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L’illuminazione di questi ambienti richiede la considerazione di molteplici aspetti a causa della varietà di esigenze e funzioni proprie degli stessi. In particolare l'illuminazione degli ambienti della specifica attività medica d

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CAPITOLO 1 - ILLUMINAZIONE DEGLI OSPEDALI

Negli ambienti ospedalieri si distinguono attività mediche, che considerano le esigenze del paziente, del personale addetto alla cura, del personale di servizio che svolge le attività cor- relate, di coloro che vivono occasionalmente l'ambiente ospedaliero, e attività riconducibili a quelle di altri ambienti di lavoro.

L’illuminazione di questi ambienti richiede la considerazione di molteplici aspetti a causa della varietà di esigenze e funzioni proprie degli stessi. In particolare l'illuminazione degli ambienti della specifica attività medica deve essere:

funzionale all’attività;

in grado di garantire l'efficienza, la sicurezza, l'igiene e il benessere di utenti e operatori.

Nelle strutture sanitarie occorre porre particolare attenzione agli aspetti che influiscono sulla psicologia del malato e sulle sue risposte alle stimolazioni fornite dall'ambiente in cui si trova. A tal fine occorre riprodurre condizioni ottimali per l'organo visivo sia tenendo conto dell'importanza rivestita dalla presenza di luce naturale, e dalla sua possibile fruizione dall'ambiente esterno senza recare fenomeni di abbagliamento diretto o riflesso, che modulando la quantità, la qualità e la distribuzione dell'illuminazione artificiale.

Riguardo la modulazione della quantità, elevati livelli di illuminamento conferiscono vivacità all'ambiente e stimolano l'attività dell'organismo, invece, bassi livelli di illuminamento predispongono al riposo e conferiscono all'ambiente un'atmosfera di tranquillità, intimità e rilassamento.

Riguardo l’aspetto qualitativo, la tonalità di luce assume notevole importanza per la psicologia e la salute del malato. Il colore negli ambienti ospedalieri infatti può diventare un importante fattore per la qualità dell’ambiente e deve essere scelto in funzione delle diverse condizioni del paziente. In particolare l’associazione del colore ad alcune reazioni dell’individuo, nonché i suoi effetti sull’uomo, basata sui soli sentimenti delle persone, e pertanto non supportati da dimostrazioni scientifiche validate, sono studiati dalla cromoterapia. Alcuni esempi hanno permesso di riscontrare, per un dato colore, la sensazione provocata sull’uomo:

rosso cui corrisponde forza, salute, vitalità, passione, stimolazione dell'appetito e accelerazione del battito cardiaco;

blu che risulta rilassante e che contribuisce ad aiutare a combattere ansia e nervosismo;

giallo che stimola l'apparato locomotore e la sfera intellettiva;

arancione che stimola allegria e aiuta a combattere la fatica;

viola che influisce su fantasia e creatività in quanto stimola l'emisfero destro del cervello.

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I colori hanno anche proprietà psico-fisiologiche, specie riguardo la sensazione di caldo e freddo, che può essere spiegata con la presenza di invisibili radiazioni caloriche (raggi infrarossi) contenute in percentuali variabili nei colori e che vengono riflesse dai vari oggetti.

A riguardo risulta evidente come i colori vicini al giallo e al rosso vengono percepiti come

"caldi" mentre quelli vicini al verde e all'azzurro vengono percepiti come "freddi".

Altri effetti dal punto di vista psicologico riguardano il punto di vista della profondità: le pareti con colori "freddi" vengono percepite come più lontane, invece, quelle con tonalità

"calde" vengono percepite come più vicine.

Si osserva altresì che la temperatura di un ambiente con colori caldi tende a essere percepita come leggermente più elevata di quella reale, al contrario, quella di un ambiente con colori freddi è percepita come leggermente più bassa.

Riguardo la distribuzione della luce artificiale, deve prevalere l'esigenza di garantire la tranquillità del paziente, per esempio, nelle camere di degenza a più letti l'illuminazione artificiale deve essere discreta nei confronti di un occupante e, nel contempo, adeguata per l'altro ricreando il più possibile le condizioni di dimora temporanea.

Il progetto illuminotecnico deve essere la sintesi, in termini di qualità ed efficienza, degli aspetti citati e richiede l’utilizzo di software di calcolo avanzati sviluppati da Software House

specializzate oppure direttamente dalle Aziende produttrici di apparecchi di illuminazione.

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1.1 - ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE DEI POSTI DI LAVORO IN INTERNO

1.1.1 - GENERALITA’

Negli ambienti di lavoro la luce è utilizzata per permettere e favorire la visione di uno specifico compito visivo/attività lavorativa.

In questi ambienti il progetto dell’illuminazione naturale e artificiale deve integrare luce e architettura per rispondere sia al bisogno di vedere in modo confortevole che alle esigenze,

emozionali e cognitive, poste alla base della percezione e della comunicazione visiva.

Il progettista illuminotecnico è chiamato quindi a intendere lo spazio come ambito scenico, sede di comunicazione degli specifici messaggi, per la pluralità di osservatori che usano gli occhi per ricevere informazioni che trascendono finalità utilitarie.

In ambito ergonomico deve altresì considerare le priorità di comfort o benessere visivo, di assenza di disturbi della vista e affaticamenti visivi, di fedele restituzione dei colori sia della scena che degli oggetti illuminati e di ambiente luminoso in grado di soddisfare, in termini di sicurezza e protezione, il maggior numero di utilizzatori.

La norma di riferimento è la UNI EN 12464-1, adottata dal Comitato Europeo di Normazione CEN nel giugno 2011 e pubblicata in Italia nel luglio 2011, recante i requisiti illuminotecnici per i posti di lavoro nell’ambiente interno ai fini del soddisfacimento delle esigenze di comfort visivo e di prestazione visiva.

Si riportano in Tab.1.1 e in Tab.1.2, rispettivamente per i compiti visivi degli edifici di cura e degli uffici, le tabelle della norma di riferimento che indicano i valori minimi dell’illuminamento medio ( ) E

m

, i valori minimi dell’uniformità di illuminamento ( ) U

O

, i valori massimi dell’indice di abbagliamento ( UGR

L

) e i valori minimi dell’indice di resa cromatica ( ) R

a

nonché le rispettive raccomandazioni e linee guida internazionali inerenti i temi dell’illuminazione dei luoghi di lavoro.

Per la valutazione dei livelli di illuminamento in un ambiente di lavoro è necessario introdurre le seguenti grandezze:

illuminamento medio “Average Illuminance”, definito dalla UNI EN 12665 in termini di illuminamento calcolato come media sulla superficie;

illuminamento mantenuto “Maintained Illuminance”, definito dalla UNI EN 12665 in

termini di valore sotto il quale non dovrebbe mai scendere l’illuminamento medio sulla

superficie specificata, e rappresenta, l’illuminamento medio nel momento in cui

dovrebbe essere eseguita la manutenzione.

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Tab.1.1) - UNI EN 12464-1: Edifici di cura (segue)

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Tab.1.1) - UNI EN 12464-1: Edifici di cura

Tab.1.2) - UNI EN 12464-1: Uffici

La UNI EN 12464-1 definisce illuminamento medio mantenuto “il valore al di sotto del quale l’illuminamento medio, su una specifica superficie, non dovrebbe mai scendere”, esprime i valori di E in lux (lx) e ne indica la misura in opera tramite luxmetri portatili.

m

L’uniformità di illuminamento è definita come il rapporto tra il valore di illuminamento

minimo e il valore di illuminamento medio calcolati o misurati sul piano di lavoro o su una

specifica superficie o considerando tutto l’ambiente di lavoro.

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1.1.2 - LOCALI OSPEDALIERI

Nel seguito verranno illustrati gli ambienti ospedalieri quali reparti di degenza, corridoi, accoglienza di pazienti e visitatori, laboratori di analisi, sale operatorie e ambulatori.

a) REPARTI DI DEGENZA

In una struttura complessa e articolata quale l'ospedale il reparto di degenza rappresenta, specie per il paziente, un microcosmo di dimensioni ridotte che ruota quasi esclusivamente attorno alla camera, e in particolare, attorno al proprio letto.

L'ambiente luminoso all'interno di questa realtà deve essere in grado di contribuire nel rendere funzionale, gradevole e accogliente il reparto sia nell'ottica del paziente indebolito fisicamente, psicologicamente e costretto dalla malattia in un ambiente non familiare, sia del personale che vi svolge un'attività altamente impegnativa. La camera di degenza rappresenta l'ambiente centrale rispetto alle attività di tutto il reparto in quanto:

i degenti vi trascorrono la maggior parte della giornata;

il personale medico e infermieristico svolgono le visite mediche e le quotidiane operazioni di medicazione e di controllo;

i familiari e i conoscenti vi trascorrono il tempo a disposizione per la visita al malato.

Il degente trasferisce in questo ambiente le proprie abitudini e svolge le attività quotidiane che il suo stato di salute gli permette di compiere, tra cui:

il riposo;

il consumo dei pasti;

la lettura e lo svolgimento di alcune attività personali;

il ricevimento di visite;

l’orientamento e lo spostamento all'interno della camera durante la notte;

la ricerca, di notte, di oggetti o interruttori per la luce o per le chiamate al personale.

Considerando le difficili condizioni psicofisiche del degente si possono riconoscere alcune

esigenze sia in termini di quantità di luce che di qualità dell'ambiente luminoso generato.

Le esigenze quantitative legate all’ambiente luminoso sono volte al garantire:

luce sufficiente per leggere;

luce sufficiente per garantire la percezione di tutto l'ambiente;

luce sufficiente durante la notte per orientarsi nell'ambiente rendendo, al contempo, possibile il riposo.

Le esigenze qualitative dell’ambiente luminoso sono:

godere di un buon apporto di luce naturale;

usufruire di una luce artificiale che abbia un'adeguata temperatura di colore rispetto al livello di illuminamento e alle condizioni di luce naturale cui l'occhio umano è abituato;

usufruire di una luce che abbia un'adeguata resa del colore che permette quindi di

percepire in maniera naturale l'ambiente circostante;

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usufruire per lo svolgimento delle proprie attività di un flusso luminoso diretto e personale che garantisca la "privacy" e il riposo di chi è vicino;

riposare e svolgere attività senza essere disturbati dalle sorgenti di luce nella camera nonché il controllo dell’abbigliamento diretto e riflesso.

La camera di degenza rappresenta altresì per il personale medico-infermieristico un ambiente di lavoro al quale sono connessi specifici compiti visivi che richiedono un elevato

grado di precisione e di velocità nella percezione di dettagli di dimensioni spesso ridotte.

Il lavoro del personale deve essere in ogni modo facilitato garantendo accessibilità alla strumentazione, flessibilità alle diverse disposizioni di arredamento e possibilità di

aggiornare o modificare la dotazione di equipaggiamento in modo veloce ed economico.

Le attività principalmente svolte sono l’assistenza quotidiana del malato, sia diurna che notturna, la distribuzione di farmaci e di vivande, le visite periodiche, la compilazione di cartelle cliniche ed eventuali interventi di urgenza. Da questo punto di vista le richieste prestazionali in termini di quantità di luce necessaria sono:

distribuzione uniforme della luce su tutta la superficie oggetto d'esame;

luce sufficiente a vigilare di notte sui degenti;

luce sufficiente a fornire prestazioni più complesse durante la notte.

In termini di ambiente di lavoro le esigenze qualitative per le degenze sono:

usufruire di una luce che abbia una temperatura di colore adeguata al livello di illuminamento;

usufruire di una luce che fornisca una buona resa del colore, essenziale, per la valutazione delle condizioni del degente;

usufruire di una luce che non arrechi disturbo durante lo svolgimento delle attività e tale da non provocare abbagliamento diretto o riflesso sugli apparecchi di strumentazione.

I livelli di illuminazione richiesti possono variare da valori estremamente bassi (5 lux per l'illuminazione notturna) a valori sufficienti per una percezione corretta dell'ambiente (100 lux), fino a valori molto elevati (1000 lux) necessari per una visita accurata del paziente effettuata dal personale medico.

La prestazione richiesta all’ambiente luminoso è fornire a ogni posto letto tutti i servizi necessari, sia al paziente che al personale medico, garantendo al contempo condizioni di degenza e di lavoro razionali e confortevoli. Per una camera di degenza in reparti di terapia normale una comune unità testaletto deve fornire, in relazione alle richieste specifiche dal committente, i seguenti componenti:

un'illuminazione generale garantita da un'emissione indiretta, generalmente realizzata

con sorgenti a fluorescenza tubolari, che indirizzi la luce verso il soffitto e la parte

superiore delle pareti che diventano, a loro volta, sorgenti di luce secondarie;

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un'illuminazione personale del degente, costituita da una sorgente con emissione diretta e un fascio luminoso ristretto all'area desiderata che lasci in ombra il resto dell'ambiente nonché da sorgenti fluorescenti o a incandescenza;

un'illuminazione per la visita medica, a volte coincidente con il sistema di illuminazione personale del degente e talvolta realizzata con l'accensione contemporanea dei sistemi di illuminazione generale e personale o, in altri casi, costituita da una sorgente supplementare specifica;

un’ illuminazione notturna discontinua, posta in corrispondenza di ciascun letto con emissione diretta verso il basso. Riguardo l'illuminazione permanente di riposo durante le ore notturne possono anche essere utilizzati apparecchi di illuminazione autonomi, come quelli in Fig.1.1, disposti al di sotto del piano del letto o a pavimento con accensione indipendente dagli altri sistemi.

Fig.1.1) - Esempio di soluzione per l'illuminazione permanente di riposo durante le ore notturne

Nell’analisi di un progetto illuminotecnico per le camere di degenza si fa riferimento alle cinque diverse condizioni di illuminazione artificiale di seguito esposte.

L’illuminazione generale deve essere sufficiente per permettere lo svolgimento di attività di routine sia da parte del personale medico e ausiliario che da parte del degente ed è inoltre importante che la sua caratterizzazione contribuisca a creare un'atmosfera piacevole e riposante.

L’illuminazione personale del paziente o di lettura deve essere in grado di fornire al degente, sul proprio letto, un'illuminazione adeguata a svolgere attività personali quali la lettura o altre attività manuali. A tal proposito si riportano due possibili soluzioni assumendo come riferimento il piano di lettura dato per un'area di larghezza 0,9 metri e di lunghezza 0,3 metri. La prima soluzione (v. Fig.1.2) prevede che sul piano di lettura posto a 1 metro dalla testa del letto, a un'altezza di 1,1 metri dal pavimento e con un'inclinazione di 75° il fattore di uniformità debba essere tale per cui l'illuminamento ai margini dell'area non risulti inferiore ai 2/3 dell'illuminamento che si ha al centro;

Fig.1.2) - Definizione dell’area corrispondente al piano di lettura

(Tratto da “Manuale di illuminotecnica” a cura di L. Fellin, G. Forcolini, P. Palladino)

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La seconda soluzione (v. Fig.1.3) prevede un’illuminazione da lettura per il degente su un piano inclinato di 45° rispetto all’asse orizzontale e alla distanza di circa 0,8 metri dalla testata del letto e illuminamento medio mantenuto compreso tra 200 e 300 lux.

Fig.1.3) - Riferimenti di quota per il calcolo degli illuminamenti nella zona letto delle camere di degenza (Tratto da “LIGHTING Lampade, apparecchi, impianti. Progettazione per ambienti interni” a cura di G. Forcolini)

Trattandosi di un'illuminazione generalmente diretta e personale è importante che nelle camere a più letti questa non costituisca fonte di disturbo per i degenti dei letti circostanti. A tal fine occorre evitare il controllo diretto sulla direzione della luce da parte dei degenti attraverso apparecchi mobili inoltre è indispensabile provvedere a una comoda accessibilità all'interruttore di accensione. Per evitare altresì l'abbagliamento nel campo visivo degli altri degenti il valore della luminanza della sorgente non deve superare 1000 cd/m

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. Per il paziente, spesso costretto alla posizione orizzontale del letto, assume molta importanza la colorazione e il relativo fattore di riflessione del soffitto che deve essere non inferiore a 0,7.

Ai fini del comfort illuminotecnico nelle camere di degenza occorre considerare le differenti, talvolta contrapposte, esigenze:

- di pazienti e visitatori, cui garantire un’adeguata illuminazione naturale, un contatto visivo con l’esterno, l’assenza di fenomeni di abbagliamento;

- del personale medico e infermieristico, che richiedono un’illuminazione artificiale adeguata a verificare lo stato di salute del degente (anche con osservazione visiva diretta) e livelli di illuminazione idonei a portare le cure e i trattamenti medici necessari al paziente stesso.

Le suddette esigenze sono correlate all’illuminazione per la visita medica, all’illuminazione permanente di riposo durante le ore notturne, all’illuminazione discontinua per piccole necessità notturne.

L’illuminazione per la visita medica deve essere in grado di fornire al personale medico-

infermieristico un'illuminazione adeguata a svolgere l'attività di visita e di assistenza del

malato. Viene solitamente adottata per la visita medica e l'osservazione dei pazienti una

luce supplementare, rispetto alle due precedentemente esaminate, in considerazione

degli elevati livelli di illuminamento richiesti e della necessità di ottenere un buon fattore

di uniformità su tutto il piano del letto (> 0,5). Altrettanto importante, in considerazione

della difficoltà del compito visivo svolto, è la definizione di un sistema di illuminazione

che garantisca l'assenza di fenomeni di abbagliamento nei confronti del personale

interessato e una resa del colore il più possibile prossima a quella della luce naturale.

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L’illuminazione permanente di riposo durante le ore notturne è indispensabile per consentire al personale infermieristico il movimento all'interno delle camere, la sorveglianza notturna del degente, l'orientamento e l'eventuale ricerca di oggetti o interruttori da parte del degente. Caratteristiche fondamentali sono il basso livello di illuminamento e la schermatura delle sorgenti per rendere possibile il riposo.

L’illuminazione discontinua per piccole necessità notturne prevede la disposizione di una sorgente luminosa in corrispondenza del letto per un uso occasionale da parte dei degenti o del personale infermieristico. L'area illuminata deve essere limitata alla parte superiore del letto interessato onde evitare di disturbare il riposo degli altri degenti presenti nella camera.

b) CORRIDOI

I corridoi rappresentano, dopo le camere di degenza, gli spazi fisici maggiormente utilizzati da degenti e personale sanitario oltre a essere luogo di relazione. La loro funzione consiste nel creare percorsi di collegamento tra i vari reparti dell’ospedale, tra le differenti zone di uno stesso reparto, tra le zone di attesa, di permanenza e quelle di lavoro. La dimensione e la complessità delle strutture ospedaliere ne rendono necessaria l’organizzazione in percorsi tali da agevolare l’orientamento. A tal fine l'illuminazione può essere utilizzata come elemento guida per indirizzare, verso i punti focali dei percorsi, coloro che accedono alla struttura ignorandone l'organizzazione funzionale. Gli apparecchi di illuminazione in questi spazi devono rispettare le seguenti esigenze quantitative e qualitative:

luce sufficiente a percepire l'insieme dell'ambiente;

luce sufficiente a garantire una certa continuità di illuminazione con le aree e gli ambienti adiacenti affinchè non si abbiano disturbi connessi all'adattamento dell'occhio alle variazioni di luminanza;

livelli di illuminamento variabili nell'arco della giornata, in particolare, tra periodo diurno e periodo notturno;

distribuzione uniforme dell'illuminamento anche quando se ne riduce il livello;

assenza di fenomeni di abbagliamento diretto o riflesso sia per chi percorre il corridoio, come per esempio il degente trasportato supino in barella, sia per chi soggiorna all'interno delle camere nel momento in cui vengono aperte le porte di comunicazione.

Le soluzioni progettuali adottabili sono pertanto costituite da apparecchi a plafone o a incasso con sorgenti fluorescenti tubolari o da apparecchi a parete a luce indiretta, entrambi, con dispositivo di accensione differenziato per garantire un diverso illuminamento nel periodo diurno e notturno.

c) ACCOGLIENZA PAZIENTI E VISITATORI

Il progetto illuminotecnico di questi ambienti richiede che l’illuminazione generale e quella

diretta in corrispondenza dei tavoli di lavoro siano regolate, nell'arco della giornata, in

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funzione di quella degli ambienti circostanti. In particolare occorre considerare l’illuminazione degli spazi di ingresso e di uscita dagli edifici in due condizioni estreme di

illuminazione esterna: illuminazione diurna in pieno sole e illuminazione notturna.

A riguardo la UNI EN 12464-1/2011:

richiede la previsione di un’adeguata zona di transizione in relazione sia agli aspetti di illuminazione che a quelli di comfort termico al fine di evitare improvvisi cambiamenti dovuti al passaggio dall’interno all’esterno;

precisa di verificare, nel passaggio da una zona destinata a uno specifico compito visivo alla zona circostante nello stesso ambiente di lavoro, che gli illuminamenti medi rimangano entro un determinato intervallo di accettabilità.

La presenza di pubblico richiede di aggiungere, alla dovuta attenzione verso gli aspetti ergonomici, quella nei riguardi dell'aspetto panoramico interno dell'ambiente di lavoro nell'uso del colore e nella scelta degli elementi di arredo e di illuminazione.

In questi locali sono presenti postazioni di lavoro le cui attività di compilazione, di lettura e di catalogazione delle schede, richiede l’ausilio sulle scrivanie di tastiere, videoterminali e di altre periferiche.

E’ in tal caso indispensabile per questi ambienti:

controllare i fenomeni luminosi che possono disturbare la visione localizzata sui piani di lavoro, i livelli di illuminamento, l’uniformità, la distribuzione delle luminanze, gli abbagliamenti e i contrasti;

considerare gli illuminamenti e le luminanze non solo sul piano orizzontale di riferimento ma anche sui piani verticali, poiché la visione è sovente di tipo frontale e lo sguardo è indirizzato lungo direzioni che sono prossime all'orizzontale;

tenere conto che il cono visivo dell'operatore ha un angolo ridotto perché lo sguardo si dirige, alternativamente, verso tastiera, documento e schermo, e che la visione interessa sia il piano orizzontale, e quindi tastiera e scrivania, che quello verticale dello schermo.

Gli elementi di disturbo per un operatore impegnato con lavoro al videoterminale sono riportati in Fig.1.4. Alcune regole pratiche che permettono di evitare i disturbi individuati consistono:

nel posizionare i videoterminali lontano dalle pareti finestrate, da lucernari o da vetrate, che è comunque opportuno schermare con tendaggi o altre barriere semitrasparenti o opache;

nell’assenza di pareti finestrate di fronte o dietro allo schermo video;

nell’orientare la direzione di mira dell'operatore, quanto più possibile, parallela al piano delle superfici vetrate evitano così nel campo visivo la presenza di superfici ad alta luminanza;

nel rendere il rapporto di luminanza tra lo schermo e i piani che lo circondano non

superiore a 1/10.

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Fig.1.4) - Elementi di disturbo per un operatore impegnato con lavoro al videoterminale (documentazione ARTEMIDE) (Tratto da “LIGHTING Lampade, apparecchi, impianti. Progettazione per ambienti” a cura di G. Forcolini)

La norma UNI EN 12464-1 prescrive la limitazione delle luminanze degli apparecchi per le direzioni dei raggi che formano angoli maggiori di 65° con l'asse verticale, assumendo, schermi dei videoterminali in posizione verticale o inclinati fino e non oltre 15° rispetto all'asse verticale. Per altre inclinazioni la norma indica altresì la necessità di eseguire analisi specifiche.

d) LABORATORI DI ANALISI

Anche in questi ambienti un sistema di illuminazione generale non sempre risulta sufficiente per soddisfare le esigenze connesse alle attività di analisi che si svolgono. Si distinguono quindi diverse condizioni di illuminazione:

illuminazione generale;

illuminazione generale orientata sul posto di lavoro;

illuminazione al posto singolo o sul posto di lavoro.

Con l'illuminazione generale si ottiene un grado uniforme di illuminamento che deve essere

integrato da un sistema generale orientato, qualora esistano postazioni di lavoro fisse, o da

un'illuminazione supplementare al singolo posto per ottenere livelli di illuminamento più

elevati o direzioni particolari della luce in corrispondenza di alcune postazioni. Se diverse

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attività di analisi vengono svolte all'interno dello stesso ambiente i sistemi di illuminazione presenti devono poter essere azionati separatamente.

Generalmente in questi ambienti è richiesto un elevato grado di resa del colore, indispensabile per il corretto giudizio ottico sulle sostanze e sui preparati da analizzare, così come la necessità di evitare riflessi fastidiosi sulle superfici di lavoro o sulle apparecchiature utilizzate.

Negli ultimi anni la tecnica degli ambienti controllati è diventato uno dei temi più attuali per l’industria in quanto le produzioni eseguite in particolari condizioni ambientali crescono di anno in anno. In particolare all’incremento della produzione di massa è accompagnato quello degli standard qualitativi negli ambienti controllati al fine di evitare errori e di contenere al minimo il margine di scarto.

Queste caratteristiche appartengono al progetto illuminotecnico di locali adibiti:

a farmacia, nei quali l'illuminazione fornita deve rendere possibile una rapida e corretta lettura delle etichette dei farmaci;

a lavori di ricerca e di laboratorio, che richiedono una qualità altrettanto alta di luce e di igiene poiché l’aria contaminata e la luce insufficiente sono entrambi fattori che possono compromettere il buon esito del lavoro condotto specie con nuove tecnologie.

I requisiti igienici degli apparecchi di illuminazione che conseguono sono protezione IP65, scarsa emissione di germi, resistenza a disinfettanti e prodotti chimici per la pulizia, perfetto funzionamento anche in ambienti sovra o depressurizzati, possibilità di incasso a filo soffitto.

e) SALE OPERATORIE

La sala operatoria è un ambiente in cui per il corretto svolgimento delle attività dello staff chirurgico devono essere garantiti una prestazione visiva ottimale e un elevato grado di comfort. In relazione alla configurazione della sala operatoria è necessario distinguere le due diverse condizioni di illuminazione di seguito descritte.

Illuminazione del tavolo operatorio deve essere in grado di fornire un adeguato livello di illuminazione sull'area in cui il chirurgo opera. I massimi valori di illuminamento devono essere raggiunti all'interno di una superficie di circa 20 cm di diametro mentre valori dell'ordine del 20-50% sono previsti nella parte esterna di una superficie di diametro 40 cm. Il flusso deve provenire da angoli ampi e diversi per evitare che si formino sul compito visivo ombre portate dovute alle mani del chirurgo o agli strumenti utilizzati.

All'interno del compito visivo i rapporti di luminanza devono essere compresi entro valori di 1:3 mentre tra compito e tavolo degli strumenti possono essere raggiunti rapporti dell'ordine di 5:1. Dal punto di vista qualitativo è necessario che le sorgenti utilizzate:

- abbiano una temperatura di colore adeguata;

- garantiscano un'ottima resa dei colori;

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- non siano in nessun caso fonte di abbagliamento per alcun componente dello staff chirurgico.

Altre caratteristiche fondamentali dell’illuminazione di un tavolo operatorio sono:

- la possibilità di orientare la luce in rapporto al tipo di intervento in corso;

- la necessità di limitare l'emissione della radiazione termica per assicurare le condizioni di comfort termoigrometrico dello staff e le caratteristiche di umidità dei tessuti corporei esposti durante l'intervento.

Tali esigenze vengono generalmente garantite da una grande unità a soffitto, chiamata lampada scialitica, costituita da uno o più bracci mobili orientabili. Ciascun braccio comprende più sorgenti luminose a incandescenza ad alogeni le cui emissioni nel campo infrarosso vengono opportunamente schermate e riflesse verso la parte superiore della lampada.

Illuminazione generale dell'ambiente deve fornire un'illuminazione sufficiente affinché non risultino eccessivi i contrasti di luminanza rispetto al tavolo operatorio e a tal fine occorre che i rapporti di luminanza vengano limitati tra 5:1 e 10:1. Dati gli elevati livelli di illuminamento richiesti nella zona operatoria il rispetto di questi rapporti per l'intero ambiente circostante comporterebbe valori di illuminamento tali da produrre un notevole apporto di calore.

È pertanto consigliabile un sistema di illuminazione generale che preveda una concentrazione delle sorgenti, generalmente incassate a soffitto, in prossimità dell'area operatoria in modo da:

- ridurre i problemi di adattamento dell'occhio a differenti valori di luminanza;

- minimizzare la possibilità che si formino sul tavolo ombre portate dai componenti dello staff.

Le sorgenti utilizzate per questo impianto devono:

- avere una resa del colore paragonabile a quella delle sorgenti che illuminano il tavolo operatorio;

- essere schermate per evitare fenomeni di abbagliamento;

- fornire un'illuminazione per quanto possibile uniforme e regolabile in rapporto alle diverse esigenze dello staff;

- essere compatibili con le esigenze di asetticità dell'ambiente.

All'interno delle sale operatorie vengono spesso installate lampade germicide con irraggiamento nel campo dell'ultravioletto (245 nm). Queste radiazioni possono risultare dannose per le persone pertanto se le sorgenti sono in funzione anche durante le operazioni occorre che le emissioni non superino valori dell'ordine di 0,5 µ W/cm

2

.

Negli ambienti connessi alla sala operatoria, quali lo spogliatoio di medici e infermieri, il locale per il lavaggio e la sterilizzazione, il locale anestesia, i corridoi di accesso, il sistema di illuminazione deve garantire livelli di illuminamento che consentano un rapido adattamento nel passaggio da e verso la sala operatoria inoltre il colore e la resa del colore devono essere uniformati a quelli della sala operatoria.

In particolare nei locali ove avvengono le operazioni di sterilizzazione e di anestesia l'illuminazione generale deve essere orientata sul posto di lavoro oppure occorre prevedere un'illuminazione localizzata.

Per permettere un'attenta pulizia e sterilizzazione del personale, che si appresta a

entrare in sala operatoria o che ne esce in seguito a un'operazione, sono necessari

elevati livelli di illuminamento (1500 lux).

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f) AMBULATORI E LOCALI PER ESAMI

Le richieste prestazionali per l'ambiente luminoso di questi locali variano notevolmente in

relazione alla natura dell'attività medica che si svolge e del compito visivo connesso.

Il progetto illuminotecnico di questi ambienti richiede un'illuminazione generale e un'illuminazione diretta in corrispondenza dei tavoli di lavoro, entrambe, regolabili nell'arco della giornata in funzione dell'illuminazione degli ambienti circostanti.

In termini di qualità dell'ambiente luminoso è necessario evitare la presenza di sorgenti nel campo visivo del medico, la possibilità di riflessioni moleste su superfici lucide e la presenza di sorgenti luminose con temperature di colore differenti.

Essendo in presenza di un'illuminazione localizzata, che spesso fornisce valori di illuminamento molto più elevati rispetto a quelli presenti nel resto dell'ambiente, è consigliabile per il comfort visivo del medico il rispetto del rapporto di luminanza:

pari a 1:3 all'interno del campo visivo principale;

pari a 5:1 tra compito visivo e superfici scure lontane;

pari a 1:5 tra compito visivo e superfici luminose lontane.

In questi locali l’igiene e la pulizia sono elementi imperativi nel lavoro quotidiano, inoltre, il personale medico ha bisogno quasi sempre della massima concentrazione e deve pertanto disporre di perfette condizioni di luce che agevolino anche le mansioni visive più difficili.

Nel caso dell’ambulatorio della U.O. Endoscopia, che sarà descrittto nel paragrafo 3.2.9, il particolare compito visivo svolto dagli operatori richiede un’illuminazione indiretta.

La normativa UNI EN 12464-1 impone i valori limite delle luminanze per prevenire

l’abbagliamento diretto e riflesso sui videoterminali a seconda delle applicazioni.

I valori previsti si riferiscono principalmente ai monitor verticali.

Occorre precisare che le superfici dei monitor moderni sono schermate così da non

provocare fastidiosi riflessi neanche con luminanze più elevate di quelle raccomandate dalle

norme.

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1.2 - VALUTAZIONE DEI FENOMENI DI ABBAGLIAMENTO

L’abbagliamento è definito nella normativa internazionale CIE 17.4 come la condizione della visione durante la quale si prova un danno o una riduzione della capacità di distinguere i dettagli di un oggetto, a causa, di una ripartizione non favorevole della luminanza o per contrasti eccessivi. Questi fenomeni si verificano in tutti i casi in cui insorge una particolare situazione di disturbo che può degenerare fino a una perdita temporanea della percezione visiva. La situazione di disturbo è dovuta, in genere, all’improvviso contrasto di una sorgente luminosa con luminanza notevolmente superiore a quella dello sfondo o alla media delle altre sorgenti, primarie e secondarie, presenti nel campo visivo.

Il fenomeno dell’abbagliamento determina la riduzione sia dell’acuità visiva che della velocità di percezione nonchè un aumento eccessivo dei contrasti.

La prevenzione dell’abbagliamento pertanto è necessaria per evitare affaticamento visivo, errori e incidenti. L’abbagliamento può essere distinto in:

abbagliamento diretto, prodotto da una o più sorgenti luminose, come lampade o apparecchi di illuminazione, che emettono nella stessa direzione di osservazione;

abbagliamento indiretto, dovuto a una o più sorgenti luminose la cui emissione luminosa non avviene nella direzione di osservazione, in tal caso, si possono verificare fenomeni di riflessione, abbagliamento riflesso, dovuti a superfici lucide che ricevono luce da sorgenti interne o esterne all’ambiente di lavoro.

Le conseguenze, che gli eventuali fenomeni dovuti all’abbagliamento possono produrre sulle prestazioni visive, permettono di distinguere l’abbagliamento in:

abbagliamento molesto“Discomfort Glare”, produce una sensazione di sgradevolezza, come disturbo o disagio, senza necessariamente compromettere, cioè turbare o impedire, la visione;

abbagliamento perturbatore“Disability Glare”, compromette, cioè turba o impedisce, la visione senza produrre alcuna sensazione di sgradevolezza.

Negli ambienti interni l’abbagliamento molesto può essere prodotto direttamente dagli apparecchi di illuminazione o dalla radiazione solare diretta proveniente dalle finestre, e può dipendere:

dalla luminanza degli apparecchi di illuminazione;

dalla disposizione degli apparecchi di illuminazione nell’ambiente di lavoro;

dalle caratteristiche dell’ambiente di lavoro;

dalle condizioni di osservazione.

Nell’illuminazione artificiale di ambienti interni si procede alla verifica dei fenomeni di

abbagliamento molesto utilizzando metodi proposti a livello internazionale, analitici o grafici,

tra cui:

(17)

18

il metodo delle curve limite di luminanza o degli abachi di Söllner, metodo grafico noto anche come “Sistema europeo di controllo dell’abbagliamento” e in Italia riportato nella UNI 10380;

il metodo dell’indice di abbagliamento UGR (Unified Glare Rating), metodo analitico introdotto dalla Commissione Internazionale di Illuminazione CIE 117 e in Italia riportato nella UNI 11165.

1.2.1 - METODO DELLE CURVE LIMITE DI LUMINANZA

L’utilizzo del metodo delle curve limite di luminanza o di Söllner consente la verifica semplificata delle condizioni, direzioni di vista, per le quali può presentarsi abbagliamento

diretto dovuto agli apparecchi di illuminazione. Il metodo, introdotto in Italia con la UNI 10380, può essere applicato ad ambienti di forma parallelepipeda, per apparecchi

disposti in maniera regolare, compiti visivi che si svolgono in direzioni di vista orizzontali e/o paralleli alle pareti e per dati intervalli dei coefficienti di riflessione delle pareti che delimitano l’ambiente. Per poter procedere alla valutazione dell’abbagliamento con questo metodo è necessario disporre del diagramma, noto come abaco di Söllner, fornito dal produttore e valido per lo specifico apparecchio di illuminazione.

Nel diagramma sono riportate le curve limite di luminanza standard e le curve di luminanza caratteristiche dell’apparecchio in esame.

Fig.1.5) - Diagramma delle curve limite di Fig.1.6) - Diagramma delle curve limite di luminanza di tipo A (estratto da UNI 10380) luminanza di tipo B (estratto da UNI 10380)

Le curve limite di luminanza dipendono dalle caratteristiche di emissione luminosa degli apparecchi di illuminazione e, nella UNI 10380, sono standardizzati due tipi di diagrammi:

diagramma tipo A (riportato in Fig.1.5), relativo agli apparecchi senza bordi laterali

luminosi e agli apparecchi con bordi laterali luminosi paralleli alla direzione di vista;

(18)

19

diagramma tipo B (riportato in Fig.1.6), relativo agli apparecchi con bordi laterali luminosi a eccezione degli apparecchi compresi nel tipo A.

Le curve limite di luminanza sono riferite alla classe di qualità del sistema di illuminazione e all’illuminamento medio relativo al compito visivo considerato. Le classi di qualità del sistema di illuminazione indicate nella UNI 10380, contraddistinte con una lettera dalla A alla E, in relazione all’impegno richiesto per lo svolgimento del compito visivo sono riportate in Tab.1.3. Si osserva che le classi A e B sono tipiche dei principali compiti visivi svolti negli ambienti di lavoro.

Tab.1.3) - Classi di qualità del sistema di illuminazione in funzione del compito visivo (UNI 10380)

Nei diagrammi riportati le curve limite di luminanza sono riportate nell’intervallo angolare

°

° 85

45 γ rispetto all’asse verticale in senso antiorario, nel quale ricade il campo visivo di un osservatore con direzione di vista orizzontale secondo lo schema di Fig.1.7.

Fig.1.7) - Rappresentazione geometrica per la determinazione dell’angolo γ

L’angolo γ è calcolato come:

h

S

= a γ tan essendo

a (m), la distanza orizzontale tra l’occhio dell’osservatore e l’apparecchio di illuminazione più lontano nel locale;

h (m), la distanza tra l’occhio dell’osservatore e l’apparecchio di illuminazione, che

S

coincide con la distanza H definita per la determinazione dell’indice UGR in Fig.1.5.

Per valutare l’abbagliamento diretto prodotto dagli apparecchi di illuminazione con il metodo delle curve limite di luminanza si può procedere secondo le seguenti indicazioni.

1) Selezionare il tipo di diagramma A o B in relazione alla tipologia di apparecchi, con o

senza bordi laterali luminosi, installati.

(19)

20

2) Selezionare la classe di qualità del sistema di illuminazione in funzione dell’impegno previsto per lo svolgimento del compito visivo.

3) Selezionare il livello di illuminamento medio relativo al compito visivo.

4) Selezionare la curva limite di luminanza di riferimento per il caso in esame.

5) Verificare l’eventuale sovrapposizione della curva caratteristica dell’apparecchio fornita dal produttore alla curva limite, individuata al punto precedente, effettuando la valutazione in accordo ai seguenti casi riportati in Fig.1.8:

Fig.1.8) - Esempi di valutazione delle condizioni di abbagliamento diretto

se la curva caratteristica dell’apparecchio non interseca la curva limite di riferimento come al caso (a), non si verificano fenomeni di abbagliamento;

se la curva dell’apparecchio interseca una volta la curva limite di riferimento si verifica abbagliamento se sono presenti apparecchi di illuminazione installati nell’intervallo

'

45 ° ≤ γ ≤ γ , corrispondente alla zona tratteggiata al caso (b), indicata come zona critica;

se la curva dell’apparecchio interseca due volte la curva limite di riferimento si verifica abbagliamento se sono presenti apparecchi di illuminazione installati nell’intervallo

' '

' γ γ

γ ≤ ≤ , corrispondente alla zona tratteggiata al caso (c), indicata come zona critica.

1.2.2 - METODO DELL’INDICE UGR

L’indice UGR permette di valutare per via analitica gli eventuali fenomeni di abbagliamento molesto, che si potrebbero manifestare in un ambiente di lavoro, per effetto delle sorgenti presenti ed è espresso in funzione:

della luminanza dello sfondo, L (cd/m

S 2

);

della luminanza del generico apparecchio installato nell’ambiente, L (cd/m

i 2

);

della direzione che ha la congiungente apparecchio-occhio dell’osservatore;

dell’angolo solido sotto il quale l’osservatore vede il generico apparecchio di illuminazione, ω

i

espresso in steradianti sr;

della posizione reciproca tra l’osservatore e il generico apparecchio di illuminazione.

L’indice UGR può essere calcolato con la relazione:

(20)

21

 

 

 ⋅

= ∑

= N

i i

i i S

L UGR L

1 2 2 10

25 , log 0

8 ρ

ω (1)

essendo N il numero complessivo degli apparecchi di illuminazione installati nell’ambiente e ρ

i

l’indice di Guth relativo al generico (i-esimo) apparecchio di illuminazione.

L’indice di Guth rende conto della posizione reciproca tra l’osservatore e il generico apparecchio di illuminazione e può essere determinato con espressioni analitiche come la (2) o mediante tabelle.

Fig.1.9) - Posizione dell’apparecchio rispetto all’osservatore

( )





 ⋅ ⋅ + + ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅



 − ⋅ − ⋅

= 9 3 2 5 2

2

1 35,2 0,31889 1,22 10 21 0,26667 0,002963 10

ln

τ σ τ τ σ

ρ

e τ

(2)

ove τ e σ sono gli angoli illustrati nella Fig.1.9.

Un metodo alternativo, riportato nella pubblicazione CIE 117, ricava l’indice di posizione di Guth interpolando i valori del prospetto riportato in Tab.1.4. le cui tre coordinate T , R e H necessarie sono illustrate in Fig.1.9.

Il sistema di coordinate T , R , H può essere utilizzato anche per definire il valore degli angoli C e γ necessari al calcolo della luminanza L dell’apparecchio essendo:

 

 

= 

R

C arctan T per apparecchio disposto trasversalmente;

 

 

− 

= R

C 90 arctan T per apparecchio disposto longitudinalmente;





 +

= H

T R2 2 arctan

γ

Nella UNI EN 12464-1 sono indicati, in relazione al tipo di ambiente di lavoro e del compito visivo/attività lavorativa svolti, i valori limite ( UGR )

UNI

dell’indice UGR . Al fine di evitare fenomeni di abbagliamento molesto dovrà risultare UGR ≤ ( UGR )

UNI

.

Legenda

1 Osservatore

2 Asse della visione

3 Centro apparecchio

(21)

22

Tab.1.4) - Indici di posizione di Guth per rapporti H /R e T /R

Dalla Tab.1.5 si osserva che i valori dell’indice UGR risultano in genere compresi nell’intervallo 10÷30, per valori inferiori a 10 non si ha abbagliamento e per valori superiori a 30 l’abbagliamento può risultare elevato.

Tab.1.5) - Valori di riferimento dell’indice UGR in relazione a tipi di compiti visivi/attività lavorative

(22)

23

La valutazione dell’indice UGR può essere condotta:

per via analitica utilizzando la relazione (1);

tramite il metodo tabellare descritto nella UNI 11165, e utilizzando le tabelle fornite dal produttore degli apparecchi di illuminazione;

con l’uso di software avanzati per il calcolo illuminotecnico.

L’applicazione dell’indice unificato di abbagliamento ( UGR )

UNI

è limitata a sorgenti di luce che determinano, nelle condizioni supposte, un angolo solido compreso tra 0,1 sr e 0,0003 sr. Si osserva che un angolo solido di 0,1 sr è determinato da un apparecchio di forma quadrata con lato di 1 metro visto da una distanza di circa 3 metri. L’abbagliamento molesto, per sorgenti molto piccole, è determinato dall’intensità luminosa più che dalla luminanza perciò l’indice UGR non è applicabile per sorgenti con angolo solido minore di 0,0003 sr.

La valutazione rapida dell’indice UGR può essere condotta utilizzando tabelle fornite dal produttore e valide per la specifica tipologia di apparecchi di illuminazione. Nelle tabelle dell’indice UGR ne sono riportati i valori in funzione delle dimensioni geometriche dell’ambiente e dei coefficienti di riflessione delle superfici che delimitano l’ambiente stesso.

Per una valutazione rapida si può procedere secondo le indicazioni operative di seguito riportate.

1) Effettuare un rilievo geometrico delle dimensioni dell’ambiente e della disposizione degli apparecchi di illuminazione nell’ambiente stesso.

2) Effettuare un rilievo dei coefficienti di riflessione ( ) r delle superfici che delimitano l’ambiente. Se una significativa porzione delle superfici verticali o orizzontali è occupata da arredi, come armadi o scrivanie, occorre rilevare il valore di ( ) r anche

per questi elementi.

3) Determinare la distanza ( ) H tra l’occhio dell’osservatore e l’apparecchio di illuminazione, come indicato in Fig.1.10, e i rapporti

H RX = X

e

H

RY = Y

, essendo X e Y le dimensioni in pianta dell’ambiente. L’altezza convenzionale dell’occhio di un osservatore seduto rispetto al piano di calpestio è generalmente considerata pari a 1,2 metri.

Fig.1.10) - Distanza (H) tra l’occhio dell’osservatore e l’apparecchio di illuminazione

(23)

24

4) Utilizzare la tabella dei valori di UGR fornita dal produttore, impiegando come dati di ingresso i valori dei coefficienti di riflessione delle superfici che delimitano l’ambiente, le dimensioni dell’ambiente e la direzione (trasversale o longitudinale) sotto la quale è visto l’apparecchio di illuminazione, e determinare il valore di UGR corrispondente ai dati di ingresso.

5) Verificare la necessità di correggere i valori di UGR determinati al punto precedente, in genere riferiti a un flusso luminoso standard di 1000 lm, aggiungendo un termine correttivo ( ) C relativo all’effettivo flusso luminoso emesso dalle lampade installate nell’apparecchio di illuminazione.

Il termine C è dato dalla relazione:

 

 

 Φ

= 8 log

10

1000 C

essendo Φ (lm) l’effettivo flusso luminoso emesso dalle lampade installate.

6) Verificare la necessità di correggere ulteriormente i valori UGR determinati al punto precedente in funzione della interdistanza ( ) D di installazione degli apparecchi riportata in Tab.1.6 per un flusso luminoso di 8600 lm.

Tab.1.6) - Valori di UGR riferiti ad un flusso luminoso pari a 8600 lm

7) Confrontare i valori di UGR ottenuti con i valori limite ( UGR )

UNI

indicati nella

normativa per la tipologia di ambiente di lavoro in esame e per i compiti visivi che vi

si svolgono.

(24)

25

1.3 - ILLUMINAZIONE NATURALE DEI POSTI DI LAVORO IN INTERNO

La luce naturale rappresenta da sempre un elemento caratterizzante l’architettura.

L’estrema variabilità dei valori assoluti di luce diurna non permette di stabilire in modo agevole la qualità di un ambiente in relazione all’illuminazione naturale, pertanto, occorre fare riferimento a un indicatore prestazionale noto come Fattore (medio) di Luce Diurna (Daylight Factor) generalmente espresso in percentuale.

Tale parametro permette di caratterizzare l’attitudine di un ambiente all’utilizzazione della luce naturale e la disponibilità di luce naturale nell’ambiente. Il fattore medio di luce diurna è stato introdotto con la Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 3151 del 22 Maggio 1967 recante i criteri di valutazione delle grandezze atte a rappresentare le proprietà termiche, igrometriche, di ventilazione e di illuminazione nelle costruzioni edilizie.

Nella Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n.13011 del 1974 si fa espressamente riferimento al fattore medio di luce diurna per “(…) assicurare l’economica realizzazione dei livelli di illuminazione prescritti e rispondere contemporaneamente alle esigenze derivanti dalla protezione dall’irraggiamento solare (…)”. Si riportano in Tab.1.7 i valori minimi del fattore medio di luce diurna indicati nella Circolare del 1974.

Tab.1.7) - Valori minimi del fattore medio di luce diurna in ambienti ospedalieri (CM 13011-1974)

I valori limite di riferimento del fattore medio di luce diurna sono indicati, in Italia, nella normativa tecnica UNI 10840 aggiornata nel 2007 e variano tra 1% e 5%.

Occorre altresì considerare che a ogni orientazione delle finestre corrispondono diverse situazioni di irraggiamento delle superfici verticali, in particolare:

una parete esposta a Sud riceverà in inverno un irraggiamento solare di debole intensità (a causa del notevole strato d’aria attraversato) con un angolo di incidenza molto piccolo (data la modesta altezza del sole sull’orizzonte) e i due effetti, compensandosi, portano a un flusso energetico piuttosto elevato;

le pareti con esposizione Est e Ovest ricevono i raggi del sole soltanto all’alba e al

tramonto (quando cioè il sole è relativamente basso sull’orizzonte), pertanto, l’incidenza

dei raggi sarà sempre molto prossima a essere perpendicolare e la quantità di energia

ricevuta riprodurrà l’andamento dell’intensità stagionale della radiazione solare,

risultando, forte in estate e debole in inverno;

(25)

26

una parete esposta a Nord durante la stagione estiva riceve sole nelle prime ore dell’alba e nelle ultime del tramonto, pertanto, l’irraggiamento corrispondente risulterà essere sempre modesto e la componente diffusa dalla volta celeste rilevante.

In molti regolamenti edilizi è espressamente richiesto il metodo del Fattore di Luce Diurna per la valutazione dell’illuminazione naturale degli ambienti per soddisfare i requisiti di abitabilità degli alloggi con un valore del 2% mentre per la ventilazione naturale la superficie finestrata apribile è pari a 1/8 di quella del locale.

1.3.1 – IL FATTORE MEDIO DI LUCE DIURNA

Si definisce Fattore (medio) di Luce Diurna ( FLD

m

) il rapporto percentuale fra l’illuminamento (medio) all’interno dell’ambiente ( ) E , dovuto alla luce naturale ad un certo

i

istante, e l’illuminamento esterno ( ) E

eo

su un piano orizzontale non ostruito in assenza di irraggiamento solare diretto all’istante medesimo. L’espressione di calcolo, in conformità con la norma UNI 10840/2007, è la seguente:

eo i

m

E

FLD = E

Il Fattore di Luce Diurna dipende essenzialmente dalle caratteristiche dimensionali e fotometriche dell’ambiente interno e di quello esterno considerati e si calcola assumendo come riferimento il piano di lavoro.

Si osservi che il Fattore di Luce Diurna tiene conto solo della componente diffusa dal cielo e non di quella solare diretta, inoltre, non permette di valutare il disturbo visivo causato da fenomeni di abbagliamento dovuti al contrasto luminoso. In letteratura sono consigliati valori medi ( FLD

m

) del fattore di luce diurna in relazione alla sensazione luminosa prodotta

da un ambiente, generalmente validi senza distinzione di destinazione d’uso, come riportato in Tab.1.8.

Tab.1.8) - Sensazione luminosa prodotta da un ambiente in relazione al Fattore medio di Luce Diurna

(26)

27

Scrivendo l’equazione di bilancio energetico, uguagliando il flusso luminoso che entra dalla superficie finestrata al flusso assorbito dalle superfici interne del locale, è possibile ottenere per il calcolo del Fattore medio di Luce Diurna ( FLD

m

) la relazione (3):

⋅ ε ⋅ ψ

= ⋅

m T

g

m

S a

t

FLD A (3)

ove A è l’area della superficie vetrata della finestra (m

g 2

);

t è il coefficiente di trasmissione luminosa del vetro (fornito in genere dal produttore);

S è l’area totale delle superfici interne del locale (m

T 2

);

a è il coefficiente medio di assorbimento delle superfici interne del locale;

m

ε è il fattore finestra;

ψ è il coefficiente di riduzione del fattore finestra.

Il fattore finestra è un coefficiente adimensionale che, in assenza di schermature o ostruzioni esterne, può assumersi pari a 0,5 per superfici vetrate verticali e pari all’unità per superfici vetrate orizzontali. A seconda dei casi si può determinare il fattore finestra:

mediante il diagramma in Fig.1.11, riportato anche nelle Linee Guida per l’Edilizia Sostenibile della Regione Toscana, nel caso di finestre verticali in presenza di ostruzioni esterne;

Fig.1.11) - Fattore finestra: grafico per la sua determinazione (UNI 10840)

in base alla geometria della finestra (larghezza, lunghezza e profondità di installazione rispetto al filo esterno della facciata) correggendo il fattore finestra con un opportuno coefficiente di riduzione ( ) ψ mediante il diagramma in Fig.1.12 riportato anche nelle Linee Guida per l’Edilizia Sostenibile della Regione Toscana;

Fig.1.12) - Coefficiente di riduzione: grafico per la sua determinazione (UNI 10840)

(27)

28

mediante il diagramma in Fig.1.13 riportato anche nelle Linee Guida per l’Edilizia Sostenibile della Regione Toscana nel caso di ostruzioni sia prospicienti la finestra sia dovute ad aggetti orizzontali tipo balconi o gronde.

Fig.1.13) - Determinazione di ε nel caso di ostruzioni sia prospicienti la finestra sia dovute ad aggetti orizzontali tipo balconi o gronde

Le espressioni di calcolo relative a ciascuno dei casi esposti sono le seguenti:

1.3.2 – IL DIMENSIONAMENTO DELLE FINESTRE

Per un corretto dimensionamento delle finestre occorre considerare che la presenza di finestre estese comporta una maggiore disponibilità di luce naturale (di solito gradita agli utenti) e di ventilazione naturale (utile per il raffrescamento passivo degli ambienti) e che finestre troppo estese possono produrre eccessive dispersioni termiche in periodo invernale e un accentuato riscaldamento estivo della temperatura interna degli ambienti.

Riguardo il requisito di illuminazione naturale è possibile determinare, sin dalle prime fasi della progettazione, le dimensioni delle finestre partendo dall’espressione (3) e ricavando:

g m

S

T

a

m

t

A FLD ⋅ ⋅

= ⋅ ψ

ε (4)

Nella relazione (4) con A si indica l’area della sola porzione vetrata della finestra, e quindi,

g

per il dimensionamento della superficie finestrata complessiva occorrerà sommare ad A

g

(28)

29

l’area del telaio (fisso e mobile) che potrà risultare compresa tra il 20% ed il 60% dell’area complessiva della finestra a seconda della tipologia di telaio prescelta.

Per garantire le condizioni di buona illuminazione, oltre alle dimensioni della finestra, occorre valutare anche:

la posizione della finestra, o delle finestre, dell’ambiente in esame in relazione alle (eventuali) ostruzioni esterne;

la forma del vano finestra;

il tipo di vetro, di telaio e delle (eventuali) schermature;

la forma e la profondità dell’ambiente;

il rapporto tra la superficie finestrata e la superficie in pianta dell’ambiente;

il rapporto tra la superficie finestrata e la superficie della parete che contiene la finestra.

Si osserva altresì che il coefficiente di trasmissione ( ) t del vetro è pari a:

0,9 per il tradizionale vetro chiaro da finestre (lastra non trattata con spessore di 4 mm);

0,35÷0,45 nel caso di lastre trattate (per esempio per le finalità di isolamento termico) e

nel caso di composizioni di vetrate doppie o triple (utilizzate per migliorare l’isolamento

termo-acustico delle finestre).

(29)

30

1.4 - ILLUMINAZIONE DI EMERGENZA

L’illuminazione di emergenza in un ospedale deve soddisfare due esigenze fondamentali:

l’evacuazione di pazienti e persone in caso di necessità e la fornitura di servizi essenziali ai pazienti che non possono essere evacuati.

A questo scopo occorre studiare due differenti sistemi di illuminazione di emergenza di cui:

il primo richiede livelli di illuminamento relativamente bassi, permette esclusivamente il riconoscimento delle vie di fuga e la mobilità delle persone all’interno dell’ospedale;

il secondo deve essere in grado di fornire, all’interno di aree critiche come la terapia intensiva, livelli di illuminamento del tutto paragonabili a quelli normalmente presenti.

L'illuminazione di emergenza è prevista per essere utilizzata in caso di assenza di alimentazione dell'illuminazione normale ed è quindi alimentata da una sorgente di energia indipendente.

Nell'ambito della UNI EN 1838 il termine illuminazione di emergenza assume significato generico di cui esistono numerose applicazioni specifiche riportate nello schema di Fig.1.14.

Fig.1.14) - Applicazioni dell’illuminazione di emergenza

Quando si trattano l’illuminazione e la segnalazione di sicurezza si utilizzano terminologie contenute nei testi di legge o nei documenti normativi pertanto risulta opportuno richiamare i termini più significativi identificando la fonte della definizione.

Illuminazione di emergenza – Illuminazione destinata a funzionare quando l’alimentazione dell’illuminazione normale (ordinaria) viene a mancare. Terminologia tratta dalla Norma CEI EN 60598-2-22.

Illuminazione di sicurezza – Parte dell’illuminazione di emergenza destinata a provvedere alla sicurezza delle persone durante l’evacuazione di una zona o di coloro che tentano di completare un’operazione potenzialmente pericolosa prima di lasciare la zona stessa.

Terminologia tratta dalla Norma CEI EN 60598-2-22.

Illuminazione di riserva – Parte dell’illuminazione di emergenza che consente di

continuare la normale attività senza sostanziali cambiamenti. Terminologia tratta dalla

Norma UNI EN 1838.

(30)

31

Illuminazione di sicurezza per l’esodo – Parte dell’illuminazione di sicurezza, destinata ad assicurare che i mezzi di fuga possano essere chiaramente identificati e utilizzati in sicurezza quando la zona è occupata. Terminologia tratta dalla Norma UNI EN 1838.

Illuminazione di sicurezza antipanico di aree estese – Parte dell’illuminazione di sicurezza, destinata a evitare il panico e a fornire l’illuminazione necessaria affinchè le persone possano raggiungere un luogo da cui possa essere identificata una via di esodo.

Terminologia tratta dalla Norma UNI EN 1838.

Illuminazione di aree ad alto rischio – Parte dell’illuminazione di emergenza, destinata a garantire la sicurezza delle persone coinvolte in processi di lavorazione o situazioni potenzialmente pericolose e a consentire procedure di arresto adeguate alla sicurezza dell’operatore e degli occupanti dei locali. Terminologia tratta dalla Norma UNI EN 1838.

Uscita di sicurezza - Uscita destinata a essere utilizzata per ragioni di sicurezza, in caso di emergenza. Terminologia tratta dalla Norma UNI EN 1838.

Via di esodo – Percorso destinato all’esodo verso un posto (area) di sicurezza, in caso di emergenza. Terminologia tratta dalla Norma EN 50172.

Segnale di sicurezza – Segnale che esprime un messaggio generale di sicurezza, ottenuto con la combinazione di un colore e di una figura geometrica e che , con l’aggiunta di un segno grafico o di un testo, esprime un messaggio di sicurezza particolare, il tutto regolamentato a livello normativo. Terminologia tratta dalla Norma UNI EN 1838.

Segnale di sicurezza illuminato esternamente – Segnale illuminato, quando richiesto, da una sorgente esterna. Terminologia tratta dalla Norma UNI EN 1838.

Segnale di sicurezza illuminato internamente – Segnale illuminato, quando richiesto, da una sorgente interna. Terminologia tratta dalla Norma UNI EN 1838.

Autonomia di impianto – Autonomia di funzionamento in modo emergenza richiesta nell’impianto specifico. Terminologia tratta dalla Norma EN 50172.

Apparecchio per illuminazione d’emergenza di tipo autonomo – Apparecchio del tipo permanente o non permanente nel quale tutti gli elementi, come la batteria, la lampada, l’unità di controllo e i dispositivi di prova e di segnalazione, se previsti, sono incorporati nell’apparecchio o adiacenti a esso (ovvero, entro 1m di lunghezza del cavo).

Terminologia tratta dalla Norma CEI EN 60598-2-22.

Apparecchio per illuminazione d’emergenza ad alimentazione centralizzata – Apparecchi permanente o non permanente alimentato da un sistema di emergenza centralizzato, cioè non incorporato nell’apparecchio.

Terminologia tratta dalla Norma EN 50171.

Sistema di alimentazione centralizzata – Sistema di alimentazione centralizzata che fornisce tutta la potenza di emergenza richiesta per l’apparecchiatura di sicurezza senza alcuna limitazione della potenza in uscita.

Terminologia tratta dalla Norma EN 50171.

Apparecchi di emergenza (illuminazione o segnalazione) con illuminazione permanente – Significa che le lampade sono sempre alimentate, e quindi il tubo fluorescente è sempre acceso, sia in condizioni di presenza di rete che in condizioni di emergenza.

Apparecchi di emergenza (illuminazione o segnalazione) con illuminazione non permanente - In un apparecchio di questo tipo, la sorgente luminosa è spenta in presenza della rete di alimentazione e si accende solo quando viene a mancare l’alimentazione ordinaria.

Sistema di alimentazione a bassa potenza – Sistema di alimentazione centralizzata con limitazione della potenza in uscita del sistema a 500 W per 3h o di 1500 W per 1 h.

Terminologia tratta dalla Norma EN 50171.

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