Secondo la teoria economica classica l’individuo singolarmente e nelle sue forme di organizzazione è in grado di risolvere tutti i problemi di allocazione delle risorse, ottenendo sempre il massimo vantaggio per sé partendo dalle informazioni di cui dispone, posta la sua capacità di individuare, fissare e raggiungere determinati obiettivi.
Tale dottrina sostiene che l’uomo sia in grado di raggiungere l’adattamento migliore per i suoi bisogni e desideri perché il presupposto fondamentale di queste teorie è che gli esseri umani siano dei soggetti perfettamente razionali e in grado di scegliere sempre tra diverse alternative la soluzione in grado di garantire il massimo livello di soddisfazione. Con il tempo questa convinzione si è smentita a causa di molti eventi catastrofici sia nel campo della scienza e tecnologia sia in quella dell’economia e finanza. Infatti, molto difficilmente gli individui si comportano in maniera completamente razionale perché dispongono di una limitata conoscenza rispetto alla complessità dell’ambiente in cui si trovano ad operare. Il premio Nobel Herbert Simon8 è stato il primo a capire che questa teoria economica da anni perseguitata era incongruente con la realtà dei fatti e ha dimostrato che gli esseri umani non sono in grado di comportarsi come i soggetti razionali descritti nei modelli teorici di scelta. La “razionalità limitata”9 sta al centro del ragionamento di Simon, che ha dimostrato l’esistenza di limiti cognitivi del soggetto decisionale, ovvero limiti nella conoscenza e nella capacità di calcolo. Quando l’uomo si trova davanti a un problema
7 Albert Einstein, Interview by George Sylvester Viereck in The Saturday Evening Post (26 October 1929). https://fabiolalli.com/2011/02/14/l-immaginazione-e-piu-importante-della-conoscenza/ 8 Herbert Alexander Simon è stato un economista, psicologo e informatico statunitense e ha ottenuto il Premio Nobel per l'economia nel 1978. http://www.di.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid591867.pdf Herbeart A. Simon, Theories of Bounded Rationality, 1984, MIT.
molto complesso con infinite variabili da tenere in considerazione, la raccolta di tutte le informazioni necessarie può diventare troppo dispendiosa e richiedere molto tempo. In questo caso diventa irrazionale fare una scelta secondo quanto prescritto dai modelli più semplici della teoria della scelta razionale, quindi il soggetto di decisione può cercare un’alternativa soddisfacente anziché ottimale. È il cosiddetto criterio di tipo satisficing10 individuato da Simon. Le teorie che tengono in considerazione il fatto che l’uomo è soggetto ad una conoscenza limitata hanno bisogno di ipotesi empiriche più articolate, quindi è necessario osservare in modo più esteso il comportamento reale nel processo decisionale. Al giorno d’oggi, il mondo e le sue problematiche hanno un elevato numero di componenti ed altrettanti sono i modi per combinarle, il che rende impossibile l’utilizzo del processo di ricerca per prova ed errore di tutte le possibilità. Occorre quindi selezionare le eventuali direzioni lungo le quali è possibile trovare una soluzione al problema, quindi selezionare le alternative che siano rilevanti per la soluzione di quel problema, ed in base alla teoria della razionalità limitata, l’obiettivo finale è trovare una soluzione “soddisfacente”. Perciò l’uomo deve fermare la sua ricerca della soluzione quando si trova davanti alla situazione maggiormente ottimale, stante la quantità di informazioni di cui dispone.
Nonostante si cerchi di perfezionare ogni “cosa”, l’uomo in qualche modo è consapevole di non essere perfetto, di non avere la capacità cognitiva assoluta, di essere ignorante per molti aspetti riguardanti la vita e il mondo, questa consapevolezza della propria imperfezione è una condizione importantissima della razionalità umana e implica che il decisore sia consapevole dell’esistenza di situazioni di incertezza. Come sostiene Socrate: “La vera saggezza sta in colui che sa di non sapere; perché io so di sapere più di te, che pensi
di sapere”11, la saggezza e la conoscenza sono molto diversi e lontani tra di loro. Il saggio è abbastanza avveduto da comprendere di non poter padroneggiare tutto il sapere e quindi è disposto a mettersi in prova, sbagliare ed imparare continuamente e migliorarsi con umiltà, ascoltare e condividere a differenza di chi crede di sapere tutto, che spesso è solo superbia e convinzione. Accettare il semplice fatto di non conoscere qualcosa non rendere meno intelligente, la 10 Bryan Dr. Jones, Bounded Rationality and Political Science: Lessons from Public Administration and Public Policy, University of Washington. https://pdfs.semanticscholar.org/ 11 Filosofo greco antico, uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale.
razionalità limita è si un ostacolo, ma potrebbe essere visto anche come una ricchezza e opportunità che ci obbliga ad esplorare nuovi orizzonti, essere creativi e quindi capaci di migliorare. In realtà non siamo molto onesti nel giudicare noi stessi, sopravvalutiamo di frequente le nostre capacita conoscitive e le nostre abilità. I ricercatori hanno un nome per questo comportamento: “l’effetto Dunning-Kruger, si tratta di una distorsione cognitiva a causa della quale tendono a sopravvalutarsi, giudicandosi, a torto12. Secondo il quale gli individui inesperti spesso mostrano una superiorità illusoria, giudicando le proprie abilità come superiori alla media. Il fatto è che gli individui con capacità e conoscenza irrilevanti sono quelle che più facilmente si sovrastimano, valutandosi quanto uno esperto in quel determinato campo.
Figura 1: Effetto Dunning - Kruger
Fonte: www.savinopaolella.com
Secondo Dunning e Kruger, le persone senza conoscenza ed abilità in certe aree innanzitutto commettono errori e prendono decisioni sbagliate, in più sono talmente convinti delle loro scelte che non ammettono di avere preso decisioni sbagliate. Infatti il grafico 1 mostra quanto una persona che non sa nulla pensa di sapere tutto, ma quando si abbatte con la realtà, pur con difficoltà, prima o poi ammette di non sapere e mano a mano che fa esperienza sul campo comincia ad imparare. Anche gli individui altamente competenti possono avere una sbagliata percezione di sé stessi, perché trascurano il fatto che anche qualunque altro individuo può essere altrettanto consapevole. 12 Due ricercatori della Cornell University del dipartimento di Psicologia Sociale, David Dunning e Justin Kruger hanno descritto questa teoria nel 1999, la loro ipotesi parte dall’intuizione che una persona troppo stupida non è in grado di riconoscere di essere tale.
Kruger, Justin; Dunning, David, Unskilled and Unaware of It: How Difficulties in Recognizing One's Own
Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments, Journal of Personality and Social Psychology 1999, Vol. 77,
Possiamo applicare questa teoria in qualsiasi campo, ad esempio se lo utilizziamo per comprendere la realtà degli “investitori”13 vediamo che nella prima fase, totale ignoranza finanziaria, l’investitore ha un eccesso di overconfidence, che lo spinge ad isolarsi e a ritenere la propria opinione finanziaria l’unica verità. In questa fase nonostante la sua nulla conoscenza della pianificazione finanziaria non ritiene adeguato farsi seguire da un agente perché è convinto di sapere tutto, quindi decide di rimanere l’investitore fai da te. Però man mano affronta la realtà e si accorge che sta sbagliando, magari perché ha completamente fallito oppure i risultati non sono quelli sperati, comincia ad entrare in una fase di nuova consapevolezza, quello di non conoscere il settore come pensava di conoscerlo. In questo momento si riduce l’ignoranza finanziaria perché si rende conto di non essere in grado di amministrare in autonomia le proprie ricchezze finanziarie e quindi comincia ad avere necessità di affiancarsi ad un consulente del settore per poter imparare a gestire meglio i propri investimenti. Quindi l’esperienza e l’apprendimento della cultura finanziaria permette di raggiungere un determinato livello di conoscenza che consente di fare scelte consapevoli ed analizzate. Figura 2: L’effetto Dunning – Kruger applicato agli investitori Fonte: pianificazionefinanziariadeipatrimoni.wordpress.com, 2019
Come afferma Salvo Amato in un suo articolo “la stessa cosa potremmo trasferirla nel campo della scuola dove molto spesso accade che l'insegnante, depositario del sapere venga attaccato da alunni e genitori i quali cercano di mettere in discussione ciò che sa,
13Pianificazione finanziaria dei patrimoni, L’investitore meno sa e più si convince di essere un super-esperto
ma addirittura cercano di sminuirlo per ciò che non sa, poiché secondo il loro punto di vista un’insegnante dovrebbe sapere tutto”14. L’insegnante, come qualsiasi altro individuo ha una conoscenza limitata, anche del suo stesso settore di competenza. Se vogliamo essere ambiziosi, grazie alla nostra conoscenza possiamo essere consapevoli dei propri limiti, quindi possiamo migliorare il nostro sapere imparando da soli o confrontandoci con persone più esperte di noi. Un miglioramento continuo è essenziale per ampliare le nostre conoscenze, ma ciò non implica il raggiungimento dell’assoluta conoscenza, perché l’uomo per sua natura ha una razionalità limitata.
Inoltre, è fondamentale un’adeguata gestione della conoscenza, in particolare se ci riferiamo alle organizzazioni. Le dinamiche e le necessità dell’economia al giorno d’oggi, hanno spostato buona parte dell’attenzione del management sull’importanza della “conoscenza”, perché si tratta di una risorsa essenziale per le aziende essendo l’unica fonte di vantaggio competitivo stabile e sostenibile. A partire dagli ultimi anni del Novecento la letteratura manageriale inizia a focalizzarsi sul ruolo della conoscenza come risorsa competitiva capace di creare valore per l’azienda, infatti “in un’epoca in cui l’unica certezza è l’incertezza, l’unica fonte sicura per il vantaggio competitivo è la conoscenza”15. Avere a disposizione un’enorme quantità di informazione, ma non saperla gestire e sfruttare adeguatamente significa sprecare una risorsa molto importante. L’importanza della gestione della conoscenza in ambito aziendale è improvvisamente aumenta perché i scenari competitivi hanno assunto una maggiore dinamicità negli ultimi anni, cambiando molto più frequentemente senza alcun preavviso hanno reso i cicli piuttosto ridotti e la reinvenzione di soluzioni e modelli decisionali molto più dispendiosa; in più c’è una dispersione straordinaria della conoscenza posseduta all’interno dell’organizzazione tale da non poterne sfruttare al meglio la potenzialità.
Verso la fine degli anni ’90 si comincia a parlare del “Knowledge management16” grazie al contributo di “Nonaka e Takeuchi” 17e di distinguono due principali tipologie di
14 Salvo Amato, Pi Professione insegnante, L'effetto Dunning-Kruger: ignoranti che pensano sempre di sapere tutto, 18 AGOSTO 2019. http://www.professioneinsegnante.it/ 15 Nonaka, I; Takeuchi, H, The knowledge creating company: how Japanese companies create the dynamics of innovation, Oxford University Press, New York, Ed. Guerini e Associati, 1995. 16 Nonaka, I; Takeuchi, H, The knowledge creating company: how Japanese companies create the dynamics of innovation, Oxford University Press, New York, Ed. Guerini e Associati, 1995. 17 Ikujiro Nonaka e Hirotaka Takeuchi impostarono il loro modello a spirale della gestione della conoscenza nel 1995.
conoscenza secondo il Knowledge management:
• Conoscenza tacita: è la conoscenza nascosta alla coscienza umana, risiede nel cervello umano e non può essere facilmente catturata o codificato, la maggior parte delle nostre conoscenze sta nella dimensione tacita. La conoscenza tacita si esprime attraverso azioni umane, di valutazioni, atteggiamenti, punti di vista, competenze, esperienze e abilità immagazzinate così profondamente nella visione del mondo di un individuo che egli stesso lo da per scontato;
• Conoscenza esplicita: conoscenza codificata e digitalizzata in libri, documenti, relazioni, memo, ecc.; è quella conoscenza che può essere articolata in linguaggio formale e facilmente trasmesso tra gli individui. Per sua stessa natura esplicita è in grado di essere catturata e ampiamente diffusa.
Di seguito, le due tipologie di conoscenza vengono messe a confronto con le relative caratteristiche per una migliore comprensione. Schema 2: Conoscenza tacita ed esplicita Fonte: Autore La conoscenza tacita rappresenta un grande valore per l'organizzazione, essendo per sua natura più difficile e talvolta impossibile da catturare e diffondere. Anche M. Polanyi18 18 Michael Polanyi è stato un filosofo, economista e chimico ungherese del primo ‘900, ha usato il termine conoscenza tacita prima di Nonaka e Takeuchi nel testo The Tacit Dimension (1966). Conoscenza esplicita Conoscenza tacita Obiettivo, razionale, tecnico Apprendimento soggettivo, cognitivo, esperienziale Strutturato Personale, Coinvolge molta interpretazione umana Contenuto fisso Contesto sensibile/specifico Indipendente dal contesto Creato dinamicamente esteriorizzata Interiorizzata Facilmente documentabile Difficilmente documentabile Facile da codificare Difficile da catturare e codificare Facile da condividere Difficile da condividere Facilmente trasferito / insegnato / appreso Difficile da trasferire / insegnare / imparare Esiste in volumi elevati Ha un valore elevato
evidenzia la rilevanza della conoscenza tacita perché pone l’attenzione sull’importanza di una modalità personale di costruzione della conoscenza influenzata dalle emozioni, acquisita attraverso un lungo processo di creazione attiva e di organizzazione delle esperienze individuali. In questo caso l’individuo conosce tacitamente, operando senza distanza da cose e persone, usando il proprio corpo e ha una grande difficoltà a spiegare in parole il processo nel quale è coinvolto per questa ragione Polanyi afferma che “si conosce più di quello che si può spiegare”19.
Oltre alla dimensione epistemologica della conoscenza, lo studio del Knowledge management considera importante anche la dimensione ontologico, ovvero la distinzione in base a chi detiene la conoscenza. In base alla quale la conoscenza può essere: individuale (posseduta dal singolo operatore), di gruppo (si viene a creare attraverso attività di gruppo, di team bulding, la conoscenza di gruppo può essere per molti versi considerata migliore della somma delle singole conoscenze individuali), organizzativa (ottenuta attraverso il processo di diffusione a livello organizzativo della conoscenza creata dagli individui) ed interorganizzativa (si sviluppa grazie allo scambio di conoscenza fra organizzazioni indipendenti appartenenti ad un network collaborativo). Figura 3: Spirale della conoscenza Fonte: www.praxisframework.org 19 K.E. Sveiby, Tacit knowledge – An introduction to Michael Polanyi, 1997. http://www.sveiby.com/articles/Polanyi.html
Secondo i due studiosi giapponesi, la gestione della conoscenza può essere descritta attraverso il cosiddetto “modello SECI”20, che rappresenta il processo di creazione di conoscenza organizzativa: si tratta di un processo che partendo dalle conoscenze individuali si espande arrivando a quelle interorganizzative tramite l’interazione di conoscenza esplicita e tacita, si tratta di una continua “conversione di conoscenza”21. La figura 3 illustra come la conoscenza viene espansa e migliorata attraverso il processo. La socializzazione è il processo che trasferisce la conoscenza tacita di una persona alla conoscenza tacita di un'altra persona. Nella maggior parte dei casi la conoscenza nelle organizzazioni nasce in forma tacita, attraverso processi di apprendimento individuali. Un individuo può acquisire conoscenza tacita dalla relazione diretta con altri individui, anche senza l’intervento del linguaggio, attraverso l’osservazione, l’imitazione e la pratica. La socializzazione è principalmente un processo tra individui che acquisiscono la conoscenza tacita attraverso l’esperienza.
Il processo per rendere esplicita la conoscenza tacita è l'esternalizzazione, il dialogo è un mezzo importante per questa forma di conversione, perché si crea grazie alla comunicazione tra individui di un gruppo. Infatti, durante la comunicazione la gente condivide le convinzioni e impara come articolare meglio il proprio pensiero. L’esternalizzazione è spesso guidata da metafore e/o analogie perché spesso le espressioni linguistiche sono inadeguate e insufficienti per concettualizzare un’immagine o un’idea “Utilizzare una metafora e/o un’analogia intrigante è un modo efficace di alimentare il coinvolgimento diretto delle persone in un processo creativo”22.
“La è combinazione un processo di sistematizzazione di concetti in un sistema di conoscenze”23; A questo punto, i fattori fondamentali sono la comunicazione, la diffusione e la sistematizzazione della conoscenza, la conoscenza esplicita può essere trasmessa attraverso documenti, e-mail, banca dati, nonché attraverso incontri, conversazioni telefoniche, riunioni e briefing. La combinazione consente il trasferimento di conoscenze tra i gruppi attraverso le organizzazioni.
20 Nonaka, I; Takeuchi, H, The knowledge creating company: how Japanese companies create the dynamics of
innovation, Oxford University Press, New York, Ed. Guerini e Associati, 1995.
21 F. FONTANA, G. LORENZONI, Il Knowledge Management, Luiss University Press, Roma, 2004, pp. 17-18. 22 Emilio Esposito, Knowledge management, Corso di Organizzazione per l’innovazione.
https://www.docenti.unina.it
23 Emilio Esposito, Knowledge management, Corso di Organizzazione per l’innovazione. https://www.docenti.unina.it
L’internalizzazione è il processo di comprensione e assorbimento della conoscenza esplicita nella conoscenza tacita tenuto dall'individuo, infatti la conoscenza esplicita viene combinata nella pratica quotidiana, incorporando nell’azione, facendolo diventare nuovamente conoscenza tacita. L'internalizzazione è in gran parte esperienziale, al fine di attualizzare concetti e metodi, sia attraverso il fare veramente che attraverso simulazioni. Il processo di internalizzazione trasferisce le conoscenze esplicite dell'organizzazione e del gruppo al singolo individuo.
Per un’adeguata gestione della conoscenza è necessario dunque intervenire nella creazione di sinergie tra persone, processi e tecnologie. Minghetti sostiene che “il sistema di metodologie e processi finalizzati a gestire in modo ottimale le conoscenze aziendali critiche; quelle conoscenze che sono necessarie per conseguire specifici obiettivi di miglioramento di singole attività nel breve termine o per sostenere il vantaggio competitivo dell’azienda nel medio-lungo termine. Rientrano nel KM le metodologie e i processi che consentono di gestire in modo strutturato l’intero ciclo della conoscenza”24.
1.1.2) Incertezza
Con il termine incertezza intendiamo l'assenza di certezza o qualcosa che non è noto. Si riferisce a una situazione con più variabili ed informazioni, quindi più alternative che determinano un risultato specifico, ma la probabilità del risultato non è certa. L'incertezza non può essere misurata o calcolata in quanto sono insufficienti le informazioni o conoscenze sulla determinata condizione. Pertanto, è difficile definire o prevedere i risultati o gli eventi futuri misurandolo in termini quantitativi attraverso modelli passati. Perciò le probabilità non possono essere applicate ai potenziali risultati, poiché le probabilità non sono note.
Dal momento che gli eventi incerti sono unici e difficili da pianificare, presentano anche maggiori svantaggi per le aziende non preparate. Infatti, durante l'era delle dot-com, le aziende hanno investito molto in domini costosi prima di comprenderne il valore. Quando la bolla è finalmente scoppiata, diverse aziende si sono disintegrate e migliaia di dipendenti si sono trovati senza un’occupazione. L’incertezza è un fattore ineliminabile nella concezione dinamica dell’economia aziendale dei nostri giorni, quindi possiamo lasciare che essa prevalga su di noi o possiamo imparare a comprendere il caso sfruttando
al meglio la casualità ai nostri scopi. I fattori generatrici di incertezza sono fondamentalmente due:
• la variabilità delle azioni future: prendere decisioni in contesi incerti implica il non sapere con certezza le conseguenze da affrontare perché i risultati finali dipendono da una serie di circostanze da verificarsi. Ad esempio, l’acquisto di un’attività finanziaria richiede di tenere in considerazione l’aleatorietà di molti fattori come l’andamento generale del mercato, le prospettive future dell’azienda oggetto di investimento, le oscillazioni dei tassi di interesse e di cambio, ecc.; • la limitata conoscenza umana. “Information is the resolution of uncertainty”25 - Claude Shannon Anche le azioni e decisioni più semplici comportano un certo livello di incertezza. Nella scelta di una tazza di caffè, ci sarà almeno la possibilità che il caffè non abbia un buon sapore, non sia caldo o non fornirà la solita sensazione piacevole. La completa certezza implicherebbe l'esecuzione di una procedura o un algoritmo fisso, senza dover fare una scelta. In un contesto incerto come il nostro un adeguato processo decisionale può aiutarci a ridurre l’incertezza sulle opzioni di soluzione acquisendo, attraverso le informazioni, come giustamente afferma C. Shannon, una conoscenza sufficiente delle opzioni per consentire una scelta ragionevole tra di esse. In questo modo possiamo ridurre di molto l'incertezza, ma essa non verrà mai eliminata.
L’incertezza viene ampliata dall’instabilità dell'ecosistema circostante, infatti se l’ambiente esterno si modifica di volta in volta, diviene impossibile per un soggetto economico prendere delle decisioni che si basino su previsioni corrette. Proprio per questa ragione, i processi decisionali assumono particolare rilevanza nelle organizzazioni rispetto alla vita quotidiana. Il decision making è un processo che ci aiuta a fare la scelta migliore in una situazione in cui lo stato attuale delle conoscenze è tale che l'ordine o la natura delle cose sono sconosciuti, le conseguenze, l'estensione o l'entità delle circostanze, delle condizioni o degli eventi sono imprevedibili e non è possibile assegnare probabilità credibili a possibili esiti. Sebbene troppa incertezza sia indesiderabile, l'incertezza gestibile offre la libertà di prendere decisioni creative.
25Burgin Mark, Hofkirchner Wolfgang, Information Studies and the Quest for Transdisciplinarity: Unity
Figura 4: Rational Decision Making Model
Fonte: Autore
Le decisioni più significative prese nell’attuale contesto sono formulate in uno stato di incertezza in cui il decisore non è a conoscenza di tutte le alternative disponibili, i rischi associati a ciascuno e le conseguenze di ciascuna o le loro probabilità. Infatti, nelle aziende, i manager spesso non possiedono informazioni complete sulle alternative e quelle disponibili potrebbero non essere completamente affidabili. Di fronte a tale incertezza, i manager devono formulare alcune ipotesi sulla situazione al fine di fornire un quadro ragionevole per il processo decisionale, inoltre devono dare un contributo personale attraverso il giudizio basandosi sull’esperienza.
La figura 4 riporta un esempio di schema maggiormente seguito dai manager per implementare il “modello decisionale razionale”26, secondo il quale le decisioni sono basate su una raccolta e analisi oggettiva, ordinata e strutturata di informazioni. Il modello incoraggia il decisore a comprendere la situazione, organizzare e interpretare le informazioni e quindi agire. Esistono otto passaggi nel processo decisionale razionale:
1. Identificare il problema: riconoscere l’esistenza di un problema da affrontare è fondamentale per iniziare la ricerca di soluzioni. Come possiamo risolvere qualcosa che non conosciamo? Può sembrare ovvia, ma non sempre riusciamo Newnan, IL PROCESSO DECISIONALE, 1991. http://static.gest.unipd.it Identificare il problema Definire gli obiettivi Raccogliere i dati pertinenti Identificare le alternative praticabili
Identificare il criterio per valutare l’alternativa migliore Costruire il modello
Stimare i risultati previsti da ciascuna alternativa
Scegliere l’alternativa migliore
a riconoscere qual è il vero problema. D’altro lato possiamo trovare anche dei manager dalle qualità eccellenti che hanno la capacità di cogliere il problema ancor prima che si manifesti;
2. Definire gli obiettivi: spesso ci accorgiamo della presenza di un problema quando vediamo che gli obiettivi prefissati non sono stati raggiunti, ad esempio, la realizzazione del budget, il conseguimento di vantaggi economici o la costituzione di un gruppo affiatato e collaborativo, allora capiamo che qualcosa non è andato come si sperava. Quindi, identificato il problema, ci si deve chiedere quali traguardi si vogliono raggiungere con la soluzione. Come giustamente afferma Newnan: “parlando di obiettivi (di individui o imprese) non necessariamente si devono considerare obiettivi vasti e generali. Si può considerare un obiettivo limitato e specifico”27; 3. Raccogliere i dati pertinenti: informazioni adeguate sono fondamentali perché la scelta delle alternative da perseguire si basa su di esse. Ogni giorno veniamo travolti da un’immensa quantità di informazioni utili, inutili, rilevanti o irrilevanti, quindi la raccolta dei dati inerenti è una delle fasi più problematiche e dispendiose dell’intero processo. Infatti, una volta raccolte le informazioni si deve effettuare una selezione accurata e dopo di che l’analista deve anche decidere se il valore di una certa informazione giustifica il costo per ottenerla; 4. Identificare le alternative praticabili: individuare possibili alternative considerando che non esiste una migliore in assoluto, ma quella che soddisfa l’obiettivo, la praticabilità e l’economicità è la più equilibrata di tutte. In ogni caso bisogna assicurarsi di aver considerato tutte le soluzioni convenzionali; 5. Selezionare il criterio per valutare l’alternativa migliore: bisogna definire cosa si intende per alternativa migliore. Potrebbe essere un criterio o un insieme di criteri, ad esempio: limitare il tempo di conseguimento dell’obiettivo, ridurre le spese, utilizzare le risorse in maniera efficiente, ecc.; 6. Costruire il modello: bisogna individuare una relazione sensata tra l’obiettivo, le alternative, i dati raccolti e il criterio di valutazione; 7. Stimare i risultati previsti di ciascuna alternativa: ogni alternativa potrebbe a sua volta dare una molteplicità di risultati diversi, attraverso il modello di relazioni si può stimare in anticipo il effetto di ciascuna alternativa;
8. Scegliere l’alternativa migliore con riferimento all’obiettivo dato: Se gli altri passaggi sono stati eseguiti in maniera diligente, si potrebbe effettuare la scelta dell’alternativa che meglio soddisfa il criterio di scelta adottato.
Di fronte a problematiche molto importanti e complicate, al processo decisionale razionale spesso si affiancano diverse tecniche moderne per migliorare la qualità della decisione presa in condizioni di incertezza. Le più importanti tra questi sono:
• Analisi dei rischi: consiste nell’analizzare le dimensioni e la natura del rischio implicito nella scelta di un determinato corso d'azione. Ad esempio, durante il lancio di un nuovo prodotto, un manager deve analizzare attentamente il costo del lancio del prodotto, il suo costo di produzione, l'investimento di capitale richiesto, il prezzo che può essere fissato per il prodotto, la potenziale dimensione del mercato e quale percentuale del mercato totale rappresenterà. L'analisi del rischio comprende la valutazione quantitativa e qualitativa del rischio, la gestione del rischio e la comunicazione del rischio; il risultato fornisce ai manager una migliore comprensione del rischio e dei benefici associati a un corso d'azione proposto; • Alberi decisionali28: sono considerati uno dei modi migliori per analizzare una
decisione. Un approccio all'albero decisionale comporta una rappresentazione grafica di percorsi d'azione alternativi e dei possibili risultati e rischi associati a ciascuna azione. Tramite un diagramma ad albero che raffigura i punti di decisione, gli eventi casuali e le relative probabilità questa tecnica del processo decisionale consente al decisore di tracciare il percorso ottimale; • Teoria delle scelte: si basa sull'idea che gli atteggiamenti individuali nei confronti del rischio variano. Alcune persone sono disposte ad assumersi solo rischi minori (“avversi al rischio"), mentre altre sono disposte ad assumersi rischi maggiori ("giocatori d'azzardo"). Un’azione o decisione in condizioni di incertezza può generare diversi risultati o effetti, ognuno con una certa probabilità di verificarsi, ma oltre alla probabilità statistica, gli atteggiamenti nei confronti dell’incertezza e del rischio variano a seconda delle situazioni, delle persone e delle posizioni. Ad esempio, se ci fosse una probabilità del 60% di una decisione giusta, potrebbe sembrare ragionevole che una persona si prenda il rischio. Questo potrebbe non 28 Dr. A. Appice, Alberi di Decisione, Caso di studio di Metodi Avanzati di Programmazione, 2012-2013. http://www.di.uniba.it
essere necessariamente vero in quanto l'individuo potrebbe non voler correre il rischio, poiché le probabilità che la decisione sia sbagliata è del 40%. I dirigenti che prendono una decisione rischiando milioni di euro dell'azienda in un determinato programma con una probabilità di successo del 75% non hanno la stessa probabilità di fare lo stesso con i propri soldi.
Per le scelte in condizioni di incertezza nelle aziende si utilizza la teoria dell’utilità attesa29 di Von Neumann e Morgenstern, secondo la quale tra diverse alternative gli individui scelgono quello con l’utilità attesa più alta. Se gli individui non si preoccupano del rischio connesso alla scelta di un prospetto incerto, scelgono l’alternativa con il maggior valore atteso, ovvero la media ponderata dei valori monetari di un’opzione. La teoria dell’utilità attesa perciò permette di considerare i comportamenti degli individui rispetto al rischio e di analizzare le scelte in condizioni di incertezza analogamente alle scelte in condizioni di certezza. L’utilità attesa è data dalla media ponderata delle utilità associate ad ogni possibile esito, con il peso determinato dalle rispettive probabilità. “Il punto cruciale della teoria è che l’ordinamento dei valori attesi di un insieme di contesti di scelta incerta è spesso diverso dall’ordinamento delle utilità attese delle alternative considerate”30. Per calcolare l'utilità attesa E(U) si ricorre alla seguente funzione di funzione di utilità attesa: Figura 5: Rapporto utilità attesa e ricchezza Fonte: www.igorvitale.org 29 Nicola Daniele Coniglio, Economia dell’informazione e scelta in condizioni di incertezza, Corso di Microeconomia, 2012-2013. https://www.uniba.it 30 Nicola Daniele Coniglio, Economia dell’informazione e scelta in condizioni di incertezza, Corso di Microeconomia, 2012-2013. https://www.uniba.it PERSONA AVVERSA AL
Come si può osservare dalla figura 5, individui avversi al rischio31 hanno una funzione di utilità concava rispetto alla ricchezza, perciò all’aumentare della ricchezza l’utilità aumenta meno che proporzionalmente, perché hanno un’utilità marginale decrescente. Mentre per le persone propense al rischio la curva è convessa rispetto alla ricchezza totale, infine coloro che sono neutrali al rischio hanno una funzione di utilità lineare rispetto la ricchezza.
1.1.3) Rischio
“La vita è un processo in cui si deve costantemente scegliere tra la sicurezza (per paura e per il bisogno di difendersi) e il rischio (per progredire e crescere). Scegli di crescere almeno dieci volte al giorno”32 – Abraham Maslow Nonostante l’uomo sia alla continua ricerca della sicurezza e certezza, viene costantemente esposto a rischi ed incertezza lungo tutta la vita. L'unico modo per apprezzare veramente le cose guadagnate e perse nella vita è assumersi dei rischi; il rischio maggiore nella vita è di non rischiare nulla. In alcuni casi i rischi ci aiutano a crescere e a definire chi siamo, mentre in altri sono semplicemente dei ostacoli da che ci conquistano o li conquistiamo. Alcune persone hanno scoperto che assumendosi rischi sono rimasti a mani vuote e per altri i rischi si sono dimostrati delle vere e proprie fortune. I rischi più evidenti che le persone affrontano lungo il cammino della loro vita sono ad esempio, il lavoro da scegliere, gli amici di cui avere fiducia, innamorarsi; a proposito dell’amore Fabio Volo afferma che “L’amore è un rischio che una persona si assume. Per
questo il vero amore è per i coraggiosi”33. Essere in grado di contare su qualcuno è un rischio in sé. Quando qualcuno ha la nostra fiducia acquisisce il controllo parziale delle nostre emozioni, il che è un rischio, d’altra parte, la fiducia significa anche avere a fianco qualcuno su cui contare nei momenti di bisogno. Assumere il rischio di decidere di quali amici fidarsi e quali non, è una scelta che ogni essere umano deve in qualche modo o momento deve fare. Una delle maggiori sfide per affrontare un rischio è decidere cosa fare al riguardo. 31 Mattia Cima, Confronto tra Teoria dell’Utilità Attesa e Teoria del Prospetto, Tesi di Bachelor, SUPSI, Manno, 2015. 32 Francesco Ferzini, Sia fatta la tua vera volontà. Come vivere una vita intenzionale e realizzare ciò che sei, youcanprint, 2018. Fabio Volo, Le prime luci del mattino, Mondadori, 2011.
Molte persone hanno lottato con l'idea di sapere quali rischi assumere e quali ignorare, ci sono molti fattori fisiologici legati al modo in cui affrontiamo i rischi. Alcune persone scelgono i rischi per provare nuove opportunità, mentre altri rifiutano gli stessi a causa di negative esperienze precedenti. L'idea di trovarsi in una zona di comfort è spesso una scusa che si può usare per evitare determinati rischi nella vita. Ma in realtà questa zona di comfort, di sicurezza non esiste più perché le cose nel mondo sono in continua evoluzione e ciò aumenta l’imprevedibilità, l’incertezza e il rischio. L'assunzione di rischi è una parte importante e inevitabile della vita. In un certo senso abbiamo bisogno di rischi per esplorare le nostre capacità e ciò che la vita ci offre, quindi per diventare più forti e crescere come persona lasciando alle spalle la vecchia zona di comfort creando un nuovo habitat, assumendoci rischi ci insegniamo come affrontare e superare molti degli ostacoli che incontriamo durante la vita. Il rischio è una parola che ha diversi significati per persone differenti, gli individui usano la stessa parola per indicare concetti diversi. Se si chiede a dieci persone ciò che intendono con la parola rischio, probabilmente si otterrebbero dieci risposte diverse. Il rischio è un concetto molto importante in numerosi settori (politico, economico, scientifico, finanziario, ecc.), ma non vi è consenso su come definirlo ed interpretarlo. Alcune delle definizioni sono basate su probabilità, altri sui valori attesi, alcuni sull'incertezza e altri sugli obiettivi. Alcuni autori considerano rischio come soggettivo ed epistemico, a seconda delle conoscenze disponibili, alcuni lo considerano come aleatorio, a causa del carattere probabilistico di alcuni parametri, mentre altri ancora lo considerano ontologico, indipendente dalla persona che lo valuta. Poiché il significato di rischio varia a seconda delle diverse situazioni e della percezione umana, si riporta di seguito alcune delle definizioni fondamentali: Ø “Il rischio è la misura della probabilità e il peso delle conseguenze indesiderate”34; Ø “Il rischio è incertezza + danno”35; Ø “Il rischio è l'effetto dell'incertezza sugli obiettivi”36; 34 Lawrence, W.W., Of Acceptable Risk: Science and the Determination of Safety, William Kaufman Inc., Los Altos, 1976. 35 Terje A., What is risk? Foundations in Risk Assessments and Management, University of Stavanger, Norway, 2016. 36 ISO, Risk Management – Principles and guidelines, ISO 31000, 2009.
Ø “Il rischio è lo scostamento da un livello di riferimento (stati ideali, valori pianificati, valori attesi, obiettivi) e le incertezze associate” 37; Ø “Il rischio si riferisce all'incertezza e alla gravità degli eventi e delle conseguenze (o risultati) di un'attività rispetto a qualcosa che gli umani apprezzano”38; Ø “Il rischio è una combinazione di probabilità e portata delle conseguenze”39; Ø “Il rischio è uguale al danno atteso”40;
Ø “Il rischio è una situazione o un evento in cui è in gioco qualcosa di valore (compresi gli umani stessi) e in cui il risultato è incerto” 41;
Ø “il rischio è l’eventualità di una perdita”42;
Ø “Il rischio è la probabilità di conseguenze dannose e negative a seguito di circostanze non sempre prevedibili”43;
dove
S
i è l'insieme di scenari,P
i è la Ø “Il rischio è uguale aprobabilità di quello scenario, e
Y
i la conseguenza dello scenario, i = 1, 2, ..., N”44; Da questa ampia panoramica di fonti diverse si rileva che non c'è ancora una approssimazione interdisciplinare della definizione di rischio, nonostante il concetto si sia sviluppato migliaia di anni fa c'è ancora un dibatto in corso su come definire il rischio e sulla solidità delle diverse definizioni. Alcuni delle definizioni si riferiscono al rischio come effetto dell’incertezza sugli obiettivi, alte come conseguenza/pericolo, intensità della conseguenza e incertezza, evento o conseguenza, probabilità e intensità delle conseguenze, possibilità di una perdita, incertezza oggettiva, probabilità di un evento indesiderabile e valore atteso. Il rischio riguarda eventi futuri e loro conseguenze, oggi è un argomento di discussione e analisi, ansia e speculazione.Nonostante il fatto che le definizioni non siano mai del tutto vero o falso, ci forniscono comunque strumenti utili per l'astrazione e il chiarimento dei punti di interesse. Va sottolineato che rischio e incertezza sono termini diversi, ma le persone tendono a
37 Eyvind A. e Terje A., On the Need for Rethinking Current Practice that Highlights Goal Achievement Risk in an Enterprise Context, Risk Analysis, Vol. 35, No. 9, 2015. 38 Aven, T., Renn, O., On risk defined as an event where the outcome is uncertain, Journal of Risk Research, 2009, v. 12. 39 ISO, Risk Management Vocabulary, ISO/IEC Guide 73, 2002. 40 Campbell S., Determining overall risk, Journal of Risk Research, 2005, v. 8, 569–581. 41 Rosa, E., Meta theoretical foundations for post-normal risk, Journal of Risk Research, 1998, v.1, 15–44. 42 Smith A., An inquiry into the nature and causes of the wealth of nations, Forgotten Books, 1776. 43 Lo Zingarelli 1994, Il vocabolario della lingua italiana, Edizione 12, Zanichelli, 1994. 44 K. D. Wall, The Kaplan and Garrick Definition of Risk and its Application to Managerial Decision Problems, DRMI, Naval Postgraduate School July 29, 2011.
confonderli. La gestione dei rischi è più semplice perché è possibile identificarli e sviluppare un piano di risposta basato sulla propria esperienza. D’altro lato, gestire l'incertezza è molto difficile, poiché le informazioni precedenti non sono disponibili, sono coinvolti troppi parametri e non è possibile prevederne il risultato. Le differenze tra rischio e incertezza sono principalmente le seguenti:
• Il rischio è definito come la situazione di vincere o perdere qualcosa di valore. L'incertezza è una condizione in cui non si conoscono gli eventi futuri;
• Il rischio può essere misurato e quantificato, attraverso modelli teorici. Al contrario, non è possibile misurare l'incertezza in termini quantitativi, poiché gli eventi futuri sono imprevedibili;
• I risultati potenziali sono noti nel caso di rischio, mentre in caso di incertezza i risultati non sono noti;
• Il rischio può essere controllato se vengono prese le misure appropriate per controllarlo. D'altra parte, l'incertezza è al di fuori del controllo della persona o dell'impresa, poiché il futuro è incerto;
• La minimizzazione del rischio può essere effettuata prendendo le precauzioni necessarie. Al contrario dell'incertezza che non può essere minimizzata;
• Nel rischio, le probabilità sono assegnate a una serie di circostanze che non è possibile in caso di incertezza.
Figura 6: Rischio ed incertezza
Fonte: www.conversationagent.com
Come afferma John “ci troviamo di continuo di fronte a una serie di grandi opportunità,
mascherate da problemi insolubili”45, finora abbiamo descritto i rischi solo ed esclusivamente come possibile evento sfavorevole, ma in realtà possono spesso dimostrarsi eventi a noi favorevoli se riusciamo ad affrontarli con adeguata competenza, creatività, conoscenza ed efficienza. I rischi molte volte sono delle opportunità che
aspettano di essere colte e trasformate in successo per noi. I rischi positivi sono generalmente indicati come opportunità. Non è detto che dobbiamo sempre pensare metodicamente a cosa potrebbe andare storto, possiamo vedere le novità anche da un’ottica diversa, ovvero quali opportunità possono essere sfruttate nello sconosciuto futuro. Questi rischi positivi o opportunità sono eventi ambigui ma fortunati, con un impatto significativo sugli obiettivi finali, ad esempio consentono di risparmiare sul budget o sulle risorse da impiegare su un determinato progetto. I rischi positivi sono eventi o circostanze incerti che influenzano positivamente uno o più obiettivi del progetto, possono derivare da tutte le possibili fonti di incertezza, bisogna saperli riconoscere e sfruttare. In riferimento ad un’azienda, i rischi positivi rappresentano un’opportunità, quindi devono essere gestiti da un adeguato team per poterlo sfruttare al massimo in ottica di successo. Mentre i rischi negativi essendo una minaccia di fallimento devono essere eliminati o ridotti al minimo inevitabile al più presto possibile. Schema 3: rischi positivi e negativi a confronto Rischi positivi Rischi negativi Un'opportunità per il progetto Una minaccia al progetto Non dovresti evitarlo, ma migliorare e ottenere il massimo da esso Evitalo ed eliminalo Porta un risultato positivo e successo del
progetto Porta un risultato negativo e può comportare il fallimento del progetto
Fonte: Autore
Come definito dal dizionario di Oxford, “il rischio è una situazione che comporta l'esposizione al pericolo o la possibilità che accada qualcosa di spiacevole o sgradito”46. Siccome con il termine “esposizione” solitamente intendiamo la suscettibilità di una perdita o sensazione di una minaccia alle nostre ricchezze, dobbiamo sottolineare che l’esposizione non sempre indica negatività, ma può essere anche positivo, perché se c’è esposizione dobbiamo considerare anche la presenza di eventuale rischio.
1.2) Il rischio aziendale e le sue diverse sfaccettature
In economia aziendale il rischio d’esercizio dell’’attività d’impresa consiste nell’insieme delle responsabilità sulle scelte dell'impresa stessa ed è direttamente a carico