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C APITOLO VI

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Academic year: 2021

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(1)

C

APITOLO

VI

Il palazzo pretorio di Monte San Savino

1.

L’aspetto attuale

Il palazzo pretorio occupa un lotto di terreno collocato tra corso Antonio da Sangallo e via Andrea Sansovino (fig. 57). L’edificio, costituito da tre piani cui si aggiunge il livello seminterrato, è caratterizzato dall’imponente torre centrale, alta circa 26 metri, coronata da una merlatura e da un campanile a vela (fig. 60)1. Il bugnato della torre tripartisce la facciata

principale, differenziando la zona centrale in pietra dalle due ali laterali intonacate, in ciascuna delle quali si aprono quattro finestre inquadrate da una cornice in pietra. A sinistra della torre, al pianterreno, sono visibili le tracce di due archi tamponati, presumibilmente attinenti ad un antico loggiato2 (fig. 59). Sulla chiave dell’arcata sinistra è scolpito uno

stemma crociato, accompagnato dal frammento di un’iscrizione: S. RISTOR-/-P-ET-0-146-, forse interpretabile come SIMONE RISTORI PODESTA ∑ 14673.

La cortina, soprattutto quella della torre, è costellata dagli emblemi in pietra grigia, marmo e travertino dei giusdicenti avvicendatisi al governo savinese (fig. 58); tra questi in posizione centrale spicca il giglio fiorentino entro uno scudo gotico, sotto al quale un cartiglio ricorda il ritorno della cittadina sotto il pieno controllo della dinastia medicea nel 15694.

Una mensola aggettante ospitava fino a pochi anni fa un marzocco, raffigurante un leone seduto sostenente uno scudo con il giglio fiorentino sopra un monte; la scultura, commissionata nel 1506 agli scalpellini Biancalma e Crocchia dietro compenso di 15 lire, è attualmente conservata al museo del Cassero5.

1 Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 116 e MEACCI, 1997, p. 202. La campana, collegata al meccanismo dell’orologio, è

stata più volte rifusa nei secoli; quella attuale risale alla metà del XX secolo e contiene rilievi con figure di santi della tradizione locale e iscrizioni. Vedi MEACCI, 1997, p. 202 e GIULIETTI, 2004, p. 64.

2 Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 116; GIULIETTI, 2004, p. 62. 3 Vedi GIULIETTI, 2004, p. 62.

4 Vedi Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 118 e GIULIETTI, 2004, p. 62.

5 Vedi CINELLI -VOSSILLA, 1997, pp. 20-21. Il marzocco manteneva ancora la sua collocazione originaria negli anni

(2)

L’ingresso alla torre è costituito da un portone in legno con chiodatura che sostituisce l’antica finestra delle carceri pubbliche, realizzata nel 1681, come recita l’iscrizione incisa sulla pietra; più in alto si trova l’orologio pubblico, riproposto in posizione sommitale anche sui due fronti laterali6.

Gli ambienti interni si sviluppano entro una pianta pressoché quadrata; attualmente gli spazi, frutto di una recente ristrutturazione risalente agli anni Novanta del XX secolo, sono occupati al primo piano dalla polizia, mentre al secondo si trovano alcuni uffici comunali e la protezione civile.

Una parete del primo piano, dove originariamente era collocata la sala delle udienze, conserva un pregevole, ma rovinato affresco raffigurante la Pietà (fig. 61), eseguito nel 1538 dal pittore savinese Stefano Veltroni, cugino ed allievo del Vasari7; l’opera riporta altresì

l’iscrizione TEMPORE PAULI MORELLI D. MORELLI POTESTAS MDXXXVIII8.

I locali del primo e secondo piano all’interno della torre, le cui volte settecentesche sono tagliate dalla moderna scala che sale fino alla sommità, sono tappezzati da graffiti e disegni monocromi, realizzati dai detenuti delle carceri probabilmente tra XVIII e XIX secolo9 (figg.

62-63).

2.

Cenni storici

La torre civica del palazzo pretorio venne edificata dai Perugini nel 1339, i quali apposero in facciata il proprio stemma con il grifone10. Il palazzo che gli sta intorno, come la maggior

parte degli edifici savinesi, nasce dalla progressiva aggregazione di più lotti contigui originariamente costituiti da un solo vano per piano con affaccio diretto sulla via11.

L’accorpamento ha dato vita ad un vasto complesso edilizio, ubicato tra due vie parallele,

del cassero. Attualmente la mensola è vuota, mentre la copia si erge sopra una colonna nella vicina piazza S. Agostino. Vedi anche BINI -BERTOCCI, 1991, pp. 116, 121-122.

6 Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 116.

7 Un documento conservato nell’Archivio storico del Comune riferisce che il 26 gennaio 1539 furono stanziate

59 lire per pagare Stefano Veltroni per la pittura della Pietà. Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 122; GUELFI -BALDI, 1892, p. 107; CENTRODI, 1988, p. 24 e SALMI, 1922, p. 354, il quale, contrariamente agli altri, afferma che l’affresco fu commissionato da Paolo de’ Novelli nel 1548.

8 Vedi BINI BERTOCCI, 1991, pp. 117, 119. 9 Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 121.

10 Vedi FORTUNIO, 1633, p. 18, GUELFI -BALDI, 1892, p. 157, SALMI, 1922, p. 354, BINI -BERTOCCI, 1991, p. 117.

Giulietti attribuisce questa notizia alla tradizione. Vedi GIULIETTI, 2004, p. 61.

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probabilmente esteso fino alla piazza di Monte, odierna S. Agostino12.

Come testimoniano lo stemma e l’iscrizione scolpita su uno dei due archi, attorno al 1460 i fiorentini edificarono la loggia a due fornici a sinistra della torre, aperta sulla via principale, destinata alle assemblee pubbliche13. Nel 1506 venne apposto il marzocco in pietra14.

Al di sopra del portico si trovava la sala del consiglio, nella quale nel 1538 il pittore Stefano Veltroni realizzò l’affresco con la Pietà, su commissione del podestà Paolo Morelli15.

Nel 1569, con l’estinzione della famiglia del Monte, il feudo di Monte San Savino tonò sotto il diretto dominio fiorentino; in questa occasione sulla facciata del pretorio venne apposto lo stemma gigliato fiorentino e un cartiglio a memoria dell’avvenimento16.

Nel 1563 sulla cima della torre fu collocata la campana pubblica, che a partire dal XVII secolo fu collegata al meccanismo dell’orologio17.

Nel 1761 la cancelleria comunitativa, che aveva sede in alcune stanze tenute in affitto dalla Comunità presso gli uffici del pretorio, fu trasferita nel palazzo cosiddetto della cancelleria ubicato in piazza Gamurrini18.

Tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80 del XVIII secolo il palazzo subì un consistente intervento di ristrutturazione, al fine di ammodernare le carceri e gli ambienti destinati ai ministri del tribunale19.

Nel 1824, dopo il trasferimento del tribunale nel palazzo Di Monte-Galletti, il vecchio pretorio perse parte della sua importanza e nel 1864 fu acquistato all’incanto dal Comune per 8250 lire per stabilirvi la caserma dei Regi Carabinieri20 (fig. 64).

Nel 1834 la torre subì un radicale restauro che comportò la ricostruzione della parte alta e delle merlature21, mentre negli anni 1848-49 venne fusa la nuova campana, realizzata la vela

che la supporta e aggiunti i due quadranti laterali dell’orologio22.

Nel 1971 lo stabile divenne una sede distaccata dell’Istituto tecnico per geometri “V.

12 Vedi GUELFI -BALDI, 1892, p. 158.

13 Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 116; GIULIETTI, 2004, p. 62. 14 Vedi infra, § 1.

15 Vedi infra, § 1.

16 Vedi Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 118 e GIULIETTI, 2004, p. 62. 17 Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 118.

18 Vedi GIULIETTI, 2004, p. 62.

19 La tav. XXV, disegnata dall’ingegnere Franceschi nel 1779, fotografa la configurazione del pretorio in

quell’anno.

20 Vedi Archivio storico del Comune di Monte San Savino (d’ora in poi A.S.C.M.S.S.), Protocollo delle deliberazioni magistrali dal dì primo febbraio 1849 al 4 aprile 1850 e GIULIETTI, 2004, p. 62. In questo periodo i locali del pianterreno venivano utilizzati come stalle (fig. 64)

21 VediBINI -BERTOCCI, 1991, p. 118; GIULIETTI, 2004, p. 62.

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Fossombroni”, subendo notevoli interventi per l’adattamento della struttura alla nuova funzione23.

Nel 1992-93 il palazzo è stato nuovamente ristrutturato in occasione della concessione della struttura al Centro universitario internazionale per una durata ventennale24.

Nel 2013, a seguito del mancato rinnovo della convenzione, nell’edificio sono stati trasferiti alcuni uffici comunali e la caserma della Polizia.

3.

L’analisi della vicenda

Il 14 gennaio 1778 l’ingegnere Giuseppe Franceschi visita il palazzo pretorio di Monte San Savino su richiesta dei rappresentanti della Comunità25. Gli interventi richiesti mirano a

mutare il luogo del guardiolo, aumentare di due unità le prigioni segrete e ricavare all’interno del palazzo il quartiere del Soprastante.

La visita dell’edificio viene compiuta con l’assistenza dei due rappresentanti Sebastiano Bucci e Giovanni Niccola Cerboni.

La pianta dimostrativa del pianterreno, allegata alla relazione, evidenzia gli interventi principali che vengono suggeriti (tav. XXIV).

Anzitutto viene ritenuto opportuno spostare il guardiolo nella stanza occupata dalla cucina del notaio, perfetta a tale uso in quanto affacciata sulla strada principale e ubicata nei pressi sia dell’abitazione del bargello sia delle carceri pubbliche26.

Per quanto riguarda la carenza di carceri segrete l’ingegnere pensa anzitutto di recuperare quella situata al primo piano della torre, al momento inabitabile a causa della bassezza della volta e della mancanza di un sufficiente afflusso aria e luce.

Per la seconda segreta Franceschi sfrutta un ampio locale affacciato sul retro del palazzo, finora destinato a deposito per le legna, da frazionare in tre ambienti, rispettivamente destinati a carcere segreta, ricetto alla stessa e stanza per gli esami, di cui il tribunale è mancante.

23 Vedi BINI -BERTOCCI, 1991, p. 118 eGIULIETTI, 2004, p. 62. 24 Vedi GIULIETTI, 2004, p. 62.

25 Vedi Appendice, n. VI.2.

26 Come si dirà meglio più avanti, l’ingegnere accenna ad una precedente proposta di spostare il guardiolo in

una bottega di barbiere situata nella vicina piazza S. Agostino. La soluzione da lui avanzata ha il vantaggio di mantenere il guardiolo vicino al pretorio e in un locale di proprietà della Comunità.

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L’abitazione del guardiano dei detenuti può essere stabilita nel secondo piano del palazzo, dove esiste un vasto ambiente utilizzato dal vicario come pollaio e per vari altri usi, sulla cui superficie si possono ricavare un andito e due stanze per mezzo di muri di “mattone per coltello”. A questi due locali, da destinare a camera e cucina si può poi unire un piccolo ambiente adiacente “dalla parte di mezzogiorno”. In una sala sullo stesso piano andrebbe infine ricavato uno stanzino in cui trasferire il pollaio del vicario.

La spesa di realizzazione è stimata in circa 380 scudi.

Le soluzioni offerte da Franceschi si inseriscono all’interno di un dibattito già in pieno svolgimento. Per quanto riguarda il guardiolo, precedentemente era stata avanzata la possibilità di spostarlo “nella Bottega di Barbiere, che fa Cantonata sulla Piazza di S. Agostino”, situata a qualche metro di distanza dal pretorio, mentre per il quartiere del soprastante si era pensato di utilizzare la stanza delle legna del pianterreno; per quel che concerne le segrete, si era suggerito di costruirne una al secondo piano del palazzo e un’altra al terzo livello della torre, ingombrato però dal meccanismo dell’orologio27. L’auditore fiscale,

invece, aveva individuato come luogo più adatto per una segreta il locale del guardiolo al pianterreno, nel progetto di Franceschi trasformato nella nuova cucina per il notaio.

In ogni caso nessuno dei proponimenti avanzati dall’ingegnere viene accolto. Il motivo lo si comprende leggendo una memoria del 29 gennaio, nella quale l’auditore fiscale indica i comodi di cui deve essere corredato il palazzo. Fra questi, oltre ai già nominati, si richiede chiaramente un’abitazione per il bargello, non prevista nel progetto di Franceschi28.

Forse è per quest’ultima ragione che l’auditore impone che “sia visitata di nuovo quella fabbrica”29, come lo stesso ingegnere riferisce due mesi dopo al rappresentante di Monte

San Savino Sebastiano Bucci Mattei.

Il secondo sopralluogo del palazzo viene compiuto nell’aprile dell’anno seguente dallo stesso Franceschi. Nel cappello introduttivo della relazione vengono ancora specificati gli obiettivi ovvero stabilire nel pretorio “i necessari comodi dei quali trovasi mancante tanto di Segrete, et altre Carceri per ritenere i Rei, quanto del Banco del Notaro, La Stanza per gli Esami Segreti, e quella per il Guardiolo” nonché i “quartiere sì per il Vicario, e Notaro, che per il

27 Oltre a venire riferite dal Franceschi nella sua relazione, le suddette proposte si ritrovano in un biglietto di cui

non si legge l’autore, ma che probabilmente sono da attribuire all’auditore fiscale Brichieri Colombi. Vedi Appendice, n. VI.1-VI.2.

28 Vedi Appendice, n. VI.3. 29 Vedi Appendice, n. VI.4.

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Bargello e Soprastante”30.

Come riscontrato in altri casi, l’ingegnere viene inviato sul posto dall’auditore fiscale nell’occasione “che per altre incombenze del suo Ufizio doveva trovarsi in quelle parti”31.

L’analisi viene compiuta con l’ausilio di due piante, una raffigurante le planimetrie dei quattro piani dell’edificio nello stato in cui si trovano (tav. XXV), l’altra contenente il progetto di Franceschi (tav. XXVI).

Il sopralluogo rileva la mancanza nella struttura principale di uno spazio sufficiente a ricavare gli ambienti richiesti, ragione per la quale l’ingegnere propone l’acquisto dell’adiacente casa dei signori Poderetti, oltre all’acquisizione di una stanza del pianterreno appartenente alla Comunità32.

La spesa per la sistemazione della fabbrica è valutata in 2600 scudi e, oltre all’incameramento della casa Poderetti e della stanza della Comunità, comprende altresì la rifondazione dell’intero prospetto tergale del pretorio.

Per volontà di Brichieri Colombi il progetto viene addirittura sottoposto al vaglio dell’architetto delle Reali Fabbriche Giovan Battista Ruggeri, il quale rilascia il proprio parere positivo controfirmando la relazione.

Il progetto, prontamente inviato al granduca per l’approvazione e trasmesso al soprassindaco per un parere33, non trova favore presso la Comunità di Monte San Savino, la

quale, trovandosi in gravi difficoltà economiche, non è in grado di sborsare l’esorbitante somma di 2600 scudi per la ristrutturazione del pretorio.

“Atterriti dall’eccessività delle spese”34 i rappresentanti della Comunità affidano al

provveditore di strade Giovanni Niccolò Cerboni la revisione del disegno dei tecnici fiorentini, al fine di verificare la possibilità di ottenere gli obiettivi desiderati con un minore dispendio di denaro.

Il provveditore individua gli intenti basilari cui assolvere: aumentare il numero delle carceri segrete, creare una stanza per gli esami separata dal banco pubblico, formare un quartiere per il guardiano dei carcerati, sistemare il guardiolo con affaccio sulla strada pubblica ed infine far comunicare i quartieri dei ministri con quello del bargello.

30 Appendice, n. VI.5. 31 Appendice, n. VI.6. 32 Vedi Appendice, n. VI.5. 33 Vedi Appendice, n. VI.6. 34 Appendice, n. VI.7.

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Cerboni afferma di poter agevolmente conseguire tutti i comodi indispensabili con una spesa pari a meno della metà di quella precedentemente indicata.

Il risparmio viene ottenuto rinunciando ad alcune delle soluzioni più costose del progetto Franceschi come la costruzione di una nuova scala di accesso all’abitazione del vicario e la realizzazione di cinque segrete, ridotte a quattro; inoltre vengono lasciati invariati i quartieri del vicario e del notaio, ai quali viene apportata solo qualche piccola modifica al fine di ottimizzare l’utilizzo degli ambienti.

Alla relazione viene allegata una pianta (tav. XXVII)35, al fine di dare chiara delucidazione di

quanto proposto, e una nota di spese36 il cui totale ammonta a circa 1005 scudi. La somma

comprende l’acquisto della vicina casa Petrazzini, dove esiste già l’abitazione del Bargello e per la quale la Comunità paga annualmente un affitto di 10 scudi37.

Il 27 maggio 1779 il cancelliere comunitativo Francesco Bertini trasmette il nuovo progetto al soprassindaco Nelli affinché lo sottoponga al granduca per l’opportuna approvazione38. Il

funzionario spiega le ragioni che hanno spinto la Comunità a cercare una soluzione alternativa e soprattutto meno esosa al progetto dei due tecnici Franceschi e Ruggeri. Data l’evidente difficoltà dei “possessori” a sostenere perfino l’imposizione ordinaria, il Magistrato comunitativo supplica l’autorità sovrana affinché gli venga concessa “una benigna somministrazione di danaro”39 per finanziare i lavori prescritti.

La proposta tuttavia non incontra una immediata approvazione tanto che nel gennaio dell’anno successivo l’auditore fiscale torna a sollecitare l’avvio dei lavori di sistemazione del pretorio di Monte San Savino40. L’occasione è data dalla ricezione di una lettera di protesta

del messo e soprastante del tribunale Giuseppe Mazzoni, il quale lamenta il fatto di dover pagare di tasca propria la pigione della sua abitazione, sconvenientemente situata distante dal pretorio.

L’intimazione viene immediatamente girata dalla Segreteria di finanze al soprassindaco Nelli il quale, tuttavia, vista la controproposta avanzata dal Magistrato di Monte San Savino e

35 La pianta è pubblicata in BINI -BERTOCCI, 1991, p. 123. 36 Vedi Appendice, n. VI.8.

37 Trovandosi l’abitazione del bargello nella proprietà Petrazzini in migliore stato rispetto a quella del vicario,

Cerboni accenna alla possibilità di valutare lo scambio dei quartieri tra i due funzionari, in osservanza alla superiorità del ministero vicariale. Vedi Appendice, n. VI.7.

38 Vedi Appendice, n. VI.10. 39 Appendice, n. VI.10.

40 Vedi Appendice, n. VI.11-VI.12. L’auditore aveva già sollecitato l’avvio dei lavori nel Monte san Savino presso

il granduca, il quale, a sua volta, aveva scritto alla Comunità per mezzo dell’ufficio del soprassindaco. Vedi Appendice, n. VI.9.

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all’indomani del rescritto sovrano del 14 luglio 1777 con il quale veniva ordinata la visita formale di un ingegnere in ogni pretorio, aveva già commissionato all’ingegnere comunitativo Anastagi l’ispezione del palazzo e la verifica dei progetti precedentemente elaborati.

La relazione del tecnico risale al 24 gennaio 178041 e si avvale dell’ausilio della pianta

realizzata da Franceschi (tav. XXVI), nella quale i vari ambienti vengono contrassegnati da numeri. Il sopralluogo dell’edificio viene compiuto con l’assistenza del provveditore di strade Cerboni, individuato da Anastagi come persona pienamente adatta, per capacità ed esperienza, a soprintendere al cantiere del pretorio.

Per far fronte alla carenza di spazio l’ingegnere torna a suggerire l’acquisto della proprietà dei Poderetti, già in parte comprata dalla Comunità e destinata per l’abitazione del notaio. In seguito vengono elencati i lavori da effettuare in ciascun piano dell’edificio, corredando ogni voce di una stima di costo, separando quanto da porsi in accollo alla Comunità da quanto a carico della cassa della Camera fiorentina.

L’importo totale delle spese è calcolato in 9214.17.11 lire, pari a circa 1316 scudi.

La relazione di Anastagi, validata dal soprassindaco, viene sottoposta all’approvazione del sovrano affinché sia resa esecutiva42. Contestualmente, viene sottolineata l’incapacità della

Comunità a sostenere il finanziamento del progetto, si domanda quindi in quale forma si possa elargire la sovvenzione richiesta43.

Il sovrano, visti i tre progetti di cui il primo redatto dall’ingegnere Giuseppe Franceschi e dall’architetto Giovan Battista Ruggeri, sostenuto dall’auditore fiscale, il secondo realizzato dal provveditore di strade Cerboni, appoggiato dalla Comunità di Monte San Savino e il terzo elaborato dall’ingegnere Anastagi, presentato dal soprassindaco Nelli, rimanda ancora la propria deliberazione, ordinando un ulteriore esame del pretorio da parte dal Capo ingegnere Giuseppe Salvetti, affinché stabilisca definitivamente gli interventi necessari al buon servizio del tribunale44.

Nella quarta ed ultima relazione, redatta il 16 settembre 178045, Salvetti reputa che, per

ottenere tutto il comodo necessario, ma con la maggiore economia possibile, sia opportuno

41Vedi Appendice, n. VI.13. 42 Vedi Appendice, n. VI.14.

43 Nelli ricorda il caso della Comunità di Premilcuore, alla quale, con rescritto del 7 settembre 1778, era stato

concesso di avvalersi dell’importo dovuto per la tassa di redenzione, da rimborsarsi in cinque anni.

44 Vedi Appendice, n. VI.15. 45 Vedi Appendice, n. VI.16.

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dare esecuzione a quanto prescritto dal provveditore Cerboni e dall’ingegnere Anastagi, le cui risoluzioni appaiono molto simili tra loro, seppure con talune limitazioni.

Il quartiere del vicario va lasciato nella medesima posizione in cui si trova, mentre la realizzazione di alcuni divisori garantisce la moltiplicazione dei locali da destinare a vari usi. Oltre alla necessità di dover acquistare la parte rimanente della casa Poderetti, per ampliare la ristretta abitazione del notaio, Salvetti suggerisce altresì l’opportunità di acquisire l’abitazione Petrazzini, ove il bargello risiede a pigione, al fine di garantire nel tempo la stabilità di una tale sistemazione, risparmiando al contempo l’esborso del canone di affitto. L’ammontare delle spese è calcolato in 1170 scudi, di cui 600 scudi destinati alla compra delle due proprietà Poderetti e Petrazzini, 400 scudi per la realizzazione di “nuovi comodi” e 170 scudi per la risistemazione del tetto, degli infissi e di alcune porzioni delle vecchie murature.

Il sindaco Carlo Ippoliti, nelle veci di Nelli, ratifica il progetto di Salvetti, rimettendolo al granduca per il parere definitivo, richiedendo che venga concessa alla Comunità l’autorizzazione ad effettuare l’acquisto delle due case indicate, nonché l’assegnamento in denaro precedentemente domandato46. Pochi giorni più tardi, il 26 settembre 1780, giunge il

beneplacito sovrano47, che include la concessione di un sussidio di 350 scudi una tantum da

liquidarsi dalla cassa della Depositeria generale; la somma rimanente può essere presa in prestito o a cambio e successivamente ricavata dalle imposizioni a 200 scudi l’anno.

Nel successivo mese di ottobre le relazioni e piante di Cerboni, Anastagi e Salvetti vengono rimesse al Magistrato comunitativo per dare finalmente inizio alla ristrutturazione, da compiere sotto la supervisione dello stesso provveditore di strade Cerboni48.

Conclusa la lunga fase progettuale, i lavori incontrano fin da subito diversi impedimenti consistenti soprattutto nella ferma opposizione delle due famiglie Poderetti e Petrazzini a cedere le proprie abitazioni. Il 6 gennaio 1781 i fratelli Orazio e Don Giovanni Maria Poderetti espongono al cancelliere come, dovendo vendere l’intera abitazione, incorrerebbero nella “dura necessità di dovere andare mendicando un’altra casa”, cosa non facile in Monte San Savino49. Per questo invitano la Comunità ad acquistare l’intero stabile, a

46 Vedi Appendice, n. VI.17. 47Vedi Appendice, n. VI.17. 48 Vedi Appendice, n. VI.18. 49 Vedi Appendice, n. VI.19.

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patto che venga loro concesso di mantenerne l’uso vita natural durante. In aggiunta i due fratelli reclamano il pagamento dell’intero prezzo entro la fine dell’anno in corso.

I rappresentanti della Comunità respingono quest’ultima condizione giudicandola “usuraia”, nonché controproducente il fatto che i proprietari possano mantenere l’uso dell’immobile anche dopo la vendita, vanificandone l’utilità per il pretorio50.

Ancora peggiori sono le trattative per la casa del Petrazzini, poiché quest’ultimo si rifiuta di vendere, nonostante il co-proprietario dell’immobile si dimostri favorevole all’alienazione. Nonostante la Comunità, anche su suggerimento del soprassindaco51, si prodighi

nell’impiegare ogni scrupolo al fine di appianare le difficoltà e trovare un accordo tra le parti, Petrazzini persiste nell’opporsi alla vendita.

Sull’altro fronte i fratelli Poderetti, oltre ad esigere il pagamento di 60 scudi oltre le stime dell’immobile, chiedono di continuare a dimorare nella casa oppure di averne una in cambio52.

A tutto questo si aggiunge la difficoltà della Comunità di trovare il denaro necessario in prestito, essendo stata appurata la necessità di procurare una somma maggiore di quella inizialmente prevista, per affrontare anche il restauro delle case Poderetti e Petrazzini, inizialmente non considerato nelle tre relazioni.

Per di più il Magistrato comunitativo si trova sottoposto alle lamentele di coloro che, giudicando la casa Poderetti in pessimo stato, si oppongono all’accollo del mantenimento dell’intero stabile, giudicando sufficiente l’acquisizione di una porzione più piccola53.

Per cercare di far fronte a tali complicanze, il 19 luglio viene deliberata l’elezione del provveditore Cerboni ad “ambasciatore, e deputato” della Comunità nei rapporti con tutte le parti coinvolte e presso il soprassindaco, al quale ci si rivolge in cerca di una soluzione in adempimento agli ordini sovrani54.

Nonostante l’evidente impegno dell’amministrazione, nel maggio dell’anno successivo la questione non ha ancora trovato un’opportuna definizione.

50 Vedi Appendice, n. VI.20. 51 Vedi Appendice, n. VI.21. 52 Vedi Appendice, n. VI.23.

53 Il 24 luglio 1781 il soprassindaco boccia la proposta di apportare delle variazioni al progetto di Salvetti,

ribadendo l’utilità per la Comunità di fare acquisto di entrambe le due case, anche perché in questo modo si rimedia all’inconvenienza di avere una porzione di una casa privata inserita all’interno del pretorio. Vedi Appendice, n. VI.24.

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Il 2 maggio 1782 i fratelli Orazio e Don Giovanni Maria Poderetti dichiarano davanti all’assemblea cittadina di non poter più acconsentire alla vendita della loro abitazione, in ragione della rinuncia da parte della Comunità di fare acquisto di una casa in vendita per la somma di 404 scudi, da commutare poi con la loro attuale dimora adiacente il pretorio55.

Alla Comunità non rimarrebbe dunque che fare acquisto dell’immobile corrispondendo subito il prezzo, ma lasciando l’uso ai vecchi proprietari fino alla loro scomparsa.

Lo stallo permane nei mesi successivi e il denaro, 820 scudi, finalmente ottenuto dalla Comunità per mezzo di un cambio, rimane “ozioso” nelle casse cittadine56.

Nell’ottobre dello stesso anno, in occasione della messa all’incanto di alcune case di proprietà delle monache di San Benedetto, la Comunità domanda, prima al soprassindaco e poi al granduca, l’autorizzazione a procedere con l’acquisto per il prezzo di 244 scudi di una delle abitazioni, da cedere alla famiglia Poderetti, consenziente, in cambio della vecchia casa attigua al pretorio57. L’approvazione si dimostra tanto più urgente quanto la notizia della

recente soppressione del presidio di bargello a Monte San Savino, rendendo superfluo l’acquisto della casa Petrazzini, spianerebbe la strada ad una rapida quanto definitiva risoluzione della questione.

L’autorizzazione sovrana del il 31 marzo 178358 rende esecutiva la compra e permette

finalmente l’avvio degli interventi di sistemazione ed adeguamento del palazzo pretorio prescritti nelle perizie di Cerboni, Anastagi e Salvetti. I lavori durano circa un anno, concludendosi alla fine della primavera dell’anno seguente59.

4.

I progetti

Per la sistemazione del palazzo pretorio di Monte San Savino vengono realizzati ben cinque progetti, il primi due appartengono all’ingegnere Franceschi, il terzo è ideato dal provveditore di strade Cerboni, il quarto dall’ingegnere Anastagi e l’ultimo dal capo ingegnere Salvetti.

55 Vedi Appendice, n. VI.25.

56 Vedi Appendice, n. VI.26. Vedi anche Appendice, n. VI.27-VI.30. 57 Vedi Appendice, n. VI.31-VI.33.

58 Vedi Appendice, n. VI.34. Un biglietto della Segreteria di Finanze dell’8 sembra stranamente non avere

ancora recepito il rescritto leopoldino antecedente di una settimana. Vedi Appendice, n. VI.35.

(12)

La prima relazione del Franceschi60 viene stilata nel gennaio del 1778 ed è accompagnata da

un’elaborazione grafica del solo pianterreno del pretorio (tav. XXIV), in quanto gli interventi descritti risultano concentrati principalmente su questo livello. Nel disegno il colore rosso-rosato individua le porzioni da costruire.

Le opere da apportare consistono nel trovare una collocazione funzionale per il guardiolo, accrescere il numero delle carceri segrete, al momento limitate ad una sola servibile, infine trovare un alloggio per il custode all’interno del tribunale.

Allontanandosi da alcune proposte precedentemente avanzate, Franceschi trasferisce il guardiolo nella cucina del notaio, affacciata su “Ruga Piana”, l’odierna via Sangallo, isolando l’ambiente dal retrostante appartamento del ministro. In questa maniera il posto di guardia risulta funzionale agli usi del pretorio perché in stretto collegamento sia con il tribunale, che con l’abitazione del bargello, situata nell’adiacente proprietà dei Petrazzini.

Le segrete sono necessarie almeno in numero di quattro. Oltre alla preesistente visibile in pianta nella parte tergale del palazzo, l’ingegnere ritiene opportuno recuperare quella situata al primo piano della torre, inservibile “atteso che la volta d’essa si trova assai bassa e con poco lume”: per riacquistarne l’uso è sufficiente infatti rialzare la volta reale fino due braccia di altezza e ingrandire la finestrella per far entrare più luce e aria. Lo stesso accorgimento deve essere tenuto per la cella soprastante, nella quale vanno parimente alzate la porta e la finestre.

La terza prigione segreta va costruita interamente utilizzando una sezione di un ampio stanzone a pianterreno utilizzato per il deposito delle legna, prospicente la strada dietro al pretorio: qui è possibile innalzare due muri spessi un braccio e mezzo per fabbricare la nuova carcere61, con un piccolo ricetto che separi la cella dalla strada e che permetta

l’illuminazione indiretta del locale. Nella porzione rimanente del magazzino delle legna si può creare una stanza per gli esami, di cui il pretorio è mancante.

L’alloggio del soprastante viene sistemato al secondo piano, dove esiste un vasto camerone utilizzato tra l’altro come pollaio62. Qui va fabbricato un muro di un quarto di braccio in

corrispondenza con quello sottostante per dividere il quartiere dall’andito adiacente la torre,

60Vedi Appendice, n. VI.2.

61 Per sostenere il perso del muro che divide la segreta dalla stanza degli esami viene prescritto di rinforzare

quello del sotterraneo su cui si poggia, mentre il muro che divide la cella dal ricetto dovrà essere sostenuto da un arco, affinché non sia tolta luce alle cantine.

62 Per gli ambienti del secondo piano si può fare riferimento alla tav. XXV, attinente al secondo progetto del

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da illuminare tramite un abbaino. La stanza ottenuta va a sua volta suddivisa in due ambienti, l’uno da destinare a cucina e l’altro a camera, per mezzo di un muro di mattoni per coltello; a questi due si può aggiungere un terzo vano limitrofo ad uso del vicario.

Per tutti gli interventi, ideati per “il minore aggravio delle Comunità, e con il maggior comodo di chi ne dovrà far uso”, la spesa è stimata in circa 380 scudi.

Il progetto lascia però insoddisfatto l’auditore fiscale, cui viene trasmessa la documentazione: la proposta non prevede infatti alcuna soluzione per il quartiere per il bargello, che il funzionario fiorentino vuole traslocare al primo piano del pretorio rimuovendolo dalla confinante proprietà dei Poderetti.

Dunque nell’anno seguente l’ingegnere torna a Monte San Savino per un secondo sopralluogo. In tale occasione vengono realizzate due pregevoli piante contrassegnate dai numeri I e II, che rappresentano rispettivamente lo “stato attuale” del palazzo nell’anno 1779 (tav. XXV) e la “forma che vien proposto ridursi” (tav. XXVI), nella quale il colore rosso-rosato raffigura ancora le parti da costruire.

Ambedue i disegni contengono la planimetria dei sotterranei del pretorio, pianterreno, primo e secondo piano; nella seconda è raffigurato anche il “terzo piano”, da costruire. Il progetto, controfirmato dall’architetto Giovan Battista Ruggeri “uno degli architetti delle Reali Fabbriche”, incaricato di esaminare il lavoro del Franceschi, prevede l’acquisto della confinante casa Poderetti e di un locale nei fondi appartenente alla Comunità63.

La parte scritta64, assai concisa, si limita a descrivere la distribuzione degli ambienti sui vari

piani, essendo gli elaborati grafici già sufficientemente esaustivi.

Nei sotterranei si trovano stalla, cantina e stanza per le legna per il Bargello, accessibili dal pianterreno, cantina per il soprastante, cantina e stanza per le legna per il notaio e due grandi ambienti, attinenti alla casa Poderetti, che vanno da “ruga piana” fino al “borgo dietro il pretorio” per il vicario, anche questi raggiungibili dal piano soprastante.

Il pianterreno ricalca molti degli interventi già proposti nel primo progetto, come la dislocazione del guardiolo nella vecchia cucina del notaio e realizzazione all’interno del magazzino delle legna della stanza degli esami e di una segreta, alla quale viene però variato

63 Nella relazione si afferma di avere contraddistinto in pianta la casa Poderetti con il colore giallo e la stanza

della Comunità di colore celeste, tuttavia tale simbologia non è riscontrabile nel disegno proveniente dall’A.S.C.M.S.S., dove la prima non è contrassegnata da alcun colore, mentre la seconda è colorata di giallo anziché di celeste. Questo farebbe supporre che la planimetria savinese sia una copia non del tutto fedele dell’originale.

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l’accesso. In aggiunta si trova un locale destinato a cucina per il vicario, anche questo pertinente alla proprietà Poderetti ma, soprattutto, due nuove scale. Una è collocata nella “stanza buja”, vale a dire l’andito adiacente la torre e serve per collegare su tutti i piani le carceri segrete affinché “resultino tutte difese, e non venghino dominate da veruna Persona, e vi abbia luogo solamente il soprastante”65. Per garantire l’opportuna illuminazione in una

ristretta porzione della superficie disponibile è ricavata una minuscola corte.

L’altra scala, costituita da due spaziose rampe, si diparte dalla stanza prima utilizzata come guardiolo ed è ad uso degli alloggi del vicario e del notaio.

Al primo piano, lo spazio è suddiviso tra il quartiere del bargello, che occupa quasi tutti gli ambienti precedentemente abitati dal vicario, e il nuovo quartiere per quest’ultimo, traslocato nelle stanze già appartenenti al notaio.

Nel secondo piano trovano posto l’appartamento per il soprastante, composto da due camere e una cucina, e quello del notaio, di simile estensione; nei mezzanini della casa Poderetti viene sistemato il personale di servizio del vicario.

Ad ultimo l’ingegnere propone la costruzione di un terzo piano, nel caso in cui si creda necessario avere la disponibilità di sei carceri segrete. Per ottenere le due mancanti si potrebbe erigere due celle le cui pareti insistano al di sopra di quelle della camera del soprastante e cucina del notaio. Tuttavia, ritenendo più che sufficienti cinque carceri, anziché costruire un nuovo livello, Franceschi suggerisce di utilizzare il terzo livello della torre, spostando l’orologio pubblico nel piano superiore.

La stima dei costi, che include altresì la riparazione della fronte posteriore del palazzo “che merita un pronto riparo, atteso il grande strapiombo di essa”, nonché l’acquisto della casa dei Poderetti e la stanza della Comunità, ammonta a circa 2600 scudi. Evitando la fabbricazione del terzo piano si potrebbero risparmiare 150 scudi, scendendo a 2450 scudi. Il terzo progetto, predisposto dal provveditore di strade Cerboni66 a breve distanza di tempo,

consiste essenzialmente in una revisione al risparmio di quanto pianificato dal Franceschi. La proposta mira, “resecando il superfluo, [a]d ottenere il bisogno, con notabile minorazione di spese”, rimuovendo di fatto tutti gli accorgimenti più onerosi.

Per meglio chiarificare quanto proposto Cerboni allega una pianta del pretorio (tav. XXVII), dove il colore rosso indica ancora le parti da costruire.

65 Appendice, n. VI.5. 66 Vedi Appendice, n. VI.7.

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Anzitutto, ritenendo eccessivo il numero di sei carceri segrete, il provveditore limita il fabbisogno a quattro, da collocarsi due a pianterreno, come già proposto, e due nella torre. Viene poi raccomandato di mantenere il quartiere del vicario nel luogo in cui si trova, evitando così la realizzazione di nuove costose scale. Anche il notaio potrebbe continuare ad occupare il solito alloggio, trasferendo la cucina nella camera della servitù, dato che quella a pianterreno è adatta all’uso di guardiolo, come già suggerito da Franceschi. Il personale di servizio potrebbe invece utilizzare la retrocamera del vicario.

Al secondo piano andrebbero ricavati infine il quartiere del soprastante, due camere per i domestici del vicario, nonché una stanza per le legna, per il carbone e un pollaio con sopra piccionaio67.

Per il bargello è sufficiente fare acquisto della confinante proprietà Petrazzini, dove l’ufficiale già abita, mettendola in comunicazione con il tribunale mediante l’apertura di un passaggio. La spesa per l’esecuzione di quanto proposto, dettagliata in una lunga nota annessa alla relazione, ammonta a circa 1000 scudi, ivi incluso l’acquisto della proprietà Petrazzini.

Infine Cerboni avanza la possibilità di scambiare l’appartamento del vicario con quello del bargello e viceversa, in virtù del fatto che la “migliore esposizzione” dell’attuale abitazione del secondo la rende più consona per “la prima persona nel ministero”68. Nel caso si ritenga

opportuno intraprendere questa strada, andrebbe effettuato qualche lieve adattamento, tutt’altro che costoso, eventualmente da valutare in un secondo tempo.

Tuttavia anche questo progetto non trova un immediato riscontro e solo qualche mese dopo il palazzo viene visitato da Anastagi69.

Anche questi ritiene opportuno l’acquisto dell’intera proprietà Poderetti per assicurare sufficiente spazio ai quartieri del vicario, notaio, bargello e soprastante.

Nella relazione segue l’elenco dei locali assegnati a ciascuno sui quattro piani. Il progetto di non si discosta molto da quello di Franceschi, riprendendone molte delle soluzioni come la collocazione delle segrete, due nella torre e due al pianterreno, il trasferimento del guardiolo nella vecchia cucina del notaio affacciata su “ruga piana”, la creazione della stanza per gli esami a confine con la nuova segreta e infine la costruzione della scala a due rampe che collega tutti i piani del palazzo a partire dal locale del vecchio guardiolo. D’altro canto si

67 Per la dislocazione delle stanze del secondo piano si rimanda alla pianta. 68 Appendice, n. VI.7.

69 Vedi Appendice, n. VI.13. Anastagi non aggiunge alcuna pianta, ma si basa su quella elaborata dal Franceschi,

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ritiene superflua la fabbricazione della scala di accesso dedicato alle segrete, nel vano della cosiddetta “stanza oscura”, superficie che anzi viene sfruttata per ampliare gli alloggi degli residenti. Per accedere alle prigioni della torre è quindi necessario passare attraverso le camere del bargello e del soprastante.

Il quartiere del vicario ricalca sostanzialmente quello stabilito dal Franceschi, ma può contare di una stanza in più al primo piano, tolta all’abitazione del bargello. Anche il notaio riceve un locale in più, una camera al secondo piano precedentemente assegnata al soprastante. Il bargello, per compensare la perdita della stanza detratta, ottiene un locale al secondo piano, impiegato come cucina. In definitiva l’alloggio maggiormente rimpicciolito è quello del guadiano, che può supplire solo con l’assegnamento della stanza oscura, da illuminarsi per mezzo di un abbaino.

Anche Anastagi sottolinea la necessità di sistemare alcune porzioni delle muraglie del pretorio perché “vecchie, rovinose”, soprattutto lungo la facciata corrispondente sul vicolo dietro il pretorio dove “in due pezzi per la lunghezza di braccia 18, [il muro] va rifondato in profondità”70.

Nemmeno quest’ultimo progetto viene intrapreso e il palazzo viene sottoposto alla visita del capo ingegnere Salvetti, il quale stila la quinta e ultima relazione71.

Dopo aver brevemente riepilogato le precedenti proposte, il tecnico afferma di essere favorevole a dare corso ai progetti di Cerboni e Anastagi, seppure con alcune limitazioni72.

Salvetti esclude del tutto la fabbricazione di nuove scale, ritenendo sufficientemente funzionali quelle preesistenti. Il vicario viene lasciato nel suo vecchio quartiere, abbastanza grande e ben esposto, prescrivendo soltanto la suddivisione in due parti del camerone al primo piano, al fine di ricavarne un salotto e una camera libera (fig. 67). Il divisorio in soprammattone deve posarsi sul sottostante muro di separazione tra la nuova segreta e la stanza degli esami.

La stessa ripartizione è riproposta al piano superiore dove, unita alla costruzione di un muro trasversale parallelo al muro della torre, consente di procurare due camere da assegnare al personale di servizio del vicario e un locale di passaggio, simile a quelli dei livelli inferiori (fig.68).

70 Appendice, n. VI.13.

71 Vedi Appendice, n. VI.16. Anche Salvetti non disegna ulteriori piante, ma si basa su quella di Franceschi. 72 In realtà la maggior parte delle istruzioni fornite sono rielaborazioni di quanto già suggerito dal provveditore

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Anche il notaio mantiene i vecchi spazi, ad eccezione della cucina, traslocata nel vecchio guardiolo (fig.66). Viene tuttavia rilevata la ristrettezza dell’abitazione, cui si potrebbe ovviare con l’acquisto della rimanente porzione della casa Poderetti, utile per ampliare lo spazio a disposizione dei diversi ministri. In ogni caso l’ingegnere non specifica come utilizzare questi nuovi ambienti da acquisire probabilmente perché, mostrandosi disponibile alla possibilità di comprare l’immobile sotto la forma di “nuda proprietà”, ritiene logico rimandare la questione al momento dell’effettiva entrata in possesso della casa da parte della Comunità.

Allo stesso modo, la casa Petrazzini, dove abita il bargello, “è sufficientemente comoda per questo servizio” per cui la Comunità dovrebbe pensare a farne acquisto per tutelarsi dal pericolo che in futuro gli eredi possano reclamarla. Se ne ricaverebbe l’ulteriore vantaggio di cessare il pagamento del canone annuo di 10 scudi.

I cambiamenti più consistenti riguardano la sistemazione del soprastante, che viene individuata nelle tre stanze al secondo piano confinanti con la proprietà Poderetti, una delle quali da tramutare in cucina (fig. 68). Dalla parte opposta del piano rimangono la cucina del vicario e una sala, all’interno della quale va innalzato un tramezzo di mattoni per coltello per formare da una parte un corridoio di accesso alla segreta e dall’altra una stanza ad uso del vicario73.

Le spese dei lavori sono ripartite in 400 scudi circa per i nuovi interventi, 170 scudi per la rifondazione dei muri pericolanti, la ricostruzione del tetto, infissi e imposte e infine 600 scudi circa per l’acquisto delle due abitazioni Poderetti e Petrazzini, per un totale di 1170 scudi.

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