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(1)4 INTRODUZIONE La questione del “verismo musicale” è stata spesso affrontata, senza però trovare una risoluzione definitiva

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

La questione del “verismo musicale” è stata spesso affrontata, senza però trovare una risoluzione definitiva; forse è la natura stessa del termine ad impedire il raggiungimento di una definizione univoca e priva di contraddizioni. Il verismo in letteratura e in teatro (intendo il teatro di parola) è infatti connesso alla pratica e alla convinzione fine-ottocentesche di rappresentare la realtà nel suo farsi, nel suo apparire, così com’è. Ad essere precisi nessun sistema artistico codificato (narrativa inclusa) è capace di raffigurare la realtà, senza artifici e convenzioni; ciò vale a maggior ragione per il melodramma, del tutto impossibilitato ad offrire spaccati di vita reali né tantomeno realisticamente raffigurati, essendo un genere in cui linguaggio verbale e linguaggio musicale convivono, spettacolarità e appariscenza sono elementi imprescindibili, e i personaggi sono spesso ridotti a silhouette (in ambito verista si può parlare di

“tipi sociali”), privi di spessore psicologico.

Gli studi che si sono occupati del tema contengono di frequente imprecisioni ed errori, date e nomi sbagliati (di testi per musica, di librettisti e musicisti), che hanno reso più difficile il lavoro di ricerca e reperimento dei materiali. Inoltre non mi pare ci sia stato, da parte della critica contemporanea, uno sforzo concreto di definire il “verismo musicale”, sebbene l’argomento sia stato spesso affrontato (la questione ha acceso discussioni a partire dal XIX secolo, in seguito al clamoroso successo della Cavalleria rusticana di Mascagni.

Tuttavia per i teorici ottocenteschi il termine “verismo” aveva un’accezione sinonimica di “realismo” nel senso di rappresentazione verosimile e fedele della realtà). Dalla mancanza di organicità nella classificazione delle opere veriste, dalla mancanza di definizione del termine in ambito musicale, dalla mancanza di chiarezza in merito ai nuovi rapporti tra opere e spettatori, impresari ed autori, è sorta la necessità di affrontare un argomento tanto problematico, tracciare un

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5 quadro delle opere liriche che si possano considerare veriste, classificarle secondo peculiarità strutturali e tematiche (escludendo però l’aspetto strettamente musicale), e riflettere sul significato che può avere la denominazione di “verismo” in campo melodrammatico.

Tentare di rispondere ai dubbi emersi intorno al tema significa indagare il verismo operistico entro il proprio contesto letterario-teatrale-musicale, con particolare attenzione ai cambiamenti che l’Unità d’Italia ha avviato nel pubblico e nelle scelte intellettuali del tempo. L’unificazione del Paese ha costituito infatti uno spartiacque non solo politico e sociale, ma anche artistico e culturale. Il confronto con l’estero e l’intento di preservare il repertorio nazionale al cospetto dei grandi compositori francesi e tedeschi (primo fra tutti Wagner), e il nuovo assetto capitalista portatore di sostanzali trasformazioni anche nella gestione economico-finanziaria dei teatri (con conseguente rinnovamento sociale delle platee) hanno costretto artisti, critici e teorici, a ridefinire il ruolo dell’arte, ormai entrata a far parte dei meccanismi commerciali post-unitari:

La vera causa di questa prodigiosa riuscita [il successo della Cavalleria mascagnana]

risiede molto semplicemente nell’abilità dell’editore di fine secolo che ha capito che oggi si deve sfruttare un’opera d’arte con gli stessi mezzi usati per un prodotto farmaceutico e per una derrata alimentare1.

In questo senso è stato necessario indagare la rinnovata gestione teatrale della quale si sono occupati editori-impresari; le richieste del destinatario- fruitore sempre più presente e sempre più determinante nell’orientare gusti e mode; le scelte alle quali autori e compositori sono stati costretti per rendere il proprio lavoro appetibile e attraente, non di rado attraverso la raffigurazione di vicende intricate, colpi di scena, delitti e forti passioni (ereditati dal verismo narrativo).

1 J.CHRYSALE, in SCARDOVI,STEFANO, L’opera dei bassifondi. Il melodramma “plebeo” nel verismo musicale italiano, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 1994, p. 3.

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6 Il libretto per musica fine-ottocentesco (mi riferisco in particolar modo a quello di ambientazione meridionale di cui mi sono occupata io) si presenta dunque come un documento storico perché testimonia e utilizza usi, costumi, feste, canti e problematiche sociali del tempo. Il tentativo di rappresentare tranche de vie anche sulle scene melodrammatiche ha comportato infatti che gli autori attingessero dalla quotidianità veri e propri spaccati di vita, nella rappresentazione di ambienti, celebrazioni liturgiche e festeggiamenti popolari, questioni socio-politiche (mafia, camorra, delitto d’onore). Tuttavia questi stessi elementi documentari vengono svuotati dei propri intenti civili (presenti invece nei testi narrativi e/o drammatici di partenza), perché rivolti alla nuova audience post-unitaria, i cui interessi sono ridotti alla sola curiosità di folklore, fonte di forte attrazione soprattutto nei suoi aspetti più sconosciuti e trasgressivi (la presentazione di briganti, prostitute, delinquenti e malavitosi).

Con il cambiamento di pubblico e il diritto d’autore (che si consolida proprio negli anni Ottanta del XIX secolo), il libretto melodrammatico acquista una maggiore autonomia, e non è più totalmente subordinato alla composizione musicale. Vicenda, descrizione ambientale e status socio-culturale dei personaggi, costituiscono adesso gli elementi primari delle opere, sebbene vengano rielaborati secondo precedenti schemi romantici già consolidati e sperimentati al cospetto del pubblico, unico giudice con potere decisionale sulle sorti di ogni lavoro artistico.

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