Quintiliano si approssima alla conclusione dell ' opera
Ventum est ad partem operis destinati longe gravissimam, cuius equidem onus si tantum
opinione prima concipere potuissem, quanto me premi ferens sentio, maturius consuluissem
vires meas. Sed initio pudor omittendi quae promiseram tenuit, mox, quamquam per singulas
prope partis labor cresceret, ne perderem quae iam effecta erant, per omnes difficultates animo
me sustentavi. Quare nunc quoque, licet maior quam umquam moles premat, tamen
prospicienti finem mihi constitutum est vel deficere potius quam desperare. Fefellit autem
quod initium a parvis ceperamus: mox velut aura sollicitante provecti longius, dum tamen
nota illa et plerisque artium scriptoribus tractata praecipimus, nec adhuc a litore procul
videbamur et multos circa velut isdem se ventis credere ausos habebamus. Iam cum eloquendi
rationem novissime repertam paucissimisque temptatam ingressi sumus, rarus qui tam procul
a portu recessisset reperiebatur; postquam vero nobis ille quem instituebamus orator a dicendi
magistris dimissus aut suo iam impetu fertur aut maiora sibi auxilia ex ipsis sapientiae
penetralibus petit, quam in altum simus ablati, sentire coepimus. Nunc " caelum undique et
undique pontus" . Unum modo in illa inmensa vastitate cernere videmur M. Tullium, qui
tamen ipse, quamvis tanta atque ita instructa nave hoc mare ingressus, contrahit vela
inhibetque remos et de ipso demum genere dicendi, quo sit usurus perfectus orator, satis habet
di cere.
Quintiliano
Institutio Oratoria 12, praef 1-4
Siamo giunti alla parte di gran lunga più impegnativa dell'opera che mi sono proposto: certo, se di questa avessi potuto a prima vista prevedere il peso che ora sento gravarmi addosso mentre lo porto, molto prima avrei misurato le mie forie. Ma all'inizio mi ha trattenuto la vergogna di fallire gli obiettivi che mi ero proposti, poi, sebbene la fatica crescesse mano a mano che procedevo da una parte all'altra della trattazione, mi sono fatto forza, pur fra tutte le difficoltà, per non perdere il lavoro già svolto. Anche per questo motivo adesso, sebbene un peso più grave che mai incomba, pure, ora che intravedo la fine, ho deciso di soccombere piuttosto che rinunciare. Mi ha tratto in inganno anche il fatto che ho iniziato da argomenti poco impegnativi; poi, come sospinto sempre più al largo da un vento favorevole, fintanto che mi occupavo di precetti noti e trattati da quasi tutti gli autori di retorica, non mi sembrava di essermi molto allontanato dalla costa, e avevo intorno a me molti che, per così dire, avevano osato affidarsi agi~ stessi venti. Ma da quando sono entrato in quella parte concernente la tecnica dell'elocuzione, scoperta da poco e da pochissimi esplorata, di rado incontravo qualcuno che si fosse allontanano così tanto dal porto; e una volta che l'oratore, che mi proponevo di formare, congedatosi dai maestri di retorica, o va avanti seguendo
il
suo istinto naturale o cerca aiuti più grandi nei penetrali stessi della filosofia, ho cominciato a capire quanto mi fossi spinto in mare aperto. Ora ho «da ogni dove cielo da ogni dove mare» (Aen. 3, 193). Il solo che mi sembra di scorgere nella immensa distesa è Marco Tullio Cicerone: perfino lui, però, sebbene sia entrato in questo mare con una nave così grande e così equipaggiata, ammaina le vele, trattiene i remi e si· accontenta infine di parlare solo del tipo di eloquenza di cui farà uso il perfetto oratore.(trad. di .Adriano Pennacini, Torino, Einaudi, 2001, pp. 671-3)