• Non ci sono risultati.

3.1 I caratteri della produzione ceramica nel Valdarno Inferiore

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "3.1 I caratteri della produzione ceramica nel Valdarno Inferiore "

Copied!
14
0
0

Testo completo

(1)

313 3. Conclusioni

I dati emersi dallo studio analitico dei contesti ceramici di Pisa e di San Genesio hanno permesso di delineare un quadro complesso relativo ai caratteri della produzione, del consumo e della circolazione dei manufatti ceramici bassomedievali nel Valdarno Inferiore. Le tematiche saranno di seguito approfondite singolarmente e in maniera diacronica, per provare a ricostruire il rapporto tra città e campagna che sussisteva nell’area del Valdarno Inferiore in epoca bassomedievale.

3.1 I caratteri della produzione ceramica nel Valdarno Inferiore

I dati emersi dallo studio del materiale ceramico proveniente dai due siti analizzati e le informazioni tratte dalla letteratura edita hanno permesso di approfondire il tema relativo alla produzione di vasellame nell’area del Valdarno Inferiore.

Le tracce materiali della produzione ceramica nel Valdarno Inferiore sono relative a scarichi di fornace individuati a Fauglia

1

, Palaia

2

, La Rotta

3

e Stibbiolo

4

, riferibili a centri produttivi vicini che dovettero funzionare tra XI e XIII secolo (Fig. 93).

Si tratta di fornaci, definibili secondo lo schema di Peacock come “single workshop”

5

, dotate di torni veloci, specializzate, come quella di Stibbiolo che produceva solo ceramica dipinta di rosso, e quella di Fauglia dove invece veniva prodotto solo vasellame acromo depurato, oppure che fabbricavano indistintamente ceramica da mensa, dispensa e cucina, come quelle di Palaia e La Rotta.

Altre botteghe dovevano essere presenti nella zona delle colline livornesi dove si producevano ceramiche grossolane caratterizzate dalla presenza di gabbri all’interno dei

1 DANI,VANNI DESIDERI 1981.

2 CIAMPOLTRINI 1979, 1996.

3 DANI,GIUNTI,MENICUCCI 1988.

4 CIAMPOLTRINI 2005, pp. 158-159.

5 PEACOCK 1997, pp. 16-20.

Fig. 93. Localizzazione delle fornaci note dalla letteratura edita.

(2)

314 corpi ceramici che testimoniano una certa continuità con l’età classica e il periodo tardoantico nella produzione di stoviglie da cucina locali

6

. Vasellame di questo tipo, con il medesimo impasto

7

, è attestato a San Vincenzino (Vada) e a San Genesio, ma non ce n’è traccia nella città di Pisa, almeno tra XI e XII secolo, dove sembra arrivare ceramica da cucina solo dalla zona dei Monti pisani

8

.

I due corpi ceramici con gabbri presenti a San Genesio hanno caratteristiche tessiturali e granulometria differenti dovute al loro utilizzo per foggiare forme diverse (G24 è usato per modellare le olle e G4 per testi, tegami e casseruole), a testimonianza della presenza di più officine che producevano forme differenti oppure di una specializzazione interna alla stessa bottega.

Per le fasi di XI-XII secolo mancano dati in merito a eventuali strutture produttive entro le mura di Pisa: non è mai stato, infatti, rinvenuto alcuno scarto di produzione riferibile al vasellame acromo quindi è per ora da escludere la presenza in città di fornaci da ceramica, mentre sembra probabile una loro collocazione nelle vicine aree di cava dell’argilla localizzabili lungo la pianura terminale dell’Arno

9

.

Il rinvenimento di vasellame depurato con un impasto caratterizzato da microfossili permette, invece, di ipotizzare la presenza di un altro centro produttivo nei pressi del borgo di San Genesio, già sede in età altomedievale di officine che producevano acroma depurata, grossolana e ceramica a bande rosse, che si specializzerebbe dopo il 1000 nella produzione di ceramica da mensa e dispensa: nella prima metà dell’XI secolo, vengono foggiati con questo corpo ceramico orcioli, catini e forme chiuse ansate, morfologicamente ancorati alla tradizione altomedievale.

Dall’analisi dei materiali provenienti dagli scavi urbani di Piazza Dante e Piazza dei Cavalieri, è possibile osservare un netto miglioramento nei processi di depurazione della materia prima, che coinvolse le fornaci dislocate lungo l’Arno, almeno a partire dalla fine del X-prima metà XI secolo

10

. L’evoluzione tecnologica è rintracciabile anche nei materiali dello scavo di San Genesio, dove dall’inizio dell’XI secolo aumenta in maniera esponenziale la presenza di impasti grossolani ben cerniti, indicativi di una rinnovata attenzione nella fabbricazione di ceramica, ed è attestato, con percentuali più alte rispetto al periodo precedente, il campione D2, probabilmente importato proprio dall’area pisana, molto depurato, ben cernito e caratterizzato da una granulometria molto fine.

Il momento di vitalità è dimostrato anche dalla crescita numerica dei corpi ceramici presenti a San Genesio rispetto alle epoche precedenti, indizio della nascita, in area valdarnese, di nuovi centri produttori di ceramica e quindi di un probabile aumento della domanda di vasellame.

Le ceramiche prodotte dalle fornaci dislocate lungo il Valdarno inferiore hanno, tra X e XI secolo, un areale di diffusione che comprende quasi tutta la costa e la valle dell’Arno, almeno fino a San Genesio.

6 La produzione di ceramiche gabbriche è attestata senza soluzione di continuità dal III-II secolo a.C.

(MENCHELLI 2003, pag. 112; CIRRONE 2013, pp. 511-512).

7 Desidero ringraziare la dott.ssa Eleonora Cirrone per avermi permesso di confrontare i corpi ceramici di San Genesio con quelli provenienti dallo scavo della villa di San Vincenzino (Vada).

8 CANTINI 2010b, pag. 114.

9 Ibidem.

10 Ibidem.

(3)

315 Il sistema di produzione per “single workshop” non sembra cambiare nel XII secolo, quando invece compaiono forme nuove, tegami in acroma grossolana, che testimoniano nuovi modi di cucinare.

Le officine localizzabili nell’area delle colline livornesi e a San Genesio continuano a produrre ceramica. Gli areali di diffusione dei prodotti ceramici valdarnesi non cambiano rispetto al periodo precedente.

L’inizio del XIII secolo, relativamente ai caratteri della produzione, invece rappresenta un vero e proprio momento di svolta: le officine fanno il loro ingresso in città in coincidenza con l’introduzione di nuove tecnologie per la produzione di ceramica da mensa rivestita.

Le botteghe urbane si configurano ora come “nucleated workshop”

11

, agglomerati di officine che producono prodotti per la mensa e la dispensa rivestiti o acromi, come dimostrano gli identici corpi ceramici che caratterizzano le depurate, le invetriate monocrome e le maioliche arcaiche. La toponomastica ci aiuta a localizzare le nuove botteghe, dislocate a sud dell’Arno, ai due estremi della città

12

(Fig. 94).

11 PEACOCK 1997, pp. 16-20.

12 BERTI 1997, pp. 237-241.

Fig. 94. Localizzazione delle officine che producevano ceramica rivestita da mensa.

(4)

316 Le caratteristiche produttive delle rivestite da mensa ne fanno un prodotto estremamente complesso, che necessitava di una doppia cottura, quindi di botteghe strutturate, e di nuove materie prime per i rivestimenti, come lo stagno per lo smalto e la fritta per la vetrina, richiedendo quindi l’utilizzo e l’acquisizione di processi tecnologici più evoluti. Come nel Lazio siamo quindi di fronte ai “primi prodotti interamente urbani, che nel mondo rurale non sono in grado di produrre in proprio”

13

.

L’evoluzione dei processi tecnologici sembra andare di pari passo con esigenze mutate da parte degli acquirenti, che ora richiedono vasellame acromo morfologicamente diverso, come dimostra la comparsa di ciotole, probabilmente utilizzate come contenitori monoporzione per il consumo dei pasti, salvadanai e forme per l’illuminazione.

Nuove officine, specializzate nella produzione di ceramica invetriata da cucina, nascono anche nel contado, in particolare nelle Colline Metallifere e in Versilia dove si fabbricano tegami invetriati con prese a bugna o a corno, importate in maniera massiccia dalla città di Pisa.

Le bottega localizzata a San Genesio continua la sua attività rimanendo comunque ancorata alle tradizioni dei periodi precedenti e producendo forme simili a quelle che hanno caratterizzato i corredi da mensa e dispensa di XII secolo, forse perché i vasai non dovevano soddisfare una domanda esigente di vasellame come quella della città.

Un’altra novità risiede invece nella nascita di una nuova officina, che si aggiunge alle precedenti, nella zona delle colline livornesi: gli impasti grossolani caratterizzati dalla presenza di gabbro che arrivano a San Genesio e San Vincenzino sono differenti da quelli che ora iniziano a penetrare in città andando a testimoniare l’esistenza di centri produttivi diversi, uno deputato al rifornimento dell’area urbana e l’altro della campagna.

Anche nell’area probabilmente prossima alla città di Pisa, o all’interno della città stessa, nascono nuove botteghe specializzate nella produzione degli orci da olio, foggiati a mano con l’utilizzo di impasti molto grossolani, che si diffondo in ambito urbano e lungo la valle dell’Arno, come dimostrato dal rinvenimento di San Genesio.

Per il periodo compreso tra X e XII secolo siamo di fronte quindi a un sistema produttivo paragonabile a quello delle “singole officine” descritte da Peacock

14

, che producono vasellame d’uso quotidiano, il cui trasporto su lunghe distanze non è necessario. Solo all’inizio del XIII secolo si assisterà a un drastico cambiamento che determinerà la nascita di “agglomerati di officine” ma solo all’interno del perimetro urbano, mentre nelle campagne resisterà la tradizione produttiva precedente, che verrà soppiantata solo alla fine del secolo con la nascita di nuovi centri produttivi di vasellame rivestito da mensa in siti rurali come Montelupo Fiorentino.

3.2. I caratteri del consumo

I due siti presi in considerazione hanno cronologie differenti, che combaciano solo dalla fine del XII alla metà del XIII secolo: il confronto diacronico dei corredi tra l’ambito urbano e rurale sarà quindi affrontato in base alla letteratura edita disponibile per Pisa per

13 MOLINARI 2010, pp. 139-140.

14 PEACOCK 1997, pag. 17.

(5)

317

f. X-f. XI XII-i. XIII i. XIII-f. XIII

Importazioni 90 495 572

Anfore 15 31 75

0 100 200 300 400 500 600 700

il periodo compreso tra XI e metà XII secolo, mentre sarà realizzato in maniera più approfondita per le fasi coeve dei due siti.

XI secolo

Il corredo da mensa e da dispensa di XI secolo relativo alla città di Pisa risulta abbastanza variegato con la presenza di catini per la conservazione degli alimenti, brocche/boccali, spesso con bollo impresso, per la mescita e orcioli che potevano contenere liquidi o solidi.

La ceramica da cucina invece era rappresentata da olle, per la cottura di zuppe, testi per la preparazione di focacce e casseruole, utilizzate per arrostire carni tenere. Il panorama era arricchito da forme chiuse rivestite da vetrina sparsa, provenienti probabilmente dall’area laziale, da ceramica a colature rosse di produzione locale, e da poche importazioni dall’area mediterranea, provenienti dall’Egitto e dalla Tunisia, che potrebbero essere state utilizzate non per la mensa, ma come bacini posti a decorazione delle chiese per poi essere smaltite una volta persa la loro funzione primaria.

Sempre in città, dopo un periodo di totale assenza, ricominciano ad arrivare, in poche quantità, anche le anfore dalla Sicilia, dal Nordafrica e dall’area laziale, che dovevano probabilmente trasportare vino, cereali o olio

15

.

A San Genesio (Tavv. 138-139) il corredo di XI secolo mostra caratteristiche analoghe a quello pisano se si esclude la presenza, nel sito rurale, di forme chiuse ansate foggiate con impasti grossolani e utilizzate probabilmente per riscaldare i cibi insieme alle olle. Le poche importazioni dalla Sicilia islamica erano sicuramente utilizzate per la decorazione della facciata della nuova pieve e non per la mensa, come farebbe pensare anche l’assenza di forme chiuse. Le anfore, invece, non riescono ad arrivare a San Genesio forse perché le derrate alimentari erano trasportate in altri contenitori, oppure perché il sito riusciva a soddisfare le esigenze alimentare dei suoi abitanti in maniera autonoma.

XII

Il XII secolo si configura come un periodo di grandi cambiamenti relativamente ai caratteri del consumo ceramico.

Per quanto riguarda la città, dalla metà del secolo, assistiamo ad arrivi sempre più massicci di vasellame esotico (Fig. 95) che inizia probabilmente a essere utilizzato anche sulla mensa.

15 FATIGHENTI 2013, pp. 38-40.

Fig. 95. Attestazioni, in termini di numeri minimi, di vasellame importato per periodi.

(6)

318

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900

f. X-f. XI XII-i. XIII i. XIII-f. XIII

Chiese Case-torri Pellicciai Fabbri

Per quanto riguarda i corredi di produzione locale è possibile notare la comparsa del tegame, forse usato in sostituzione delle casseruole per la preparazione di arrosti. Il panorama delle ceramiche da mensa e dispensa, invece, non subisce grandi stravolgimenti, rimanendo sostanzialmente invariato.

I contenitori da trasporto, dopo una leggera flessione negli arrivi della prima metà del secolo, ricominciano a essere presenti in grandi quantità, con esemplari provenienti dal Nordafrica, dalla Sicilia e anche da Otranto.

Le trasformazioni nei corredi assumono ora ritmi differenti tra città e campagna: a San Genesio (Tavv. 138-139), infatti, nuove forme, tegami e ciotole, fanno la loro comparsa solo alla fine del secolo, quando anche le importazioni dall’area mediterranea, in particolare dalla Tunisia e dalla Spagna, aumentano e iniziano a essere utilizzate anche per la mensa, probabilmente dei canonici, dato il loro rinvenimento all’interno di immondezzai pertinenti all’area ecclesiastica.

La presenza delle ciotole, utilizzate forse come contenitori monoporzione, nei corredi da mensa, potrebbe costituire indizio di un nuovo modo di stare a tavola.

XIII

La prima metà del XIII secolo costituisce un altro momento di forte crescita del consumo di ceramica, forse anche a grazie al notevole incremento demografico relativo a questo periodo.

In città gli arrivi sempre maggiori di vasellame esotico ne permettono la diffusione tra strati sempre più ampi della popolazione, come dimostrano i materiali provenienti dai quartieri artigianali dove lavoravano fabbri o pellicciai, che sicuramente non facevano parte della classe elitaria (Fig. 96).

Fig. 96. Attestazione, in termini di numeri minimi, delle importazioni rivenute nei diversi contesti urbani.

(7)

319

0.00 20.00 40.00 60.00 80.00 100.00 120.00

F3 1183 F8, 9, 11 s./t.d.

XIII secolo

F12, 15, 16 s.q.

XIII secolo

F19 t.q. XIII secolo

F21 u.q. XIII secolo-1333

Invetriata da cucina Acroma grossolana

Inizia poi la produzione di ceramica rivestita per la mensa, maiolica arcaica e invetriata monocroma, inizialmente poco diffusa e considerata un prodotto di lusso, destinato ai ceti sociali più alti

16

. L’introduzione di queste nuove tecniche non sembra però mettere in crisi i consumi di ceramica proveniente dal Mediterraneo, che continua ad arrivare in maniera massiccia sul mercato pisano. Un’altra “rivoluzione” è determinata, in questa prima metà del secolo, dall’utilizzo di rivestimenti vetrosi sulle stoviglie da cucina, che venivano con questa tecnica rese impermeabili. Tali ceramiche, di produzione regionale o importate dalla Sicilia e dalla Provenza, iniziano a essere introdotte in città diffondendosi sempre di più a scapito delle acrome grossolane (Fig. 97).

Relativamente ai corredi in depurata viene introdotta la ciotola per il consumo individuale degli alimenti, a testimoniare, insieme alla diffusione di stoviglie rivestite, mutate esigenze di “decoro nel consumo dei pasti”

17

, e gli orci da olio foggiati a mano con impasti molto grossolani.

Anche a San Genesio le trasformazioni nel consumo di vasellame si fanno più evidenti nella prima metà del secolo, con l’introduzione di nuove forme come il paiolo per la cottura in sospensione, e gli orci da olio. I corredi sono arricchiti da un numero sempre maggiore di importazioni mediterranee provenienti dalla Tunisia, dall’Italia meridionale, dalla Spagna e dalla Siria, mentre è completamente assente la maiolica arcaica, che evidentemente nella fase iniziale della produzione non riesce a spingersi nell’entroterra. La presenza di una giara islamica si spiega con il suo uso come contenitore per il trasporto di olio o cereali

18

.

Per quanto riguarda i caratteri del consumo ci troviamo quindi di fronte a due siti che, sebbene abbiano una connotazione topografico-urbanistica, appaiono molto simili differenziandosi solo alla metà del XII secolo, quando l’insediamento rurale sembra essere

16 MOLINARI 2010, pag. 139.

17 Ibidem, pag. 138.

18 NAVARRO PALAZON,JIMENEZ CASTILLO 2010, pag. 696.

Fig. 97. Attestazione, in termini percentuali, della ceramica da cucina acroma e invetriata per fasi.

(8)

320

f. X-f. XI XII-i. XIII I. XIII-f. XIII

Importazioni da scavo 90 495 572

Bacini 146 173 148

0 100 200 300 400 500 600 700

leggermente in ritardo relativamente alle trasformazioni dei corredi ceramici. In campagna, inoltre, non sembrano diffondersi da subito le stoviglie rivestite da cucina o da mensa che probabilmente faticano a penetrare nell’entroterra almeno nelle fasi iniziali della produzione.

3.3 La circolazione XI secolo

Il periodo a cavallo tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo è segnato dal lento riattivarsi delle rotte mediterranee che, nei secoli successivi, permetterà al vasellame di tornare a circolare su ampia scala. Come accennato in precedenza però le navi pisane che solcavano il mare nostrum in questo periodo non erano mosse da intenti commerciali, ma solo dal desiderio di consolidare un dominio marittimo sul Tirreno, esposto alle continue scorrerie dei pirati arabi.

Sembra quindi plausibile che le prime ceramiche rivestite esotiche provenienti dal Nordafrica, dalla Spagna, dalla Sicilia e dall’Oriente bizantino, siano arrivate in città come frutto di bottini e razzie, come testimonierebbe anche il loro impiego principale per decorare le chiese a dimostrazione della potenza pisana sul mare (Fig. 98): lo stesso vasellame inizierà a essere utilizzato sulle mense solo dalla metà/fine dell’XI secolo

19

.

19 BALDASSARRI,GIORGIO 2010, pag. 47.

Fig. 98. Attestazione, in termini di numeri minimi, di importazioni da scavo e bacini per periodi.

(9)

321 Naturalmente non è possibile escludere del tutto la presenza di qualche raro rapporto commerciale tra la città marinara e le realtà musulmane che si affacciavano sul Mediterraneo, dimostrato anche dalla presenza di contenitori per il trasporto di derrate alimentari che in questo periodo arrivano dalla Sicilia, dal Nordafrica e dal Lazio

20

.

Poche ceramiche importate dall’area mediterranea riescono a penetrare nell’entroterra solo grazie alla presenza dell’Arno, che ne favorì il trasporto almeno fino a San Genesio dove arrivarono bacini di produzione siciliana utilizzati per decorare la facciata della nuova pieve.

Relativamente al vasellame acromo i materiali depurati prodotti nel contado pisano si diffusero nelle Colline Metallifere

21

, in Versilia

22

e nell’immediato entroterra, arrivando in buone quantità anche a San Genesio. Proprio la ceramica acroma da mensa, dispensa e cucina rinvenuta nel sito rurale mette in evidenza la sua centralità rispetto alle vie di comunicazioni fluviali o terrestri, con la presenza di vasellame che sembra viaggiare sulla via Francigena e sull’Arno, soprattutto lungo la direttrice Pisa-Firenze.

XII secolo

Il XII secolo segna un momento di svolta nella crescita economico-commerciale di Pisa che, grazie all’affermazione della nuova classe dirigente rappresentata dai mercanti, iniziò a stipulare trattati con le città islamiche che si affacciavano sul Mediterraneo: è dalla metà del secolo che il vasellame esotico arriva in maniera massiccia in città, forse proprio a seguito degli arabi che dall’inizio del XII secolo si erano stabiliti a Pisa.

La diffusione dei prodotti importati dal Mediterraneo nell’entroterra si fa ora più consistente grazie a una loro maggiore disponibilità: anche nei siti dislocati lungo l’Arno, come San Genesio, iniziano dalla fine del secolo ad arrivare prodotti esotici, dalla Tunisia e dalla Spagna, utilizzati anche per la mensa e non solo più come bacini.

Le fornaci localizzate in area pisana continuano a esportare vasellame depurato nelle Colline Metallifere, ormai parte integrante del contado della città marinara grazie anche ai rapporti con la famiglia dei Gherardeschi che avevano in città i loro interessi. La ceramica da mensa, dispensa e cucina circola anche nell’entroterra, arrivando fino a San Genesio, che continua in maniera costante a intrattenere stretti legami commerciali con la città costiera, grazie anche alla presenza del fiume che semplificava e velocizzava i trasporti.

XIII secolo

Il Duecento rappresenta il culmine della fortuna pisana: è in questo momento che la città assume il ruolo di protagonista indiscussa nel commercio, ormai “globalizzato”, sulla lunga distanza. Il vasellame esotico continua ad arrivare in quantità sempre maggiori, anche con classi fino a ora mai attestate come le invetriate da cucina, diffondendosi tra strati più ampi della popolazione e riuscendo a penetrare lungo la valle dell’Arno fino a San Genesio dove vengono usati sulla mensa dei canonici e dal resto della popolazione contenitori provenienti dalla Tunisia, dalla Spagna, dalla Sicilia e dalla Siria.

20 FATIGHENTI 2013, pp. 35-36.

21 GRASSI 2010, pag. 35.

22 CANTINI 2010b, pag. 114.

(10)

322 Anche le giare e le anfore, che contenevano grano, vino, olio e pesce, continuano ad arrivare nel porto pisano dalla Spagna, dalla Sicilia, dalla Tunisia e da Otranto, riuscendo probabilmente a penetrare all’interno come testimonia la giara islamica di produzione spagnola trovata a San Genesio e destinata a trasportare olio o cereali.

I mercati sub regionali sembrano arricchirsi di nuovi prodotti come le invetriate da cucina provenienti dalle Colline Metallifere che arrivano a Pisa insieme alle olle foggiate a mano utilizzate probabilmente per il trasporto di pece, preparato essenziale per un città che trovò nella navigazione la sua fortuna più grande.

Le prime ceramiche rivestite prodotte proprio in ambito urbano sembrano, almeno inizialmente, circolare solo all’interno del contado pisano, riuscendo in maniera limitata a penetrare anche nell’entroterra, dove comunque la grande diffusione di maiolica arcaica si ebbe solo dopo la metà del secolo.

Il Valdarno Medio e Inferiore sembra ora caratterizzato anche da traffici che seguono una direttrice est-ovest: a San Genesio iniziano ad arrivare i paioli da Firenze, città che ora appare maggiormente legata al sito rispetto alle fasi precedenti.

La seconda metà del secolo è invece segnata dai primi segni di crisi della città costiera, che progressivamente va perdendo quel ruolo di dominio sul mare che aveva ricoperto dal XII secolo: le importazioni dall’area mediterranea seguono lo stesso destino e iniziano a diminuire fino a scomparire alla fine del Duecento, a seguito della sconfitta nella famosa battaglia della Meloria.

Modalità di spostamento del vasellame. Vie di mercato, censi e baratti.

Il quadro che è emerso dai dati relativi alla circolazione del vasellame ci spinge a domandarsi secondo quali modalità circolasse il vasellame ceramico. Per approfondire questo tema ci vengono in aiuto le fonti scritte limitatamente al XIII secolo, anche se non è da escludere che le modalità di spostamento che emergono per il tardo Medioevo siano applicabili anche al periodo precedente.

Il primo documento scritto è del 1221 e ci parla di “VIII inter pentolas et orciolos” che alcuni abitanti di Cerreto dovevano pagare come censo al figlio di una famiglia aristocratica che era diventato un monaco dell’abbazia di San Salvatore a Vaiano

23

, mentre altri due, uno del 1240 e l’altro del 1255, attestano che il “barattolaio” Gualando del fu Ugo ottenne il rinnovo per 10 anni per la raccolta della paglia pagando un affitto annuo di 3 lire e 92 recipienti in ceramica, in particolare 23 amule, 23 mezze amule, 23 quarti e 23 mezzi quarti, all’Arcivescovado di Pisa e di altri 40 vasi alla chiesa di San Piero a Grado

24

. Oltre che per pagare i censi la ceramica sembra essere utilizzata anche come dazio in una gabella di Montopoli, sempre di pertinenza dell’Arcovescovado di Pisa, dove le fonti ci informano che venivano lasciati 4 o 6 vasi di terracotta per il passaggio delle imbarcazioni che trasportavano sale, vino, formaggio, grano, minerali ferrosi e pietrame lungo l’Arno

25

. Risulta quindi frequente lo spostamento di vasellame secondo modalità che non sempre seguivano le vie di mercato.

23 CANTINI 2010b, pag. 125.

24 CECCARELLI 2001, pag. 110.

25 DAVIDHSON 1956-1968, pp. 1173-1174.

(11)

323

Fig. 99. Schema riassuntivo dei caratteri della produzione, consumo e circolazione

(12)

324 3.4 La ceramica bassomedievale e il suo ruolo di indicatore socio-economico Unendo i dati emersi dallo studio del vasellame dei due siti analizzati in questa tesi a quelli provenienti dalla letteratura edita, in particolare per la città di Pisa, è possibile andare a verificare quando e quanto determinate classi ceramiche possano essere considerate indicatori di status socio-economico in ambito rurale e urbano.

Per l’XI secolo i pochi dati a disposizione consentono di circoscrivere la presenza di vasellame di importazione mediterranea solo a zone prettamente residenziali caratterizzate da una forte connotazione aristocratica

26

, fenomeno che potrebbe effettivamente giustificare l’utilizzo di ceramica di importazione come indicatore di status di famiglie che avrebbero avuto la possibilità di sfoggiare sulle proprie tavole prodotti nuovi, provenienti da paesi lontani, sebbene Pisa non fosse ancora inserita in circuiti commerciali stabili.

Le prime importazioni faticano però a penetrare nell’interno e quando lo fanno vengono utilizzate solo per decorare le chiese

27

: nelle campagne non è quindi possibile attribuire al vasellame proveniente dal Mediterraneo lo stesso ruolo che assume nella città costiera di XI secolo.

Sono semmai altre le caratteristiche del corredo ceramico che possono aiutare a definire lo status socio-economico di chi utilizzava il vasellame.

Analizzando i dati di San Genesio, grande complesso ecclesiastico legato prima al vescovo e poi a una nobile casata (i Lambardi da San Miniato), è possibile osservare come il panorama della cultura materiale di XI secolo sia caratterizzato da una grande varietà morfologica e funzionale che manca negli insediamenti rurali caratterizzati dalla presenza di strati sociali subalterni: alle forme chiuse ansate, olle e testi di tradizione prettamente altomedievale, si affiancano catini, orcioli e casseruole caratterizzati da un’alta variabilità dimensionale a testimonianza di nuove e mutate esigenze dei consumatori nella preparazione e conservazione degli alimenti.

La diversificazione morfologico-funzionale dei prodotti ceramici diventa indicatore di status anche per la città costiera almeno dalla metà del XII secolo, quando la grande disponibilità di vasellame esotico ne permette una maggiore diffusione in strati sempre più ampi della popolazione.

Anche a San Genesio la presenza di prodotti tunisini di seconda metà XII secolo non può essere di per sé indice della presenza di classi agiate. In entrambi i contesti quindi è ancora la varietà morfologico-funzionale, sempre più evidente in questo periodo, che testimonia uno status elevato dei consumatori.

All’inizio del secolo successivo sarà, invece, la “rivoluzione” produttiva derivata dall’introduzione di maiolica arcaica e invetriata monocroma che permetterà alle classi agiate pisane di tornare ad autorappresentarsi anche attraverso l’esibizione sulle mense di vasellame rivestito, questa volta di produzione locale, mentre la nascita della ceramica invetriata monocroma, prodotto intermedio tra la smaltata e l’acroma, potrebbe essere il riflesso del desiderio di emulazione delle aristocrazie da parte delle nuove élite urbane rappresentate dai mercanti.

26 BALDASSARRI 2010, pag. 41.

27 CANTINI 2010b, pag. 116.

(13)

325 La scarsa capacità di penetrazione nell’interno che caratterizza la fase iniziale di produzione della maiolica arcaica determinerà l’assenza di queste classi nei siti rurali come a San Genesio, dove in questo periodo, il ruolo di indicatore socio-economico è invece assunto dalla varietà delle provenienze del vasellame importato e dalla diversificazione morfologica-dimensionale delle forme che andavano a costituire il panorama delle acrome.

Il rinvenimento di contesti coevi chiusi come la taverna, la bottega del fabbro e l’immondezzaio di pertinenza della canonica ha, infatti, permesso un confronto dei corredi relativi a strati di popolazione appartenenti a classi sociali differenti: i dati che sono emersi, confrontati anche con le analisi sui residui organici e gli studi archeozoologici, mostrano abitudini alimentari, modi di stare a tavola e di cucinare nettamente differenti tra loro.

Per il periodo basso medievale non è, quindi, più possibile individuare il ruolo di indicatore socio-economico in una sola classe ceramica, ma sono le caratteristiche dei corredi nel loro complesso, che mutano in relazione alle condizioni economiche, topografiche e politiche, a determinare lo status sociale dei consumatori.

3.5 Il rapporto tra città e campagna letto attraverso i caratteri della produzione, del consumo e della circolazione dei materiali ceramici

I dati fin qui esposti ci permetto di delineare un quadro abbastanza chiaro sulle relazioni che intercorrevano tra la città e la campagna in epoca bassomedievale.

Il rapporto tra le realtà urbane e quelle rurali sembra essere alquanto vitale almeno dall’XI secolo, quando le officine dislocate nelle campagne vendono i propri prodotti alla città i cui abitanti si dimostrano sempre più esigenti relativamente alle quantità e alla qualità dei prodotti. Le vie di mercato sono articolate tra XI e XII secolo secondo direttrici campagna/città o campagna/campagna sia per quanto riguarda la ceramica che per i prodotti agricoli che dal contado raggiungevano l’area urbana per nutrirne la popolazione.

In questo periodo la campagna era, quindi, al completo servizio di una città in piena espansione, che aveva un bisogno costante di derrate alimentari e oggetti d’uso quotidiano che venivano prodotti nel suo territorio circostante.

I rapporti sembrano mutare nel corso del Duecento, quando le ceramiche da mensa e dispensa iniziano a essere prodotte in città ed esportate verso le aree rurali, mentre le relazioni rimangono invariate relativamente ai prodotti da cucina che continuano a essere importati a Pisa dalle zone circostanti.

Il progressivo spopolamento delle aree rurali, causato dalle politiche economico- commerciali duecentesche di Pisa

28

, contribuì probabilmente a modificare radicalmente il rapporto con il suo contado: il grano non arriva più dalle campagne circostanti ma viene importato dalla Sicilia o dalla Sardegna, così come le pelli che giungono dalla Tunisia

29

. Nel corso del Duecento le aree rurali sembrano quindi essere sempre meno al servizio della città proprio per le politiche commerciali adottate dalla repubblica marinara che trova ora

28 La città aveva cominciato a specializzarsi nella produzione laniera, concedendo la maggior parte dei terreni coltivati del suo contado agli allevatori.

29 HERLIHY 1990.

(14)

326 altre mete di approvvigionamento per le derrate alimentari e inizia a produrre al suo interno oggetti di uso quotidiano.

Le vie di mercato seguono ora le direttrici città/campagna, campagna/città e

campagna/campagna.

Riferimenti

Documenti correlati

Cumulative release of NPs with different electric charges (negative, blue squares and positive, red squares) from AC6 hydrogel at pH = 7.4 (A) and pH = 5 (B); the slope of NPs

computed on the basis of BMP trials performed on untreated, enzy- matic, alkaline and combined alkaline-enzymatic pretreated ensiled sorghum forage, according to the Baranyi and

The aim of this study was to investigate the effects of relevant stereotypes in the context of the Big Five model. As seen, literature has explored the relation between personality

Obese dogs express alterations in cardiac function, insulin resistance, dyslipidaemia, hypo- adiponectinaemia and increased concentrations of inflammatory markers and leptin

All’inizio del VI millennio il mondo a ceramica impressa ha caratteri comuni, ma alcuni elemen- ti distinguono l’area adriatica meridionale da quella tirrenica centro

Alcuni individui (POL- 003, POL- 014, POL-029) sono decorati con impressioni distinte, realizzate con il margine dentellato di una valva mantenuto in posizione

L' industria del Paleolitico inferiore di Podere Crociata presso Montopoli Valdarno (Pisa) / Agostino Dani, in Erba d'Arno : rivista trimestrale ,

IV Triennale - Galleria della ceramica - Lampadario delle Officine meccaniche Italo Carlotti..