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l’urbanistica e la cosmologia mnemonica nel

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Academic year: 2021

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Capitolo V.

Città Celeste e “loca communia”: l’urbanistica e la cosmologia mnemonica nel Thesaurus artificiosae memoriae (1579) di Cosma Rosselli.

(2)

1: Loci mnemonici e città ideale.

1.1. Il teatro celeste e il Paradiso cristiano.

Nel quinto libro del suo trattato architettonico Vitruvio presenta il suo modello di teatro, concepito come una grande cassa di risonanza, in cui echeggiano le voci degli attori grazie ai “vasa aerea”, installati nella gradinata, calcolandone minuziosamente la posizione, secondo i principi dell’armonia. La pianta del teatro ha una forma circolare al cui interno si inscrivono quattro triangoli equilateri seguendo, come spiega l’autore, la stessa disposizione adoperata dagli astrologi nella rappresentazione dei dodici segni dello zodiaco basata sulla concordanza musicale degli astri1.

Questo brano vitruviano indica un rapporto simbolico tra teatro e “harmonia mundi”, un tema che verrà successivamente approfondito da Cesare Cesariano e da Daniele Barbaro2. Come Richard Bernheimer ha suggerito, l’idea vitruviana del “teatro celeste” presenta un’evidente somiglianza con la rappresentazione cristiana del Paradiso Celeste, la cui forma ricorda proprio l’anfiteatro dell’antica Roma3. Rimane esemplare, da questo punto di vista, l’empireo a forma di anfiteatro della Divina Commedia, la cui configurazione radiale si basa sulla struttura circolare dei petali di rosa4.

Questo nesso stringente tra teatro e Città Celeste non è limitato all’immaginazione letteraria bensì si diffonde, soprattutto dall’età rinascimentale in poi, nelle arti visive e nell’architettura. Si ricordi, ad esempio, che il già citato Giovan Battista Ferrari progettava una serie di aiuole che riecheggiavano le “imagini della celeste amenità”, una delle quali aveva addirittura assunto la forma di ippodromo classico (Capitolo III: fig. 3, 4, 6, 7). Samuel von Quiccheberg invece, pur criticando il sistema planetario di Vitruvio come criterio classificatorio della raccolta, propone un museo a forma di anfiteatro la cui corte (cavedium) viene orientata in modo che i suoi quattro lati corrispondano alle quattro direzioni del cielo. Notiamo infatti che sia il giardino che il teatro sono caratterizzati da una propulsione verticale verso il firmamento. Il filo conduttore del nostro itinerario, che intende esaminare gli splendidi edifici della mente mnemonicamente costruiti, ci porta al Paradiso Celeste ossia la Gerusalemme Celeste, un modello spaziale perfetto, che ebbe una certa influenza sui progetti delle città ideali del Cinque-Seicento.

Questo ultimo capitolo si propone dunque di chiarire il rapporto tra i loci mnemonici e l’“urbanistica paradisiaco-utopica”, attraverso l’analisi del trattato mnemonico di Cosma

1

Vitruvius, De architectura, libro V, cap. VI.

2

R. Bernheimer, “Theatrum Mundi”, Art Bulletin 38 (1956), pp. 225-247, in particolare p. 232.

3

Ibid., p. 225.

4

(3)

Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae (Venezia, 1579) (fig. 1), in cui viene presentata una mirabile immagine del Paradiso come locus communis. Prima di arrivare alla descrizione della Città Celeste Rosselli propone però una serie di luoghi della memoria sovrapposti e concatenati l’uno all’altro. Cominciando dalla descrizione dell’orribile Inferno, infatti, l’autore passa poi ai mondi fisici dei quattro elementi per giungere, dopo aver attraversato le numerose sfere celesti, all’empireo, in cui si trova il Paradiso. In questo caso, progettare un efficace sistema di luoghi della memoria equivale a comporre una grande cosmologia teologica ed enciclopedica composta di una sequenza di luoghi mentali.

Per comprendere bene la grande catena rosselliana dei loci mnemonici dobbiamo tenere presente la vasta gamma di significati che il termine «luogo» assume nel Cinquecento. Poteva infatti indicare sia il luogo fisico, sia il luogo mentale della memoria, sia il luogo topico, sia il luogo bibliografico5. Per giunta, in quel periodo anche lo stesso modello architettonico, su cui si basa il sistema dei loci mnemonici, si allarga notevolmente, superando i limiti dei singoli spazi architettonici, quali il palazzo, la bottega, la chiesa, il giardino, il teatro, ed assumendo una dimensione urbanistica, comprendendo anche strade, piazze, città e persino un intero paese. Il mondo stesso diventa, per così dire, un grande locus per la memoria enciclopedica.

1.2. La splendida piazza del Rinascimento come base della memoria: Tomaso Garzoni, La piazza universale (1585).

Un esempio particolarmente interessante da questa angolazione è offerto da un’opera enciclopedica scritta da Tomaso Garzoni (1549-1589), Piazza universale di tutte le professioni del mondo6. Pubblicata nel 1585 a Venezia, la Piazza aveva conosciuto, in Italia e all’estero, un’enorme fortuna editoriale, testimoniata da ben venticinque ristampe (fra il 1585 e il 1675) e da traduzioni in latino e in tedesco. L’opera costituisce un enorme catalogo di tutte le professioni dell’universo e tratta circa cinquemila mestieri a partire da quello del principe, del prelato, del canonico, passando per l’emblematista, l’oratore, l’artigiano fino a citare ciarlatani e maghi7. Ad ogni professione viene dedicato un capitolo (Discorso)

5

Cfr. A. Serrai, Dai «loci communes» alla bibliometria, Bulzoni, Roma, 1984; L. Bolzoni, La

stanza della memoria. Modelli letterari e iconografici nell'età della stampa, Einaudi, Torino, 1995,

pp. 195 ss.

6

T. Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo, a cura di P. Cherchi e B. Collina, Einaudi, Torino, 1996. A questa edizione fanno riferimento anche le citazioni e le indicazioni delle pagine che seguono.

7

Su Garzoni e sulla sua Piazza rimando a M. Rossi, “Strukturelle Eigenschaften und Modelle in der moralischen Enzyklopädie des Tommas Garzoni (1549-1589)”, in A. Grote (a cura di), Macrocosmos

(4)

contenente ogni informazione ad essa correlata, come ad esempio l’origine, l’attività, la tecnica, i prodotti da essa derivanti ed i suoi rappresentanti antichi e moderni.

È facile dimostrare che Garzoni si intendesse dell’arte della memoria ricordando il capitolo dedicato ai “professori di memoria” (Discorso LX), in cui l’autore illustra il sistema mnemonico dei luoghi e delle immagini citando proprio il Thesaurus di Cosma Rosselli8. Inoltre, sempre nello stesso capitolo, egli annuncia un’opera in preparazione sul tema della memoria, che, purtroppo, non ci è pervenuta9. A questo proposito è suggestivo anche il fatto che i titoli di altre opere di Garzoni impieghino tipologie architettoniche allusive ai modelli classificatori. Compare quindi nei titoli il riferimento ad edifici ben organizzati e adeguati come loci mnemonici, quali il teatro, il palazzo, l’ospedale, il serraglio10. Come Lina Bolzoni ha suggerito, in questa scelta si può scorgere uno stretto rapporto tra edifici, testi e luoghi mentali o, per meglio dire, un paragone tradizionale tra composizione architettonica e quella letteraria11.

L’immagine della “piazza”, dunque, non solo costituisce una semplice metafora del mondo e delle attività umane, ma può anche offrire un esempio di locus virtuale, in cui vengono disposti ordinatamente svariati argomenti che, grazie ad una catalogazione facilmente rintracciabile, possono essere riutilizzati nel momento in cui si compongono le nuove opere. Pertanto la piazza garzoniana non è quella irregolare del Medio Evo, formata quasi spontaneamente col succedersi delle generazioni, bensì quella rigorosamente ordinata dalle regole prospettiche, cioè la piazza classica, restaurata dal rinnovamento della lingua architettonica del Rinascimento. Infatti Garzoni presenta la sua piazza come “edificio in Microcosmos. Die Welt in der Stube. Zur Geschichte des Sammelns 1450 bis 1800, Leske-Budrich,

Opladen, 1994, pp. 349-370; P. Cherchi, “Invito alla lettura della piazza”, in T. Garzoni, La piazza

universale, cit., pp. XXI-LXVI; B. Collina, “Un «cervello universale»”, in ibid., pp. LXVII-CVI.

8

“ […] Fra Cosma Rossellio, c’ha composto quel libro che s’intitola Thesaurus artificiosae

memoriae.” (p. 840); “E i luoghi (dice Rossellio) sono communi o particolari.” (p. 841); “Or

finalmente col mio parere la risolvo qua: che a fabricarsi nella memoria un ordine, qual descrive il Rossellio nel suo Thesauro, sia cosa ottima” (p. 842).

9

“ […] e che questo (scil. fabbricarsi nella memoria un ordine) megliorar si possa col giudicio e con la scienza, formando cose più brevi, come spero io un giorno con l’occasione dell’arte di Raimondo Lullio al mondo palesare.” (ibid.)

10

Theatro de’ vari e diversi cervelli mondani (1583), Hospidale de’ Pazzi incurabili (1586), Palazzo

degli Incanti (pubblicato postumo nel 1613 col titolo Serraglio De gli Stupori del Mondo...). Cfr. M.

Rossi, “Strukturelle Eigenschaften und Modelle in der moralischen Enzyklopädie des Tommas Garzoni (1549-1589)”, cit.

11

Conformandosi a questa tradizione, come è noto, Galileo Galilei paragonò l’Orlando furioso di Ariosto ad una splendida galleria ben organizzata, e la Gerusalemme liberata di Tasso alla

“Wunderkammer” disordinata. Cfr. L. Bolzoni, La stanza della memoria, cit., pp.195-217. Già nel Medio Evo questa metafora era abbastanza diffusa. Isidoro di Siviglia, ad esempio, paragonò la composizione retorica a quella architettonica. Su questo si veda M. Carruthers, The Craft of Thought.

Meditation, Rhetoric, and the Making of Images, 400-1200, Cambridge University Press, Cambridge,

(5)

monstruoso” progettato dall’architetto e ne esalta la magnificenza che supera qualsiasi monumento antico mai esistito:

“ […] io vi progongo inanzi questa mole da più di cento parti sì superba che non solo pareggia, ma par ch’ecceda nell’esteriore apparenza tutta l’antichità passata. Degnatevi, di grazia, di passeggiare alquanto sotto i spaciosi portici di quella, ché vederet tanta gente ivi raccolta che l’anfiteatro cesareo e gli orti di Nerone non potrebbero certo la metà capire”12 La splendida piazza porticata di Garzoni, in cui si raduna moltissima gente di ogni ceto ed età, diventa dunque una sorta di grande teatro aperto del mondo che offre un “gradito spettacolo agli occhi delle persone avanti” e che “diletta […] gli animi de’ suoi gentilissimi spettatori”13. “Vedetela, miratela e riguardatela bene”, così l’autore invita i lettori a visitare la sua piazza, sottolineandone la delizia visiva14. Non è allora azzardato ritenere che Garzoni si sia ispirato agli spazi urbani coevi, che andavano sempre più spettacolarizzandosi sia attraverso le ristrutturazioni urbanistiche, quali la riorganizzazione delle reti stradali e la costruzione di nuovi palazzi e piazze in stile classico, sia tramite le processioni che trasformano l’intera città in una serie di scene teatrali per rappresentare il potere politico-religioso.

Se una sola piazza ben ordinata era già in grado di offrire un efficace contenitore mentale, in cui travasare le idee enciclopediche, tanto più lo sarà un’intera città progettata da architetti o utopisti, composta di palazzi e piazze classici, di strade prospettiche e di giardini e mura perfettamente geometrici. L’acquisizione di una dimensione urbanistica dei loci mnemonici potrebbe essere legata all’enciclopedismo e all’urbanistica coevi. In questo modo, i luoghi della memoria finiscono per costruire una grande Città-Stato mentale che permette di controllare i suoi abitanti, ossia le imagines agentes, che rappresentano un’ingente massa di informazioni.

1.3. Mnemotecnica, urbanistica utopica e luoghi mentali nel Cinquecento.

Che gli spazi urbani ben ordinati del Cinquecento fossero adatti per costruire luoghi della memoria è chiaramente dimostrabile sfogliando le pagine di alcuni trattati dell’arte della memoria dell’epoca. Come abbiamo già avuto modo di vedere, Agostino Del Riccio

12

T. Garzoni, La piazza universale, cit., p. 64.

13

Ibid., pp. 62-63.

14

(6)

nella sua Arte della memoria locale suggerisce come loci mnemonici alcuni quartieri della Firenze tardocinquecentesca, tra cui ricordiamo Piazza della Signoria che, nella seconda metà del Cinquecento, veniva abbellita da splendide statue e fontane, oltre ai magnifici Uffizi a cui era stata appena aggiunta la galleria15. Significativa, a questo proposito, anche la lettura “retorica” della Piazza San Marco di Venezia offerta da Francesco Sansovino che, nella sua Arte oratoria, interpretò la Loggetta, progettata dal padre Iacopo, come schema mnemonico di loci e imagines agentes16.

Tuttavia, invece di utilizzare gli spazi urbani reali, i trattatisti dell’arte della memoria preferiscono modificarne la composizione o, addirittura, progettare ex-novo la città per ottenere i loci mnemonici ideali. Ad esempio, Lambert Schenkel, nel suo Gazophylacium artis memoriae, consiglia di costruire nella memoria un’ordinata città virtuale, in cui le varie materie da ricordare sono assegnate ai singoli edifici17. Johannes Romberch e il suo traduttore italiano Lodovico Dolce immaginano, invece, una città in cui tutti gli edifici sono organizzati in senso orario con un ordine alfabetico (fig. 2)18. Ogni singolo edificio, a sua volta, viene suddiviso in loci più piccoli quali porte, finestre, mobili. Le immagini urbane così perfettamente ordinate nella mente ricordano sia le città ideali rinascimentali progettate nei trattati architettonici, sia quelle utopistiche immaginate nelle opere letterarie a partire dall’Utopia (1516) di Tommaso Moro (1478-1535).

Robert Klein, confrontando i vari progetti urbanistici del Rinascimento con la coeva letteratura dell’utopia, ha individuato una caratteristica condivisa da urbanisti e utopisti. Entrambi, a suo parere, “hanno in comune il postulato che si possano cambiare gli uomini organizzando lo spazio in cui si muovono”19. Quest’affermazione risulterebbe ancora più efficace, se consideriamo questo “spazio” urbano come una serie di loci mnemonici architettonici, in cui trasfondere, per istruire gli abitanti, il sapere enciclopedico rappresentato dalle imagines agentes.

Ne sono tipici esempi le due città utopiche progettate nei primi decenni del Seicento; la Città del Sole di Tommaso Campanella e la Christianopolis di Johann Valentin Andreae.

15

A. Del Riccio, Arte della memoria locale, Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze, ms. Magl. II, I, 13., cc. 42v-44r.

16

Cfr. M. Rossi, “Un episodio della fortuna di Giulio Camillo a Padova: l’ “anfitheatrino” di Bartolomeo Ammanati per Marco Mantova Benavides”, Bollettino del Museo Civico di Padova, Annata LXXXII, 1993, pp. 339-360, in particolare p. 357; L. Bolzoni, La stanza della memoria, cit., pp. 230-234.

17

L. Schenkel, Gazophylacium artis memoriae, Antonius Bertramus, Strasburg, 1610, pp. 119-120. Citato in L. Bolzoni, La stanza della memoria, cit., p. 260.

18

L. Dolce, Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria, a cura di Andrea Torre, Scuola Normale Superiore, Pisa, 2001, pp. 70-71.

19

R Klein, La forma e l’intelligibile. Scritti sul Rinascimento e l’arte moderna, trad. it., Einaudi, Torino, 1975, p. 336.

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Come è noto, sulle mura orbicolari della città campanelliana sono dipinte, a scopo didattico, raffigurazioni realistiche che rappresentano sistematicamente lo scibile, accompagnate da didascalie. All’interno delle mura quadrate di Cristianopoli (fig. 3), “interamente ornata di pitture che rappresentano i movimenti dell’universo”, si vedono invece “dovunque quadri e statue di uomini illustri, con le loro imprese o virili o d’ingegno, per un incitamento di non poca importanza ai giovani”20, cosicché l’intero spazio urbano si trasforma in una grande galleria di uomini illustri. Per giunta nella sala di fisica e in quella di matematica, costruite negli edifici centrali della città, sono dipinte, rispettivamente, “tutta la storia naturale” e le “immagini del cielo”21. Entrambe le città sono una chiara applicazione dei precetti mnemotecnici all’urbanistica utopistica. Per dirlo con Lina Bolzoni “ridisegnare la città vorrebbe dire [...] anche ridisegnare i saperi”22.

È utile notare a questo proposito l’influenza della ricca tradizione urbanistica italiana sulle visioni della città utopica. Anton Francesco Doni (1513-1574), ad esempio, ne I Mondi presenta la sua città ideale a forma circolare23. La città è “fabbricata in tondo perfettissimo, a guisa di stella”, il cui centro è occupato da un grande tempio, dal quale partono cento strade, “tirate a linea, come fanno i raggi d’una stella”24. Sembra evidente che la struttura radiale e geometrica della città doniana, nonché di tante altre città utopistiche a pianta centrale, si sia ispirata ai progetti urbanistici coevi, basati sulla descrizione vitruviana della città ideale a forma di una rosa dei venti. Come abbiamo già avuto modo di ricordare a proposito delle aiuole geometriche di Ferrari, nelle piante radiocentriche della città ideale si riflette l’immagine della Città Celeste, considerata tradizionalmente geometrica e rotonda. Infatti nei brani sopraccitati, Doni stesso fa un chiaro riferimento al modello celeste con la similitudine della “stella”.

Alla luce di ciò che si è finora osservato ci pare assai interessante la sequenza cosmologica di loci mnemonici del Thesaurus artificiosae memoriae, il vertice della quale è occupato dal Paradiso, progettato mizusiosamente da Cosma Rosselli proprio come Civitas Dei. L’immagine della Gerusalemme Celeste, che veniva spesso utilizzata nel Medio Evo come machina memorialis, ossia come schemo cognitivo utile per l’invenzione25, acquista

20

Johan Valentin Andreae, Descrizione della Repubblica di Cristianopoli e altri scritti, a cura di E. De Mas, Guida, Napoli, 1983, trad. it., p. 142.

21

Ibid., p. 141, 144.

22

L. Bolzoni, “Le città utopiche del Cinquecento italiano: giochi di spazio e di saperi”, L’Asino

d’oro, n.7, 1993, pp. 64-81.

23

Sull’utopia di Doni si vedano L. Bolzoni, “Le città utopiche del Cinquecento italiano”, cit; C. Rivoletti, Le metamorfosi dell’utopia. Anton Francesco Doni e l’immaginario utopico di metà

Cinquecento, maria pacini fazzi editore, Lucca, 2003, in particolare pp. 79-119.

24

A. F. Doni, I Moni e gli Inferni, a cura di Patrizia Pellizzari, Einaudi, Torino, 1994, p. 163.

25

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nel clima intellettuale del Cinquecento anche un valore simbolico-esemplare per la progettazione utopistica della città ideale26. Stando così le cose, non potremmo supporre nella visione rosselliana della Città santa qualche relazione con i loci communes, che andavano materializzandosi per custodire le informazioni enciclopediche? Passiamo ora in rassegna il grande mundus mnemonicus rosselliano per chiarire il complesso ma affascinante intreccio tra luoghi mentali e fisici.

2. Cosma Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae (1579).

2.1. Vita e profilo intellettuale e Thesaurus artificiosae memoriae di Cosma Roselli.

Sulla vita del frate domenicano fiorentino Cosma Rosselli si possiedono solo poche notizie27. Pare sia nato nei primi anni del Cinquecento ma non si conosce la data esatta. Suo fratello era il noto speziale e collezionista naturalistico Stefano Rosselli28, che Agostino Del Riccio menziona come abilissimo farmacista che curava i cittadini di Firenze con la sua ampia conoscenza della materia medica29. Il frate Cosma Rosselli, dunque, forse mantenendo contatti con suo fratello Stefano, svolse attività teologiche, filosofiche e l’ars praedicandi presso il convento di San Marco di Firenze. Si intendeva inoltre di astrologia, di poetica e di oratoria.

Nel 1579 il suo trattato mnemonico, Thesaurus arficiosae memoriae (d’ora in poi Thesaurus) fu pubblicato postumo a Venezia, per i tipi di Antonio Padovano. Benché il Thesaurus venga considerato, a partire dagli studi di Frances Yates, come il documento più interessante sugli sviluppi cinquecenteschi della mnemotecnica, attende ancora di ricevere una più approfondita valutazione nel giusto contesto intellettuale30. Tra gli studi successivi a

26

Per i progetti dell’epoca rinascimentale ispirati al modello della Città Celeste si veda M. L. Gatti Perer (a cura di), «La dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,3). Immagini della Gerusalemme celeste

dal III al XIV secolo, Vita e Pensiero, Milano, 1983, pp. 104-113.

27

Cfr. B. Keller-Dall’Asta, Heilsplan und Gedächtnis. Zur Mnemologie des 16. Jahrhunderts in

Italien, Universitätsverlag C. WINTER, Heidelberg, 2001, pp. 152-154.

28

Cfr. A. Tosi (a cura di), Ulisse Aldrovandi e la Toscana: carteggio e testimonianze documentarie, Olschki, Firenze, 1989, pp. 20-21.

29

“ [...] messer Stefano Rosselli, huomo molto virtuoso e la città di Firenze gli ha d’avere un grand’obbligho poiché è stato cagione della salvezza di molti con i suoi segreti veri che ha fatti nella sua bottegha [...] egli ha desiderio che si facesse un orto comune che fusse abbondante di tutte le piante onorate et utili, che ricierchiassi un gran semplicista per salvezza della Città”, A. Del Riccio,

Agricoltura Sperimentale, Firenze, B.N.C., ms. Targioni Tozzetti 56, I. c. 76r.

30

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quelli di Yates ricordiamo quello di Umberto Eco che, attraverso l’analisi del modo di associare le cose alle immagini mnemoniche, ha evidenziato l’aspetto semiotico del testo di Rosselli31. Proseguendo su una linea analoga, Barbara Keller-Dall’Asta ha interpretato il Thesaurus come opera che, tramite l’elenco delle tecniche con cui fabbricare le immagini, presenta metodi pratici per trovare le series repraesentationum che costituiscono l’universo teologico32. A differenza degli studi precedenti, concentrati principalmente nell’analisi delle immagini della memoria, di cui in generale condivido i risultati, la mia indagine si propone, al fine di fornire una lettura complementare, di analizzare la sequenza di loci mnemonici rosselliani dal punto di vista dell’urbanistica e della materializzazione di luoghi mentali. Anche se la massima parte dei precetti mnemonici presentati da Rosselli rimane nella tradizione dell’ars, il suo grande sistema coerente di loci mnemonici presenta, a mio parere, una notevole originalità e validità.

Il Thesaurus, dunque, composto forse sotto una certa influenza del trattato mnemonico di Johannes Romberch33, è un libro di circa centosessanta pagine scritto in un latino chiaro, soprattutto se confrontato con quello di Quiccheberg. Esso consiste di due parti, dedicate rispettivamente ai loci mnemonici e alle immagini della memoria, ciascuna delle quali è suddivisa in capitoletti relativi ad un tema. È un’opera caratterizzata anche dalla ricchezza di affascinanti immagini che illustrano i contenuti del testo. L’autore ne spiega il vantaggio, sottolineando il diletto dell’animus e l’utilità per gli studi, prodotti dall’osservazione di queste figure34. L’altra caratteristica, forse più singolare, del Thesaurus sono i versi (carmina) mnemonici, composti dal collega domenicano dell’autore Nicolaus Alexius che era anche inquisitore e teologo. Al fine di agevolare la memorizzazione, tutti gli amplissimi luoghi della memoria (loca amplissima), tranne quello del Paradiso, sono corredati da questi carmina che sintetizzano in versi la lunga spiegazione prosastica di ogni locus. Anche questa volta Rosselli si giustifica, sottolineando come il godimento

si limita a commentare brevemente la caratteristica enciclopedica del Thesaurus e la sua particolare attenzione sui geroglifici come immagini della memoria. Cfr. P. Rossi, Clavis universalis: arti della

memoria e logica combinatoria da Lullo a Leibniz, Mulino, Bologna, 1983, pp. 105-106. Si veda

anche A. Serrai, Storia della bibligografia II. Le Enciclopedie rinascimentali (II), Bibliografi

universali, a cura di Maria Cochetti, Bulzoni, Roma, 1991, pp. 51-52.

31

U. Eco, “Mnemotecniche come semiotiche”, in L. Bolzoni e P. Corsi (a cura di), La cultura della

memoria, Mulino, Bologna, 1992, pp. 35-56.

32

B. Keller-Dall’Asta, Heilsplan und Gedächtnis, cit., pp. 149-184.

33

Cfr. Y. A. Yates, The Art of Memory, cit., pp. 121-129.

34

“hac nempe de causa, ut videlicet tum inspectori maximo essent emolumento: tum, ut illis conspicientium animus oblectaretur, ac hisce studijs operam navare, vel utili, vel voluptate, vel certe utroque permotus pene compelleretur.”, C. Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae, Antonio Padovano, Venezia, 1579, p. 7r.

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dell’animus sia utile per la memoria35. Come la Yates ha accennato, i versi dell’inquisitore danno un’impressionante aria di ortodossia al Thesaurus36. È molto suggestiva, allora, la mancanza di questa autenticazione teologica alla descrizione del locus del Paradiso, cui l’autore dedica più pagine rispetto agli altri loci, descrivendo minuziosamente ogni singola parte della Città Celeste e i suoi abitanti. Approfondiremo questo particolare luogo della memoria più avanti.

2.2. Il sistema mnemonico del Thesaurus.

Prima di passare ad analizzare le caratteristiche dei loci mnemonici, sarà opportuno riassumere i precetti principali della mnemotecnica rosselliana. Che il Thesaurus sia un’opera basata sulla tradizione retorica della mnemotecnica appare evidente già dalla metafora ciceroniana della memoria utilizzata nel titolo37. Nella dedica-proemio ai lettori viene rivelata la concezione basilare della memoria. Sotto l’autorità classica di Aristotele, Cicerone, Quintiliano e Seneca, l’autore, conformandosi ad un topos tradizionale, divide la memoria in naturale e artificiale. Pur essendoci variazioni individuali delle capacità innate, l’arte può perfezionare la natura, come afferma lo Stagirita38. Perciò tramite la mnemotecnica anche la memoria naturale può essere migliorata. Rosselli passa poi a lodare i frutti derivati da quest’arte, che rende saggi gli ignoranti, trasforma gli ottusi in acuti, muove gli immobili e, addirittura, riporta i morti alla vita (“mortua reviviscit”). Usando quest’arte, conclude l’autore, si può cogliere dal thesaurus memoriae qualunque cosa ivi depositata, come uno scultore che ricava le figure dal marmo39.

2.2.1. La definizione, le regole e la struttura gerarchica dei loci mnemonici.

Dopo aver sottolineato, nel preambolo della prima parte, la dualità dell’arte consistente di loci e immagines, l’autore comincia a spiegare che cosa siano i loci mnemonici e le loro caratteristiche. Il locus dunque può ricevere e conservare le “figurae”

35

Ibid., p. 12v.

36

Cfr. F. A. Yates, The Art of Memory, cit., p. 129.

37

“quid dicam de thesauro rerum omnium memoria”, Cicero, De oratore, I, 5, 18.

38

“Artem enim naturam perficere: ac multa complere, quae nequaquam natura perficere potest, philosophorum omnium princeps asseveravit Aristot.”, C. Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae, cit., Epistola ad Candidum Lectorem.

39

“Hanc igitur artem, qua praeteritorum meminisse et ea tanquam literis exarata, vel in marmore sculpta ob oculos habere possimus”, ibid.

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naturali e artificiali. Tra i loca, alcuni sono chiamati “communia”40, mentre altri “particularia”. È plausibile che nell’introdurre questa divisione binaria Rosselli sia stato influenzato dal trattato mnemonico di Johannes Romberch, in cui è adottata la stessa distinzione41. L’autore definisce poi succintamente le caratteristiche di questi due luoghi. I “loca communia” sono quelli che contengono luoghi particolari e che hanno parti grandi, le quali possono essere “homogenea”, come ad esempio quattro elementi e i cieli senza stelle, o “heterogenea” come ad esempio il corpo umano, l’albero e la casa. I “loca particularia” sono invece le parti dei “loca communia” in cui vengono direttamente collocate le immagini della memoria42.

Riguardo ai “loca communia” Rosselli applica un’ulteriore distinzione, introducendo sei categorie di loca secondo le dimensioni: “minima”, “mediocria”, “maiora”, “ampla”, “ampliora” e “amplissima”. Essi sono organizzati gerarchicamente in modo tale che quelli maggiori comprendano sempre quelli minori. Dopo aver presentato questo sistema generale di luoghi mnemonici, l’autore comincia a illustrare ed elaborare minuziosamente la struttura dei “loca communia amplissima” che costituisce la parte più interessante del Thesaurus (pp. 2r-50v). In questa categoria più grande sono annoverati i quattro seguenti luoghi concepiti in modo cosmologico e teologico: “inferiora” (Inferno, Limbo, Purgatorio), “superiora” (quattro elementi), “coelestia” (cieli) e “supercoelestia” (Città Celeste). La seconda categoria (“loca communia ampla”) tratta invece di luoghi più piccoli quali regioni, pianure, fiumi e grandi vie di comunicazione. In questo modo l’autore continua ad elencare gli esempi di ogni categoria, diminuendone sempre la misura, fino ad arrivare all’ultima (“loca communia minima”) composta di singoli uomini, animali, alberi, ecc.

Come conclusione, gli ultimi due capitoli (cap. 13 e 14) della prima parte sono dedicati alle regole e condizioni generali dei luoghi della memoria che possono essere applicate a tutte le categorie dei “loca communia”. Tutti questi precetti si occupano dei dettami tradizionali dell’arte, secondo i quali i loci devono avere un intervallo modesto, varietà, luminosità moderata, ordine, stabilità, continuità, silenziosità, ecc43.

2.2.2. Le immagini della memoria.

La seconda parte del Thesaurus (pp. 77r-145v) tratta delle immagini della memoria, ossia le imagines agentes. Esse, collocate nei vari loci, rappresentano le cose da

40

Il termine locus è in genere un sostantivo maschile, ma Rosselli lo usa nella forma plurale come sostantivo neutro (loca).

41

Cfr. F. A. Yates, The Art of Memory, cit., p. 122, 230.

42

C. Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae, cit., pp. 1v-2r.

43

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memorizzare in modo immediato, o in modo indiretto attraverso similitudini. A seconda delle loro caratteristiche, l’autore classifica le immagini in “naturales”, “artificiales” e “imaginariae”44. I primi due tipi di immagini vengono trattati in dettaglio nel resto dell’opera.

Le immagini naturali sono suddivise, a loro volta, in “minores” e “maximae”. Come esempi di queste ultime sono citate “inferiores”, “superiores”, “Coelestes” e “super Coelestes”, immagini già usate nella prima parte come “loca communia amplissima”. L’autore ne spiega la ragione:

“Ne mireris quod quae pro locis supra posuimus, pro figuris nunc apta esse dicamus. Loca enim praedicta pro figuris (secundum diversos respectus) servire poterunt”45.

Questa intercambiabilità tra loci e imagines costituisce forse una delle caratteristiche più originali del trattato mnemonico di Rosselli. Qualsiasi cosa dunque può diventare sia immagine sia luogo. In altre parole, anche i loci mnemonici stessi, tradizionalmente considerati come contenitori neutri in cui travasare le idee, possono rappresentare concetti da memorizzare. Inoltre nel capitolo XI “De animadversionibus circa figuras” l’autore annovera tra i diciannove precetti per le immagini ben tre osservazioni su come esse debbano armonizzarsi ai luoghi46. Ne consegue che, grazie ad una sorta di effetto sinergico tra immagini e luoghi, i loci mnemonici, carichi di significati, sono in grado di complementare e rafforzare la funzione delle imagines agentes ivi collocate.

Rosselli non spiega in dettaglio come costruire le naturales immagines maximae, ma invita i lettori a consultare la prima parte. Quindi l’autore passa ad illustrare le naturales imagines minores. Esse consistono di svariati enti relativamente piccoli, animati e inanimati, presenti nell’ampio spazio tra l’Inferno e il Paradiso, quali diavoli, metalli, pietre preziose, serpenti, alberi, erbe, animali terrestri e acquatici, uccelli, stelle, santi. A ciascuno di questi, tranne quelli già trattati come loci mnemonici, è aggiunto un lungo elenco di nomi in ordine alfabetico utili per la creazione di immagini. Sono liste comuni che si trovano spesso nei trattati mnemonici dell’epoca47. Notevole interesse presenta però, dal nostro 44 Ibid., p. 78r. 45 Ibid. 46

“7 Figuris autem illis uti elaborandum est, quae loco (quem implere volueris) apte conveniant. Quod exercitio comparatur, et admodum utile reperies. / 8 Cum igitur pro loco uteris terra, terris figuris utaris, cum aqua aquatilibus, cum Coelo coelestibus et c. Nusquam aut raro in Aere Aurum imaginandum erit. / 9 Natura docet locatum, et e converso, convenire debere. Et ea propter, nec in Cella aut Ecclesia asinus per imaginationem ponendus. Ni forsan depictum : vel aufugisse

confingas.”, ibid., pp. 129v-130r.

47

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punto di vista, il fatto che Rosselli indichi precisamente le fonti letterarie che ha consultato per preparare le liste e ci rimandi ad esse per ulteriori nomi e loro raffigurazioni. Ad esempio per spiegare le iconografie dei singoli diavoli l’autore cita con precisione numerosi loci delle Sacre Scritture48, mentre per quanto riguarda le immagini naturalistiche quali gemme, metalli e animali, vengono consigliati libri di storia naturale e di Physica49, quali i Lapidaria, lo Speculum naturalis di Vincenzo di Beauvais (1190-1264ca.)50, gli scritti di Alberto Magno (1193ca-1280) e di altri numerosi autori51.

Alla sezione delle immagini naturali segue quella delle “artificiales figurae”, definite come immagini che “humano inventu consurgunt et fiunt”, come vari tipi di edifici e diversi strumenti artigianali52. L’autore quindi presenta come esempi di immagini artificiali liste di caratteri di alfabeti (greco, ebraico, turco e caldaico) (fig. 4), passando poi a illustrare una serie di affascinanti liste di pittogrammi dell’alfabeto occidentale composta di oggetti somiglianti alle varie lettere (fig. 5) e conclude elencando diverse parti del corpo umano la cui forma ricorda le lettere (fig. 6).

La seconda parte del Thesaurus, dunque, e soprattutto le pagine dedicate alle immagini naturali, appare come una specie di enciclopedia di taglio medievale o di testo della soprammenzionata “storia naturale emblematica”, ancora molto legato alle fonti letterarie. Le immagini della memoria di Rosselli sono rappresentazioni tipiche o, per meglio dire, “luoghi comuni iconografici” di singoli animali, oggetti e concetti, le cui raffigurazioni sono fissate dalla tradizione filologica. Riguardo alla fonte iconografica delle imagines agentes d’altra parte ricordiamo come anche Dolce consigli, oltre alle opere di Tiziano e ai “libri con figure”53, Dell’ornamento del mondo di Fulgentio, Della natura de gli Dei de’ gentili di Boccaccio54, altre opere letterarie quali poesie, storie55, “diversi dizionari”56. Si trattta dei precetti caratteristici della mnemotecnica dell’età della stampa, che presuppongono la disponibilità della produzione editoriale. Se si tiene conto dell’intercambiabilità tra loci e imagines, non è difficile cogliere l’eco del rapido sviluppo

serie di tali liste. Cfr. A. Del Riccio, Arte della memoria locale, cit., cc. 17r-29v.

48

Ibid., pp. 79v-80r.

49

“Idcirco utile admodum erit in naturalium et Phisicorum libris eorundem naturas perquirere, ut pro figuris occurrentium memorandorum audacter ea ponere, et locare possimus.”, ibid., c. 81v.

50

“Tu reliquos in lapidario videre poteris, Et in speculo naturali Vincentij.”, ibid., c. 80r.

51

“Extra septem metalla [...] haec quae infra ordine alfabetico disposuimus, ab Alberto Magno et alijs numerantur authoribus.”, ibid., p. 82v.

52

Ibid., p. 79r.

53

L. Dolce, Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria, cit., p. 147.

54

Ibid., pp. 148-149.

55

Ibid., p. 94.

56

“Intorno a trovare i nomi propri de gli huomini, non mancherà Alessandro, Cesare, Domiziano, e de gli altri. Et in ciò si potra il mio discepolo servir di diversi dizionari: come del Cornucopia, del

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della stampa anche nella composizione della serie cosmologica di luoghi mnemonici del Thesaurus.

3. L’itinerario salvifico della memoria: la serie dei “loca comunia amplissima” come impalcatura per l’enciclopedia.

3.1. Loca communia amplissima inferiora: l’Inferno, i Limbi e il Purgatorio.

3.1.1. La struttura generale del locus infernale: il regno del caos ben ordinato.

Un lungo itinerario mnemonico che attraversa una serie di loca communia amplissima inizia dall’Inferno, la cui forma concentrica ci ricorda quello della Divina Commedia di Dante. L’idea di usare il luogo di dannazione come locus mnemonicus non è inusuale nella tradizione domenicana della mnemotecnica57. Romberch, ad esempio, presenta una serie di loci costituita dall’Inferno, il Purgatorio, i cieli, il Paradiso e i loro abitanti. Anche Dolce, ampliando questa parte nella traduzione italiana del trattato, consiglia ai lettori di consultare le opere di Virgilio e di Dante come fonti per il locus infernale58. L’originalità di Rosselli consiste dunque nella rappresentazione dettagliata degli spazi di un Inferno basato sulla struttura orbicolare e nella determinazione delle iconografie degli abitanti dannati.

Dopo aver illustrato in dettaglio la composizione dell’Inferno, del Limbo e del Purgatorio (pp. 2v-11v), l’autore ne inserisce una vista dall’alto, con una visione d’insieme (fig. 7) che ci dà, a colpo d’occhio, un’idea chiara di come si organizzi l’intero spazio infernale. Secondo i dottori della Chiesa l’Inferno dovrebbe essere un luogo pieno di inestricabile confusione e senza alcun ordine59. Accanto a questa visione dominante, esisteva, però, una lunga tradizione letteraria e iconografica, a partire soprattutto da Dante, che rappresentava il mondo infernale come uno spazio ben strutturato e perfettamente ordinato. Su questa tradizione si basa anche l’Inferno di Rosselli di cui analizzeremo le caratteristiche ricostruendo qui di seguito questo orribile ma avvincente mondo delle tenebre.

L’Inferno è un locus vasto e piano, di forma circolare (“rotundae circularisque figurae”), ubicato nelle viscere tenebrose della terra60. Al centro di questo spazio circolare

57

F. A. Yates, The Art of Memory, cit., p. 103.

58

L. Dolce, Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria, cit., p. 36.

59

“Insuper locus iste [scil. Infernus] inextricabili confusione plenus est: ibidem. enim nullus ordo, sed sempiternus horror inhabitat”, C. Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae, cit., p. 7v.

60

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c’è un pozzo profondissimo, dalla cui bocca fuoriesce un flusso di fiamme che si snoda, come un serpente, lungo tutto l’Inferno, trasformandosi in un strumento divino (“dei instrumentum”) per tormentare i dannati. Seduto sopra le fiamme che escono dalla bocca del pozzo si erge l’orribile figura di “Lucifer”, principe di tutti i diavoli61.

L’interno dell’Inferno si suddivide in undici settori. Il pozzo centrale è circondato da quattro gradini concentrici, ognuno dei quali è largo tre o quattro braccia e alto due braccia. Dal bordo dell’ultimo gradino partono radialmente sette confini rettilinei, larghi un braccio e alti tre o quattro palmi, dividendo così il restante spazio infernale in sette scomparti di uguale superficie. Infine, fuori dalle mura esterne alte tre palmi, scorre una rapida corrente gelida e nera, che circonda tutta l’area. L’intero locus infernale deve essere nettamente strutturato in questo modo affinché non “loca indistincta confusionem nostrae ingerant menti”62.

Questi spazi compartimentati vengono associati, a loro volta, ad una scansione fondata sullo schema dei peccati capitali. Dentro ogni scomparto, cioè, vengono rappresentate le scene dei tormenti corrispondenti alla natura delle colpe punite. Leggiamo infatti:

“Varietas enim poenarum, iuxta peccatorum diversitatem inflicta; et ipsorum damnatorum diversa situatio et dispositio; variique gestus eorum: multum Memoriae proderunt, pluraque loca dabunt.”63

In altre parole, gli abitanti di questa città nefasta, o, per meglio dire, gli attori del teatro dei supplizi, diventano nel contempo imagines agentes e luoghi della memoria. L’autore infatti descrive minuziosamente le iconografie dei peccatori collocati nelle undici sezioni iniziando dai quattro gradini che circondano il pozzo centrale, ossia la sedia ardente di Lucifero. 3.1.2. Rappresentare i peccati: l’Inferno come anfiteatro mnemonico dei supplizi.

Nel primo gradino, più vicino al pozzo, sono collocati gli eretici raffigurati nell’atto di lacerare e bruciare le Sacre Scritture. Sono coloro che “sacrarum enim scripturarum germanos sensus [...] depravare solebant”64. Il secondo gradino invece è destinato ai Giudei. Le loro fronti ferrose ne rappresentano l’ostinazione, i loro occhi coperti da bande ne

figurae, horribili et tenebrosa luce persusus.”, ibid., p. 3r.

61 Ibid., pp. 3r, 9r. 62 Ibid., p. 6r. 63 Ibid., p. 2v. 64 Ibid., p. 9r.

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suggeriscono la cecità e le loro teste inclinate ne indicano la “cordis duritia”65. Il terzo gradino è occupato dagli idolatri prostrati insieme con i loro idoli abbattuti, mentre nel quarto e ultimo gradino vengono rappresentati gli ipocriti a cui i demoni strappano le “larvas ovinas”66. Tutti i quattro gradini sono lambiti dalle fiamme fuoriuscenti dal pozzo centrale. Si noti che ciascuna immagine dei dannati ne rappresenta sinteticamente, tramite i loro gesti e attributi, i peccati per cui sono condannati all’Inferno. Pur essendo concepiti come loci mnemonici, dunque, racchiudono in sé la dottrina della Chiesa.

I sette scomparti che circondano i quattro gradini centrali sono dedicati ai sette peccati capitali. A questo riguardo sarebbe opportuno soffermarci brevemente sulla tradizione iconografica dell’Inferno. Come Jérôme Baschet ha ben espresso, l’affresco del Camposanto di Pisa (1330-40) appare come una tappa decisiva nell’evoluzione dell’iconografia infernale, in quanto ha stabilito uno schema da quel momento in poi largamente ripreso67. Nel ciclo pisano realizzato da Buonamico Buffalmacco (attivo nella prima metà del sec. XIV), dunque, la scena dell’Inferno è strutturata attraverso la griglia dei sette peccati capitali, rappresentati, entro singole zone assegnate, attraverso le specifiche punizioni ad essi corrispondenti (fig. 8-a, b)68. La disposizione dei peccati attorno alla figura centrale di Satana segue l’ordine scolastico, definito dalla successione mnemotecnica delle iniziali SALIGIA (Superbia, Avarizia, Lussuria, Ira, Gola, Invidia, Accidia), che è stato mantenuto anche dal locus infernale del Thesaurus69. Sulla base dei documenti disponibili non possiamo dimostrare che l’affresco pisano, concepito sotto una certa influenza dei Domenicani attivi allora presso il convento di Santa Caterina di Pisa, abbia avuto qualche influenza su Rosselli. Possiamo ritenere però con alta probabilità che il nostro domenicano fiorentino abbia osservato un’opera ispirata fortemente al ciclo del Camposanto, cioè Le pene dei dannati all’Inferno (1432-33) dipinta da Beato Angelico (1395-1455), anche lui frate domenicano del convento di San Marco (fig. 9).

Analizziamo ora la descrizione del Thesaurus dedicata ai sette scomparti. In questo punto la figura centrale di Lucifero svolge una funzione strutturante in quanto tutti gli 65 Ibid., p. 3v. 66 Ibid., p. 9v. 67

Cfr. J. Baschet, “I peccati capitali e le loro punizioni nell’iconografia medievale” in C.

Casagrande e S. Vecchio, I sette vizi capitali. Storia dei peccati nel Medioevo, Einaudi, Torino, 2000, pp. 225-260.

68

Sul Camposanto di Pisa si vedano C. Baracchini e E. Castelnuovo (a cura di), Il Camposanto di

Pisa, Einaudi, Torino, 1996; L. Bolzoni, La rete delle immagini. Predicazione in volgare dalle origini a Bernardino da Siena, Einaudi, Torino, 2002, pp. 3-46.

69

Anche Dolce (Romberch) consiglia di usare la parola “SALIGIA” per memorizzare i sette vizi capitali. Cfr. L. Dolce, Dialogo del modo di accrescere e conservar la memoria, cit., p. 125. Su questa parola si veda A. Watson, “Saligia”, Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, X, 1947, pp. 148-150.

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scomparti circostanti sono orientati sulla base della posizione relativa al diavolo. La prima zona dedicata ai superbi, dunque, si trova a destra di Lucifero, poiché costoro ne hanno imitato le azioni commettendo i più grave di tutti i peccati70. Vi si può scorgere un’idea di gerarchizzazione degli spazi che attribuisce un grande importanza alla destra. La Superbia viene infatti considerata nella tradizione della Chiesa come l’inizio di tutti i peccati, perché fu proprio il peccato di Lucifero, capo degli angeli ribelli, che desiderò salire fino al cielo opponendosi a Dio. L’autore rimanda i lettori ai loci riguardanti le Scritture (“Esaiae sententia 14. capite scripta [...] Et illud. 2. Mach.7.”)71. I superbi sono rappresentati prostrati e tormentati dalle fiamme. Tra loro inoltre sono presenti demoni, in forma leonina, che estraggono da terra, lacerandoli con artigli, i corpi dei superbi. L’autore sottolinea la somiglianza tra la superbia del leone e quella di questi dannati.

Nel secondo spazio, ubicato nella direzione corrispondente all’anca destra di Lucifero, ci sono gli avari ricoperti in ogni parte del corpo da sanguisughe, metafora dell’avaro. La posizione di questo scomparto contribuisce a ricordare il peccato, dice l’autore, giacché si suole portare i piccoli scrigni e le borse, oggetti bramati dagli avari, accanto a questa parte del corpo (coxa dextra). Questo è un esempio di “semanticità”, o, per meglio dire, antropomorfismo degli spazi, che attribuisce ai luoghi un significato derivante dalla cultura. Per giunta questi dannati hanno il corpo inclinato e il viso rivolto a terra, poiché tali peccatori, commenta Rosselli citando un brano biblico72, guardavano nella vita sempre le cose terrestri. Tra loro compaiono demoni rassomiglianti a lupi e a rospi che battono con bastoni il dorso dei peccatori.

Il terzo scomparto situato di fronte a Lucifero riguarda i lussuriosi, rappresentati con i genitali morsi dai vermi. Rosselli, come al solito, fa riferimento ai loci biblici come fonte autorevole di questa iconografia. Per ultimo egli descrive le figure dei demoni che tormentano i peccatori. Secondo lo stesso schema fin qui esposto, l’autore illustra anche i restanti scomparti, facendo abbondante riferimento ad immagini che costituiscono la traduzione stereotipata e, proprio per questo, autentica delle Scritture e degli insegnamenti della Chiesa. Quando possibile, viene indicata la gerarchia o il contenuto semantico degli spazi, stabiliti sulla base del riferimento costante alla figura di Lucifero. I gesti disperati dei

70

“Dextras enim non Dei sed Daemonis, hoc peccatorum maximo quo daemoniacam malitiam imitati sunt, sii antea in vita positi vendicaverunt.”, C. Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae, cit., p. 3v.

71

Ibid. Cfr. “Salirò fino al cielo, innalzerò il mio trono sopra le stelle di Dio; mi siederò sul monte dell’adunanza nelle estremità settentrionali. Salirò sulle alture delle nuvole, sarò simile

all’Altissimo”, Isaia, 14, 13-14. Sulla Superbia nella tradizione medievale cfr. C. Casagrande e S. Vecchio, I sette vizi capitali, cit., pp. 3-35.

72

“Iuxta illud Hieremiae.22.e. Tui vero occuli et cor ad avaritiam.”, C. Rosselli, Thesaurus

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peccatori e le loro figure contorte collocate nei loci infernali sono talmente impressionanti da fungere anche da imagines agentes.

La rappresentazione tradizionale dell’Inferno, resa canonica dall’affresco del Camposanto di Pisa, è tradotta da Rosselli in una struttura tridimensionale incentrata attorno alla figura di Lucifero e nitidamente compartimentata attraverso elementi architettonici quali gradini e mura. Inoltre l’Inferno del Thesaurus non costituisce uno spazio neutro e incolore, bensì si presenta come un locus fortemente vivacizzato da valori antropocentrici. Il settenario dei peccati capitali è, per dirlo con Baschet, “uno strumento adatto ad assicurare visibilità al mondo delle tenebre, a consentire di mettere ordine nel regno del caos”73. Così la città nefasta si è trasformata in un grande anfiteatro di atroci supplizi, che è in grado, con un’efficacia pari all’orrore, di imprimere le dottrine cristiane dei castighi nella mente degli spettatori, ossia di coloro che esercitano la mnemotecnica rosselliana.

3.1.3. La sacra gerarchia della luce: i Limbi e il Purgatorio.

Nelle cripte scavate nelle pareti che circondano l’Inferno vengono posizionati i due Limbi e il Purgatorio, a cui Rosselli dedica solo una breve descrizione.

Il “Limbum Puerorum”, incastrato nella cripta che si trova a destra di Lucifero, è dedicato ai non battezzati nati dopo il sacrificio di Cristo. Secondo i dottori della Chiesa, annota l’autore citando Tommaso d’Aquino74, questo “orlo estremo” per gli infanti fa parte dell’Inferno ed è ad esso contiguo. Ciononostante Rosselli l’ha collocato in una posizione più elevata rispetto all’inferno e lo ha diviso in due parti: maschile e femminile. Le anime infantili ivi collocate “duplices tenebras patiuntur gratiae scilicet: et gloriae”75.

Il Purgatorio è collocato nella cripta alla spalle di Lucifero. La sua posizione è più alta rispetto al Limbo suddetto e infatti “longe superiores gradu animabus (sic) puerorum existunt istae purgandae”. Riguardo alla santità del luogo, inoltre, qui “gloriae tantum, non tamen gratiae tenebras substinent, et patiuntur”76. Il Purgatorio presenta una forma rotonda somigliante a un grande pozzo o a un bagno pubblico, dal quale escono fiamme e fumo per affliggere le anime da purificare. Pur essendo molestate, se non tormentate, da demoni, queste anime sono accompagnate e incoraggiate da angeli confortanti.

Nella cripta a sinistra di Lucifero si trova il “Lymbus sanctorum patrum”. È situato in un posto “paulo superior” rispetto al Purgatorio, poiché, spiega l’autore basandosi su Tommaso d’Aquino, è destinato ai santi padri “in quibus minimum erat de ratione culpae,

73

J. Baschet, “I peccati capitali e le loro punizioni nell’iconografia medievale”, cit., p. 258.

74

“S. Tho. 4. sen.dis. 45. quaestio. 2.”, C. Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae, cit. p. 6v.

75

Ibid., p. 10r.

76

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supremum, et minus tenebrosum locum habuerunt”77.

Si noti che in questa serie di luoghi mnemonici dei Limbi e del Purgatorio, la luminosità e l’altezza aumentano a seconda della santità di ciascuno luogo. Quanto più sono immacolati e sacri gli abitanti, tanto più diventa alto e luminoso il luogo a loro assegnato. Tenendo presente questi due criteri mnemonici di altezza e luminosità, passiamo ora ad esaminare l’altra serie di loci mnemonici ancora più elevata e risplendente, cioè il mondo terreste.

3.2. Loca communia amplissima superiora: la storia naturale mnemonica.

Sono i luoghi posti al di sopra di quelli “inferiora” precedentemente esaminati e si compongono di quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco. Ciascun elemento si suddivide a sua volta in numerosi parti usando le “res, quae diversis in partibus elementorum vel inventiuntur: vel inveniri possunt: vel faciliter in eisdem imaginari valemus”, oppure tramite “eorum notabilis magnitudo”, cioè l’estensione di ogni elemento78. Infatti l’autore, dopo la definizione generale dei luoghi, comincia a illustrare concretamente la grandezza e la dimensione di ogni elemento, citando le teorie avanzate da “doctissimi Astronomi, maximae Alphagranus”. Secondo l’astronomo, l’acqua ha un’ampiezza dieci volte più grande della terra e, allo stesso modo, l’aria supera l’acqua e infine il fuoco soverchia tutti79.

Quindi Rosselli passa a descrivere tutte le parti di ogni elemento a partire da quella immediatamente sopra all’Inferno, passando poi agli ambienti naturali in cui vivono gli svariati animali, per arrivare a quella più alta contigua alla sfera della Luna. Infarcita di citazioni delle varie teorie e dottrine riguardanti ciascuna zona del mondo fisico, questa parte del Thesaurus appare quasi come una grande storia naturale mnemonica. Alla fine l’autore presenta un’immagine che riassume il mondo dei quattro elementi, la cui forma semicircolare ci ricorda, in un certo qual modo, il teatro della memoria di Giulio Camillo (fig. 10), che costituiva un altro tentativo di rappresentare la struttura del mondo in un ambiente orbicolare. Non è nostro proposito esaminare in dettaglio la composizione di tutte le parti dei quattro elementi, ma ne osserveremo solo le caratteristiche più significative. Il locus della terra si suddivide in sei parti80. La parte più profonda è composta solamente del puro elemento della terra, mentre dalla seconda in poi essa comincia a mescolarsi con l’acqua, l’elemento successivo. Le prime quattro parti sono occupate dai 77 Ibid., p. 6v. 78 Ibid., p. 15v. 79 Ibid., pp. 15v-16r. 80 Ibid., pp. 16r-16v.

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metalli e dalle pietre, sulla cui formazione le stelle e i pianeti hanno una certa influenza. La quinta parte invece è dedicata agli animali sotterranei quali serpenti, formiche e talpe, mentre la sesta corrisponde alla superficie terrestre in cui vivono gli uomini, i quadrupedi e le piante. Questa ultima parte è ulteriormente ripartita in varie zone, come ad esempio, Asia, Africa e Europa, oppure nord, sud, est e ovest. Vi si può scorgere una possibilità di applicare la geografia, la zoologia e l’etnologia all’arte della memoria. Infatti, come si vedrà più avanti, Rosselli amplifica questa parte trattando successivamente i “loca comunia ampliora”, categoria minore compresa negli “amplissima”.

Alla serie dei luoghi della terra segue la zona dell’acqua che si divide in cinque parti secondo la profondità; dal fondo marino alla superficie del mare e alle nave che lo solca81. Benché l’autore accenni solo alla varietà di pesci che vivono in ciascuna parte, è ovvio che si potrà anche in questo caso ampliare l’argomento consultando testi di ittiologia e di scienza nautica.

Il locus successivo, dedicato all’aria, è composto di ben nove parti, la cui descrizione è caratterizzata da numerosi riferimenti a meteorologi e filosofi che stabiliscono la composizione di ciascuna parte e ai fenomeni atmosferici che in essa avvengono82. Tra i nomi citati ricordiamo Aristotele, Sant’Agostino, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino. L’altra caratteristica da notare è l’uso della temperatura, insieme con la luminosità, come elemento importante per differenziare i luoghi. Tra le nove parti, secondo l’autore, le prime tre, più vicine alla superficie terrestre, sono calde e luminose grazie alla riflessione dei raggi solari, quelle del secondo trittico, lontane sia dalla terra che dall’elemento di fuoco, sono fredde e buie, mentre le ultime tre sono di nuovo calde e luminose per la loro vicinanza al fuoco. È un bell’esempio di sinestesia utilizzata dall’arte della memoria che permette alla mente di conservare le immagini.

Rosselli suddivide l’ultimo elemento “Ignis” in solo tre parti, a ciascuna delle quali dedica solo un breve commento. La parte inferiore è la zona in cui il fuoco nasce, scende e ascende, mentre nella seconda e terza parte si trovano due diverse galassie. Ma ci troviamo ormai di fronte al mondo celeste.

3.3. Loca communia amplissima coelestia: le costellazione della memoria.

I “loca communia amplissima coelestia” sono i luoghi ubicati sopra tutti i loca communia suddetti e si compongono di undici cieli, cioè quelli dei sette pianeti, quello delle

81

Ibid., pp. 16v-17r.

82

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stelle fisse, il “Nonum coelum”, il Primo Mobile e il “Coelum empyreum” (fig. 11)83. Riguardo ai sette cieli planetari Rosselli presenta, al fine di differenziare i luoghi, le serie settenarie degli dei pagani e dei metalli che venivano tradizionalmente fatti corrispondere ai corpi celesti. Ad esempio alla Luna sono associati la dea Diana e l’argento, mentre a Mercurio corrispondono il dio omonimo e l’ “argentum vivum”, e così via. L’autore descrive in dettaglio gli abiti e l’aspetto di ogni divinità, secondo le loro iconografie tipiche della tradizione.

L’ottavo cielo, scintillante dei diversi colori delle stelle fisse, può essere suddiviso in numerose parti, poiché non solo i dodici segni zodiacali ma anche tutte le altre costellazioni e stelle importanti sono utilizzabili come loci mnemonici. A questo proposito l’autore cita, come ci si può aspettare, il famoso precedente di Metrodoro di Scepsi (I secolo a.C.) che utilizzò i dodici segni dello zodiaco come luoghi della memoria suddividendoli in trecentosessanta parti84. Al di sopra dell’ottavo cielo si trova un angelo vestito di una stola aurea su cui scintillano numerose stelle. Si può usare anche questo spirito celeste come un locus.

Gli ultimi tre cieli non sono suddivisi in parti. Il nono cielo è presieduto da un angelo che indossa vesti blu con disegni a onde, mentre il decimo è rappresentato dall’angelo motore che porta abiti variopinti. Al Coelum Empyreum invece manca ogni caratteristica. Questo cielo infatti funge esclusivamente da fondamento su cui costruire l’ultimo amplissimo locus mnemonicus che è la Gerusalemme Celeste.

Per facilitare l’uso di questa serie abbastanza omogenea di undici cieli, Rosselli conclude il capitolo elencando le varie caratteristiche di ciascun cielo, utili per differenziare l’uno dall’altro. Così vengono presentati nome, moto, colore, misura, numero, ecc., di vari corpi celesti, come in un breve trattato di astronomia85. Tra gli autori citati in questa parte, ricordiamo Isidoro di Siviglia, Vincenzo di Beauvais, Tommaso d’Aquino, “Alphagrani et Albumassar”86 e Alessandro Piccolomini. In altre parole, i luoghi celesti sono composti sulla base delle esatte conoscenze scientifiche.

Il Thesaurus ci presenta dunque un’armoniosa compenetrazione di discipline. La serie dei luoghi della memoria offerta dall’autore funziona come un corpo organico in cui viene mostrato, in forma sistematica e memorabile, l’ordine essenziale ed universale dello scibile. Non essendo ancora influenzato dalla nascente scienza moderna ─ soprattutto riguardo al mondo celeste, la cui influenza si eserciterà solo a partire dai primi anni del XVII secolo─ , 83 Ibid., p. 21v. 84 Ibid., p. 22v. 85 Ibid., pp. 23v-27r. 86 Ibid., p. 24r.

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il sistema mnemonico di Rosselli costituisce una stabile impalcatura del sapere vigente sostenuto dalla Chiesa e dalla tradizione accademica. Questo enciclopedismo visualizzato raggiunge il culmine con la descrizione della Città Celeste, schema cognitivo minuziosamente articolato, in cui confluiscono conoscenze teologiche e quelle naturalistiche.

4. L’urbanistica mnemonica: Città Celeste come ars combinatoria dei luoghi.

4.1. La base teologica e filosofica della Gerusalemme Celeste e la sua tradizione iconografica nel medioevo.

Al di sopra del “Coelum Empyreum” si trovano gli ultimi loca comunia amplissima nominati “supercoelestia” ossia la “Civitas Dei”, costituita da numerosi luoghi mnemonici quali ordini e cori degli angeli e dei santi, il trono di Gesù Cristo, la fonte e l’albero della vita, le mura, le porte e le piazze. Tutti questi elementi sono fissati saldamente sul cielo dell’empireo, affinché la nostra memoria non vacilli87. Rosselli, nel dilungarsi a descrivere in dettaglio le singole parti della Città Celeste, coglie ogni occasione per esporre sequele di annotazioni e digressioni pertinenti, componendo così una sorta di summa teologica.

Prima di esaminare la struttura architettonica della città mnemonica, soffermiamoci sulla parte in cui l’autore tratta i significati teologici e filosofici del Paradiso. Queste sono forse le pagine più speculative ed ermetiche dell’opera e, proprio per questo, piene di spunti suggestivi per interpretare il pensiero del Rosselli teologo. “Coelum Empyrum”, dunque, è il cielo supremo, nella cui creazione erano collocati “segreti” (conditos) che i filosofi ignoravano88. Vista la natura insensibile di questi misteri sacri, continua l’autore, è naturale che essi non possano essere compresi dalla ragione umana, poiché la nostra cognizione, come sostengono Aristotele e Tommaso d’Aquino, nasce dalla percezione sensoriale. Tuttavia ci fu chi nel mondo antico fece congetture su ciò che è incomprensibile, anticipando la dottrina cristiana dell’eternità dell’anima. Così Rosselli cita i pensieri degli antichi a partire da “Divinus ille Plato in Phedone” e i suoi seguaci (accademici), “Mercurius Trismegistus”, “Calcidio” e Pitagora, filosofi che sono annoverati nella cosidetta

87

Ibid., p. 30r.

88

“Coelum Empyrem supremum est: ut pote super omnes alios coelos, in ipsa creatione conditos positum et constitutum: quod Phylosophi ignoravere.”, ibid., p. 38v.

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prisca teologia89.

L’autore passa poi a presentare le opinioni dei teologi cristiani insistendo soprattutto sulle varie denominazioni del Paradiso. Così si elencano i diversi nomi quali “locus sancutus”, “Mons domini”, “Domus aeterni patris”, “Ierusalem Civitas sancta”, “Civitas Dei”, “Terra promissimus” e “Hortus delitiarum”, a ognuno dei quali segue l’interpretazione teologica90. Particolarmente interessante dal nostro punto di vista risulta l’annotazione sull’appellativo “Ierusalem Civitas” e “Civitas Dei”. Raccontata da Ezechiele e dall’Apocalisse di Giovanni, la Gerusalemme nuova è una città piena di misteri di cui “fere omnia”, dice Rosselli, “hac in pictura ponere enixe curavimus”91. Si tratta dell’immagine della Città Celeste inserita nel Thesaurus (fig. 12). Infatti è l’illustrazione più dettagliata dei loca communia amplissima e riveste maggiore interesse se confrontata con la tradizione iconografica della Città. Se, inoltre, in questa raffigurazione fossero davvero racchiusi quasi tutti i misteri sacri riguardo all’altro mondo, la potremmo collocare nella tradizione monastica della meditazione. Come Mary Carruthers ha ben dimostrato, nel medioevo lo schema urbano gerosolimitano, insieme alle altre costruzione sacre quali tempio, giardino, arca, venivano utilizzate come supporto mentale su cui raccogliere i vari elementi tratti dalle Sacre Scritture, utilizzabili per pregare, meditare e comporre nuovi scritti e prediche92.

Ribadendo di nuovo nella pagina successiva l’importanza dell’“Ezechiele, et Iohanne Evangelista” come fonti della Gerusalemme Celeste del Thesaurus, Rosselli illustra uno schema generale della Città Celeste basato sulla descrizione delle Sacre Scritture. La Gerusalemme nuova dunque si divide in quattro parti attraverso le quattro torri erette ad intervalli uguali nelle mura della città93. Questa struttura rosselliana si conforma in linea di massima alla tradizione iconografica gerosolimitana. Nel medioevo e in buona parte dell’età moderna, infatti, la Gerusalemme Celeste è stata raffigurata, basandosi sul testo dell’Apocalisse (Ap 21), generalmente, come una città di forma quadrata o quadrangolare con tre porte su ogni lato, cinta da mura merlate e turrite (fig. 13)94. Tuttavia, come Agostino Colli ha dimostrato, esistono anche forti tradizioni che raffigurano la Gerusalemme Celeste, in contraddizione con le Sacre Scritture, come una città rotonda o, talvolta, poligonale (fig.

89 Ibid., pp. 38v-39r. 90 Ibid., pp. 39v-40v. 91 Ibid., p. 39v. 92

Su questo argomento si veda M. Carruthers, The Craft of Thought, cit.

93

“in quatuor partes dividimus, iuxta quatuor Turres, quas proportionabiliter et aeque distantes, in circuitu Civitatis, diversis in locis distinximus”, C. Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae, cit., p. 40v.

94

Sull’iconografia della Gerusalemme Celeste si veda M. L. Gatti Perer (a cura di), «La dimora di

(24)

14)95. Infatti anche Rosselli, dopo aver diviso in quattro la Città, ne descrive la forma circolare:

“Nam et si B. Iohannes dicat in quadro Civitatem positam esse non in circulo; nos picturae atque pictori consentientes, circularis figurae, ut pote, capacioris eam finximus, et pingere fecimus”96.

Rosselli teologo conosceva, ovviamente, la descrizione apocalittica della Gerusalemme Celeste, ma l’ha modificata in funzione della capacità di locus mnemonicus. In compenso, egli ripete, la forma rotonda della Città viene divisa in quattro parti da quattro torri in modo tale che in qesta divisione suggerisca una forma quadrata97.

È dunque assai suggestiva la scelta della forma rotonda da parte dell’autore, in quanto sia nell’Inferno, sia nel mondo fisico dei quattro elementi, sia nel mondo celeste, le forme circolari o semicircolari sono sempre preferite, come abbiamo avuto modo di sottolineare, quali luoghi ideali della memoria. Ora passiamo ad esaminare concretamente la struttura architettonica e urbanistica di questo Paradiso cristiano a pianta centrale.

4.2. La struttura architettonica della Gerusalemme Celeste.

4.2.1. Le mura esterne e le sue dodici porte.

In apertura del quinto capitolo della prima parte dedicato ai loca communia amplissima supercoelestia Rosselli disegna lo schema della Città98. Sulla grande piazza (platea) del cielo dell’empireo si trova un muro circolare in cui sono incastonate bellissime e brillanti pietre preziose, insieme con oro e pietre grezze. Questo muro è largo venticinque braccia e si eleva sei cubiti dalla piazza.

L’autore elabora successivamente questo disegno generale basandosi sulla descrizione nella sezione conclusiva dell’Apocalisse di Giovanni (Ap 21. 16-21)99. Dunque la larghezza, la lunghezza e l’altezza delle mura gerosolimitane sono uguali. In questa costruzione

95

A. Colli, “La tradizione figurativa della Gerusalemme celeste: linee di sviluppo dal sec. III al sec. XIV”, in M. L. Gatti Perer (a cura di), Immagini della Gerusalemme celeste dal III al XIV secolo, cit., pp. 119-144, in particolare p. 128.

96

C. Rosselli, Thesaurus artificiosae memoriae, cit., p. 40v.

97

“sed tamen eius circuitum in quatuor distinximus partes, iuxta quatuor turres, ut diximus: ut saltim hoc modo civitatem in quadro psitam esse significemus”, ibid., pp. 40v-41r.

98

Ibid., pp. 29v-30r.

99

(25)

muraria fatta di diaspro si trovano le dodici torri, le cui fondamenta sono adorne di dodici pietre preziose: diaspro, zaffiro, calcedonio, smeraldo, sardonice, cornalina, crisolito, berillo, topazio, crisopazio, giacinto e ametista. Ognuna delle dodici porte è invece ricavata da un’unica perla, mentre la piazza interna della città è di oro puro. A questo riguardo è interessante ricordare un’analoga struttura mnemonica ideata nello stesso periodo dal francescano Diego Valadés nella sua Rhetrica Christiana (Perugia, 1579), opera composta nel contesto dell’evangelizzazione delle Americhe. Si tratta di una grande immagine del tabernacolo di Mosè che serve a ricordare tutti i libri della Bibbia. Basandosi sulle descrizioni bibliche il francescano presenta dunque una costruzione sontuosa, le cui colonne sono abbellite da varie pietre preziose, tra cui si trovano anche le nuove gemme delle Indie100. Così questo trattato retorico ci suggerisce un fecondo rapporto tra l’arte della memoria e la storia delle pietre, tema che, come si vedrà più avanti, fu effettivamente sviluppato da Rosselli nella sua Città mnemonica.

Tornando al Thesaurus, nella descrizione rosselliana della Gerusalemme Celeste, oltre al cambiamento della forma delle mura da quadrata a rotonda, ci sono altri punti che non risultano fedeli alle Sacre Scritture. Ad esempio il testo dell’Apocalisse indica che sulle dodici fondamenta della città sono scritti i nomi dei dodici apostoli dell’Agnello e che sopra ciascuna porta, su cui sono scritti i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele, stanno dodici angeli (Ap 21, 12-14), che Rosselli non menziona. Inoltre nella iconografia tradizionale gerosolimitana la figura dell’Agnello, che manca anche essa nel Thesaurus, è talmente importante che viene spesso rappresentata, come simbolo di Cristo, nel centro della Città. Rosselli trasporta, invece, all’interno delle mura, alcuni di questi elementi mancanti, trasformandoli in altrettanti abitanti, cosicché elabora la costruzione architettonica interna della struttura urbana, lasciata vagha nell’Apocalisse101.

4.2.2. La struttura del cuore della Città.

Per quanto riguarda la struttura interna, concentriamoci prima sul complesso architettonico centrale costruito intorno al trono di Cristo102, mentre esamineremo più avanti le zone dedicate agli angeli ed ai santi, estese tra le mura e il trono.

Al di sopra della fertile montagna di Dio, che si erge al centro della piazza interna, si

100

Cfr. L. Bolzoni, Stanza della memoria, cit., p. 227. Sulla Rhetorica Christiana si veda C. Finzi e A. Morganti (a cura di), Un francescano tra gli Indios. Diego Valadés e la Rhetorica Christiana, Il Cerchio, Rimini, 1995.

101

Cfr. “Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio”, Ap 21, 22.

102

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