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Capitolo 4

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Academic year: 2021

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Arabidopsis thaliana, pianta modello per la gnomica funzionale

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Capitolo 4

Arabidopsis thaliana, pianta modello per la

genomica funzionale

I successi conseguiti dalla genomica vegetale sono possibili grazie all’impiego di piante modello come Arabidopsis thaliana. Questa piccola pianta alta pochi centimetri, con soli cinque cromosomi, rappresenta il sistema modello per migliaia di ricercatori in tutto il mondo, che sfruttano la semplicità con la quale è possibile ottenere mutanti, incroci e piante transgeniche. Arabidopsis thaliana è una piccola pianta erbacea che appartiene alla famiglia delle Brassicacee. È tipica delle regioni temperate dell’emisfero boreale e cresce spontanea su terreni incolti e aridi. Al genere Arabidopsis appartengono diverse specie, ma Arabidopsis thaliana – che fu classificata nel sedicesimo secolo in Germania sulle montagne di Harz da Johannes Thal, da cui deriva il nome della specie, è la più conosciuta e la più impiegata ai fini della ricerca. Il suo genoma è organizzato in cinque cromosomi e risulta piccolo se confrontato con quello delle maggiori specie di interesse agronomico quali riso, pomodoro, mais e frumento, i cui genomi sono rispettivamente tre, sette, venti e centoventi volte più grandi. Le regioni genomiche sequenziate contengono 25.498 geni. Le funzioni di circa il 69% dei geni sono state classificate in base a similarità di sequenza con proteine a funzione nota di altri organismi (solo il 9% è stato caratterizzato sperimentalmente). Il restante 30% dei predetti 25.498 prodotti genici,

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38 che comprendono sia proteine vegetali specifiche sia proteine con similarità a geni di altri organismi la cui funzione non è ancora nota, non è stato assegnato ad alcuna categoria funzionale. Contrariamente ad altri membri della stessa famiglia, come ravanello, cavolfiore, verza e rapa, Arabidopsis non riveste alcun interesse agronomico, ma rappresenta la pianta modello per eccellenza per gli studi di fisiologia e genetica vegetale. Si sviluppa e risponde a stress e malattie in maniera molto simile alla maggior parte delle piante coltivate. Ha un ciclo vitale, da seme a seme, molto breve. È piccola, pertanto adatta a crescere in spazi ristretti come quelli di un laboratorio, e una singola pianta è in grado di produrre fino a 10.000 semi. La rosetta ha dimensioni molto ridotte e per questo si presta bene a esperimenti genetici su ampia scala.

Allo stato attuale è possibile studiare in Arabidopsis fenomeni di carattere biochimico, biologico, evoluzionistico attraverso l’analisi dell’espressione e della funzione di uno o più geni. Le attuali tecniche di biologia molecolare permettono di analizzare un gene tramite il suo clonaggio ed espressione e di individuare il suo prodotto all’interno di tessuti, organi o a livello subcellulare creando fusioni con proteine fluorescenti o luminescenti. Tutto ciò nel tentativo di identificare la funzione del gene in esame, con lo scopo di chiarire e fornire una giustificabile interpretazione del fenotipo osservato in uno specifico individuo mutante.

Il settore della genomica funzionale ha lo scopo di individuare la funzione dei geni scoperti con il sequenziamento del genoma. In contrasto con il precedente approccio gene per gene, i metodi che si sono affermati negli ultimi anni si basano principalmente su analisi di espressione e sulla raccolta e identificazione di mutanti. L’approccio sperimentale è di conseguenza cambiato andando da una procedura guidata da un’ipotesi all’indiscriminata collezione di dati e creazione di banche dati dalle quali raccogliere le informazioni da elaborare successivamente con strumenti bioinformatici. La genomica funzionale è quindi passata da un approccio forward, vale a dire dalla scoperta di un mutante all’identificazione del gene mutato, ad un approccio reverse, cioè dal gene alla funzione genica o al mutante.

La genetica reverse ha lo scopo di determinare la funzione di un gene di sequenza nota, analizzando il fenotipo del mutante knock-out corrispondente. Il miglior mezzo per ottenere mutanti knock-out è quello di smembrare il gene d’interesse. Esistono molte strategie per causare rotture geniche o per semplificare l’identificazione di individui caratterizzati dalla presenza di rotture geniche. L’uso di

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39 trasposoni o la mutagenesi inserzionale via T-DNA sembrano essere i migliori metodi a supporto della genomica funzionale nelle piante (Azpiroz-Leenan e Feldman, 1997). Le piante caratterizzate da mutazione inserzionale possono essere individuate utilizzando la reazione a catena della polimerasi (PCR). Individuato il primer specifico per la sequenza genica di interesse, combinato con il primer specifico per la sequenza border del mutageno inserzionale, il T-DNA per esempio, si otterrà un amplificato solo in quelle linee contenenti la mutazione nel gene o nelle sue vicinanze.

Le tecniche di gene tagging sono attualmente sfruttate nella genetica reverse. Fra tali tecniche al servizio della genomica funzionale ricordiamo quelle che sfruttano il T-DNA tagging, o elementi trasponibili endogeni oppure elementi trasponibili ingegnerizzati.

La trasformazione attraverso T-DNA è un metodo comune per generare piante transgeniche. Il T-DNA è un segmento del plasmide Ti di Agrobacterium thumefaciens (Azpiroz-Leenan e Feldman, 1997). In piante dove l’efficienza di trasformazione è ragionevolmente alta, l’uso di T-DNA permette di realizzare in maniera veloce ampie collezioni di inserzioni indipendenti. Il vantaggio apportato dal T-DNA, a differenza dei classici agenti mutageni, è che le sequenze geniche fiancheggianti l’inserzione possono essere isolate facilmente. Ciò risulta importante nell’identificazione dei geni responsabili di una mutazione, soprattutto per il fatto che non tutti i fenotipi alterati presenti in una popolazione di mutanti inserzionali possono essere dovuti alla presenza del T-DNA e, viceversa, non tutte le inserzioni di T-DNA danno luogo ad un’alterazione fenotipica. E’ perciò cruciale poter determinare il collegamento presente fra fenotipo mutato ed elemento d’inserzione, anche se, pur appurando la presenza del collegamento, è sempre possibile che il fenotipo si sia alterato ad opera di una mutazione indipendente.

L’identificazione di mutanti knock-out costituisce il primo passo per descrivere la funzione di un gene. Dopo l’isolamento della linea mutante, piante omozigoti per la mutazione possono essere identificate, incrociate ed analizzate per accertare la presenza di una sola inserzione di T-DNA.

Una volta confermato il mutante, il passo successivo è quello di determinare le conseguenze della mutazione sulla crescita e sullo sviluppo in relazione al wild type. Tuttavia è stato confermato che molti mutanti knock-out non presentano un fenotipo apparente (Krysan et al., 1999). Questo problema è piuttosto marcato nei sistemi

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40 eucariotici a causa dell’esistenza di molti geni presenti in più copie, molto simili fra loro sia nelle loro regioni codificanti che a livello di regolazione e di regioni non codificanti. Una seconda classe di geni difficile da individuare tramite mutazione loss-of-function è quella importante per lo sviluppo della pianta e la cui perdita di funzionalità provocherebbe una mutazione letale. Geni di questo tipo possono essere studiati attraverso il sistema di activation tagging (Weigel et al., 2000) che genera mutazioni di tipo gain-of-function. Questo sistema, consentendo l’overespressione del gene target posto sotto il controllo di un promotore costitutivo, consente al prodotto genico d’interesse di essere espresso sempre nella pianta, a livelli talmente alti da rendere il problema della ridondanza del tutto marginale.

Il passo successivo è quello di procedere alla complementazione della mutazione. Questa procedura prevede di trasformare piante del mutante d’interesse con il corrispondente gene wild type. In questo modo è possibile confermare o scartare l’ipotesi per cui il gene mutato sia direttamente responsabile del fenotipo osservato. Infatti se si osserva un fenotipo simile a quello del wild type anche nelle piante trasformate è possibile confermare che l’alterazione sia legata all’inserzione di T-DNA.

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