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1.1 Il mastocitoma cutaneo canino 1. INTRODUZIONE

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1. INTRODUZIONE

1.1 Il mastocitoma cutaneo canino

Epidemiologia

Il mastocitoma cutaneo (MCT) è il più comune tumore mesenchimale della cute del cane e rappresenta il 16-21% di tutte le neoplasie cutanee che colpiscono questa specie. Essenzialmente tende a colpire animali adulti (età media 9 anni), anche se sono stati segnalati casi in soggetti di 3 settimane e di 19 anni (Thamm e Vail 2001; Bostock 1986; Rothwell et al 1987; Brodey 1970).Numerosi autori sono d’accordo nel confermare che non esiste una predisposizione di sesso, mentre è certa la predisposizione di razza nei confronti di Boxer, Bull terrier, Boston terrier, Labrador retrievers, Beagle e Schnauzer ( Bostock 1973; Thamm e Vail 2001; Patnaik 1984).

Comportamento biologico

I mastocitomi cutanei sono caratterizzati da un comportamento biologico estremamente variabile che comprende forme benigne, difficilmente distinguibili dalla mastocitosi, e forme maligne aggressive caratterizzate da invasività locale e potenziale metastatico elevato. Il comportamento biologico del MCT nel cane è correlato principalmente al grado istologico, ma giocano un ruolo importante anche lo stadio clinico, la localizzazione, il tasso di crescita, il trattamento concomitante e l’attività proliferativa (Thamm e Vail 2001; Bostock 1973; Murphy et al 2006; Cahalane et al 2004; Thamm et al 2006).

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Classificazione istologica

La classificazione istologica prevede il raggruppamento del MCT in tre categorie o gradi in base ai seguenti criteri istomorfologici: densità e morfologia cellulare, rapporto nucleo/citoplasma (N/C), quantità dei granuli intracitoplasmatici metacromatici, indice mitotico, invasività e reazione stromale (Bostock 1973; Patnaik et al 1984).

In base ai dati forniti da Bostock e Patnaik il MCT viene suddiviso nei seguenti gruppi:

Grado I: tumore ben differenziato, maturo.

Generalmente le lesioni sono limitate al derma e agli spazi interfollicolari. I mastociti (MCs) si organizzano a formare file o piccoli gruppi, separati da fibre collagene mature di provenienza dermica. Le cellule presenti sono rotonde, monomorfe e ben differenziate, con confini cellulari ben definiti e citoplasma abbondante con grossi granuli citoplasmatici fortemente basofili (colorazione E-E) ed in gran numero. I nuclei sono rotondi con cromatina addensata e il rapporto N/C è generalmente inferiore a 0,55. Le figure mitotiche sono rare. Può essere presente in minima parte edema e necrosi.

Grado II: tumore parzialmente differenziato.

Queste neoplasie possono presentarsi con densità cellulare da moderata a elevata, con cellule densamente stipate situate a livello del derma e del tessuto sottocutaneo. Alcuni tumori possono estendersi ai muscoli scheletrici o ai tessuti circostanti. Le cellule sono moderatamente pleomorfe e organizzate in gruppi con sottile stroma fibrovascolare. In alcune zone lo stroma può essere denso e fibrocollagenoso con aree di ialinizzazione. Le cellule neoplastiche sono sferiche o ovoidali con margini citoplasmatici indistinti, mentre le granulazioni contenute possono essere di taglia

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variabile (da fini a molto grosse). Il rapporto N/C è compreso tra 0,55 e 0,70. I nuclei appaiono con cromatina dispersa e nucleolo unico prominente. Occasionalmente si possono trovare cellule binucleate. Le figure mitotiche sono rare, da 0 a 2 per campo microscopico (40x). Sono presenti aree diffuse di necrosi ed edema.

Grado III: tumore scarsamente differenziato, anaplastico.

Queste neoplasie sono altamente cellulari. Il tessuto sottocutaneo e i piani profondi sono sostituiti dal tessuto neoplastico. Le cellule sono fortemente pleomorfe, di medie dimensioni, di forma rotonda o ovoidale, disposte in fogli strettamente compressi. Il citoplasma è indistinto, basofilo, con granuli citoplasmatici fini e poco numerosi. Lo stroma è di tipo fibrovascolare e fibrocollagenoso con aree di ialinizzazione. Il rapporto N/C è circa 0,70 o superiore. I nuclei sono di dimensioni e forma irregolare con uno o più nucleoli prominenti. Comune è il riscontro di cellule giganti, mentre è possibile trovare cellule multinucleate disperse. Le figure mitotiche sono numerose e se ne possono trovare da 3 a 6 per campo microscopico. Zone di edema, emorragia e necrosi sono abbondanti.

I parametri utilizzati da Patnaik per il grading del MCT canino sono riportati in Tabella 1.

La classificazione istologica del MCT risulta essere strettamente correlata con il tempo di sopravvivenza dei soggetti colpiti dalla neoplasia ed è da considerare altamente significativa. E’ stato osservato che il tasso di sopravvivenza per i cani con MCT di grado I è da 2 a 16 volte superiore ai cani con tumori di grado II e di grado III rispettivamente. Il tasso di sopravvivenza dei cani con tumore di grado II è a sua volta 5 volte superiore a quello dei cani con grado III (Patnaik et al 1984). I MCTs ben differenziati sono relativamente benigni e la loro escissione chirurgica, anche con margini incompleti o ridotti è spesso curativa, laddove cani con MCTs

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TABELLA 1

“Grading” dei mastocitomi cutanei canini (secondo Patnaik et al)

Grado I II III

Frequenza 35% 45% 20%

Invasività Derma Derma e tessuto

sottocutaneo Derma, tessuto sottocutaneo e piani profondi Densità e morfologia cellulare Paucicellulare Cellule rotonde, monomorfe e ben differenziate Cellule in ammassi Citoplasma con contorni netti Numerose granulazioni di taglia media Densità cellulare aumentata Cellule rotonde o ovoidali (pleomorfismo moderato) Cellule in gruppi Citoplasma a contorni netti Granulazioni di taglia variabile (da fini a molto grosse)

Cellularità abbondante Forte pleomorfismo Presenza di numerose cellule giganti Citoplasma a contorni poco netti Granulazioni fini e poco numerose

Mitosi Nessuna Rare (1-2 per

campo a forte ingrandimento)

Numerose (3-6 per campo)

Reazione stromale Debole (nessun

edema o necrosi) Stroma fibrosoZone diffuse di edema e necrosi Stroma fibroso Abbondanza di zone di edema e di necrosi Metastasi < 10% 30-40% 55-95% Sopravvivenza ad 1 anno 95% 60% 10% Sopravvivenza a 4 anni 93% 44% 6%

scarsamente differenziati hanno una prognosi infausta (Bostock 1973; Patnaik et al 1984; Murphy et al 2004).

Metastasi

Ogni MCT canino deve essere considerato come un tumore potenzialmente maligno e, anche se il potenziale metastatico non è prevedibile, sembra essere

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strettamente correlato con il grado istologico. I tumori ben differenziati che generalmente si presentano in forma di noduli dermici singoli a lenta crescita, posseggono un potenziale metastatico basso (inferiore al 10%) e una ridotta capacità di dare disseminazione sistemica. I tumori indifferenziati si presentano in forma di masse poco definite, di dimensioni maggiori e alcuni possono risultare circondati da noduli satelliti esito della disseminazione cutanea per via linfatica. Sono caratterizzati da un tasso di metastasi elevato che varia dal 55% al 96% (Bostock 1973). I tumori a differenziazione intermedia riempiono lo spettro tra i due estremi in quanto mostrano caratteristiche intermedie. Il loro potenziale metastatico è da basso a moderato.

La disseminazione metastatica avviene principalmente per via linfatica. Nella maggior parte dei tumori la sede di impianto primario delle metastasi è rappresentata dai linfonodi regionali (LR) che ricevono linfa dal settore dove la neoplasia si è sviluppata primitivamente. A seguito, l’infiltrazione metastatica può interessare milza, fegato e midollo osseo. Altri organi viscerali possono essere coinvolti, come il tratto gastrointestinale, il rene, mentre sono rare metastasi a livello polmonare (Thamm e Vail 2001).

Presentazione clinica

I mastocitomi cutanei si presentano solitamente sottoforma di noduli solitari, ma in alcuni soggetti, corrispondenti al 10-14%, si sviluppano metastasi cutanee ‘satelliti’ che possono apparire alla presentazione iniziale o come evento successivo (Mullin et al 2006; Seguin et al 2001). Il nodulo dermico isolato può misurare da qualche centimetro a più di 10 centimetri di diametro. La cute sovrastante il nodulo è alopecica, eritematosa, erosa o ulcerata. La manipolazione di questo può causare la

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degranulazione delle cellule tumorali e la comparsa di un grave eritema o di papule dermiche (segno di Darier). La forma multipla è caratterizzata da noduli multipli, ben delimitati, alopecici o meno, erosi o ulcerati e distribuiti generalmente su tutto il corpo. Talvolta sono molto pruriginosi (Thamm e Vail 2001; Guaguèr e Prélaud 2007). Appartengono a quest’ultimo gruppo i tumori che presentano noduli situati in un raggio superiore a 10 cm dal tumore iniziale. Mentre non vengono inclusi nella forma multipla i casi in cui un nodulo o più noduli si sviluppano all’interno di un raggio di 10 cm dal tumore iniziale, che potrebbero coincidere con la diffusione locale della malattia ovvero con le metastasi cutanee satelliti (Thamm e Vail 2001).

Nel cane il MCT insorge più frequentemente in sede dermica e dai tessuti sottocutanei, spesso a livello del tronco (50-60% dei casi). Gli arti sono colpiti in circa un quarto dei casi, mentre sono meno comuni le lesioni a carico della cute della testa e del collo. Sono state riportate di rado localizzazioni in altre sedi quali congiuntiva, ghiandole salivari, rinofaringe, laringe, cavità orale, tratto gastrointestinale, utero e colonna vertebrale (Thamm e Vail 2001). Numerosi investigatori ritengono che anche la localizzazione del tumore rappresenti un fattore prognostico rilevante per predire l’evoluzione della neoplasia. È stato documentato che i MCTs situati a livello inguinale, perineale, subungueale, prepuziale e alle altre giunzioni mucocutanee (gengive e perineo) siano associati ad una maggiore aggressività e che gli animali colpiti manifestino un tempo di sopravvivenza minore rispetto ai soggetti con noduli che crescono in altre zone (Thamm, Turek e Vail 2006; Thamm e Vail 2001). In proposito è stato condotto uno studio su 124 cani nel quale è stato stabilito che la mediana dell’intervallo libero da malattia dei pazienti con MCT a livello inguinale e a livello perineale è 9,6 mesi, nettamente inferiore rispetto a quella ottenuta da MCT situati in altre sedi che risulta essere 33,9 mesi

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(Sfiligoi et al 2005). Secondo gli autori, ciò riflette la prognosi più grave associata ai tumori che si trovano localizzati in queste sedi, che devono essere considerati ad alto rischio di recidive o metastasi (Thamm e Vail 2001; Cahalane et al 2004). Questo fattore influenza sicuramente le raccomandazioni terapeutiche del medico e i proprietari dei cani sono quindi indirizzati a decidere di optare per una terapia chirurgica associata o meno ad un trattamento aggressivo, quale radioterapia o chemioterapia o entrambi, in relazione alla localizzazione della neoplasia. In contrasto con quanto prima affermato però, è stato dimostrato recentemente che cani con MCTs in sede inguinale o perineale trattati con un’appropriata terapia hanno tempi di sopravvivenza paragonabili a cani con MCTs situati in altre regioni (Catalane et al 2004).

I mastociti presenti a livello cutaneo rappresentano elementi cellulari intimamente coinvolti nel controllo locale del tono vascolare e veicolano nel loro citoplasma una estesa gamma di molecole biologicamente attive tra cui l’eparina, l’istamina, i leucotrieni e molte citochine (Couto e Nelson 2002). In corso di mastocitoma si possono verificare complicazioni dovute alla liberazione di queste molecole, contenute all’interno di granuli citoplasmatici, che possono essere responsabili della comparsa di edemi, eritemi ed ecchimosi nella regione interessata. L’ulcerazione gastrointestinale è un evento comune che può complicarsi ed esitare in perforazione. L’istamina liberata dai granuli agisce sulle cellule parietali attraverso il recettore H2 con un conseguente aumento della secrezione di acido cloridrico. Per questa ragione le concentrazioni plasmatiche di istamina sono aumentate nei cani con MCT, ed è stato dimostrato che il monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche di istamina può essere utile per il monitoraggio della progressione della malattia (Ishiguro et al 2003). L’aumento della concentrazione di acido cloridrico combinato con danni

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vascolari è probabilmente la causa dell’ulcera gastrica. La degranulazione conseguente alla manipolazione durante l’intervento chirurgico e la contemporanea liberazione di istamina e delle altre amine vasoattive, possono tradursi in un potenziale rischio di vita provocando ipotensione durante l’intervento chirurgico ed una lenta cicatrizzazione della ferita operatoria (Thamm e Vail 2001; Nelson e Couto 2002).

Mastocitosi sistemica

Oltre alla forma cutanea del mastocitoma esiste una forma viscerale definita come disseminazione o mastocitosi sistemica (MS), quasi sempre preceduta da una lesione cutanea primaria indifferenziata (O’Keefe et al 1987). Infatti in questi casi l’anamnesi rivela la storia di un precedente mastocitoma a carico della cute asportato chirurgicamente. La MS è descritta come una proliferazione anormale di mastociti che si infiltrano a livello del midollo osseo, della milza, del fegato o dei linfonodi con o senza coinvolgimento cutaneo. Questo disordine produce un ampio spettro di presentazioni cliniche con diverse implicazioni prognostiche (Sanz et al 2001). Il mastocitoma può dunque assumere dimensione sistemica manifestando un comportamento analogo a quello delle neoplasie maligne del sistema emopoietico (un linfoma o una leucemia). La maggior parte dei soggetti affetti da MS presenta letargia, anoressia, vomito e perdita di peso per la distribuzione delle cellule neoplastiche lungo il tratto gastrointestinale, cui si associano riscontri clinici quali linfoadenopatia, splenomegalia, epatomegalia, pallore delle mucose apparenti e talvolta presenza di masse neoformate macroscopicamente apprezzabili a carico della cute. In questi pazienti l’esame completo del sangue può mettere in evidenza condizioni di linfopenia (anormalità più frequentemente riscontrata), eosinofilia (a

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volte anche marcata), basofilia, neutrofilia e mastocitemia (Nelson e Couto 2002; Thamm e Vail 2001; O’Keefe et al 1987). Inoltre, mastociti neoplastici possono essere osservati nel midollo osseo e nel sangue periferico in caso di disseminazione sistemica, e occasionalmente a livello della pleura e del peritoneo. Il coinvolgimento del midollo osseo si presenta in circa la metà dei casi di tumori viscerali di tipo anaplastico (Thamm e Vail 2001).

Classificazione clinica

La classificazione clinica è un altro fattore prognostico fondamentale da tenere in considerazione al momento di istituire una terapia e prevedere i successivi risultati. La stadiazione del mastocitoma canino e' stata delineata dal WHO (Owen 1980) utilizzando il sistema TNM di classificazione dei tumori degli animali domestici. Questo sistema è basato sulla valutazione dei seguenti parametri: estensione del tumore primitivo (T), condizione dei linfonodi regionali (N), assenza/presenza di metastasi a distanza (M). L’aggiunta di numeri a questi componenti indica l’entità della malattia maligna. T1, T2, T3 e T4 indicano il grado di estensione in ordine crescente del tumore primitivo. In particolare per le neoplasie della cute viene identificato con T1, T2 e T3 una minore estensione e con T4 una maggiore estensione. N0, N1, N2, N3 indicano le caratteristiche dei LR (linfonodi regionali) che possono essere valutate attraverso la palpazione, la linfoangiografia o altre procedure diagnostiche. Con N0 vengono identificati i LR che non sono palpabili o che appaiono normali all’esame attraverso le altre procedure diagnostiche; con N1 e N2 vengono individuati i LR mobili, ipsilaterali nel primo caso e controlaterali o bilaterali nel secondo caso; mentre invece N3 viene assegnato ai LR che risultano fissi. Inoltre può essere aggiunta a qualsiasi categoria N l’indicazione NX- o NX+

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che individua l’assenza o la presenza del coinvolgimento metastatico. Infine, con la dicitura M0 e M1 vengono identificati rispettivamente l’assenza all’esame clinico di metastasi a distanza e la presenza di metastasi a distanza. In riferimento al mastocitoma, la classificazione WHO definisce 4 stadi sulla base dei suddetti parametri, prendendo anche in considerazione le dimensioni e il numero di noduli. In particolare definisce che l’entità del tumore deve essere valutata per mezzo dell’esame clinico del paziente che dovrebbe sempre includere l’attenta palpazione della zona interessata dalla lesione e dei linfonodi regionali, la palpazione dell’addome, l’esame radiografico, ecografico e l’esame emocromo citometrico completo. Il tumore primitivo è valutato secondo le dimensioni, le infiltrazioni nel sottocute e il coinvolgimento di altre strutture come fascia, muscoli, osso o cartilagine. Nel caso di tumori multipli simultanei la classificazione prevede l’identificazione del tumore con la più alta categoria T ed il numero di tumori indicato tra parentesi, es. T2(5). La comparsa successiva di nuovi noduli dovrebbe essere classificata indipendentemente.

Per ciascuna categoria il mastocitoma è distinto in due sottogruppi ‘a’ e ‘b’, in quanto può presentarsi accompagnato o non da segni sistemici che comprendono ulcere gastriche e duodenali, peritonite, difetti della coagulazione e glomerulonefrite.

La stadiazione clinica del mastocitoma risulta di conseguenza così distinta:

Stadio I: singolo tumore confinato nel derma senza interessamento del linfonodo

regionale (Ia – senza sintomi sistemici; Ib – con sintomi sistemici)

Stadio II: singolo tumore confinato nel derma, con interessamento dei linfonodi

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Stadio III: tumori dermici multipli o grossi tumori infiltranti, con o senza

interessamento del linfonodo regionale (IIIa – senza sintomi sistemici; IIIb – con sintomi sistemici)

Stadio IV: qualsiasi tumore con metastasi a distanza o recidiva con metastasi

(incluso interessamento del sangue periferico e del midollo osseo) (Owen 1980) Nel sistema di stadiazione WHO i tumori multipli sono classificati come Stadio III secondo la stima del volume del tumore primitivo di maggiori dimensioni e il numero totale di tumori individuati. Nonostante la sua diffusa citazione in letteratura, l’inclusione della forma multipla nello stadio III non è del tutto chiaro e ha creato opinioni controverse. Infatti secondo lo schema WHO, a un cane con tumori multipli può non essere associato il coinvolgimento linfonodale, indice di prima diffusione metastatica, rendendo la prognosi più favorevole rispetto allo stadio II. Considerando il fatto che in caso di tumori multipli questi sviluppano dopo un certo periodo di tempo, la classificazione del tumore sembra essere inopportuna perché dipende da quando il paziente viene esaminato per la stadiazione. Inoltre, poiché nella classificazione WHO lo stadio III della malattia comprende anche cani con grandi tumori infiltranti senza però definire esattamente i termini ‘grandi’ e ‘infiltranti’, alla fine solo i tumori multipli erano classificati come stadio III. Ma non solo, recentemente in uno studio condotto su una grande popolazione di cani con MCT è emerso che non esiste alcuna differenza significativa tra tempo di sopravvivenza di cani che presentano tumori singoli e cani che presentano tumori multipli alla prima presentazione. Ciò sta a significare che i pazienti recanti tumori multipli non sono soggetti a prognosi infausta in quanto tali (Murphy et al 2006).

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TABELLA 2

Sistema di stadiazione clinica WHO del mastocitoma cutaneo (Owen 1980)

Stadio

Descrizione

Stadio I Tumore unico confinato nel derma, senza interessamento

dei linfonodi regionali. Ia: senza sintomi sistemici Ib: con sintomi sistemici

Stadio II Tumore unico confinato nel derma, con interessamento

dei linfonodi regionali. IIa: senza sintomi sistemici IIb: con sintomi sistemici

Stadio III Tumori dermici multipli o grosso tumore infiltrante, con

o senza interessamento dei linfonodi regionali. IIIa: senza sintomi sistemici

IIIb: con sintomi sistemici

Stadio IV Qualsiasi tumore con metastasi a distanza o recidiva con

metastasi (incluso l’interessamento del sangue periferico e del midollo osseo).

Importanza del LN per la stadiazione e la prognosi

La ricerca dei MCs nel linfonodo regionale, definito come il primo linfonodo regionale drenante della zona interessata e che coincide con il primo sito di metastasi, rappresenta una parte importante della stadiazione clinica del MCT canino. Considerando il fatto che le varie opzioni di trattamento possono variare in funzione dell'estensione del tumore, é necessario stabilire pre-operatoriamente una precisa diagnosi di metastasi linfonodale.

È ormai condivisa la convinzione che i cani con metastasi a carico del LN sono soggetti ad una prognosi infausta rispetto ai cani i cui LNs risultano negativi. Questa affermazione è supportata da diversi studi nei quali il coinvolgimento del LN è stato associato al tempo di sopravvivenza dell’animale (Murphy et al 2006; Douglas et al 1999; Cahalane et al 2004). Tali studi hanno messo in evidenza l’esistenza di una

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differenza significativa, in termini di sopravvivenza, tra cani con MCT di stadio II o IV (con evidenti metastasi al LN) e cani con MCT di stadio I o III (senza metastasi evidenti). Difatti i primi mostrano un tempo di sopravvivenza molto più breve rispetto ai secondi (Murphy et al 2006).

Nonostante l’importanza che assume in questo contesto la valutazione del LN, sono disponibili solo scarsi dati in letteratura scientifica per stabilire quando considerare un linfonodo regionale come metastatico (Langenbach et al 1992; Cahalane et al 2004; Thamm et al 2006). Per questa ragione spesso è accaduto che la diagnosi di metastasi è stata stabilita solo all’ispezione post-mortem. Bostock (1973) riportava in uno studio supportato dall’esame necroscopico che i cani con tumori ben differenziati, con differenziazione intermedia e scarsamente differenziati mostravano metastasi linfonodali rispettivamente nel 7%, nel 20% e nel 82% dei casi. Mentre Frimberger (1997) e Seguin (2001) in un altro studio effettuato su animali in vita con tumore di grado II, riportavano che le metastasi viscerali erano state rilevate solo nel 2-3% dei casi.

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1.2 Metodi di valutazione dei LR

I metodi attualmente disponibili per la valutazione dei linfonodi regionali al fine di evidenziare la presenza di metastasi, includono l'esame fisico, l’esame istologico e l’esame citologico effettuati rispettivamente attraverso la palpazione, la biopsia tumorale e l’aspirazione con ago sottile.

L’esame fisico

L’esame fisico prevede l’attenta palpazione di tutti i LN esplorabili, con particolare attenzione ai LN drenanti la regione in cui si trova localizzato il tumore primario. Da questa tipo di procedura si ottiene un risultato soggettivo nel quale il LN palpato può apparire normale, senza alcuna modificazione apprezzabile, o anormale, ossia lievemente ingrossato, moderatamente ingrossato o molto ingrossato. Questa condizione di aumentato volume può essere provocata in conseguenza di qualsiasi risposta antigenica locale o generale, tra le cui cause possiamo includere l’infezione, l’infiammazione o la neoplasia. In risposta alla stimolazione antigenica può aumentare il numero di elementi cellulari quali macrofagi, neutrofili, eosinofili e mastociti rendendo più complicato il riconoscimento della malattia micrometastatica nel LN (Raskin 2001). Quindi una palpazione completa dei linfonodi può rilevare un aumento di volume dovuto alla presenza di infiammazione o reattività linfonodale senza che il LN contenga alcuna cellula tumorale. Al contrario, LN che risultano normali alla palpazione possono contenere cellule tumorali (Langenbach et al 2001).

Uno studio condotto sulla sensibilità e la specificità dei metodi di valutazione dei LR metastatici nei pazienti affetti da tumore dimostra che il solo esame fisico dà un risultato impreciso e inaffidabile. Secondo Langenbach (2001), quando il LN palpato

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viene valutato solo lievemente ingrossato e considerato come un LN normale, senza evidenza di metastasi, la sensibilità dell’esame fisico assume un valore del 60% e la specificità del 72%. Quando invece il LN lievemente ingrossato viene raggruppato insieme ai LNs moderatamente e molto ingrossati, come prova evidente di metastasi, la sensibilità sale fino al 93% ma la specificità decresce fino ad un valore del 14%.

L’esame istologico

L’esecuzione della biopsia ha un duplice scopo: ottenere il materiale per l’allestimento dei preparati istologici e rimuovere interamente un potenziale sito di lesione. Il tessuto prelevato viene fissato in formalina e inviato al laboratorio di anatomia patologica dove viene processato. La processazione avviene seguendo procedure codificate: il tessuto fissato in formalina viene incluso in paraffina, quindi tagliato in fette sottili tramite microtomo, montato su vetrino portaoggetti e infine colorato. Le metastasi possono essere individuate su preparati colorati con ematossilina-eosina (E-E), blue di Toluidina o mediante l’utilizzo di analisi immunoistochimica impiegando anticorpi specifici (Kell et al 2000).

La biopsia rappresenta una tecnica impegnativa e potenzialmente dannosa che prevede l’asportazione chirurgica del LN mediante l’utilizzo dell’anestesia locale o di una pesante sedazione o, nei casi più gravi, dell’anestesia generale dipendendo dalla grandezza e dalla posizione del linfonodo interessato (Langenbach et al 2001). Inoltre facendo riferimento ai risultati dello studio di Langenbach (2001), gli svantaggi derivanti dall’utilizzo di questa indagine sono ulteriormente sottolineati dal fatto che la specificità associata a questo tipo di tecnica è del 96% e quindi piuttosto alta, ma la sensibilità è nettamente inferiore e corrispondente al 64%.

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La colorazione E-E è sufficiente per individuare le metastasi linfonodali quando gli aggregati di cellule neoplastiche sono ampi. Tuttavia i piccoli focolai metastatici possono non essere individuati e questo è spesso dovuto al sezionamento non multiseriato del LN (Kell et al 2000). Isozaki ed altri (1997) raccomandano che il LN sia sezionato almeno 3 volte al fine di aumentare la possibilità di rilevare la presenza di micrometastasi. L’evidenza istopatologica della diffusione metastatica del MCT al LR è definita dalla presenza di mastociti atipici o gruppi di mastociti a livello dei seni subcapsulari o midollari del LR, o di mastociti che invadono il parenchima alternando la normale architettura del LN (Langenbach et al 2001).

Molti studi (Maehara et al 1996; Cutait et al 1991; Greenson et al 1994) hanno dimostrato che l’analisi immunoistochimica rappresenta una tecnica valida per individuare le micrometastasi manifestando una sensibilità di gran lunga superiore a quella della sola colorazione con E-E. Utilizzando specifichi anticorpi anti-paucitocheratine è possibile riconoscere cellule epiteliali all’interno del LN (Kell et al 2000). L’utilizzo della biologia molecolare nell’identificazione delle micrometastasi ai LN è giustificato dal fatto che le cellule tumorali possono produrre proteine specifiche che le differenziano da quelle normali. L’espressione di specifici geni che codificano per queste proteine può essere rilevata e amplificata dalla RT-PCR. Questo metodo altamente sensibile è però limitato dall’alto tasso di falsi positivi dal momento che le contaminazioni dei LN da parte di DNA proveniente da cellule tumorali non vitali possono portare ad una inadeguata etichettatura di micrometastasi (Kell et al 2000).

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L’esame citologico

La raccolta delle cellule per la valutazione citologica viene effettuata attraverso la tecnica di biopsia mediante ago sottile, per aspirazione o per agoinfissione. Per l’ottenimento del materiale può essere utilizzato un ago da 23 gauge solo o connesso ad una siringa da 6 o 12 ml. L’ago viene infisso all’interno del LN e spostato avanti e indietro seguendo diverse direzioni tangenziali evitando il centro diretto ma in modo da raccogliere il tessuto da ciascuna angolazione dell’organo. In questa maniera è possibile ottenere un campione il più rappresentativo possibile del LN. Il materiale ottenuto viene delicatamente strisciato con un secondo vetrino, fissato all’aria e successivamente colorato (Wright-Giemsa, Diff Quick, Blue di Toluidina, ecc…). La dimensione del LN preso in esame è un fattore importante da prendere in considerazione. LN molto ingrossati possono dare informazioni forvianti in quanto frequentemente contengono tessuto necrotico o emorragico; sono pertanto più rappresentativi i LN solo leggermente ingrossati. Comunque è auspicabile effettuare più campionamenti (Raskin 2001). La raccolta del materiale può essere ripetuta senza insorgenza di complicazioni in quanto tale procedura risulta essere poco invasiva e può essere eseguita senza sedazione nella maggior parte degli animali (Langenbach et al 2001). È quindi una tecnica di ordine pratico, rapida, efficiente e poco costosa che non necessita di attrezzature specifiche per la sua esecuzione (Eich et al 2000; Larkin 1994). Inoltre secondo i dati forniti da Langenbach é provvista di una sensibilità del 100% e una specificità del 96%, valori nettamente superiori rispetto a quelli delle altre procedure di valutazione del LR sopra citate.

Emerge in definitiva che l'agoaspirato con ago sottile costituisce un metodo di screening affidabile per identificare le metastasi nei LR di qualsiasi tipo di tumore.

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Tuttavia, nel caso specifico del MCT, vi è una scarsità di dati in letteratura per stabilire in maniera obiettiva i criteri attraverso i quali considerare un LN come micrometastatico. Soprattutto in caso di identificazione di uno scarso numero di MCs nel LN diventa particolarmente impegnativo determinare se queste cellule rappresentano una malattia micrometastatica o siano presenti per una condizione non patologica come la reattività. Anche le linee guida fornite dalla stadiazione WHO suggeriscono la necessità di esaminare campioni citologici al fine di valutare la presenza o l’assenza di mastociti, ma senza dare informazioni riguardo la quantità. Osservando fedelmente il protocollo di stadiazione esiste la possibilità di effettuare una erronea assegnazione di stadio avanzato di malattia in quei cani i cui aspirati linfonodali evidenziano la presenza occasionale di MCs (Bookbinder et al 1992). Occorre infatti considerare che può essere normale riscontrare occasionalmente singoli MC sparsi all’interno dei LN e della milza (Langenbach et al 2001). Al riguardo è stato condotto uno studio da Bookbinder et al (1992) su una popolazione di 56 cani ritenuti privi di malattie sistemiche sulla base degli esami fisici e delle successive necroscopie, comprese le malattie infiammatorie o neoplastiche della cute. Per ciascun caso è stato quantificato il numero di MCs presenti nel LN popliteo attraverso la valutazione citologica. È risultato che il 24% dei soggetti esaminati presentava MCs nell’aspirato in numero variabile da 1 a 16 per campione citologico, con una media di 5 MCs per campo. È quindi probabile riscontrare MCs all’interno dei LN di cani clinicamente sani. Inoltre questa percentuale può incrementare leggermente nel corso di una reazione flogistica (Raskin 2001; Thamm e Vail 2007; Bookbinder et al 1992), ma in tal caso il quadro citologico dovrebbe presentare altri segni di reattività ed iperplasia linfonodale come l’incremento di altri elementi cellulari quali macrofagi, eosinofili o neutrofili (Raskin 2001).

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Diversi autori hanno riportato evidenze di metastasi in campioni citologici ottenuti da linfonodi di cani con MCT. Nei loro lavori il campione citologico è stato considerato positivo quando erano presenti le seguenti condizioni: presenza di MCs atipici in quantità moderate o abbondanti; presenza di aggregati mastocitari, nel contesto della popolazione linfocitaria, costituiti da 3 o più cellule; comparsa di moltissimi MCs maturi senza concomitante evidenza di infiammazione o iperplasia linfoide (Langerbach et al 2001; Rogers 2005); individuazione di un incremento di MCs in più di due campi consecutivi ad alto ingrandimento (Cahalane et al 2004); oppure presenza di MCs in formazioni nodulari o laminari, ma non riscontro occasionale di elementi sparsi (Thamm et al 2006). Altri ancora hanno considerato rilevante valutare la concordanza tra il grado di differenziazione dei mastociti della massa primaria e quelli ritrovati nel linfonodo: se la neoplasia è costituita da cellule poco differenziate è improbabile che eventuali mastociti linfonodali ben differenziati siano indicativi di un interessamento metastatico dell’organo (Rogers 1996).

Da tutti questi studi è emerso che la valutazione del coinvolgimento metastatico dei LN è una valutazione soggettiva dettata dall’esperienza del singolo esaminatore (patologo clinico). È chiaro che soprattutto quando sono affrontati casi limite, tale analisi è inconsistente e non riproducibile.

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1.3 La morfometria nucleare

La visualizzazione e lo studio del campione istologico e citologico è comunemente impiegata per la diagnosi e la prognosi di cancro sia in oncologia umana che animale. Per molti anni il grado di differenziazione delle cellule tumorali è stato l’unico metodo per determinare la presenza di lesioni maligne e il rischio di progressione della neoplasia (Baak 1983). Tale approccio però è il frutto di una valutazione soggettiva del patologo clinico e per questo motivo manca di obiettività e riproducibilità (Hamilton e Allen 1995). L’analisi morfometrica computerizzata è stata sviluppata per standardizzare i metodi diagnostici quantitativi rendendoli pertanto oggettivi. Nel campo dell’oncologia la tecnica morfometrica viene prevalentemente utilizzata per definire la prognosi in diversi tumori, permettendo una valutazione oggettiva di alcuni parametri quali il grado di differenziazione cellulare, l’invasività del tumore e la progressione neoplastica (Bacus et al 1999). Alcuni ricercatori hanno infatti utilizzato questo metodo per valutare la progressione neoplastica ed hanno proposto indici quantitativi di progressione (Swank et al 1983; Mariuzzi et al 1996; Weid et al 1985). In molte lesione neoplastiche intraepiteliali per esempio a carico della cute (Newton et al 1986), della laringe (Crissman e Fu 1986), dell'esofago (Reid et al 1987), il grado di variazione morfologica delle cellule neoplastiche e dei loro nuclei, valutato attraverso l'esame istologico o citologico, è stato utilizzato per stimare il rischio di progressione a malattia metastatica. Secondo gli autori la progressione della neoplasia intraepiteliale si manifesta dall'incremento della dimensione della lesione e in maggior grado dall'aberrazione morfologica citonucleare.

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I parametri quantitativi che possono essere ricavati applicando la morfometria ai preparati istologici o citologici sono molteplici. In special modo quelli derivanti da dimensione e forma del nucleo si sono rivelati di particolare ausilio nel poter emettere delle valutazioni prognostiche, sia nell'uomo che negli animali e in diverse neoplasie. Tra questi devono essere considerati: area nucleare media (MNA); perimetro nucleare medio (MNP); deviazione standard di MNA (SDA); deviazione standard di MNP (SDP); coefficiente di variazione dell’area nucleare (NACV), rappresentante la variazione nelle dimensioni di un singolo caso ed espresso dal rapporto tra SDA e MNA; fattore di forma nucleare medio (FF), stima della regolarità del contorno della cellula calcolato attraverso la formula perimetro2 / 4 π

area; rapporto tra lunghezza maggiore e lunghezza minore del diametro del nucleo (rapporto LS); media del diametro nucleare minimo (MDm).

MNA e FF hanno dimostrato essere i principali fattori prognostici utili. L’irregolarità della forma nucleare valutata morfometricamente ha fornito un elemento supplementare per la corretta classificazione in gradi di diverse neoplasie (Ikegushi et al 1999; Nakamura et al 2000; Sekine et al 2003; Wolberg et al 1999).

Utilizzo della morfometria in medicina umana

In medicina umana, l’importanza dell’analisi morfometrica è segnalata nello studio di vari tumori in quanto rappresenta un indicatore prognostico e predittivo utile ad individuare metastasi a carico dei linfonodi.

In particolare la morfometria è stata utilizzata per la classificazione delle metastasi nei linfonodi sentinella (LS) dei pazienti con melanoma maligno, al fine di raggiungere precisi criteri per la corretta diagnosi e stadiazione del tumore. Alla

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classificazione T della neoplasia primaria è stata infatti affiancata una seconda classificazione S basata sulla relazione di 2 parametri: n, numero di sezioni del LS con inequivocabile presenza di cellule tumorali e d, massima distanza delle cellule tumorali dal margine interno della rispettiva capsula del LN misurata mediante indagine morfometrica. Sulla base della combinazione tra S e T il rischio di metastasi a distanza è risultato essere più prevedibile (Starz et al 2001).

Nell’adenocarcinoma colorettale l’area nucleare delle cellule tumorali è stata riconosciuta come uno dei più importanti indicatori del potenziale metastatico nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico curativo. È stato riscontrato che l’MNA delle cellule neoplastiche è significativamente maggiore nei pazienti con tumori caratterizzati da invasione linfatica, invasione venosa, metastasi linfonodale, peritoneale e epatica, rispetto alla MNA di cellule neoplastiche appartenenti a pazienti risultati negativi a tali disseminazioni. Questi risultati indicano che le cellule tumorali con un grande valore di area nucleare hanno un potenziale di invasione dei vasi della parete del colon e quindi di sviluppare metastasi ematogene (Ikeguchi et al 1999). Hamilton et al (1992) riportano che anche i pazienti con carcinoma gastrico precoce complicato da invasione linfatica mostrano una MNA delle cellule tumorali più grande rispetto a quella delle cellule tumorali di pazienti senza invasione linfatica, anche se non ci sono differenze significative nei confronti dell’area media e della lunghezza massima media tra le cellule provenienti dal LN metastatico e quelle provenienti dal LN non-metastatico (Ikeguchi et al 1999; Nakamura et al 2000).

In un altro studio, l’analisi morfometrica è stata condotta pre-operatoriamente per prevedere metastasi al LN nel carcinoma a cellule squamose della lingua. Utilizzando tale sistema computerizzato di immagini sono state misurate le diverse caratteristiche nucleari valutando retrospettivamente la relazione tra queste e il

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coinvolgimento del linfonodo. La MNA ed la MNP sono risultati significativamente maggiori nei casi con metastasi al LN rispetto ai casi con LN-negativo, così come anche gli altri parametri quali l’FF e il rapporto LS, sebbene in misura minore. Gli autori di questo studio suggeriscono in conclusione che i nuclei delle cellule maligne crescono maggiormente e la loro forma tende a diventare ellittica. La NACV è un indice di anisonucleosi ed è un parametro comunemente usato per prevedere la diffusione metastatico nella tiroide e nel tumore al seno (Sekine et al 2003).

Secondo Wolberg et al (1999), i valori risultanti dalla misurazione delle caratteristiche morfologiche nucleari delle cellule provenienti da aspirati con ago sottile di cancro al seno, sono stati più predettivi nel determinare il tempo di sopravvivenza globale e quello libero da malattia che non la grandezza del tumore o il numero di LNs ascellari colpiti da metastasi, rappresentanti da sempre i principali indicatori prognostici. Inoltre la MNP è stato significativamente maggiore nei pazienti con LN-positivo rispetto a quelli con LN-negativo.

Utilizzo della morfometria in medicina veterinaria

In medicina veterinaria, la morfometria è stata più raramente applicata per indagini su malattie di tipo oncologico. Tuttavia negli ultimi anni si è assistito ad un progresso rapido e marcato nella patologia clinica veterinaria nell’utilizzo di tale metodica, che è stato attribuito allo sviluppo di software specializzati nell’analisi delle immagini computerizzate (Roels et al 1998; Wolfe et al 2004).

- Applicazione nello studio di vari tumori

Una delle neoplasie sicuramente più studiate da un punto di vista morfometrico è stata il tumore mammario del cane. Diversi autori (Simeonov e Simeonova 2006; Ciurea et al 1992; De Vico et al 2007) hanno rivolto la loro attenzione alla

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valutazione delle caratteristiche morfometriche delle cellule epiteliali della ghiandola mammaria. Il primo studio (Ciurea et al 1992) ha avuto come oggetto la ricerca di un criterio quantitativo oggettivo per la corretta diagnosi di adenoma e adenocarcinoma del cane. L’analisi morfometria è stata condotta utilizzando due procedure distinte con le quali è stato possibile calcolare i profili nucleari (MNA, MNP e FF) e l’affollamento cellulare, contando il numero di nuclei per unità di lunghezza della membrana basale. Tutti questi valori sono risultati gradualmente aumentati progredendo dal tessuto normale verso quello con il più alto grado di malignità. Simeonov e Simeonova (2006) hanno invece impiegato la morfometria per differenziare pre-operativamente i tumori mammari benigni da quelli maligni. I parametri nucleari di cellule epiteliali normali, epiteliali tumorali benigne e maligne sono stati valutati in preparati citologici allestiti da materiale rappresentativo. Gli autori hanno utilizzato campioni citologici piuttosto che campioni provenienti da biopsie in quanto ritengono che il preparato istologico risulta essere più difficoltoso da valutare poiché i confini cellulari sono spesso coperti, mentre nel preparato citologico le cellule si trovano più sparse e i margini sono spesso meglio distinguibili. È opinione degli autori che ciò sia attribuibile al metodo di fissazione del campione che prevede l’essiccazione all’aria. Alcuni fissativi utilizzati in istologia incidono sulla forma cellulare e possono influenzare il risultato della morfometria; invece il materiale citologico può essere fissato immediatamente dopo l’ottenimento. Dai risultati ottenuti è emerso che i valori di MNA e FF differivano significativamente tra le cellule epiteliali normali e le cellule neoplastiche benigne e maligne. Le cellule estratte dai tumori maligni erano più grandi e con una forma nucleare più irregolare rispetto agli altri due gruppi.

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Recentemente (De Vico et al 2007), la valutazione dell’area nucleare e della forma nucleare è stata impiegata per indagare sul coinvolgimento dei LN di cani affetti da carcinoma mammario. Attraverso l’analisi dei preparati istologici linfonodali e della neoplasia primaria è stata dimostrata l’esistenza di una stretta correlazione tra i diversi parametri nucleari, lo stato del LN e la sopravvivenza del paziente. Tumori con LN-positivi hanno evidenziato valori di MNA e SDA significativamente superiori a quelli dei carcinomi con LN-negativi. Inoltre MNA è risultato essere la discriminante morfometrica migliore rispetto agli altri parametri in relazione all’interessamento del LN.

L’analisi morfometrica è stata usata anche nello studio del carcinoma a cellule squamose della cute del cane dove sono state individuate significative associazioni tra i parametri utilizzati per la classificazione istologica ed alcuni parametri nucleari (Maiolino et al 2002). Dai preparati istologici sono stati misurati i nuclei di 100 cellule neoplastiche e calcolate le seguenti caratteristiche nucleari: MNA, MNP e relative deviazioni standard (SDA e SDP). Attraverso lo studio retrospettivo sono state messe in evidenza differenze rispetto al valore di MNA tra tumori di grado I e III, I e IV, II e III, e II e IV e rispetto al valore di MNP tra tumori di grado I e III, I e IV, e II e IV. Inoltre, i casi di carcinoma complicati da diffusione metastatica esibivano una MNA e un MNP significativamente superiori a quelli osservati in tutti gli altri casi esaminati.

A partire da campioni istologici preparati da 23 biopsie di gengiva di cane, è stato effettuato uno studio in cui sono state calcolate e confrontate le caratteristiche morfometriche nucleari dell’ameloblastoma acantomatoso (tipico e atipico) con quelle del carcinoma a cellule squamose, al fine di predire il comportamento biologico dell’ameloblastoma, neoplasia che risulta essere suscettibile a

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trasformazione maligna. L'ameloblastoma ha infatti un potenziale proliferativo comparabile con quello di tumori maligni, ma inferiore rispetto a quello posseduto dal carcinoma a cellule squamose (Yoshida 1999). I risultati ottenuti indicano un progressivo aumento dei parametri MNA, MNP, NACV e MDm dall’ameloblastoma acantomatoso al carcinoma a cellule squamose. I valori di MNA e MNP sono stati maggiori negli ameloblastomi acontomatosi con caratteristiche atipiche rispetto agli altri, mostrando valori simili a quelli del carcinoma a cellule squamose. Questo suggerisce una stretta somiglianza morfologica tra i nuclei delle cellule appartenenti ai due distinti tumori (Martano et al 2006).

Sempre partendo da campioni istologici, la morfometria computerizzata è stata eseguita nei tumori melanocitici del cane e del gatto per differenziare istologicamente i tumori benigni da quelli maligni e per predire il tempo di sopravvivenza. Le variabili nucleari insieme all'indice di proliferazione hanno mostrato una differenza significativa tra tumore melanocitico benigno e maligno, mentre non è stata evidenziata una correlazione significativa tra gli stessi dati e il tempo di sopravvivenza (Roels et al 2000).

- Applicazione nello studio del MCT canino

La citomorfometrica computerizzata è stata testata anche nel MCT canino. In uno studio svolto da Strefezzi ed altri (2003) sono stati esaminati 24 noduli situati sulla cute di 14 cani, diagnosticati come MCT sulla base della valutazione dell’aspirato mediante ago sottile e successivamente confermato dall’analisi istopatologica. Sono stati analizzati attraverso la morfometria nucleare computerizzata i preparati istologici ottenuti dalle sezioni di ciascun tumore e colorati rispettivamente con Ematossilina-Eosina e Blu di Toluidina. L’obiettivo dello studio è stato quello di indagare sui parametri nucleari come possibili indicatori del grado istologico del

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tumore. Infatti nel MCT esiste una difficoltà rappresentata dalla valutazione di casi che si trovano al limite tra due gradi istologici a causa di criteri conflittuali, quali nuclei grandi e pleomorfi caratteristici sia del grado II che del grado III, oppure il basso numero di mitosi per campo microscopico caratteristico sia del grado I che del grado II della neoplasia. Sono state calcolate le seguenti variabili nucleari: MNA, MNP, FF, diametro medio (equivalente alla media dei diametri misurati ad intervalli di 5 gradi intorno al centro) e fattore ellitticità (equivalente al rapporto tra asse maggiore e asse minore della cellula). I risultati sono stati confrontati con il grado istologico. I valori di MNA, MNP e diametro medio sono risultati progressivamente incrementati con l’aumento del grado istologico anche se l’analisi statistica mostrava differenze significative solo tra il grado II ed il grado III, e tra il grado I ed il grado III quando veniva utilizzata la colorazione E-E, e tra grado I e grado III con l’utilizzo della colorazione panoptic. Mentre il fattore regolarità (FF) e il fattore ellitticità non hanno evidenziato alcuna correlazione con il grado del tumore, indicando che i nuclei appartenenti alle cellule tumorali di gradi diversi di MCT sono morfologicamente simili.

Risultati simili sono stati ottenuti da Maiolino ed altri (2005) i quali hanno misurato per ciascuno dei 35 casi inclusi nello studio i nuclei di 100 cellule neoplastiche a partire da preparati istologici colorati con E-E. Anche in questo caso è emerso dall’analisi citomorfometrica una significativa differenza in rispetto ai valore MNA e MNP tra tumori di grado I e di grado III, e tra quello di grado II e di grado III.

Ciò indica che i parametri nucleari morfometrici possono essere utili ad identificare tumori ad alto rischio di progressione e suggerisce che quando la

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classificazione soggettiva del patologo è completata dalla morfometria è possibile arrivare ad una diagnosi più obiettiva e raccomandare il trattamento più appropriato.

Riferimenti

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