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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

L’evento di blow-out

Introduzione

Con il termine Blow-out si intende generalmente una risalita accidentale e incontrollata in superficie di fluidi di strato (olio, gas o acqua) durante l’attività di perforazione di un pozzo o a seguito di rotture nei compartimenti del pozzo stesso.

A seguito della effettiva eruzione da un pozzo di petrolio vi è il conseguente rilascio degli idrocarburi nell’ambiente circostante (sia questo atmosferico, sottomarino o sotterraneo); il rilascio è, però, solo una parte di quello che caratterizza l’evento nella sua totalità.

Infatti il blow-out, nel suo complesso, può essere suddiviso in fenomeni a sé stanti ma consequenziali l’uno all’altro; nelle metodologie di analisi i dati di output di un determinato blocco-fenomeno costituiranno i dati di input del fenomeno ad esso successivo.

La seguente figura mostra la schematizzazione dei fenomeni che costituiscono l’evento di Blow-out /2/

(2)

Figura 1 – Rappresentazione schematica delle fasi dell’evento di blow-out

Getto

Trasporto multifase nel pozzo

Caratteristiche giacimento/pozzo Formazione di gocce Dispersione di gas Dispersione delle gocce/Ricaduta al suolo Deposizione/Infiltrazione

(3)

Caratterizzazione del sistema giacimento – pozzo

Le caratteristiche del complesso giacimento/opera di captazione rappresentano le condizioni al contorno del sistema. Gli effetti indotti dal reservoir sulla totalità dell’evento influenzano sia la portata in massa trasportata dal sistema, sia le caratteristiche fisiche e chimiche del flusso che risale il pozzo. Tra queste le più importanti e più significative risultano essere: la composizione del fluido, ovvero quali e quante specie chimiche lo compongono, il loro stato fisico-chimico e il rapporto gas/liquido (GOR)./2/

Chiaramente le caratteristiche del flusso relative alla normale produzione del pozzo non possono essere utilizzate poiché non descrivono quello che effettivamente avviene durante lo sviluppo di un blow-out. Infatti, durante un Blow-out, la produttività del pozzo (stimabile attraverso l’indice di

produttività PI), a causa della forte depressurizzazione alla sua base, tende ad

aumentare grazie alla parziale o totale rimozione dei vari tipi di solidi che parzialmente ostruiscono sempre il mezzo poroso intorno alla base dei tubi (skin factor).

Oltre a questo fenomeno il Blow-out può portare alla formazione di coni sotterranei di gas o acqua (si pensi ai normali coni di captazione che si formano durante un’ estrazione) che portano alla modificazione di parametri di produzione del pozzo quali il rapporto gas/liquidi (GOR) o il rapporto

acqua/liquidi (WATER CUT)./2/

Trasposto multifase nel pozzo

Il trasporto nel pozzo deve tener conto delle caratteristiche multicomponente (miscela di gas a diverso peso molecolare) e multifase (gas, liquido e solido)

(4)

la superficie ed un suo eventuale cambio di caratteristiche chimiche e fisiche durante il suo cammino./2/

Formazione del getto

Quando il flusso raggiunge la superficie del pozzo si forma a tutti gli effetti un getto che riversa i suoi componenti nell’ambiente circostante. Un modello di getto rappresenta il raccordo tra il comportamento del flusso nel sottosuolo e la dispersione vera e propria degli inquinanti. E’ da notare che per semplificare il problema il getto derivante da un evento di blow-out atmosferico viene considerato prettamente verticale. Questa semplificazione è in realtà abbastanza forzata; infatti, le strutture accessorie del pozzo possono deviarne sensibilmente il cammino all’origine o lungo il suo sviluppo, dando luogo a getti il cui asse potrebbe non risultare perpendicolare al terreno. Discorso analogo può essere fatto se la sorgente, sia questa la bocca del pozzo od un eventuale foro nelle pipeline (tubazione) giace su un piano inclinato rispetto al suolo.

Nel momento in cui il flusso lascia il pozzo e si riversa interamente nell’atmosfera, cambiano le sue condizioni chimico-fisiche: il getto, a causa della sua velocità, tende a trascinare aria al suo interno ed ad allargarsi mano a mano che sale in altezza. La portata di aria in ingresso nel getto (detta

Entrainment) tende a cambiarne le caratteristiche iniziali: velocità,

concentrazione dei componenti, temperatura.

Particolare attenzione va riposta nella definizione dell’altezza finale del getto, ovvero a quale distanza dalla sorgente il getto è da considerarsi esaurito; è a questo punto che inizia la ricaduta al suolo dei composti.

(5)

Esistono due metodologie diverse che permettono la definizione dell’altezza finale del getto.

Nel primo approccio si confronta la velocità del vento con quella lungo l’asse del getto stesso (sempre rivolta verso l’alto): quando le due velocità raggiungono lo stesso valore, si assume che il getto sia esaurito. Questa metodologia presenta più di un problema pratico. Stabilire a priori la velocità del vento non è operazione facile: infatti, sono richiesti dati meteorologici della zona molto precisi e dettagliati, quindi a tutti gli effetti tale approccio non può essere applicato in maniera predittiva qualora non si disponga dei suddetti dati. Inoltre data la variabilità in intensità e direzione dei venti in una qualsiasi regione, la loro determinazione a priori, quando il modello viene applicato in maniera predittiva, è ricca di elementi ipotetici e non sperimentalmente provati. Se a questo si aggiunge che a tutti gli effetti la componente della velocità del vento perpendicolare a quella della velocità assiale del getto tende a deviare l’asse del getto già per valori minori di quelli considerati, ne consegue una non facile e non accurata precisione della stima dell’altezza derivata da questo approccio./2/

Il secondo approccio risulta essere, al contrario, di facile applicazione. Esso infatti stabilisce che il getto termina quando la sua velocità assiale è pari ad un valore prestabilito (per esempio 30 m/s). Questo valore, non solo ne permette

un’applicazione generale e sempre valida a prescindere dalle condizioni atmosferiche al contorno, ma permette a tutti gli effetti di mantenere un valore sufficiente della velocità assiale tale da evitare che l’asse stesso del getto tenda a deviare in maniera accentuata rispetto alla perpendicolare al terreno.

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Formazione di gocce

Il fluido che compone il getto, a seconda della composizione dello stesso in uscita dal pozzo, a contatto con l’aria atmosferica porta alla parziale atomizzazione della sua eventuale parte liquida con la conseguente formazione di gocce. Si ha quello che in termini tecnici viene definito uno

spray. Anche il campo dello spray deve essere caratterizzato per quanto

riguarda la velocità e la distribuzione spaziale della dimensione e densità delle gocce.

Dispersione delle gocce

Se le particelle liquide atomizzate risultano essere particolarmente piccole è ragionevole assumere che avranno un moto simile a quello del gas in cui sono disperse. In questo caso il modello di getto rappresenta, quindi, in prima approssimazione, la simulazione del comportamento delle gocce.

Per particelle più pesanti risulta invece ovvio applicare modelli balistici che tengono conto della forza di gravità agente sulle gocce ed eventuali effetti di inerzia che portano alla deviazione della loro traiettoria rispetto a quella del getto.

La grandezza delle gocce (stimabile per esempio attraverso la definizione di una distribuzione in frequenza dei diametri) influisce anche sul loro tempo di residenza in aria prima della loro deviazione dal flusso di gas e della ricaduta al suolo. Fenomeni quali l’evaporazione o la condensazione di alcuni componenti nel getto devono essere presi in considerazione poiché la loro presenza può influenzare le condizioni iniziali del modello di dispersione.

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Dispersione del gas

La dispersione del gas nell’atmosfera può essere calcolata risolvendo le equazioni di conservazione della massa, della quantità di moto, dell’energia e dei componenti presenti. La determinazione dei componenti risulta essere cruciale in quanto può determinare l’applicazione di modelli che tengono conto della gravità (in caso di gas ad alto peso molecolare); mano a mano che la nube di inquinanti si miscela con l’aria, sia la temperatura che la densità raggiungono valori simili a quelli dell’atmosfera circostante, ed il problema della dispersione può essere risolto applicando un modello tradizionale di dispersione gaussiano.

Ricaduta al suolo

Una volta innescato l’evento di blow-out, gli idrocarburi che costituiscono il getto formano una miscela multifase (liquido-gas) che, quando si esaurisce la velocità di salita, tendono a disperdersi e a ricadere a seconda del peso e delle condizioni meteorologiche.

Il modello adottato per il calcolo della ricaduta delle goccioline ipotizza che il fluido, al livello della bocca di uscita, subisca un processo di atomizzazione dovuto al cambiamento repentino delle condizioni termodinamiche ed all’espansione del fluido stesso. Si formano così particelle che si disperdono nell’atmosfera e ricadono lontano dalla sorgente. Minore è la dimensione e la massa delle particelle, maggiore può essere la distanza percorsa prima di depositarsi, in relazione alle condizioni meteorologiche al contorno.

Una frazione dell’emissione evapora prima di raggiungere il suolo, o meglio i costituenti più leggeri diminuiscono in concentrazione al procedere dei vari eventi componenti il blow-out.

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Una volta ricaduti sul terreno, le particelle di liquido sono costituite quasi esclusivamente di idrocarburi pesanti.

Le particelle più pesanti tendono a ricadere secondo un modello di tipo balistico, mentre quelle più leggere tendono ad essere trasportate dal vento a distanze anche piuttosto elevate dalla sorgente.

Questo, se da un lato favorisce minori concentrazioni al suolo (grazie ad una maggiore dispersione), dall’altro tende ad aumentare l’estensione dell’area contaminata.

Blow-out: le cause

L’evento iniziatore del fenomeno blow-out è generalmente un ingresso di fluidi di strato in pozzo, dovuto ad una pressione superiore a quella idrostatica del fango di circolazione. Di conseguenza i fluidi spingono il fango in superficie, con l’effetto di modificare il bilancio tra il flusso del fango iniettato nel pozzo e quello in uscita. Ciò comporta un aumento di livello dei fanghi nelle vasche./3/

Tale fenomeno è denominato kick (letteralmente calcio).

Il kick è quindi definito come un flusso estraneo di gas all’interno del pozzo. Questo flusso anomalo può essere dovuto al fatto che lo scalpello, mentre penetra nel terreno, può incontrare sabbie (o comunque qualsiasi formazione geologica) permeabili ad un gas, con una pressione del reservoir maggiore di quella esercitata dal fluido di perforazione. E’ proprio la risultante della differenza tra le pressioni che causa l’apporto di questo flusso anomalo di gas all’interno del pozzo stesso.

Nel momento stesso in cui si origina il kick è necessario interrompere immediatamente le operazioni di perforazione, poiché risulta fondamentale attuare procedure di controllo del pozzo in modo tale da evitare la perdita di

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controllo del pozzo e la conseguente degenerazione in un evento di blowout completo.

L’evento di “kick” può essere rilevato dalla variazione di diversi valori che vengono costantemente tenuti sotto controllo dal personale di cantiere in modo da poter adottare misure preventive (come la preparazione di fanghi più pesanti) che consentano di evitare lo squilibrio tra la pressione idrostatica e quella di formazione.

Nel caso di pozzi esplorativi in aree poco conosciute, non si può avere la certezza assoluta della distribuzione delle pressioni e quindi i rischi di kick sono maggiori. Al contrario, quando l’obbiettivo minerario è analogo a quello di un giacimento esistente, le cui caratteristiche stratigrafiche sono conosciute, il grado di incertezza è ridotto al minimo

La probabilità di accadimento del kick è maggiore durante la fasi di perforazione e di completamento del pozzo, poiché le analisi sismiche sulle quali si basa l’investigazione del sottosuolo finalizzata alla ricerca di giacimenti sotterranei può non essere sufficientemente accurata nel determinare zone con pressione di gas maggiori (sacche di gas).

L’insorgenza di un fenomeno di kick è segnalata dal superamento delle soglie di riferimento di due parametri, mantenuti costantemente sotto controllo durante la perforazione: la portata del fango in uscita dal pozzo ed il suo livello nelle vasche.

Il verificarsi di tale evento è segnalato da allarme e, qualora le misure di interevento, quali ad esempio l’appesantimento del fango di perforazione, risultassero inefficaci, si procederebbe alla chiusura dei B.O.P. (Blow-out

Preventer), intercettando meccanicamente il flusso dei fluidi di strato in

risalita nel pozzo. .

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Probabilità e frequenza di accadimento

Eventi di kick e blow-out possono verificarsi con frequenze di accadimento differenti un funzione delle diverse fasi e operazioni svolte in pozzo.

Per quanto riguarda l’evento di kick, le più alte frequenze di accadimento si rilevano durante le operazioni di perforazione e manovra di sollevamento della batteria di aste in pozzo e sono rispettivamente del 43% e del 30% (fonte ENI Divisione Exploration & Production).

Anche per quanto riguarda l’evento di blow-out, le più alte frequenze di accadimento si rilevano durante le operazioni di perforazione (28 %) e manovra (31%), mentre più limitato è il rischio di eruzione incontrollata nelle altre fasi operative (fonte M.M.S. Minerals Management Service).

La frequenza di accadimento di un evento blow-out durante le attività di perforazione di un nuovo pozzo è valutata in 4 10-8 occasioni/anno per singolo

pozzo ( fonte ENI Divisione Exploration & Production).

E’ possibile confrontare la frequenza di accadimento così ottenuta con la classificazione prevista dall’Allegato III del D.P.C.M. ’89 “Applicazione dell’art. 12 del D.P.C.M. 175/88, concernente i rischi rilevanti connessi a determinate attività industriali”.

Tale classificazione distingue le frequenze di accadimento in tre classi:

• ALTA: evento che si può verificare almeno una volta nella vita prevista di funzionamento dell’impianto;

• MEDIA: possibile durante la vita prevista di funzionamento dell’impianto;

• BASSA: improbabile durante la vita prevista di funzionamento dell’impianto.

La normativa prevede una classificazione puramente qualitativa, ma a questa si possono associare valori di frequenze di accadimento (secondo i principali

(11)

organismi operanti nel campo del rischio industriale, quali UNI, Det Norske Veritas, Norwegian Petroleum Directorate).

FREQUENZA

(parametro descrittivo) CLASSE

FREQUENZA (occ./anno)

Tra 10 e 100 anni Alta 10-1 – 10-2

Tra 100 e 10.000 anni Media 10-2 – 10-4

Tra 10.000 e 1.000.000 anni Bassa 10-4 – 10-6

Tabella 1 - Correlazione tra le classi definite dal D.P.C.M. '89 e valori di frequenza di accadimento

La tabella 1 riporta una correlazione tipica tra classi qualitative e valori di frequenza di accadimento.

Il fenomeno di blow-out viene pertanto classificato come segue (Tabella 2).

FREQUENZA BLOW-OUT

CALCOLATA CLASSE

4 10-8

occasioni /anno/pozzo

Frequenza bassa : si noti che il valore di frequenza è circa 100 volte inferiore a quella corrispondente alla

classe di rischio più bassa

Tabella 2: Frequenza di accadimento dell'evento blow-out

Per poter valutare l’ordine di grandezza delle frequenze di accadimento di un blow-out, vengono proposti in Tabella 3 alcuni valori di frequenza di decesso correlata con l’accadimento di eventi poco comuni e con attività e rischi considerati comuni.

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EVENTO FREQUENZA ANNUALE DI DECESSO

(decesso/anno/persona)

FONTE

Fulmine 1 10-7 Frank P. Lees, Loss Prevention in the

Process Industries, vol.1, 1980

Incidente centrale nucleare 1 10-7 Frank P. Lees, Loss Prevention in the

Process Industries, vol.1, 1980

Terremoto 5 10-7 United Nation – Disaster Management

Training Program, Vulnerability and

Risk Assessment (2ndedition), 1994

Tromba d’aria 1 10-6 United Nation – Disaster Management

Training Program, Vulnerability and

Risk Assessment (2ndedition), 1994

Attraversando la strada 6 10-5 Frank P. Lees, Loss Prevention in the

Process Industries, vol.1, 1980

Incidente domestico 4 10-5 United Nation – Disaster Management

Training Program, Vulnerability and

Risk Assessment (2ndedition), 1994

Incidente stradale 1 10-4 United Nation – Disaster Management

Training Program, Vulnerability and

Risk Assessment (2ndedition), 1994

Fumo di 10 sigarette al giorno 5 10-3 United Nation – Disaster Management

Training Program, Vulnerability and

Risk Assessment (2ndedition), 1994

Tabella 3: Frequenza annua di decesso per eventi rari (primi 4 eventi) e molto comuni

Come si vede dalla Tabella 3, per un generico individuo la frequenza di accadimento dell’evento “morte” per particolari cause ritenute comunemente “molto rare” è circa dieci volte superiore alla frequenza di accadimento di un blow-out. Se si considerano eventi più comuni (come può essere l’attraversamento di una strada) le frequenze di accadimento sono differenti di diversi ordini di grandezza rispetto al blow-out.

Il blow-out può essere quindi classificato come evento raro, ma nei confronti del quale risulta necessario una definizione di tabelle di rischio e di probabile impatto sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.

(13)

Tipologie di blow-out

Esistono tre diversi scenari di accadimento di un evento Blowout che si differenziano l’uno dall’altro per la collocazione geografica dei pozzi esplorativi.

I Blowout superficiali sono i più pericolosi in quanto il flusso di idrocarburi

in uscita dal pozzo è direttamente scaricato in atmosfera e può causare rischi diretti al personale che lavora intorno all’istallazione, alle strutture che la compongono, all’ambiente e alla popolazione che vive nelle vicinanze.

I Blowout sotterranei sono definiti come un flusso incontrollato di fluido che

nel sottosuolo passa da una struttura litologica ad un’altra. In questa tipologia la manifestazione dell’evento incidentale non risulta essere direttamente visibile, ma il pozzo subisce modificazioni cruciali alle sue caratteristiche di produttività. Il danno principale riguarda il possibile inquinamento, nonché un cedimento strutturale del sottosuolo che talvolta può formare veri e propri crateri in superficie.

Nei Blowout Sottomarini, invece, gli inquinanti sono direttamente riversati

in mare con le immaginabili conseguenze per l’ambiente sottomarino. E’ da notare che se il flusso incontrollato raggiunge la piattaforma continentale a tutti gli effetti si ha un Blowout superficiale, molto rischioso poiché le vie di fuga per il personale risultano essere severamente limitate dalla conformazione dell’ambiente circostante.

Chiaramente la schematizzazione a blocchi presentata in precedenza non risulta applicabile ai Blowout sotterranei e a quelli sottomarini. Infatti in

(14)

tradizionale nell’ambiente circostante. In questi casi sono però applicabili dei modelli di getto in cui questo è completamente frenato. Gli output di questo modello servono solo da raccordo fra quelle che sono le condizioni all’interno del pozzo e quelle che si trovano nell’ambiente in cui il flusso si riversa. Stesso discorso vale per l’analisi della dispersione degli inquinanti che deve variare opportunamente in relazione a dove effettivamente gli inquinanti si possono disperdere (sottosuolo o sott’acqua).

Per un’analisi dei Blowout sotterranei è ancora più importante avere un quadro geologico ed idrogeologico della zona del giacimento, non più focalizzato come strumento di ricerca di giacimenti, ma piuttosto alla caratterizzazione globale di un sito potenzialmente a rischio di inquinamento.

(15)

CAPITOLO 2

Intercettazione ed evaporazione

Introduzione

L’evento di contaminazione del suolo a seguito della ricaduta degli idrocarburi, analizzato nella sua totalità, prevede, oltre alla fase di infiltrazione, anche una fase di intercettazione da parte della copertura vegetale, che rallenta il flusso di olio al suolo, in quanto si instaurano le condizioni per l’evaporazione da una superficie piana.

Questa superficie coincide con la superficie fogliare della copertura vegetale, che si ipotizza, per semplicità, essere omogenea.

L’evaporazione è calcolata come flusso di massa che passa dalla fase liquida a quella gassosa.

Intercettazione da parte della copertura vegetale

L’intercettazione della pioggia da parte della copertura vegetale gioca un ruolo molto importante in quanto incide sulla distribuzione spaziale e temporale della quantità di liquido che raggiunge il suolo./1/

Ciò vuol dire che non tutta la precipitazione raggiunge il suolo, ma parte di essa viene catturata da alberi, piante, e dall’erba.

(16)

L’intercettazione è quindi un processo in cui la precipitazione viene accumulata da foglie e rami e sulla loro superficie viene temporaneamente immagazzinata, per essere poi persa attraverso l’evaporazione o la sublimazione, o raggiungendo la superficie del suolo attraverso il gocciolamento (troughfall, T) e lo scorrimento sugli arbusti (stemflow, S), come mostrato in figura 2

Figura 2

La perdita di flusso per intercettazione è definita come la differenza tra la precipitazione totale (P) e la precipitazione netta (N), che a sua volta è data da S+T. /2/

La quantità di precipitazione che viene immagazzinata dalla copertura vegetale, dipende dalla forma, dalla densità della vegetazione, dalla texture della superficie che trattiene il fluido e, non ultimo, dall’intensità e dalla durata della precipitazione stessa.

(17)

Quando la superficie è satura, una ulteriore precipitazione fa cadere il liquido in eccesso al livello di copertura sottostante (alberi - sottobosco – erba) o eventualmente direttamente al suolo.

Fattori che controllano l’intercettazione

Tra i fattori che controllano l’intercettazione della precipitazione da parte della copertura vegetale vanno considerati i seguenti:

1. tempo, durata ed intensità della precipitazione. Durante un evento di pioggia, il rateo di intercettazione è maggiore all’inizio e scende rapidamente a zero. Ciò è dovuto alla reale superficie di immagazzinamento e alla tensione superficiale del liquido, che determina lo spessore della pozza che si forma sulle foglie. Superati questi valori, l’intercettazione è praticamente nulla.

2. tipo di copertura vegetale. a seconda della specie, della densità, del numero di livelli, del tipo di superficie, della stagionalità avremo fattori d’intercettazione differenti.

Ad esempio per le conifere l’intercettazione è di circa il 30-35 %, mentre per le foreste decidue l’ intercettazione è del 15-25 %. E ancora, la neve viene intercettata in quantità maggiore rispetto all’acqua. Ciò è dovuto a differenza nella densità e nella struttura delle foglie.

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Vegetazione Capacità di immagazzinamento (mm) caduta libera (proportion) Conifere: Pinus nigra 1.05 0.25 Picea abies 1.5 0.25 Picea sitchensis 1.7 0.05 Decidue: Carpenus betulus 1.0 0.35 Quercus robur 0.85 0.45 foresta tropicale 4.9 - Erba 1.3 -

Tabella 4 - tipici valori di intercettazione per diversi tipi vegetali (da Rutter et al., 1975; Shuttleworth, 1989; Zinke, 1967; Hall, 1985)

Un altro fattore da considerare per l’intercettazione è la frequenza di tipi vegetali e la distanza relativa tra loro. Studi sull’intercettazione hanno stabilito che la la zona d’ombra tra due alberi non influenza il processo di intercettazione ( Xiao et al., 2000). Per cui l’intercettazione totale di un suolo ricoperto da singoli alberi si calcola come somma del contributo di ogni albero.

Determinazione dell’intercettazione

Esistono diverse metodologie per la stima della quantità di precipitazione immagazzinata dalla copertura vegetale.

Ad esempio, un modello analitico per l’intercettazione delle precipitazioni (Xiao et al., 1989) permette di stabilire la quantità di pioggia intercettata e immagazzinata (c) in funzione del tempo

(19)

e

d

st

th

p

dt

dc

=

(2.1) dove p = precipitazione th = througfall st = stemflow

d = gocciolamento dalla copertura e= evaporazione

Il problema fondamentale per questo tipo di approccio è la determinabilità dei flussi che raggiungono il suolo; per la precipitazione di acqua, essi vengono determinati tramite misurazioni sul campo (misure di piovosità media annua, grado di imbibizione del terreno, etc.), ma nel caso di pioggia di olio, questi valori sono ignoti.

Quindi per i nostri scopi bisogna avvalersi di un indice che descriva la superficie di copertura vegetale; questa superficie frena il flusso d’olio fino a quando non si supera lo spessore massimo che la superficie può contenere. Per il calcolo della superficie vegetale si usa un indice molto conosciuto nel telerilevamento, il Leaf Area Index (LAI) o indice di ricopertura fogliare.

Il Leaf Area Index

La quantità di foglie contenute nella copertura fogliare delle piante è una delle caratteristiche ecologiche che indicano un effetto integrato di fattori quali condizioni climatiche, dinamica dei nutrienti, attività degli animali erbivori e molti altri fattori. Inoltre l'area di ricopertura della superficie vegetale serve come controllo dominante per la produzione primaria (fotosintesi), la

(20)

traspirazione, lo scambio di energia e altri attributi fisiologici che riguardano tutti i processi dei vari ecosistemi.

Grazie alle tecniche di indagine usate nel telerilevamento, il Leaf Area Index (LAI) permette una stima della biomassa , il grado di copertura della vegetazione e il suo stato di salute (concentrazione di clorofille, stato di idratazione)./3/

Queste informazioni trovano impiego nel monitoraggio dello stato della vegetazione e nel forcing, di modelli di varia natura: assorbimento di CO2 in previsione del protocollo di Kyoto, rischio d’incendio, stress della vegetazione, precision farming, ecc.

Le osservazioni remote, da terra, da aereo o da satellite, consentono di ricavare alcune variabili ecologiche che descrivono lo stato della vegetazione. Tali variabili contribuiscono a parametrizzare modelli distribuiti che includono la componente dinamica della vegetazione nella descrizione dei processi ambientali. La comprensione della dinamica della vegetazione è infatti necessaria negli ambiti della propagazione degli incendi e dei fenomeni erosivi, per il grado e l’estensione del deperimento forestale e colturale, per simulare e prevedere la crescita e la resa delle colture, e infine per comprensione del ciclo dell’acqua e del carbonio degli ecosistemi forestali a differenti scale di osservazioni./3/

In termini quantitativi, i parametri biofisici e biochimici della vegetazione si derivano dall’analisi delle diverse caratteristiche di assorbimento e riflessione della radiazione nei domini del visibile, infrarosso vicino, medio e termico. Impiegando diverse tecniche di estrazione, si possono indagare i parametri strutturali, le proprietà biofisiche e biochimiche della superficie investigata./4/ Tra i parametri ecologici più interessanti il LAI costituisce il più monitorato. Nelle indagini di telerilevamento della superficie terrestre il LAI viene usato come indice legato allo stato fisico vegetativo della vegetazione. In questo caso esso viene calcolato come rapporto tra diverse bande di energia riflessa ed emessa dalle foglie.

(21)

TI

GV

RV

NI

LAI

+

+

=

(2.2) dove:

NI: infrarosso vicino, RV: rosso visibile, GV: verde visibile, TI: infrarosso termico

Il leaf area index è anche una misura della quantità fogliare ed è definito come la quantità di area fogliare per unità di area di terreno in mq. (equazione 2.3). A causa del fatto che il LAI è una quantità adimensionale, esso può essere misurato, analizzato e modificato sia in range più ampi come regioni o continenti, che tra pianta e pianta.

Dipendendo dalla stagionalità della vegetazione, il LAI non è un parametro costante nel tempo, ma varia nell’arco dell’anno (figura 3)

(22)

Per i nostri scopi il LAI viene usato per determinare la superficie che intercetta la precipitazione, generando uno strato dal quale l’olio evapora. Quindi avremo: suolo fogliare

S

S

LAI

=

(2.3)

Da cui si ricava la superficie di evaporazione (che coincide con la superficie fogliare)

terreno

e

LAI

S

S

=

(2.4)

Alcuni valori di LAI mediati sulle quattro stagioni sono indicati nella tabella seguente /4/:

Tipi vegetali LAI min. LAI med. LAI max.

sempreverdi aghiformi 2.2 3.6 4.2 decidui 0.9 1.5 2.1 latifoglie sempreverdi 2.5 3.8 4.5 latifoglie decidui 1.9 2.6 3.5 erba 0.5 0.9 1.6 colture 0.3 0.7 1.1

(23)

Evaporazione

Per descrivere il rateo di evaporazione dell’olio intercettato dalle piante si utilizza la modellazione per l’evaporazione da pozza ./5/

I modelli per l’evaporazione da pozza necessitano di dati di input quali:

• area della pozza al suolo e, di conseguenza i valori di densità e di rilascio termico del suolo stesso

• condizioni ambientali, quali temperatura, velocità del vento, radiazione solare

• informazioni sulle caratteristiche chimico fisiche del liquido

• rateo di ricarica della pozza

A seconda delle proprietà del liquido e delle condizioni ambientali la velocità di evaporazione può variare. Ad esempio, maggiore è la superficie della pozza, maggiore è la velocità di evaporazione (Melhelm, 1993). La superficie si considera fissa se la pozza è confinata da bordi, altrimenti la superficie diventa funzione del tempo.

Quindi considerando la massa di liquido ( QL ) presente nella pozza, la sua

variazione nel tempo a seguito di evaporazione sarà funzione del flusso di vaporizzazione medio ( qv ) e delle dimensioni della superficie di pozza A(t)

)

(t

A

q

dt

dQ

v L

=

(2.5)

Il flusso di vaporizzazione medio dipende dal coefficiente di trasferimento di massa km e dalla concentrazione del liquido in atmosfera (ci ) che è

(24)

)

0

(

=

=

k

c

z

q

v m i (2.6) Con

)

(T

P

c

i

v° (2.7)

In sintesi, ciò vuol dire che i fattori cruciali che determinano il rateo di evaporazione sono:

• temperatura media della pozza, governata dal bilancio termico sulla superficie del liquido

• l’area della pozza

• il coefficiente di trasferimento della massa km

Il rilascio di calore è fondamentale per determinare il processo di evaporazione. Per una pozza che si forma su un suolo, ad esempio, il calore fornito dal suolo stesso è preponderante nella prima fase di evaporazione; successivamente prevale la fonte solare e quella atmosferica.

Il flusso di calore rilasciato dal suolo (Hs) può essere espresso dalla legge di

Fourier

dz

dT

H

s

=

λ

(2.8)

dove è la conduttività termica ( in J/(m s K)).

(25)

)

(

,

T

T

k

H

a

=

H a

a

(2.9)

dove kH,a è il coefficiente di trasferimento di calore all’atmosfera (in

J/(m2s K)) e si determina dal flusso turbolento allo strato limite.

Il trasferimento di massa per diffusione è il fattore limitante nel processo di evaporazione per liquidi che hanno punto di ebollizione vicino o superiore alla temperatura ambiente. Un ruolo importante lo gioca quindi il vento, che rimuove vapore dalla superficie della pozza, inducendo il trasferimento di massa; infatti, il liquido evapora per ristabilire la pressione parziale di superficie che è in equilibrio termodinamico con il liquido stesso.

Così, l’evaporazione dipende principalmente dalla velocità con cui il vapore può essere rimosso dal vento.

L’equazione che governa il trasferimento di massa da liquido a vapore è dato da:

)

0

(

=

=

k

c

z

q

v m i (2.10)

In cui il coefficiente di trasferimento di massa km viene determinato dalla

relazione empirica data da MacKay e Matsugu (Kawamura, 1987)

67 . 0 11 . 0 78 . 0 10 ,

(

2

)

=

u

r

Sc

k

m

α

w (2.11) con a v

D

Sc

=

µ

/

(2.12)

(26)

dove

= costante di MacKay e Matsugu = 0.004786 Da = coefficiente di diffusività del vapore in aria

r = raggio della pozza

uW,10 = velocità del vento a 10 metri d’altezza

Sc = numero di Schmidt

Figura

Figura 1 – Rappresentazione schematica delle fasi dell’evento di blow-out
Tabella 2: Frequenza di accadimento dell'evento blow-out
Tabella 3: Frequenza annua di decesso per eventi rari (primi 4 eventi) e molto comuni
Tabella 4 - tipici valori di intercettazione per diversi tipi vegetali (da Rutter et al., 1975;  Shuttleworth, 1989; Zinke, 1967; Hall, 1985)
+2

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