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4) L’INNOVAZIONE NEL SETTORE DEL SOFTWARE IN ITALIA

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Academic year: 2021

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4) L’INNOVAZIONE NEL SETTORE DEL SOFTWARE IN ITALIA

4.1 Visite in impresa e considerazioni preliminari

Come preannunciato nel paragrafo 3.1 sono state svolte due visite presso imprese legate con le istituzioni universitarie ed in particolare con la scuola Sant’Anna: la Cube di Pisa e la Evidence con sede a Pontedera.

Durante queste visite si sono poste le basi sia per il lavoro della presente tesi, sia per quello di un altro elaborato sviluppato da due colleghi della laurea triennale in Ingegneria Gestionale, in particolare svolgendo la fase di test pilota di un questionario proposto alle imprese facenti parte del campione poi utilizzato per questo stesso lavoro.

Le discussioni sono state inerenti a due aspetti: le possibili fonti da cui reperire informazioni e le dimensioni entro cui svolgere le analisi.

Le prime dipendono strettamente dalla particolare realtà in esame, essendo complicata una generalizzazione per l’intero settore. In particolare, assume rilevanza la distinzione tra prodotti destinati all’utente finale di tipo domestico e quelli destinati ad altre imprese o ad enti pubblici. Se ad esempio si prendono in esame le riviste di tipo cartaceo, nel primo caso avremo delle pubblicazioni di tipo generico (un esempio è quello delle riviste per videogiochi), nel secondo delle vere e proprie riviste di settore, ricche di informazioni maggiormente tecniche. In generale, tuttavia, entrambe le realtà risentono del fatto che spesso gli articoli non sono del tutto slegati da una funzione pubblicitaria richiesta dagli stessi produttori.

Un altro sistema di pubblicizzazione del proprio lavoro sono le fiere (per citare alcuni esempi particolarmente famosi: il Bias, lo Smau, il Date, il Dac e la fiera per sistemi embedded di Hannover), sistema in cui si rispecchia nuovamente quella dicotomia sopra espressa: le fiere riguardanti principalmente i prodotti rivolti agli utenti finali hanno come funzione la pubblicità, mentre le fiere di settore sono rivolte ad instaurare contatti per il proprio business. Interessante notare come nelle fiere organizzate in Italia la grande maggioranza degli espositori (intorno al 90%) siano dei rivenditori e non gli stessi produttori.

Il maggior strumento per reperire informazioni resta il Web, intendendo in questa grande categoria sia i siti delle imprese, sia repository, community (in particolar modo presenti per realtà Open Source) e versioni elettroniche di riviste. Questa importanza risulta ancor più preponderante per i progetti Open Source, in passato relegati a nicchie di utenti e poi man mano espansi grazie alla

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contributi; l’ambito proprietario, invece, almeno per quanto concerne il panorama italiano, resta ancora in parte legato a canali commerciali di tipo tradizionale, come le già citate riviste cartacee o i rivenditori (presenti in gran numero sul nostro territorio, al contrario dei distributori).

Questo ultimo strumento per il reperimento delle informazioni è quello utilizzato nel corso del lavoro svolto, sia attraverso i siti Web delle imprese sviluppatrici dei software, sia attraverso repository di progetti Open Source e altri siti istituzionali per svolgere specifiche ricerche (come i siti contenenti i database di marchi e brevetti).

Una volta esaurito il tema delle fonti delle informazioni, resta da affrontare quello della possibile classificazione per comprendere l’innovazione nel settore. Della dicotomia tra realtà proprietaria ed Open Source, così come di quella tra prodotti destinati all’utente finale o meno, già si è accennato in precedenza. Un’altra possibile dimensione di analisi, individuata in seguito ai colloqui, è la piattaforma tecnologica sfruttata: quell’insieme cioè di strumenti di ambiente di sviluppo. Questa ultima dimensione potrebbe avere ancor più interesse se la si raffronta al settore di riferimento dello specifico software in esame (ad esempio le applicazioni per dispositivi mobili, i sistemi embedded, le applicazioni di tipo gestionale), avendo ciascuno specifiche esigenze e caratteristiche (non solo in termini tecnici, ma anche di aggiornamenti e assistenza). Soprattutto in un mercato come quello italiano caratterizzato da un’alta presenza di imprese di dimensioni piccole o medie, questa ultima dimensione diviene ancor più significativa, in quanto molto spesso il prodotto è di tipo verticale e rivolto ad uno specifico settore (soluzione che rende più rapido e facilmente perseguibile lo sviluppo); al contrario, i software orizzontali sono più complessi da realizzare (dovendosi adattare a differenti sistemi): il loro alto costo fa sì che siano sviluppati soprattutto da grandi imprese.

Come si può notare, dunque, queste interviste, pur nella loro brevità, hanno fornito spunti che hanno avuto ripercussioni sullo sviluppo della parte operativa a seguire.

4.2 Ricerca dei siti delle imprese

Il campione utilizzato per cominciare le analisi è stato già definito per sommi capi nel paragrafo 3.1: in generale è qui importante ricordare che esso è risultato essere rappresentativo di una popolazione ben più ampia, prevedendo al suo interno casi molto diversi di aree merceologiche, destinazioni d’uso, utenze di riferimento e dimensioni aziendali (pur con un’abbondanza di dimensioni medio-piccole).

Da un punto di vista geografico si può rilevare come le imprese siano distribuite sull’intero territorio italiano, con una suddivisione che per altro riflette in maniera evidente la maggiore o

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minore presenza di imprese del settore nelle differenti zone. La sproporzione esistente tra nord e sud del paese è infatti ben marcata: 179 imprese del primo gruppo contro le sole 50 del Meridione (in cui peraltro sono concentrate principalmente in Campania e Sicilia, con 20 e 15 casi rispettivamente). Dettagliando invece le occorrenze per le singole regioni, le più rappresentate risultano essere la Lombardia (82) e la Toscana (42), seguite da Emilia Romagna (29), Piemonte (26) e Veneto (25); le meno fornite invece la Basilicata e la Valle d’Aosta (una sola impresa per ciascuna), precedute a breve distanza da Trentino Alto Adige e Molise (3 imprese ciascuna).

Passando alle varie fasi di ricerca dei siti Web associati, al termine della fase con i motori di ricerca generici ne sono stati individuati 154, così ripartiti negli utilizzi dei singoli motori di ricerca (da notare come l’ordine di utilizzo dei medesimi corrisponda ad un ordine crescente nel numero di siti individuati, conseguenza del fatto che le corrispondenze già trovate non venivano cercate nuovamente nelle successive iterazioni):

• 143 alla prima iterazione con Yahoo

• 151 alla seconda iterazione con Google (8 in più) • 154 alla terza iterazione con Lycos (3 in più).

L’andamento cumulativo dei risultati ottenuti con le iterazioni è graficamente rappresentabile come segue: 136 138 140 142 144 146 148 150 152 154

1° Iter. 2° Iter. 3° Iter. 4° Iter. 5° Iter.

siti web

Dopo l’utilizzo dei motori di ricerca generici, si è passati all’utilizzo del motore di ricerca specifico per le imprese: nuovamente la ricerca è stata estesa alle sole imprese per le quali non era ancora stato trovato il sito Web. Delle 169 imprese rimanenti, sono stati individuati 6 siti Web, portando il computo totale di questi ultimi a 160.

L’ultima fase delle ricerca è stata costituita dai tentativi di variazioni sul nome aziendale: al termine sono stati individuati altri 27 siti Web, portando il computo complessivo a 187. Al termine della ricerca, quindi, la percentuale di imprese per le quali si ha avuto un esito positivo è stata del 58 %.

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estremamente piccole (alle volte costituite da una sola persona): non sono quindi così rari i casi di assenza di siti o di loro scarsa manutenzione. Queste intuizioni, per altro, sono state confermate dalle successive fasi di analisi e ricerca di informazioni sui medesimi siti individuati.

Come conclusione del paragrafo, viene presentata una visione riassuntiva dei risultati ottenuti:

27 6 154 136 Ricerca manuale Motore di ricerca specifico Motori di ricerca generici

Siti non trovati

4.3 Analisi delle informazioni contenute nei siti Web

Per cominciare, sono da annoverare i casi in cui la povertà di informazioni contenute è maggiore: 8 “siti vetrina” (costituiti da un’unica pagina con recapiti dell’impresa e al più informazioni sommarie sul settore di riferimento) e 21 siti con svariati problemi a porzioni anche consistenti (ristrutturazione o manutenzione, piuttosto che sezioni ancora da costruire o in fase di aggiornamento).

La prima dimensione di interesse è già stata evidenziata nel paragrafo 3.1: il fatto cioè che l’impresa si occupi esclusivamente di Open Source o che offra anche soluzioni con licenze di tipo proprietario. Il primo gruppo è costituito da 35 imprese, mentre il secondo da 123 (vengono esclusi dal computo i casi prima elencati, in cui le informazioni non sono chiare per poter stabilire correttamente l’attribuzione). Si nota una forte preponderanza di soluzioni miste ed un impiego ancora ampio di soluzioni a carattere proprietario pur all’interno di un campione di imprese legate al fenomeno Open Source (per quanto a differenti livelli). Questa adesione è frequentemente pubblicizzata sia attraverso simboli caratteristici (in primis il pinguino di Linux) sia con riferimenti e link ad altre realtà imprenditoriali coinvolte e comunità (rimarcando così ulteriormente la natura di questo settore), se non addirittura con intere sezioni dedicate a cosa sia l’Open Source e alle motivazioni per una scelta del genere. Queste evidenze sono maggiormente presenti nei casi di

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imprese votate completamente all’Open Source, sintomo di una più netta e convinta adesione al fenomeno.

Suddivisione siti web

35 123 29 Solo Open Source Soluzioni miste Non specificato

Un’altra distinzione è tra imprese sviluppatrici di prodotti destinati all’utente domestico e quelle rivolte a prodotti dedicati ad altre imprese ed enti pubblici. Le realtà che offrono soluzioni per entrambe le tipologie di clienti sono 49 (il caso più frequente non è quello di software totalmente differenti per le due clientele, ma di versioni più o meno ampie e ricche di funzioni del medesimo: si pensi ad esempio ad una versione base di antivirus rivolta all’utente finale e ad un’altra versione più complessa ed integrata con altri sistemi per realtà aziendali). Assai rilevante il fatto che solo 8 imprese siano rivolte esclusivamente agli utenti domestici e ben 115 solo ad imprese ed enti pubblici. Aggregando questo dato con quello dei casi misti avremo un risultato rispettivamente di 57 e 164, indicativo dell’offerta delle imprese facenti parte del campione. Da sottolineare come il computo totale sia inferiore a 187 (numero dei siti in esame), proprio a causa di quella presenza di siti vetrina o non completi esplicitata poco sopra (medesima attribuzione di responsabilità sarà ascrivibile ad argomentazioni future e dunque non verrà ripetuta).

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115 8 49 0 20 40 60 80 100 120

Solo Imprese Solo Utenti Domestici

Entrambi

Tipologia di cliente

Per quanto riguarda le aree merceologiche, si evidenzia una forte eterogeneità: dalla sicurezza agli applicativi gestionali, fino ad ambiti molto specifici per le utenze domestiche. Abbondano, inoltre, i prodotti realizzati ad hoc per specifici clienti.

Anche per le dimensioni aziendali (per quanto in più di un caso non ci siano indicazioni esatte su grandezze come il numero di dipendenti) si nota un’ampia varietà, con un’abbondanza di realtà medio-piccole (non rari sono i casi anche di singoli professionisti o piccoli uffici) a fronte dei pochi casi di imprese di grandi dimensioni (ad esempio divisioni sul nostro territorio di multinazionali). Per quanto riguarda più strettamente le informazioni ricavabili dai siti Web, una è quella del prezzo. Nonostante sia un’informazione a prima vista fondamentale, è stata riscontrata solamente in 34 casi, dato che resta indicativo anche se dal computo si escludono i casi di siti vetrina. Questo dato conferma un elemento prima emerso, ovvero le ridotte dimensioni delle imprese. Un’informazione come il prezzo, infatti, diventa facilmente reperibile nei casi di realtà più grandi, in cui vengono vendute numerose copie dello stesso software standardizzato (si pensi alle principali produttrici al mondo di sistemi antivirus); quando si hanno applicativi molto specializzati su un certo business o soluzioni sviluppate ad hoc per uno specifico cliente, l’importanza di questo dato diventa molto relativa in quanto sarà difficile trovare a catalogo l’esatto prodotto nella giusta configurazione richiesto dal cliente.

Un’opzione spesso apprezzata dagli utenti è la possibilità di download di file, siano essi versioni demo degli stessi software piuttosto che brochure dei prodotti realizzati. Il numero di occorrenze è limitato a 56: molti casi sono peraltro localizzati tra le imprese dedicate esclusivamente all’Open Source, presumibilmente a causa della natura stessa del fenomeno.

Analoga alla precedente è la presenza di aree riservate in cui gli utenti registrati (spesso la registrazione avviene automaticamente per chi diventa cliente) possono reperire ulteriori informazioni, aggiornamenti di software o altre funzionalità. La presenza di una simile opzione è

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sintomo di una più complessa strutturazione del sito (sono definiti vari livelli di accesso e un numero maggiore di funzioni per gli utenti), dunque di un’attenzione al Web non solo come semplice vetrina verso l’esterno ma anche come punto di contatto con i potenziali clienti e con quelli già effettivi, offrendo un servizio a valore aggiunto. Le ridotte dimensioni aziendali sono tra le principali cause ipotizzabili perché tale funzionalità compaia in soli 37 casi.

A causa dell’abbondanza di realizzazioni ad hoc e personalizzazioni, risulta interessante analizzare quanto spesso le imprese forniscano informazioni su precedenti progetti sviluppati (essendo a volte l’unico metodo valido per fornire agli utenti un’indicazione sul tipo e la qualità dei lavori svolti). Questo accade in 44 casi, circa il 23 %.

Andando nel dettaglio delle informazioni relative ai software, c’è una forte eterogeneità nel tipo e nella strutturazione dei contenuti: le descrizioni passano da poche righe prive di specifiche tecniche a semplici elenchi dei moduli componenti l’applicativo, fino ad arrivare a lunghe ed esaustive descrizioni che vanno a coprire anche aspetti realizzativi (la piattaforma di sviluppo o i linguaggi di programmazione utilizzati). Nonostante vari tentativi di analisi non si è riusciti ad identificare una stretta correlazione tra questa varietà e altre dimensioni già evidenziate (dalla categoria merceologica ai clienti di riferimento e alle dimensioni aziendali). Non sono ad ogni modo frequenti le descrizioni pienamente esaustive dei vari aspetti tecnici: questo elemento ha comportato un restringimento del successivo campione di software valutati.

Sempre legata in qualche modo all’esplicazione delle caratteristiche di un software è la presenza di screenshots (“fotografie” dello schermo al momento dell’utilizzo di un certo applicativo): strumento immediato e semplice per dare un’idea più concreta di un certo prodotto. Questo contenuto è stato riscontrato in 46 casi (quasi il 25 %).

Un’altra informazione che è stata annotata è il fatto che il software fosse commercializzato anche (o esclusivamente) in compagnia di un certo hardware, offrendo quindi soluzioni all–inclusive. Il risultato di 29 occorrenze potrebbe trarre in inganno, in quanto l’analisi di questo dato non può risultare disgiunta dalla considerazione che più di un’impresa si occupi principalmente di distribuzione e rivendita piuttosto che di semplice programmazione. In più di un caso, quindi, queste soluzioni integrate di hardware e software sono in realtà soluzioni standardizzate largamente diffuse sul mercato, piuttosto che create ex–novo dall’impresa.

Per finire, si è andata ad evidenziare la presenza di informazioni precise sulla gestione di due aspetti alla base dei rapporti tra impresa e clienti: l’assistenza e la formazione sull’utilizzo del prodotto. Della prima sono stati trovati riferimenti espliciti solo in 29 casi (15.5 %); della seconda in 16 (8.5 %), fatto sicuramente meno eclatante del primo dato che questa ultima assume un senso solo

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per i casi di applicativi più articolati. Da notare, comunque, come in alcuni casi siano offerte anche possibilità di formazione via Internet sull’utilizzo dei prodotti.

4.4 Ricerche di marchi, brevetti e pubblicazioni

Per quanto riguarda gli altri indicatori di innovazione già esistenti, la prima ricerca è stata fatta a proposito dei marchi. Il dato finale è eclatante, in quanto solo 5 imprese su 323 hanno almeno un marchio registrato (meno del 2 %). Da notare che i marchi sono tutti riferiti a denominazioni aziendali e non a prodotti: questo dato conferma non solo le ridotte dimensioni delle imprese, ma ancor più la tendenza generale alla mancanza di soluzioni orizzontali e all’abbondanza di soluzioni molto specifiche se non addirittura sviluppate appositamente per un certo cliente. In tutto i marchi individuati sono 35, di cui ben 26 di tipo “figurative” (come i loghi) e 9 di tipo “word” (la denominazione aziendale).

Il secondo strumento verificato sono stati i brevetti: anche questi hanno confermato quanto già segnalato in precedenza, con riscontri per sole 3 imprese (lo 0.9 % del campione), con un numero totale di 15 brevetti individuati.

I risultati appena riportati non fanno altro che confermare l’inadeguatezza di questi strumenti per il settore software ed in particolar modo per la realtà italiana legata all’ambito Open Source, che al contrario di altri paesi vede una scarsa presenza di grosse imprese (per le quali invece si ricorre più frequentemente a marchi e brevetti, anche a causa di prodotti altamente standardizzati e venduti in grande scala) e una grossa frammentazione delle realtà.

L’ultimo indicatore verificato sono state le pubblicazioni a carattere scientifico. Anche in questo caso i risultati sono stati scarsi: solo per 3 imprese sono stati trovati dei riferimenti, confermando dunque la supposizione precedente. Interessante notare, tra l’altro, come 2 di queste 3 imprese siano anche parte del gruppo ristretto di cui erano stati trovati dei marchi: sintomo certamente di realtà più importanti, dovuto al fatto che si tratta sostanzialmente di imprese operanti anche all’estero.

Le analisi riportate in questo paragrafo confermano la necessità di fornire nuovi e più calzanti indicatori per misurare l’innovazione nel settore software in generale e per la realtà italiana in particolare: degli indicatori creati specificamente per questo settore e che possano tener conto delle dinamiche presenti.

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4.5 Il campione di software

Passando dal campione di siti Web a quello di software si ha avuto un restringimento consistente nel numero di imprese presenti. Per cominciare sono stati esclusi i casi di siti vetrina o di siti in ristrutturazione totale o almeno di quelle sezioni contenenti informazioni sui prodotti sviluppati (il controllo per questi casi, ripetuto a mesi di distanza, non ha evidenziato miglioramenti, segno probabilmente di un sito Web in disuso): il loro numero è di 29, come già indicato nel paragrafo 4.3. Escludendo questa componente del campione restano ancora 158 imprese: risulta dunque non immediato comprendere come di tutte queste si arriva ad analizzare i software di sole 70 (meno della metà, precisamente il 44.3 %). Una ragione è da ricercarsi nella frequente povertà di contenuti, ma non va dimenticata l’estrema eterogeneità delle realtà facenti parte del campione, tutte legate al fenomeno Open Source ma operanti in settori peculiari. Pur nella difficoltà di generalizzare un quadro ampiamente variegato, si rende necessario evidenziare almeno l’occorrenza delle macro-cause. La prima citata, ovvero la carenza di informazioni, è anche la più significativa: in ben 67 casi l’assenza dell’impresa dal campione finale di software è da ricercarsi in questo motivo. Le motivazioni specifiche sono varie: casi in cui i siti Web sono incentrati non tanto sui singoli prodotti sviluppati quanto piuttosto sull’impresa stessa, il settore di riferimento, la mission, la storia (ricorrente nei casi di piccole realtà che realizzano soluzioni ad hoc per i clienti, dove non risulta fondamentale fornire informazioni di dettaglio su soluzioni realizzate per altri utenti, quanto piuttosto dare indicazioni sulle tecnologie utilizzate, le professionalità possedute, il settore di riferimento); in altre occasioni i software vengono presentati con pochi accenni generici sullo scopo e i possibili fruitori, senza riferimenti alle caratteristiche tecniche, alla struttura dei moduli e più in generale senza fornire informazioni utili per poterne valutare il funzionamento. Nello stesso computo sono stati inseriti anche i casi di imprese che offrono servizi (quindi non strettamente software nel senso più puro del termine), principalmente rivolti al Web (ad esempio Web hosting), di cui però non vengono fornite sufficienti informazioni di dettaglio per permetterne una valutazione. Non sono da trascurare i casi di imprese, 21, che si occupano semplicemente di rivendere prodotti sviluppati da altri, senza dunque intervenire neanche con aggiustamenti ma al più fornendo servizi di installazione e assistenza.

Al termine di queste fasi di sfoltimento, il numero di software presi in esame è risultato essere di 134, distribuiti su 70 differenti imprese (con una media dunque di circa 2 prodotti per ciascuna, nonostante vi siano casi con anche 5 software presenti). Il fatto che sulle iniziali 187 imprese di cui si aveva il sito Web a disposizione, solo il 44 % compaia in questo campione rimarca una volta di

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È possibile riprendere la distinzione già proposta tra ambito strettamente Open Source e soluzioni miste. La grande maggioranza degli elementi del campione derivano dal secondo caso: nel computo totale dei 134 software, infatti, solo 19 derivano da imprese specializzate nell’Open Source, al contrario degli altri 115. Analizzando nello specifico i singoli software, un totale di 27 sono distribuiti in modalità Open Source, contro i 107 rilasciati con licenza proprietaria.

Suddivisione software nel campione

107

27 Proprietario

Open source

Anche come presenza di imprese il panorama non cambia: delle 70 imprese ben 56 producono anche software proprietari, contro le 14 dedicate all’Open Source.

Suddivisione imprese

56

14 Soluzioni miste

Solo open source

Tornando all’analisi del campione di software, c’è da sottolineare come tra essi risulti nettamente preponderante la categoria dei gestionali: in questo si può leggere una maggiore propensione verso queste soluzioni del mondo operante anche in ambito proprietario.

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4.6 Analisi di innovazione e stratificazione

Nel paragrado 3.1 sono stati evidenziati gli indicatori necessari per svolgere un’analisi preliminare di consistenza delle valutazioni. I risultati ottenuti, suddivisi per ciascuno dei cinque indicatori utilizzati, sono i seguenti:

Indicatore pj qj j

Novità per il mercato 0.52 0.48 0.91

Nuovi bisogni 0.61 0.39 0.86

Novità per l’impresa 0.56 0.44 0.75

Nuova piattaforma 0.48 0.52 0.78

Nuovi moduli 0.69 0.31 0.71

Dalla tabella riportata possono essere tratte alcune interessanti indicazioni. Per quanto riguarda l’indice kˆj, i valori rilevati sono tutti nettamente superiori a 0.5, con una punta di 0.91

particolarmente significativa. In particolare, si può rilevare una maggiore concordanza di valutazioni per gli indicatori rivolti all’esterno: questa evidenza fa supporre che per questi aspetti gli esperti coinvolti, potendo lavorare principalmente sulle proprie conoscenze personali del settore, hanno potuto colmare più facilmente (dunque con minor margine di discrezionalità) il gap dovuto all’assenza di alcune informazioni, fatto che invece si è fatto maggiormente sentire per gli altri indicatori (pur ottenendo ugualmente, come già evidenziato, risultati più che soddisfacenti). Questa indicazione è per altro confermata da alcuni dei commenti forniti dagli esperti durante le fasi di valutazione dei software. Calcolando poi l’analogo indicatore unificato, kˆ , si ottiene un valore pari a 0.80: nuovamente è confermata la consistenza dei dati in possesso.

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Terminata questa fase preliminare, il passo successivo è costituito dallo studio dei voti attribuiti ai singoli indicatori, per poi di ricondursi ad uno unico (media ponderata delle varie componenti). Si sono confrontati i valori medi per l’indice relativo all’innovazione di piattaforma e quello relativo ai moduli, che come indicato nel paragrafo 3.1 sono maggiormente associabili rispettivamente ad un’innovazione di tipo radicale e ad una incrementale. Dei due, quello legato ai moduli ha la media più elevata, con un 2.84, superiore al 2.59 relativo all’innovazione di piattaforma. Il dato risulta ancor più consistente se si vanno a dettagliare i risultati emersi per i singoli esperti: per il primo indicatore, infatti, può essere rilevato un valor medio minimo di 2.66 (superiore persino al valor medio di 2.59 dell’altro indice) ed uno massimo di 3.02. Come si può notare esiste una certa variabilità tra i valori minimi e massimi, fatto già emerso nella fase subito precedente dove l’indicatore sui moduli era risultato, tra tutti, quello col valore minimo per j: attraverso le informazioni raccolte dagli stessi valutatori è emersa la conferma che, tra tutte le valutazioni da svolgere, questa è stata spesso la più difficoltosa, richiedendo di andare a cercare informazioni in più porzioni del sito Web in esame (queste risultavano spesso separate dalle altre a carattere tecnico e, per loro stessa natura, meno strutturate). Anche i valori della media rispecchiano questa differenza: l’indicatore di moduli ha un valore di 3, contro il 2 per la piattaforma; identici valori si ottengono calcolando le mediane.

L’altra dimensione di interesse riguarda invece i confini dell’impresa: ci si può chiedere se il processo innovativo comporti maggiori evidenze all’interno (evidenziato in particolare dall’indicatore di innovazione per l’impresa) o all’esterno di essi (combinando l’innovazione per il mercato con il soddisfacimento di nuovi bisogni). Per quanto riguarda l’innovazione d’impresa, la media nelle valutazioni è stata di 2.87, non di molto superiore alla media cumulata degli altri due, pari a 2.80. Il dato, tuttavia, assume maggiore rilevanza se si considerano separatamente i due indicatori rivolti all’esterno: quello relativo all’innovazione di mercato (più legato ad un’innovazione radicale, come evidenziato nel paragrafo 3.1), con una media di 2.71, risulta essere minore rispetto all’altro (legato ad un’innovazione incrementale), attestatosi ad una media di 2.89 (superiore, seppur di poco, all’indicatore di innovazione interna). Questa nuova evidenza, dunque, rafforza l’immagine di realtà che, pur possedendo interessanti elementi di innovazione, la perseguono principalmente attraverso riadattamenti e riammodernamenti progressivi, piuttosto che con salti improvvisi (innovazione radicale). Per quanto riguarda le mode si ottiene un analogo risultato, con dei valori pari a 2 e 3 rispettivamente; nessuna differenza invece per quanto riguarda le mediane, in entrambi i casi pari a 3 (per completezza, i valori relativi all’indice di innovazione interna sono di 2 e 3). I risultati evidenziano ancor più un processo innovativo differente da quello emerso in altre realtà europee (principalmente nel Nord Europa), dove invece i valori rilevati erano

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stati leggermente superiori. Il valore non trascurabile dell’innovazione interna all’impresa fa capire, poi, come questo processo non debba essere del tutto sottovalutato, costituendo un’importante fonte di innovazione.

Riassumendo i risultati fino ad ora illustrati, avremo una distribuzione delle medie di questo tipo:

2,71 2,89 2,87 2,59 2,84 2,4 2,45 2,5 2,55 2,6 2,65 2,7 2,75 2,8 2,85 2,9 Inn. Mercato

Inn. Bisogni Inn.

Impresa

Inn. Piatt. Inn. Moduli

Tabulando invece tutti i risultati finora emersi, per raccoglierli in modo organico, si ottiene:

Indicatore Media Moda Mediana

Novità per il mercato 2.71 2 3

Nuovi bisogni 2.89 3 3

Novità per l’impresa 2.87 2 3

Nuova piattaforma 2.59 2 2

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Anche visualizzando in maniera congiunta i risultati risulta confermato quanto descritto in precedenza, ovvero un maggiore impatto innovativo per quanto riguarda riposizionamenti e miglioramenti rispetto ai salti tecnologici: il modello che emerge è dunque quello di un’innovazione a carattere prettamente incrementale. In tal senso, anche l’esperienza diretta dello scrivente in una software house durante la preparazione della laurea triennale conferma questo assunto: all’interno di una multinazionale, la divisione italiana (composta da non più di 10 dipendenti) si occupava esclusivamente di aggiustamenti ed aspetti relativi al marketing, demandando lo sviluppo vero e proprio alla casa madre in Germania (provvista, per altro, di un dipartimento a carattere strettamente matematico per lo sviluppo degli algoritmi di ottimizzazione).

Individuato il trend generale è possibile anche dettagliare, per ciascun indicatore, come si distribuiscano i valori per ciascun software (considerando separatamente le valutazioni fatte dai vari esperti). Prendendo ad esempio in considerazione l’indicatore di innovazione per il mercato, il risultato può essere graficato come segue:

93 157 134 97 55 Voto = 1 Voto = 2 Voto = 3 Voto = 4 Voto = 5

Il computo totale di occorrenze è pari a 536, ovvero alle valutazioni dei 4 esperti per il totale di 134 software analizzati. La distribuzione segue ovviamente i valori precedenti: si può ad esempio evidenziare come il 54% dei voti sia compreso tra 2 e 3.

Per quanto riguarda invece l’innovazione nei bisogni soddisfatti, il risultato è il seguente:

60 140 161 134 41 Voto = 1 Voto = 2 Voto = 3 Voto = 4 Voto = 5

Per questo secondo indicatore risulta interessante notare come i voti siano maggiormente raccolti intorno ai valori centrali (da 2 a 4), risultando meno numerosi i casi estremi (soprattutto l’eccellenza).

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Passando all’innovazione per l’impresa si ottiene: 66 174 136 98 62 Voto = 1 Voto = 2 Voto = 3 Voto = 4 Voto = 5

In questo caso si riscontra sia una maggiore concentrazione nei voti tra 2 e 3 (57%), sia una più grande incidenza dei casi d’eccellenza (voto 5), che in questo caso quasi equiparano in numerosità le valutazioni più basse.

Proseguendo, per l’innovazione di piattaforma si ricava:

97 190 142 70 37 Voto = 1 Voto = 2 Voto = 3 Voto = 4 Voto = 5

La distribuzione nei valori segue esattamente i valori riportati prima in tabella, in generale i più bassi tra tutti gli indicatori: il 53.5 % delle valutazioni sono inferiori al 3, mentre solo il 19.9 % vi è superiore. Una nuova conferma, dunque, della scarsità di questo tipo di innovazione.

Per finire, per quanto riguarda l’innovazione nei moduli:

66 97 262 82 29 Voto = 1 Voto = 2 Voto = 3 Voto = 4 Voto = 5

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In quest’ultimo caso deve essere evidenziata, innanzitutto, l’abbondanza di valutazioni intermedie (voto di 3), che da sole costituiscono il 48 % dei casi. Esigui, invece, i casi di eccellenza: il valore relativamente elevato della media (2.84) è dunque da attribuirsi principalmente ai valori intermedi. Per concludere questa fase dell’analisi, possono essere aggregati i risultati evidenziati nei precedenti grafici, evidenziando le percentuali aggregate per le valutazioni dei vari indicatori:

14% 28% 32% 18% 8% Voto = 1 Voto = 2 Voto = 3 Voto = 4 Voto = 5

La distribuzione complessiva delle valutazioni che ne risulta appare bilanciata in accordo alle medie che già erano state evidenziate, ovvero con una maggiore propensione per i valori inferiori al 3 (42 %) rispetto a quelli superiori (26 %). Dall’analisi di questi dati, per altro, sono state ricavate alcune indicazioni per definire i successivi limiti tra le varie classi di innovazione.

Prima di ciò risulta necessario definire un indicatore unico di innovazione, ottenuto dal bilanciamento dei vari indici finora utilizzati: sulla proporzione tra le varie componenti è già stata fata chiarezza nel paragrafo 3.1. Il valor medio per l’indice unificato è risultato pari a 2.79, valore intermedio tra le medie evidenziate in precedenza. Più che il valor medio, tuttavia, risulta particolarmente interessante vedere come questo indice sia distribuito nei vari software, per individuare, analogamente a quanto fatto in precedenza coi singoli indici, la distribuzione, strumento che potrà essere utilizzato per costruire una classificazione dell’innovazione. Dettagliando i risultati (evidenziando intervalli di un decimo di unità), tale distribuzione può essere rappresentata come segue:

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0 2 4 6 8 10 12 1,5 1,7 1,9 2,1 2,3 2,5 2,7 2,9 3,1 3,3 3,5 3,7 3,9 4,1 4,3

Il passo successivo è costituito dal definire una classificazione per differenti livelli di innovazione: le considerazioni prese in esame per individuare i valori delle soglie sono riportate nel paragrafo 3.1. Al termine di alcune analisi con differenti valori dei percentili, i limiti determinati sono stati di 2.37 e di 3.18. Con essi, la suddivisione risultante è quella in tabella:

Classe di Innovazione Intervallo Software

nell’intervallo Percentuale

Innovazione Bassa IN. < 2.37 35 26.12 %

Innovazione Media 2.37 ≤ IN. ≤ 3.18 67 50 %

Innovazione Alta IN. > 3.18 32 23.88 %

Come si può notare, le percentuali per le varie fasce rispecchiano quanto evidenziato nella letteratura: la categoria più bassa è perfettamente in accordo a quanto già fatto nei lavori precedenti, mentre la fascia più alta ha un peso leggermente inferiore in favore della fascia intermedia.

(18)

Classi di Innovazione 35 67 32 Bassa Media Alta

Per quanto riguarda il valore assoluto dei limiti fissati, è da notare come entrambi siano di più di un punto inferiori rispetto ai corrispettivi sviluppati nel lavoro di Jordan e Segelod (utilizzando quelle delimitazioni, si otterrebbe una percentuale del 78.4 % nella fascia più bassa, una del 20.1 % in quella intermedia e una del 1.5 % in quella alta, con solo 2 occorrenze: come si vede, una distribuzione totalmente distorta rispetto agli studi in letteratura). Oltre ad una natura incrementale dell’innovazione, dunque, sembrerebbe emergere una più generale minore propensione all’innovazione delle imprese italiane rispetto alle più sviluppate realtà nord-europee. È tuttavia da evidenziare come la disparità così ampia nei risultati è figlia del metodo applicato per la rilevazione: in quello studio i progetti erano selezionati da manager facenti parte delle stesse imprese sviluppatrici, con l’ottica di segnalare quelli che avessero un certo impatto innovativo per l’impresa stessa. Risulta quindi ovvio come quel campione, in termini di valori assoluti, risulti essere in qualche modo “sovradimensionato” (il problema era già stato affrontato nell’analisi critica di tale lavoro, nel paragrafo 2.7, ed evidenziato all’interno dello stesso elaborato degli autori). Il campione studiato in questo lavoro, al contrario, risulta essere più eterogeneo, prevedendo al suo interno tutte le gradazioni di innovazione per tutte le differenti prospettive da cui il problema può essere analizzato: un campione di dati, dunque, più consistente e rappresentativo.

Giunti a questo punto dell’analisi, le informazioni più interessanti relative all’intero campione (considerato nel suo insieme) sono emerse. Resta la possibilità di dettagliare l’analisi, andando ad evidenziare dei sottoinsiemi in accordo ad alcune dimensioni di interesse (incrociando dunque l’analisi con quelle già descritte nei paragrafi precedenti).

La prima dicotomia da prendere in esame è quella tra ambito proprietario ed Open Source. Quello del codice libero vanta una media per l’indice unico di 3.25, dunque superiore al limite fissato per la categoria più alta di innovazione. Questo risultato è inoltre confermato dalla distribuzione di questi software nelle varie classi:

(19)

Distribuzione software open source

3 10 14 Bassa Media Alta

Il 51.8 % degli applicativi Open Source risulta facente parte della fascia ad alta innovazione, percentuale nettamente superiore rispetto a quella dell’intero campione (23.88 %). I software distribuiti con licenza Open Source dimostrano di comprendere buona parte delle realizzazioni più innovative dell’intero campione. Ponendo attenzione all’ambito proprietario, invece, la situazione risulta differente: la media si attesta sul 2.68 (all’interno della fascia intermedia), mentre la distribuzione può essere rappresentata come segue:

Distribuzione software proprietari

32 57 18 Bassa Media Alta

Le differenze tra i due casi sono nette: l’ambito più strettamente Open Source risulta dunque possedere una più netta propensione all’innovazione rispetto alla controparte proprietaria. I valori medi dell’intero campione, tra i due estremi, risultano più prossimi a quello proprietario, conseguenza della maggior presenza di applicativi distribuiti in questa modalità.

Sempre in questa ottica, risulta interessante dettagliare l’analisi del sotto-campione Open Source attraverso i differenti indicatori. A conferma dell’alto impatto innovativo, ben 4 indicatori su 5 (ad eccezione dell’innovazione sui moduli) hanno una media superiore al 3.

(20)

3,28 3,34 3,29 3,3 2,92 2,7 2,8 2,9 3 3,1 3,2 3,3 3,4 Inn. Mercato Inn. Bisogni Inn. Impresa

Inn. Piatt. Inn. Moduli

Medie per software open source

Indipendentemente dal valore assoluto, anche il rapporto tra i vari indicatori risulta essere differente rispetto al campione generale, specialmente per quanto riguarda la dimensione dello scopo dell’innovazione: l’innovazione di piattaforma risulta infatti essere superiore a quella sui moduli, facendo supporre un’innovazione non più incrementale (come quella generalmente rilevata nel campione) ma radicale. Questa supposizione, tuttavia, sembra parzialmente mitigata dal maggior risultato ottenuto dall’innovazione sui bisogni rispetto a quella di mercato. Non va però dimenticato che questi risultati sono ricavati da un campione troppo esiguo (solo 27 software) per poter giungere ad una conclusione certa e più approfondita. Potrebbe dunque costituire un interessante spunto per un futuro lavoro l’indagare su un campione a più vasta scala di prodotti Open Source per verificare se questa tendenza possa essere confermata.

Pur nella ristrettezza del campione e dunque nella validità relativa delle informazioni ricavabili, può essere dettagliata anche la distribuzione di questi software tra le varie categorie merceologiche.

Distribuzione software open source 4 7 3 11 2 Gestionali Sicurezza Gestione dati Web Altro

(21)

Si nota la preponderanza di software per la gestione dei dati (da soluzioni di clustering ad esportazione di dati) e di gestionali, a fronte di una scarsa presenza di applicazioni legate alla sicurezza e al Web.

Un’altra dimensione è quella riguardante il destinatario dei software: in particolare imprese o utenti domestici. Già nelle fasi di studio precedenti, la presenza di questi ultimi era risultata in minoranza, fatto confermato anche in questo campione di software. Dato l’esiguo numero di software per utenti domestici (11), non risulta significativo svolgere un’analisi in tal senso. È comunque confermato l’assunto secondo cui il settore software italiano è maggiormente rivolto alle imprese.

Proprio seguendo questa conclusione può essere indagata un’ultima dimensione: quella della categoria merceologica di riferimento. Il gruppo più numeroso è quello dei software gestionali: la definizione è volutamente ampia, comprendendo dunque sia sistemi più generici (come ERP) sia più specializzati per la gestione in particolare di porzioni dell’impresa. Di questo gruppo fanno parte 61 applicativi. Al contrario, gli altri raggruppamenti non sono sufficientemente numerosi per svolgere un’analisi con una qualche validità; a nota puramente indicativa, tra le categorie individuabili vi sono quelle dei software per la sicurezza, le applicazioni Web, la gestione di stampe e di flussi informativi, la messaggistica (attraverso vari sistemi, da sms a wap).

L’analisi può dunque concentrarsi sui prodotti a carattere gestionale. La media per il valore dell’indicatore unico di innovazione è di 2.53, compresa dunque nella fascia intermedia di innovazione. Dettagliando, invece, per i singoli indici:

2,28 2,68 2,59 2,35 2,75 2 2,1 2,2 2,3 2,4 2,5 2,6 2,7 2,8 Inn. Mercato Inn. Bisogni Inn. Impresa

Inn. Piatt. Inn. Moduli

Medie per software gestionali

Le differenze tra le medie rispecchiano lo schema evidenziato per l’intero campione: una maggiore rilevanza dell’innovazione incrementale (attraverso modifiche ai moduli e riposizionamenti per soddisfare nuovi bisogni) rispetto a quella radicale (innovazione nella piattaforma o per il mercato).

(22)

Prima di passare alla seconda parte del lavoro empirico, per completezza, verranno illustrati brevemente due esempi di software particolarmente significativi, ovvero quelli che hanno ottenuto rispettivamente la valutazione più bassa e più alta per l’indicatore unico di innovazione: una loro breve descrizione rende ancor più evidente la differenza tra le due rispettive classi di innovazione. Il primo dei due applicativi, che ha ottenuto una valutazione di 1.5, è chiamato Adai: si tratta di un software per la gestione di informazioni su gruppi (ad esempio i soci di un’organizzazione). I limiti principali risiedono nel fatto che sia mono-utente e che si basi su sistemi ormai superati (la media delle valutazioni per l’indicatore di innovazione sulla piattaforma è stata di 1.25); oltre a ciò, gli esperti hanno evidenziato una sostanziale assenza di caratteristiche di novità o che quantomeno ne permettano una riconoscibilità nel panorama in commercio (su entrambi gli indicatori rivolti all’esterno dei confini aziendali gli esperti sono stati concordi nell’attribuire una valutazione pari a 1). L’unico aspetto riconosciuto all’applicativo è una minima innovazione interna (una media di 2.5, il valore più alto per questo software tra i vari indici) e qualche possibilità di personalizzazione (l’indice sull’innovazione dei moduli ha ottenuto una media di 2.25).

Più interessante è invece la sua controparte in positivo: si tratta di Automation, un sistema rivolto all’automazione in ambito broadcast a livello professionale, in particolare per la trasmissione di video di grandi dimensioni. Oltre ad essere basato su un’architettura distribuita, possiede una serie di funzionalità come quelle di clustering, full caching e fault tolerance (attraverso 4 differenti modalità: clone, back-up, back-up one to many e disaster ricovery) . Oltre a ciò risulta essere uno strumento altamente versatile, offrendo ad esempio la possibilità di controllo per i vari strumenti di un’emittente e due livelli per la creazione del palinsesto. Anche la piattaforma su cui si basa, pur non essendo di ultimissima generazione, è comunque molto recente (l’indice relativo ha ottenuto una media di 4.5): è infatti nato per lavorare su sistema operativo Windows xp e relazionarsi a un database di tipo SQL. Il software si distingue per essere uno dei primi specializzati su questo settore e con queste caratteristiche (entrambi gli indici esterni hanno una media di 4.75), oltre ad aver comportato un discreto lavoro innovativo interno all’impresa (media di 4); l’aspetto meno rilevante sembra invece la strutturazione dei moduli (media di 3.5), risentendo anche delle non troppe informazioni fornite dall’impresa in merito.

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